IT - La Gazzetta ottobre 2012

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MENSILE D’INFORMAZIONE DELLA COOPERATIVA SOCIALE ITACA ONLUS

Quella sensazione di sporcizia diffusa L’editoriale di Leo Tomarchio

Servizi domiciliari oggi Più leggeri nella quantità

Le 7 meraviglie di FAB! Dal 15 ottobre l’avvio dell’Academy

N°10/2012

LA PARITÀ È UN PRINCIPIO UNIVERSALE (Dichiarazione di Vienna, 1993)

www.itaca.coopsoc.it 10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 1


I diritti umani delle donne e delle bambine sono parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali (Art. 18, Dichiarazione di Vienna, 1993) www.peacetown.it/dichiarazione_vienna.html

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editoriale di Leo Tomarchio Presidente

Quella sensazione di sporcizia diffusa Pordenone Dalla Repubblica del 3 ottobre 2012: Fondi Pdl, Franco Fiorito in cella da solo Prima notte a Regina Coeli: "E' sereno" L'ex capogruppo del Popolo delle libertà arrestato per peculato non ha fatto richieste particolari all'educatore. Si è svegliato con caffè e fette biscottate. E' nel reparto riservato ai nuovi detenuti,….. . Taormina: "Faremo ricorso al Riesame. E' pronto a rispondere alle domande del gip. I vertici del partito stiano attenti: i contribuiti regionali a volte vanno altrove". Gli inquirenti a caccia di complici… Ecco due aspetti che sono strettamente collegati fra loro: Fiorito “è sereno” e “i vertici del partito stiano attenti”. E’ questa, a mio modo di vedere, la chiave di lettura del perché le cose non sono cambiate fino ad ora. Vi sono capri espiatori e complici che devono stare attenti, il che, tradotto, significa o mi ricompensate lautamente e non infierite troppo, o parlo e nella bufera ci finite anche voi. L’esempio che ho scelto è soltanto l’ultimo dei tanti, in ordine cronologico, salito agli onori delle cronache (ma perché mai si usa la parola “onori”, non sarebbe meglio orrori?). Non me ne vogliano le persone che si riconoscono in quella parte politica, avrei potuto citare Lusi per il centrosinistra o Rosi Mauro (che è ancora vicepresidente del Senato) e Belsito dell’integerrima Lega Nord, o altri ancora, ma il concetto che intendo esprimere non sarebbe comunque cambiato. È la sensazione di sporcizia diffusa quella che resta negli animi e nelle teste dei cittadini, quelli onesti, quelli che lavorano o hanno lavorato e magari adesso sono in cassa integrazione o peggio… Quelli che vivono con mille euro al mese e che sentono parlare di ostriche e champagne pagate coi soldi pubblici, e quindi anche loro. Per non parlare dei giovani, che già dalla politica se ne stanno distanti (o vengono tenuti distanti…). Stiamo andando al disamoramento totale per la politica e verso una crescita della rabbia. Perché quella che si respira tra la gente è una forte e legittima

rabbia. Ed è di questa rabbia che i vertici dei partiti si dovrebbero invece preoccupare, e seriamente, non delle scontate rivelazioni dei vari Batman/Lusi/Belsito/Trota od altri pesci piccoli o grandi. Chi come me per questioni anagrafiche si ricorda “Tangentopoli” non farà fatica ad immaginare che lo scenario da qui a pochi anni, una volta passata la tempesta, potrebbe essere quello di rivedere questi personaggi rivestire di nuovo cariche di prestigio nella politica, nei consigli di amministrazione di grandi aziende, pubbliche o private, o magari diventare personaggi della televisione. Sempre dallo stesso articolo di Repubblica: “Avrebbe potuto avere una cella con altri detenuti, ma ha preferito rimanere da solo. Fiorito si trova nel reparto riservato ai nuovi detenuti, in cui c'è tra gli altri Alexandro Vitalone, figlio dell'ex senatore Dc Claudio Vitalone, arrestato con l'accusa di stupro. Lo stato di salute di Fiorito è ''abbastanza buono'', si sottolinea, considerando il peso eccessivo che gli provoca alcuni disturbi lievi. Ha guardato la tv in cella ma quando ha visto i servizi sul suo caso si è innervosito e ha spento: è stato l'unico momento in cui ha perso il buonumore. Avrebbe comprato allo spaccio interno una cassa di bevande gassate, tra cui Coca Cola e aranciata. Come altri detenuti comuni, infatti, può acquistare allo spaccio del carcere prodotti per integrare il vitto”. Ha preferito restare da solo? Chiedetelo a quel detenuto del carcere di Pordenone che, nonostante sia seguito dai servizi psichiatrici, si trova in cella a scontare la sua pena con altre cinque persone (in una cella che ne potrebbe ospitare solo due) e che, per sgranchirsi le gambe, deve aspettare il suo turno, in quanto non ci si sta in piedi in più di due alla volta. Il peso eccessivo gli procura disturbi lievi? Ma prima, mangiando ostriche con i soldi rubati alla comunità, non aveva nessun bruciore di stomaco? E solo ora si è accorto di aver mangiato troppo e di essere diventato un obeso? Ha comprato una cassa di bevande gassate come altri detenuti comuni? Di certo a lui i soldi non mancano per comprarsi le cose, dubito che gli altri detenuti “comuni” (ma lui e quelli come lui sono poi così speciali?) possano permettersi di far scorte in dispensa. La rabbia sale… e la responsabilità politica di questa rabbia, e delle conseguenze cui potrebbe portare è e resta in capo a chi queste azioni continua a coprirle, tollerarle, giustificarle. Vi ricordate Gheddafi? Da quello che si respira, non manca molto…

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Sommario

Primo piano

05∙SERVIZI DOMICILIARI OGGI

24∙IL VILLAGGIO DEI BAMBINI

L’INTERVISTA DEL MESE

26∙LA GAZZETTA DELLA CHIOCCIOLA

Più leggeri nella quantità

IN COPERTINA Opera di Karibu Africa

e20

07∙OTTIMA SENIOR IN BASILICATA

L’esperienza della Cooperativa Il Filo d’Arianna

SPECIALE FAB!

10∙LE 7 MERAVIGLIE DI FAB! Dal 15 ottobre l’avvio dell’Academy

Attualità

11∙TESSERE LE PARITÀ

Economia al femminile per una società alla pari

14∙PERCORSI DI CITTADINANZA

“The Village” al Centro estivo”: un’esperienza possibile

In tutte le edicole il giornalino dei Csre dell’Alto Friuli

RICERCA E SVILUPPO

29∙POSSIAMO FARE DI PIÙ CON MENO?

Itaca e FAB al 10^ “Workshop sull’impresa sociale”

INsicurezza

32∙DAL PUNTO DI VISTA DELLE DONNE

Prospettive di genere nella salute e sicurezza sul lavoro

“Via Colle” in scena con il suo Blues

15∙CARLI A CASA CARLI Per una cultura dell’accoglienza e dell’incontro

17∙SERVIZI DI

CONCILIAZIONE PER I SOCI Ancora non esaurito il budget messo a disposizione dal CdA

19∙NOVELLO SALUTA SANT’OSVALDO Parole tra gli alberi del parco

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SERVIZI DOMICILIARI OGGI Più leggeri nella quantità Orietta Antonini Pordenone Dall’esterno, per i servizi domiciliari, si prospetta una crescita esponenziale. E non può che essere così: i dati Istat confermano che sono molto in calo le nascite e in calo i decessi; la vita media è di circa 79 per gli uomini e circa 84 per le donne. Gli anziani sopra i 65 anni sono circa il 20% della popolazione complessiva (il 23,5% in Friuli Venezia Giulia) e particolarmente veloce è la crescita degli ultra 85enni che oggi sono il 3%. Persino gli ultracentenari, che oggi sono 16mila, si sono triplicati in un solo decennio. In base alle previsioni di modifica demografica, le persone con più di 65 anni nel 2025 supereranno il 30% della popolazione totale e nel 2050 arriveremo quasi ad una su due. La situazione economica non permette più (per fortuna almeno in questo caso) di rispondere con soluzioni di tipo residenziale spinto:

non ci sono fonti ufficiali, ma sembra che non ci siano più molte liste di attesa in quelle regioni (del nord) che hanno progettato e costruito una risposta al problema della non autosufficienza degli anziani esclusivamente basata sui posti letto, spesso a gestione privata. L’invecchiamento della società non è un’ipotesi ma una realtà accertata e accettata, e il futuro quindi vedrà una crescita di questi servizi e una crescita del privato pagante per l’assistenza di cui necessiteranno i molti più anziani di domani, con una diminuita capacità di spesa del sistema pubblico (e anche a parità di spesa se la domanda cresce non si potrà soddisfarla tutta). Dall’interno della Cooperativa Itaca, invece, i servizi domiciliari negli ultimi anni sono diminuiti. Non abbiamo partecipato, e non abbiamo neanche assistito, ad una programmazione di lungo periodo e la somma dei brevi

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PRIMO PIANO periodi - in assenza o scarsa progettazione e coordinamento - ha portato in Italia un esercito di badanti che hanno salvato il salvabile (se sono circa 1,3 milioni secondo i dati degli Osservatori Caritas, più della metà lavora senza contratto: basta fare la sottrazione con i dati forniti dall’Inps), ha lasciato anziani e famiglie più povere, più disorganizzate e più sole, ha disgregato ancora di più le risposte possibili nel territorio. Probabilmente anche noi non siamo stati all’altezza; forse avremmo dovuto (e dobbiamo ancora) rifiutarci di attivare un servizio domiciliare orientato alla cura e poco all’assistenza, e limitato a qualche ora la settimana (qualche volta il contatto si limita alla consegna del pasto a domicilio), se poi non c’è niente altro intorno. Probabilmente dobbiamo condizionare i nostri progetti al fatto che esista, o alla possibilità di costruire, una rete di servizi ulteriori, da quelli specialistici al volontariato passando per i centri diurni o altri interventi di rete di sollievo, per il telesoccorso, per gruppi di auto mutuo aiuto per familiari e anziani, per le politiche abitative, … Oltre alla oggettiva diminuzione prestazionale, negli ultimi anni c’è stata una forfetizzazione delle stesse e vengono remunerate le ore di assistenza svolte a domicilio comprensive degli oneri indiretti, cioè del tempo e del mezzo che occorre per recarcisi, oneri che possono avere un’incidenza anche fino ad un terzo della prestazione stessa considerata l’assenza nel nostro territorio di concentrazioni urbanistiche e l’elevato costo della benzina. Nei servizi domiciliari negli ultimi anni c’è stata una richiesta di tecnologia ma che per il momento si limita ad ottimizzare e quantificare le prestazioni dirette (quelle fatte dentro l’abitazione dell’anziano), forse anche per dare una maggiore certezza alle richieste di compartecipazione. Altra problematica di ieri e di oggi (e anche del futuro se non cambiano le politiche), è legata alla formazione degli operatori. Trascuriamo solo per un attimo il tema che per questi servizi è richiesta una qualifica, quella di Oss, che poi non viene riconosciuta dai contratti e quindi dalla committenza pubblica visto che il servizio non è sanitario, e tralasciamo anche il problema legato alla formazione degli operatori socio assistenziali che, in questa regione per esempio, potrà completarsi nei prossimi 5-7 anni; superati questi, non si risolveranno le questioni aperte, delicatissime, come la somministrazione dei farmaci, o altre mansioni le6 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

gate per esempio all’alimentazione (questioni che non riguardano solo gli anziani ma tutti gli assistiti a domicilio o in analoghi servizi leggeri), prestazioni che sono di pertinenza degli infermieri, la carenza dei quali oggi è talmente alta da non coprire neanche le esigenze ospedaliere, figuriamoci quelle domiciliari. Verosimilmente anche se paradossalmente, in termini di ‘offerta di mercato’, nel breve e medio periodo non vedo le condizioni per una crescita di questi servizi (e la concordanza tra domanda = bisogno crescente, e offerta = privato pagante, continuerà ad essere garantita dalla diseguaglianza sociale ed economica tra Paesi, cioè dalle assistenti familiari). Sicuramente nel medio e lungo periodo ci sarà (ci dovrà essere) una trasformazione fatta di servizi più specializzati e più sanitarizzati. La grande scommessa consisterà nella capacità di orientarli e di governarli, e non solo con un occhio al singolo servizio o al coordinamento delle prestazioni (quelle offerte dalle operatrici assistenziali, dagli infermieri, dagli assistenti familiari, dai volontari, dai vicini, …), ma in modo globale.

Oltre all’urgenza (emergenza ormai) dei servizi sanitari, un’accurata riprogettazione dovrebbe tenere conto dell’impatto sociale ed economico dell’invecchiamento sulla popolazione attiva. Ad esempio, preferire la monetizzazione (e quindi la privatizzazione) di alcuni servizi, produce una ripercussione negativa nel mercato del lavoro a carico dei soggetti deboli che poi si moltiplica a cascata. Infatti, ammesso che vi sia una rete, si sa che la prima risposta assistenziale viene fornita da familiari con basso reddito o non retribuiti, quasi sempre le donne, e le ripercussioni le vediamo già oggi ma saranno più dannose tra 10 o 20 anni quando il sistema, pensionistico in primo luogo, ma anche quello sanitario e assistenziale, non consentirà più il godimento degli stessi servizi. Una politica di ampio respiro dovrebbe anche orientarsi per il benessere e quindi l’educazione relazionale, e una piccola spesa di oggi per avviare e supportare le reti informali consentirebbe grandi risparmi domani. Magari a fatica ma ci arriveremo prima o poi, anche se gli avverbi faranno una grandissima differenza.


OTTIMA SENIOR IN BASILICATA L’esperienza della Cooperativa Il Filo d’Arianna Laura Lionetti

• Foto di Il filo di Arianna

Pordenone - Venosa Novembre 2011. Un volo da Venezia mi sbarca a Bari, ma il viaggio non è finito. Da Bari devo raggiungere Venosa, e quei 130 km mi immergono in una terra antica e silenziosa, di colline e montagne, continue e solitarie. Pochi centri abitati, spazio ondulato a perdita d’occhio, strade in cui è meglio guidare con attenzione. A Venosa si trova la sede della Cooperativa sociale Il filo di Arianna del Consorzio CS, che ha organizzato una formazione sul metodo Gentlecare, per la gestione dei servizi per persone affette da demenza. Strani sono i percorsi che avvicinano le esperienze e le persone … Nel 2010 un gruppo di sindaci e assessori di alcuni paesi della Basilicata erano venuti in visita in Friuli Venezia Giulia e Veneto per conoscere le strutture in cui si utilizzava il modello, conoscendo così più da vicino la relatà della Cooperativa Itaca e del Gruppo

Ottima Senior. In collaborazione con le cooperative sociali del territorio hanno poi avviato la realizzazione di alcuni servizi, la formazione degli operatori e gli stage nelle sedi della Casa per anziani del Comune di Sacile (Pn) e di Castelfranco Veneto (Tv). Mi ha profondamente colpito la passione e la tenacia di questi cooperatori che lavorano in un territorio difficile, che inventano servizi con competenza e professionalità, che fanno impresa sociale dando risposte concrete alle famiglie che non trovano risposta nelle istituzioni. Mi ha colpito la passione di Giusy Conte, presidente della cooperativa Il filo di Arianna e vicepresidente del Consorzio CS di Potenza, psicologa e imprenditrice di una realtà di 35 soci, effervescente quanto serve per dar vita con l’aiuto di un’equipe ristretta e motivata ad un progetto di animazione territoriale, ad un centro socio educativo, ad un gruppo appartamento 10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 7


l'INTERVISTA del mese per anziani e uno per persone per demenza. Da queste premesse è nato il dialogo che segue Il nostro incontro nasce dalla collaborazione del Consorzio con Ottima Senior, dalla Basilicata al Friuli Venezia Giulia… come è nato questo ponte? E’ nato circa tre anni fa da una ricerca effettuata dal Consorzio CS sul territorio nazionale finalizzata all’individuazione di un partner che potesse affiancarci nell’avvio del progetto di rete Minerva-Alzheimer. In qualità di vice presidente del Consorzio CS e sulla base delle mie esperienze precedenti, ho seguito il progetto fin dall’inizio. La mia prima visita in Friuli e in Veneto ha confermato le aspettative su Ottima Senior e ha stimolato la voglia di approfondire la collaborazione. Certo, il confronto con una realtà che opera da diversi anni in un settore per noi allora quasi sconosciuto ci ha fatto capire che la formazione era il primo tassello di questo puzzle complicato ma stimolante, che spero possiamo continuare a costruire insieme. Com’è nata la cooperativa Il Filo d’Arianna e di cosa si occupa? La cooperativa nasce il 22 aprile del 1999 nel comune di Venosa. E’ una cooperativa abilitata alla gestione di servizi e attività socio-sanitarie e assistenziali orientate in via prioritaria, ma non esclusiva, alla risposta e ai bisogni di persone affette da disagio psichico e in condizioni di disabilità e non autosufficienza. Gestisce in general contractor con il Consorzio CS i servizi di assistenza domiciliare alle persone con disabilità su due Ambiti composti da 19 Comuni. Nel 2007 abbiamo promosso nel comune di Venosa in forma imprenditoriale un Centro diurno per persone con disabilità, riconosciuto dalla Regione Basilicata e autorizzato dai Comuni dell’Ambito Alto Bradano e nel 2011 tre Gruppi appartamento per la terza età e adulti in condizioni di fragilità. La base sociale è composta da 37 soci su 70 dipendenti. La Coop è conosciuta e apprezzata sul territorio anche per le attività di animazione territoriale che organizza per Natale, carnevale e inizio estate finalizzate all’inclusione sociale dei ragazzi del Centro diurno. Sono momenti fondamentali del nostro lavoro perché servono a rinforzare il patto di solidarietà con la comunità, le famiglie e la collaborazione con i diversi enti e associazioni. Inoltre, poiché l’animazione con le arti circensi, il teatro dei burattini, le gag dei clown, baby dance, trucca bimbi e laboratori interattivi si rivolgono ai bambini, ragazzi e famiglie, attraverso queste iniziative si abbattono i muri del pregiudizio e si educano le nuove generazioni ad avere rispetto 8 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

delle diversità. Le persone con disabilità diventano protagonisti attivi e non soggetti passivi di cure. Il Consorzio CS di Potenza è particolarmente attivo con il Progetto Minerva. Quali ne sono le specificità? Minerva è un progetto rete di imprese che nasce tre anni fa grazie all’intuizione delle cooperative sociali Gss di Pescopagano e il Filo di Arianna di Venosa, che partecipano ad un bando indetto dalla Camera di Commercio di Potenza. Il bando andava a finanziare progetti innovativi anche sul settore dei servizi alla persona attraverso una nuova forma di aggregazione imprenditoriale, le reti di imprese. Minerva promuove così nella provincia di Potenza la nascita di servizi diurni e residenziali a carattere comunitario per persone affette da demenze e Alzheimer, con la consulenza tecnica e progettuale del Consorzio. Il Consorzio ha individuato circa due anni fa nella società Ottima Senior di Pordenone un partner fondamentale per la messa in opera di una serie di servizi alle persone affette da Alzheimer. Ottima Senior ha realizzato la progettazione degli spazi del Centro Alzheimer che nascerà nel Comune di Pescopagano, e curato la formazione di tutto il personale delle cooperative aderenti alla rete Minerva secondo il modello Gentlecare. Dal 2010 ad oggi hanno aderito alla rete altre 5 cooperative dislocate sull’intera provincia di Potenza, con le quali si sta avviando il secondo step formativo in collaborazione con Ottima Senior e si stanno altresì mettendo in cantiere

nuovi servizi come a Lavello, dove è già partito il primo Centro Alzheimer della Basilicata, a Tramutola, Potenza e Lagonegro. Il progetto di rete punta non solo ad aprire servizi residenziali e diurni, ma anche ad avviare una serie di attività e iniziative a corollario, quali l’assistenza domiciliare Alzheimer, la formazione continua degli operatori e dei volontari, la promozione dei Caffè Alzheimer (punti di incontro per le famiglie) e dei gruppi di mutuo auto aiuto in collaborazione con l’associazione dei familiari Alzheimer Italia Basilicata. Tutti i servizi puntano all’ottenimento del marchio Gentlecare. Il Filo di Arianna sta puntando ad un progetto innovativo e flessibile di residenzialità. Le idee nascono dai bisogni? Possiamo dire che è la prima cooperativa in Basilicata che sta sperimentando per la terza età forme di residenzialità alternative alle Case di riposo, così come previsto dalle normative regionali e nazionali. Abbiamo deciso di promuovere la nascita di una serie di Gruppi appartamento che offrissero alle famiglie un servizio altamente qualificato all’interno di un ambiente a carattere familiare. Sin dall’apertura dei Gruppi appartamento la richiesta è stata soprattutto quella di una presa in carico di persone affette da demenze. Il successo dell’iniziativa, sia dal punto di vista delle richieste sia dai risultati riscontrati con gli ospiti, ci ha spinto a promuovere la nascita del primo Gruppo appartamento Alzheimer in collaborazione con il Comune di Venosa. L’appartamento offrirà una risposta immediata a quelle famiglie che hanno in casa un malato di Alzheimer attraverso un servizio di


l'INTERVISTA del mese

respite care. Ma, date le richieste, la cooperativa punta ad ampliare nel breve periodo l’offerta dei servizi diurni, domiciliari e residenziali per l’Alzheimer. Differentemente dalle Case di riposo tradizionali e per lo più presenti in questo territorio, i Gruppi appartamento sono caratterizzati dalla massima flessibilità nell’offerta, erogano prestazioni individualizzate sulla base della predisposizione dei Pai, operano attraverso una èquipe multidisciplinare all’interno di una organizzazione che punta sulla formazione continua del personale, sulla supervisione dei servizi e su modelli operativi che mettono al centro sempre e comunque la persona. La Regione Basilicata presenta alcune particolarità legate alle caratteristiche del territorio, sia morfologiche che culturali. In questo contesto che cosa significa fare cooperazione? Per molti aspetti le cooperative sociali in Basilicata sono state pioniere sull’avvio di servizi di assistenza domiciliare agli anziani, Case famiglia per utenti psichiatrici e altro. L’apice di questa vivacità e fermento di iniziative si è avuto nel 2000 con l’approvazione del primo piano socio assistenziale che ha regolamentato le gare d’appalto, i servizi socio assistenziali, individuando quelli essenziali da attivare in ogni ambito, reperendo e mettendo a disposizione dei Comuni le risorse economiche. Ha creato alleanze e partnership fondamentali fra pubblico e privato, stimolando le imprese sociali a innovarsi e sperimentare nuovi servizi, anche in forma imprenditoriale pura. Purtroppo, nel corso degli anni è mancata una

cabina di regia a livello regionale che andasse a monitorare questo processo e a correggere dove necessario. Non è un caso che la Basilicata non riesca, nonostante le numerose sollecitazioni delle Centrali cooperative, a legiferare sugli accreditamenti. E ciò pone non poche difficoltà nella progettazione di servizi ancora inesistenti ma sempre più richiesti, come quelli per l’Alzheimer. Se poi si considera l’aumento dell’emigrazione dei giovani a causa dell’assenza di lavoro, l’aumento della popolazione anziana e di conseguenza l’aumento di patologie legate all’invecchiamento, i problemi di viabilità, le distanze tra un territorio ed un altro, i tagli del comparto, tutto questo sicuramente non aiuta chi deve progettare servizi sempre più rispondenti alle reali esigenze delle famiglie. E purtroppo anche l’approvazione del nuovo piano socio sanitario non ci soddisfa pienamente, lasciando troppe questioni aperte rispetto alle sollecitazioni poste dalle imprese sociali. Per questo motivo il lavoro di questi mesi del Consorzio CS è quello di costruire un ponte con la Regione. Puntiamo al riconoscimento del progetto Minerva che propone la nascita di una rete capillare di servizi diurni e residenziali, finanziati da vari partner oltre alle imprese, che vadano a supportare e ad integrarsi con gli Uva presenti sul territorio, ma che hanno bisogno di essere convenzionati per poter reggere nel lungo periodo. Presidente donna di una cooperativa sociale nata nel 1999, con prevalenza di lavoratrici donne. Cosa ti viene in mente alle parole imprenditoria femminile, pari opportunità e

politiche per la conciliazione? La mia cooperativa ha sempre cercato di far convivere le esigenze delle lavoratrici madri con quelle dei servizi, tutelando in primis i diritti della maternità. Personalmente, ho fatto più fatica a conciliare tutto considerando che il periodo in cui sono diventata mamma coincideva con quello in cui la cooperativa espandeva il proprio campo di attività. Difficoltà accentuate dalla scarsità di servizi a sostegno della maternità. Ricordo ancora le lunghe liste di attesa nel nido comunale con un inserimento che non arrivava mai a causa della esiguità dei posti, le difficoltà a trovare baby sitter affidabili. Ma in quel periodo le mie difficoltà, e la capacità di una cooperativa di leggere i bisogni espressi dalla comunità prima di altri, sono state da stimolo a progettare servizi più flessibili che riuscissero a dare risposte anche a tutte quelle mamme lavoratrici che non avevano risposte dal pubblico: è nata così in quel periodo una cooperativa specializzata sui servizi per l’infanzia e la famiglia con la prima ludoteca e micro nido tutt’oggi attiva, che dà lavoro ad un bel po’ di mamme che hanno saputo fare della conciliazione il proprio mestiere. Tanti sono i modi per costruire. La cooperativa partecipa alla redazione di un giornale un po’ speciale, ci racconti? Zahir, significa in lingua araba “rendere visibile”. Il giornale è nato come laboratorio cognitivo del Centro diurno per persone con disabilità, finalizzato a recuperare e mantenere alcune abilità cognitive e a raccontare le attività del Cse. Nel tempo si è trasformato in qualcosa di più: è diventato una finestra sul mondo del non profit La redazione, guidata da una direttrice, giornalista iscritta all’albo, si occupa di selezionare eventi, iniziative realizzate sul territorio che abbiano come fine la solidarietà, il bene comune, ma anche la promozione socio culturale e imprenditoriale di un territorio. E’ lo strumento di comunicazione per eccellenza anche con le istituzioni a cui viene regolarmente inviato per far conoscere un pezzo di cooperazione vivace e attiva nonostante il periodo. Ed è anche un favoloso strumento di conoscenza e inclusione sociale: infatti molte interviste vengono realizzate dai ragazzi del Cse che visitano, conoscono e raccontano altre realtà significative presenti sul territorio. Il giornale viene diffuso in tutte le famiglie a cui prestiamo assistenza, negli ospedali, nei Comuni, in Regione e Provincia, è presente on line sul nostro sito e viene realizzato grazie ai contributi degli sponsor e delle donazioni del 5 per mille.

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Speciale FAB!

LE 7 MERAVIGLIE DI FAB! Dal 15 ottobre l’avvio dell’Academy Pordenone Elisa Dellizotti “EdQ Platform & App Smartphone”, Federica Morsanuto “Centro Servizi On Line Competenze Territoriali”, Federica Vaglio “Bacheca Cittadina”, Ingrid Prestopino “Reciclab”, Julia Mamolo “L'idea Crea”, Gianna Vigorito “Microfinanza Imprese Migranti”, Tiziana Perin “aPMaPN”. Sono le 7 idee progettuali che daranno vita al primo ciclo di FAB!, l’incubatore d’impresa della Cooperativa sociale Itaca presentato a Pordenone lo scorso 29 giugno, elaborato e lanciato dalla Coop friulana in occasione del Ventennale di fondazione. Il 4 ottobre si sono infatti concluse le selezioni delle idee progettuali, 23 erano state le proposte pervenute nell’intervallo tra il 29 giugno ed il 31 agosto, da queste ne sono state selezionate 7. Il primo dato che spicca è la percentuale tutta al femminile delle “fabers”, mentre tra le 23 idee presentate inizialmente erano coinvolte 35 persone con tra i capi progetto 12 femmine e 11 maschi. Il prossimo step sarà quello del 15 ottobre: le 7 fabers selezionate vivranno FAB nelle sue potenzialità fatte di formazione e concretizzazione di progetti, che nelle reti e relazioni con i vari sistemi trovano il loro focus e possibilità di successo. Come FAB stiamo stringendo sinergie a livello locale, regionale e nazionale con l’obiettivo di diffondere l’idea di un generatore d’impresa che sappia rispondere ai bisogni emergenti, in un’ottica di sostenibilità che prenda spunto proprio dai valori ed agiti del modello cooperativo. Intanto il prossimo evento pubblico è dietro l’angolo ed è previsto l’8-9 novembre alla Fiera di Pordenone in occasione di “Punto d’incontro”, un’occasione per orientarsi nel mercato del lavoro e nelle opportunità che può offrire. Ma facciamo un passo indietro. Il punto di partenza proposto da FAB era quello di presentare delle idee progettuali basate su 5 criteri: 1- Idee progettuali che possono trasformarsi in impresa e costruire una reale occupazione nel tempo; 2- Dare risposte efficaci e sostenibili a bisogni critici emergenti che non sono soddisfatti dalla collettività; 3- Idee capaci di promuovere e riattivare beni comuni e generare risorse aggiuntive. 4- Incentivare e sviluppare l’utilizzo di nuove tecnologie. 5- Produrre un impatto significativo 10 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

rispetto alla comunità in termini dimensionali e di interlocutori coinvolti. Oltre a Itaca e Dof consulting, la selezione che ha portato alla scelta dei 7 progetti si è svolta con l’utilizzo di specifici “indicatori” ed ha visto il coinvolgimento diretto in commissione dell’Università di Trento nella persona del prof. Luca Fazzi e dell’Università di Bologna con l’apporto del dott. Paolo Venturi. Quattro gli indicatori utilizzati e riportati di seguito. 1. La figura del proponente è stata di peso fondamentale, s’è valutata la “coerenza del profilo del proponente con il progetto (Asset)” e nel caso dei gruppi la squadra; 2. Interesse del progetto “rispetto stakeholder reali o potenziali” (ad es., Comune e Provincia di Pordenone): Persone, Comunità d'interesse, imprese e P.A. Fondamentale non fossilizzarsi sul prodotto e considerare i bisogni della comunità; 3. “Stato d’avanzamento”: valutare se la proposta è solo in fase embrionale o se è già avvenuta una fase d’analisi di fattibilità e di connessione delle risorse; 4. “Funzione dell’innovazione”: il tipo d’impatto (ad es., soggetti svantaggiati e dignità agli agricoltori) fa la differenza. Ci interessano i bisogni

espressi dal territorio (come la .disoccupazione in alcuni nel settore, si consideri che la disoccupazione giovanile è al 50%). Promuovere la dimensione collettiva dell'idea imprenditoriale produce un impatto sociale che propone un cambiamento (si pensi alla giustizia sociale) in prospettiva di un ulteriore sviluppo in direzione della “imprenditorialità collettiva, prospettiva d'equità e giustizia sociale, aggregazione di risorse”. Uno dei rischi degli start up sociali potrebbe superare l'idea di cooperazione sociale e terzo settore che andrebbero a perdere molte delle loro caratteristi qualificanti. I processi d'incubazione sono basati sull'accelerazione (prima si produce e prima si vende) e la capacità in breve tempo di produrre valore: il tema dell'orizzonte del benessere della comunità slow to start, hard to die è questo il nostro tema. Così abbiamo selezionato il tipo di domanda ed anche i compagni di viaggio. Christian Gretter


Speciale ATTUALITà FAB!

TESSERE LE PARITÀ Economia al femminile per una società alla pari Nairobi - Pordenone La Cooperativa Itaca è impegnata dal dicembre scorso in un progetto di cooperazione decentrata in Africa e più precisamente in Kenya, nella sua capitale Nairobi. La Regione Friuli Venezia Giulia ha ritenuto meritevole di finanziamento per la seconda volta (il primo progetto è stato realizzato tra il 2008 e il 2010) un progetto di Itaca in quelle zone, un segnale certamente positivo ma soprattutto un riconoscimento importante della bontà degli interventi nell’ambito della cooperazione internazionale. Di fatto questo progetto si inserisce come naturale continuazione del precedente Kuna Shule (costruzione e avvio di un Centro di formazione per giovani provenienti dagli slum di Nairobi), implementandone i servizi ormai consolidati. L’esperienza precedente ha permesso a Itaca di confrontarsi con una realtà sociale molto diversa dalla nostra, piena di contraddizioni ma ricca di stimoli. Dal punto di vista umano l’impatto è generatore di legami indelebili, sinceri, con-

traddistinti dalla semplicità e dalla naturalezza dei gesti. E’ quindi per i tanti amici che abbiamo incontrato, per le tante relazioni che si sono intrecciate, che è nata la volontà di continuare. Una volontà accesa anche dalla maggiore esperienza maturata e dalla presunzione di poter incidere almeno un poco nel percorso di emancipazione intrapreso da quella comunità.

Il contesto In Kenya, le donne hanno un accesso limitato alla politica (solo il 9,4% dei parlamentari sono donne – fonte Unifem), all'economia (solo il 4% della terra è di proprietà di donne – fonte Social Institution and Gender Index), alla sanità (il tasso di mortalità materna è di 530 donne ogni 100.000 bambini nati – fonte Unicef), all'istruzione (solo il 42% delle ragazze che frequentano la scuola secondaria). Il 25% delle ragazze tra i 5 e i 14 anni è costretto a lavorare (2009 fonte Unicef), la disparità di genere è molto diffusa e radicata: il 54% delle giovani tra i 15 e i 19 anni in Kenya pensa che per un marito sia legittimo 10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 11


ATTUALITà maltrattare la moglie (2009 fonte Unicef). A Nairobi (3.580.000 abitanti - fonte Habitat delle Nazioni Unite), circa 2 milioni di persone vivono nelle baraccopoli (i cosiddetti slums), in cui la condizione delle donne è peggiore che nel resto della città. In questo contesto sono particolarmente colpite tre categorie più vulnerabili: donne madri, donne Hiv-positive, rifugiati.

Valutazione bisogni/problemi Il piano seguito dal progetto risponde ai seguenti problemi: 1) Alto livello di discriminazione e violenza contro le donne in baraccopoli e nelle aree di degrado di Nairobi; il concetto di parità di genere è quasi inesistente e la violenza domestica è a livelli altissimi: il 70% delle donne che vivono nello slum sono sottoposte a violenze e abusi (fonte Habitat). L'elevato livello di disoccupazione e la criminalità espone le donne a continue violenze fisiche e psicologiche e l’indifferenza della comunità alimenta questo difficile problema. La maggior parte delle violenze e degli abusi sessuali avvengono all'interno delle abitazioni. 2) Precarie condizioni socio-economiche e le opportunità di lavoro per le giovani donne, soprattutto se HIV-positive, ragazze madri o rifugiati: nello slum il 44,5% delle donne non ha un lavoro o reddito economico, il 20,3% delle donne ha un reddito economico di circa 50 € al mese e vive con meno di 2 € al giorno. In questo contesto, si può parlare di abusi economici nei confronti delle donne (come l'accesso al lavoro, la discriminazione, lo sfruttamento del lavoro femminile, requisizione arbitraria di beni e denaro).

Soluzioni Il progetto mira a migliorare la parità di genere e l'emancipazione femminile attraverso una formazione specifica e la promozione e l’avvio di attività generatrici di reddito. Al fine di contrastare i problemi descritti, è necessario accompagnare le donne e l’intera comunità verso un percorso di consapevolezza. Dopo un’attenta analisi, la scelta rispetto alla formazione professionale delle donne è ricaduta nel settore tessile. In seguito sempre attraverso il progetto verranno forniti gli strumenti e le macchine necessarie alla produzione per iniziare un'attività commerciale nelle baraccopoli di Kibera, Mathare e Kayole-Ngong.

Beneficiari A beneficiare del progetto sono 30 donne, tutte provenienti da contesti di forte vulnerabilità. Oltre a loro, indirettamente, il progetto avrà una ricaduta positiva sia sulle famiglie di queste (per loro significa poter guadagnare il necessa12 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

rio per l’istruzione dei figli) e per la comunità in cui vivono (la professionalità acquisita con il progetto permetterà loro di creare nuovi contesti produttivi in altre zone difficili, formando altre donne e concedendo nuove opportunità lavorative).

A che punto siamo… Dal mese di gennaio operano a Nairobi due volontari italiani della nostra associazione partner Karibu Afrika. Grazie al loro monitoraggio continuo è stato possibile rispettare quanto pianificato e raggiungere così i risultati prefissati. Assieme a loro collaborano anche i volontari delle associazioni locali His – Hope Internatio-

nal School, Jl – Jukumu Letu e Zap – Zindua Afrika Programs; tutte organizzazioni conosciute attraverso il precedente progetto. Il loro apporto è fondamentale. E’ solo grazie all’alto senso civico e all’attaccamento per la comunità locale, che i volontari dimostrano quotidianamente, che viene alimentata la capacità di andare oltre l’ostacolo e superare le difficoltà che si presentano.

Formazione professionale in sartoria Per la formazione delle donne ci si è avvalsi della collaborazione con il Kizito Centre - Avsi: centro di formazione nato da un progetto dell'Unione europea, con sede nello slum di Kibera e


ATTUALITà business plan, visite sul campo e proporre le migliori strategie per la sostenibilità di imprese personali. Il corso ha permesso così di completare l’iter complessivo intrapreso dalle partecipanti, riuscendo a coniugare l’apprendimento di abilità tecnico-pratiche con le principali teorie di impresa.

Acquisto e allestimento dei laboratori di produzione Contemporaneamente all’avvio del percorso di formazione, i partner locali con il sostegno dei volontari italiani hanno concentrato la loro attenzione sulla ricerca e l’allestimento dei futuri laboratori per la confezione dei prodotti. Tale attività ha richiesto un impegno particolarmente intenso sia per l’individuazione delle due strutture all’interno degli slums, sia per la sistemazione ed adeguamento degli spazi, sia per l’allestimento con tutti i macchinari professionali idonei ad una produzione industriale. L’intervento, della durata di cinque mesi, ha permesso di raggiungere i risultati prefissati senza troppe complicazioni. In questo modo, il gruppo di donne uscito dalla formazione ha cominciato già dal mese di luglio a confezionare i primi prototipi di confezione: in particolare abiti da uomo e da donna su misura, borse, tovaglie, ecc. Dopo un primo periodo di osservazione, i prodotti di migliore commercializzazione verranno realizzati in serie.

I prossimi passi…

gestito da Avsi, una Ong italiana. Hanno tre anni di esperienza nella formazione di persone (in particolare con le donne più vulnerabili) provenienti dalle baraccopoli. Il gruppo di donne che partecipano alla formazione è stato scelto dai partner locali in base alla loro conoscenza del territorio e del tessuto sociale, tenuto conto ovviamente delle categorie sociali specificate nel target. Durante le quaranta lezioni le partecipanti ai corsi hanno potuto apprendere le principali tecniche di sartoria, della lavorazione dei tessuti, l’uso delle macchine professionali, i diversi stili di taglio, cucito e confezionamento. Il tutto distinto in lezioni teoriche e pratiche.

Formazione professionale in marketing Per la formazione su tematiche aziendali si ci è avvalsi della collaborazione con l’Università del Kenya e Kards. Kenya College e Kards erano già in partnership con Karibu Afrika. - Kards aveva già esperienza di insegnamento alle donne vulnerabili provenienti dalle baraccopoli; - Kards è già impegnata come partner e formatore nelle attività di marketing in altri progetti di cooperazione internazionale; - Kards è l'unica istituzione che può anche offrire servizi di consulenza, come il monitoraggio delle attività, l’assistenza nella creazione di un

In attesa di capire le potenzialità produttive dei due laboratori, per i prossimi mesi i volontari saranno impegnati nell’attuazione delle seguenti fasi: - monitoraggio e valutazione delle unità produttive; - attuazione di sei workshop di sensibilizzazione (due per ogni comunità) rivolti alla popolazione dei tre slum coinvolti, allo scopo di favorire processi di cambiamento culturale rispetto al ruolo della donna; - produzione di materiali di sensibilizzazione da distribuire nelle comunità; - organizzazione di spazi di sensibilizzazione in Friuli Venezia Giulia, per condividere i risultati del progetto. Info: a.fregonese@itaca.coopsoc.it Andrea Fregonese

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ATTUALITà

PERCORSI DI CITTADINANZA “Via Colle” in scena con il suo Blues

Maniago

La libertà; Eh, già; Il Respiro Rallenta, Nuovo Bilanciamento e Il Blues di Via Colle sono i titoli delle principali ed accattivanti canzoni d’esordio dei “Michael and The Revolution”, gruppo musicale composto da ospiti, operatori ed amici della Comunità terapeutica “Via Colle” sita a Maniago, che si è esibito per la prima volta in pubblico con il suo Blues durante la serata del 20 agosto presso la pizzeria “Da Mario” di Maniago. Tra i sostenitori maniaghesi presenti, c’erano anche il sindaco della città, Andrea Carli, il vicesindaco ed assessore alle politiche sociali, Andrea Gaspardo, il Csm di Maniago-Spilimbergo e gli ospiti ed operatori di “Casa Carli”, Comunità rivolta alla disabilità con cui Via Colle ha stretto una proficua collaborazione per incrementare i progetti socio-riabilitativi con e per il territorio. I testi e gli arrangiamenti musicali dei “Michael and the Revolution” sono frutto di un intenso ed appassionato lavoro del gruppo, nato un anno fa “dal basso”, ossia a partire dagli scambi comunicativi, dalle passioni e dagli interessi condivisi durante la quotidianità della vita comunitaria. Difatti è questa l’usuale prassi con la quale la struttura di “Via Colle” è solita promuovere le sue attività socio-riabilitative: quest’ultime non sono dei “pacchetti” precostituiti e “asettici”, finalizzate esclusivamente alla trasmissione di nozioni o concepite con lo scopo di animare o divertire i destinatari; al contrario, tali attività vengono ideate, pianificate e realizzate assieme, con passione, avvalendosi anche – e soprattutto – della collaborazione degli ospiti stessi, permettendo 14 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

loro di esprimere e condividere bisogni, desideri ed aspettative. Pertanto il messaggio generale che ne scaturisce – custodito e trasmesso dagli stessi ospiti ed operatori della struttura – è che “ogni ospite non frequenta semplicemente la Comunità, ma la costituisce”. Vi è quindi una forma di “responsabilità diffusa” circa l’allestimento di uno spazio preliminare d’accoglienza all’interno della struttura, in cui tutti possono partecipare al processo di riabilitazione della comunità e ogni persona, se adeguatamente valorizzata, può diventare una risorsa per la collettività. In tutto questo, la Comunità funge da “spazio transizionale”, ovvero si offre come cornice e sfondo. È “ospitante”: non si impone mai “dall’alto”, bensì accoglie e promuove dei percorsi soggettivi, supportandoli a partire dalle relazioni interpersonali. La musica, in tal senso, si è prestata per essere un’ottima metafora di questo processo comunitario, in quanto ha rappresentato, ospitato, mediato e custodito pensieri e stati d’animo che appartenevano in primis agli ospiti, senza però ridurli a “deliri” o “allucinazioni, bensì favorendone l’apertura, la creatività e la comunicabilità. Dal lavoro del gruppo è nato anche un Cd con dieci pezzi, mentre già altre sette canzoni sono pronte e devono solo essere arrangiate. L’uscita ufficiale del disco è coincisa con la visita del sindaco Andrea Carli alla Comunità lo scorso 9 agosto, vissuta con grande interesse e partecipazione attiva da parte degli ospiti della struttura. É stata anche una proficua occasione di dialogo e di apertura verso la cittadinanza maniaghese. Tra i partecipanti all’evento, il presidente della Co-

operativa Itaca, Leo Tomarchio, la Rap dell’area Salute mentale, Fabiana Del Fabbro, la coordinatrice dell’Educativa territoriale di ManiagoSpilimbergo, Chiara Foghin, la coordinatrice dei progetti educativi Leila Rumiato e la coordinatrice di Casa Carli Silvia Mantese. La visita del sindaco ed il concerto del 20 agosto vogliono essere per la Comunità di “Via Colle” e per i “Michael and The Revolution” solo la prima tappa di un percorso che intende creare e favorire occasioni di legame sociale per la città e nella città. “Abbiamo colto e valorizzato quello che poteva essere l’aspetto creativo dei ragazzi in struttura – chiariscono Daniele e Federico, dei “Michael and The Revolution” –. Partendo dal presupposto che la musica è libertà. Non abbiamo voluto censurare i testi, per far emergere “realmente” un punto di vista altrimenti viziato dalla solita forma di analisi razionale, la quale, spesso, vuol spiegare con mero rigore logico eventi complessi e affascinanti. Crediamo, senza alcuna pretesa, di aver dato vita ad un progetto che possa dar voce in un modo diverso all’immaginazione e ai desideri di chi li vive in prima persona, sentendo di far parte di una comunità!”. “Nelle nostre canzoni – aggiunge Michael, cantante del gruppo – più che parlare solo d’amore, abbiamo scelto soprattutto temi di attualità: ricordando la voglia che abbiamo noi ospiti di essere liberi e dedicarci alle nostre passioni. Ci sono infatti dei momenti in cui ci si ferma per misurare il tempo… Io fin da piccolo ho misurato il tempo con le canzoni, e le canzoni sono momenti di grandi emozioni per me”. Massimiliano Paparella e Daniele Brandolisio, Federico Bin e Michael dei “Michael and The Revolution”


ATTUALITà

CARLI A CASA CARLI Per una cultura dell’accoglienza e dell’incontro Maniago Nella calda estate 2012 la Comunità alloggio Casa Carli ha ricevuto una piacevole visita: il 1° agosto, il nuovo sindaco Andrea Carli, con il vicesindaco Andrea Gaspardo e l’assessore Ilario Dessoni, accompagnati dalle assistenti sociali Graziella Muran (referente di Ambito per la disabilità) e Lia Sparti (vice responsabile di Ambito), è venuto a trovarci all’interno di un programma di incontro con le realtà sociali locali. Sindaco Carli, Casa Carli… La Comunità alloggio prende il nome dal dott. Arnaldo Carli, padre dell’attuale primo cittadino di Maniago, che, assieme alla moglie, aveva deciso anni addietro di donare la propria abitazione di via della Repubblica al Comune esprimendo il desiderio che venisse impiegata con finalità sociali nello specifico a vantaggio delle persone disabili. E’ anche per questo motivo che gli ospiti di Casa Carli custodivano le più diverse aspettative per una visita sicuramente istituzionale ma, allo stesso tempo, singolare. Tutti, infatti, si sono particolarmente divertiti nell’ascoltare i racconti di Andrea (neo sindaco della città) che ricordava episodi della sua infanzia nell’abitazione che adesso è la loro. La nostra Cooperativa, che gestisce la struttura in comodato d’uso, l’ha ristrutturata facendo nascere l’attuale Comunità che accoglie persone adulte con disabilità. Erano presenti all’incontro diversi colleghi di Itaca che abitualmente condividono con noi attività, feste, momenti di scambio: Chiara Foghin (coordinatrice del Servizio educativo territoriale dell’Ambito di

Maniago-Spilimbergo), Massimiliano Paparella (coordinatore di “Via Colle”), Leo Tomarchio, presidente della Cooperativa Itaca, Caterina Boria, responsabile dell’area Disabilità, Fabio Della Pietra, ufficio stampa di Itaca. Il radicamento sul territorio e la consapevolezza di appartenere a una città dinamica, vivace e sensibile alle realtà come la nostra sono elementi fondamentali per promuovere il benessere e il diritto di cittadinanza delle persone che vivono in Comunità e, spesso, si trovano a dover ricostruire dei legami affettivi significativi perché lontane dal luogo di origine. Tutto questo a testimonianza dell’importante lavoro di rete che è stato fatto in questi anni e ha portato all’inclusione sul territorio e alla collaborazione con le realtà sociali esistenti sia interne sia esterne alla Cooperativa. È stata evidente la condivisione di intenti già propria di Itaca che, in questo caso, ha trovato un felice riscontro nell’ambiente maniaghese. Ci teniamo molto a sottolineare che i servizi gestiti dalla Cooperativa Itaca sono sempre stati esempio virtuoso di una Cooperazione sociale che include, opposta ad una cooperazione basata sul vantaggio reciproco e la produttività. La progettualità di Casa Carli si è sviluppata attorno alla cultura dell’accoglienza intesa come relazione di aiuto e alla cultura dell’incontro. Questo processo ha favorito il dialogo con la comunità territoriale, ha promosso la cultura dei luoghi di vita come spazi anche individuali, ed è confluito nella piacevole consuetudine ad incontrare l’Altro diverso da me qualsiasi sia la sua provenienza.

In un’ottica di co-evoluzione vorremmo mantenere alta la tensione verso una sinergia - che sia soprattutto sociale - con i nostri compagni di viaggio di Via Colle e con altre realtà presenti, superando ogni visione settorializzata. Siamo contenti di aver partecipato con gli ospiti al concerto di esordio dei “Michael and The Revolution” organizzato da Via Colle, è stato un evento della comunità a favore della comunità in un preciso luogo non neutro ma carico di significati. Gli ospiti hanno confezionato un piccolo presente per il sindaco Carli, fatto apposta per l’occasione nel laboratorio di mosaico. Ricordiamo che tale attività è stata fortemente voluta e continua ormai da anni all’interno della struttura. Sono molti gli ospiti che si impegnano a creare piccoli oggetti di uso comune (specchiere, cornici, appendiabiti…) che utilizzano poi per personalizzare le proprie stanze, già vivacizzate dai colori accesi scelti per le pareti. A conclusione del momento conviviale, spazio alla tradizionale foto di gruppo la cui stampa è gelosamente conservata nell’album dei ricordi di Casa Carli assieme alle immagini degli altri momenti significativi come vacanze, feste di compleanno ed iniziative immortalate per la recente mostra fotografica itinerante. La visita si è conclusa con un allegro brindisi ed un invito a ritrovarsi dentro, fuori, a casa di qualcun altro. L’equipe di Casa Carli

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ATTUALITà

DIRITTO AL CUORE

Le parole del sindaco Andrea Carli

Andrea Carli Sindaco di Maniago

A sinistra il sindaco Andrea Carli

Maniago Ciò che mi ha colpito di più, al cuore direi, di questi incontri avuti con i ragazzi di Casa Carli

sa, direi affettuosa da parte degli ospiti: non posso nascondere che mi sono veramente emozionato. Quotidianamente continuo a ritrovare qualche ospite o operatore in giro per la città, ci salutiamo, ci scambiamo impressioni: il rapporto che si è instaurato è di grande empatia. Questo permetterà collaborazioni efficaci tra Amministrazione e strutture, che spero non vengano mai meno. Vorrei ringraziare tutti gli operatori di Itaca che hanno permesso il successo di queste esperienze, che costituiscono un esempio anche per altre realtà. Dagli operatori ho percepito una grande disponibilità a perseguire quello che è stato uno degli obiettivi principali di queste strutture: l'integrazione con il territorio, con i cittadini ormai abituati a convivere ed accogliere le persone delle strutture negli esercizi pubblici, nelle feste, nella vita quotidiana. Penso che questo sia un grande elemento di civiltà e un vanto per la nostra città: avere nella propria comunità, con il giusto atteggiamento di accoglienza, persone disabili che fanno ormai parte della nostra rete sociale.

e del Css di Via Colle, è che si è aperto un rapporto tra persone autentico, che continua ogni giorno. Ho avuto un’accoglienza veramente caloro-

IL BLUES DI VIA COLLE Pordenone Vi siete mai svegliati con il ritornello di una canzoncina in testa, di quelle che non te la togli neanche se vuoi? Beh, se vi capita con “Il blues di Via Colle” la giornata prende tutta un’altra piega! Un’ora di blues con testi assolutamente mai banali, con un sound piacevole e coinvolgente di quelli che… non riesci a tenere il piede fermo o tamburellare con le dita sul tavolo. Tutto questo è accaduto a Maniago il 19 agosto, presso la Pizzeria da Mario, in una festa d’estate a base di panini e birra. Una serata ben riuscita grazie soprattutto a chi è salito sul palco, animando alla grande la serata. Si sono alternati i Michael and the Revolution e gli Alter Ego, ed è proprio dei primi che vi voglio parlare. Il gruppo si presenta con una formazione insolita, alla voce Michael (testi e musica), due chitarre (elettrica e acustica), basso acustico, percussioni. Nonostante sia il loro debutto, si presentano con carattere, senza particolari riverenze nei confronti del palco e del pubblico, con una voglia matta di suonare e di comunicare che illuminava la platea. Bravi entrambi i due gruppi, con una scaletta ben costruita e due generi che insieme stavano veramente bene ma quella mezza sporca dozzina (giusto per citare un altro gruppo irriverente del panorama friulano), che con quei testi ricchi di spunti inevitabili avevano una marcia in più, non erano lì solo per “animare” una serata, non per un compenso economico, ma per suonare e lanciare a chi li volesse cogliere dei messaggi che in qualche maniera ti rimangono, e se scoppiano anche in ritardo, come in uno spettacolo di Bergonzoni, una volta compresi ti arricchiscono. Quello dei MATR è un Cd da avere sempre in macchina, soprattutto quando si fanno quei giri, senza meta, con il finestrino aperto, baciati dal sole e magari con una sigaretta di cui fai al massimo un paio di tiri, perché la fumi per coreografia, e godi perché sei li, e non vorresti fare o essere niente di più e in nessun altro luogo che lì con la tua musica! Dimenticavo: i Michael and the Revolution è il gruppo nato dalla collaborazione tra ospiti ed operatori della Comunità di Via Colle gestita dalla nostra Cooperativa Itaca. Giorgio Achino

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Attualità

SERVIZI DI CONCILIAZIONE PER I SOCI (terza edizione) Ancora non esaurito il budget messo a disposizione dal Consiglio di Amministrazione Pordenone Il 31 luglio 2012 è scaduto il termine ultimo per la presentazione delle domande di rimborso per i servizi, di cui hanno usufruito i soci, volti alla cura e/o custodia dei figli o dei parenti invalidi. I soci aventi diritto al rimborso hanno ricevuto una lettera di approvazione della domanda e possono quindi inviare le pezze giustificative all’ufficio amministrazione. E’ stata inoltrata anche una lettera di diniego ai soci le cui domande non sono state accolte per mancanza dei requisiti o perché la domanda è stata compilata successivamente al 31 luglio. Ci dispiace non aver potuto accogliere le domande presentate in ritardo, comprendiamo la difficoltà tra tutti gli impegni quotidiani a ricordare le scadenze ma, essendo Itaca un’organizzazione grande e complessa, è un obbligo per noi porre dei termini e rispettarli, per un dovere di trasparenza nei confronti dei 1000 soci che compongono la Cooperativa. Le domande accolte sono state 52 per un totale di 13.200 €, a fronte di 20.000 € stanziati dal CdA. Alcuni dati in merito ai servizi richiesti:

punti verdi

dopo scuola

nido

centro diurno

scuola infanzia

Ulteriori iniziative

scuola primaria

In questi pochi mesi che ci separano dal nuovo anno abbiamo proposto ai referenti degli uffici territoriali di organizzare alcuni Centri gioco per i figli dei soci, al fine di consentire a questi ultimi di effettuare commissioni in tranquillità per alcune ore una volta alla settimana. Questa è una delle attività che avevamo in mente di organizzare come servizio di conciliazione, inserita anche nel progetto presentato al Ministero lo scorso anno. Essendo ancora in attesa di sapere se il progetto sarà approvato o meno (la graduatoria non è ancora uscita), abbiamo pensato di utilizzare il denaro rimasto dal bando sui servizi di conciliazione interni per sperimentare questo tipo di attività. I consiglieri si stanno organizzando per poter aprire i servizi negli uffici territoriali delle loro zone, appena avremo dati certi in merito all’attività forniremo le informazioni necessarie perché i soci possano usufruirne.

punti verdi

dopo scuola

nido

centro diurno

scuola infanzia

scuola primaria

Inoltre è prevista dal progetto Family Friendly la creazione di un gruppo di soci che, in quanto interessati ai temi delle pari opportunità e della conciliazione, e disponibili a discuterne, collaboreranno per individuare attività utili a ridurre il carico richiesto alle famiglie per la cura dei figli e dei parenti non autosufficienti. Per il momento sono state contattate alcune persone che hanno aderito all’iniziativa, si prevede nei prossimi mesi di iniziare l’attività, a partire da un corso tenuto da un docente che illustrerà buone prassi e strumenti utilizzabili, partendo dalla realtà della Cooperativa. Chiara Stabile 10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 17


ATTUALITà

PERCORSO LUDICO DEGLI SBILF DI MONAI Un fanciullo tra orchi, agane, lupi e volpi Ravascletto Prosegue la pubblicazione dei racconti a cura di Gigi Fasolino e Sara Burba, operatori di Itaca, che hanno creato nove racconti legati al percorso nel bosco, già strutturato su nove postazioni con le statue lignee di altrettanti personaggi mitici, come richiesto dal Comune di Ravascletto. Dopo le fiabe dell’Orcolàt e del Pavâr, è ora il turno del Bagàn.

Il Bagàn Tra gli sbilfs più apprezzati dalle genti di Monai, c'è senz'altro il Bagàn. Poco più alto del Pavâr, ma decisamente più smilzo, aveva in comune con questi il grande ingegno e una grande passione per la fatica. Era fortunato il Bagàn, la sua missione coincideva esattamente con il suo lavoro: accudire gli animali domestici. Non aveva una famiglia come la intendiamo tutti, con moglie, figli, eccetera eccetera: la sua casa era la stalla, e qualche mucca, capre e pecore, conigli e molte galline, erano la famiglia migliore che il Bagàn potesse avere. Erano sempre insieme, con l'aggiunta dei pastori e dei loro cani durante li pascoli. Il Bagàn era amico dell'uomo, anche perché gli era d'aiuto con la gestione del bestiame. In cambio, all'uomo chiedeva solo asilo nella sua stalla. La sera in cui gli uomini catturarono l'Orco, per il Bagàn era cominciata con una delle tante fughe dalla stalla. Quando il gigante si recava in visita al paese, infatti, il fragore e il tumulto dei suoi passi crepava i muri e faceva scricchiolare le travi dei tetti. Il Bagàn guidava fuori tutti gli animali, ma accadeva spesso che l'Orco, vedendo le vacche correre, le cogliesse per mangiarle, così come noi raccogliamo i lamponi dalla pianta. Quella sera il Bagàn condusse il bestiame in piazza, per evitare che si disperdesse per i prati. Una volta giunto là e terminato il pericolo, si creò un capannello di uomini stanchi e inferociti, pronti a tutto pur di far terminare le scorribande di quell'ospite scomodo. Giunse, tra gli altri, anche il Pavâr, che dall'alto della fontana mostrò 18 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

Disegno di Giovanni Di Qual

a tutti i suoi fagioli magici. Quando i due si videro, capirono al volo, ancora prima di tutti quegli uomini accecati dalla rabbia, cosa avrebbero dovuto fare. Così, non senza qualche timore, la famiglia di animali del Bagàn divenne l'esca per trarre in inganno l'Orco. Portati gli animali su per la Valsecca, una volta avvertito in lontananza il ritorno del gigante, il Bagàn li ricondusse giù a tutta velocità. Mentre scendevano a più non posso verso le piante di fagioli intrecciate, inspiegabilmente le vacche cominciarono a disperdersi come spaventate da qualcosa. Fu un impresa per il piccolo sbilf riuscire a recuperarle tutte prima dell'arrivo dell'Orco, ma ce la fece quando ormai si sentiva il fiato puzzolente di quel colosso sul collo. Proseguì velocissimo, senza far attenzione alla pioggia che non era pioggia, ma bava. Arrivò così, col cuore in gola ai piedi della riva e... Il resto, è il tonfo più forte che la Valcalda abbia mai sentito. Sara Burba e Gigi Fasolino


Attualità

NOVELLO SALUTA SANT’OSVALDO Il ricordo è base per il futuro Udine Dalla prima “Festa delle torte” del luglio 1996, gli eventi di festa all’interno del parco di Sant’Osvaldo a Udine sono diventati sempre più frequenti e variegati, ed un po’ alla volta non solo hanno portato vita e persone “dentro”, ma anche “fuori”. Qualche settimana fa, invece, i festeggiamenti sono tornati “dentro” perché era importante salutare chi ha testardamente voluto realizzarli - riuscendo a mettere in moto menti, contributi,

forze di tutta la realtà civile - e che da ottobre non sarà più direttore, ma amico, più libero e fantasioso di quanto il ruolo gli permettesse di essere fino ad adesso, come lui stesso ha detto. E così ospiti, amici, collaboratori hanno voluto ringraziare Mario Novello ed augurargli un buon prosieguo tra gli alberi del parco. Partendo dal grande cedro, dove un intrepido lavoratore si era arrampicato per leggere la prima testimonianza, quel “io sono matto” che trovate in allegato. Quattro tappe significative, sempre all’ombra di qualche albero ben descritto da una

botanica, hanno permesso di leggere e recitare altri brani ed altre immagini portati da diverse persone che a vario titolo hanno collaborato nel tempo con Mario Novello, mentre i grandi artisti del gruppo Furclaps hanno ripercorso, con le loro musiche, quei sentieri che li avevano ascoltati nella prima Festa d’estate del 1997. Ed un albero ha concluso la mattinata: un albero nuovo, un melograno, con quel frutto che fatto da tanti è così buono. Ed il dottor Novello ha continuato a… piantare, con la vanga ed il bagnafiori questa volta. Certo, poi altre testimonianze sono state portate, il Coro del Nove ha cantato, tutti si sono abbondantemente rifocillati con gusto prima di allontanarsi. E credo tutti siano andati via portando con sé un po’ di quella atmosfera del ricordo non fine a se stesso, ma ancora base per il futuro. Ardea Moretti

PAROLE TRA GLI ALBERI DEL PARCO “Organizzammo una comunità con l’obiettivo di dimostrare com’era possibile una vita diversa. La cosa sorprendente fu che molti giovani, molta gente veniva da noi e percepiva che la vita dentro quella comunità era migliore di quella fuori. Il punto è che dentro quella comunità l’egoismo che domina la nostra vita era affrontato diversamente: la mia sofferenza era la sofferenza dell’altro. Cominciammo con questo tipo di logica. (Franco Basaglia, Conferenze brasiliane) Udine

SONO UN MATTO

Sono un matto perché credo che “la libertà non è star sopra un albero” Sono un matto perché quando mi hanno incaricato di venire a Udine, ho pensato “si può fare” Sono un matto perché ho sempre pensato che Basaglia era una brava persona e che bisognava seguire le sue orme arrivando il più lontano possibile Sono un matto perché ho aperto le porte dei reparti Sono un matto perché sapevo che un buon operatore non ha bisogno della divisa, né un buon medico del camice, né tantomeno le persone di vestiti con cucita dietro la squallida etichetta del reparto Sono un matto perché ero convinto dell’importanza di aprire strutture residenziali e costruire il lavoro sul territorio Sono un matto perché ho avuto fiducia nell’ingresso e nello sguardo di giovani, obiettori e cooperativisti per cambiare profondamente le cose Sono un matto perché ho considerato la for-

mazione degli operatori una necessità per un cambiamento umano Sono un matto perché ho creduto nell’apertura dei Csm sulle 24 ore e nella costruzione di servizi che vadano veramente incontro alle esigenze delle persone Sono un matto perché ho sempre creduto nella parola “rete” Sono un matto perché credo fermamente che salute e diritti di cittadinanza non possano mai essere disgiunti Sono un matto perché sono sicuro che non dobbiamo mai accontentarci, che ci sia sempre qualcosa in più che possiamo fare Sono un matto perché ho sostenuto la creazione di comunità fondate sull’accoglienza Sono un matto perché credo nel lavoro come opportunità di emancipazione e di riscatto Sono un matto perché so che la diversità è un valore irrinunciabile per un mondo sano Sono un matto. Capirete quindi che avevo un’ottima ragione per lottare affinché né io né i matti come me finissimo chiusi dietro il cancello di un manicomio. Comunità Nove

COLONNA D’ERCOLE

Un augurio speciale da parte di Luca e Gabriele, nel continuare ad affrontare la Sua vita e carriera in modo sempre determinato e molto umano; ed un grazie a braccia aperte per essere riuscito ad esserci alla presentazione del nostro “progetto/testimonianza” svoltosi all’inizio dell’anno, insieme ad altre persone di alto profilo, a casa nostra in via Brenari. Nel nostro percorso nella salute mentale, nei nostri problemi con gli altri, Lei è sempre stato una persona “modello”, che abbiamo sempre preso come spunto di riflessione e riferimento, essendo Lei stesso una autentica “colonna d’Ercole” della Salute Mentale. Un abbraccio caloroso e sentito da parte dei ragazzi di Via Brenari!

RIVOLUZIONARIO

Ho nella memoria un'immagine legata al dottor Novello che mi è particolarmente cara e che, sono certa, lui non ricorda: è la sua reazione a una mia parola. Parlo di quasi 15 anni fa. Io e la mia referente di allora eravamo andate nel suo ufficio, per sottoporgli non so quale questione o progetto. In coda all'incontro Novello ci chiede come stavano andando le cose, in generale, alla Comunità Nove. Io ero arrivata qui da non molto, lo conoscevo pochissimo. Ero piuttosto giovane e poco pratica di dinamiche politicodiplomatiche e linguaggi appropriati a un luogo di lavoro; quindi devo essermene uscita di slan10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 19


ATTUALITà cio con qualcosa del tipo: "Be', dottore, secondo me è un posto bello, vivo, c'è un sacco di affettività, il rapporto tra operatori e ospiti ha qualcosa di speciale. Sì, insomma, è un posto RIVOLUZIONARIO". Non ho finito di pronunciare quella parola (che, uscita di bocca, mi restituisce un alone di vetero, radicale, estremista ecc. ecc.) che sento la collega irrigidirsi leggermente, mi vengono in mente le poche cose che avevo sentito sullo stile del Direttore (la serietà, la pacatezza, la caparbietà) e penso "Ecco, ho detto la cazzata". Qualche secondo di silenzio e, per me, un netto principio di imbarazzo. Novello risponde senza parlare: il suo viso si illumina subito con un piccolo sorriso di sorpresa e di contentezza insieme, o non so, come di quella soddisfazione che viene da una conferma. Un piccolo sorriso come a dire fra sé e sé: "Va bene, allora ci siamo, la strada è giusta". Poi magari, inconsciamente, avrò anche modificato un po' il ricordo, ma a me sembra che ci fosse anche un tratto di commozione, leggerissima, appena accennata. Rivoluzionario, per un servizio del Dsm, gli piaceva. Berenice Pegoraro

IN ONORE DI UN CONDOTTIERO DI ALTRE (LE NOSTRE) EPOCHE

Anche se ho sostenuto che è l'ora che i protagonisti del grande movimento basagliano vadano in pensione, per lasciar un po' respirare, magari sbagliando, gli operatori più giovani, ci tengo a scrivere che voglio fare un'eccezione per Mario Novello. Anche se lui si è già amichevolmente offeso, e scommetto che questo mio rimembrarglielo lo farà di nuovo arrabbiare. Perché arrabbiato, anche se con uno stile contenuto d'antan, Mario lo è stato più volte, od almeno così me lo ricordo io. Può darsi semplicemente che questo dipenda dalle non tantissime occasioni in cui abbiamo avuto l'occasione di incontrarci, anche a causa del mio zingaresco peregrinare "di palo in frasca", sia fisico che intellettuale. Un'arrabbiatura elegante e contenuta, la sua, segno di un'emotività giocata con tutto il proprio essere, in un lavoro vissuto intensamente e mettendoci la propria forza d'animo, "in prima persona". A me Mario ha sempre ricordato la testardaggine, l'energia e l'abnegazione dei friulani: e quelli di Pordenone, come lui, non fanno eccezione, anzi ci aggiungono la tempra, mista di metallo e cotone, di una piccola città industriale. Ci volevano le energie di Mario per realizzare una grande opera come quella della ritardata riforma dei servizi psichiatrici udinesi, con la chiusura di Sant'Osvaldo, il più grande tra gli ultimi 20 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

Il dott. Mario Novello

manicomi italiani. In fondo, Gorizia e Trieste, e poi tutti gli altri luoghi storici della riforma basagliana, sono stati una grande opera di anni lontani, il prodotto di una generazione di giovani intellettuali, in una stagione di grandi cambiamenti collettivi. E' stato perfino facile (e continua ancor oggi, un po' per miopia, un po' per scelta politica precisa) ridurre quell'esperienza ad una cosa di "quegli anni", ormai irripetibile e priva di peso politico. Ed invece, grazie in primo luogo a Mario, la riforma ha dimostrato di essere ripetibile, standardizzabile, rinnovabile, non un oggetto da museo, ma un prodotto riproducibile, "da esportazione". Più volte, ai colleghi di tutt'Italia che mi hanno chiesto di visitare i servizi psichiatrici di Trieste, ho obiettato che avrei organizzato loro la visita, solo a condizione di vedere anche Udine, dedicando alle due realtà metà del tempo a disposizione: il presente è importante quanto il passato, e soprattutto più esemplare, in quanto più vicino a noi. La chiusura del manicomio di Sant'Osvaldo, e l'apertura del suo comprensorio alla società, contemporaneamente all'estensione dei servizi di salute mentale sul territorio, è stato il capolavoro di Mario Novello. Un'opera non certo

inferiore, e sicuramente più salutare e corretta del suo collega di un secolo prima, quel Giuseppe Antonini che realizzò il grande manicomio ai primi del Novecento. E il suo carattere "forte" ha costituito - insieme ai precedenti decenni passati a Trieste, in contatto con Basaglia e la sua équipe, ed alla sua personale professionalità la forza che ha permesso a Mario di gestire in modo ammirevole passaggi delicati, che avrebbero potuto significare il prematuro arresto del processo riformatore, se non gestite con grande arte. In qualche occasione Mario ha lamentato il grande impegno di direzione, che gli impediva un maggiore lavoro di studio. Dopo averlo visto gestire con cautela e rigore le cartelle di qualche dirigente del movimento operaio, prematuramente scomparso a Sant'Osvaldo in epoche cupe, non posso che augurarmi di ritrovarlo ancora nelle stesse stanze, a ridare ancora senso e dignità alle tante vite sacrificate alle "istituzioni totali". Gian Luigi Bettoli Legacoopsociali Fvg


ATTUALITà

MISERIA E POVERTÀ, SORELLE APPARENTI L’ippogrifo. La terra vista dalla luna

Pordenone "Miseria" deriva dall'identico sostantivo femminile latino, a sua volta connesso con l'aggettivo della prima classe miser. Sotto la voce miseria, il Latin Dictionary di Charlton Lewis e Charles Short riporta, quali significati principali, wretchedness, unhappy condition, misfortune, misery, affliction, distress, indicando dunque, quale elemento basilare, una condizione soggettiva di disagio e afflizione. I contesti d'uso del sostantivo sono sempre a forte connotazione negativa: ad esempio, il poeta comico Plauto così si esprime nei Persae (v.363): "in miseriam nascimur sempiternam" ("nasciamo per un'eterna infelicità"); oppure, ancora, vediamo Cicerone (de diuinatione, 2.86) dire che gli Stoici credono a tutto "supertitiosa sollicitudine et miseria" ("con supersitiziosa preoccupazione ed angoscia"). Da questa accezione, incardinata su una risonanza afflitta, negativa, si sviluppa poi il significato più concreto, quello per il quale "miseria" indica l'indigenza, quale, appunto, fonte di preoccupazione, ansia, sentimento di mancanza. Analogamente, l'aggettivo miser , ben più carico d'usi significativi, rimanda alla disgrazia,

come motivo per essere compianti (sempre dal Lewis-Short: wretched, unfortunate, miserable, pitiable, lamentable); e tra gli esempi d'impiego più interessanti, in questo contesto, si possono vedere l'eloquente nesso "miser et infelix" ("misero ed infelice") di Cicerone (Ad Quintum fratrem, 30, 94) e, ancor più, il famosissimo e dolente inizio di un componimento di Catullo, (Carmen 8, "Miser Catulle, desinas ineptire", "Catullo, disgraziato, smettila di far pazzie"), laddove il poeta vuole connotare la straziante sofferenza dell'amante deluso. Anche per l'aggettivo, i riferimenti alla privazione economica si sviluppano solo a partire dal nucleo originario di significato, che si è indicato. L'etimologia storica, del resto, rimarca che l'ambito in cui "miseria" nasce è quello della risonanza emotiva della privazione: la radice "mi-", presente anche in sanscrito, sarebbe la stessa del sostantivo greco μῖσος, che indica "avversione", "odio". Molto diversa è la storia di "povertà": essa deriva dal latino paupertas, a sua volta collegata all'aggettivo della seconda classe pauper. Il sostantivo rimanda ad una considerazione quantitativa, per la quale dei mezzi sono scarsi, ridotti o insufficienti: il Lewis-Short, come prime accezioni,

propone infatti poverty, small means, moderate circumstances. Sotto questo punto di vista, è interessante una definizione che proviene da Seneca (Epistula ad Lucilium 87, 34: “non uideo quid aliud paupertas sit quam parui possessio”: "non vedo cosa sia la povertà, se non possesso del poco"). Riprendendo una convinzione etimologica attestata anche, un secolo prima, da Varrone, Seneca connette paupertas a paruus, insomma la povertà al poco. In questo senso, la paupertas non assume un'accezione negativa, anzi, essa trova impieghi che la valorizzano, essendo interpretata come capacità di non partecipare all'ansia di accumulazione e possesso, come misura e segno di una vita sobria e consapevole. Questa interpretazione, nella cultura latina, è radicata fin dalle origini, e nel corso della storia della res publica diventa, spesso, motivo di confronto tra le origini, sobrie e controllate, e lo sfrenato arricchimento connesso all'espansione nel Mediterraneo. Il miglior testimone di questo modo di sentire è lo storico Sallustio, che, scrivendo ormai sotto Ottaviano, così racconta le caratteristiche della gioventù romana delle origini (De coniuratione Catilinae, 7): “Sed gloriae maxumum certamen inter ipsos erat: se quisque hostem ferire, murum ascendere, conspici, dum tale facinus faceret, properabat. Eas divitias, eam bonam famam magnamque nobilitatem putabant. Laudis avidi, pecuniae liberales erant, gloriam ingentem, divitias honestas volebant.” (“Ma tra di loro la contesa più grande era per la gloria: si affrettava ognuno a ferire per suo conto il nemico, ad arrampicarsi sulle mura, ad essere visto mentre compieva tali imprese. Queste ritenevano ricchezze, questa buona fama e nobiltà. Avidi di lode, erano generosi del loro patrimonio, volevano una gloria smisurata, ricchezze oneste.”). Come si vede, questi giovani appaiono tutti presi dall'esercizio delle uirtutes e solo in quest'ambito interessati a contendere, essendo per nulla interessati ai possessi individuali e materiali. Al contrario (De coniuratione Catilinae, 10) ecco come le ricchezze trasformano in peggio i giovani romani: “Qui labores, pericula, dubias atque asperas res facile toleraverant, iis otium divitiaeque optanda alias, oneri miseriaeque fuere.” ( “Per coloro i quali avevano sopportato facilmente fatiche, pericoli, situazioni incerte e dure, tempo e libero e ricchezze, cose da desiderare 10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 21


Attualità per altro verso, furono peso e miseria”). Con una ponderata contrapposizione terminologica, Sallustio mette il lettore di fronte al fatto che la ricchezza può generare miseria: intesa, come fa lo storico, come perdita del proprio equilibrio, della propria coerenza di comportamenti e scelte, come desiderio insoddisfatto e afflittivo. Radicata dunque nella riflessione degli storici latini sul proprio passato, la valutazione positiva della paupertas, per altro conto, trova anche delle correnti filosofiche che la esaltano. Questo avviene in ambito greco ellenistico, laddove la povertà, presa come segno di sobrietà, è associata all'autosufficienza, a testimonianza di una piena assunzione su di sé delle proprie responsabilità, anche materiali. E' di qui che viene il giudizio di Seneca che si è riportato sopra: la povertà è possessio di poco, ma possessio, è bene chiarire, è concetto totalmente esposto all'aleatorietà della sorte, in quanto l'unico vero possesso che importa, per Seneca, ed è pur esso una conquista sempre in corso d'opera e sempre revocabile, come ha mostrato in bellissime pagine del suo Lo stile “drammatico” del filosofo Seneca Alfonso Traina, è quello di sé (con un movimento per il quale il lessico della padronanza viene orientato nella direzione dell'interiorità). Uno dei testi più illuminanti lungo questa direzione, ci viene dalla poesia latina del periodo iniziale del principato di Ottaviano, dall'elegiaco Tibullo. All'inizio di quello che può essere considerato il suo testo programmatico, il primo carme del suo primo libro, contrapponendo la propria esperienza a quella di quanti si danno da fare in mercatura, guerra, politica, dice di sé di volere restare a vivere in campagna in questi termini: "Me mea paupertas vita traducat inerti" ("La mia povertà mi conduca in una vita tranquilla"). Povertà, dunque, come voluta autoesclusione dalla lotta per il possedere, associata ad una dimensione di vita più adatta all'individuo e alla sua ricerca di interiorità: un tema poetico e filosofico, come si è appena visto, che affascinerà, a distanza di secoli, Petrarca, il quale ne farà uno dei riferimenti di alcuni dei suoi fortunatissimi trattati latini (come il De uita solitaria). Notiamo infine che l'aggettivo pauper indica, fondamentalmente, il dato quantitativo, l'esiguità, scarsità o limitatezza di mezzi (Lewis-Short: poor, not wealthy, of small means,that has only enough for his moderate expenses). Anche qui almeno un testo che metta in evidenza la connotazione positiva, quando il termine sia inteso come segno di una consapevole scelta del vivere con misuratezza rispetto ai beni materiali: lo traiamo da uno degli autori che maggiormente si sono diffusi su questi temi, Orzio, dalla Epistula 1.10, laddove, ai versi 32-33, rivolgendosi 22 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

ad un amico, egli nota così gli consiglia, "Fuge magna; licet sub paupere tecto/ reges et regum uita praecurrere amicos" ("Evita le cose grandi; sotto un povero tetto è possibile star davanti, nella vita, ai re e ai loro amici"). La vita semplice e sobria consente, dunque, una qualità che può essere superiore a quanti godono dei vantaggi materiali. L'etimologia aiuta pure in questa occasione a focalizzare il nocciolo di significato: pauper rimanda alla radice greca παυ presente in παῦρος e nell'aggettivo latino paucus, dal quale viene, in italiano, "poco". In sostanza, dunque, l'etimologia ci mostra che miseria e povertà, che pure ci sembrano tanto vicine, avendo a che fare con l'idea di mancanza, in realtà abitano zone dell'espressione, e del pensiero, molto diverse: nella prima avvertiamo la nota dolente, soggettiva, col suo carico di ansia ed afflizione; nella seconda, la constatazione, che non è necessariamente negativa, ma che anzi può connettersi ad una precisa scelta a favore di una dimensione di approfondimento interiore, o comunque di equilibrio, dell'avere in quantità misurata, limitata rispetto ad altri. L'evoluzione dei due sostantivi (e di tutte le loro espansioni e derivazioni) nella lingua italiana, del resto, si sviluppa proprio all'interno della distinzione che si è messa ora in luce. "Miseria" rimanda sempre a qualcosa di negativo, di deprecabile, a qualcosa da combattere con tutte le forze, come l'estrema indigenza, che di "miseria" è uno, anzi, dei sinonimi più evidenti. Tra tanti possibili, uno dei modi migliori per considerare questa continuità di significato nella cultura europea sta nel prendere in considerazione un'incisiva frase del David Copperfield di Charles Dickens, che così scrive nel 1850: "Entrate annue, venti sterline; spese annue, diciannove sterline e mezza; risultato, felicità. Entrate annue, venti sterline; spese annue, venti sterline e mezza; risultato, miseria." E'un'accezione moderna, esatta e tremenda, che individua nella miseria, prima di ogni altra cosa, la percezione del non farcela, della compromissione del presente e del futuro, sulla base del proprio, personale, parametro di valutazione di cosa sia la vita: di cosa sia, nel contesto specifico, la soglia di rispettabilità (e di spese connesse) che danno cittadinanza in una società che identifica nel benessere economico l'elemento di riconoscibilità. Quanto alla povertà, il discorso è, appunto, diverso. Nella cultura italiana, del resto, il potentissimo strumento che colloca il sostantivo in un'area rispettabile, pensosa, addirittura di monito rispetto alle proprie scelte, quindi in grande

continuità con le accezioni che abbiamo colto in Sallustio, Seneca, Tibullo, è l'esempio francescano, dentro il quale essa diventa "Sorella Povertà" e ci riconduce alla capacità di dominare i beni materiali e di non diventare loro ostaggi. Ma, anche qui, è forse da un grandissimo della letteratura narrativa europea che risulta possibile cogliere con nettezza la questione; da questo passaggio di Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij, del 1866: "La povertà non è un vizio; ma la miseria, la miseria è vizio. Nella povertà voi conservate ancora la nobiltà dei vostri sentimenti innati; nella miseria, invece, nessuno mai la conserva". Qui lo scrittore connette miseria e povertà, e mette in evidenza quale sia il tremendo effetto della prima: essa depriva l'uomo di se stesso, gli toglie la sua intima sostanza –cosa che, invece, la povertà non compie, essendo anzi un ambito nel quale l'individuo è padrone della propria temperie interiore. E' partendo da queste considerazioni, in merito a queste due sorelle più apparenti che reali, appunto, che si è sviluppato, nel dibattito un redazione, il percorso di messa a fuoco di temi e questioni, dal quale si è originato questo numero della rivista. Siamo partiti dalla constatazione che, nei tempi più vicini a noi, almeno a partire dagli anni Ottanta, nella società italiana, i due sostantivi si sono sempre più avvicinati nell'uso comune; o, se si preferisce, che "povertà" si è sempre più caricato delle accezioni negative che marcatamente invece stavano, per etimologia, in "miseria". L'effetto di questa pratica (che, ed è discorso che spetta alla sociologia, si radica evidentemente nella conquista del benessere economico avvenuta a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso) si constata, significativamente, oggi: nel momento in cui contesti mondiali e locali, crisi epocali e congiunture periodiche costringono governi, aziende, imprese e famiglie a far conto con la limitatezza delle risorse e dei mezzi: Più che di "povertà" si viene a parlare (e sempre con cautela) di "decrescita", di "sobrietà". Gli inglesi, più sbrigativamente, per rimandarci alle scelte che si possono, e spesso devono, compiere oggi, usano Downshifting, lo scegliere di abbassare un livello, con una mera connotazione quantitativa: appunto, di fare-con-meno, con quel "poco" che l'etimologia sopra rivisitata ha indicato. E' di qui che, grazie all'aiuto di quanti hanno accolto le sollecitazione che si sono ripercorse, che si è articolata la serie di interventi che seguono. Piervincenzo Di Terlizzi Tratto dall’ultimo numero de L’Ippogrifo – Estate 2012


NotiziE dal CDA

Carta dei valori del Cda Trasparenza

Pordenone

Come preannunciato nello scorso numero di IT La Gazzetta, proseguiamo la condivisione di quanto indicato nella Carta dei Valori del Consiglio di Amministrazione, richiamando valori e comportamenti sia individuali sia organizzativi che il Consiglio di Itaca intende condividere con tutti i soci e i futuri consiglieri. Pordenone Il Consiglio di Amministrazione rappresenta l’organo di governo e di direzione politica della Cooperativa, viene eletto dall’Assemblea dei soci, definisce gli obiettivi ed i programmi da attuare, e verifica la rispondenza dei risultati della gestione alle direttive impartite. Il CdA può essere composto da un minimo di cinque ad un massimo di diciannove componenti eletti dall’Assemblea dei soci e loro mandatari. La maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soci lavoratori. Per essere eleggibili i soci devono aver maturato almeno un anno di anzianità in Cooperativa.

…dalla Carta dei Valori del Consiglio di Amministrazione.

LA TRASPARENZA: Il consigliere ha l’obbligo di comunicare le cariche ricoperte (sia politiche che in altre imprese) oltre a tutte le situazioni che possano creare motivo di conflitto di interesse. Il Consiglio definisce quali siano le non compatibilità con il ruolo di consigliere allo scopo di prevenire qualunque conflitto di interesse ed eventuali fenomeni di carrierismo. Negli incontri territoriali, il consigliere informa i soci relativamente agli argomenti trattati durante la seduta del Consiglio ed alle decisioni prese. Il CdA ha il compito di adottare un codice di autoregolamentazione che indichi anche un limite di mandati, in maniera tale da garantire una adeguata rotazione dei consiglieri, che assicuri sia una continuità che la possibilità di un numero congruo di nuovi consiglieri. I consiglieri sono chiamati ad elaborare, durante il periodo del proprio mandato, dei percorsi formativi e degli incontri che favoriscano il trasferimento e il tramandare il senso e la storia della cooperazione in generale e della Cooperativa Itaca in particolare, come pure del Consiglio e della produzione. Enrichetta Zamò

Vuoi contribuire a IT La Gazzetta di Itaca? Invia il tuo articolo, meglio se corredato da immagini in allegato jpg, a: f.dellapietra@itaca. coopsoc.it oppure al fax 0434 253266. Per informazioni ed eventuali proroghe chiama il 348 8721497. Il termine ultimo per il numero di novembre è martedì 23 ottobre alle ore 12. Ricordo a tutti/e che le immagini a corredo dei vostri articoli NON vanno impaginate all’interno del file word, ma devono essere inviate in allegato jpg (via mail) o consegnate a mano.

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IL VILLAGGIO DEI BAMBINI “The Village” al Centro estivo”: un’esperienza possibile

Cavallino Treporti E ci risiamo… anche quest’anno, ed è il quarto, il Centro estivo del Comune di Cavallino è nostro. Quale onore, potrebbero pensare i più, ma quale onere sostenere e gestire un’attività estiva in un territorio che ci vede protagonisti per i servizi erogati durante tutto l’anno (Laboratorio ai giovani e servizio di Educativa domiciliare), ma che d’estate vede l’invasione di turisti pari a dieci volte il numero degli abitanti. Fenomeno che sposta l’attenzione dell’Amministrazione nell’accoglienza degli ospiti da una parte, e i cittadini tutti o quasi impegnati nel lavoro stagionale e con il dilemma e i figli dove li metto ? E noi gli operatori dove li troviamo? Riccardo, Davide, Elisa, Lisa, Marco, Michela & Vania si sono buttati subito a capofitto. Per fortuna nel tempo siamo riusciti a scovare uno spirito di squadra che si rinforza ogni anno con la valorizzazione delle rispettive competenze, grazie anche ad alcune colonne portanti storiche dello staff. Nonostante sia un lavoro di soli 24 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

due mesi, e meno allettante economicamente di altri stagionali, piace ed entusiasma e, chi può, ritorna. Tutto questo implica che la qualità delle relazioni instauratesi all’interno del gruppo sia buona e, soprattutto nei momenti di criticità, sono emerse dinamiche collaborative che hanno portato a soluzioni rapide e tempestive delle emergenze. Altri elementi fondamentali sono l’ottimo rapporto con il Comune e le famiglie. In particolar modo i contatti con gli uffici competenti sono stati costanti, agevoli e sempre proficui: disponibili, rapidi ed efficaci gli interventi del dott. C. Nardin e della Sig.ra Brunello. Il tema proposto quale filo conduttore delle attività del Centro estivo 2012, conclusosi con successo il 24 agosto scorso, era “Il Villaggio”, incentrato sullo sviluppare nei bambini il senso della comunità e della condivisione. L’importanza della cooperazione di figure anche molto diverse all’interno della vita quotidiana di un piccolo paese ha rappresentato per i bambini un input di immediata comprensione ed interesse.

Il tema “The Village” ha avuto facile presa sui bambini e ha consentito di stimolare notevolmente la loro partecipazione alle attività proposte. A riprova di tale bontà, vi è la verifica sul campo di come abbia sollecitato la fantasia dei bimbi sino a far loro autonomamente creare una rete di scambio di figurine, piccoli oggetti e chincaglieria, inizialmente basata sul baratto e poi concretizzatasi in un vero e proprio “Mercatino del villaggio”, avente come moneta di scambio i pinoli raccolti in giardino. Un tema – quello del Villaggio - facilmente modellabile alle esigenze peculiari del territorio in cui viene proposto, e che consente l’identificazione dei bambini con le stratificazioni sociali più familiari (gli agricoltori, i pescatori etc.). A degna conclusione dell’esperienza del Centro estivo, la festa finale ha avuto come tema portante “Le Olimpiadi del Villaggio”. Risultato di un comune accordo raggiunto tra animatori e bambini, l’argomento è sembrato la naturale prosecuzione di quel percorso che aveva preso le mosse dal Villaggio, dal senso di condivisio-


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ne e comunità, e che ha condotto all’apertura verso il tema dell’incontro con l’altro e della multiculturalità. Alla presenza dei genitori, i bambini, dopo aver sfilato con le bandiere, le divise e la fiaccola olimpica di loro creazione, si sono cimentati in vari giochi di gruppo, dal tiro alla fune alla corsa con i sacchi. La festa è riuscita sia in termini di gradimento da parte dei genitori, felici per il gradevole allestimento scenografico messo in piedi dai bambini, sia da parte dell’Amministrazione comunale, con la presenza del sindaco Claudio Orazio, che si è prodigato in numerose strette di mano nella consegna della medaglia di partecipazione-ricordo per ciascun bambino del Centro estivo. Un grazie allo staff: Vania Ballarin, Lisa Furlan, Michela Furlan, Marco Momentè, Elisa Nardin, Davide Ubizzo con il coordinamento di Riccardo Sforza.

A sinistra, il sindaco Claudio Orazio

Chiara Nicoletti

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IN CARNIA LA GAZZETTA DELLA CHIOCCIOLA “Ci siamo anche noi”. In tutte le edicole il giornalino dei Csre dell’Alto Friuli

Tolmezzo É già alla terza uscita, si tratta di una nuova iniziativa, una nuova attività che coinvolgerà tutti i Csre dell’Alto Friuli: il giornalino La Gazzetta della Chiocciola. Oltre che per incrementare le capacità cognitive, artistiche e relazionali dei “nostri” ragazzi, per assecondare la loro curiosità, per renderli creatori di un prodotto confezionato in (quasi) completa autonomia, il giornalino è stato ideato anche per dare ai Centri una maggiore visibilità verso l’esterno, per marcare una presenza significativa delle nostre strutture sul territorio, in altre parole per dire: “Ci siamo anche noi”! La proposta avrà cadenza semestrale e vedrà protagonisti i quattro i Centri diurni dell’Ass 3 Alto Friuli (Esemon, Gemona del Friuli, Pontebba-Tarvisio, Tolmezzo). Per motivi di spazio evidentemente non tutti saranno sempre presenti nei vari numeri che intendiamo dare alle stampe ma, a rotazione e con compiti diversi, verrà interessata la maggior parte possibile dei “giornalisti”. In che misura verranno coinvolti? Cercheremo di valorizzare le loro capacità, inclinazioni, interessi e la loro voglia di raccontarsi e di raccontarci vizi privati e pubbliche virtù personali, della vita al Centro e di quello che succede intorno a loro, di commentare con qualche disegno gli articoli, di ideare la disposizione e la veste grafica, etc. Non solo, abbiamo pensato di dare voce anche all’altra metà dei Centri: in una rubrica a loro 26 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

dedicata, gli operatori scriveranno di loro stessi, delle loro attività, di eventuali proposte, dei loro pensieri… Ma non finisce qui. In sede di progettazione ci siamo chiesti chi sarebbero stati i nostri lettori. Si vabbè, ovviamente le famiglie di chi frequenta i nostri Centri. Ma anche i referenti della Cooperativa Itaca, l’Ass 3 con i suoi vari servizi, le Amministrazioni comunali e tutte le altre realtà presenti sul territorio che, in varia misura e a vario titolo, hanno a che fare con la disabilità. Per questo motivo si tratterà di una pubblicazione che darà spazio e voce anche a questi soggetti: in ogni numero è prevista, sotto forma di articolo o di intervista, la collaborazione di alcune di queste figure proprio per raccontarci del loro lavoro, delle mille difficoltà con cui si scontrano quotidianamente ma anche dei mille e uno aspetti positivi e piacevoli della loro professione. Ma niente paura, non si tratterà di un giornalino per “addetti ai lavori”, pesante e pedante, pieno di tecnicismi. La parte principale, gli attori protagonisti rimarranno sempre i ragazzi con i loro racconti, la loro visione della realtà, della quotidianità. Gli argomenti trattati saranno i più vari, scelti dalle “redazioni”, pensati e scritti dai novelli giornalisti in collaborazione con gli operatori. All’interno di ogni numero si parlerà di attualità, sport, musica, cinema, cucina, gossip, poesia, astrologia, verranno descritte le varie attività svolte all’interno dei Centri con le interviste agli operatori referenti, ma non solo.

Siccome siamo un po’ naif, artisti ed estemporanei, la “scaletta” non sarà sempre fissa, ci potranno essere continue novità. Ma non manca forse qualcosa, anzi qualcuno? Ah già, le famiglie, sì proprio loro. Ci sarà spazio per i loro pensieri, riflessioni, curiosità. Se qualcuno vuole dire qualcosa… c’è spazio per tutti. Quindi, armati di inchiostro, penna e calamaio o con un più prosaico e meno romantico computer (sigh!) siamo aperti a tutti i tipi di collaborazione (scuole, associazioni, redazioni di altri giornalini, etc.). Come è iniziato tutto questo? Siamo partiti, qualche anno fa, da un piccolo laboratorio sulla comunicazione (cos’è, come si comunica, con quali mezzi) per poi entrare un po’ alla volta nello specifico di ciò che ci interessava (la conoscenza e le differenze tra quotidiani, riviste, settimanali, mensili, pubblicazioni tematiche, parlando anche della nascita dei primi testi scritti e dell’evoluzione dei mezzi di comunicazione), finendo con l’addentrarci più nel “tecnico”: da quali parti è composto un giornale, l’importanza della posizione in cui vengono stampati gli articoli, il “linguaggio giornalistico”, cos’è una redazione, chi ci lavora, chi fa che cosa, etc. La visita ad una redazione vera (La Vita Cattolica, unici ad essersi resi disponibili ad accoglierci, ndr) ci ha chiarito molto le idee e gasato parecchio per iniziare al meglio la nostra avventura! Infine due parole sul titolo. Forse non tutti sanno che il simbolo dei Csre dell’Azienda sanitaria n.3 “Alto Friuli” è una chiocciola. Questo simpatico animaletto, forse un po’ viscidino, ha due caratteristiche molto precise e particolari, che ben si adattano anche a chi vive i Centri e nei Centri. La prima è la “lenta caparbietà”: pur con i nostri tempi, raggiungiamo sempre i traguardi che ci siamo posti! La seconda è il fatto che la lumaca si porta sempre con sé tutti i suoi averi (nella casetta): anche noi portiamo sempre con noi, dentro di noi, quanto impariamo, quanto sperimentiamo, i sentimenti che proviamo ogni giorno che passiamo insieme. Pierfabio Vittorio


AREE PRODUTTIVE AL MICROSCOPIO

RETI SIGNIFICATIVE E DIMENSIONE FAMILIARE La Salute mentale segue la strada tracciata da Franco Basaglia

Pordenone Progetti individualizzati per attivare percorsi riabilitativi di (re)inserimento nella vita sociale, affettiva, relazionale ma anche lavorativa, tramite la costruzione di reti significative. E’ questo il principale obiettivo dell’area Salute mentale della Cooperativa Itaca, che si rivolge principalmente a persone con sofferenza mentale e/o disagio sociale. Il servizio mira a promuovere interventi specifici sul piano educativo e assistenziale per favorire le abilità residue della persone e, in un’ottica di mantenimento, qualora possibile, di potenziamento della propria autonomia mediante una presa in carico personalizzata. Il tutto in un’ottica di co-progettazione, assieme ai servizi invianti, dei percorsi di cura, specifici per ciascuno e condivisi con l’utente e tutti gli attori possibili. Il filo d’Arianna che lega i servizi dell’area è costituito in primis dall’accoglienza e la conoscenza della persona con difficoltà, del suo contesto di vita, delle persone che le sono di riferimento. Itaca è attiva nei servizi residenziali dove l’ospite ha la possibilità di sperimentare la dimensione familiare, di ricevere un supporto di tipo assistenziale qualora risulti necessario partecipare alla gestione delle semplici attività quotidiane nel contesto comunitario, essere coinvolto nella programmazione d’integrazione sociale, di mantenere e rafforzare le relazioni familiari e/o con altre figure di riferimento. I servizi si possono distinguere in tre gruppi, il primo quello dell’Abitare sociale (o social housing): si tratta di piccoli servizi (gruppi appartamento o luoghi di residenza) che testimoniano il lavoro della Cooperativa nel campo dell’asse abitare e della socialità, e lo sforzo mirante all’inclusione sociale degli utenti. Inoltre ci sono i Centri diurni, luoghi di accoglienza con funzioni terapeutico-riabilitative, situati in contesti urbani o presso i Centri di salute mentale, con cui in ogni caso si condivide il percorso riabilitativo. Il Centro diurno è anche luogo di attenzione alle famiglie, alle associazioni, al territorio in tutte le sue espressioni e manifestazioni, nell'impegno della lotta allo stigma ed alla esclusione. In terzo luogo i Servizi di accompagnamento,

che hanno lo scopo di sostenere la persona nel percorso di costruzione delle proprie autonomie, fronteggiando così situazioni problematiche difficilmente gestibili sul territorio. Questi servizi permettono di formulare un’offerta in grado di supportare i servizi a cui i cittadini afferiscono, costruendo assieme percorsi di potenziamento delle autonomie personali e/o percorsi di sostegno alla socializzazione Nel 2011 l’area produttiva ha visto operare mediamente 246 addetti, pari al 18,4% dei lavoratori totali della Cooperativa Itaca, delle quali 161 donne (81,8%) e 36 uomini (18,2%). Il personale dell’area è in maggioranza 67,8% composto da operatori della salute mentale, ovvero addetti all’assistenza per il 35,4 % qualificati.

qualifica personale Qualifica Addetti ass qualificati Addetti ass non qualificati Infermieri proff.li Animatori/educatori Ausiliari Coordinatori

% 35,4 32,5 6,8 12,9 0,7 11,8

11,8% 0,7%

35,4%

12,9%

6,8%

32,4%

add. assistenza qualificati add. assistenza non qualificati inf. professionali animatori/educatori ausiliari coordinatrici/ori

10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 27


AREE PRODUTTIVE AL MICROSCOPIO Ben 44 i servizi totali in capo all’area (i dati sono tutti aggiornati al 31 dicembre 2011) diffusi nelle province di Pordenone, Udine, Venezia, Belluno e Bolzano, 26 i servizi con anzianità ultra decennale, 4 quelli superiori ai 5 anni, 14 quelli più giovani di 5 annualità. I committenti sono prevalentemente Aziende sanitarie (5) ma vi sono anche privati (nei servizi a gestione propria/Fap). Gli utenti sono stati 545, di cui 523 autosufficienti e 22 disabili. Tra i principali risultati dell’anno 2011, da annoverare certamente il fatto che il 100% degli Nell’analisi per genere le socie dell’area hanno un grado di soddisfazione pari a 3,36 e i soci un grado pari a 3,24, non c’è quindi una grossa distanza. Analizzando le medie per le quattro classi in cui è stato suddiviso il questionario troviamo il livello di soddisfazione massima per la voce "conoscenza" (3,45).

utenti dei servizi a gestione propria e il 93% degli utenti nei servizi in appalto ha avuto un progetto individualizzato, costantemente verificato e adeguato al mutamento delle situazioni personali. Inoltre nel 100% dei servizi ove Itaca gestisce anche gli spazi vi è la possibilità per gli ospiti di personalizzarli, parimenti nel 100% dei servizi in cui Itaca si occupa anche delle procedure d’ingresso vi è la possibilità per gli ospiti di effettuare nelle strutture di accoglienza visite pre-ingresso e il loro inserimento è individualizzato.

area relazione

3,04

area motivazione

3,33

area organizzazione

3,38

area conoscenza

3,45 2,5

Alta la soddisfazione generale dei committenti che ha raggiunto il risultato di 9, altissima la soddisfazione per la “professionalità dei coordinatori”, 9,4. La soddisfazione più elevata è da parte dell’Ass n.4 “Medio Friuli” che ha espresso una soddisfazione media pari a 10.

Molto alta è stata la soddisfazione degli utenti dei servizi dell’area che sono stati campionati per rilevarne il gradimento attraverso la somministrazione di un questionario: la media è stata di 8,36 punti (in una scala da 1 a 10), i servizi verificati sono stati 10. La maggiore soddisfazione la hanno espressa i residenti in Casa Ricchieri a Pordenone (9,05) struttura a gestione propria. Quanto alla soddisfazione dei soci, la media generale è stata buona (3,33 su una scala da 1 a 4).

10 9,5 9 8,5 8 7,5 7 6,5 6

2,6

2,7

2,8

2,9

3

3,1

3,2

3,3

3,4

10

9,8 9,2

ASSL 10 S.Donà ASS 3

8,3

ASS 6 Comunità via Ricchieri PN

7,8

ASS 6 appalto res. e centri diurni ASS 4 appalto COSM

soddisfazione commitenti

Quanto infine al fatturato dell’area Salute mentale è salito rispetto al 2010 per l’implementazione dei contratti esistenti e per alcune nuove gestioni. Nello specifico, si è passati dai 5,8 milioni di euro del 2009, ai 6,4 del 2010 fino ai 6 milioni 898 mila 713 euro del 2011.

9.000.0000

8.000.0000 6.898.713 6.403.800

7.000.0000 5.882.199 6.000.0000

Fabiana Del Fabbro 5.000.0000

4.000.0000

2009

2010

2011

fatt. area salute mentale

SVE A CASA RICCHIERI Pordenone Il primo ottobre hanno preso avvio le attività legate al progetto Sve – Servizio di volontariato europeo con il quale la Cooperativa Itaca si cimenterà nuovamente dopo 8 anni. Presso la comunità “Casa Ricchieri” di Pordenone verranno ospitate due ragazze spagnole, o meglio galiziane, che apprezzando la proposta di Itaca hanno deciso di approcciarsi ad un esperienza annuale che permetterà loro di seguire da vicino le attività della comunità ospitante e, quindi, di conoscere la nostra Cooperativa e il contesto culturale in cui questa opera.

28 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012


RICERCA E SVILUPPO

POSSIAMO FARE DI PIÙ CON MENO? Itaca e FAB al 10^ “Workshop sull’impresa sociale” Riva del Garda Decimo “Workshop sull’impresa sociale” nei giorni scorsi a Riva del Garda (Tn) sul tema “Innovazione su misura - Fare di più con meno” e prima uscita extraregionale per FAB!, l’incubatore d’impresa lanciato da Itaca, presente nella sessione “Modelli, Reti e Competenze” alla tavola rotonda su “Acceleratori e incubatori: piattaforme per nuove startup sociali” a cura di Aiccon. A chi dei nostri c’era, abbiamo posto alcuni interrogativi.

Quella che doveva essere un’idea di innovazione sociale si è sviluppata in… Risponde Christian Gretter, coordinatore FAB!

Oltre a promuovere l’innovazione che crea sviluppo sociale, l’incubatore d’impresa FAB si concentra molto sul tema della finalità dell’in-

novazione stessa. Quale tipo d’impatto sociale produce l’innovazione? Quali i bisogni espressi dal territorio? Quante e quali realtà sono coinvolte nelle iniziative? Quale stabilità lavorativa produce l’innovazione? Le parole chiave (intrise di cultura cooperativa) che circolano in FAB sono imprenditorialità collettiva, prospettiva d'equità, giustizia sociale e aggregare le risorse. Proseguendo nel nostro lavoro ed impegno, proporre un contenitore d’idee d’innovazione sociale si sta rivelando un’avventura concreta, fatta di dubbi, strade da prendere, incontri e riflessioni, che ci portano anche a ponderare e attualizzare il pensiero su cosa siano oggi la Cooperazione ed il Terzo settore nel quale operiamo. Incontrare persone, studiosi, imprenditori è certamente stimolante, in particolare quando tutti hanno voglia di rimettersi in gioco, adoperarsi (collettivamente) per concretizzare diritti di cittadinanza e percorsi partecipativi attraverso idee imprenditoriali ad elevato impatto sociale.

10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 29


Una prima rete fatta di persone e organizzazioni che in futuro potrà allargarsi, molte altre realtà dovranno mettersi in gioco in quella che è una scommessa per il bene comune. La fiducia che abbiamo nello spenderci in FAB ci porta a proporlo come il sogno di una categoria ancora valida in questo tempo: sogni ‘in grande’, da visualizzare col viso rivolto verso il cielo per intraprendere insieme viaggi avventurosi, poi, come un aquilone, il sogno vola via spezzando il filo. L’auspicio è che si possano concretizzare sempre più progetti con alla base i presupposti di cui sopra. Che un giorno si possa dire: “Lo vedi, si può volare e non smetter di pensare. I tempi duri passano…”.

Parlare di innovazione e idee di impresa sociale senza snaturare l’idea di sociale e di comunità è possibile? Risponde Paola Ricchiuti - area Ricerca e sviluppo L’impresa sociale pare il soggetto che meglio di altri può rappresentare le istanze della comunità. È infatti un mondo radicato nel contesto perché nasce dal contesto, e che, da questa posizione di vantaggio, può attivare con facilità risorse territoriali (sia umane che economiche) aggiuntive a quelle pubbliche (alcune reperibili solo nel contesto), può agevolmente accedere al mondo dell’impresa, è in relazione con il mercato del lavoro, può mettere a disposizione competenze imprenditoriali, può attivare i circuiti della formazione professionale accedendo a risorse a questa dedicate dalla politica, è in relazione con gli Enti locali ed è nelle condizioni di poter esercitare una certa capacità d’influenza sulle politiche territoriali. Sono tutti elementi forti che, combinati con quelli del pubblico, offrono opportunità, occasioni, energia. La situazione socio-culturale ed economica attuale, agevolata anche dall’impulso normativo, 30 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

fa ritenere la comunità pronta a sviluppare forme istituzionalmente innovative nella gestione, sviluppo e promozione dei servizi, fondate sulla condivisione della responsabilità, delle risorse e delle competenze fra pubblico e privato All’evoluzione costante dei problemi e al mutare delle domande deve corrispondere un’evoluzione dei servizi e della loro capacità di risposta. Dove cresce la complessità, lì si devono maggiormente articolare le capacità di analisi, le flessibilità organizzative, le ipotesi di intervento. La qualità di un servizio si costruisce quindi a partire dalla capacità di leggere e trattare i problemi, di analisi dei contesti e di essere capaci a ritradurre la propria azione perché diventi reale risposta. Ritengo che l’impresa sociale - attraverso lo sviluppo di relazioni nella comunità di appartenenza, le sue forme di gestione democratica connaturate al modello, la flessibilità nella gestione - possa ben rispondere alle nuove esigenze ed essere luogo di elaborazione, progettazione, condivisione e ricomposizione, coniugando la specificità dell’impresa cooperativa con gli obiettivi di rendimento e competitività.

Quale futuro per l’innovazione nel sociale? Risponde Orietta Antonini - direttore

E’ sempre interessante il confronto sul futuro tra ‘imprenditori sociali’ e su come ciascuno di noi si sta preparando per rispondere ai cambiamenti in atto. Abbiamo potuto constatare come, alla domanda Quale futuro per l’innovazione nel sociale, tra le risposte necessarie vi sia non solo la creazione di modelli di reti collaborative diverse ma anche strumenti nuovi, ivi compresi quelli raggruppabili sotto il nome di social media. Gli studiosi ci restituiscono che il governo delle relazioni con gli stakeholders dà una maggiore

Massimo Tuzzato, area Ricerca e sviluppo

probabilità di sviluppo alle cooperative e che questa capacità relazionale ha una correlazione con le performance economiche (i dati sono stati forniti dall’Osservatorio Isnet sull’impresa sociale: www.impresasociale.net). C’è bisogno di tempo per far sedimentare il nuovo, fatto di tante belle esperienze e progetti, ma perdura il disorientamento generato dalla constatazione che, ancora una volta, mancava uno stakeholder, l’interlocutore: l’ente pubblico. Se i bisogni crescono e le risorse diminuiscono (o finiscono), come cooperatori sociali abbiamo il dovere di farci carico del bene comune, ovviamente contemperando la mutualità interna. Ma non credo che ci competa, ammesso che ne siamo capaci, scegliere le priorità di risposta a ciò che lo stato sociale, nei vari territori, lascia indietro. Possiamo fare di più con meno ma non tutto. Enrichetta Zamò


informazione

FORMAZIONE DEGLI OSS Misure compensative: sei soci lavoratori neo promossi Pordenone Prosegue l’attività informativa e di accoglienza per l’accesso ai corsi di “Misure compensative per il conseguimento della qualifica di Operatore socio-sanitario (Oss)". Come è noto, a seguito di avviso pubblico, la Regione Friuli Venezia Giulia ha affidato ad una associazione temporanea di enti di formazione accreditati l’attuazione di un programma dedicato a promuovere un’adeguata offerta formativa a favore di quanti sono in possesso di crediti formativi e lavorativi nell’assistenza alla persona, e sono interessati a conseguire la qualifica di Operatore socio-sanitario. Finalmente qualche spiraglio di luce nella complessa situazione legata alle qualifiche e riqualifiche del personale socio sanitario ed assistenziale in Friuli Venezia Giulia, dopo anni in cui il personale occupato poteva accedere ai soli corsi di “Competenze minime” da 200 ore e i corsi Oss venivano riservati al personale disoccupato. Dopo un susseguirsi di tavoli tra responsabili della formazione regionale, enti di formazione, rappresentanti di Itaca uniti ad altri esponenti di rilievo del panorama cooperativo, la situazione si è infine sbloccata e nell’aprile scorso hanno preso avvio i primi corsi. Come sappiamo, in regione è diffusa la presenza di personale che opera o ha operato nell’area dei servizi alla persona e che, vantando crediti formativi e lavorativi in area socioassistenziale e sanitaria, può giungere al conseguimento della qualifica Oss attraverso questo specifico percorso formativo. L’iniziativa triennale proposta dalla Regione sostiene la realizzazione di due tipologie di operazioni di carattere formativo (da 252 ore e da 500 ore) che favoriscano il conseguimento della qualifica professionale Oss da parte del personale in possesso dei crediti sopraindicati. Riportiamo di seguito la testimonianza di alcuni soci che hanno partecipato ad una delle prime edizioni e hanno portato a termine, con impegno e determinazione, il percorso da 252 ore.

dell’ente formatore Fondazione Opera Sacra Famiglia. Il suddetto corso ha visti impegnati sei soci lavoratori della Cooperativa Itaca: Michela Braida, Renata Piazza, Luca Pietrini per il settore salute mentale e Ausilia Pittia, Katia Salanitri, Gloria Conte impegnate nel settore disabilità. Il corso ha avuto inizio nel maggio 2012 e prevedeva la frequenza di quattro ore ogni lunedì, mercoledì, venerdì fino al 13 settembre 2012. Durante il percorso formativo i soci hanno continuato a prestare servizio nelle rispettive aree, inoltre durante il tirocinio di 120 ore presso l’Ass 4 e l’Azienda Ospedaliera Santa Maria della Misericordia, hanno usufruito delle ferie maturate durante l’anno per far fronte alle esigenze formative e lavorative richieste per il periodo di tirocinio. L’esperienza trascorsa nei reparti di medicina dell’Ospedale civile di San Daniele del Friuli, al Rip del Gervasutta, medicina d’urgenza e cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Udine è stata impegnativa ma appagante sia sotto il livello formativo che umano. I sei soci si sono distinti per la professionalità e l’impegno profusi ricevendo lodi di merito da parte dei responsabili della formazione e dei tutor aziendali. Ringraziamo i coordinatori Lara Gaafar, Luca Torresin, Michela Butti, Manuela Pontoni per la disponibilità nella stesura degli orari. Maximilian Bremer e Michela Braida

Si è da poco concluso il corso formativo di misure compensative per il conseguimento della qualifica di operatore socio sanitario organizzato 10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 31


insicurezza

DAL PUNTO DI VISTA DELLE DONNE Prospettive di genere nella salute e sicurezza sul lavoro Pordenone Affrontare la sicurezza sul lavoro dal punto di vista del genere è per Itaca fondamentale, in quanto le lavoratrici donne costituiscono l’83% del personale, mentre lo studio della materia, e quindi gli strumenti e i rimedi proposti dalla normativa e dalla letteratura, si basano sempre sul modello del lavoratore standard: uomo. Quali sono i rischi che necessitano maggiormente di un approccio differenziato tra lavoratrici e lavoratori?

Incidenti stradali in itinere

Gli ultimi dati dell’Inail (2008-2009) dimostrano che le donne si sono infortunate sul lavoro molto meno degli uomini, ma più degli uomini a causa di incidenti stradali in itinere. La prima informazione è dovuta alla percentuale minore di donne occupate rispetto a quella degli uomini e al fatto che le donne lavorano prevalentemente nei servizi, settore tradizionalmente meno pericoloso dell’industria. Ne consegue che nel comparto servizi l’incidenza infortunistica femminile è elevata: 74,5% (il secondo settore economico più colpito dopo quello del personale domestico 89,3%).

Patologie muscolo-scheletriche

Da uno studio dell’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro (“Prospettive di genere applicate alla salute e sicurezza del lavoro”), emerge inoltre che un numero maggiore di donne rispetto agli uomini avverte dolori agli arti superiori e che le donne lavorano in circostanze che causano l’insorgere di patologie muscolo scheletriche, non solo a causa della movimentazione manuale dei carichi ma anche di posture innaturali, mansioni monotone e ripetitive, metodologie operative e organizzazione del lavoro carenti e, comunque, molto più spesso di quello che si è portati a pensare, effettuano sollevamento carichi (addette all’assistenza residenziali e domiciliari,

32 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

ma anche educatrici nido e parrucchiere). Le patologie muscolo scheletriche costituiscono il rischio più elevato per i lavoratori di Itaca, causano numerose prescrizioni mediche che comportano la riorganizzazione del lavoro e necessitano di molta collaborazione tra le aree produttive e i coordinatori dell’intera Cooperativa per la ricerca di posti di lavoro con mansioni non a rischio.

Stress lavoro-correlato

Con il Testo Unico è stata resa obbligatoria la valutazione del rischio stress lavoro-correlato la cui causa sul posto di lavoro per le donne è dovuta spesso alla difficoltà di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. L’Agenzia riporta che le donne svolgono, più spesso degli uomini, mansioni emotivamente gravose, ossia i lavori cosiddetti “a contatto con le persone”, vengono citate in particolar modo le infermiere che assistono pazienti malati, le donne che curano familiari disabili e gli insegnanti che operano con bambini in difficoltà. Inoltre, è dimostrato che in mansioni di questo tipo il turno notturno rappresenta un ulteriore fattore di stress, che oltre a sconvolgere i ritmi fisiologici si aggiunge ai conflitti esistenti tra lavoro e vita privata. Nel documento dell’Agenzia viene riportato anche che le donne sono colpite più di frequente ma con una intensità non elevata, in quanto ricorrono con più frequenza degli uomini e con efficacia al supporto sociale e ai meccanismi mirati per far fronte alle difficoltà. Inoltre, dalle ricerche emerge che la salute fisica e mentale delle donne che lavorano, con o senza figli, è comunque migliore di quella delle disoccupate (Rout e al. 1997), come a dire che il lavoro può far aumentare lo stress, ma offre relazioni sociali e altri benefici che chi resta a casa non ha come, ad esempio, una retribuzione. Itaca ha messo in pratica i seguenti strumenti per agevolare i soci nella conciliazione tra tempi di vita e di lavoro:

• • •

• • •

Copertura del 100% del periodo di maternità; Riserva dei posti con retta agevolata per i figli dei soci nei nidi della Cooperativa; Servizi di conciliazione per i soci tramite rimborsi per l’utilizzo di servizi quali: nidi, scuola infanzia e primaria, centri gioco e badante; Formazione sulle pari opportunità e la conciliazione a vari livelli; Percorso per le neomamme che sono rientrate dalla maternità al fine di agevolarne il reinserimento al lavoro; Realizzazione di work and conference room per la gestione di riunioni e colloqui a distanza.

Chiara Stabile


inpersonale

VADEMECUM PER I “PERMESSI STUDIO” Domande entro il 31-12-2012

Quando far pervenire la richiesta? Entro e non oltre il 31-12-2012. Pordenone Sulla scorta dell’esperienza dello scorso anno, che ha visto l’erogazione di oltre 3000 ore di permesso studio ai soci e lavoratori impegnati in percorsi formativi di vario ordine e grado, la Cooperativa Itaca ricorda la possibilità per tutti i lavoratori di inoltrare, anche per l’anno corrente, regolare domanda di fruizione di permesso studio.

Come fare domanda?

E’ necessario compilare in ogni sua parte il modello di richiesta reperibile all’indirizzo http:// www.itaca.coopsoc.it/Istituzionali.aspx, indicando i propri dati personali ed evidenziando la tipologia di corso frequentata oltre che il numero di ore richieste Allegare al modulo di richiesta il certificato di iscrizione al corso di studi per cui si richiedono i permessi

Quali sono i parametri per il riconoscimento delle ore di permesso? Attinenza del corso di studi con le qualifiche richieste dai servizi gestiti (peso ponderale 75%) Anzianità lavorativa in Itaca (peso ponderale 25%) Le ore da concedere vengono parametrate sulla base del monte ore settimanale da contratto

Dove farla pervenire?

Presso la sede centrale di Pordenone a mezzo mail, fax, posta ordinaria o attraverso il rispettivo coordinatore.

Da quando sono fruibili le ore accordate?

Le ore sono fruibili per gli esami sostenuti dal 01-01-2013 al 31-12-2013. Eventuali esami sostenuti tra la data del 01-11-2012 e la data di approvazione delle domande da parte del CdA (orientativamente verso la fine di gennaio 2013), verranno riconosciuti retroattivamente dopo quest’ultima data. Le ore di permesso concesse sono fruibili solo all’interno dell’anno solare di pertinenza e non sono pertanto cumulabili, qualora non godute, con quelle eventualmente accordate per l’anno solare successivo.

Come si indicano le ore?

Le ore, la cui fruibilità è garantita fatte salve sempre e comunque le esigenze del servizio di appartenenza, vanno semplicemente inserite dal beneficiario all’interno del proprio foglio ore contraddistinguendole con la dicitura “permesso studio” e saranno inserite dal rispettivo coordinatore. Renato Esposito

Domenica 5 agosto alle 3.49 è nato Peter e sta benone: mangia, dorme e gioca! Complimenti a mamma Chiara e papà Maximilian: siete diventati genitori di uno splendido bambino che riempirà di gioia ogni giorno della vostra vita! Vivissimi auguri a tutti e tre!

Il 16 settembre è nata Stella, bellissima come mamma Giulia e papà Gianni! Un benvenuto da parte dei colleghi di Udine e di tutta l'area! E per farle compagnia, sempre a San Daniele è arrivato anche Samuele, di Giada e Walter. Tanti auguri anche a loro!

10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 33


Culture

MU SI CA

ci ne ma IL CAVALIERE OSCURO, IL RITORNO

Mumford & Sons - Babel

Dopo l’ultima pellicola datata 2008, ecco un nuovo film sul mitico eroe dei fumetti Batman - “Il Cavaliere oscuro, il ritorno” - firmata dal regista inglese Christopher Nolan, già noto per aver diretto altri film sul genere. La trama si riallaccia a quella precedente del 2008 - “Il Cavaliere oscuro” - e inizia con l’uccisione del procuratore distrettuale Harvey Dent, del quale Batman si è accollato la colpa della morte. Da quella volta, l’uomo mascherato si è trasformato da eroe in fuggiasco: ha fatto perdere le sue tracce e non si interessa più della sorte di Gotham City. Anche il ricco ereditiere Bruce Wayne non si fa più vedere e si mormora che sia un uomo distrutto dal dolore e rinchiuso nelle stanze della propria magione, senza mantenere alcun contatto con il mondo esterno se non con il maggiordomo di fiducia. Durante questi otto anni, Gotham sembra aver debellato la criminalità grazie alla legge anticrimine promossa proprio dal procuratore Dent poco prima di morire, ma, a distruggere l’equilibrio della città, è l’entrata in scena di una nuova figura malvagia: un terrorista mascherato di nome Bane che semina orrore e paura, e costruisce il proprio quartier generale nei sotterranei di Gotham. Il commissario James Gordon, coinvolto a sua volta nella morte del procuratore Dent e sentendosi in colpa per aver incolpato Batman, si mette sulle tracce di Bane ma, una volta rintracciato, si trova di fronte un uomo estremamente pericoloso e capisce che è un “male” difficile da sconfiggere. L’intento di Bane è di annientare Gotham City e fa il possibile per entrare in possesso del dispositivo progettato e creato dalla Wayne Enterprise, l’azienda di famiglia di Bruce Wayne, pensato per sfruttare l’energia di fusione che crea energia pulita per la città; purtroppo Bane scopre che il nucleo dell’apparecchiatura potrebbe essere usato come arma nucleare: strumento che può mettere fine una volta per tutte alla metropoli. E’ in questo contesto che Batman decide di entrare in azione dopo anni di silenzio e di salvare Gotham dal male. L’impresa si presenta da subito ardua e pericolosa, ma Batman trova il supporto di un’astuta ladra - Selina Kyle (Catwoman) - e di un giovane poliziotto che scopre la vera identità dell’uomo mascherato. “Il Cavaliere oscuro, il ritorno” mette un po’ in risalto la cultura americana: il conflitto tra il bene e il male, dove il bene ha sempre ragione e sconfigge il male soprattutto con la violenza; la massiccia presenza della polizia che, nonostante il dispiegamento di forze, non è in grado di fermare Bane e rimane impotente davanti al dilagare di tanto odio; la presenza di un solo ed unico eroe in grado di vincere il male mediante mezzi potentissimi che nessun essere umano è capace di utilizzare. Insomma, un film dalla storia banale e scontata ma che piace sicuramente per i suoi effetti speciali e, in particolare, per i potentissimi mezzi utilizzati da Batman nella sua eroica impresa (ad esempio la Batpod - la moto che può funzionare con le condizioni atmosferiche più estreme - e la mitica Batmobile, detta “Tumbler” - resa ancora più aerodinamica e veloce e che si colloca tra una Lamborghini e un carro armato). I 165 minuti di durata del film tutto sommato scorrono veloci tra inseguimenti, sparatorie, effetti speciali e anche alcuni momenti di riflessione e di intimità. A mio avviso, in questo film Batman appare un po’ “moscio”, quasi stanco, ma si rifarà sicuramente nella prossima pellicola. Il finale presagisce bene. Buona visione.

Pubblicato l'ultima settimana di settembre, il secondo album dei Mumford & Sons conferma il talento e la maturità artistica del quartetto della West London. La copertina dell'album li vede ritratti al centro di una scena di festa, nella quale sono perfettamente a fuoco, al contrario di tutte le figure nello sfondo. Sarà proprio questo ad anticiparci che non sono affatto cambiati, a partire dalla produzione artistica affidata come nel pluripremiato album d'esordio a Markus Dravs, già produttore di Coldplay, Arcade Fire e molti altri. Il folk inglese con influenze nord-americane è più evoluto ed esplosivo rispetto al precedente album. L'ascolto delle tracce mostra come gli strumenti acustici coinvolti siano gli stessi: chitarre acustiche, banjo,tastiere, archi e fiati. Migliorate ulteriormente le armonie vocali dei quattro componenti e le dinamiche capace di crescere, esplodere e spegnersi nella sola ed espressiva voce di Marcus Mumford. Dimostrando così che il folk spartano nelle progressioni armoniche, può essere riscoperto ed interpretato con grande capacità, passione e stile. I 3 anni che hanno portato a Babel, hanno visto il gruppo riscuotere successi attraverso un tour che li ha portati in giro per il mondo ed esibirsi con mostri sacri come Bob Dylan. A loro il merito risvegliare in adolescenti e meno giovani l'amore per il folk con la semplice ricetta disarmante e semplice che porta la tradizione ad essere di moda, attraverso performance coinvolgenti e molto talento compositivo nel renderlo senza tempo. L'album è stato presentato all'ITunes Festival presso la "Roundhouse" a Londra, la loro stessa città. Il concerto può essere visto in streaming online gratuitamente, come tutti i precedenti della rassegna. Il primo singolo estratto dall'album è "I Will Wait"; consiglio a tutti l'ascolto di "Broken Crown" e "Babel", tra le più immediate dell'album e di malinconiche e nostalgiche come "Reminder" e "Not With Haste". A tutti coloro che non li conoscono suggerisco l'ascolto anche dell'album precedente - "Sigh No More" - perchè questo ne è una naturale evoluzione. Auguro a tutti un buon ascolto e fatemi sapere che ne pensate.

Anna Bagnarol

34 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

Paolo Frigo

INVIACI LA TUA RECENSIONE Dal 2001 hai visto un solo film ma ti ha fatto venire la pelle d’oca dall’emozione? Ti sforzi ma non riesci proprio a ricordare la data del concerto-evento di Bobby Solo al quale hai partecipato con tanto trasporto? Il tuo ultimo libro letto per intero giace da anni sotto una consistente coltre di polvere tanto da non distinguerne più i contorni? Non importa. Non fartene un problema. Se nei prossimi mesi ti capiterà di leggere un libro, assistere ad un concerto, vedere un film, una rappresentazione teatrale o una mostra, ascoltare un disco … bene! Raccontacelo! Inviaci una recensione e potrai trovarla pubblicata in Gazzetta! Perché non è mai troppo tardi f.dellapietra@itaca.coopsoc.it


RICERCHIAMO Per

AREA RESIDENZIALE ANZIANI

AREA TERRITORIALE ANZIANI

Casa di Riposo Puos D’Alpago (BL) Addetta/o all’assistenza

Servizio di Assistenza Domiciliare Monfalcone (GO) Addetta/o all’assistenza

Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Casa di Riposo Azzano Decimo (PN) Addetta/o all’assistenza

AREA DISABILITà

Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Casa di Riposo Maniago (PN) Infermiere/i Si richiede: Diploma o laurea scienze infermieristiche; iscrizione IPASVI; esperienza minima; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo indeterminato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Casa Anziani Andreis (PN) Addetta/o all’assistenza Si richiede: Qualifica settore socio sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

AREA SALUTE MENTALE Comunità Psichiatrica Portogruaro (VE) Infermiera/e professionale Si richiede: Diploma o laurea scienze infermieristiche; iscrizione IPASVI; esperienza minima; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo indeterminato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali, incentivi non contemplati nel Contratto Nazionale.

Comunità per Disabili Udine Addetta/o all’Assistenza Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza minima nei servizi con la disabilità; possesso di patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Le domande vanno inviate a uno dei seguenti recapiti: Cooperativa Itaca • Ufficio Risorse Umane Vicolo Selvatico 16 • 33170 Pordenone e-mail: ricerca.personale@itaca.coopsoc.it Tel. 0434-366064 • Fax 0434-253266

Redazione Fabio Della Pietra Caterina Boria Simone Ciprian Renato Esposito Laura Lionetti Enrichetta Zamò impaginazione La Piazzetta Cooperativa Sociale - Trieste STAMPA Hand Consorzio di comunicazione sociale - Udine Numero chiuso il 5 ottobre alle ore 17.00 e stampato in 1310 copie

10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 35


TESSERE LE PARITÀ Economia al femminile per una società alla pari


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