Gazzetta Ottobre 2011

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La Gazzetta Mensile d’informazione sociale della Cooperativa Itaca - n°10 - Ottobre 2011

Come a casa solo a casa

L’area Territoriale Anziani punta su persone, famiglie e territorio

Formazione delle badanti a domicilio grazie alle Coop sociali SSA e SET Distretto Nord

Itaca confermata fino al 2016 Orchestrazione n. 19: L’Attesa Portogruaro 15-22 ottobre


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ARTICOLO DI FONDO

L’area Territoriale Anziani ritorna alla comunità

Come a casa solo a casa

La centralità e il valore delle persone, delle famiglie e del territorio Pordenone Nell’area produttiva Territoriale Anziani al 31 dicembre 2010 operavano 135 addetti, pari all’11,2% dei lavoratori della Cooperativa Itaca, di cui 126 donne e 9 uomini. Le donne sono una presenza preponderante ed estremamente significativa nel settore dal momento che rivestono ruoli di responsabilità, direzione e coordinamento. Il personale dell’area per l’80,3% è composto da addette all’assistenza delle quali il 63,6% è qualificato. I servizi in capo al Territoriale Anziani risultavano 24, distribuiti tra Friuli Venezia Giulia e Veneto nelle province di Pordenone, Gorizia, Udine, Treviso e Venezia. Dieci i servizi attivi da oltre 10 anni, 7 da più di 5 anni ed altrettanti da meno di 5. I committenti sono composti da 11 Comuni, 4 Ambiti socio assistenziali, una Azienda sanitaria, una associazione, oltre ad utenti a gestione propria e Fap (Fondo per l’autonomia possibile, fondo regionale che finanzia progetti di assistenza personalizzati per le persone che scelgono di rimanere a casa nonché aiuti per abbattere il costo delle assistenti familiari assunte regolarmente). Le persone beneficiarie dei servizi sono 1523, di cui

524 non autosufficienti e 438 autosufficienti, 225 gli utenti con età minore di 65 anni, 291 tra i 66 e i 75 anni, 363 tra i 76 e gli 85 anni, mentre gli ultra 85enni sono 300. Segno più per l’evoluzione del fatturato, in ripresa nel 2010 dopo una tendenza alla stasi degli ultimi tre anni: dai 2,404 milioni di euro si arriva infatti ai 2,842 milioni di euro. Di nascita recente, l’evoluzione dell’area è al momento confrontabile soltanto su due annualità poiché i servizi agli anziani si sono scissi solo nel 2009 in area Territoriale e area Residenziale. Per quanto concerne l’utenza servita, rispetto all’anno precedente (1338) vi è un aumento dovuto all’acquisizione di un nuovo servizio. In relazione al genere, nel 2010 sono stati rilevati 930 utenti di sesso femminile (61,1%%) e 509 di sesso maschile (33,4%) su 1523 complessivi. Quanto al personale, l’area è composta essenzialmente da operatori di genere femminile: nel 2009 i maschi erano 11, scesi a 9 nel 2010, mentre le femmine sono salite da 115 a 126. Responsabile del settore Leopoldina Teston, che abbiamo incontrato per approfondire insieme alcuni aspetti peculiari dell’area.

SOMMARIO L’area Territoriale Anziani ritorna alla comunità L’economia uccide più delle bombe! Formazione delle badanti a domicilio grazie alle Coop sociali

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SSA e SET: Itaca confermata fino al 2016

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Itaca ottiene l’accreditamento per il Servizio di Volontariato Europeo

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Orchestrazione n. 19: Portogruaro 15-22 ottobre

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Dall’assistenza domiciliare al sistema domiciliarità (Sacile 28 ottobre) Al via le iscrizioni ai corsi di Competenze minime Ora sono in galera, e l’ora d’aria non basta Piace il nuovo Centro diurno di Romans d’Isonzo Tutto per Tutti a Villanova

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ARTICOLO DI FONDO Nell’introduzione ad un libro a cura di Giovanni Cravanzola edito nel 1999, don Benzi afferma che «gli anziani sono persone, soggetti di diritti e doveri come tutti i cittadini». Frase banale o principio basilare per una politica sociale davvero non emarginante nei confronti dei vecchi? Don Benzi fa anche un’altra osservazione: «L’anziano che rimane solo, o che si ammala e diventa cronico, che è affetto da demenza precoce o da altri malanni, ha bisogno di rimanere in famiglia».

Come a casa solo a casa (sottotitolo “Per una migliore vecchiaia”) è il titolo del libro. Leopoldina, può essere sintetizzata così la filosofia del settore? Offrire la possibilità alle persone anziane, qualora lo desiderino, di rimanere nel proprio contesto sociale, territoriale e sopratutto abitativo è certamente la filosofia sposata dell’area Territoriale Anziani. Direi di più, la peculiarità che ci contraddistingue ogni giorno nell’espletamento di tutti i nostri servizi. Cosa si può fare per contrastare l’istituzionalizzazione delle persone in terza o quarta età? Si può fare molto, specialmente per le tante persone non autosufficienti, ad esempio attraverso il sostegno alla domiciliarità, che consente la salvaguardia di una buona qualità della vita in sicurezza, mantenendo le proprie relazioni affettive e sociali. Il servizio di assistenza domiciliare (Sad) in particolare, ma tutti i servizi più in generale, quali i Centri diurni Le immagini contrassegnate con il simbolo © sono di Martina Cannoletta - Genius Loci

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e sociali, devono essere pensati sempre di più come parte di una più ampia “rete” di risposte e pratiche assistenziali, che gli Enti pubblici, insieme alla comunità tutta, possono offrire ai complessi e molteplici bisogni degli anziani e delle famiglie. Sembra di leggere nelle sue parole la necessità di una sorta di ritorno alle origini, di “ritorno alla comunità”, la comunità composta da persone e da relazioni sane - e non individualiste - tra le persone. In molti aspetti del quadro legislativo odierno, in effetti, troviamo inviti espliciti a un lavoro non più centrato esclusivamente sulle competenze dei servizi, ma orientato alla valorizzazione delle competenze e delle risorse della comunità. Parlare di comunità vuol dire riscoprire e sostenere legami sociali, relazioni fiduciarie, forme di responsabilizzazione e di cittadinanza attiva a livello locale. In tale azione, rientrano non solo interventi diretti, quali i servizi sociali e sanitari integrati, ma anche lo stimolo e l’appoggio al senso di comunità e di appartenenza. Mi riferisco in particolare all’attivazione di tutte le risorse del territorio, del volontariato, del privato sociale e della società civile non organizzata. Per questi motivi l’area territoriale Anziani della Cooperativa Itaca ha inteso di non poter più prescindere dalla necessità di ricorrere ad una metodologia che affermi la centralità e il valore delle persone, delle famiglie e del territorio.


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ARTICOLO DI FONDO

In che modo? Gli obiettivi che i servizi territoriali si propongono sono articolati. Anzitutto mirare alla promozione e al mantenimento - il più a lungo possibile - delle capacità funzionali della persona, per limitare o impedire i processi di decadimento e diminuire al contempo il carico assistenziale da parte della famiglia. Poi fare in modo che la persona sia progressivamente in grado di “pensarsi in relazione” e svolgere la propria parte al fine di sviluppare il sentimento di comunità e sostenere la comunità come soggetto, elaborando iniziative a forte valenza sociale.

l’Ambito di Latisana con Fap e Sad rispettivamente a 9,47 e 9,43. In generale gli utenti sono molto soddisfatti per l’“adeguatezza degli operatori al contesto”. Elevata anche la soddisfazione dei committenti, la media complessiva è stata pari a 8,29. Il punto di forza dei servizi, così come è stato rilevato, risiede nella “qualità dei rapporti con la Cooperativa”, voce che ha segnato la media più alta pari a 8,56. Il picco massimo di soddisfazione lo tocca l’Ambito distrettuale Comune di Latisana con 8,8, seguono Gaiarine, Caorle, Portogruaro, Codogné. Ottima anche la media generale di soddisfazione dei soci dell’area che si attesta a 3,52 (scala da 1 a 4). Nell’analisi per genere, le socie hanno un grado di soddisfazione generale alto pari a 3,56 e i soci molto più basso, pari a 3,08. Infine, analizzando le medie per le quattro classi in cui è stato suddiviso il questionario, troviamo il livello di soddisfazione massima per la voce “organizzazione” con 3,64, a seguire “conoscenza” 3,54, “motivazione” 3,51 e “relazione” con 3,49 che saggia il clima lavorativo. In conclusione, si registra decisamente un trend positivo e di crescita nell’evoluzione della soddisfazione di utenti, soci e committenti. La soddisfazione degli utenti cresce da 8,97 a 9,2, quella dei committenti sale da 7,9 a 8,29, mentre quella dei soci cresce da 3,47 a 3,52. A cura di Fabio DELLA PIETRA

Come sono strutturati i servizi nel settore? All’interno dei servizi territoriali per anziani vi sono i “Centri diurni”, servizi semiresidenziali orientati alla prevenzione dell’istituzionalizzazione, che offrono accoglienza ad anziani autosufficienti e non autosufficienti nell’arco della giornata. Particolarmente intensa è stata nel tempo l’attività di promozione dei servizi semiresidenziali anche per anziani non autosufficienti o affetti da demenze. Poi ci sono i “Centri sociali”, Centri di aggregazione per anziani autosufficienti, attivati per favorire la socializzazione e il mantenimento delle abilità, attraverso le proposte degli educatori e il raccordo delle risorse dei partecipanti stessi. Ancora i “Sad”, ossia i già citati Servizi di assistenza domiciliare che mirano al mantenimento delle persone nel loro ambiente, prevenendo la non autosufficienza, limitando il numero dei ricoveri per le persone con deficit rilevanti di autosufficienza, supportando gli utenti e coloro che li assistono. Come vengono ‘vissuti’ i servizi erogati dagli anziani, che valutazione ne danno i committenti? Come in tutte le altre aree produttive della Cooperativa Itaca, anche nella nostra la soddisfazione viene ‘misurata’ attraverso uno specifico questionario che ogni anno viene somministrato a utenti, soci e committenti. Molto alta è risultata la soddisfazione degli utenti degli otto servizi campionati, con una media di 9,2 punti (in una scala da 1 a 10). La maggiore soddisfazione la hanno espressa gli utenti di Casa Incontro con 9,61, a seguire


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Servizi a gestione propria

“Al centro gli anziani” Francenigo di Gaiarine

(LT) Tra i servizi a gestione propria un cenno merita il Centro diurno “Al centro gli anziani” sito a Francenigo di Gaiarine (Tv), struttura che Itaca gestisce dal 2000 e che può accogliere sino a 15 ospiti anziani non autosufficienti e 5 autosufficienti di entrambi i sessi. A dicembre 2010, i beneficiari del servizio frequentanti il Centro erano 28, non tutti presenti contemporaneamente ma in fasce orare e giornate diverse. Il Centro diurno di Francenigo è un servizio accreditato per la Regione Veneto ed è gestito autonomamente da Itaca in convenzione con il Comune di Gaiarine. Aperto dal lunedì al venerdì in orario 7.45-18.45, dispone di una fitta rete sociale che comprende Pio Istituto, aziende del territorio, medici

di base, Distretto sanitario, Servizi sociali, Associazione nazionale Alpini, Associazione Pescatori, Associazione Pet-Therapy, Comune, Parrocchia, scuola primaria e scuola dell’infanzia, volontari (il centro è anche sede della guardia medica, funge da punto prelievi e viene utilizzato per gli incontri tra Amministrazione comunale e cittadini).

Servizi in appalto

Assistenza domiciliare (Sad) Ambito distrettuale 6.1 Sacile

Dal 1° gennaio 2010 la Cooperativa Itaca si è aggiudicata l’appalto per la gestione del Servizio di assistenza domiciliare nell’Ambito distrettuale 6.1 di Sacile. Trattasi di un servizio rivolto alla cittadinanza, con lo scopo prioritario di garantire il diritto alla domiciliarità e con la finalità di prevenire e contrastare situazioni di bisogno, disagio ed emarginazione. La sfera di intervento riguarda tutti i Comuni che lo compongono ovvero, oltre a Sacile (Comune capofila), Fontanafredda, Aviano, Budoia, Caneva, Polcenigo e Brugnera. Molti degli ambiti interessati sono per la maggior parte in territorio montano, pertanto vi è una forte concentrazione di utenza in alcune zone e una forte dispersione in altre. Il servizio di assistenza domiciliare non si concentra solo su una tipologia di utenza ma spazia dagli anziani ai minori, dalle persone con disagio sociale ad utenti interessati da malattie psichiatriche o da problemi di dipendenza. A 31 dicembre 2010 gli utenti erano 222, 144 femmine e 78 maschi, 120 gli utenti non autosufficienti. Il progetto di gestione ha previsto un percorso di

ricongiungimento tra i diversi territori attraverso l’attivazione di gruppi di lavoro tra le assistenti sociali, e tre gruppi di lavoro che hanno coinvolto tutti gli operatori. Diversi gli argomenti affrontati dalla presa in carico alla formazione specifica, al monitoraggio del servizio pasti a domicilio. Obiettivo finale ottenere un metodo di intervento il più simile possibile in tutti i Comuni dell’Ambito. (LT)

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ARTICOLO DI FONDO Memorie di un’esperienza

La “Casa Incontro” che sollevava le famiglie Torre di Pordenone

Pordenone Tra i servizi storici in capo a Itaca, un approfondimento merita sicuramente il Centro diurno “Casa Incontro”, un tempo situato in via Piave a Torre di Pordenone e chiuso il 31 dicembre 2010. Operativo dal 2003, Casa Incontro nasceva in risposta ad uno dei problemi emergenti della società contemporanea, ovvero quello delle persone affette da demenze e morbo di Alzheimer. La Cooperativa Itaca, infatti, da anni si occupa di assistenza agli anziani e attraverso la costituzione di questo Centro ha intrapreso la via del supporto alle famiglie che si trovano a gestire i loro cari affetti da una malattia tanto importante, quanto destabilizzante, come la demenza. Lo stesso nome dato alla struttura, “Casa Incontro”, voleva far pensare ad un luogo familiare, dove garantire, nel rispetto dell’individualità, della riservatezza e della dignità della persona, una qualità di vita il più possibile elevata alla persona anziana, considerandone i peculiari bisogni sotto ogni punto di vista. L’appartamento stesso, in cui si trovava il Centro diurno, era stato pensato e strutturato in modo tale da risultare il più familiare e confortevole possibile per gli ospiti. Gli spazi, l’arredamento, la differenziazione dei locali e l’illuminazione consentivano di creare un ambiente sicuro, che dava un senso di protezione, una sensazione di casa, cercando di evitare all’ospite possibili situazioni Momenti dell’inaugurazione di “Casa Incontro”

destabilizzanti sia dal punto di vista orientativo che psicologico. Nell’ottica dei principi etici e professionali, si è lavorato con le persone, finalizzando l’intervento al mantenimento ed al recupero delle capacità della persona affetta da demenza nella sfera cognitiva, socio relazionale e psico-motoria. Casa Incontro, oltre a fornire un servizio per le persone anziane, fungeva anche da appoggio alle famiglie offrendo loro un momento di sollievo e strutturando incontri periodici con persone competenti qualora sentissero la necessità di un aiuto nel gestire il loro caro. Erano previsti anche gruppi di auto-mutuo aiuto, un valido supporto nell’affrontare e gestire la malattia. Le attività previste spaziavano dalle attività manuali per mantenere le capacità residue degli ospiti, alle attività motorie per stimolare le restanti capacità psico-motorie. Erano poi previste attività mnemoniche e cognitive per stimolare le capacità intellettive rimanenti, attività di stimolazione sensoriale, aromaterapia e attività di stimolazione musicale. All’interno del Centro era impiegato personale qualificato e formato rispetto alle malattie ed alle metodologie utili nell’affrontare la stessa. Veniva posta molta attenzione all’acquisizione di strumenti comunicativi efficaci per operare cambiamenti sugli stati emozionali e conseguentemente sui disturbi comportamentali. Vi era poi un ottimo rapporto tra gli operatori e i familia-


ARTICOLO DI FONDO ri degli ospiti sempre nell’ottica di instaurare tra le parti una sorta di alleanza terapeutica per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Proprio il servizio, permetteva di avere con i familiari un rapporto umano tale a permettere loro di esporre dubbi, perplessità o lamentele qualora ve ne fosse la necessità. Analizzando però i rapporti del Centro con gli enti pubblici, emerge negli anni una scarsa se non del tutto inesistente interazione fra la struttura e la rete territoriale esistente. Gli unici rapporti creati nel tempo sono state delle convenzioni con l’Aifa (associazione italiana fra anziani) per quanto riguarda i trasporti. Vi è stata inoltre una buona collaborazione con il Comune di Pordenone che ha dato la possibilità di utilizzare la struttura, presso cui era ubicato il Centro, in comodato d’uso gratuito. Purtroppo, questo prezioso servizio dedicato agli anziani affetti da demenza, non ha mai visto un vero sviluppo, né la collaborazione di una rete che promuovesse l’importanza del Centro diurno come servizio intermedio territoriale a sostegno dell’anziano e a supporto della famiglia. Ciò ha portato ad una costante diminuzione della richiesta di nuovi ingressi e non c’è stato pertanto il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Si è perciò deciso, con grande rammarico degli anziani, dei familiari, dei responsabili, degli operatori, e della Cooperativa Itaca stessa, di concludere l’attività. Tutto il personale in servizio a Casa Incontro ha espresso la propria gratitudine agli ospiti, alle famiglie e a tutte le persone che negli anni hanno contribuito a rendere “Casa Incontro” una struttura speciale, un luogo dove l’affetto e la gratitudine degli utenti ha dato la spinta

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per lavorare ogni giorno in un’ottica di cura e centralità della persona attraverso un approccio professionale e umano di grande qualità. Leopoldina TESTON


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EDITORIALE

L’economia uccide più delle bombe! La crisi vista dalla Perugia-Assisi, 14 anni fa

Perugia

- passando per le guerre del Golfo e in Afghanistan - l’oc“L’economia mondiale sta dicidente e il nostro paese si ventando sempre più ingiusta sono rimessi a fare la guerra e insostenibile: uccide più delper imporre un ordine neole bombe”. “Quest’ingiustizia coloniale, occasionalmente affonda le radici in un neolibetravestito con la tutela dei rismo che non sa rispondere diritti umani. Le vittime - e ai veri bisogni delle persone” le conseguenze - si moltiplie cresce in un’economia che cano. privilegia “le rendite finanziaChe cosa si chiedeva, 14 rie e i guadagni speculativi ananni fa, ai potenti dell’ecoziché la produzione, la crescita nomia? Partire dalle persoquantitativa anziché la qualità, ne, battersi contro povertà www.libera.tv lo sfruttamento della natura e dell’ambiente anziché la e disuguaglianze, dare lavoro a tutti e dare dignità al loro protezione”. Dopo la crisi finanziaria di questi mesi lavoro, mettere cooperazione, democrazia e sostenibilità non è difficile essere d’accordo con questa critica. Ma dentro l’economia. Mentre la globalizzazione neoliberiqueste parole erano scritte 14 anni fa nell’appello della sta costruiva i suoi pilastri - il “consenso di Washington” Marcia Perugia-Assisi “Per un’economia di giustizia” del e l’Organizzazione mondiale per il commercio (Omc) - i 12 ottobre 1997. La Tavola della Pace, nata in quell’occapacifisti chiedevano ai governi un’autorità politica sovrasione, portò centomila persone a chiedere - con indubbia nazionale che bilanciasse il potere dell’economia globale capacità di anticipazione - un’economia meno ingiusta. e la perdita di sovranità degli stati. La scommessa era di La pace si costruisce con la giustizia, e l’ingiustizia democratizzare e riformare il sistema delle Nazioni Unite, dell’economia che si globalizza è la fonte principale dei dare spazio all’agenda illuminata delle grandi conferenze conflitti, “uccide più delle bombe”. La soluzione è in un Onu degli anni ‘90 - sull’ambiente, le donne, lo sviluppo ordine internazionale che faccia a meno delle armi - era sociale, il razzismo, etc. - e alle convenzioni sul lavoro ancora aperta l’occasione del disarmo alla fine della dell’Organizzazione internazionale del lavoro dell’Onu guerra fredda - e che riduca sottosviluppo e disuguacreando una possibile difesa contro una globalizzazione glianze. Per farlo, il potere dei mercati, della finanza e pagata dai lavoratori. delle grandi imprese multinazionali deve cedere il pasQuest’offensiva “cosmopolitica” ha avuto pochi risultati, so agli strumenti della politica e ai diritti delle persone. l’Onu si è ripiegata su se stessa, soprattutto negli anni Questo il filo del discorso di allora. bui delle presidenze Bush, le conferenze Onu a dieci anni L’analisi era precisa: le disuguaglianze aumentano ovundi distanza hanno tutte registrato un arretramento degli que, i problemi di sopravvivenza della parte più povera obiettivi di cambiamento. Ma anche la globalizzazione è dell’umanità sono irrisolti, il sottosviluppo genera disafinita, prima ancora della crisi del 2008; la “spinta prostri ambientali, lotta per le risorse, conflitti senza fine. pulsiva” del libero commercio e dell’Omc si è esaurita, si L’ingiustizia viene dal neoliberismo e da una logica di è affermata una dinamica regionale - in Asia e America profitto che impedisce il benessere di tutti; il mercato latina, come in Europa - che diversifica le traiettorie di calpesta le persone e i benefici di tutto questo vanno ad sviluppo. “alcuni paesi più forti e alcune élite economiche e sociali, Agli organismi sovranazionali - Fondo monetario e Banca aumentando la marginalizzazione di milioni di persone”. mondiale - si chiedeva di cambiare politica e “la canQualcosa è cambiato da allora, non molto nella sostancellazione del debito estero dei paesi impoveriti, che ha za. Allora non si immaginava che l’Italia sarebbe stata raggiunto la cifra record di circa 2000 miliardi di dollari”. messa fuori così presto dal gruppo dei paesi forti, che Ora il debito del terzo mondo non è più cosi pesante, e da allora a oggi il Prodotto interno lordo (Pil) italiano in l’Italia da sola supera quella cifra, con un debito che in termini reali non sarebbe praticamente aumentato. Cina, dollari vale 2700 miliardi. Perfino l’Fmi ha moderato la India, altri paesi asiatici, alcuni paesi dell’America latina sua ortodossia liberista; in compenso, la sua vittima più hanno avuto un rapido sviluppo, i redditi medi sono aurecente è diventata la Grecia. mentati, ma così pure le disuguaglianze - enormi - interAlle politiche dei governi si chiedeva “di redistribuire le ne a quei paesi. L’ingiustizia non è diminuita. ricchezze, di offrire nuova occupazione anche riducenL’insostenibilità del modello neoliberista ha portato al do gli orari di lavoro”, di tutelare i diritti dei lavoratogrande crollo del 2008 e alla recessione attuale, ma il ri, di dare spazio alle donne e all’economia solidale. Su potere politico ed economico resta aggrappato all’intocquesto fronte - tutte responsabilità rimaste alla politica cabilità della finanza e al mito dell’efficienza dei mercati. nazionale - nulla è stato fatto, continuiamo ad arretrare Così l’insostenibilità si aggrava. rispetto a 14 anni fa, le richieste di oggi sono le stesse. Il E’ cambiato - denunciato solo dai pacifisti - il ricorso alla sistema politico degli stati sembra più immobile di quello forza militare, tornato all’ordine del giorno. Dalla guerra mondiale. nei Balcani del 1999 ai bombardamenti in Libia di oggi Per i pacifisti, poi, c’era la “responsabilità di agire”. Non


EDITORIALE solo marce e proteste. Si è lavorato a costruire reti transnazionali di società civile capaci di proporre alternative, che avessero ascolto nelle istituzioni globali. Per questo 14 anni fa a Perugia si tenne - prima della marcia - la prima Assemblea dell’Onu dei popoli con un centinaio di rappresentanti di movimenti, associazioni, comunità locali di altrettanti paesi diversi. E due anni dopo, nel 1999, la successiva Assemblea dell’Onu dei popoli si intitolava “Un altro mondo è possibile”: tre mesi dopo ci fu la rivolta di Seattle contro l’Omc e un anno e mezzo dopo il primo Forum sociale mondiale di Porto Alegre scelse lo stesso titolo. Incontri di massa di questo tipo tra i movimenti di tutto il mondo sono diventati appuntamenti regolari, e la società civile - con le sue reti, campagne, eventi - è diventata un soggetto visibile e influente sulla scena globale. Agire ha voluto dire fare dell’economia di giustizia un tema condiviso da centinaia di associazioni ed enti locali, capace di mettere in moto migliaia e migliaia di persone, aprendo la via alle proteste di massa degli anni successivi contro la globalizzazione liberista, fino al G8 di Genova del 2001. Agire ha voluto dire incalzare la politica ad affrontare le ingiustizie, proporre alternative. Nel 2005 all’Assemblea dell’Onu dei Popoli ci fu un confronto con Romano Prodi, candidato del centro-sinistra alle elezioni (vittoriose) dell’anno successivo. Fece qualche apertura sul ritiro italiano dalla guerra in Iraq - poi realizzato dal governo - ma difese la globalizzazione come forza positiva e l’integrazione europea guidata da mercati e moneta. I risultati di quelle politiche - il crollo del 2008, la crisi dell’euro, disuguaglianze record - sono ora sotto gli occhi di tutti. Chissà se il centro-sinistra saprà imparare dagli errori commessi? Sarebbe interessante un nuovo confronto, a Perugia quest’anno. Oggi come 14 anni fa i nodi irrisolti restano il potere

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dei mercati, della finanza e delle imprese, e l’assenza di una politica capace di affrontare le ingiustizie, nazionali e globali. Qui si misura il fallimento di un’Europa che ha costruito la sua integrazione sul liberismo e la finanza, e ora si trova sotto l’attacco della speculazione, divisa e indebolita. Troppe cose non sono state fatte allora. L’agenda per cambiare non è cambiata. Per limitare il potere della finanza si chiedeva già allora la Tobin Tax sugli scambi di valute. Impensabile e irrealizzabile, ci rispondevano. Ora la fattibilità della tassa sulle transazioni finanziarie è sostenuta da Fondo monetario e Unione europea (Merkel compresa), ma manca ancora la volontà politica di introdurla. Più aiuti allo sviluppo si chiedevano allora; i governi dei paesi ricchi si sono reimpegnati all’Onu nel 2000 a destinare lo 0,7% del loro Pil agli aiuti allo sviluppo, ma hanno subito mancato le promesse; con la crisi attuale gli aiuti sono i primi tagli effettuati. Più occupazione e diritti per tutti i lavoratori, si chiedeva. Ora l’Unione europea ha 23 milioni di disoccupati - un problema non diverso da allora - e in più 15 milioni con lavori temporanei, a tempo pieno o parziale: una precarizzazione generale che 14 anni fa non avremmo sospettato. Le cose non fatte allora sono diventate urgentissime adesso, con l’ingiustizia che si è fatta strada nel nostro paese, i problemi aggravati dalla crisi, la politica sempre più screditata. Le alternative ci sono, oggi come allora. Le forze del cambiamento anche, unite da un filo che attraversa le mobilitazioni di decenni. Pacifisti e movimenti saranno ancora sulla strada da Perugia ad Assisi, l’appuntamento è per la mattina presto, domenica 25 settembre 2011. Flavio LOTTI e Mario PIANTA

“Noi Popoli delle Nazioni Unite per un’Economia di Giustizia” L’appello

A 50 anni dalla prima marcia PerugiaAssisi e a 14 anni dalla marcia “per un’economia di giustizia”, i pacifisti sono stati di nuovo in cammino il 25 settembre scorso. Nel mezzo della crisi europea, è questa una buona occasione occasione per rileggere l’appello di 14 anni fa, le cose non fatte allora diventate urgentissime adesso. Qui di seguito, l’appello che convocava la Marcia per la pace Perugia-Assisi del 12 ottobre 1997.

La Marcia per la Pace 2011 www.perlapace.it

Perugia, 31 maggio 1997 L’economia mondiale sta diventando sempre più ingiusta e insostenibile: uccide più delle bombe, semina guerre e tensioni, alimenta la povertà, la disoccupazione e l’esclusione sociale. L’abisso che separa una minoranza

ricca e la maggioranza impoverita dell’umanità sta diventando sempre più profondo. Noi popoli delle Nazioni Unite, preoccupati per la colpevole indifferenza che continua a circondare questa realtà e per l’assenza di adeguate politiche nazionali e internazionali capaci di affrontare le radici di tanta sofferenza e miseria, abbiamo deciso di dare vita, il 12 ottobre 1997, alla marcia Perugia-Assisi “per un’Economia di Giustizia”.

* Negli ultimi cinquant’anni il mondo ha conosciuto uno sviluppo senza precedenti. La ricchezza pro capite è triplicata. Dovremmo, dunque, stare tutti meglio. E invece... Ogni 3 secondi muore un bambino che non abbiamo saputo proteggere. Le disuguaglianze aumentano. In 102 paesi oggi si vive peggio di 15 anni fa.


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EDITORIALE

Nello stesso arco di tempo, il numero dei più ricchi è raddoppiato ma quello dei più poveri è triplicato. Oltre il 60% della popolazione mondiale è costretta a sopravvivere con 2 dollari o meno al giorno. Tre quarti della produzione mondiale sono concentrati nei paesi industrializzati, e appena un quarto nei cosidetti “paesi in via di sviluppo”, dove vive l’80% della popolazione del pianeta. Anche all’interno dei paesi più avanzati aumentano le diseguaglianze tra ricchi e poveri. * L’ingiustizia economica provoca la maggior parte dei conflitti del nostro tempo alimentando instabilità e insicurezza in tutto il mondo. L’impossibilità per molti Stati di svilupparsi economicamente sta moltiplicando le tensioni e le fratture sociali, i danni ambientali, le carestie e la diffusione delle malattie, la crescita della criminalità organizzata, i conflitti per il controllo di risorse vitali come la terra, l’acqua o l’energia, le guerre civili ed etniche, le distruzioni e i profughi. * Quest’ingiustizia affonda le radici in un neoliberismo che non sa rispondere ai veri bisogni delle persone e non rispetta i diritti umani. Essa cresce in un’economia organizzata per il profitto di pochi anziché per il benessere di tutti, che mette il mercato al di sopra delle persone e che privilegia: la competizione selvaggia anziché la cooperazione; i profitti resi possibili dalle disparità anzichè la riduzione di esse; le rendite finanziarie e i guadagni speculativi anziché la produzione; la crescita quantitativa dell’economia anzichè la qualità e la distribuzione dei beni e dei servizi; lo sfruttamento della natura e dell’ambiente anziché la loro protezione. * Tutti i popoli dovrebbero beneficiare della crescente interdipendenza e dei progressi realizzati in campo scientifico e tecnologico. E invece... priva di ogni regolazione democratica, la globalizzazione dei mercati e dell’economia, con la forte crescita degli scambi commerciali internazionali e degli investimenti esteri delle imprese multinazionali, sta favorendo solo alcuni paesi più forti e alcune élite economiche e sociali, aumentando la marginalizzazione di milioni di persone e dei paesi più poveri del mondo. * L’economia mondiale che sta emergendo è fondata su una “ideologia del mercato e della competizione senza regole” che rischia di travolgere tutto e tutti, in una spirale verso il basso che riduce i salari e la protezione sociale, viola molti diritti umani, crea nuove povertà, provoca l’aumento della disoccupazione, distrugge le risorse e l’ambiente naturale, alimenta la diffusione dell’economia “sporca” e accentua la crisi della democrazia politica.

Di fronte a questa grave realtà è urgente cambiare strada. Occorre innanzitutto: 1. Mettere le persone al centro. L’ordine delle priorità va rovesciato. Non sono le persone che devono adattarsi al dominio del mercato, ma è l’economia che deve contribuire a soddisfare i bisogni delle persone. La crescita economica non può essere il fine ma solo un mezzo. Il fine è lo sviluppo umano, in un’economia rispettosa di tutte le diversità sociali, le culture e le identità, come affermato dalla Dichiarazione dell’Onu sul Diritto allo Sviluppo del 1986. Per questo la promozione della crescita economica deve essere riconciliata con l’impegno politico per il pieno impiego, la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, la promozione di pari opportunità per tutti e in particolare per le donne, la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali. E’ paradossale che i processi di integrazione economica siano realizzati aprendo le frontiere alla finanza, agli investimenti, alle merci e non alle persone. Mettere le persone al centro vuol dire anche resistere alla “economicizzazione del mondo”, alla diffusione dell’ideologia del mercato in tutte le aree della nostra vita. 2. Battersi contro la povertà e le disuguaglianze sociali mediante l’adozione di coerenti politiche e patti locali, nazionali e sovranazionali che coinvolgano anche gli enti locali, le forze sociali e quelle economiche. Siamo la prima generazione che ha i mezzi e le capacità per eliminare la povertà, con tutte le sue conseguenze e i suoi costi umani e sociali. Ciononostante 1 miliardo e 300 milioni di persone sono ai margini di tutto. Molte sono donne, anziani, bambini e bambine. Ogni minuto 47 persone nel mondo diventano povere: circa 70.000 al giorno. Che ne facciamo di loro? Il diritto allo sviluppo è un diritto universale e inalienabile di tutti gli esseri umani o solo di alcuni? La povertà non è solo moralmente ripugnante, ma anche economicamente distruttiva e politicamente pericolosa. Per questo la sua eliminazione deve diventare un obiettivo prioritario sia a livello nazionale che internazionale. Un passo decisivo in questa direzione deve essere la cancellazione del debito estero dei paesi impoveriti, che ha raggiunto la cifra record di circa 2000 miliardi di dollari, e la revisione del sistema di concessione dei crediti che genera processi insostenibili di indebitamento.


EDITORIALE 3. Creare nuova occupazione e ridare piena dignità al lavoro e ai lavoratori di tutto il mondo. 35 milioni di disoccupati nei paesi industrializzati, di cui oltre 20 milioni in Europa. Più di 700 milioni di persone che, pur lavorando, non sono in grado di dare a se stessi e alla propria famiglia una vita dignitosa. Sono questi i numeri di quella che è la più grave crisi sociale del nostro tempo. Una crisi destinata ad aggravarsi nel prossimo futuro quando si produrrà sempre di più con molto meno lavoro. Bisogna ricercare nuove politiche nazionali e locali capaci di ridistribuire le ricchezze, di offrire nuova occupazione anche riducendo gli orari di lavoro, di favorire l’accesso paritario delle donne alle risorse, all’occupazione, ai mercati e al commercio, di sostenere lo sviluppo di un’economia plurale e solidale valorizzando il ruolo e le finalità del “Terzo settore” e di stimolare la realizzazione di esperienze, anche di piccola scala, che possono offrire alternative concrete alla disoccupazione. Allo stesso tempo bisogna operare affinchè in tutto il mondo siano introdotti e difesi gli standard internazionali che proibiscono lo sfruttamento del lavoro minorile e garantiscono il rispetto dei fondamentali diritti economici e sociali dei lavoratori contenuti nelle Convenzioni fondamentali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e in numerosi altri documenti internazionali. 4. Puntare sulla cooperazione a tutti i livelli. Mai come oggi abbiamo bisogno di una cooperazione internazionale intensa ed efficace. Ma molti governi ritengono che se ne può fare a meno e spesso prevale la miope difesa dei cosidetti “interessi nazionali”. Affidarsi alle leggi del mercato e della competizione globale o a misure di carattere nazionale non serve a risolvere i problemi che dobbiamo affrontare e ad assicurare la governabilità del pianeta. A livello internazionale, l’Onu ha promosso una serie di importanti Conferenze, come il Vertice di Rio sull’ambiente e sullo sviluppo, il Vertice di Copenaghen per lo sviluppo sociale, il Vertice di Pechino sulle donne e il Vertice di Roma sull’alimentazione, nelle quali i governi hanno sottoscritto numerosi impegni che ancora oggi attendono di essere applicati e rispettati. Basti pensare alla cooperazione allo sviluppo: le risorse disponibili nel mondo per l’aiuto ai paesi più poveri hanno toccato il livello più basso degli ultimi 25 anni. Ogni paese ha il dovere di invertire questa tendenza aumentando gli stanziamenti, finalizzando gli interventi alla promozione dello sviluppo umano, accettando un maggiore coordinamento internazionale e promuovendo la cooperazione diretta tra comunità locali.

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5. Democratizzare l’economia. L’assenza di regole democratiche sulle grandi imprese multinazionali e sulle istituzioni economiche e finanziarie internazionali priva i governi della capacità di controllare le proprie economie e i cittadini di determinare il proprio destino. In particolare, l’assenza di controlli per il rispetto delle Convenzioni dell’OIL e delle norme commerciali internazionali da parte delle grandi imprese multinazionali determina una grave situazione di arbitrio, sfruttamento del lavoro e degrado delle condizioni di vita, del lavoro e dell’ambiente. A livello globale è innanzitutto necessario democratizzare e rafforzare il sistema delle Nazioni Unite, cui spetta il compito di gestire l’interdipendenza, consentendogli di intervenire sulle scelte economiche che sono alla radice dei problemi globali che è chiamato ad affrontare. Occorre procedere alle riforme necessarie perchè il Fondo Monetario, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale per il Commercio agiscano nel rispetto dei principi e degli impegni per lo sviluppo sostenibile fissati dall’Onu, garantendo la trasparenza, la partecipazione e il controllo democratico di tutti i paesi e della società civile. Democratizzare l’economia vuol dire anche modificare quelle regole del commercio internazionale che impediscono il libero accesso ai mercati dei prodotti dei paesi in via di sviluppo. La democratizzazione dell’economia esige, inoltre, una coerente azione anche all’interno dei singoli paesi, delle imprese e dei luoghi di lavoro dove é necessario rimuovere tutte le discriminazioni nei confronti delle donne e promuovere una ripresa di controllo dei governi e dei parlamenti, dei lavoratori e della società civile sui problemi e le scelte da compiere. La democrazia si sviluppa se cresce a tutti i livelli, dalla città all’Onu, e se viene rispettato il principio di sussidiarietà. 6. Adottare un modello di sviluppo sostenibile. Pensare di continuare ad espandere l’attuale modello di sviluppo vuol dire alimentare l’ingiustizia e sottrarre diritti alle generazioni future. Bisogna invece ripensare che cosa si produce, come e perché. Bisogna rivedere gli stili di vita personali e collettivi eliminando gli sprechi e gli eccessi, controllando e ripensando i consumi, sostenendo le esperienze di commercio equo e solidale, promuovendo una nuova gestione etica del risparmio. Bisogna mettere fine al deterioramento dell’ambiente da cui dipende il nostro benessere. Le grandi emergenze ambientali (riscaldamento globale, distruzione della biodiversità, deforestazione, desertificazione,...) devono essere al centro dell’impegno degli Stati, delle istituzioni internazionali e degli stessi enti di governo locale.


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Questo, noi Popoli delle Nazioni Unite, chiediamo alle grandi imprese, alle istituzioni economiche internazionali, alle forze politiche, ai governi nazionali e all’Onu, dando attuazione a quanto previsto dall’art. 55 della Carta delle Nazioni Unite e agli impegni sottoscritti nelle Convenzioni e nelle grandi Conferenze internazionali. Le risorse non mancano. Per decenni siamo stati capaci di spendere somme enormi per la difesa militare degli stati. Oggi è venuto il momento di spendere quelle stesse risorse per garantire la vera sicurezza delle persone, dei popoli e del pianeta. La nostra generazione ha la speciale responsabilità di cambiare. Per farlo è necessario passare dalla cultura del dominio e della competizione selvaggia alla cultura della cooperazione e della solidarietà: dalla cultura della guerra alla cultura della pace positiva. Molto dipende dalle decisioni dei responsabili della politica e dell’economia mondiale. Ma anche ciascuno di noi, donna e uomo, lavoratore, consumatore e risparmiatore, può fare qualcosa: a partire da sè, nella propria famiglia, a scuola o nel luogo di lavoro, nel proprio quartiere o nella propria città. Abbiamo il diritto di chiedere ma anche il dovere di agire. E, insieme, dobbiamo contribuire a rafforzare la

La Marcia per la Pace Perugia-Assisi (Crocchioni) http://qn.quotidiano.net/

società civile mondiale che sta emergendo attraverso una grande rete di associazioni e organismi di cittadini impegnati nella promozione della pace e dei diritti umani. Anche per questo, dopo le manifestazioni organizzate per il cinquantenario dell’Onu, abbiamo convocato, dal 5 al 12 ottobre 1997, la 2° Assemblea dell’Onu dei Popoli, cui parteciperanno i rappresentanti della società civile di tutto il mondo. Con loro vogliamo dire: basta con “l’ideologia del mercato” e della competizione selvaggia. Lavoriamo insieme per costruire una Economia di Giustizia. Frutto della giustizia sarà la pace.

L’agenda politica della pace Al termine della Perugia-Assisi, che abbiamo convocato a cinquant’anni dalla prima Marcia organizzata il 24 settembre 1961 da Aldo Capitini, è stata presentata e approvata la mozione del popolo della pace. Principi, proposte e progetti. Assisi, 25 settembre 2011 A conclusione della Perugia-Assisi, che abbiamo convocato a cinquant’anni dalla prima Marcia organizzata il 24 settembre 1961 da Aldo Capitini, vogliamo lanciare un nuovo appello per la pace e la fratellanza dei popoli. Lo facciamo richiamando il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che proclama: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. La fratellanza dei popoli si basa sulla dignità, sugli eguali diritti fondamentali e sulla cittadinanza universale delle persone che compongono i popoli. I diritti umani sono il nome dei bisogni vitali di cui è portatrice ogni persona. Essi interpellano l’agenda della politica la quale deve farsi carico di azioni concrete per assicurare “tutti i diritti umani per tutti” a livello nazionale e internazionale. La sfida è tradurre in pratica il principio dell’interdipendenza e indivisibilità dei diritti umani – civili, politici, economici, sociali e culturali – e ridefinire la cittadinanza nel segno dell’inclusione. L’agenda politica dei diritti umani comporta che nei programmi dei partiti e dei governi ciascun diritto umano deve costituire il capoverso di un capitolo articolato concretamente in politiche pubbliche e misure positive.


EDITORIALE Il nostro appello per la pace e la fratellanza dei popoli contiene alcuni principi, proposte e impegni:

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Proposte e impegni 1. Garantire a tutti il diritto al cibo e all’acqua

E’ intollerabile che ancora oggi più di un miliardo di persone sia privato del cibo e Primo. Il mondo sta divendell’acqua necessaria per sotando sempre più insicuro. pravvivere mentre abbiamo Se continuiamo a spendere tutte le risorse per evitarlo. Ed 1.6 trilioni di dollari all’anno è ancora più intollerabile che per fare la guerra non riusciqueste atroci sofferenze siano La Marcia per la Pace 2011 remo a risolvere nessuno dei aumentate dalla speculazione www.orvietonews.it grandi problemi del nostro finanziaria sul cibo, dall’accatempo: la miseria e la morte parramento delle terre fertili, per fame, il cambio climatico, la disoccupazione, le dalla devastazione dell’agricoltura e dalla privatizzaziomafie, la criminalità organizzata e la corruzione. Se ne dell’acqua. vogliamo uscire dalla crisi dobbiamo smettere di fare la guerra e passare dalla sicurezza militare alla sicurezza umana, dalla sicurezza nazionale alla sicurezza 2. Promuovere un lavoro dignitoso comune. per tutti Un miliardo e duecento milioni di persone lavorano in Secondo. Se vogliamo la pace dobbiamo rovescia- condizioni di sfruttamento. Altri 250 milioni non hanno re le priorità della politica e dell’economia. Dobbiamo un lavoro. 200 milioni devono emigrare per cercarne mettere al centro le persone e i popoli con la loro uno. Oltre 12 milioni sono vittime della criminalità e dignità, responsabilità e diritti. sono costrette a lavorare in condizioni disumane. 158 milioni di bambine e di bambini sono costretti a lavoTerzo. La nonviolenza è per l’Italia, per l’Europa e rare. Occorre ridare dignità al lavoro e ai lavoratori, per tutti via di uscita dalla difesa di posizioni insuffigiovani e anziani, di tutto il mondo. cienti, metodo e stile di vita, strumento di liberazione, strada maestra per contrastare ogni forma d’ingiustizia e costruire persone, società e realtà migliori. 3. Investire sui giovani,

Principi

Quarto. Se vogliamo la pace dobbiamo investire

sulla solidarietà e sulla cooperazione a tutti i livelli, a livello personale, nelle nostre comunità come nelle relazioni tra i popoli e gli stati. La logica perversa dei cosiddetti “interessi nazionali”, del mercato, del profitto e della competizione globale sta impoverendo e distruggendo il mondo. La solidarietà tra le persone, i popoli e le generazioni, se prima era auspicabile, oggi è diventata indispensabile.

Quinto. Non c’è pace senza una politica di pace e di giustizia. L’Italia, l’Europa e il mondo hanno bisogno urgente di una politica nuova e di una nuova cultura politica nonviolenta fondata sui diritti umani. Quanto più si aggrava la crisi della politica, tanto più è necessario sviluppare la consapevolezza delle responsabilità condivise. Serve un nuovo coraggio civico e politico.

Sesto. Se davvero vogliamo la pace dobbiamo co-

struire e diffondere la cultura della pace positiva. Una cultura che rimetta al centro della nostra vita i valori della nostra Costituzione e che sappia generare comportamenti personali e politiche pubbliche coerenti. Per questo, prima di tutto, è necessario educare alla pace. Educare alla pace è responsabilità di tutti ma la scuola ha una responsabilità e un compito speciali.

sull’educazione e la cultura

Un paese che non investe, non valorizza e non dà spazio ai giovani è un paese senza futuro. La lotta alla disoccupazione giovanile deve diventare una priorità nazionale. Investire sulla scuola, sull’università, sulla ricerca e sulla cultura vuol dire investire sulla crescita sociale, politica ed economica del proprio paese.

4. Disarmare la finanza e costruire un’economia di giustizia

La finanza, priva di ogni controllo internazionale, sta mettendo in crisi l’Europa politica e provoca un drammatico aumento della povertà. Bisogna togliere alla finanza il potere che ha acquisito e ripristinare il primato della politica sulla finanza. Occorre tassare le transazioni finanziarie, lottare contro la corruzione e l’evasione fiscale e ridistribuire la ricchezza per ridurre le disuguaglianze sociali.

5. Ripudiare la guerra, tagliare le spese militari

La guerra è sempre un’inutile strage e va messa al bando come abbiamo fatto con la schiavitù. Anche quando la chiamiamo con un altro nome è incapace di risolvere i problemi che dice di voler risolvere e finisce per moltiplicarli. Promuovere e difendere sistematicamente


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i diritti umani, investire sulla prevenzione dei conflitti e sulla loro soluzione nonviolenta, promuovere il disarmo, contrastare i traffici e il commercio delle armi, tagliare le spese militari e riconvertire l’industria bellica è il miglior modo per aumentare la nostra sicurezza.

6. Difendere i beni comuni e il pianeta

Se non impariamo a difendere e gestire correttamente i beni comuni globali di cui disponiamo, beni come l’aria, l’acqua, l’energia e la terra, non ci sarà né pace né sicurezza per nessuno. Nessuno si deve più appropriare di questi beni che devono essere tutelati e condivisi con tutti. Urgono istituzioni, politiche nazionali e internazionali democratiche capaci di operare in tal senso. Occorre ridurre la dipendenza dai fossili, introdurre nuove tecnologie verdi e nuovi stili di vita non più basati sull’individualismo, la mercificazione e il consumismo.

7. Promuovere il diritto a un’informazione libera e pluralista

Un’informazione obiettiva, completa, imparziale, plurale che mette al centro la vita delle persone e dei popoli è condizione indispensabile per la libertà e la democrazia. Sollecita la partecipazione alla vita e alle scelte della collettività; favorisce la comprensione dei fenomeni più complessi che attraversano il nostro tempo, promuovere il dialogo e il confronto, costruisce ponti fra le civiltà, avvicina culture diverse, diffonde e consolida la cultura della pace e dei diritti umani.

8. Fare dell’Onu la casa comune dell’umanità

Tutti nelle Nazioni Unite, le Nazioni Unite per tutti. Se vogliamo costruire un argine al disordine internazionale, i governi devono accettare di democratizzare e rafforzare le Nazioni Unite mettendo in comune le risorse e le conoscenze per fronteggiare le grandi emergenze sociali e ambientali mondiali.

9. Investire sulla società civile e sullo sviluppo della democrazia partecipativa

Senza una società civile attiva e responsabile e lo sviluppo della cooperazione tra la società civile e le istituzioni a tutti i livelli non sarà possibile risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo. Rafforzare la società civile responsabile e promuovere la democrazia partecipativa è uno dei modi più concreti per superare la crisi della politica, della democrazia e delle istituzioni.

10. Costruire società aperte e inclusive

Il futuro non è nella chiusura in comunità sempre più piccole, isolate e intolleranti che perseguono ciecamente i propri interessi ma nell’apertura all’incontro con gli altri e nella costruzione di relazioni improntate ai principi dell’uguaglianza e alla promozione del bene comune. Praticare il rispetto e il dialogo tra le fedi e le culture arricchisce e accresce la coesione delle nostre comunità. I rifugiati e i migranti sono persone e come tali devono vedere riconosciuti e rispettati i diritti fondamentali. Queste priorità devono essere portate avanti da ogni persona, a livello locale, nazionale e globale, in Europa come nel Mediterraneo. Per realizzarle abbiamo innanzitutto bisogno di agire insieme con una strategia comune e la consapevolezza di avere un obiettivo comune. Per realizzarle abbiamo bisogno di dare all’Italia un governo di pace e una nuova politica, coerente in ogni ambito, e di investire con grande determinazione sulla costruzione di un’Europa dei cittadini, federale e democratica, aperta, solidale e nonviolenta e di una Comunità del Mediterraneo che, raccogliendo la straordinaria domanda di libertà e di giustizia della primavera araba, trasformi finalmente quest’area di grandi crisi e tensioni in un mare di pace e benessere per tutti. La redazione della Marcia

Vuoi contribuire a La Gazzetta? Invia il tuo articolo, meglio se corredato da immagini in allegato jpg, a: f.dellapietra@itaca.coopsoc.it oppure al fax 0434 253266. Per informazioni chiama il 348 8721497. Il termine ultimo per il numero di novembre è lunedì 24 ottobre alle ore 12. Ricordo a tutti/e che le immagini a corredo dei vostri articoli NON vanno impaginate all’interno del file word, ma devono essere inviate in allegato jpg (via mail) o consegnate a mano.

Il socio Filippo Rosa Gastaldo e la moglie Paola Treppo sono diventati genitori di Emma, nata il 10 settembre alle 4.29. Congratulazioni a papà e mamma e benvenuta Emma!


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FVG: in partenza sette corsi per assistenti familiari

Formazione badanti a domicilio grazie alle Coop sociali Il progetto pilota “Formazione in situazione: lavoro domestico e di cura in famiglia” vede assieme Lybra, La Quercia, Itaca e Codess Fvg

Trieste Formazione delle badanti direttamente al domicilio della persona assistita, al via in Friuli Venezia Giulia a partire dal 17 ottobre a Trieste un innovativo progetto pilota che prevede la realizzazione di sette corsi per assistenti familiari straniere non provenienti dall’Unione Europea. Saranno oltre un centinaio le professionalità che verranno formate grazie a “Formazione in situazione: lavoro domestico e di cura in famiglia”, progetto cofinanziato dal Fondo Europeo per l’Integrazione di cittadini di Paesi Terzi (Fei) 2007-2013 e dal Ministero dell’Interno. A realizzare il percorso formativo quattro Cooperative sociali della regione, le Cooperative Lybra (beneficiario capofila) e La Quercia di Trieste, la Cooperativa sociale Itaca di Pordenone e la Cooperativa Codess Fvg di Udine. Sette i corsi ed altrettante le sedi sparse in tutta la regione: oltre a Trieste e Muggia, in provincia di Gorizia a Monfalcone, in provincia di Udine a Cervignano del Friuli, Tarcento e Tolmezzo, in provincia di Pordenone a Sacile. Ciascun corso formerà 15 assistenti familiari straniere (extra Unione Europea) attraverso lezioni in aula (25 ore) e a domicilio (15 ore). Ogni ciclo formativo affronterà gli aspetti professionali del servizio di presa in cura con lezioni su tecniche di assistenza, primo soccorso e sicurezza sul lavoro, psicologia della relazione con le persone non autosufficienti, psicologia del lavoro in famiglia. Le date di partenza dei percorsi formativi sono così calendarizzate: la Cooperativa Lybra sarà la prima a partire il 17 ottobre a Trieste e poi a Muggia da gennaio 2012; Codess Fvg aprirà il primo corso a Cervignano del Friuli a fine ottobre e poi a Tolmezzo nel 2012; la Cooperativa sociale Itaca prevede infine un primo corso a Sacile in partenza da novembre, i corsi invece di Monfalcone e di Tarcento in fase di calendarizzazione. Articolato dunque il progetto che fornirà anche competenze utili all’integrazione delle assistenti nella società ospitante, attraverso moduli di lingua italiana applicata al lavoro di cura, normativa in materia di immigrazione e di lavoro, orientamento al sistema dei servizi territoriali socio-sanitari. Per coprire le assenze della lavoratrice durante le ore in aula, il datore di lavoro potrà usufruire del servizio di sostituzione da parte di personale qualificato. A rendere innovativo il progetto (uno dei 100 selezionati a livello nazionale su oltre 1000 proposte) è la formula “formazione in situazione” (couching on the job): per i moduli pratici, ogni assistente familiare sarà infatti affiancata da un operatore qualificato nel settore dell’assistenza (assistenti domiciliari, Oss,

infermieri, psicologi), che offrirà consulenza sia sulla relazione con la famiglia sia sugli aspetti professionali del lavoro di cura. La formazione a domicilio durante l’orario di lavoro porterà con sé un duplice valore aggiunto, consentendo anzitutto di affrontare la frequente mancanza di preparazione professionale delle assistenti familiari – che spesso provengono da Paesi e occupazioni molto diversi dall’impiego attuale – senza pregiudicarne la presenza a casa della persona assistita. Usufruire del percorso formativo direttamente a casa della persona beneficiaria del servizio permetterà inoltre il coinvolgimento diretto della famiglia, attivando così un contesto di fiducia reciproca e garantendo non solo maggiore competenza ma anche la supervisione sul corretto svolgimento dell’attività di cura. Già sperimentato con successo sul territorio nazionale in Emilia Romagna, Lombardia e Sicilia, il progetto pilota “Formazione in situazione: lavoro domestico e di cura in famiglia” sarà a breve operativo grazie alle Cooperative sociali Lybra, La Quercia, Itaca e Codess Fvg.


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Assistenza, competenze linguistiche e conoscenza del territorio

Più integrazione per le donne straniere Un programma innovativo coniuga tempo di lavoro e di formazione

Pordenone Il 25 giugno 2007, attraverso la decisione del Consiglio dell’Unione Europea, è stato istituito il Fondo Europeo per l’integrazione dei cittadini di Paesi Terzi, per il periodo 2007-2013, nell’ambito del programma generale “Solidarietà e Gestione dei flussi migratori”. Il Fondo ha lo scopo di aiutare gli Stati membri dell’Ue a migliorare la propria capacità di elaborare, attuare, monitorare e valutare tutte le strategie di integrazione, le politiche e le misure nei confronti dei cittadini di Paesi terzi. Lo scambio di informazioni, buone prassi e la cooperazione possono aiutare e permettere a coloro i quali giungono legalmente in Europa di soddisfare le condizioni di soggiorno e integrarsi più facilmente nelle società ospitanti. Ed è proprio in termini di cooperazione che Itaca ha inteso realizzare un percorso formativo per l’integrazione delle figure di assistenza e di cura, sul territorio del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con la Cooperativa Lybra che ne è beneficiaria e capofila, la Cooperativa La Quercia e la Cooperativa Codess Fvg di Udine. Il progetto, denominato “Formazione in situazione: lavoro domestico e di cura in famiglia”, e cofinanziato dal Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini dei Paesi terzi e dal Ministero dell’Interno, ha un aspetto decisamente innovativo che risiede nel fatto che la formazione delle assistenti familiari verrà attuata, per alcuni moduli, direttamente presso il domicilio delle persone assistite. L’idea nasce dall’esigenza di migliorare il grado di integrazione nel territorio delle donne straniere, impiegate nel settore dell’assistenza alle persone non autosufficienti. I servizi sociali territoriali infatti chiedono sempre più la compartecipazione delle famiglie nel sostegno alla non autosufficienza. Agli sforzi per sostenere i nuclei familiari si devono aggiungere quelli per migliorare l’assistenza da parte delle lavoratrici straniere, tramite interventi formativi che permettano l’acquisizione delle competenze professionali. Si rende necessario pertanto fornire alle lavoratrici una serie di strumenti per acquisire competenze linguistiche e culturali che migliorino la loro integrazione nel territorio, migliorando in tal modo la comprensione del valore di cura che danno alla nostra comunità. Ad un fenomeno che si impone in maniera sempre più prepotente all’interno dei nostri servizi – quello dell’assistenza di persone anziane o comunque non autosufficienti da parte di persone, il più delle volte, donne di origine straniera - si rende necessaria una risposta forte e concreta. Ovvero una “formazione costante” che accompagni queste nuove figure di cura, che molto spesso, oltre che provenire da Paesi e culture diverse, hanno esperienze lavorative e titoli di studio molto lontani rispetto al settore nel quale sono invece attualmente impiegate. Il progetto “Formazione in situazione: lavoro domestico

e di cura in famiglia” si propone, quindi, di promuovere l’integrazione delle donne straniere tramite la valorizzazione dei loro percorsi formativi e attuando programmi innovativi che coniughino il tempo di lavoro con il tempo di formazione. In questo senso, la formazione a domicilio permetterà, da un lato, all’assistente di migliorare le proprie competenze nell’attività di cura, dall’altro, sarà possibile coinvolgere anche le famiglie in un contesto di fiducia. All’interno del territorio del Friuli Venezia Giulia verranno realizzati sette moduli formativi di 40 ore ciascuno, attraverso i quali verrà data ai lavoratori stranieri la possibilità di conciliare l’attività lavorativa con la formazione, offrendo loro delle attività didattiche che si svilupperanno sia in aula, previste in totale 25 ore, che presso il luogo di lavoro dove sono previste un totale di 15 ore. Ogni modulo formerà 15 assistenti familiari straniere, extra Unione Europea. Le lezioni verteranno sulle tecniche di assistenza, primo soccorso e sicurezza sul lavoro, psicologia della relazione con le persone non autosufficienti, psicologia del lavoro in famiglia. Fornirà inoltre competenze utili all’integrazione delle corsiste nella società ospitante attraverso moduli di lingua italiana applicata al lavoro di cura, verranno affrontati moduli normativi in materia di immigrazione e di lavoro, orientamento al sistema dei servizi territoriali socio-sanitari. Le attività del progetto saranno realizzate in sette territori corrispondenti ad altrettanti Ambiti socio assistenziali, raggruppati in tre aree: Area 1, di competenza territoriale della Cooperativa Lybra, Comune di Trieste e Ambito 1.3 Muggia, San Dorligo della Valle; Area 2 di competenza territoriale della Cooperativa Itaca, Sacile, Tarcento e Monfalcone; e Area 3 di competenza della Cooperativa Codess Fvg per l’area di Cervignano e Ass3 Tolmezzo. La Cooperativa La Quercia collaborerà con la Cooperativa Lybra alla realizzazione delle attività nell’Area 1. L’auspicio è che questo tipo di percorso possa aumentare le competenze linguistiche specifiche delle assistenti familiari straniere, migliorando la loro conoscenza del contesto normativo e socio-economico della società ospitante. Sarà fondamentale inoltre potenziare le competenze professionali nel campo dell’assistenza, favorendo la conciliazione della loro attività lavorativa con il tempo di formazione tramite percorsi formativi in situazione. Dato fondamentale di questo tipo di percorsi formativi, che coniugano la formazione centrata sulle tecniche di assistenza con quella finalizzata a potenziare le competenze linguistiche e la conoscenza del territorio di riferimento, riguarda la possibilità di arricchire la qualità del lavoro da un lato e ampliare la consapevolezza dei diritti e doveri delle donne straniere dall’altro. Stefania DE MARCO


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Distretto Nord di Maniago - Spilimbergo

SSA e SET: Itaca confermata fino al 2016 Il servizio ex lege 41 è rivolto a persone disabili

Maniago Puntavano all’85% sulla qualità del servizio e solo al 15% sull’offerta economica i criteri di aggiudicazione di “Ssa” e “Set”, la cui procedura di gara era stata resa pubblica dal Comune di Maniago, ente gestore del servizio per i 24 Comuni del Distretto Nord, a fine maggio. Ingente l’importo complessivo oggetto dell’appalto, pari a 4,1 milioni di euro. Si tratta dei servizi di Sostegno socio assistenziale e Socio educativo territoriale ex lege 41 rivolti a persone disabili, maggiorenni e minorenni, residenti nel Maniaghese e nello Spilimberghese. Il servizio è stato riacquisito dalla Cooperativa Itaca e prevede una copertura dal primo settembre di quest’anno sino al 31 agosto 2016. Ventiquattro, si diceva, i Comuni coinvolti e tutti appartenenti alla fascia montana e pedemontana. Si tratta di Andreis, Arba, Barcis, Castelnovo del Friuli, Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Clauzetto, Erto-Casso, Fanna, Frisanco, Meduno, Montereale Valcellina, Pinzano al Tagliamento, Sequals, San Giorgio della Richinvelda, Spilimbergo, Tramonti di Sopra, Tramonti di Sotto, Travesio, Vajont, Vito d’Asio, Vivaro. Gli interventi riguardano in particolare l’ambito scolastico con il sostegno socio assistenziale in istituto, le attività integrative di valenza socio educativa negli asili nido e nelle scuole di ogni ordine e grado, come anche l’ambito extra-scolastico con i trasporti individuali ed il servizio di aiuto personale.

Un servizio oltremodo delicato quello coperto da Ssa e Set, che viene delegato dalle Amministrazioni locali e dai Servizi sociali con molta attenzione viste anche le finalità dello stesso, rivolte principalmente all’integrazione delle persone diversamente abili. Tra gli obiettivi il mantenimento della persona disabile nel proprio contesto abitativo, sociale ed affettivo, l’integrazione scolastica, sociale e lavorativa, il mantenimento dell’autonomia residua. Ma anche il sostegno alla famiglia nella funzione educativa e socio-assistenziale, nonché l’attuazione del progetto individuale mirato all’autonomia e all’integrazione della persona svantaggiata. Infine prioritarie per una corretta attivazione del servizio la promozione all’autonomia personale, lo stimolo delle abilità ed il supporto educativo. La Cooperativa Itaca collabora dal 1998 con il Comune di Maniago in qualità di ente gestore dell’Ambito distrettuale 6.4 nell’attuazione dei Servizi di Sostegno socio assistenziale e Socio educativo territoriale per le persone disabili nella logica dell’imparare dall’esperienza. Il territorio di competenza dell’Ambito 6.4 si caratterizza per la sua vastità e discontinuità demografica: accanto ai grandi Comuni di pianura (con popolazione superiore ai 10 mila residenti) è presente infatti un numero consistente di Comuni di media o piccola ampiezza, con una decisa frammentazione e diversità delle richieste di priorità d’intervento da parte dell’utenza disabile del territorio. Fabio DELLA PIETRA

Itaca ottiene l’accreditamento per il Servizio di Volontariato Europeo Pordenone L’Agenzia Nazionale per i Giovani ha accreditato in qualità di Organizzazione di Ospitalità e Coordinamento nell’ambito del Programma Gioventù in Azione – Servizio Volontariato Europeo - la Cooperativa Itaca. La validità di tale accreditamento è triennale e per Itaca avrà scadenza il 3 agosto 2014. Il Servizio Volontario Europeo - (Gioventù Az. 2) per i Giovani (Sve) propone una particolare esperienza di formazione a tutti i giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, che hanno l’occasione di conoscere meglio un altro Paese, un’altra cultura, un’altra lingua, partecipando alla realizzazione di un progetto. Quindi il servizio volontario europeo sostiene i servizi volontari transnazionali dei giovani. Lo Sve aspira a sviluppare la solidarietà e a promuovere la tolleranza fra i giovani, in primo luogo per rafforzare la coesione sociale nell’Unione Europea. Promuove la

cittadinanza attiva e migliora la comprensione reciproca. Inoltre è un servizio di “apprendimento”: attraverso le esperienze di approfondimento non formale i giovani volontari migliorano e/o acquisiscono competenze a vantaggio del loro sviluppo personale, formativo e professionale nonché della loro integrazione sociale. Gli elementi dell’apprendimento consistono nella definizione comune dei risultati, processi e metodi che si attendono dalla formazione, nella certificazione delle competenze acquisite, nella partecipazione del volontario al ciclo di formazione Sve e nella fornitura costante di supporto basato sui compiti da svolgere nonché di sostegno linguistico e personale. Dopo diversi anni dalle prime esperienze, Itaca si prepara quindi ad ospitare nuovamente giovani europei che vogliano vivere quest’avventura. Il primo servizio che abbiamo accreditato è la nostra Comunità d’accoglienza di via Ricchieri a Pordenone. Chiara PIZZATO


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Portogruaro 15-22 ottobre

Orchestrazione n. 19 Edizione 2011: L’Attesa

Portogruaro Il tema di Orchestrazione n. 19 (dicasi diciannove… anni di ricerca artistica…) è l’attesa. Ma cos’ha a che fare con l’attesa? Ben poco se la intendiamo nel senso di uno stato di passiva inattività, molto se invece l’assumiamo come un tendere a..., come una condizione di attivazione protesa verso ciò che può avvenire. L’attesa si può infatti intendere a partire da due diverse prospettive, una di chiusura nella difesa della proprie posizioni consolidate, si tratta in tal caso di un’attesa che ci consuma, come quella del Tenente Dogo nella fortezza Bastiani, e l’altra invece protesa verso la creazione di un orizzonte da tenere aperto e nel quale ciò o colui che sta per venire possa trovare spazio. L’attesa implica quindi un lavoro cronologicamente orientato verso il futuro. È in tal senso che si parla di attesa in ambito religioso ma che intendiamo anche la maternità, come un’attesa. L’attesa allora non va disgiunta da un concetto che apparentemente le si

oppone, quello di sorpresa. Già Eraclito affermava che “chi non si aspetta l’inaspettato non scoprirà la verità”, questo perché anche il sorprendente deve trovare uno spazio in cui possa presentarsi a noi, e senza una tale disposizione passerebbe inosservato. A nostro avviso quindi il ruolo della poesia e dell’arte sta proprio nel tenere aperto questo orizzonte di attesa in cui anche l’inatteso possa darsi. Organizzazione: Associazione culturale Porto dei Benandanti con il sostegno del Comune di Portogruaro (Ve) Dove Portogruaro, Galleria Ai Molini e dintorni, sede del Porto dei Benandanti, Studio Arkema Quando Dal 15 al 22 ottobre 2011 Chi 100 e più artisti, performers, attori, registi, musicisti… Info 339 3215592 - www.portodeibenandanti.org http://orchestrazioni.splinder.com/

Eventi Orchestrazione n. 19 - L’Attesa Orari

15/10/11

18.00

Presentazione Orchestrazione 19

18.30

“Asino che legge” Mirco Stefanon e Gazza ladra Presentazione libro

16/10/11

21/10/11

Simone Marcuzzi e FedericaManzon Presentazione incrociata libri

19.00

Inaugurazione mostra Presso Studio Arkema Teresa Perulli

19.30

“Qohelet” lettura a cura di Stefano Momentè

20.00

Nutri_menti: sorpresa + musica live

“Aracati” performance teatrale a cura di Officine Duende

Nutri_menti: Polenta + formaggio/salame

20.30

Performance Musicale

21.00

Piero Simon Ostan e Le cose sicure performance poetica musicale

21.30

Teatro del Bagatto, Fabriano “La collina, non al denaro, non all’amore né al cielo”

22.00

22.30

22/10/11

“Incroci” Performance finale dello stage teatrale

“Alogena” Performance musicale

“Trentuno piccoli scatti e scritti “ Linea B/N editore Presentazione libro Demodè “le parole al vento” Presentazione CD

Flavio di Nardo “The soloist” performance elettronica

Orchestra cortile Performance musicale


in primo piano

Reportage fotografico della manifestazione “ApertaMente” a Fossalato

 Fabio Franzin presentato da Francesco Tomada  Musica dal Consiglio Comunale  Pubblico attento alle poesie di Fabio Franzin  Pubblico di ApertaMente a Fossalato  Valentina Bortolussi e dott. Angelo Pancheri

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28 ottobre Tavola rotonda a Sacile

Dall’assistenza domiciliare al sistema domiciliarità Un ponte fra passato e futuro

E io spettatore seduto In una sala vuota, i palchi deserti, le luci spente, resto il solo del mio tempo, davanti al sipario abbassato, con il silenzio e la notte F.R. Chateaubriand Sacile L’area Domiciliare Anziani organizza il 28 ottobre a Sacile, in collaborazione con l’Ambito di Sacile, una tavola rotonda avente come argomento lo sviluppo della domiciliarità. “Dall’assistenza domiciliare al sistema domiciliarità. Un ponte fra passato e futuro” nasce come idea dal lungo lavoro svolto dall’area che ha visto la responsabile Leopoldina Teston intervistare l’84% dei responsabili di Ambito del Friuli Venezia Giulia e che merita alcune riflessioni sui dati emersi. A ciò va aggiunto il lavoro che si sta realizzando in regione sul piano dello sviluppo della domiciliarità. Diversi gli spunti di riflessione dell’appuntamento convegnistico sacilese, che qui di seguito si riassumono. Diventare anziani oggi: bisogni, pregiudizi e opportunità La solitudine e le conseguenze dell’emarginazione. Pensare e progettare servizi, iniziative culturali, strutture per persone anziane oggi richiede uno sforzo di approfondimento anche sociologico e una vision proiettata verso il futuro. La vecchiaia come risorsa: il volontariato attivo Presentazione di una esperienza da parte di una asso-

ciazione di volontariato. La non autosufficienza e la deprivazione socio economica. Lo stato dell’arte in Fvg Studi nazionali e internazionali segnalano una relazione tra deprivazione socio economica e rischio di disabilità e non autosufficienza. Il piano della domiciliarità: l’esperienza dell’Ambito di Sacile L’ambito socio assistenziale, assieme al Comune di Sacile, ha avviato un lavoro inerente il tema della domiciliarità che verrà illustrato durante i lavori della giornata. L’evoluzione delle professioni di cura nei servizi socio assistenziali Dal cambiamento dei bisogni al cambiamento delle risorse e la qualità attesa dell’utente. Modelli a confronto: scambi di esperienze fra le regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto. Le carte vincenti sono senza dubbio l’efficienza gestionale basata su flessibilità e competenze diversificate nell’erogazione, sotto la stessa unità di direzione, di attività svolte in regimi giuridici e organizzativi diversi. La giornata di lavoro – che sarà dedicata alla discussione del “fenomeno” della popolazione anziana che vive al’interno del proprio domicilio - avrà l’obiettivo di aprire riflessioni e fare il punto sull’avanzamento relativo alle azioni innovative di sistema, attraverso le quali ci si propone di incrementare l’efficacia delle politiche regionali a favore della popolazione tutta.

“Dall’assistenza domiciliare al sistema domiciliarità. Un ponte fra passato e futuro” Sacile, Venerdì, 28 ottobre 2011

Sacile Palazzo Ragazzoni – V.le Zancanaro Orario 08.30 - 14.30

Orari

Attività

Relatori

08.30-09.00

Registrazione partecipanti

9.00-9.15

Saluti autorità: Sindaco Sacile

9.15 – 9.45

“Le politiche Regionali per la non autosufficienza”

Dott.ssa Faggionato Annalisa

9.45-10.15

Diventare anziani oggi: Bisogni, pregiudizi e opportunità. La solitudine e le conseguenze dell’emarginazione

Dott. Bonati


in primo piano 10.15- 10.30

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“Vicini di casa: ieri, oggi e domani”

Presidente Auser Provinciale di Pordenone

Esperienza progetto Munus nel territorio della bassa friuliana

Privato cittadino

10.30-11.00

Presentazioni esiti interviste ai Responsabili degli Ambiti. Un campo di riflessione.

Coop Itaca Teston Leopoldina

11.00 -11.20

Pausa caffè

11.20-12.30

Il piano della domiciliarità: l’esperienza dell’ambito di Sacile.

Dott. Roberto Orlich Dott.ssa Katia Pantarotto

L’evoluzione delle professioni di cura nei servizi socio assistenziali.

Dott.ssa E. Naibo

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La qualità attesa dell’utente. “ I servizi Sociali in Accreditamento”

Un’esperienza del Veneto Dott. Antoniazzi Mauro (ULSS 7 Pieve di Soligo) Dott.ssa Anna Zennarolla

12.30-13.00

Spazio dibattito e prime riflessioni

Presidente Itaca

13.00- 14.00

Conclusioni

Ass. Sernagiotto (Veneto) Ass. Kosic (FVG)

Al via le iscrizioni ai corsi di Competenze minime Pordenone Partono i corsi per le competenze minime nell’assistenza destinati sia ai disoccupati, sia a coloro che risultano occupati nel settore socio assistenziale, ma privi di titolo professionale. Il progetto prevede la realizzazione di 14 percorsi formativi che si terranno sul territorio del Friuli Venezia Giulia (tre a Trieste, due a Pordenone e Udine, e uno ciascuno a Monfalcone, Cervignano del Friuli, Tolmezzo, Gemona del Friuli, Martignacco e Rivignano), principalmente destinati alle persone disoccupate, oltre a quelle in cassa integrazione e in mobilità (è possibile anche l’iscrizione di soggetti operanti nel settore con occupazione precaria, come ad esempio i lavoratori assunti a tempo determinato, per maggiori chiarimenti occorre contattare direttamente gli enti attuatori, che sono Enaip, Ires, Indar e Cramars). Sono state inoltre approvate dall’Autorità di gestione del Fondo Sociale Europeo, le graduatorie per altri 12 corsi promossi direttamente dalle imprese per la qualificazione del loro personale. A fronte del fabbisogno evidenziato dalla Cooperativa e dagli stessi operatori, anche Itaca ha presentato domanda per la realizzazione di tre interventi, che avranno sede a Maniago, Pordenone e Udine. In altri territori (Trieste, Tolmezzo e Gorizia) la Coop ha collaborato con altrettanti enti esterni (Irsses, Cramars e Enaip) per la progettazione di corsi pluriaziendali ai quali potrà iscriversi anche personale di Itaca.

Dal 2005 ad oggi, sono stati approvati dalla Regione oltre 200 corsi validi per il conseguimento delle competenze minime nei processi di assistenza alla persona, in tutte le aree territoriali del Friuli Venezia Giulia. Il progetto ha permesso ad oltre 3 mila operatori di acquisire quelle competenze che concorrono al mantenimento dei livelli assistenziali di base sia nelle strutture, che a domicilio. “Credo – ha spiegato qualche giorno fa l’assessore regionale al Lavoro Angela Brandi - si possa dire superata la situazione di criticità rappresentata a suo tempo dal fatto che un gran numero di operatori era privo di una formazione adeguata. Infatti, il possesso dell’attestato relativo alle ‘competenze minime’ rappresenta oggi anche un’opportunità per gli operatori che mirano ad una crescita professionale, in quanto - conclude l’assessore - lo stesso titolo, oltre alla immediata spendibilità, costituisce un credito formativo per la successiva qualifica di Operatore Socio Sanitario, spendibile attraverso la frequenza ai corsi di ‘misura compensativa’ che saranno avviati entro il mese di ottobre”. Alla luce di queste dichiarazioni, confidiamo nella prossima attivazione dei corsi compensativi per chi è già in possesso del titolo di competenze minime, e attende di concludere la formazione e acquisire il titolo Oss. Chiara Pizzato


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attualità

Aumentate negli ultimi tre anni le imprese sociali in difficoltà

Cooperative sociali: sono in crisi quattro su dieci Lo rivela l’indagine dell’Osservatorio Isnet su 400 Coop sociali italiane

Trento In soli tre anni brusca crescita delle imprese sociali in difficoltà, secondo la rilevazione dell’Isnet: dal 15% del 2007 al 39% del 2010. Calate del 19% le organizzazioni che hanno registrato una crescita economica. Cresce la preoccupazione nel mondo della cooperazione sociale per i tagli agli enti locali e le attese ripercussioni sugli appalti. Il livello di tensione assume ora contorni definiti grazie all’indagine dell’Osservatorio Isnet, che da cinque anni monitora un panel di 400 cooperative sociali distribuite in tutt’Italia.

Secondo l’ultima rilevazione, condotta nel mese di marzo 2011, cresce del 23,7% la quota di realtà che si percepisce in una fase critica. Se il dato del 2007 si assestava sul 15%, in soli tre anni è schizzato a quota 39%. Parallelamente, sono calate del 19% le organizzazioni che hanno registrato una crescita economica (dal 44% del 2007 al 25% del 2010). Il 2011, d’altro canto, al momento della rilevazione non prometteva niente di buono: il 39,8% del campione prevedeva nuove difficoltà. In particolare, tra le organizzazioni che già si sentivano in crisi, oltre la metà (55,1%) pensava che la situazione non sarebbe migliorata. C’è però anche un 32,8% che prevedeva stabilità, mentre il 27,5% del campione si aspettava un 2011 di crescita. Per la sopravvivenza di una cooperativa è fondamentale

una buona gestione delle relazioni con la pubblica amministrazione, gli enti e le altre cooperative o associazioni. L’indagine, non a caso, mette in luce il rapporto direttamente proporzionale tra capacità relazionale e andamento economico: “Il 41,9% delle organizzazioni che ha aumentato in modo soddisfacente le proprie relazioni ha registrato una crescita – si legge nel report -, contro il 9,2% delle organizzazioni che ha diminuito i rapporti e non è soddisfatto”. Anche nei casi virtuosi, però, iniziano a vedersi delle crepe per il perdurare della crisi economica: “Le organizzazioni in difficoltà – avvertono i ricercatori Isnet – sono in leggero aumento tra quelle con gli indici relazionali più alti”. Nel dettaglio, risulta in aumento il numero di organizzazioni che dichiarano rapporti in diminuzione con gli enti locali (+6,7%), anche se aumenta la quota dei soddisfatti di queste relazioni (+9,5%). “A fronte di una costante diminuzione dei rapporti con gli enti locali e gli enti pubblici – si legge nel report -, alcune cooperative sociali vedono nelle aziende un interlocutore alternativo”. Aumenta del 3%, infatti, la percentuale di organizzazioni che ha rapporti con le aziende profit (dal 16% al 19%) e migliorano anche gli indici di soddisfazione (55% nel 2011, contro il 48,1% del 2010). In crescita anche il numero dei soddisfatti nel rapporto con gli enti pubblici, come le Ausl: dal 36,1% registrato nel 2010 al 43,5% del 2011. Quanto ai rapporti con le altre organizzazioni, sono praticamente invariati rispetto alla rilevazione precedente. Fonte: http://impresasociale.net


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“Coop sociali: reinventarsi per sopravvivere” Trento Una stagione di grandi cambiamenti aspetta la cooperazione sociale, soprattutto a causa dei tagli agli enti pubblici, che saranno costretti a chiudere i rubinetti degli appalti. O ci si reinventa o si muore: non c’è altra via secondo Carlo Borzaga, economista trentino presidente della rete Iris. Che il momento sia delicato è reso evidente anche dai dati Isnet, secondo cui crescono le organizzazioni sociali che si sentono in una fase critica. L’Osservatorio Isnet, da cinque anni monitora un panel di 400 cooperative sociali distribuite in tutt’Italia. Secondo l’ultima rilevazione, condotta nel mese di marzo 2011, aumenta del 23,7% la quota di realtà che si percepiscono in una fase critica. Se il dato del 2007 si assestava sul 15%, in soli tre anni è schizzato a quota 39%. Parallelamente, sono calate del 19% le organizzazioni che hanno registrato una crescita economica (dal 44% del 2007 al 25% del 2010). Borzaga, lei ha commentato i dati parlando della “fine di un ciclo”. Che cosa intende? I dati testimoniano la fine del ciclo espansivo basato sull’esternalizzazione, che è iniziato negli anni ‘90 con il crescente impegno degli enti pubblici nel welfare tramite la cooperazione. Questo portò alla crescita del numero di cooperative sociali, passate da 2mila alle 14 mila attuali. Ebbene, ora quella spinta si è esaurita: di risorse nuove non ce ne sono. Gli enti non cancelleranno quello che già c’è, ma tenteranno di ridurre i costi. Qualche cooperativa si troverà in difficoltà, perché a fronte degli stessi bisogni ci saranno meno risorse. Ma va anche detto che, al momento, c’è una buona copertura dei bisogni. Tuttavia ci sono sempre nuovi bisogni cui si deve dare risposta. Certo, ne stanno emergendo di nuovi, che difficilmente saranno coperti dagli enti pubblici. Le cooperative hanno il problema di reinventarsi e per farlo ci sono strade diverse: le realtà di tipo B (per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate) devono puntare – e alcune già lo stanno facendo – su nuovi mercati, nuovi settori. Ci sono già esperienze positive nell’ambito dell’agricoltura sociale, delle nuove energie, dei rifiuti. Serve, insom-

ma, una combinazione di più fonti di risorse e nuove opportunità occupazionali. Quindi la strada maestra è quella di una conquistata autonomia? Sì, le cooperative devono sganciarsi dalla pubblica amministrazione andando verso settori non tradizionali, oltre la gestione del verde e le pulizie, per intenderci. Quanto alle cooperative di tipo A? Le A (servizi socio assistenziali ed educativi alla persona, ndr) si stanno orientando verso la domanda pagante. Tra il 40% e il 50% delle cooperative dicono di erogare servizi gratuiti o ribassati ai soggetti svantaggiati e non tutelati dal pubblico. Le risorse per far questo si trovano facendo pagare di più in percentuale ai benestanti. Poi c’è tutto il discorso della creazione di network, tramite il coinvolgimento delle aziende, ad esempio. E ci sono i voucher, strumento utile perché semplifica il rapporto tra cooperative ed ente pubblico e perché attiva la domanda privata. In Belgio questo funziona molto bene. La situazione, perciò, non è tragica… Siamo in una fase di ripensamento del ruolo. Qualcuno certo ne uscirà con le ossa rotte se è troppo dipendente dal pubblico, ma non credo che sia necessariamente un male, perché riporta la cooperazione sociale alla sua origine, quando era forte la componente del volontariato. Secondo lei ci sono i tempi per avviare concretamente questo cambiamento? Qualche cooperativa avrà il tempo e le risorse per avviare la riconversione, qualcuna l’ha già iniziata, qualcun’altra no e magari chiuderà o sarà inglobata. Ma questo è normale: siamo nel mondo dell’impresa. Chiuderanno alcune realtà, ma probabilmente ne nasceranno di nuove. Certo, si ridurranno i tassi di crescita, ma questo non significherà minore capacità di erogare servizi. Ci sarà molto movimento che potrebbe portare, alla fine, perfino a un incremento dei servizi. Non mi aspetto una crisi del modello, ma una sua trasformazione. Fonte: Redattore Sociale

Così le coop rosse hanno finanziato il Giro della Padania Mentre militanti del Prc ma anche del Pd contestano la gara inventata da Bossi e gli amministratori di centrosinistra negano il passaggio sui loro territori, Coopsette e Unieco sponsorizzano la kermesse delle due ruote targata Lega. Le due mega cooperative di costruzioni con sede a Reggio Emilia hanno fatturati importanti in Italia e all’estero. Coopsette: “Nessun problema, siamo un’impresa dalla mentalità aperta”

Due colossi del mondo cooperativo rosso dell’Emilia Romagna, le imprese di costruzione Coopsette e Unieco, sono tra gli sponsor del Giro della Padania promosso dalla Lega Nord. Mentre militanti dei partiti di sinistra, del Prc ma anche del Pd, contestano la gara ciclistica e gli amministratori di centrosinistra hanno negato il passaggio sui loro territori, come accaduto a Piacenza, le due mega cooperative di costruzioni con sede a


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Reggio Emilia e fatturati importanti in Italia e all’estero hanno deciso di essere di mettere mano al portafogli e finanziare l’iniziativa promossa dal Carroccio tramite regolarissimi contratti di sponsorizzazione. “Collaboriamo per raggiungere un pubblico numeroso”. Per Coopsette nessun problema. “Siamo un’impresa dalla mentalità aperta e non ci spaventa sponsorizzare eventi come la festa del Pd, il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini oppure il Giro della Padania”, afferma il vice presidente Flavio Ferrari. Il numero due di Coopsette evita qualsiasi accenno alle polemiche e gli scontri che stanno avvenendo nel corso delle tappe di una competizione sportiva che pur conta sul riconoscimento dell’Uci, l’Unione ciclistica internazionale. “Non entriamo nel discorso”, dice infatti Ferrari. “Noi non facciamo discriminazioni scegliendo di collaborare con amministratori di tutti i colori per raggiungere un pubblico numeroso”. Del resto business is business e, si sa, la pubblicità – fatta anche attraverso un marchio che compare sullo sfondo in una discussa manifestazione sportiva – ne è l’anima. Ma come si è arrivati alla sponsorizzazione da parte delle due coop rosse? Il deputato leghista di Reggio Emilia Angelo Alessandri, che è anche presidente dalla commissione ambiente e lavori pubblici della Camera spiega: “Il Giro di Padania è una bella opportunità. Gli sponsor sono stati cercati dal territorio e sul territorio, attraverso Province e Regioni che si sono mosse e hanno chiesto a vari soggetti economici. Coopsette e Unieco? Sono state individuate dal comitato promotore, che non è neanche tutto targato Lega Nord. Da dove siano arrivate queste sponsorizzazioni non ci interessa. A noi interessa che sia stato svolto l’evento. Niente di politico. Peccato che qualcuno non lo capisca e strumentalizzi la cosa”. Costruzioni anche all’estero, dalla Bulgaria alla Turchia. Già, a una manifestazione serve denaro perché venga realizzata. E bussando a questi due colossi si sapeva che qualcosa si sarebbe potuto mettere insieme. Unieco, “costruttori dal 1904”, come racconta sul suo sito, è accreditata tra i primi 10 general contractor italiani

e lavora tra edilizia, laterizi, settore ferroviario e ambiente varcando anche i confini nazionali. Lo scorso 5 settembre, infatti, annunciava la prossima realizzazione di una discarica a Sofia, Bulgaria, in consegna per il 2013, mentre tra altri lavori recenti compaiono centri commerciali, poli scolastici e tangenziali. Coopsette, invece, segna le sue origini all’inizio del Novecento dandosi forma aziendale nel 1977, dopo l’unificazione di alcune cooperative edili. Con un valore della produzione nel 2011 di 500 milioni di euro e 870 dipendenti, si muove in settori molti simili a quelli dell’altra realtà cooperativa emiliana arrivando anche in Turchia, dove segue, all’interno di un raggruppamento temporaneo d’imprese, dell’ampliamento della tramvia di Kayseri. Nel passato qualche ombra: tangentopoli e i sospetti sui subfornitori. Dopo gli inciampi giudiziari degli anni Novanta, però, prendono le distanze da qualsiasi schizzo di fango venga rivolto a loro. Due decenni fa, ai tempi di tangentopoli, entrambe finirono nel mirino della procura di Milano per gli appalti della metropolitana del capoluogo lombardo. La magistratura era tornata poi a occuparsi di Unieco nel 2008. La procura di Lucca voleva infatti vederci meglio negli incartamenti relativi alla costruzione di un pontile al lido di Camaiore e di un plesso scolastico. E da Reggio Emilia si rispondeva che tutto era regolare tanto che nessun esponente della cooperativa emiliana risultava raggiunto da informazioni di garanzia. Ma ancora, più recentemente, una pubblicazione e la stampa locale avevano sollevato sospetti a proposito di subfornitori delle due cooperative, subfornitori che si dicevano in odor di criminalità organizzata. “Le ditte richiamate”, avevano ribattuto le società, “sono state fornitrici delle nostre cooperative come di altre centinaia di imprese. Coopsette e Unieco seguono rigorosamente tutte le procedure e le norme previste dalla legge e operano esclusivamente con imprese in regola con i controlli effettuati dagli apparati dello Stato”. Antonella BECCARIA e Matteo INCERTI Fonte: ilfattoquotidiano.it

Le sfide emergenti della disabilità Intervista ad Antonello Mura

Un pomeriggio d’estate in una grande città. Poca gente in giro. Dall’androne di un palazzo esce un giovane dall’età indefinibile con un cane al guinzaglio. E’ Mario M., un ragazzo down con il suo cane. Il giovane barcolla leggermente mentre il cane tira dritto, sa benissimo dove andare, conosce a memoria la strada fino al giardino pubblico più vicino. Per un down, portare a spasso il cane, in una grande città - siamo a Palermo - è un segno di forte autonomia, una scommessa. Basta poco - una leggera indecisione mentre attraversa la strada per finire sotto un autobus - o mostrarsi insicuro - per

essere avvicinato da sconosciuti e correre il rischio di essere derubato di qualsiasi cosa, perfino del cane. Ma Mario accetta la scommessa ogni giorno, felice di andare incontro alla vita. Anche Giusi Spagnolo, palermitana affetta da sindrome di down, ha deciso di andare incontro alla vita. Il 21 marzo, Giornata mondiale sulla sindrome di down, si è laureata in Beni demoetnoantropologici alla facoltà di Lettere dell’università di Palermo, presentando una tesi sul ruolo del gioco nell’apprendimento. Giusi ha sempre cercato di evitare che etichette e


attualità definizioni le piombassero addosso come un macigno. «Io non sono down, sono Giusi, Giusi Spagnolo», ripete sin da piccola a parenti ed amici. Una affermazione di identità che rifiuta la marginalità e si apre alla costruzione di un progetto di vita. A Giusi aver conseguito la laurea a 26 anni non basta: «Mi piace lavorare con i bambini - racconta - spero di poterlo fare sul serio». Il 18 maggio, Claudio Imprudente, un ragazzo interessato da una tetraparesi distonica, ha conseguito la laurea honoris causa in Scienze della formazione presso l’Alma Mater di Bologna, per gli apporti al processo di integrazione. Potrà sembrare a qualcuno come una laurea pietosa, buonista, quasi un risarcimento alla disabilità. «In realtà il riconoscimento non è tanto alla persona ed alla sua vita, ma alle proposte che ha portato avanti e dimostrato», commenta il pedagogista Andrea Canevaro, che ha proposto la candidatura di Imprudente. E’ dunque possibile al soggetto che vive una difficoltà o una disabilità organizzarsi attorno ai propri limiti per superarli, sviluppando un percorso di «resilienza» dovuto anche, ma non solo, alle sue caratteristiche personali. Malattia, sofferenza, poste in relazione con l’ambiente (fisico, culturale, politico, sociale), condizionano le possibilità di realizzazione di ognuno di noi: questa relazione è ciò che oggi l’OMS e l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) intendono con il termine «disabilità». Ne consegue che la possibilità di contrastarla, ridurla o annullarla deve partire da un approccio multidimensionale. Per cercare di capire in quale direzione si muove oggi la Pedagogia Speciale, approfondiamo l’argomento con Antonello Mura, professore associato presso l’Università di Cagliari dove insegna Pedagogia Speciale e Metodologia e modelli della didattica Inclusiva. Socio fondatore e componente del Consiglio direttivo della Società Italiana di Pedagogia Speciale, Mura è curatore (e tra gli autori ) del saggio «Pedagogia speciale oltre la scuola» (Edizioni FrancoAngeli). Professor Mura, il titolo del volume da lei curato delinea l’esigenza di andare oltre il già noto, non per disconoscerlo, ma per innestarvi nuova linfa vitale. Quali sono le dimensioni emergenti nel processo di integrazione culturale e sociale delle persone con disabilità? Il processo di integrazione è un itinerario culturale lungo e complesso che coinvolge differenti soggetti e competenze e che nel nostro Paese ha una storia ormai quarantennale. Pur costellato di tante luci sono presenti anche delle zone d’ombra, per esempio pur necessitando di un continuo miglioramento nella qualità dell’organizzazione, non si può negare che la scuola e i servizi di riabilitazione siano stati a lungo i temi dominanti nell’attenzione politico-sociale. Nel contempo lo studio approfondito di tali settori ha fatto emergere la necessità di pensare in maniera più ampia la realizzazione della persona. Il volume rappresenta tale esigenza e identifica alcune delle molteplici e per certi versi ancora latenti dimensioni di vita. Il tema dell’accessibilità finora considerato esclusivo appannaggio di un

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sapere tecnico e specialistico, se letto pedagogicamente diventa pre-condizione di ogni possibilità realizzativa per il soggetto. In tal senso si innestano nella riflessione pedagogica aperta dall’accessibilità gli altri temi del volume come l’identità, la progettazione integrata tra i servizi, l’autoimprenditorialità lavorativa, la sessualità, le problematiche di genere, la vita indipendente ed i rapporti tra disabilità ed etica. Per prima cosa una persona con disabilità deve riuscire a superare la distanza tra il limite vissuto e la sua rappresentazione. La Pedagogia Speciale può impegnarsi nello sforzo di promuovere una sana e vitale rappresentazione di sé in chi vive una disabilità? Il compito della Pedagogia Speciale è eminentemente quello di favorire l’emergere di una soggettività autentica e dunque di far assumere alla persona interessata da disabilità capacità di autodeterminazione e orientamento nelle proprie scelte di vita. Si tratta di un percorso non semplice poiché i pregiudizi e gli stereotipi culturali e sociali hanno per un tempo lunghissimo rinviato alla persona in situazione di disabilità un’immagine negativa che, come scrive Montobbio, l’hanno fatta sentire un soggetto in costante terapia e dunque necessitante di assistenza. La Pedagogia Speciale è in parte riuscita a scardinare tale concezione e a dimostrare che, se la persona è supportata da una rete di sostegno diffusa, non vi sono limiti alle possibilità di emancipazione e realizzazione personale. L’individuo con disabilità è portatore di bisogni educativi speciali. Può parlarci dei bisogni educativi speciali? Il concetto di bisogno educativo speciale risponde molto efficacemente alla nuova definizione della disabilità esplicitata della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute come «conseguenza o risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui l’individuo vive». Risulta evidente che contrariamente a quanto si è pensato per millenni, il focus del problema non può più considerarsi il deficit, poiché i fattori personali ed ambientali assumono un livello di pari rilevanza. Il bisogno speciale, allora, non è più riconducibile ad una eziologia medico-sanitaria, rinvia piuttosto a qualsiasi ostacolo o stigma possa condizionare l’apprendimento e lo sviluppo. In tal senso, ai bisogni educativi speciali si risponde con la strutturazione di un contesto entro al quale «ciascun individuo possa fruire di una pluralità integrata di opportunità (culturali, sociali, riabilitative, mediche, tecnologiche, economiche, etc.) che consenta la crescita, lo sviluppo e la realizzazione». Quale ruolo assume il principio dell’accessibilità, in un’ottica inclusiva e partecipativa? Se si assume una matrice pedagogica per la lettura del principio di accessibilità indicato all’art. 9 della Convenzione ONU del 2006 diviene immediatamente evidente


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che esso è compatibile con la teorizzazione pedagogico speciale orientata alla riduzione/azzeramento della disabilità ed alla ricerca/promozione di modalità esistenziali e relazionali antropologicamente, culturalmente e socialmente sempre più umane ed umanizzanti. Come già sottolineato, il principio di accessibilità, al vaglio della riflessione pedagogica si rivela fondativo di ogni possibilità di realizzazione soggettiva e di inclusione. Ne deriva la necessità di un cambiamento sociale e culturale, di carattere politico ed etico, che invita al ripensamento del concetto stesso di uomo e di società, che reclama un nuovo modo di pensare ed agire. La declinazione operativa di tale principio, realizzabile nei differenti contesti di vita (istruzione, mobilità, lavoro, tecnologie, vita indipendente, etc.), delinea una nuova realtà preziosa per tutti, poiché agendo «per e con» il soggetto interessato da disabilità, si dilatano i confini dell’immaginario collettivo, si promuove e si determina una reale emancipazione delle condizioni di vita per l’intera umanità. Naturalmente tale dimensione realizzativa coinvolge appieno, con specifiche responsabilità, i differenti soggetti sociali, politici e scientifico-culturali. Il termine «disabilità» rimanda ad una carenza ma non significa assenza di abilità. Possiamo definire «abilitazione» e non «riabilitazione» il processo di maturazione e potenziamento delle risorse residue, indirizzato ad uno sviluppo completo e significativo? Si è già detto sui diversi fraintendimenti e sul significato del termine disabilità alla luce delle riflessioni e delle indicazioni fornite a partire dall’ICF. Le esperienze di

integrazione promosse in ambito scolastico ed associazionistico, come quelle condotte nei centri diurni e nei centri socio educativi, documentano come l’intuizione di Vygotskij, di uno sviluppo incompleto delle funzioni psichiche superiori, notevolmente aggravato «dalla fuoriuscita del bambino anormale dalla collettività» fosse reale, e attestano come i migliori risultati siano stati ottenuti quando la tradizionale logica riabilitativa spesso impropriamente definita rieducativa sia stata integrata/sostituita da una logica educativa. L’utilizzo sempre più presente in ambito sanitario e psico-terapeutico del termine «intervento rieducativo» al posto di «riabilitativo» se per un verso, quando utilizzato come sinonimo, denuncia una confusione semantica macroscopica, per l’altro indica lo spostamento dell’ottica di intervento verso un settore che non si padroneggia, ma con il quale si sente una estrema necessità di dialogo. Con riferimento al soggetto con disabilità entrambi i termini sembrano impropri: non si tratta di reiterare alcunché, né in termini di abilità perse né in termini di educazione mancata, perché si tratta piuttosto, anche nei casi più complessi, di ricercare le condizioni migliori affinché l’individuo in quanto tale, infante o adulto che sia, possa svilupparsi e trovare realizzazione nel miglior modo possibile. Ancora una volta, quindi, i termini «educazione» ed «intervento educativo» sembrano quelli più idonei ad orientare l’azione. Rosalba MICELI Fonte: La Stampa Si ringrazia Caterina Boria per la segnalazione

Disabili: Fish onlus

Commissione Bilancio conferma tagli di 40 mld Roma, 5 set. “La Commissione Bilancio ha concluso ieri sera i propri lavori, ignorando gli appelli delle persone con disabilità: nel silenzio pressoché generale sono confermati i 40 miliardi di tagli previsti dalla ‘riforma’ assistenziale e fiscale”. Lo denuncia la Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) onlus ricordando che da giovedì pomeriggio a questa mattina oltre 12.000 persone hanno sottoscritto e inviato ai capigruppo del Senato e alla Commissione Bilancio un appello a sganciare la ‘riforma’ assistenziale da ogni automatico vincolo pregiudiziale di cassa. La riforma prevista nelle due Manovre, infatti, impone un recupero di 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013, 20 nel 2014. “La Commissione Bilancio e le forze politiche - denunciano i rappresentanti dei disabili - si sono sforzate di trovare soluzioni per non sopprimere le Province, per non imporre una tassa di solidarietà, per non incidere sui grandi redditi e patrimoni, ma non hanno attuato nessuna marcia indietro sull’assistenza e quindi sulle mire che colpiranno le persone con disabilità, i bambini, i non autosufficienti, le famiglie”.

L’invio dell’appello via mail, promosso dalla Federazione fra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità (Fand) e dalla Fish “prosegue - si legge nella nota - e aumenta di ora in ora, assieme all’adesione a qualsiasi forma ed iniziativa di lotta che contrasti questa manovra e renda evidenti le sperequazioni che genera nella società, nel mondo del lavoro e, soprattutto, nell’assistenza e nei servizi alle persone”. “La Manovra - si legge nella nota - è stata già bocciata dai mercati, rigettata dai sindaci per i pesanti tagli ai trasferimenti agli enti locali, portatrice di fortissime tensioni nel mondo del lavoro, condannata persino dalla Chiesa per i molti aspetti di forte disequità, lontanissima dalle reali esigenze, istanze ed aspettative del nostro Paese”. “Tale manovra sarà causa di ancor maggiore esclusione, cofinamento, impoverimento di milioni di persone. Da queste persone si alza sempre più forte un appello, per ora, inascoltato. L’assistenza deve essere potenziata, non oggetto di tagli e compressioni di spesa. Si sganci la riforma dell’assistenza dai vincoli di cassa”, conclude la nota. Fonte: Adnkronos Salute


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Ora sono in galera, e l’ora d’aria non basta Lettera della mamma di un bambino disabile grave

Mio figlio è prima di tutto una persona, non solo una patologia; ha un suo valore e una sua potenzialità. Quello che più mi interessa è riuscire a cogliere questi valori, imparare a conoscere sempre più a fondo il suo linguaggio e le sue capacità, per essere così in grado di valorizzare il più possibile il suo essere “persona”. Per questo ci vuole pazienza, serenità, tranquillità e soprattutto tempo. E di questo non sempre riesco a trovarne abbastanza. E se lo faccio rischio di farlo a discapito di Massimo e della sua vita che, di suo, chiederebbe solo di essere normale… Questa è la situazione. La disabilità grave, come quella di Fabio, si vive prevalentemente in ambito domestico dove si sollevano pesi ben oltre i 20 chili consentiti da qualsiasi contratto di lavoro. E questo impegno dura 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno! In casa vivo situazioni di stress che non sono solo di carattere morale, è uno stress soprattutto fisico causato da pesanti fatiche, mancanza cronica di riposo, e tempo zero da dedicare a me stessa e alla vita sociale. Tra le mura di casa, dietro le quali regna sovrana la solitudine, si cambiano pannoloni tutti i giorni per tutta la vita, si passano nottate in bianco tutti i giorni per tutta la vita, si nutre qualcuno e ci si occupa della sua igiene tutti i giorni per tutta la vita, con fatiche fisiche al di sopra delle umane possibilità perché i disabili gravi sono, per definirli con una bruttissima parola, “pluriminorati”: poca o niente mobilità, scarsezza o assenza di linguaggio, deficit sensoriali gravissimi, caratterialità disturbata. Avere un figlio disabile significa essere stati esposti all’evento più traumatico che la vita possa riservare. Un uragano che spazza tutto quanto lo ha preceduto e che costringe a fare tabula rasa del passato, cancellando quanto ci era stato insegnato, l’educazione ricevuta, buona parte del vissuto e... soprattutto sogni e progetti di vita, per ricominciare da zero come se si vivesse su un altro pianeta, dove come compagno c’è solo un lutto senza fine, che non si può elaborare né rimuovere. Chi ha vissuto un lutto importante sa di cosa parlo. Ci si vorrebbe annullare, dormire, sparire ma poi, col tempo, tutto viene metabolizzato e la vita prosegue. Al contrario, noi, che abbiamo un figlio disabile, non abbiamo neppure questa possibilità, non ci possiamo sottrarre, anzi… proprio da lì ha inizio la nostra immensa fatica quotidiana che ci toglie il sonno e le forze, che ci annulla come persone e soprattutto che ci consuma dentro e fuori… Giorno dopo giorno per tutti i giorni della vita. Un lutto senza fine, un dolore senza fine. Capire questo è rendersi coscienti che elencare le cose alle quali io, come persona, rinuncio, in nome del mio essere madre di Fabio, è impossibile e comunque

limitativo. Ci provo, comunque, consapevole di questa insormontabile incongruenza. La prima cosa che mi viene in mente è la rinuncia al lavoro, o comunque la differenza tra il lavorare prima e il lavorare adesso. In pratica aver dovuto rinunciare ai turni, alle notti; essere passata giornaliera e quindi da 18 giorni lavorativi a 24, e sempre con lo stesso identico turno: 6-14. Una scelta obbligata, perché non ci sono baby-sitter sempre pronte, quando si tratta di un figlio disabile... Per questo orari vincolati, sul lavoro e non solo lì, ma anche a casa. Perché c’è da tener conto di tante cose in più: Fabio ha bisogno di una cura quotidiana e di un’attenzione costante, non può essere lasciato solo; c’è il fatto che “vivendolo” costantemente ogni giorno, ho imparato a interpretare al meglio ogni suo minuscolo segnale e questo spesso mi costringe a doverlo gestire sempre e comunque da sola, perché sarebbe impossibile per chiunque altro, dal di fuori, capirne le esigenze e interpretarne i bisogni... E’ come aver cura di un neonato che, nel mio caso, adesso ha 7 anni e pesa 20 chili. E che, a differenza di un fratello sano, non raggiungerà mai o quasi mai certe autonomie. Ha passato i primi 4 anni sempre in braccio, rifiutava gli ausili, piangeva e strillava sempre. Non potevo portarlo in macchina perché anche lì voleva stare in braccio; non potevamo andare a fare una passeggiata perché anche lì strillava; ha una fobia delle moto e dei caschi in genere, quindi portarlo in giro o al mare in vacanza era un inferno, e così via! Ne consegue che dobbiamo passare tanto tempo a casa negando così, nel contempo, di vivere a Massimo una vita normale! Allo stesso modo è impossibile con Fabio impegnarsi in programmi a lunga scadenza, programmare viaggi lunghi o stressanti o, al contrario, lanciarsi in qualche occasione, sia di svago che di impegno, che può capitare da un momento all’altro. Impossibile programmare, impossibile improvvisare. Per lui, per noi e di conseguenza anche solo per me, per la mia vita di ogni giorno. Fabio pesa ogni giorno di più, la mia schiena peggiora di anno in anno… mi consigliano il nuoto, dovrei andare in piscina, dovrei farlo con costanza e sistematicità, ma come riuscirci? ...dove incastrarlo il nuoto senza nuocere o ledere la vita dei bimbi? … quando anche solo andare a prendere Fabio al pulmino, alle 17, è un compito che non posso delegare a nessuno? Non parliamo poi delle nottate passate in bianco perché spesso Fabio non riesce a dormire; di notte ha le crisi epilettiche e per questo, da quando è nato, divido il letto con lui. Ogni notte, in compagnia del suo bruxismo continuo (stringere, serrare o digrignare i denti, ndr) e nel suo bisogno di essere girato, per cambiare posizione: non ricordo una notte con un’unica tirata


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di sonno. Ovviamente, per non fare differenze, anche Massimo si è unito al lettone da quando aveva 2 anni… scelte doverose. Ho provato a metterli in cameretta, ma ero più in piedi che sdraiata e, alzandomi ogni mattina alle 5 per andare al lavoro, il male minore resta svegliarsi 10 volte... ma riuscire almeno a restare sdraiata. E dopo le notti in bianco e il lavoro, ci sono le altre mansioni, molte più di quelle cui è chiamata una mamma normale. Devo occuparmi di: • organizzare le terapie e anche farle secondo istruzioni; • organizzare il tempo tra la piscina di Massimo e l’assistenza per Fabio (adesso è solo la piscina, ma domani saranno tutte le altre attività che è giusto che anche lui possa fare senza ostacoli o rinunce); • trovare ausili adeguati e battermi contro istituzioni e burocrazie per averli sempre; assicurarmi che vadano davvero bene; tenermi informata su eventuali novità più adeguate in materia (perché di solito funziona che loro si appoggiano ad una ditta e anche se ci sono ausili migliori e moderni, loro ti rifilano quelli vecchi...); • affrontare e trovare le soluzioni ai problemi più strani che si possono presentare e che per gli altri sono solo normalissima vita quotidiana: ad esempio, come gli lavo le manine, come lo faccio arrivare al lavandino, come posso fargli il bagno senza spaccarmi la schiena, come riuscire a farlo giocare in maniera sempre nuova e meno complicata e pesante per lui e per me, cercando di coinvolgere Massimo, quando possibile..., ecc.; • dimostrare di essere calma ed equilibrata perché, così, quello che dico acquista un reale valore e non appare solo il frutto di ansie e preoccupazioni di una che “poverina, è la mamma di un disabile... bisogna capirla!”; • sbrigare una serie infinita di burocrazie, file agli sportelli, telefonate, colloqui, visite, esami, fino ad arrivare persino a fare diagnosi delle sue malattie perché i medici vedono solo la disabilità, al punto che sembra sempre che, trattandosi di un disabile, ogni altro sintomo o problema o malattia sia secondario o per nulla rilevante; • preparare e pensare sempre due cibi diversi ad ogni pasto, perché Fabio non mastica; • rinunciare ad una passeggiata al parco con le altre mamme perché, mentre loro chiacchierano sulla panchina, io mi devo distruggere per far giocare continuamente Fabio, cosa che allo stesso tempo pesa anche a Massimo, un po’ per gelosia da un lato e un po’ per rinuncia dall’altro. In pratica, ogni movimento di Fabio, dal più minuscolo a quello più complesso, è un mio movimento. Io gli devo fare tutto... lui dipende da me, io dipendo da lui. Come fratelli siamesi, in sostanza. Massimo può dormire dai nonni, Fabio no perché non vogliono la responsabilità della gestione delle crisi, e quindi il distacco con Massimo è evidente. Vorrei go-

dermi a pieno il figlio sano, e dare a lui la possibilità di avere una vita piena di tutte le attività e gli svaghi che desidera, ma non posso come vorrei perché Fabio ha bisogno di me continuamente e per questo ha la priorità. E allo stesso tempo vorrei dare tutto quello che è nelle mie possibilità a Fabio ma talvolta mi sembra comunque di non fare abbastanza, di privarlo di troppe cose... e così, spesso, mi sento ingiusta e inadeguata per non riuscire a fare tutto come vorrei e come meriterebbero entrambi, seppur in maniera diversa... Massimo vuole spesso imitare Fabio, coi versi e con gli atteggiamenti. E’ un richiamo di attenzione, me ne accorgo, e anche questo fa male. Ogni giorno che passa potrei aggiungere una riga, ma non rappresenterebbe pienamente la reale sofferenza, né fisica né morale. Sentirsi diversi fa male, sentirsi incapaci, inadeguati ed inutili per le cure dei tuoi figli... accorgerti che non hai la soluzione per farli stare bene, nonostante tu faccia il massimo, questo è terribilmente frustrante... è la più pesante delle rinunce da sopportare. E poi separarmi da loro, la domenica, e restare sola... Sì, ho tempo per la casa, per riposarmi, ma non era certo questo il concetto di famiglia in cui speravo... Prima non facevo grandi cose. Il mio sogno è sempre stato la famiglia, avevo progettato la mia vita solo su questo, e mi sembra più che sufficiente vedere cos’ho ottenuto per capire a cosa ho rinunciato...: non vado più a ballare? non vado più a nuotare? non posso fare questo o quel corso che mi piacerebbe? ...è questo l’importante? L’importante per me è che il mio sogno, le mie aspettative, il mio punto di riferimento - una famiglia numerosa e unita -, io non ce l’ho più... ormai non ho più nessun diritto, vivo in una situazione insalubre, nel dubbio di non riuscire a fare bene niente: di fare male la mamma di un figlio sano e male la mamma di un figlio disabile. Non ho una situazione affettiva, e il sogno di altri figli scade ad ogni battito di orologio (chi prende me deve prendere tutto il pacchetto, chi lo prenderebbe un pacchetto “avariato”?). Non riesco a seguire la casa, sono tutto e niente... devo pensare positiva al futuro? Certo... facile quando ti dicono che tuo figlio probabilmente entro i primi dieci anni si beccherà un tumore... Cos’è cambiato da prima a dopo? Ora sono in galera, e l’ora d’aria non basta. Lil’ Flower

* Ho ricevuto questa lettera da una mamma. Per l’intensità della vita che racconta, le problematiche che affronta, l’amore per i suoi figli che pervade ogni singola battuta, ho pensato di condividerla con voi. Grazie per il tuo “calore” e la tua “umanità”. Per la tutela della privacy, Fabio e Massimo sono nomi di fantasia, come anche la firma. (fdp)


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Visita a porte aperte al “Francesco Candussi”

Piace il nuovo Centro diurno di Romans d’Isonzo Dedicato al malato di Alzheimer è gestito dalla nostra Cooperativa

Romans d’Isonzo Si è svolta giovedì 22 settembre, presso il nuovissimo Centro diurno “Francesco Candussi” di Romans d’Isonzo, una serata dedicata alla famiglia del malato di Alzheimer, occasione molto gradita anche per presentare al pubblico la struttura, in una sorta di “visita a porte aperte” al Centro che è stata apprezzata sia dalla gente del posto che dalle autorità. La tematica principale, la gestione del malato a casa ed il supporto ai familiari della persona colpita da una malattia, il morbo di Alzheimer, che conta ormai oltre 36 milioni di malati in tutto il mondo ed il cui numero è destinato a crescere con l’allungamento della vita umana, è stata dibattuta dai relatori gentilmente intervenuti a supporto dell’iniziativa: la presidentessa dell’associazione “Alzheimer Isontino” Onlus, Solange Carneiro, ed il presidente dell’associazione “Centro Alzheimer Mitteleuropeo”, Paolo Nutrizio, i quali hanno spiegato ai presenti le possibilità, gli aiuti concreti ed i servizi dedicati rispettivamente (ma non esclusivamente) ai familiari del Basso e dell’Alto Isontino. Servizi che entrambe le associazioni portano avanti in sinergia, ma mantenendo ciascuna le proprie peculiarità, da parecchi anni: assistenza al domicilio, gruppi di stimolazione cognitiva, consulenze psicologiche e corsi di formazione sono solo alcune delle iniziative a favore delle famiglie, che si trovano a dover fronteggiare una malattia così destabilizzante per tutto il nucleo coinvolto, spesso abbandonato a se stesso e senza alcuna guida. Successivamente è venuto il turno della dottoressa Maura Clementi, responsabile del Servizio sociale dei Comuni dell’Ambito Alto Isontino, di spiegare che cosa

faccia esattamente l’Ambito e quali possibilità di sollievo ci possano essere per i familiari dei malati di Alzheimer. Non è mancata la presenza della giunta comunale di Romans che nella persona del sindaco, Davide Furlan, ha brevemente descritto quanto è stato fatto fino ad oggi dall’Amministrazione e quanto ancora si farà, grazie anche al Centro diurno, nuovamente “inaugurato”. Durante il breve rinfresco che è seguito alle presentazioni ed alle domande dei presenti, le operatrici della Cooperativa Itaca, che ha in mano la gestione diretta della struttura, hanno accompagnato gli intervenuti per una visita al Centro, fornendo al contempo informazioni sul funzionamento di questo nuovo strumento, dedicato esplicitamente al benessere del malato di Alzheimer e della sua famiglia. Il Centro Candussi, attualmente, è frequentato già da 6 ospiti ma il numero di richieste sta aumentando vertiginosamente, tanto che si auspica di vederlo funzionare a pieno regime (per 10 ospiti) entro l’inizio di novembre. Il servizio, cui la popolazione ha risposto con entusiasmo, fortemente voluto dalle Amministrazioni dei Comuni dell’Ambito Alto Isontino, applica il metodo “Gentlecare” nell’accudire e nell’accompagnare quotidianamente il paziente durante l’arco della giornata e sta già raccogliendo i primi riscontri molto favorevoli da parte di familiari ed ospiti. Una struttura di cui si sentiva la mancanza ed il bisogno, ha detto il sindaco di Romans, destinata a crescere fino a diventare il punto di riferimento ed il fiore all’occhiello in Friuli Venezia Giulia per l’assistenza del malato di Alzheimer. Annapaola PRESTIA

Nuova tappa del progetto “Genius loci” che promuove il dialogo tra generazioni a Pordenone

Tutto per Tutti a Villanova

Mercatino dell’usato e distribuzione del primo numero di “Villanoviamoci” Pordenone Gente di diverse età che scende in piazza, cittadini di differenti culture che si incontrano sulle strade e instaurano relazioni di conoscenza o legami di amicizia, non è infatti loro intenzione organizzare una protesta ma invece liberare le cantine e restituire vita ad oggetti inutilizzati. E’ “Tutto per Tutti a Villanova”, il mercatino dell’usato organizzato in quartiere grazie alla sinergia tra cittadini, associazioni locali e istituzioni pubbliche, con il patrocinio del Comune di Pordenone, che si è svolto domenica 9 ottobre dalle 14.30 alle 18 nel quartiere di Villanova a

Pordenone nell’area retrostante la Chiesa Cristo Re e il Centro sociale Glorialanza. L’onda è quella del dialogo e riconoscimento reciproco tra generazioni, da più di un anno infatti un’équipe interservizi composta da Azienda sanitaria n.6 “Friuli Occidentale”, Provincia, Comune e Cooperazione sociale con le Coop Acli, Fai e Itaca - sta portando avanti nella città sul Noncello “Genius loci”, un progetto unico nel suo genere sul tema dell’intergenerazionalità. Attraverso una sperimentazione in due quartieri, Borgomeduna e Villanova, “Genius loci” rappresenta un tentativo messo in atto dalle istituzioni per affrontare, tra le diverse criticità


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che presenta la società contemporanea ed individualista, quelle che concernono la comunicazione-interazione e il riconoscimento scambievole tra le due classi d’età agli estremi della società, ovvero gli anziani e i ragazzi, la terza e quarta età e le giovani generazioni. In particolare nel quartiere di Villanova, il partenariato interservizi sta portando avanti una serie di iniziative in cui la partecipazione attiva della cittadinanza è stata determinante. Un primo grande risultato è stato raggiunto attraverso l’uscita del primo numero di “Villanoviamoci”, uno spazio fatto di carta che aspira ad essere di tutti, nato dal desiderio di raccontare la quotidianità di chi vive a Villanova. La distribuzione di “Villanoviamoci” è avvenuta in occasione di “Tutto per Tutti a Villanova”, evento parte di un’azione progettuale condivisa intesa a valorizzare le ricchezze della comunità, rigenerare gli spazi di incontro e aggregazione, ma soprattutto ad innescare lo scambio e il confronto tra le persone. Passeggiando tra le bancarelle, ad animare la giornata hanno contribuito il piacevole sottofondo e le coinvolgenti danze del gruppo folkloristico Santa Lucia di Bagnarola. Chiara BUONO (Itaca) Ivana FORESTO (Fai)

Nerina racconta-storie da Muggia

“El confinà”

Muggia Adeso che l’aria xe rinfrescada sentada in giardin ve contarò el seguito dela storia come che me la ricordo. Co’ me go sposà in mezo luto per la morte de mio papà, guarnitor del Cantier San Rocco, iero contenta, cusì mia mama povareta, gaveva una boca de meno de sfamar, la faseva la coga in cusina dela Tratoria Risorta de sua cognada, e la gaveva ancora due mas’ci de cresser. Tuti a Muia me diseva che son andada a star ben, perché i mii suoceri gaveva l’Osteria ala America e la casa granda con le capagne de Pissolon e de Cerei. Mio marì ciamado Giusto Bosich, gaveva fato i corsi serali alle Industriali de Trieste e cussì i lo gaveva ciamà per far de asistente de cantier per i futuri periti edili. I lo ciamava professor, ma lù no iera tanto contento perché i ghe gaveva cambià el cognome tirando via la ich, e ghe tocava meter la divisa nera come i bacoli e le trombe per el Natale de Roma. Iera tempi bruti, e i mii suoceri che parlava i dialeti slavi non podeva più parlar in ostaria coi aventori. Cussì, mio suocero che gaveva fato la guera in Galissia, e la gaveva con i taliani per via del’Austria che no iera più, e mio cognà che iera apena tornà del’Abissinia col casco e le braghe curte, malado per via del gas, i se grumava la bile contro i fasisti e assieme al fìo Giusto, mio marì, che no voleva ne re ne preti, co gà sciopà la guera - i scoltava Radio Londra nela grande cantina che iera drìo, sul

Fugnan. Qualchidun gà fato la spia e cussì Giusto xe finì nel Batalion degli Alogeni, al confino come Sorvegliato Speciale. El campo dei militari sensa armi e carighi de pedoci iera in Umbria, e mi con mia fìa che gaveva sete ani semo andade a trovarlo col treno. I militari iera de tuta l’Istria e anca del Carso e i andava a taiar legni tuto el giorno perché no i se fidava de mandarli sul fronte. Mio marì no, perché i gaveva paura ch’el scampassi perché el iera antifascista e anca repubblican de Mazzini, cussì el gaveva sempre la scorta per el paese. El xe tornà dopo l’oto settembre quando che l’Italia ga fato l’armistissio. Ma no iera gnanca passà una setimana che in ostaria piomba un comandantur tedesco con una muiesana che fasseva de interprete, a Muia i la ciamava Angela tedesca, perchè la saveva la lingua, ma la iera polacca sposada col muiesan Gessi. La iera anca amica de famiglia e ghe tocava riferir i ordini de quei militari. Cussì gavemo lassà la casa, l’osteria e tutto, in man de quei tangheri per la trupa e gli ufiziai. E semo andadi a star in Culdenave de mia mama Toncia vedova, che iera restada sola perché la gaveva el fìo più grande a Bunchenvald e l’altro soto la Todt. Mio fradel più grande gaveva fato saltar un ponte coi partigiani. I mìi suoceri no xe vignudi via de casa perchè i gaveva le galine, i cunini e anca el porco drìo del’osteria e i dormiva nela cantina granda. Mia suocera Ancia, dalmata, che iera una dona come un gendarme austriaco ne gà


eventi dito “Portè via el porco se no i tedeschi se lo magna” E cussì una sera col coprifuoco gavemo imbragà el porco su un careto, iutadi de Marco carboner ,cicio come mio suocero, e lo gavemo strassinà xò per el Fugnan che iera scoverto, dove adeso xe la via Venticinque Aprile, fin in Culdenave nela stala del vecio Polentin che una volta tigniva là i cavai. Le done de Culdenave gà protestà che el porco spussava e mi smachinavo perché gavevo ciolto a cotimo de cusir le divise dei militari italiani. Cussì mia fìa cola maniga e anca el secio lavava el porco, ciamado Billi, e netava la stala col forcass. La ghe portava anca de magnar coi stagnachi dele vansadure dela Trattoria Risorta dove lavorava mia mama. Ma la se vergognava perché i muli de contrada iera rassisti e i la ciamava sc’iava ciolendola in giro. Cussì un dopopranso la gà perso la pasiensa e davanti la pescheria la ga molà el stagnaco e la ga sburtà el più grande dei muli dentro el porto, drìo del casoto dei biglieti del vaporeto. I lo gà salvà per miracolo. La mula iera sempre col caratere malamente, quando che la se rabiava. Cussì l’ultimo ano de guera gavemo magnà sempre carne de porco asieme a quel che mio marì andava a cior in Friul sbagassando i ultimi nisioi del coredo. Ma ne xe vignù una granda orticaria perché i persuti iera tropo freschi e anca gavevimo i vermi, quei pici pici, che

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spissa quando che i vol vignir fora dela pansa. Mio marì intanto gà perso el lavor perché el iera confinato e spesso i lo vegniva a sercar e lui scampava sora el teto dela casa de Culdenave passando per la sofita. Finalmente ga finì la guera e anca el fasismo, ma no me dimenticherò mai quando sora la porta del’America che prima ga dovù cambiar el nome in tratoria Europa, i tedeschi gà messo la bandiera cò la svastica perché là iera el comando per i soldai e la Todt che fasseva le fortificassioni sui monti de Muia. Co gà passà i ani anca le done podeva votar e cussi prima de andar a meter la crose per el mio primo voto son andada dela paruchiera che i ciamava cola nominanssa de Dina Garibaldina a taiarme i cavei e farme la permanente, e ghe go fato taiar anca le code ala fìa che ogni matina per petinarla la risciava de perder el vapor per andar ale scole grande de Trieste. Cussì mio marì Giusto che gaveva trovà lavor de murador per riparar le case rote dei bombardamenti per poco no ne manda tute due via de casa perchè ierimo coi cavei come le pecore. El gha dito, che Dio ghe conservi l’anima dove chel xe adesso “Va ben la democrassia, ma quando che se fa queste monade, bisogna prima interpelar i omini. De quela volta le done ga scominsà a far quel che le voleva, sensa scoltar i mas’ci ma no so se iera tanto giusto.

Sul “Molaro” soffia sempre E’ Vento Nuovo* All’interno del campo da gioco le diversità sono pari a zero

* Per motivi ‘tecnici’ indipendenti dalla nostra volontà, l’articolo pubblicato sullo scorso numero de La Gazzetta risultava monco o impreciso in alcune sue parti. Lo ripubblichiamo in versione integrale, scusandocene con i lettori e le lettrici, itacensi e non. (fdp)

Udine Il Parco di Sant’Osvaldo ha ospitato anche quest’anno, dal 1° al 3 luglio, la Festa d’Estate, manifestazione che le associazioni È Vento Nuovo e Arum organizzano in collaborazione e con il sostegno delle Cooperative sociali Itaca e 2001 Agenzia Sociale. Come da tradizione, negli stessi giorni si è svolto il Torneo di calcio a 7 “Giorgio Molaro”, giunto alla sua settima edizione, che ha visto incontrarsi sul campo otto squadre provenienti dal territorio regionale ed extra regionale. L’associazione polisportiva È Vento Nuovo, che promuove l’integrazione sociale attraverso lo sport (www.anpis.it), ha organizzato e ospitato l’evento accogliendo gruppi di diversa provenienza e origine: la polisportiva Bellaria di Pontedera (Pi) e la polisportiva 2001 di Gorizia, amici ormai di vecchia data per la consolidata partecipazione al torneo, nate come È Vento Nuovo (che quest’anno si è aggiudicata il torneo, ndr) all’interno dei percorsi di promozione di salute mentale; la rappresentativa Afghanistan, ovvero un gruppo di giovanissimi afghani, arrivati a Udine negli ultimi dieci anni di nota storia, che attraverso il calcio hanno trovato il modo di mantenere uno stretto contatto tra loro, oltre che di farsi conoscere attivando

nuove relazioni; il Centro Balducci di Zugliano, conosciutissima realtà di accoglienza per immigrati e rifugiati politici; un gruppo Scout di Udine; il collettivo Porta Aperta, squadra nata pochi giorni prima dell’inizio del torneo per volontà di un gruppo di amici che hanno accettato la sfida calcistica dimostrando l’ottima capacità di mettersi in gioco con tutte le diversità presenti al torneo; infine il Marangoni 105, gruppo appartamento che ha scelto di diventare anche squadra sportiva. Oltre al calcio, si sono misurate sull’erba anche tre squadre di pallavolo, per un triangolare di green volley che ha visto l’incontro tra due formazioni di È Vento Nuovo (dallo scorso anno impegnata anche nella nuova avventura del campionato provinciale amatoriale di pallavolo) e una di Martignacco. L’agone sportiva, seppur autentica, è mezzo, più che fine. La percezione è che quest’anno tutte le squadre lo abbiano compreso e insegnato alle altre. Il tempo è stato scandito dal misurarsi sul campo e nei momenti conviviali, e tutti hanno dimostrato, in entrambi, generosità e altissimo livello tecnico. Il ripetersi di questo evento fa sì che l’organizzazione sia meno complessa, per certi aspetti abitudinaria. Risulta più semplice anche potersi concentrare sul senso di una simile manifestazione, dedicarsi all’ospitalità, incontrarsi attraverso lo scontro alla pari, riscoprire il valore e il tempo del gioco, azzerare le assurde diversità etichettate dalla provenienza o dallo stato di salute. Per tutti, indistintamente. Davide CICUTTIN


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eventi

In oltre cinquanta agli incontri tra generazioni in piazza Marconi Muggia Favorire lo scambio intergenerazionale fra anziani, minori e giovani al fine di incentivare un significativo arricchimento in termini di conoscenza, usi e costumi delle singole generazioni. Obiettivo nobile, anche difficile se vogliamo, quello prefissato dal progetto intergenerazionale che ha visto la stretta collaborazione tra gli anziani della Casa di riposo di Muggia e il Ricremattina “Progetto giovani”. Complessivamente durante l’anno sono state una cinquantina le persone che hanno preso parte ad una serie di iniziative che ieri mattina hanno visto in piazza Marconi la celebrazione del loro ultimo incontro stagionale. «La casa di riposo di Muggia già negli anni 2004-2005 aveva iniziato a favorire questi incontri assieme alla scuola dell’infanzia e all’istituto comprensivo “G. Lucio”, ma all’inizio gli incontri avvenivano solo in occasione delle festività: da tali incontri è emerso quanto gli anziani e i giovani traggono beneficio da queste esperienze», spiega l’assessore alle politiche sociali Giorgio Kosic.

Da qui la decisione assieme al “Progetto Giovani” di rinnovare l’appuntamento ogni anno, dando così la possibilità di vivere momenti di socializzazione, di confronto esperienziale e di stimolo alla partecipazione, alle iniziative pubbliche come soggetti attivi all’interno della comunità locale. Nelle settimane passate nei vari incontri che si sono susseguiti in casa di riposo, tra gli anziani e i ragazzi ci sono stati vari laboratori: in quello di cucina sono stati puliti e snocciolati 15 kg di susini serviti poi per la preparazione di una squisita marmellata servita per guarnire le crostate, nel laboratorio di taglio e cucito sono state create delle “Pigotte”, ossia le famose bambole dell’Unicef, partendo dalla scelta delle stoffe alla creazione dei capelli; nel laboratorio creativo si è dato spazio alla propria fantasia lavorando materiali come la raffia, le foie de panocce e i venchi. Ai vari laboratori tenutisi si è avuta una presenza media di 20 ragazzi e di 30 anziani. (tosq.) Fonte: Il Piccolo di Trieste 09-09-11, 26 Nazionale


eventi

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L’ippoterapia corre in aiuto dei disabili Gorizia Un altro anno di corsi è passato, ed altri passi in avanti, talvolta anche molto significativi, sono stati posati. Avevano dunque tutte le ragioni di fare festa, ieri mattina, gli utenti e gli operatori dell’importante corso di ippoterapia realizzato di concerto dal Cisi, dalla Cooperativa Itaca e dal maneggio della Remuda, a Piuma (frazione di Gorizia, ndr). L’occasione è stata la consueta festa di chiusura del corso, al quale anche quest’anno hanno preso parte sei utenti del Cisi, Simone, Daria, Sabina, Franco, Barbara e Cristina. Durante gli ultimi 6 mesi, i disabili – con problemi intellettivi, relazionali e motori – hanno seguito le lezioni ed i consigli delle appassionate operatrici Marianna del Cisi, e Francesca della Cooperativa Itaca, che assieme a Barbara ed Aliosa della Remuda, hanno permesso loro di instaurare uno splendido rapporto con i cavalli. In questo modo, i ragazzi sono riusciti a superare, a piccoli passi, parte dei loro problemi. Davanti gli occhi dei genitori e dei parenti, dei soci della Remuda e delle autorità (erano presenti l’assessore

Silvana Romano per l’Ambito Alto Isontino, ed il consigliere comunale Franco Hassek), gli utenti hanno dato vita ad un piacevole spettacolo fatto di esercizi ed evoluzioni a cavallo, mostrando le abilità acquisite. «Quelle che ad un occhio distratto potrebbero sembrare piccole cose, in realtà sono passi da gigante per questi disabili alle prese con grandi problemi – spiega l’assessore Romano -, ed è per questo che il corso di ippoterapia è così importante per il Cisi”. “L’iniziativa viene realizzata praticamente a costo zero, grazie alla determinazione ed alla passione infinita di Marianna e Francesca, che tengono molto al progetto. Le ringraziamo di cuore, assieme ovviamente ai titolari della Remuda che hanno mostrato ancora una volta un bell’esempio di collaborazione tra pubblico e privato. Sapere quanti mesi di lavoro ci sono dietro questi risultati, ed osservare i sorrisi dei ragazzi coinvolti, è qualcosa di impagabile». Marco BISIACH Fonte: Il Piccolo di Gorizia 25-09-11, 28

Imparare l’inglese giocando al Centro estivo del Comune Monfalcone Imparare l’inglese giocando. E’ quanto hanno potuto sperimentare i bambini che nelle due settimane prima dell’inizio dell’anno scolastico hanno frequentato “Enghlish Party!”, il centro estivo organizzato dal Servizio Pari opportunità del Comune di Monfalcone nell’area verde di via Valentinis. Che si sia trattato di due settimane all’insegna del divertimento lo ha confermato la festa finale, che ha riunito bambini, dai tre ai dieci anni, famiglie e gli educatori della Cooperativa Itaca, che ha gestito il servizio per conto dell’ente locale. Consultati attraverso un questionario, i genitori hanno già fornito dei suggerimenti per la prossima estate che danno la misura del gradimento dell’iniziativa: estendere il centro estivo almeno su tre settimane e, magari, prolungarlo anche in orario pomeridiano. «La nostra volontà è certo quella di riproporre un’attività - spiega l’assessore alle Pari opportunità e politiche sociali Cristiana Morsolin - che cade in un periodo di solito “scoperto” per i genitori, nonostante si sia alla fine di agosto e le ferie siano finite un po’ per tutto». «Eventuali ampliamenti - aggiunge l’assessore comunale alle Politiche sociali - dipenderanno dai fondi di-

sponibili, ferma restando la volontà di mantenere contenuto il costo di iscrizione, oltre che di parlare di altre lingue e altre culture». L’iscrizione quest’anno è costata alle famiglie 45 euro a settimana, comprensiva della merenda di metà mattina, fornita dalla Coop, che in questo modo ha supportato l’amministrazione comunale di Monfalcone. L’altra richiesta dei genitori è stata quella di poter effettuare le iscrizioni on-line e non solo di persona. «Un suggerimento che accoglieremo, visto che il centro estivo è nato proprio all’insegna della flessibilità per rispondere alle esigenze di conciliazione delle donne e delle famiglie locali», afferma l’assessore Cristiana Morsolin. L’iniziativa quest’anno ha inoltre affiancato la Summer school di informatica e inglese organizzata nello stesso periodo e con orari compatibili con quelli del centro estivo per fornire alle donne, disoccupate o sottoccupate, un’opportunità di potenziamento delle proprie conoscenze e competenze. Il centro ha accolto circa 50 bambini per settimana, dal 29 agosto al 9 settembre, dalle 7.45 alle 13.30. (la. bl.) Fonte: Il Piccolo, Gorizia 25-09-11, 73

Avviso ai gent.mi soci prestatori A seguito del D.L. 138/2011, entrato in vigore il 13.08.2011, la soglia massima di utilizzo del denaro contante è stata fissata a € 2.500. Pertanto Vi informiamo che da tale data non potranno essere effettuati versamenti o prelevamenti in denaro contante (o in titoli al portatore) di valore uguale o superiore a € 2.500. Per qualsiasi chiarimento dovesse necessitare potete contattare l’ufficio amministrativo allo 0434 366064 (Paolo Corazza).


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PRECISE PAROLE

Precise Parole Il secondo volume edito da Hand

“Una storia da raccontare”

A Pordenonelegge anche il Consorzio di Comunicazione Sociale Pordenone “Una storia da raccontare” di Paolo Cossi e Davide Pascutti, ovvero un’originale lavoro di storiografia a fumetti creato dai due abili disegnatori. E’ il nuovo (e secondo) libro edito da Hand, Consorzio di Comunicazione Sociale presentato lo scorso 15 settembre a Pordenone nella sala conferenze intitolata a Teresina Degan all’interno della Biblioteca Civica di piazza XX Settembre. Inserita all’interno di Pordenonelegge, la presentazione è stata a cura di Gian Luigi Bettoli, storico pordenonese, presidente di Legacoopsociali Fvg e vice presidente di Legacoop Fvg.

Il volume illustra in 70 agili e splendide tavole i punti salienti della storia della Casa del Popolo di Torre, dalla fondazione al ruolo centrale nell’organizzazione della resistenza armata alle camicie nere, alle lotte dei tessili nel dopoguerra. Dopo “Imprese pubbliche & autogestite. La Cooperazione Sociale nel Friuli Venezia Giulia”, esce il nuovo libro edito dal Consorzio Hand, costituito due anni fa da 12 cooperative sociali del Friuli Venezia Giulia (tra cui Itaca), nella quasi totalità Cooperative di inserimento lavorativo e produzione lavoro, una minoranza delle quali non ancora sociali ma arricchenti tuttavia con le loro professionalità l’offerta consortile.


precise parole

Confini provvisori L’aria frizzante di queste mattine le folate di vento dal confine francese dove il fiume si divide in mille canali di silenzio indugiando nel tempo della rivalsa si scuotono vani i pensieri al risveglio tra i rami e le foglie mobili a ventaglio di acacie sparate verso il cielo — s’incidono neri i solchi sui confini provvisori di sempre Lago di Lucerna piove sul lago di Lucerna — territori bassi di nubi distese sui rilievi alberati nell’umida flora rigonfia di umori si proietta verso sud una luce incostante a cambiare il volto ai suoni e alle parole — nudi paesaggi segnati da frontiere da contrasti illusori di lingua e pensiero Roberto Cogo

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Roberto Cogo è nato a Schio (Vicenza) nel 1963. Si è laureato in lingue e letterature anglo-americane all’Università Cà Foscari di Venezia. Ha pubblicato i libri: Möbius e altre poesie, Editoria Universitaria, Venezia, 1994; In estremo stupore, Edizioni del Leone, Venezia, 2002; Nel movimento, Edizioni del Leone, Venezia, 2004; Di acque / di terre, Edizioni Joker, Novi Ligure, 2006; Io cane, L’arcolaio, Forlì, 2009. Ha pubblicato le raccolte: Confondi il vento, in «La Clessidra», Edizioni Joker, Novi Ligure, n. 1, 2007; Mai identico riproporsi, in «Italian Poetry Review», Società Editrice Fiorentina, Firenze, vol. II, 2007; Ancora nel luogo neutro e Il cielo dentro la montagna, nell’antologia, Dall’Adige all’Isonzo – Poeti a Nord-Est, Fara Editore, 2008; La luce è del sole, in La poesia, il sacro, il sublime, Fara Editore, 2009; Verso il leggero, in Salvezza e impegno, Fara Editore, 2010. La sua più recente raccolta poetica Supplementi di viaggio è disponibile come e-book all’indirizzo web http://rebstein.files.wordpress.com/2011/02/robertocogo-supplementi-di-viaggio.pdf. Ha tradotto dall’inglese vari poeti tra cui: John. F. Deane, Charles Olson, Les Murray e Gary Snyder. Nell’estate del 2009 è stato poeta in residence sull’isola irlandese di Achill nella contea di Mayo, ospite della Achill Heinrich Boll Association.

RICERCA PERSONALE AREA SALUTE MENTALE

AREA disabilità

Ricerchiamo per Comuntà Psichiatrica Auronzo di Cadore (BL)

Ricerchiamo per Comunità per Disabili Gorizia

Educatrice/ore •

Si richiede: Laurea settore educativo; esperienza minima nei servizi educativi; possesso di patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo indeterminato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali, incentivi non contemplati nel Contratto Nazionale.

AREA TERRITORIALE ANZIANI

Ricerchiamo per Servizio di Assistenza Domiciliare Portogruaro

Addetta/o all’Assistenza • Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza minima nei servizi di assistenza alla persona; possesso di patente B, auto propria. •

Si offre: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Le domande vanno inviate ad uno dei seguenti recapiti:

Cooperativa Itaca - Ufficio Risorse Umane 1. Vicolo Selvatico n. 16 - 33170 Pordenone 2. e-mail: ricerca.personale@itaca.coopsoc.it 3. Telefono: 0434-366064; 4. Fax: 0434-253266

Redazione: Fabio Della Pietra - Cooperativa sociale Itaca

Addetta/o all’Assistenza

In copertina e quarta di copertina (alcune immagini): Genius Loci, foto di Martina Cannoletta

• Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario o titoli equipollenti; esperienza minima nei servizi di assistenza alla persona; possesso di patente B.

Impaginazione / Grafica: La Piazzetta Cooperativa Sociale - Trieste

• Si offre: contratto a tempo determinato; full time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

Stampa: Rosso Grafica&Stampa - Gemona del Friuli (Ud) Numero chiuso il 6 ottobre alle ore 12.30 e stampato in 1250 copie


Area Territoriale Anziani

La centralitĂ e il valore delle persone, delle famiglie e del territorio


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