MENSILE D’INFORMAZIONE DELLA COOPERATIVA SOCIALE ITACA ONLUS
Come sarebbe stato bello se L’osservatorio di Itaca sulla crisi
Scusi, lei fotografa anche i morti o solo i vivi? Cronaca di un incontro
semiserio con il popolo di CipArt
FAB a quota 23
Tante le proposte di progetto arrivate entro la deadline del 31 agosto
N°09/2012 www.itaca.coopsoc.it
cipart l'arte coatta è una strategia 09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 1
editoriale di Leo Tomarchio Presidente
RETI VIRTUOSE PER UN 3° SETTORE PRODUTTIVO Pordenone
Comunità Nove, Galleria d'arte permanente "CipArt" Venite a trovarci... Siamo a Udine, Parco di Sant'Osvaldo info: www.facebook.com/cipartgroup comunove@libero.it Tel 0432 806640 (Comunità Nove)
2 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
E’ arduo per me scrivere qualcosa di sensato ed intelligente in settembre. Sarà perché è il mese in cui compio gli anni e mi rattristo per il tempo che inesorabile passa… o forse per la fine dell’estate, il sole che inizia a calare presto esercita su di me un influsso negativo. Di fatto in settembre, ogni anno, succedono tante cose, spesso negative. Da molti anni si fa la conta delle fabbriche che non riapriranno dopo la pausa estiva, ad esempio. Troppe e non tutte necessariamente per la crisi economica. Alcune chiudono perché è più conveniente investire all’estero (vedi Omsa/GoldenLady), altre perché la proprietà le ha solo usate e spremute finché davano un grosso utile (molto del quale non dichiarato o eluso) e, adesso che la morsa fiscale si fa più stringente, non ne vale più la pena. Altre ancora, il maggior numero, perché la crisi non dà scampo. E il Terzo settore come sta affrontando questa congiuntura, è attrezzato? Di quanto risente delle difficoltà del primo e del secondo settore? Come dice Stefano Zamagni, insigne economista e presidente dell’Agenzia per il Terzo settore, alla chiusura delle borse dei primi due settori non può che corrispondere una forte sofferenza del terzo, che dai primi due dipende. Mi pare che ce ne stiamo accorgendo e chi vorrà leggere, più avanti, l’articolo della nostra direttrice in Primo Piano avrà modo di approfondire. Ma è sul modo, in cui ci si può e ci si deve attrezzare, che vorrei porre l’accento. Ha ragione Zamagni quando dice che il Terzo settore deve diventare produttivo, garantendosi così le risorse attraverso le proprie attività innovative ed uscendo via via dal modello “redistributivo” su cui attualmente (e per la maggior parte) esso è schiacciato. Ma siamo pronti e maturi a fare questo passo? Ne abbiamo le competenze e le risorse umane ed economiche? Siamo pronti
a fare veramente rete fra di noi e soprattutto disponibili a rinunciare a quel concetto di ‘identità’ ristretto dietro cui spesso ci nascondiamo? Francamente non vedo molti sì a queste domande. Competenze sicuramente ne abbiamo tutti ed alcuni anche molte. Siamo carenti di risorse economiche, ma non così tanto da non potercele procurare dal sistema bancario a fronte di investimenti credibili. Sul resto delle domande si entra in una nebulosa. Soprattutto quando si parla di identità. Il concetto identitario del modello non profit, quello che attraverso il lavoro controlla il capitale per intenderci (e non viceversa come nel modello capitalistico), viene spesso confuso con quello dell’identità personale, di un piccolo gruppo di persone o, addirittura, dei singoli. Ci si attacca, spesso in maniera miope e fuorviante, alla ‘nostra’ storia piuttosto che a quella del movimento. E la nostra storia (proprio perché solo nostra) difficilmente riesce ad essere quella di “altri” e da qui il pericolo di carenza di risorse umane, con la conseguenza ultima di non favorire neanche il ricambio generazionale. Questo all’interno di una singola organizzazione. Se poi parliamo di reti o di aggregazioni, che a mio modesto avviso sono indispensabili per fare il salto verso un Terzo settore produttivo, il problema decuplica. Entrano in gioco la ‘territorialità’, la ‘specificità’, il ‘piccolo è bello’ e tutte le scuse possibili per far sì che le reti virtuose non si compiano mai. Nel frattempo tutti avanti per la propria strada in maniera più o meno confusa. C’è chi costruisce sedi faraoniche, magari forti di contributi regionali straordinari ma che non riuscirà mai a mantenere e, forse, neanche a finire di pagare, o chi coltiva parsimoniosamente il proprio orticello convinto che la sua terra resterà per sempre fertile. Nel frattempo le multinazionali hanno scoperto il “capitalismo condiviso” e quindi si occupano della cura dei lavoratori ed iniziano a farsi carico dei bisogni dei territori. Ci rubano il lavoro? No, continuano nella loro missione di controllori del lavoro convertendosi ad un modello innovativo di capitalismo, che seppur ‘condiviso’ è sempre antitetico al nostro modello, quello mutualistico. Il rischio è quindi, secondo Zamagni, di una implosione del Terzo settore con una cooptazione dei suoi dirigenti in favore di quelle imprese che sono convertite al capitalismo condiviso. Fantascienza? Non credo proprio. Loro la propria identità la conoscono bene e portano avanti la loro ‘mission’ con passione pari alla nostra.
09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 3
Sommario
PRIMO PIANO
COME SAREBBE STATO BELLO SE Primo piano
05∙COME SAREBBE STATO
BELLO SE
L’osservatorio di Itaca sulla crisi
L’INTERVISTA DEL MESE
IN COPERTINA Opera di CipArt
07∙SCUSI, LEI FOTOGRAFA ANCHE I MORTI O SOLO I VIVI?
Cronaca di un incontro semiserio con il popolo di CipArt
SPECIALE FAB!
13∙23 GLI EMBRIONI DI PROGETTO PRESENTATI
L’incubatore di Itaca conclude la fase 1
Attualità
11∙L'ARTE COATTA È UNA
e20
21∙“E…STATE NEI
Pordenone
23∙FLAUTO E CHITARRA
Come ci siamo arrivati? Mica perché ci siamo fatti finanziare con mutuo trentennale il 100% di una casa che adesso vale molto meno? In Italia ci sono voluti molti più sforzi che in altri Paesi. A quante manovre finanziarie corrisponderanno i mancati introiti per evasione fiscale, i rimborsi elettorali, i salvataggi della compagnia di bandiera, quante manovre finanziarie si potevano evitare se…
La saga di Genius Loci a Pordenone
CONQUISTANO IL CISI
Un concerto intriso di energia e poesia
RICERCA E SVILUPPO
29∙PROGETTARE NON E’ UN
MERO ESERCIZIO DI STILE
Perché dai rumori dei luoghi affiorano le risorse
INpersonale
32∙GESTIONE E ORGANIZZAZIONE DEL PERSONALE
Nuova edizione del Corso coordinatori da ottobre a dicembre 2012
Quando l'Arte, imposta, cambia il suo significato restando Arte
14∙RAGAZZI DELLA PANCHINA 8 MESI DOPO, O 9, O…
In attesa che si sblocchi la sede temporanea dell’ex asilo di via Selvatico
16∙GLI ANIMALI ARRIVANO LÀ DOVE L’UOMO NON ARRIVA 18∙LA TERRA CANTA OGNI GIORNO
La mia esperienza all’orto sinergico “Il Pavar” di Villuzza
19∙PERCORSO LUDICO DEGLI SBILF DI MONAI Un fanciullo tra orchi, agane, lupi e volpi
4 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
Charlie Chaplin nel film La febbre dell'oro www.simpkinsdrawingboard.com
Orietta Antonini
QUARTIERI!”
STRATEGIA. CHE SI FONDA SUGLI STIMOLI
“Vedo il nostro cane che viene a farsi accarezzare e tutto diventa più leggero”
19∙
Il mio osservatorio sulla crisi
8∙
14.
Come sarebbe stato bello se le leggi concepite negli ultimi 20 anni per l’attivazione di ulteriori 15 Province (in aggiunta alle 95 che ho studiato a memoria alle elementari), non fossero state approvate semplicemente perché erano provvedimenti volti a sovrapporre e complicare oltre che a spendere, quindi inefficaci e inefficienti nell’immediato e in prospettiva. Anche se non sono più esposte nelle targhe automobilistiche non resisto alla tentazione di citarle: VB, BI, LC, LO, RN, PO, KR, VV, OT, OG, MD, CI, MZ, FM, BT. Come sarebbe stato bello avere un sistema giudiziario che alla prima condanna per evasione fiscale (dando per scontato l’individuazione) attivava per il condannato un progettino socialmente utile, per la raccolta differenziata porta a porta, per la pulizia delle spiagge e dei boschi, per l’asfaltatura delle strade e la manutenzione dei marciapiedi, la pulizia dei tombini, per il recupero dei terreni non coltivati, per il recupero della bio diversità animale e quindi il pascolo di specie ovine in via di estinzione. Ad eventuale ulteriore condanna si sarebbe potuta aggiungere, previo corso di formazione di 100 ore come badilante, la manutenzione degli edifici pubblici. Così anche a parità di evasione avremmo avuto un patrimonio immobiliare tenuto meglio. Come sarebbe stato bello, aver potuto applicare le stesse pene per tutti quei funzionari pubblici che hanno utilizzato i prodotti derivati. Come sarebbe stato bello se quella volta che si fece l’ennesima modifica alle norme pensionistiche, che consentiva eserciti di pensionati quarantenni o pensioni d’oro, si fosse alzato qualcuno che avesse gridato “Ma qualcuno sa
fare i conti? Volete far fallire il Paese e far diventare precarie le prossime generazioni?”. Come sarebbe stato bello aver avuto un sistema educativo che non si scandalizzava per la richiesta di rimozione di un simbolo religioso da una scuola, ma condannava certamente i parlamentari che inneggiavano alla violenza (es. dichiarazioni di Borghezio dopo la strage degli studenti svedesi) e che mangiavano la mortadella sul ‘posto di lavoro’ non per fame. Si sarebbe potuta gestire la rieducazione con un sistema di fattorie e malghe sparse in tutto il territorio nazionale con dotazione di coppie di alcuni animali domestici citati nel racconto biblico, sacco di sementi e annesso manuale d’uso. Vita sana insomma. Chiaro che accorgendosi che uno ci prende gusto, via in catena di montaggio a stringere bulloni. Come sarebbe stato bello se otto mesi dopo il referendum del 1993 sul finanziamento ai partiti si fosse fatta una legge sul rimborso elettorale che stabiliva qualità e quantità delle spese rimborsabili e la modalità di rendicontazione (quindi non si rimborsa se non si spende). La crisi non ci sarebbe stata? Non credo proprio. Per s-fortuna non può uno Scilipoti influire
sulle multinazionali proprietarie delle agenzie di rating (però se fossi un industriale svedese non includerei l’Italia tra le mie priorità di sviluppo), ma questi esempi sono stati uno start-up della fabbrica dell’indebitamento italiano. In questa situazione è convenuto credere alla profezia dei Maya, ma anche quei conti erano sbagliati: dobbiamo arrivare al 2116. Perciò ora abbiamo molta fretta, di non fallire, di non aumentare il debito. E nella fretta non mi pare che stiamo utilizzando tutte le risorse migliori che abbiamo.
Nella Cooperativa Itaca la crisi finora ha avuto impatti economici limitati, in alcuni casi positivi come la diminuzione del turn over (e quindi un contenimento delle spese per la formazione). Ma non è solo fortuna o contingenza del nostro mercato di riferimento se oggi non siamo costretti ad andare in banca a chiedere onerosi prestiti per dare gli stipendi; figuriamo se dovessimo andarci, senza avere spalle patrimonializzate, per fare investimenti che, si sa, potranno essere ripagati in venti/trenta anni, in un contesto politico economico di assoluta incapacità analitica e programmatoria. 09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 5
PRIMO PIANO Di impatti negativi ce ne sono molti anche se meno oggettivamente misurabili. La contrazione dei prezzi delle gare d’appalto continua a farci rinunciare alla partecipazione senza rinunciare alle denunce e qualche volta a provvedimenti legali. Procedure gestite da funzionari pubblici a volte incapaci, a volte noncuranti, a volte ‘sfacciati’ al punto tale che neanche si sentono in dovere di rispondere: il muto disprezzo di chi, evidentemente, è troppo pagato per titoli e forma (tanto la sostanza chi la controlla). Lo svilimento di alcuni servizi soprattutto quelli domiciliari e territoriali che rischiano di produrre inefficienze importanti in termini di qualità di servizio, soprattutto quando le richieste di tagli avvengono in modo lineare. In un Ambito della provincia pordenonese dove eroghiamo servizi educativi, tra il 2008 e il 2011 c’è stata una diminuzione del 22% (circa 10 mila ore); in un Ambito del Veneto orientale, dove facciamo assistenza domiciliare, la riduzione in tre anni è stata del 20% (circa 3500 ore); in un Ambito del Friuli meridionale l’attività socio assistenziale educativa verso minori e disabili si è ridotta in 3 anni di quasi il 30% (circa 13 mila ore in meno). In alcuni Ambiti ci sono stati incrementi ma mai così consistenti; e, soprattutto, rileviamo che alla diminuzione di servizi non è corrisposta la riduzione proporzionale del personale ma un abbassamento dei contratti di lavoro e l’esasperazione della precarizzazione. Avendo risorse, mi piacerebbe approfondire se le risorse economiche erogate direttamente ai cittadini (le famose voucherizzazioni) hanno prodotto i risultati auspicati da chi ha attivato tali politiche, così come mi piacerebbe appurare se le modalità di erogazione dei servizi nei diversi territori vanno verso quella disposizione costituzionale che sostanzialmente dice che lo Stato garantisce i livelli essenziali di prestazioni per ciò che concerne diritti civili e sociali in tutto il territorio nazionale (art. 117 comma 2 lettera m). Che dire poi del trasferimento delle inefficienze gestionali e decisionali della pubblica amministrazione quando ci pagano a retta ma non inviano gli utenti (negli asili come nelle comunità) perché hanno problemi di bilancio o per disattenzione o per un gioco di reciproca delegittimazione tra enti pubblici locali (tocca a te, no tocca a te). Tanto noi il servizio lo garantiamo lo stesso. Ma più dei tagli sta peggiorando la programmazione dei servizi che arriva sempre più tardi e con una temporalità sempre più breve. Ci sono servizi educativi territoriali delicatissimi che non sappiamo se e come rico6 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
l'INTERVISTA del mese minceranno a settembre e ci sono educatori cui non sappiamo dire se il prossimo mese potranno ancora contare su un incarico. Per contro, potremmo trovarci nelle condizioni di dover avviare un servizio individualizzato in 24 ore, ma non sappiamo per quanto tempo (ci diranno “intanto facciamo fino a dicembre, poi con il bilancio prossimo si vedrà”). Questa bestiale incapacità programmatoria, di troppe articolazione della pubblica amministrazione nella gestione di un pezzo di welfare, non si abbina neanche con la riforma del mercato del lavoro che pone giustamente limiti più stringenti ai contratti a tempo determinato e alle riassunzioni. E siamo nella paradossale situazione (e qui una pubblica autodenuncia) che, siccome le amministrazioni pubbliche ci affidano o incaricano o ri-prorogano o aggiudicano i servizi temporaneamente e per poche settimane, per riuscire a garantirli senza cambiare operatore/operatrice ogni mese, in un paio di casi, e soprattutto per non creare un danno all’utente, siamo dovuti ricorrere alle agenzie interinali. Così, per non perdere i servizi abbiamo trasferito i margini alle agenzie interinali; ci toccherà scrivere alla Fornero di prevedere, tra le tipologie contrattuali, anche il personale fornito alle P.A. per gestire servizi pubblici. Purtroppo non mi riferisco ad un’eccezione, ma parliamo di troppi servizi non governati ma gestiti da funzionari che, quando conoscono il contesto, evidentemente, non vogliono assumersi l’onere di prevedere che un disabile, un anziano, un minore tra tre mesi avrà ancora bisogno di cure e che intere famiglie hanno bisogno una programmazione di più ampio respiro anche per gestire l’eventuale apocalittica revoca dei servizi. E anche Itaca ha bisogno di questo tempo per gestire la progettualità che a questi servizi si richiede e che le professionalità impiegate meritano. Con i recenti provvedimenti riparatori riferiti a Imu e Spending Review non ho ravvisato solo l’ovvio appesantimento economico del bilancio, ma un incremento di inefficienza – per come sono stati gestiti - che mi sembrava già raggiungere livelli inaccettabili. Ci avevamo messo anni ad avere provvedimenti di riduzione o esenzione dell’Ici dalle amministrazioni pubbliche locali, che avevano riconosciuto il nostro protagonismo nella gestione dell’interesse pubblico, poi è arrivata l’Imu che non solo è più cara ma ha fatto ripartire da zero la possibilità di chiedere ai Comuni provvedimenti di esenzione, ammesso che ciò sia possibile (perché in Italia le leggi hanno bisogno di essere interpretate).
A luglio è stato emanato il provvedimento sulla spending review. Tutte le Aziende sanitarie fuori regione ci hanno chiesto l’efficientamento in modo standardizzato (cioè la riduzione dei servizi del 5%), in alcuni casi senza consultazione o preventiva informazione interna, scaricando su di noi anche l’onere del dialogo tra uffici. Per fortuna in un solo caso ci hanno avvisato che fatture economicamente difformi alla richiesta non sarebbero state messe in pagamento. Per fortuna questo è il caso di un’Azienda sanitaria che solitamente paga con un anno di ritardo e per fortuna la comunicazione è arrivata il giorno stesso in cui la giunta della Regione interessata ha deliberato l’esclusione dei nostri servizi dal provvedimento in questione. Per fortuna che intorno alla questione ci abbiamo speso solo un paio di settimane tra riunioni e comunicazioni informali e formali. Non mi è neanche passato per la testa di rispondere che in quella regione sono venti anni che sento parlare di efficientamento delle 21 Aziende sanitarie presenti, perché non sarebbe stato un umile suggerimento ma una chiacchiera sentita dire. Nella fretta stanno aumentando le inefficienze, gravissime, confermando una preoccupante e crescente incapacità della pubblica amministrazione di consultare, di programmare, di misurare gli effetti delle manovre nel medio periodo. Non è vero che non c’è più niente da fare, ma occorre iniziare a far avverare le favole. Per ogni funzionario/funzionaria distratto/a ce ne sono molti altri che lavorano bene e con passione. Spetta a loro, come a noi, impegnarci per far funzionare almeno le cose che prescindono dalla disponibilità economica (che, invece, non è questione che si risolverà a breve) con il dialogo, con la trasparenza, il confronto, e la denuncia se e quando occorre.
SCUSI, LEI FOTOGRAFA ANCHE I MORTI O SOLO I VIVI? Cronaca di un incontro semiserio con il popolo di CipArt Fabio Della Pietra
• Foto di Fabio Della Pietra
Udine
Tutto ciò che esiste, esiste in un'incredibile abbondanza, si trova dovunque, abbonda dentro di te. Il genio, il dono della creatività, è comune quanto il carbonio e l'idrogeno, e nessun essere umano ne è sprovvisto. Jean Dubuffet Chiara, Manuela, Gianluca, Luigino, Carlo, Gianni, Nicoletta, Walter, Daniele, Stefano. Nominati in ordine sparso. Senza alcuna regola. E senza alcuna regola ci siamo incontrati qualche settimana fa al Nove per parlare di CipArt. E della loro partecipazione a CipArt. Ci siamo visti in due momenti distinti (non tutti potevano essere presenti la prima volta).
Chiariamolo subito che questa non è la classica intervista. A domanda risponde qui non c’è. Non ci sono quasi domande. A volte non ci sono quasi risposte. I silenzi quelli sì che ci sono, e parlano. Come gli sguardi. I sorrisi e i mezzi sorrisi. E anche i non sorrisi. Gli occhi che si abbassano o che si spostano. Un passo indietro. A beneficio di chi legge. Cosa è CipArt? Persone, un bel gruppo di persone in grado di trasformare qualsiasi cosa - come pareti di casa interne o esterne, mobili, biciclette, caffettiere, oggetti e altro ancora - con un tocco di creatività ed utilizzando materiali a basso impatto economico e ambientale. Sono “quelli di CipArt”, gruppo di creativi ‘guidati’ da Catia Liani, e lavorano nel laboratorio di decorazione artistica che ha sede all’interno della Comunità 09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 7
l'INTERVISTA del mese
l'INTERVISTA del mese Manuela Vengo dal Csm di Cividale, ho fatto teatro, cucina, canto. Mi è sempre piaciuto disegnare, fin da piccola. Catia mi ha insegnato i colori e mi è tornato in mente quello che facevo a scuola. Ho fatto un corso Ires che riprenderò a settembre. Mi piace disegnare. Qui mi trovo bene ma il mio obiettivo è tornare a casa da mia madre a Cividale. Mi piace disegnare qualsiasi cosa, non sarò una pittrice ma mi piace disegnare quello che vedo, il paesaggio, la città, il mondo. Mi piacciono Picasso e Van Gogh. Con Catia siamo stati a Tarcento a fare un corso dove ci venivano mostrate delle diapositive per insegnarci i colori. Siamo anche andati a fare delle passeggiate, a bere un caffè per stare insieme.
Gianluca
Nove, nel Parco di Sant’Osvaldo a Udine, servizio gestito dalla Cooperativa Itaca. I corridoi e le sale del Nove si sono trasformate in questi anni in una Galleria artistica stabile. “La nostra filosofia nasce dalla volontà di cambiamento che trova spazio, a livello simbolico, nelle trasformazioni di ambienti, mobili e oggetti che abbiano la caratteristica dell'inutilizzo – si legge nella presentazione della pagina di Cipart su Facebook (www.facebook.com/cipartgroup) -. La scelta nel voler utilizzare materiale di riciclo ha in sé l'obiettivo di considerare il materiale in disuso fonte di creatività, con un basso impatto ambientale e con una limitata spesa economica. L'intento è anche quello di dimostrare che a tutti i livelli si può far arte e che tutti vi possono accedere attraverso la sperimentazione del proprio sé artistico”. Torniamo all’intervista non intervista. Varco la soglia della Comunità, ogni volta che ci vengo mi torna in mente l’abbraccio ricevuto da Elvirona la mia prima volta, nel 2002 credo, e ne ho nostalgia. Corridoio a sinistra verso gli uffici, prima porta a destra. Entro, saluto, mi presento a chi non mi conosce. Dopo qualche minuto abbondante di ambientamento reciproco, si parte con la prima intervistata. A sorteggio casuale 8 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
vince Chiara, toccherà a lei rompere il ghiaccio. Ed ecco la prima domanda non domanda. Che resterà l’unica, ma anche no. Attorno ad essa un po’ tutti cercheranno di mettere del loro. Me compreso. Come ti sei avvicinata a CipArt e qual è il senso del laboratorio per te? E’ arrivato il domandone del “giornalista-fotografo di Itaca che si occupa ogni mese della Gazzetta” (così son stato introdotto). Il muro si materializza subito. Silenzio. Chiara non risponde. Imbarazzo, più mio che suo. Ci guardiamo. Silenzio. Guardo gli altri, silenzio. Anche Gigi Marzullo (per non scomodare qualche altro Gigi nostrano) avrebbe saputo fare di meglio. Iniziamo a chiacchierare del più e del meno, la distanza si accorcia, ristabiliamo il contatto, ci ritroviamo. Cosa ti piace disegnare o riprodurre, hai dei soggetti o degli artisti che preferisci, quali colori ti piace usare, ritrovarti qui ti da anche qualcosa nella relazione sociale con gli altri? Non siamo a livello del ‘si faccia una domanda e si dia una risposta’ di marzulliana prassi ma quasi. Però ci siamo. Una pillola qua e una là e il cerchio si chiude. E il nostro incontro parte. Sotto uno dopo l’altro. Ecco le voci dei protagonisti.
Chiara
Sono qua da maggio, all’inizio ero in difficoltà a rapportarmi con la gente, avevo paura che mi prendessero in giro e mi trattassero non bene. Invece si è formato un bel gruppo, si va d’accordo, ognuno pensa al suo lavoro senza giudicare l’altro. Quanto al fattore artistico, mi trovo un po’ in difficoltà a disegnare su tela e anche con la tempera. Su carta o con pennarelli mi trovo meglio. Disegnare mi piace, quando i disegni non vengono bene magari non sono soddisfatta. Mi piace ricopiare i dipinti, cercando di riprodurre il lavoro fatto da un altro artista. Al di là dell’aspetto artistico, vedo che riesco a rapportarmi meglio con la gente e a stare più con gli altri; sto cercando di migliorare questa difficoltà nella relazione con le altre persone.
Sono qua da due anni al Nove, mi piace molto la pittura e la decorazione. Mi piace di più usare i colori, il mio preferito è il rosso. Del laboratorio mi piace anche il fatto di ritrovarci insieme e parlare.
Luigino Mi sono dedicato all’arte perché mi hanno “obbligato”. Prima non conoscevo nulla di arte, sì quelle cose che si fanno a scuola. Conoscevo Giotto, Van Gogh ma niente di più. Con Catia ho imparato a fare diverse cose, lei dice che faccio belle robe ma per me non sono
belle, non mi ritengo all’altezza del disegno che riproduco. Abbiamo fatto dei lavori sul corpo sequestrato che poi abbiamo esposto a Teglio Veneto su una tela (due tele di 6 metri per 3, che poi sono state inavvertitamente portate in discarica, spiega Catia, e così distrutte). Io ero uno allegro, poi mi è successo di innamorarmi e sono andato fuori di testa. Ero uno di compagnia. Poi ho ritrovato qui Catia, che conoscevo da anni, da malato.
fatto così, io lascerò stare. A differenza degli altri miei amici, io mi attengo sempre a dei disegni tratti da giornali di arte, ma cerco sempre soggetti in cui ci sia più che la pittura libera una geometria di disegni, di templi romani, qualcosa legato alle linee, all’architettura. Qua mi son fatto dei nuovi amici, andiamo d’accordo. Sebbene parliamo poco, ci capiamo anche con uno sguardo.
Carlo
Nicoletta (Nico)
Sono Carlo, ho 57 anni, frequento CipArt da qualche anno. Sono abbastanza coinvolto perché facciamo delle cose che vanno fuori da qua, che possono vedere anche gli altri, le possono apprezzare. Mi piace fare decorazioni, ho realizzato una cassettiera e una cassapanca decorandole in modo vario. Abbiamo ricevuto delle sedie dall’Ikea, le abbiamo decorate e le opere hanno partecipato ad un’asta di beneficenza a Milano (2011) tramite l’associazione Itaca, il cui ricavato sarà utilizzato all’interno di un progetto legato alla salute mentale.
Scusi, lei fotografa anche i morti o solo i vivi? Non è una domanda così sa, perché ci sono anche quelli che fanno le foto dei morti. Il secondo scaglione di interviste inizia con lo scossone di Nicoletta – Nico per tutti – che rovescia completamente lo schema (ammesso ce ne fosse uno). I ruoli si invertono, lei l’intervistatrice, io l’intervistato. Con uno sguardo che indaga, con domande che stuzzicano, mai banali, anche se all’apparenza potrebbero sembrarlo. Non mi piace essere analizzata ma analizzare, dice in risposta alla mia domanda sulla dimensione sociale e dell’incontro di CipArt. Finiamo per cincischiare con le parole, parliamo di tutto un po’, io sto al gioco. Prima di tornare a CipArt, con Catia, viene fuori l’idea di una intervista speciale a chi non si è mai fatto intervistare, da parte di Nico e del gruppo, magari da pubblicare sul numero di dicembre.
Gianni Sono diventato un artista per caso. Faccio i lavori che mi dice di fare Catia e ogni volta c’è un dispendio di energia e fatica, perché non mi sono mai considerato un artista. Avevo 9 in disegno tecnico, ma nel disegno libero ero un fiasco. Io ci metto tutto l’impegno per fare questi disegni, quando Catia mi dice che le piace dico, se piace a lei, boh, io continuo. Io vado avanti giorno per giorno, quando mi dirà che non va
Esprimo la mia creatività – prosegue Nico -. Voglio vedere se ho doti creative nascoste che magari non mi sogno neanch’io. Riguardo ciò che mi piace realizzare dipende dall’ispirazione, è una cosa momentanea, dipende. Può ispirarmi un paesaggio ma anche altro. L’ispirazione mi arriva magari guardando una persona, ma non sono metodica, per cui non saprei, da qualsiasi cosa. Che poi traduco con quello che ho a disposizione, colori, china se c’è. 09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 9
l'INTERVISTA del mese
Speciale ATTUALITà FAB!
Walter Da un po’ ho iniziato a fare i ritratti a matita ma so usare anche acrilici, dipingere. Mi interessa abbastanza questo tipo di pittura, anche ricopiare qualche opera da qualche rivista d’arte. Quando andavo a scuola facevo poco disegno a mano, questo è stato per me un modo per fare cose nuove. Il tipo di disegno che faccio qua è diverso da quello che facevo a scuola, dove disegnavo appartamenti, garage, disegno tecnico. Mi piace fare un fumetto e dare uno sfondo di colore. Poco tempo fa ho ritratto un cane nero.
L'ARTE COATTA È UNA STRATEGIA. CHE SI FONDA SUGLI STIMOLI
Daniele
Sono capitato qui per caso. Ho iniziato facendo disegni, ritratti, poi abbiamo dipinto delle tele per una esposizione, quella a Teglio Veneto. Mi piace disegnare paesaggi, l’alba, il tramonto. Il rosso, l’arancio, l’azzurro sono i miei colori preferiti.
Stefano
Maglietta nera degli Iron Maiden con tanto di Eddie, la mascotte della band heavy metal britannica. Con lui si chiude il cerchio. Ma dice che 10 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
non ha tanta voglia di farsi intervistare, che non sa che cosa dire. Iniziamo così a chiacchierare, ma non del più e del meno, di musica. Partendo proprio da Edward The Head, poi abbreviato in Eddie T. H., per tutti semplicemente Eddie, la maschera kabuki creata da Derek Riggs. Stefano ci spiega che doveva servire da ornamento del palco su cui si sarebbe esibita la band, ma poi nel corso degli anni è aumentata sempre più di dimensioni fino ad ingigantirsi. All’inizio era immobile, stava lì come uno stendardo, poi ha iniziato a muoversi, portando così alla nascita del cosiddetto "walking Eddie", una enorme versione tridimensionale e semovente del pupazzo, accompagnata da scenografie sempre più elaborate. Sempre presente sul palco ed in ogni materiale ufficiale del gruppo. Parliamo anche di altra musica, un po’ con tutti, di quella che piace a me, di quella che piace a loro, di quella che piace a noi, troviamo dei punti d’incontro, altri no. Finché a un certo punto gli chiedo: Non hai mai disegnato Eddie qui a CipArt? Certo che l’ho disegnato, mi risponde. Davvero? gli dico, e ce l’hai qui il disegno? Mi piacerebbe molto vederlo. Sì, dovrebbe essere qui, mi risponde, iniziando a cercare. E dopo
qualche secondo l’opera salta fuori. Che spettacolo, gli dico, mi spieghi in che occasione l’hai realizzato? Parentesi brevissima. Qualche giorno fa, ripescando nei miei archivi e in vecchie foto anche di una decina di anni or sono (stavo cercando immagini che ritraessero il dott. Mario Novello, allievo di Franco Basaglia e responsabile del Dsm di Udine, che a breve andrà in pensione lasciando l’incarico ricoperto per circa un ventennio), ho scoperto perché quella di Stefano era una faccia conosciuta: l’avevo già ritratto in passato, e indovinate con cosa, la maglietta nera degli Iron Maiden con tanto di Eddie incorporato. Detto questo, torniamo alle parole di Stefano. Stavamo facendo dei disegni per una mostra e ho disegnato Eddie, poi non mi ricordo nemmeno io il perché l’ho fatto. E’ la mascotte degli Iron. Sono andato a vederli nel 1995 a Pordenone al Palasport. Mentre suonano lui si muove, durante l’assolo di basso di “Iron Maiden” (e mica lo sapevo io che c’era un brano omonimo uscito nel 1980 nell’album omonimo, ho verificato, Stefano – ovviamente - aveva ragione!). CipArt è in movimento. E il cerchio si apre.
Quando l'Arte, imposta, cambia il suo significato restando Arte Udine Interpretazione di un potenziale artista coatto: Mi trovo in una stanza assieme ad altre persone che non conosco e devo fare delle cose che non m'interessa fare. Devo essere puntuale ad un’iniziativa che non è un corso di pittura (per cui non imparerò nulla), devo fare dei disegni o dipingere delle cose (non ho mai disegnato né dipinto), devo copiare delle cose da alcuni giornali e non ho capito a che scopo. Devo stare in questa stanza per due ore, posso fumare una sigaretta sola e soltanto alle 11.00, infine devo avere questa qui che mi sorveglia se faccio o se non faccio “Arte”! Che palle! Lei, quella lì che sorveglia: Ok, dai ragazzi, oggi iniziamo un nuovo progetto: si tratta di rivestire le pareti della Comunità Nove di carta e i mobili della Comunità Nove di carta e le porte della Comunità Nove di carta e le caffettiere, le pentole, i piatti, i bicchieri, le posate della Comunità Nove di carta, e…
L'artista coatto: Questa qui è completamente sbarellata!
L'Arte coatta è una strategia. Che si fonda sugli stimoli. CipArt lavora e lavora molto. Su quali basi? Sulla scelta di ogni singolo componente a far spontaneamente parte del gruppo? Sulla naturale propensione di ognuno alla pittura o alla decorazione? Sul fatto che il medico ha detto che fare pittura fa bene e distrae dalla propria condizione di mal-essere con lo scopo di portare al ben-essere? Sarebbe bello. E miracoloso. Generalmente c'è, chiamiamolo così, un consiglio a provare. Poi c'è il consiglio a restare. Il dubbio che l'attività artistica sia poco utile emerge forte nel momento in cui l'invito a "far Arte" non è sufficiente. Stimoli, espressione di sé, risultato, gratificazione. E non è ancora abbastanza. Nel laboratorio di CipArt non si fa arte-terapia. L'arte-terapia non si sa nemmeno cosa sia. Nel laboratorio di CipArt si crea. Con un progetto, senza un progetto. Si crea.
Ogni persona si avvale delle proprie capacità per imprimere su un qualsiasi supporto un segno che prima non c'era. Nessuno ha doti particolari inerenti all'Arte, anzi quasi tutti sono digiuni dal disegnare o dal solo scarabocchiare qualcosa su di un pezzo di carta. Quasi tutti cercano di affermare con forza il loro disinteresse nei confronti dell'Arte e quasi tutti non sanno delle doti straordinarie che conserva chi non ha le basi della pittura accademica. Doti che ogni artista che abbia fatto scuola ha perso e non sa più ritrovare. Picasso afferma: “Mi ci vollero quattro anni per dipingere come Raffaello. Mi ci volle una vita per dipingere come un bambino”. Superare l'imbarazzo del non saper disegnare o usare i colori sembra un ostacolo privo di complicazioni. Le prime volte viene oltrepassato solo per l’insistenza dell’operatore che, spesso, vive con frustrazione l’idea che si stia lavorando “per forza” più che per un piacere personale. Eppure questo è il momento dell'aggancio. Non è mai successo che qualcuno si sia rifiutato di fare anche un minimo abbozzo. E il minimo abbozzo è sufficiente per continuare a lavorare. I passi successivi non sono privi di domande sul senso di fare Arte, tanto da far sì che l'Arte, nella 09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 11
ATTUALITà lettura classica del termine, perda il suo significato e la sua funzione, aprendo un corollario di altri scopi che hanno a che vedere con la vita quotidiana di tutti. Puntualità, ordine, pulizia, rispetto dello spazio altrui e della fruizione di materiale che non ci appartiene (il tutto nei limiti possibili della convivenza), sono alcuni dei principali scopi di questa attività. L'Arte è anche disciplina e impegno e non solo passatempo o gioco. La sfida più grande rimane la socialità. Scoprire che, dopo incalcolabili ore di laboratorio passate assieme, sfugge il nome del compagno con il quale si sono costruite delle opere notevoli - sicuramente per quanto riguarda la dimensione! - fa notare la grossa difficoltà di socializzazione, che non dipende dalla frequenza degli incontri o dalla partecipazione costante ad essi. L'abitudine ad incontrare quotidianamente sempre le stesse persone farebbe pensare che ricordarne il nome e porgere un saluto al momento dell'incontro e al congedo sia naturale automatismo. Nessuno è obbligato a relazionarsi con gli altri. Tuttavia, tenere un comportamento civile è preludio di possibili relazioni esterne al gruppo e alla Comunità, soprattutto quando la difficoltà nel creare legami emerge come problema principale da parte di tutti. Così nasce l'idea che è alla base di una delle ultime esperienze. Il ritratto che ognuno farà a ciascun componente del gruppo. Se devo ritrarre qualcuno lo devo guardare e lo devo guardare bene. Il compagno che sto ritraendo ha delle caratteristiche ben determinate che devo rappresentare non a parole, ma attraverso un disegno. Così scopro che ha gli occhiali o la barba, i capelli raccolti a lato, arruffati o in uno chignon biondissimo, la camicia a quadri o una t-shirt con un paurosissimo teschio dai denti affilati. Su ogni ritratto comparirà il nome della persona che ritrae seguita da una freccia che indica la persona ritratta. Il nome. Questa strana parola ci identifica anche se non l'abbiamo scelta noi e magari nemmeno ci piace. Il nome ci afferma in un luogo. In quel luogo noi siamo presenti. I ritratti sono fatti tutti a matita. Ci sono matite per tutti, ma una sola gomma che salta da una mano all'altra per cancellare e rettificare il proprio ritratto affinché sia il più somigliante possibile al modello. Una gomma che viene chiesta chiamando la persona che la possiede in quell'istante con il suo nome e, magari, ringraziando anche se viene tirata con noncuranza e quella finisce a terra. La gomma. Alle 10.00 di ogni martedì e giovedì si inizia a “far Arte". Generalmente devo andare a richiamarli tutti, uno per uno quelli di CipArt. Ultimamente non trovavo nessuno in giro e mi chiedevo se era il caso di continuare a torturare e 12 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
Speciale FAB!
WE FAB IT!
Presentate 23 proposte di progetto al Faber Academy Box Pordenone
CipArt, gruppo d'Arte economica, lavora soprattutto recuperando materiale destinato altrimenti a divenire rifiuto solido urbano. Il laboratorio si trova all'interno della Comunità Nove nel Parco di S. Osvaldo a Udine. Attualmente sta lavorando su diversi progetti: • South CipArt è un progetto sperimentale attivato in collaborazione con il Csm Ud Sud e prevede la realizzazione di 13 pannelli decorativi. Per l'occasione sono stati avviati due nuovi laboratori pomeridiani; • Parteciperà per il secondo anno consecutivo, su gentile invito del Csm di Tarcento, all'evento/ esposizione denominato - sembra fatto apposta! -, Ritratto d'Io (organizzato da “Progetto ItacaLive 2012. Per la mente con il cuore” e la Naba - Nuova Accademia di Belle Arti- di Milano in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale che si terrà il 13 ottobre nel capoluogo lombardo). Lo scorso anno assieme al Csm di Tarcento ha realizzato alcune opere per il progetto “Sedia Instabile” che sono state esposte, in uno spazio dedicato, all’Ikea in provincia di Milano e presso “La Fabbrica del Vapore” (Milano) dove hanno partecipato artisti di fama mondiale; • Sta preparando una serie di reinterpretazioni di opere famose per entrare a far parte della Pinacoteca Universale di Topolò. La misura di ogni opera riprodotta è di cm.2,5 x cm.3,5. CipArt lo potete trovare su Facebook all'indirizzo www.facebook.com/cipartgroup
a torturarmi con questa stupida e infantile attività. Sostituirsi agli altri è senza dubbio meno faticoso che stimolare costantemente. Poi, entrando in sala pittura, scoprivo che erano già tutti là e che quella in ritardo ero io. Il gruppo CipArt ormai è quasi autonomo. Ora, timidamente, anche quando l'operatrice non c'è, ci si incontra comunque per “far Arte”. Stimoli, espressione di sé, risultato, gratificazione. Tutto qui. E buon lavoro…=))) Catia Liani x CipArt
Ventitré progetti embrione presentati, 12 a firma femminile e 11 maschile, 35 persone coinvolte nel complesso, interessati prevalentemente territori del Nordest quali le province di Belluno (1), Udine (4), Pordenone (3), Pesaro-Urbino (1), Bolzano (1), Milano (1), Verona (1), Padova (1), 10 quelli mirati sulla città di Pordenone. Sono i primi numeri resi noti dalla Cooperativa sociale Itaca a fronte della chiusura dei termini (31 agosto) per la presentazione dei progetti aspiranti all’ingresso in FAB!, l’incubatore d’impresa lanciato a fine giugno dalla Coop friulana. “I prossimi passi sono già stati definiti – spiega Christian Gretter, coordinatore del progetto -: le 23 proposte di progetto pervenute saranno selezionate entro il 21 settembre da una apposita commissione. Ad ottobre prevediamo l’avvio della Academy”. Articolati i temi emersi dalla idee presentate: libreria e caffetteria con animazioni, comunicazione sociale (social messenger), tutela ambiente e benessere individuale, rivalutazione borgo montano, pizzaioli in carcere, arteterapia, parco giochi, arte espressione e comunicazione, piattaforma gestione sostenibile città, banca virtuale di scambio per il territorio, piattaforma cittadina per un vivere più facile, cooperazione B mosaico e prodotti eccellenza, bar formazione aggregazione e riciclo riuso, agenzia comunicazione e pubblicità, azienda agricola/cooperazione B e bio, sportello ricerca assistenza off e online, doposcuola, crowfunding e microcredito, cooperazione B raccolta rifiuti organici, apertura rifugio alpino e pacchetti servizi, fattoria sociale, scuola d'infanzia bilingue, azienda agricola/ cooperazione e servizi educativi. Sul fronte degli eventi, prima uscita extraregionale per FAB con la partecipazione al “Workshop sull’impresa sociale 2012”, nella sessione Modelli, Reti e Competenze: nella tavola rotonda su Acceleratori e Incubatori piattaforme per nuove startup sociali, che si è tenuto il 13 e 14 settembre a Riva del Garda (Tn). E’ partita inoltre da Pordenone la nuova partnership tra Itaca, Dmav e Fondazione Luchetta Ota D'Angelo Hrovatin di Trieste. Si è conclusa il 15 settembre (era stata inaugurata il giorno 7) l’esposizione di Home. Something little in this town, la mostra di social art legata a FAB. Ospitata per una settimana a Palazzo Badini in piazzetta Cavour,
“Home” vedrà parte dei proventi derivanti dalla vendita delle opere esposte utilizzata per il progetto della Fondazione dedicato al recupero della Casa di Accoglienza di via Valussi a Trieste, che accoglie ogni anno bambini malati da tutto il mondo, provenienti da zone di guerra e bisognosi di cure mediche e di assistenza insieme alle loro famiglie. Nata in occasione della partenza del progetto FAB, contenitore di sviluppo sociale e imprenditoriale ideato dalla Cooperativa Itaca con il supporto di Dof Consulting, “Home” parte da uno studio fotografico che misura il rapporto tra piccoli segni e contesto, mettendo in scena uno sbarco di minuscoli astronauti nella città di Pordenone, accompagnati da un uovo da viaggio. La piccola carovana di viaggiatori spaziali si inserisce nel contesto dei luoghi più significativi della città, fornendo così un’interpretazione alternativa e visionaria degli spazi urbani e dei progetti di sviluppo sociale che possono ospitare. Una nuova tappa di sperimentazione artistica nella città sul Noncello con l’auspicio che sia soltanto la prima di un tour lungo l’Italia. L’iniziativa riguarda tutte le opere di Home che possono essere viste attraverso la Gallery dedicata sul sito Dalla maschera al volto (www.dallamascheraalvolto.it). La mostra è firmata da Alessandro Rinaldi, Manolo Battistutta e Nicola Gaiarin per conto del collettivo. Fabio Della Pietra
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ATTUALITà
ATTUALITà
RAGAZZI DELLA PANCHINA 8 MESI DOPO, O 9, O… In attesa che si sblocchi la sede temporanea dell’ex asilo di via Selvatico Pordenone Mentre scrivo questo pezzo, il 16 agosto, stiamo “festeggiando” gli otto mesi dall’ultimo giorno di apertura della sede dei Ragazzi della Panchina in viale Grigoletti n°11 a Pordenone. In effetti, presa così, la notizia non dice granché, le date si susseguono ed i compleanni, piacevoli o spiacevoli, arrivano. I simpatici otto mesi in questione però, assumono significato nel dire che quella sede è stata persa otto mesi or sono e che nel frattempo non se n’è trovata un’altra. Diverso vero? In altre precedenti edizioni della Gazzetta abbiamo fatto la crono storia dell’accaduto, con tanto di sfoghi, dettagli e quant’altro, per cui non voglio annoiare con le ennesime righe di sdegno e nervosismo. Meglio concentrarsi sul presente e sul possibile futuro. Il presente è fatto di un ufficio nella sede di Itaca in vicolo Selvatico n°16, che ha rappresentato, otto mesi fa, il miracolo della possibilità di esistere ancora e che rappresenta oggi, il miracolo della attuale 14 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
esistenza dell’Associazione. Il presente è fatto di tante strade e marciapiedi, tanti parchi, tante panchine, tanta pioggia o tanto sole, tante carte d’identità consegnate e registrate ai terminali delle forze dell’ordine di turno, tante stanchezze e pochi posti dove poter fare il proprio lavoro, bene. Il presente è fatto di tanti ragazzi che non si intercettano più, di tanti ragazzi che avrebbero bisogno di un servizio adeguato che non possiamo dare, di tanti ragazzi che stanno male. Il presente è fatto anche di tante vittorie, di laboratori meravigliosi, di teatro e giornale, di montagna ed arrampicate, di prese in carico mirate e di porte di comunità terapeutiche che si aprono a dare speranza, di sorrisi e di condivisione, di parole e di emozioni mai banali. Il presente è fatto di lotta, ingrediente comune alla totalità di quelli che leggono questa Gazzetta, ma per noi in questo momento ed in questi mesi, ha rappresentato qualcosa di diverso dal solito. Lottare per emergere, lottare per mantenere, lottare per sopravvivere è una questione,
lottare per mantenere una trentina di battiti cardiaci al minuto è questione ancora diversa. Il presente è fatto, ora, anche di una certa serenità, che da un lato è paragonabile alla serenità dell’ergastolano (sono sereno perché non ho più nulla da fare), ma dall’altro è la serenità di chi vede avvicinarsi delle soluzioni che non necessitano, ormai, di un tempo breve per essere messe in opera. Quindi entriamo nel capitolo futuro. Il futuro sarà fatto dall’ingresso nelle stanze prescelte dell’ex asilo di via Selvatico. Queste stanze diventeranno la nuova sede temporanea dell’Associazione. L’impegno è stato preso sia dal Comune di Pordenone che dall’Ass 6. C’erano da fare dei lavori di messa in sicurezza dello stabile, di proprietà del Comune, che da anni era chiuso, e sembrerebbe che ormai i lavori siano a buon punto. Successivamente ci saranno da aprire gli allacci delle utenze ma insomma, l’importante è sapere che l’impegno preso a parole si è trasformato in impegno materiale, dando la chiara sensazione che la cosa andrà a buon fine. Le stanze dell’ex asilo sono ampie, è stato completamento rifatto il bagno, l’area verde
che circonda la struttura è enorme per cui in prospettiva, le possibilità di svolgere laboratori, incontri, quotidianità, è una certezza che rincuora. A rendere il tutto ancora maggiormente appetibile è la dislocazione dell’asilo, ad un centinaio di metri di distanza dalla vecchia sede, permettendoci così di poter rimanere all’interno del quartiere che ci ha visto lavorare negli ultimi 12 anni. Questo rappresenta un punto a favore notevole, rendendo l’impatto della riapertura potenzialmente meno complicata e di gestione migliore. Sempre guardando al futuro, si è scritto temporanea perché la sede definitiva sarà realizzata e conclusa a fine 2013. Questa è la grande vittoria di questi mesi di lotta, il fatto cioè che l’Azienda sanitaria pordenonese abbia protocollato la realizzazione ex novo di una struttura, posta in un terreno già di loro proprietà, ad uso diretto dell’Associazione. I lavori progettuali sono già iniziati, si sono gettate le basi cartacee di realizzazione della struttura, a breve il tutto andrà in mano a geometri e tecnici preposti per mettere nero su bianco il necessario e dare il via ai lavori. La struttura vedrà la luce nell’area tra via Interna e via Gramsci.
Il futuro sarà fatto di iniziative, di spazi adeguati, di possibilità di ampliare il raggio di azione, sarà fatto di continuità, di alleanze, di risposte e comunque, sempre, di lotta. Questo il futuro per come dovrebbe essere e questo il futuro che vorremmo... poi... ai posteri l’ardua sentenza. Presente e futuro, oggi e domani, serenità e incertezza, in ogni caso sono I Ragazzi della Panchina 8 mesi dopo, o 9, o... Stefano Venuto
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ATTUALITà
Attualità
GLI ANIMALI ARRIVANO LÀ DOVE L’UOMO NON ARRIVA “Vedo il nostro cane che viene a farsi accarezzare e tutto diventa più leggero” Pordenone Enrico ha cinque anni e ha paura dei cani. Ha paura del loro abbaio. Ha così paura che se ne vede uno da lontano vuole cambiare strada per non passargli accanto e quando se ne trova uno davanti si blocca. Enrico non sa come fare. Anche la mamma e il papà di Enrico non sanno come fare. Vorrebbero che il loro bambino fosse sereno e che la sua vita non fosse condizionata da questa paura. Decidono così di provare con un percorso di pet therapy individuale. Nel colloquio iniziale con i genitori, l’operatore di pet therapy raccoglie e fornisce informazioni: Quando sono iniziate le prime manifestazioni di paura, se c’è stato un’esperienza scatenante, se ha altre paure, qual è il temperamento del bambino… Quali sono le aspettative rispetto al percorso. Si definisce quindi l’ipotesi di progetto e si concorda che gli obiettivi possibili sono arginare la paura di Enrico dei cani e fornirgli le strategie di comportamento da utilizzare quando ne incontra uno. Il percorso si articola in cinque incontri di un’ora e mezza a cadenza settimanale. Nei primi due, senza cane, l’operatore mira a creare un’alleanza con il bambino, lavorando con attività referenziali, come la lettura di libri sugli animali, il disegno, le storie inventate con animali protagonisti, l’intervista impossibile al cane e al bambino: Enrico e il cane Stella cosa mangiano, a cosa gli piace giocare, come si vede quando sono contenti? L’intervista diventa un cartellone e il bambino chiede di portare a casa il cartellone. E’ importante partire dalla curiosità del bambino e rispettare i suoi tempi, favorendo la conoscen16 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
za del cane con attività ludiche e coinvolgenti. Nel terzo incontro Enrico acconsente a stare nella stessa stanza con il cane Stella e ad assistere ad alcuni giochi che fa l’operatore, come il “riporto”, il “cerca”, il “dai la zampa”… e alla fine di questo incontro il bambino desidera e impara a dare una crocchetta a Stella. Non è così facile come sembra ed è davvero una grande conquista. Negli ultimi due incontri il bambino con l’operatore e il cane fanno attività in giardino, con giochi, condotta del cane a passeggio, conoscenza dei segnali comunicativi del cane. Con questo percorso Enrico ha ricevuto informazioni sui cani, ha imparato l’atteggiamento corretto da tenere con loro nelle diverse situazioni, ha sperimentato la relazione e tutto questo gli ha permesso di contenere l’ansia imparando come si fa. La storia di Enrico è una delle possibili esperienze di attività con l’ausilio di animali. Molte sono le esperienze di attività con gli animali che hanno permesso alle persone di superare una difficoltà, di migliorare le condizioni di vita, di mantenere, recuperare e trovare una motivazione ad utilizzare alcune abilità. La Pet Therapy, concetto coniato dallo psichiatra infantile Boris Levinson negli anni ’60, è un’attività finalizzata a migliorare le condizioni della persona mediante specifiche metodologie di approccio che comportano l’ausilio di animali. Si tratta di percorsi che integrano, rafforzano e coadiuvano le tradizionali terapie e possono essere impiegati con persone con diverse caratteristiche. Nei bambini, negli anziani, nei disabili fisici e psichici il contatto con un animale può aiutare a soddisfare certi bisogni – affetto, sicurezza, relazioni interpersonali – e recuperare alcune abilità che queste persone possono aver perduto. A seconda della patologia da supportare, la Pet Therapy valuta quali sono le tipologie di animali
maggiormente rispondenti a determinati requisiti per quella persona, consentendo di realizzare una co-terapia più appropriata ed efficace in termini di salute alle esigenze del caso. In Italia nel 2003 è stato stipulato l’Accordo Stato Regioni del Ministro della Salute con la Conferenza del 6 febbraio 2003 che definisce la finalità e scopi della Pet Therapy e nel 2005 il Comitato Nazionale di Bioetica ha elaborato il documento Problemi bioetici relativi all’impiego di animali in attività correlate alla salute e al benessere umani, individuando quattro tipologie di rapporto uomo–animali per fini di benessere e salute umani: la convivenza con un animale nella propria abitazione, l’addestramento e l’impiego di un animale che aiuti una persona disabile nella vita quotidiana; le terapie assistite con animali (Taa); le attività assistite con animali (Aaa). Nello stesso anno il Veneto ha promosso come prima Regione in Italia la Legge regionale in materia di Pet Therapy (3/059) e successivamente ha realizzato la mappatura di tutte le realtà che dichiarano di aver avviato tali progetti, emanando le Linee Guida sugli interventi assistenziali terapeutici che prevedono il coinvolgimento di animali (Allegato a Dgr n. 4130 del 19 dicembre 2006). Molte sono le regioni che negli anni successivi hanno predisposto leggi e delibere, tra cui in Friuli Venezia Giulia la recente Legge regionale N.154 del 22 marzo 2012, Norme in materia di terapie e attività assistite con gli animali. Due sono gli aspetti importanti per la realizzazione di percorsi di attività con animali: la preparazione della coppia conduttore/animale e la progettazione degli interventi nei diversi contesti. L’avvio di un percorso deve infatti prevedere un’analisi preliminare che riguardi la scelta di tale metodologia, i bisogni, gli obiettivi e le risorse, e l’individuazione del tipo di Pet Therapy – con quale animale, con che modalità, con quale équipe. Una casa per anziani, ad esempio, ha scelto di avviare un progetto di Pet Therapy mirato a favorire la socializzazione, ridurre il senso di noia e abbandono, migliorare il tono dell’umore, stimolare l’attenzione, stabilire un’interazione sia dal punto di vista comunicativo che emozionale, favorire la mobilità. La scelta ha individuato il cane come l’animale più idoneo e la convivenza come la più ricca opportunità per gli anziani. Sono così seguite azioni impegnative per il tempo investito, le risorse assegnate e l’impegno necessario: l’acquisto dell’animale, l’addestramento, la realizzazione nel giardino dello spazio e box, la collaborazione con l’Azienda sanitaria, la formazione dell’operatore conduttore, l’istitu-
zione di un’équipe progettuale, la progettazione dell’attività, la realizzazione delle sedute, la valutazione dei risultati. Un cane che vive in una residenza ha bisogno di una figura di riferimento, di una corretta alimentazione, di un monitoraggio costante della salute sia fisica che emotiva, di un sistema organizzativo che contempli le sue esigenze, di esercitazione quotidiana con il conduttore. La scelta e l’impegno sono stati ripagati con il raggiungimento degli obiettivi sia con le sedute
di Aaa, che nell’interazione spontanea con gli anziani al di fuori del contesto strutturato della seduta. La signora Teresa racconta: “Anche se qui siamo in tanti, capita di sentirsi soli, magari non si ha voglia di parlare, si sente la malinconia, poi vedo il nostro cane che si muove nella casa e che viene a farsi accarezzare e tutto diventa più leggero…”. Laura Lionetti
Corso di formazione livello base Fossalta di Portogruaro 21-22-23 settembre 2012 FormLab, in collaborazione con la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Udine, organizza per il mese di settembre due corsi sulla Pet Therapy. Nell’arco di tre giorni vengono fornite le conoscenze di base sui processi di interazione uomo/animale nella relazione di aiuto in campo socio – sanitario. Un’opportunità per acquisire conoscenze teoriche e aggiornamenti in tema di Pet Therapy come metodologia di intervento a supporto delle terapie tradizionali nelle situazioni di disagio e sul ruolo degli animali nella programmazione degli interventi assistenziali. Ma anche per acquisire abilità manuali, tecniche o pratiche in tema di gestione quotidiana dell’animale nella relazione con persone in situazione di disagio e migliorare le capacità relazionali e comunicative in tema di rapporto animale-care giver, rapporto animale-utente. (LL)
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ATTUALITà
Attualità
LA TERRA CANTA OGNI GIORNO
PERCORSO LUDICO DEGLI SBILF DI MONAI
La mia esperienza all’orto sinergico “Il Pavar” di Villuzza
Un fanciullo tra orchi, agane, lupi e volpi Ravascletto
San Daniele del Friuli
Sono trascorsi ormai tre anni da quando sono giunto a Villuzza; il motivo era quello di avviare un progetto di orticoltura a favore delle persone in difficoltà seguite dal Centro di salute mentale di San Daniele. Gli obiettivi principali del progetto erano tre: migliorare la qualità della vita delle persone partecipanti, offrire conoscenze adeguate in materia di orticoltura naturale e dare così la possibilità ad alcuni di un futuro reinserimento nel mondo del lavoro. Il secondo ed il terzo punto sono stati in gran parte affrontati: infatti per due anni consecutivi (nel 2011 e nel 2012) si è tenuto un corso di orticoltura biologica di 150 ore per anno organizzato dal Centro di Formazione Agricola Permanente di Codroipo; i partecipanti hanno così potuto acquisire le basi teorico-pratiche per progettare un orto, hanno imparato a trapiantare e accudire le piantine, a consociarle con fiori e aromatiche per aiutarsi a vicenda, a raccoglierne i frutti. Dopo i corsi e l’esperienza maturata nell’orto, diversi di loro hanno iniziato dei percorsi di reinserimento lavorativo presso aziende agricole operanti sul territorio. Ma il mio impegno più importante è stato quello di cercare di trasmettere agli altri il canto di forza e dinamicità che la terra canta ogni giorno. Per questo è fondamentale il contatto con la terra intesa come un organismo vivente che, se assecondato nelle sue esigenze, è in grado di produrre e donarci dei prodotti sani e nutrienti. La terra è diventata per noi dell’orto come una madre: ha regalato un po’ della sua magia alle piante affinché possano trasformare l’energia del sole in qualcosa di vivente. È il miracolo della vita che nell’orto si ripete ogni giorno: dal seme cresce una pianta che matura, dà i suoi frutti e poi nuovi semi. Nel mondo odierno, caotico e multimediale, è questa la scelta di un ritorno ad una semplicità arcaica, ad un contatto diretto con la natura, vera ed essenziale. L’osservazione, l’ascolto, la riflessione, prima d’intervenire, sono essenziali; siamo fuori dagli schemi di produzione e 18 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
Prosegue la pubblicazione dei racconti a cura di Gigi Fasolino e Sara Burba, operatori di Itaca, che hanno creato nove racconti legati al percorso nel bosco, già strutturato su nove postazioni con le statue lignee di altrettanti personaggi mitici, come richiesto dal Comune di Ravascletto. Dopo la fiaba dell’Orcolàt, segue il Pavâr.
Il Pavâr
Immagini grazie a Claudio Ricci
frenesia che dominano nel mondo. E quando si interviene le azioni, anche se semplici, devono essere precise e dirette per assecondare lo sviluppo delle piante. Per far ciò sono le mani stesse che cercano un contatto con la terra, cercano cioè di aiutarla a far crescere i suoi frutti, e la terra rende alle persone, attraverso le mani, la sua energia, con i profumi e gli odori delle piante, i colori dei fiori e degli ortaggi, il brusio continuo di insetti che si rincorrono; in altre parole, la semplicità e la bellezza della vita. Anche per gli inesperti, questo tipo di approccio alla terra ha sicuramente mosso qualcosa dentro, ha fatto riflettere ed ha portato un po’ di serenità (pur se temporaneamente) nella vita
della maggior parte di quelli che sono transitati nell’orto. Anche un semplice orto ci può aiutare a vivere meglio, dandoci fiducia e serenità nell’affrontare la sofferenza, le difficoltà e i problemi che incontriamo ogni giorno. Per aver avuto la possibilità di vivere questa esperienza ringrazio la Cooperativa Itaca, Claudio (che mi ha iniziato all’orticultura sinergica) e in modo particolare i miei compagni di viaggio dell’ orto sinergico “Il Pavar”. Massimo Bello
Vi ho raccontato che l'orco, nelle sue passeggiate in paese, non faceva tanto caso a dove metteva i piedi. Più o meno come succede a noi: quando camminiamo, non sempre ci accorgiamo di calpestare formiche e altri piccoli insetti. Così l'orco, che quindi non aveva molte colpe, se non quella di essere troppo grande. Gli uomini ne erano terrorizzati, ai danni badavano quando le acque si erano calmate, cioè quando il frastuono dei passi del gigante lasciava di nuovo spazio al silenzio. In mezzo ai vari cortili però, si aggirava anche un altro strano essere; strano come l'orco ma mooolto più piccolo; più piccolo perfino degli uomini: Il Pavâr. Questo piccolo folletto era uno degli artefici delle bellezze che brillavano dai cortili di Monai: cascate di geranei, cespugli di rose coloratissimi, alberi maestosi e ricchi di frutta. Il Pavâr era un lavoratore infaticabile, appena il ritirarsi dell'inverno glielo concedeva si metteva all'opera con un vigore ed una passione unica. A lui, i passi dell'orco che si avvicinava, non lo spaventavano affatto. Lui si preoccupava soltanto che i cortili e gli orti che aveva coltivato, non venissero distrutti dal procedere distratto di quei due piedi immensi. Vane speranze le sue. La sera in cui gli uomini decisero di cacciare l'orco, il Pavâr si trovava nel bosco, con la sua famiglia. Il suo riposo fu interrotto dal saltare del letto, che lo avvisava della scampagnata dell'orco. Si levò in un lampo e si precipitò verso l'abitato. Quando arrivò in paese si tappò gli occhi con
le mani per non vedere i disastri creati dall'orco: le cascate di gerani erano proprio cascate e delle rose nemmeno l'ombra. Degli orti, non parliamone. Quando aprì le mani per scorgere il nulla, sembrò che gli fossero scese due lacrime. Superato lo shock si accorse che gli uomini tutti, si erano radunati nella piazza del paese. Con le fiaccole accese ad illuminare l'imbrunire avanzante, discutevano sul da farsi: "è ora di reagire!"- dicevano -"Così non abbiamo futuro!!!" Erano gli stessi pensieri del Pavâr. Mentre gli uomini si scervellavano su come fare a cacciare il loro nemico, al Pavâr balenò in mente un'idea: gli erano rimasti alcuni fagioli magici, donatigli da un vecchio amico del bosco. Questi fagioli riuscivano a creare piante così grandi che, se ingarbugliate a dovere da qualcuno del mestiere, avrebbero fatto inciampare una montagna intera. Andò a casa, li prese, tornò dagli uomini e illustrò loro il suo piano. Quello che accadde dopo, oramai è storia! Sara Burba e Gigi Fasolino
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ATTUALITà
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GARANTIRE CONTINUITÀ ASSISTENZIALE AGLI ANZIANI DEL SISMA Modena Il terremoto in Emilia continua a spaventare le popolazioni e, in particolare, ad aggravare le condizioni di salute e di assistenza degli anziani dei comuni coinvolti. Col dottor Andrea Fabbo, dirigente medico geriatra dell'Ausl di Modena, facciamo il punto della situazione riflettendo sul livello della risposta e sul come migliorare le emergenze. Con le 2 scosse sismiche del 20 e 29 maggio sono stati evacuati n° 265 anziani residenti nei posti accreditati del Distretto di Mirandola (totale n° 326 posti accreditati) dalle strutture di Mirandola (Cisa-Centro Integrato Servizi Anziani), Cavezzo (Cra Villa Rosati), Concordia (Cra Villa Richeldi), S.Felice (CRA "Augusto Modena"). Sono stati chiusi il Consultorio per i Disturbi Cognitivi (Unità Valutativa Alzheimer) e tutti i presidi ambulatoriali territoriali e semiresidenziali, come i Centri Diurni. Solo la casa protetta di Finale è ancora aperta, ospita 65 anziani, ma presto una ventina di loro, i più gravi, saranno trasferiti. Anche per gli altri 45 si porrà il problema, perché, per ragioni di pronto intervento, sono tutti ospitati al piano terra e al piano rialzato, non essendo permesso l’uso dell’ascensore. In alcuni casi si è fatto il pronto intervento due volte, perché dopo la prima scossa di domenica 20, gli ospiti di San Felice sono stati spostati tra Castelfranco (CRA di Manzolino) e Concordia (CRA Villa Richeldi) mentre quelli di Finale erano stati spostati in un albergo della città. Dopo le due scosse di martedì 29, con l’evacuazione di tutti gli ospedali dell’area Nord (Ospedali di Mirandola e Finale già evacuati il giorno 20, Ospedale di Carpi evacuato il giorno 29) è iniziato anche il trasferimento degli anziani presso le altre strutture del Distretto. Al Cisa, che al momento ospitava 189 anziani (non solo gli anziani della struttura ma anche alcuni anziani provenienti dal domicilio) l’operazione ha richiesto un lavoro ininterrotto dalle 20 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
10 del mattino, dopo la prima grande scossa, sino alle 24 di sera, mentre la terra continuava a ballare, le case a cadere e la sabbia liquefatta sollevarsi nei tombini e nei pozzi. Infatti, agli ospiti del CISA si sono aggiunti, nei giorni seguenti al 20 maggio, anche tutti gli anziani in assistenza domiciliare per i quali, in assenza dei presidi distrettuali di supporto con il personale necessario, si era preferito, se non vi erano familiari o parenti disponibili, assicurare loro una cura adeguata presso una residenza. Questo è stato un impegno immane per gli operatori che, nella gestione dei servizi, hanno referenze contrattuali diverse suddivise fra AUSL, ASP e Cooperative. Dalle zone terremotate sono partiti circa 1000 anziani per presidi della regione Emilia Romagna, da Cesena a Bologna a Parma e Reggio e a Piacenza e poi in alcune strutture di confine di altre regioni. Nell’enormità del lavoro, si è cercato di mantenere unite le coppie, di garantire l’assistente familiare a chi ne fruiva, di mantenere uniti, per garantire continuità d’assistenza, i centri Alzheimer e i frequentatori dei Centri Diurni anziani. Vista da dentro: l'Ausl di Modena tra numeri, dispersi, visite, presidi Questa è la situazione che ci descrive Andrea Fabbo, dirigente medico geriatra dell’AUSL di Modena, che oltre ad essere responsabile aziendale del Progetto Demenze, è impegnato da 12 anni nel Distretto 2 (Mirandola), che comprende tutti i 9 comuni terremotati della zona, in qualità di responsabile dell’U.O. Fasce Deboli (che comprende l’assistenza agli anziani, ai disabili adulti e alle cure domiciliari) e del locale Consultorio Psicogeriatrico (o Centro Disturbi Cognitivi). Ad oltre 20 giorni dal terremoto, quando ancora le scosse sono chiaramente avvertibili, come si presenta il quadro dell’assistenza agli anziani? “Stiamo ancora cercando di completare la mappa. Mentre per gli anziani nelle residenze
protette, conoscendo la destinazione, possiamo assicurare la continuità assistenziale, così come per gli anziani d’assistenza domiciliare ricoverati, dobbiamo ancora finire di individuare tutti gli assistiti. Il distretto di Mirandola, nelle varie forme assistenziali (assistenza domiciliare integrata, assistenza medica programmata ecc.) seguiva 1780 anziani a domicilio. Non tutti li abbiamo rintracciati, forse perché i familiari sono sfollati, portando giustamente con se l’anziano, oppure si sono trasferiti da parenti o amici. Per noi è necessario completare questa ricognizione”. Stiamo ricostruendo una quasi normalità nell’emergenza, dice Fabbo. All’interno del parcheggio in cui ci troviamo, fra l’Ospedale di Mirandola, la sede del Distretto e il CISA è stato allestito un Punto Medico Avanzato (PMA) che è dotato di quattro moduli: emergenza-rianimazione, internistico-cardiologico, chirurgico ortopedico eostetrico-ginecologico-pediatrico (nell’area ostetrica sono nate in questi giorni 2 bimbe poi trasportate al Policlinico di Modena). Tutti i moduli sono presidiati 24 ore su 24 da medici specialisti e infermieri. A disposizione del punto medico anche un centro per l'effettuazione di esami del sangue urgenti salvavita; è stata inoltre installata ed è in funzione un'apparecchiatura radiologica. Nel Punto Medico Avanzato opera personale - medici e infermieri - dell'Azienda USL Modena in collaborazione con numerose associazioni di volontariato. Tra questi sotto una tenda della Protezione civile è allestito il consultorio Psicogeriatrico, un presidio per i medici di Medicina generale e a fianco una tenda con 8 posti letto per ricoveri urgenti per anziani e/o disabili in situazione di “scompenso” o con necessità di monitoraggio clinico-assistenziale e infermieristico e l’OBI (osservazione breve intensiva –geriatrica). Oltre 50 persone vi sono transitate in questi giorni seguiti sempre dai loro medici e assistiti dal personale infermieristico dell’AUSL nelle 24 ore. Qui si cerca di dare continuità al percorso d’assistenza e ai PAI degli anziani, fornendo i Piani Terapeutici alle strutture d’accoglienza, i farmaci necessari immagazzinati in un’altra tenda, che funziona da Farmacia Ospedaliera. Per la versione integrale dell’articolo: www.nonautosufficienza.it Lidia Goldoni Coordinatrice scientifica Forum sulla Non Autosufficienza
“E…State nei quartieri!” La saga di Genius Loci a Pordenone
Pordenone L’estate sta finendo… cantavano anni fa e per il progetto Genius Loci è stata una stagione impegnativa, ricca di iniziative e di eventi sul territorio che rievocano, in chi ha partecipato, sentimenti di soddisfazione, nonché la voglia di ripartire subito, cavalcando l’onda dell’entusiasmo e dei numerosi riscontri positivi. Tutto ciò che si è concretizzato nei tre quartieri (Villanova, Borgomeduna e Vallenoncello) è il risultato di un esperimento ben riuscito, voluto fortemente dai soggetti coinvolti, per vivere i quartieri e per abitarli nella forma più completa possibile, trasformandoli in uno spazio fisico di esperienze sociali condivise. Vivere i quartieri, in questo senso, rappresenta la possibilità di appartenere ad una comunità politica e ad una organizzazione sociale che progetta consapevolmente il proprio futuro in un territorio comune, amato e reso vivo perché sentito proprio, arricchito da pluralismo e diversità. Quella che segue è una carrellata di questi ultimi mesi, uno scorcio sull’operatività di un progetto complesso, difficilmente riassumibile a parole, ma vivido nelle immagini e nei racconti.
Villanova
Grazie alla preziosa collaborazione di Ferruccio Merisi, responsabile della “Scuola Sperimentale dell’ Attore”, il progetto Genius Loci insieme alle realtà associative del quartiere ha dato vita, nei mesi di maggio e giugno scorsi, ad una rassegna artistico culturale “Villanovaviva - Eventi oltre Noncello” che ha riunito esperienze già esistenti a Villanova e ne ha promosse di nuove. Va sottolineata l’importanza dell’aspetto di condivisione e di integrazione che ha guidato l’organizzazione della rassegna, orientandoci verso la creazione di eventi in cui realtà diverse si sono “contaminate” tra loro. L’aspetto importante è stato senz’altro il processo che ha portato all’organizzazione di questi momenti, dove alla specificità di ogni singola associazione si sono affiancati il dialogo e la condivisione di obiettivi, aumentando la quantità e la qualità delle relazioni in quartiere. Siamo partiti da un tema sentito come quello della crisi economica, attraverso la tavola rotonda “Effetti sociali della crisi Economica. Conseguenze, cambiamenti, possibilità. Come ripensare ad una società più giusta ed equilibrata”. Abbiamo discusso del difficile momento econo-
mico che il Paese sta attraversando, analizzando le iniziative a sostegno della popolazione messe in campo dalle istituzioni locali e dalle realtà sociali che sono in prima linea nell’affrontare tale delicata situazione, riflettendo insieme, cittadini e istituzioni, sulle proposte e sulle possibilità che questa crisi ci costringe a considerare per ripensare una società più giusta ed equilibrata. Il 13 maggio si è svolta la seconda edizione di “Tutto per tutti”, il mercatino dell’usato. Ben sessanta i banchetti di venditori, la metà dei quali occupati dai bambini con i loro genitori. Presenti anche diversi cittadini stranieri e i genitori degli alunni della scuola elementare di Villanova e della materna di Borgomeduna. Non sono mancate gradite sorprese, tra cui un’improvvisata lezione di musica africana che un cittadino del Burkina Faso ha tenuto ai bambini, felici di poter utilizzare quegli stessi strumenti che nel corso della mattinata avevano ammirato in vendita al mercatino. Il 1 giugno è stata dedicata una serata a Bruno Arbusti con le “Cronache di una vita straordinaria”. Quante vite può contenere un’esistenza? Moltissime, infinite, ci ha risposto Bruno Arbusti, classe 1920. La serata, organizzata con associazioni e cittadini del quartiere desiderosi di valorizzare l’esperienza straordinaria di uno storico abitante di Villanova, è stata condotta dal giornalista Enri Lisetto che, insieme al Gruppo alpini di Pordenone, ha sistematizzato e reso accessibile al pubblico rari documenti fotografici relativi alla Seconda Guerra Mondiale raccolti dall’alpino Daniele Pellissetti. E’ stata una grande festa anche quella di “San Giovanni Battista”, il 24 giugno scorso, ma soprattutto è stata un'occasione per conoscere la comunità rumena, condividere tradizioni, danze, musiche e piatti tipici. L’apertura dimostrata dai fedeli della Chiesa Ortodossa Romena ha costituito un’occasione per accorciare le distanze e apprezzare la ricchezza del nostro territorio, dovuta anche alla presenza di realtà culturali lontane ma vicine. Appuntamento ormai consueto con l'intero quartiere quello della serata offerta dalla compagnia amatoriale Il Circolo delle Idee per dare vita al musical “…Il diluvio che verrà…” . A supporto del lavoro artistico della ormai consolidata compagnia di Villanova, tanti residenti del quartiere, operatori delle cooperative sociali Acli, Fai e Itaca, nonché del Dsm di Pordenone. Una degnissima conclusione estiva la proposta del 30 agosto alla Festa in Piassa, nonostante la pioggia. Una serata all'insegna del ritmo e dell'allegria: l'associazione musico-culturale Takosan di Papis Ba ha proposto “Doundounba”, uno spettacolo di musica africana suonata con i tipici tamburi, e con accompagnamento vocale. 09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 21
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FLAUTO E CHITARRA CONQUISTANO IL CISI Un concerto intriso di energia e poesia
Borgomeduna
Cosa c'entra un tiramisù con dei biscottini del Bangladesh? E un the con una bevanda africana allo zenzero? C'entra! Perlomeno c'entrava per chi nel pomeriggio di giovedì 31 maggio si trovava al Giardino delle Sorprese. Caritas, Genius Loci e Giardino delle Sorprese hanno permesso un'allegra “Merenda multi-etnica” in compagnia. Eravamo in tanti e ci siamo divertiti. Si inizia a parlare degli ingredienti di un dolce e si finisce con lo scoprire la complicità con un vicino di casa. Mercoledì 20 giugno un gruppo di cittadini di Borgomeduna ha offerto al pubblico presente “un aperitivo di narrazione”. Ricordi, aneddoti, fatti curiosi e ritratti di memoria storica, provenienti dal piccolo patrimonio personale che ciascuno dei partecipanti ha messo a disposizione del gruppo, hanno messo in scena una performance intitolata “La banca dei ricordi”, un titolo che allude all’idea di depositare, condividere, far fruttare… Man mano che avanzavano i racconti, il quartiere di Borgomeduna è diventato un po’ tutti i quartieri, nei quali le case e le famiglie sono più simili che diverse, e la gente ancora conta sulla reciproca voglia di vivere e di viversi. Sabato 23 giugno, circa 200 persone si sono incontrate al Deposito Giordani in occasione della festa “Ozokouma Kookoudo - Avviciniamoci per conoscerci”, organizzata dalla comunità Burkinabè della regione Friuli Venezia Giulia. La festa è stata allietata da partite di calcio tra squadre miste, da interventi artistico-musicali e da una sfilata di abiti tradizionali femminili burkinabè, il tutto accompagnato dai balli delle donne presenti in sala. Ad oggi in quartiere vi è stata una buona attiva22 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
Gorizia
zione sui temi legati agli aspetti socio culturali, mentre non vi è ancora una esplicita attivazione sui temi della salute in senso ampio. Queste le considerazioni che ci hanno spinto a giugno, ad iniziare, in collaborazione con Stefano Carbone della Provincia di Pordenone, un corso di formazione aperto alla cittadinanza, sulle metodologie della “Ricerca-azione”, con l’obiettivo di coinvolgere maggiormente le persone, individuando tematiche specifiche sulle quali attivarsi attraverso la costituzione di gruppi di lavoro.
Vallenoncello
A marzo 2012 il progetto Genius Loci si è aperto al quartiere di Vallenoncello, in seguito alla richiesta di associazioni e cittadini del territorio. Si è tenuta una prima Assemblea di quartiere, che si è interrogata da subito su come intercettare le problematiche, i bisogni, le criticità presenti nel territorio per orientare al meglio i propri interventi, come coinvolgere la gente, attivare il territorio e avviare un dialogo più consistente con le istituzioni.
A partire da queste domande, si è costruita una sorta di "intervista semi-strutturata" da sottoporre ad alcuni protagonisti naturali della vita di quartiere. Il 4 luglio sono stati restituiti i risultati delle interviste all’Assemblea. L’appuntamento per ricominciare a lavorare sul materiale rielaborato è previsto per settembre. Intanto il primo settembre, nel pomeriggio, si è tenuta la “Festa della Catalpa”, un evento pensato e organizzato dal Gruppo Giovani di Vallenoncello, con il supporto e la collaborazione delle associazioni del quartiere e di Genius Loci. L'organizzazione della festa è stata un'ottima occasione di conoscenza reciproca e sperimentazione efficace di lavoro di rete tra associazioni, tra generazioni e anche tra culture diverse, a beneficio della comunità tutta. Chiara Buono, Gianluca Dal Cin, Ivana Foresto, Valentina Zambon
In un torrido fine luglio la Residenza Protetta del CISI di Gorizia ha presentato, all’interno delle proposte di intrattenimento estivo, un concerto musicale ricco di vivace espressività. Dopo le formidabili esibizioni della Scuola Suzuki di violini tzigani degli anni scorsi, quest’anno ad allietarci in un caldo pomeriggio d’estate il duo flauto e chitarra dei musicisti Daniele Ruzzier e Ivàn Semenzato. La cornice dell’esibizione è stata il verdeggiante parco della struttura, con i suoi maestosi alberi che troneggiavano attorno alla villa dove risiedono gli ospiti della residenza e che danno sollievo con le loro ombrose chiome. Molti i familiari e gli amici che hanno accettato l’invito a trascorre il tardo pomeriggio per assistere, assieme agli ospiti, a questo speciale evento musicale, presenti il presidente di Itaca, Leo Tomarchio, la responsabile dell’area Disabilità, Caterina Boria, e il presidente del Cisi, Renato Mocchiut. Il programma del concerto è stato vario ed interessante, passando da uno stile di composizione musicale strettamente legato all'aspetto classico del termine ispirato a Wolfgang Amadeus Mozart, Ludwig van Beethoven e Joseph Haydn con la “Serenata per flauto e chitarra op.104 no.3” di Ferdinando Carulli, chitarrista e compositore italiano vissuto fra la fine del Settecento e la prima metà dell'Ottocento a Parigi. Esempio di tale impostazione è questa Serenata dove il
flauto espone i temi musicali proposti mentre la chitarra svolge prevalentemente un ruolo di accompagnamento. E’ seguita la “Sonatina per flauto e chitarra op. 205” del compositore Mario Castelnuovo-Tedesco, italiano di origini ebraiche emigrato negli Stati Uniti in seguito alle leggi razziali nel 1939. La musica era per lui un atto di spontanea e felice creazione caratterizzato dall'ironia e da un gusto del divertimento "signorile", anche in quanto realizzata attraverso la sua profonda cultura letteraria, pittorica e teatrale (mise in musica con disinvoltura tra i tantissimi altri Shakespeare, Goya, Cavalcanti, Jiménez, Garcìa Lorca solo per fare qualche citazione...). In questo brano il compositore sfoggia la sua tecnica di prim'ordine costruendo un'opera in tre movimenti dove gli strumenti si avvicendano, continuamente e con intrecci sempre diversi e nuovi, nell'esposizione del ricco materiale tematico creato dall'autore. Infine “Histoire du Tango” del notissimo compositore argentino (ma figlio di immigrati italiani) Astor Piazzolla, riconosciuto per aver riformato e rivoluzionato la cifra stilistica e musicale del genere tango. Dopo un inizio musicale povero di successi si recò a Parigi dove, tra gli altri, incontrò la grandissima didatta e musicista Nadia Boulanger, la quale lo indirizzò verso la sua vera vocazione: non la musica intellettuale né il tango nelle sue vecchie accezioni, ma un nuovo tango "condito" dallo stile classico e dal jazz, modellato infine dalle personali intuizioni del nostro. Da qui
iniziò il grande successo di Piazzolla, pur osteggiato dalla forte reazione della vecchia guardia del tango più tradizionale e conservatore, che col suo "tango nuevo" raggiunse la notorietà internazionale che lo accompagnerà in un crescendo continuo per tutta la sua carriera. “Histoire du Tango” è una suite che intende rappresentare i quattro momenti cardine della storia del genere tango così come sono visti dal compositore, partendo dal tango delle origini, semplice, gaio e vivace, passando prima per il tango da ascolto, più romantico, malinconico e lento degli anni '30 e poi per il più vivace e movimentato tango degli anni '60, contaminato dagli elementi distintivi della musica brasiliana e in particolare della bossa nova, e finendo col tango dei giorni nostri, reso moderno da una ricerca armonica che si rifà alle esperienze di Bartòk e Stravinskij. I musicisti, viste le richieste, hanno offerto un bis con “Distribuicao de flores” di Heitor VillaLobos, il geniale, eccentrico ed eclettico compositore brasiliano che col suo stile particolare ha diviso per anni il mondo musicale e la critica e che, con le sue bizzarrie, ha intriso di elementi quasi leggendari la sua vita (ad esempio, sostenne con fermezza ad un giornalista di New York di aver imparato le antiche melodie indigene amazzoniche, di cui per sua stessa ammissione le tribù sopravvissute avevano perso ogni memoria, dai... pappagalli!). Il brano non è classico, tanto che venne scelto per la sua prima esecuzione il chitarrista popolare brasiliano più noto dell'epoca, Joao Pernambuco e si caratterizza per la melodia esposta dal flauto, dal gusto chiaramente indigeno, mentre la chitarra declina un accompagnamento reso particolare dall'uso percussivo della cassa dello strumento. Un concerto prezioso e pieno di momenti suggestivi, in cui la musica è la protagonista che ha fatto vibrare le note, rinfrescando tutti gli spettatori affascinati dai brani proposti con attenzione e bravura. Ringrazio il collega animatore e musicista Ivàn per i suggerimenti ai brani da loro proposti con tanta maestria, ma soprattutto per aver creato un’occasione in residenza per stare assieme in compagnia di una musica energica e piena di poesia. Francesca La Bianca
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PANCHINA ALLA “FESTA IN PIASSA 2012” Due stand e tante le persone incontrate a Villanova
Pordenone (SV) Prosegue la meravigliosa collaborazione tra l’associazione “Festa in Piassa” di Villanova di Pordenone e l’associazione I Ragazzi della Panchina. Questa collaborazione ha confermato, per il terzo anno consecutivo, la presenza dei Ragazzi della Panchina all’interno della manifestazione “Festa in Piassa 2012”, attraverso la realizzazione di due stand posizionati all’interno dell’area Skate Park (area giovani) della manifestazione stessa. La festa si è realizzata a Villanova di Pordenone da giovedì 23 agosto a lunedì 3 settembre. La Panchina ha tenuto aperti i suoi due stand per otto serate totali. Anche in questa edizione è risultata vincente la presenza negli stand, oltre che degli operatori e dei ragazzi della associazione, degli educatori del Ser.T e dell’Alcologia di Pordenone. Queste presenze multi professionali hanno dato la possibilità di interagire con i presenti in maniera ampia, dando risposte alle più svariate richieste. Molte erano le attività proposte, tutte connotate da una importante valenza sociale, sia sul piano della prevenzione che dell’informazione. Uno stand era allestito in maniera molto colorata e bizzarra, all’interno del quale chiunque ne avesse avuto voglia poteva prendere materiale informativo riguardante l’associazione, giornali Libertà di Parola, profilattici, libri, ma anche brochure riguardanti consumo e danni correlati all’alcol, alle malattie sessualmente trasmissibili, ecc. Ma l’azione diretta proposta era quella di dare la possibilità di poter misurare la propria alcolemia attraverso l’utilizzazione di alcol test professionali. Tutto questo in forma assolutamente gratuita ed anonima. Prima del classico “soffio” a tutti i partecipanti abbiamo somministrato un questionario da compilare grazie al quale poter elaborare una lettura sui dati raccolti. La compilazione del questionario era stata effettuata anche nella passata edizione ed i dati raccolti, con tanto di elaborazione 24 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
grafica, sono stati esposti attraverso un banner alto due metri ed esposto all’ingresso dello stand. Questo ha catturato molto l’attenzione della gente, che si è avvicinata incuriosita e che conseguentemente ha partecipato alle attività proposte. Il secondo stand, adiacente al primo, è stato allestito nel tentativo di simulare una stanza di registrazione, all’interno della quale, dopo la firma della delibera degli interessati, si sono realizzate delle interviste filmate stile “Iene” che alternassero domande simpatiche ma che facessero anche raccogliere uno spaccato veritiero di pensieri, convinzioni, pregiudizi, informazioni che le persone hanno riguardo temi quali droga, sostanze, alcol. Anche quest’anno la presenza alla “Festa in Piassa” è risultata un’occasione dall’inestimabile valore, sia per noi operatori che per le persone che hanno usufruito delle proposte, perché si è potuta sfruttare la circostanza per parlare, discutere, informare le persone in maniera diretta ed informale rispetto a temi “scottanti”. Importantissima poi l’opera di prevenzione che è stata realizzata. Grazie a tutti, Ser.T ed Alcologia di Pordenone, l’associazione Festa in Piassa, la Cooperativa Itaca, gli operatori e grazie a tutte le persone che hanno partecipato e messo a frutto l’iniziativa. Alcuni numeri:
Numeri della Panka alla Festa in Piassa
6 sere 486 preservativi distribuiti 168 questionari 302 alcoltest monouso 206 etilometri fatti 250 persone contattate Collaborazione con i pionieri della Cri
KINAESTETHICS NUOVE COMPETENZE PROFESSIONALI NEI SERVIZI DI ITACA
Brunico Gli operatori del Sad di Brunico, hanno partecipato a un corso di formazione che aveva come obiettivo avvicinarsi e apprendere la modalità di aiutare gli assistiti applicando la Kinaesthetic. Crediamo sia interessante informare in cosa consiste questo nuovo modo di operare e riabilitare, poco usato in Italia ma certamente diffuso in altri Paesi europei e in Usa. Negli anni ‘80 nasce negli Stati Uniti la Kinaesthetics ad opera di due ricercatori sulla base del contatto con la cibernetica comportamentale e dall’interesse dei fondatori per il movimento, la danza e l’apprendimento. I corsi incontrano grande interesse tra i professionisti dell’ambito assistenziale. Negli anni ‘90, i primi insegnanti Kinaesthetics iniziano formazioni regolari in diverse istituzioni nell’area di lingua tedesca, tramite l’associazione sostenitrice “Verein für Kinästhetik” e la rivista specialistica “Kinästhetik Bulletin”. Kinaesthetics è la definizione della scienza empirica che si occupa della competenza di movimento come fondamento centrale della vita umana. Essa si basa sull’esperienza e la percezione consapevole del proprio movimento, con una maggiore attenzione per la qualità e la differenziazione del movimento in tutte le attività quotidiane e la descrizione sistematica delle possibilità sperimentabili del movimento umano. E’ una disciplina che si propone: lo sviluppo della propria competenza di movimento, cioè lo sviluppo di un utilizzo sano e flessibile del proprio movimento nelle attività della vita privata e professionale; l’analisi differenziata di attività umane, attraverso la metodica della K. basata sull’esperienza pratica; l’abilità nell’utilizzare il proprio movimento, in contatto con altre persone, in modo tale da sostenere in modo mirato la percezione della propria competenza di movimento, cioè la percezione della propria efficacia. Il confronto con la Kinaesthetics può giovare personalmente o professionalmente a qualsiasi persona di qualunque età; K. viene apprezzata particolarmente nelle professioni in cui il contatto corporeo sia scontato: essa, infatti, incentiva la qualità del proprio movimento, non-
ché dell’assistenza, terapia o attività educativa, ovvero la propria ed altrui salute. Per il raggiungimento di tali obiettivi, Kinaesthetics opera sia sul piano pratico che sul piano teorico. Da un lato mette a disposizione strumenti e metodi per poter classificare e comprendere le esperienze individuali; dall’altro lato, rende possibile una riflessione cognitiva su base sperimentale e sulla ricerca scientifica. L’unione di questi due approcci costituisce il fascino e l’innovazione della K. e ne spiega la crescente diffusione. Nel sostegno e nella cura di neonati, persone anziane, disabili, pazienti l’effetto della Kinaesthetics si mostra sempre sotto un duplice aspetto: sia assistenti che assistiti beneficiano di una più ampia competenza di movimento. Se si realizzano interventi assistenziali, ciò non porta solo a progressi sorprendenti nella persona assistita, ma promuove anche la salute della persona che assiste. Kinaesthetics da circa 20 anni trova applicazione nell’indirizzo “professionale” per la formazione di personale che opera nel socio-sanitario. Ogni anno in Europa vengono organizzati circa 3.000 corsi di base con 40.000 partecipanti, in diverse istituzioni. La grande richiesta viene coperta da diversi programmi di cui il più diffuso è K. nell’assistenza che si rivolge ai professionisti assistenziali nelle cliniche, nelle case di riposo ecc. ma conquista anche crescente importanza nell’ambito della disabilità. Qui di seguito si descrivono solo alcuni ambiti operativi di Kinaestethics più affini alle problematiche trattate nell’assistenza domiciliare. Il tema principale dell’Ambito Personale è il confronto con il movimento proprio nelle attività quotidiane, ovvero con se stessi. Questo ambito si occupa del significato della competenza di movimento per l’organizzazione della propria qualità di vita, in ogni sua fase. L’ Apprendimento Creativo si rivolge a chi vuole conoscere i propri modelli di movimento e quindi scoprire e sviluppare le proprie capacità di movimento. Obiettivo del programma è un’organizzazione più consapevole e creativa della propria vita. Il termine “creativo“ è riferito ad un modo di organizzare la vita non seguendo sempre gli stessi modelli, basandosi sulla con-
sapevolezza che esistano infiniti modi di risolvere un problema. Allo stesso tempo, questo concetto esprime anche l’idea che le persone realizzino se stesse in ogni momento attraverso i propri movimenti e la percezione. La modalità con cui una persona usa il proprio movimento per organizzare le proprie attività nella vita è individuale ed acquisita e ha un’influenza enorme sul proprio benessere e sulla propria salute. Movimento, in questo senso, non designa un’attività mirata di spostamento percepibile dall’esterno: anche il rimanere tranquilli in una posizione necessita di un lavoro muscolare continuo e attivo per l’organizzazione del peso delle parti corporee nella forza di gravità. L’osservazione sistematica del proprio movimento permette di scoprire i propri modelli di movimento, di sviluppare varianti e di ampliare il personale spazio d’azione quotidiano. Poter adattare il proprio movimento alle situazioni contingenti e alle proprie possibilità è la premessa per riuscire ad organizzare, in modo salutare e creativo, la propria vita. Qualità della vita nella Terza Età: l’immagine dell’invecchiamento è spesso legata al timore che l’avanzamento dell’età porti a malanni e debolezza e che si accompagni ad una perdita della qualità di vita. Le persone anziane non devono però diventare necessariamente rigide ed immobili. La ricerca geriatrica dimostra che l’età non sempre è responsabile di tutte le limitazioni che spesso vivono le persone anziane; nella comparsa di questi limiti giocano un ruolo ben più significativo i trascorsi e le abitudini di movimento. Così si è molto spesso constatata, presso le persone anziane, un impoverimento dei modelli di movimento che non è condizionato dall’età, bensì da processi di dis-apprendimento. Molte persone anziane limitano le proprie attività perché hanno paura di cadere. Dimenticano per esempio come sedersi sul pavimento e rialzarsi, soprattutto perché non è usuale per la nostra cultura. Più una persona però limita i propri modelli di movimento, più diventa rigida; e più si irrigidisce, più perde le sue capacità di adattamento. Questo, d’altronde, conduce ad un maggiore rischio di cadute e traumi e, logicamente, ad una maggiore paura. Kinaesthetics parte dal presupposto che le persone di qualsiasi età possano e debbano 09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 25
e20 continuare a sviluppare le proprie capacità di movimento, con cui si intende molto di più che la semplice forza muscolare o l’allenamento fisico come viene sviluppato nelle palestre. Competenza di movimento definisce un modo di porsi creativo e adattato ad ogni situazione, attraverso le proprie possibilità. Con K. si cerca di sensibilizzare la percezione attraverso un’attenzione cosciente al proprio movimento, di scoprire nuovamente le proprie possibilità di movimento nelle attività quotidiane e di organizzare la propria vita in modo attivo, sano ed autonomo. Con ciò, le persone possono imparare ad adattare l’organizzazione delle attività quotidiane alle loro attuali capacità e possibilità e restare o diventare dinamiche nonostante le loro risorse calanti. Kinaestetics in Ambito Professionale: il tema principale dell’ambito professionale è il confronto del proprio movimento in relazione al sostegno ad un’altra persona. Questo ambito si occupa dello sviluppo della competenza di movimento in campo professionale o in un contesto privato di assistenza e cura di un’altra persona.
AREE PRODUTTIVE AL MICROSCOPIO Kinaestetic nell’Assistenza: questo programma viene utilizzato soprattutto laddove vi siano persone assistite, curate, nonché sottoposte a terapia di specialisti: nell’assistenza geriatrica, nell’assistenza sanitaria e ospedaliera, nell’assistenza domiciliare professionale o nel campo della disabilità e rende possibile un aiuto mirato e sistematico all’autosostegno. Al centro del programma vi sono le attività quotidiane dell’assistenza e del sostegno. Attraverso la sensibilizzazione per il proprio movimento e per quello dell’altro, l’assistente impara ad impostare ogni sostegno in modo adeguato alla situazione e in interazione con l’assistito, stimolando l’apprendimento e la salute di quest’ultimo. Il partecipante al corso impara a sostenere le persone nelle attività come mangiare, sedersi, alzarsi o muoversi nel letto, in modo che esse sfruttino il più possibile le proprie capacità di movimento e possano mantenere, o ampliare, le proprie competenze di movimento. Con ciò, gli assistiti sviluppano una maggiore attività propria e tornano ad essere agili più velocemente; non si sentono semplicemente degli oggetti, che a causa di
CARTA DEI VALORI DEL CDA
Rispetto Pordenone
Come preannunciato nello scorso numero di IT La Gazzetta, proseguiamo la condivisione di quanto indicato nella Carta dei Valori del Consiglio di Amministrazione, richiamando valori e comportamenti sia individuali sia organizzativi che il Consiglio di Itaca intende condividere con tutti i soci e i futuri consiglieri. Il CdA è composto da soci eletti dall’assemblea e, come ci insegna [The Village ], persone con caratteristiche molto diverse. Ecco perché riteniamo fondamentale, nella valorizzazione di ognuno, la ricchezza di ogni apporto, di ogni opinione. Allo stesso tempo, concretezza viene data dal riconoscimento dell’obiettivo comune e dagli strumenti e regole condivise con cui poterlo raggiungere. Il CdA ha lo scopo anche di
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valorizzare le attività svolte, creare momenti di confronto all’interno della base sociale su temi che riguardano la Cooperativa, sull’appartenenza, e sui valori della cooperazione stessa. …ancora dalla Carta dei Valori del Consiglio di Amministrazione. IL RISPETTO: si attua quando si comprende che ogni persona è inserita in un gruppo e che quelle che sono le tutele proprie devono favorire la comprensione della tutela degli altri che compongono il gruppo stesso, maggiormente se l’obiettivo è lo stesso e condiviso. Il rispetto verso i soci che hanno manifestato il loro voto passa anche attraverso l’impegno congruo ed ottimizzato del tempo per la lettura dei documenti relativi agli argomenti trattati durante le sedute del CdA al fine di poter argomentare con serietà e competenza. Poiché il gruppo dei consiglieri è numeroso e i ruoli sono
un “difetto” devono essere manipolati, ma percepiscono se stessi come capaci in relazione al propria salute ed imparano ad influire maggiormente, in modo diretto, sulla propria qualità della vita. Nel momento in cui il professionista non cerca più di sollevare l’assistito come un oggetto, bensì lo sostiene nel suo movimento, riduce enormemente i rischi di infortuni sul lavoro del personale. Il programma, di fronte a simili aspetti, comporta un doppio vantaggio: l’utilizzo di Kinaesthetics nell’assistenza apporta un valido contributo ad una relazione umana e rispettosa con le persone bisognose di assistenza e ad uno sviluppo della salute di tutte le persone coinvolte.
PASSIONE, CREATIVITà E SFIDA
Contaminazione, buone prassi e sperimentazione guidano i Minori
Maria Untersteiner
diversi è importante mantenere una puntualità nella partecipazione, come pure un “ritmo adeguato” per la discussione dei vari argomenti. La partecipazione alle sedute del consiglio è parificata all’impegno e ai doveri che investono l’area lavorativa perciò, come accade per le comunicazioni nei servizi e negli uffici, il consigliere deve giustificare in modo puntuale e formale l’assenza , motivando per iscritto (e-mail) tale assenza. L’impegno poi deve essere quello di informarsi, in caso di assenza, di come è andato il consiglio leggendo il verbale, informandosi della data del successivo consiglio e di eventuali compiti chiesti ai consiglieri per lavorare sul territorio. La presidenza e l’intero consiglio si impegna a condurre le sedute affinché il confronto e la discussione avvengano favorendo interventi chiari e liberi , facendo riferimento ad obiettivi e linee comuni. Le convocazioni vengono fatte con una adeguata programmazione e messa in atto di meccanismi e strumenti adeguati, al fine di permettere ai consiglieri di accedere a tutte le informazioni a loro necessarie alla trattazione degli argomenti. Enrichetta Zamò
Pordenone Eccomi davanti ad una pagina bianca, alla ricerca di idee utili che mi consentano di dare, in poche battute, un’immagine della nostra area Minori sufficientemente rappresentativa, non scontata ed almeno un po’ accattivante (del resto quando si scrive qualcosa, destinata alla condivisione con gli altri, c’è sempre tra le sfide in campo lo sforzo di provare a trasmettere contenuti che suscitino interesse, all’interno di una cornice complessiva fluida e magari, a tratti, anche leggera… altrimenti quanti tra noi lettori vanno oltre le prime 15 righe, prima di scorrere all’articolo successivo?). Ci provo, nella consapevolezza che sintetizzare e semplificare la complessità espone al rischio di superficialità e penalizza la trasmissione di una visione esaustiva, capace di valorizzare il movimento continuo, la dinamicità insita nei servizi di quest’area. L’Area minori comprende 61 servizi attivi, concentrati prevalentemente in Friuli Venezia Giulia e per una piccola parte nel Veneto Orientale. Nell’ultimo anno di attività ha prestato servizio a più di 5000 utenti, ai quali si aggiungono circa altri 2000 minori frequentanti i Centri Estivi. Gli operatori sono 400 e 17 i coordinatori tecnici.
L’eterogeneità dei servizi afferenti alla nostra area ci ha condotto, ormai da tre anni a questa parte, ad attuare una gestione dei servizi per micro-aree (servizi per la prima infanzia, servizi territoriali ai disabili, servizi di educativa territoriale, servizi educativo/animativi di gruppo, servizi per le politiche giovanili) comprendenti ognuna servizi affini per tipologia, omogenei per target, legislazione di riferimento, modelli operativi, obiettivi. Ma le micro-aree non sono mere etichette di catalogazione: sono piuttosto “organismi vivi”, che seguono un loro percorso di crescita ed evoluzione e dai quali si propagano stimoli utili per lo sviluppo e la sperimentazione nei singoli servizi. A vivificare e sostanziare, infatti, le micro-aree contribuiscono - in maniera decisiva - i periodici momenti di condivisione e di confronto attivati tra le figure interessate al coordinamento dei servizi. Darsi infatti degli spazi di pensiero, di approfondimento e di contaminazione si è rivelato, negli anni, occasione preziosissima per la condivisione delle buone prassi consolidate, lo sviluppo degli strumenti gestionali, l’individuazione di possibili innovazioni sperimentabili, la condivisione e attualizzazione della nostra vision dei servizi. In sintesi, si è rivelato op-
portunità irrinunciabile per omogeneizzare, nei servizi di analoga tipologia, metodologie operative, modelli educativi di approccio al minore e al suo contesto di appartenenza e per stimolare le visioni prospettiche dei servizi. Niente male il riflesso esercitato da questo lavoro all’interno dei singoli servizi, delle singole equipe che in qualche modo ravviva il nostro stile di intervento. Quello stile “Itaca” spesso riconosciuto anche da committenti, famiglie dei nostri utenti, tecnici dei servizi pubblici i cui riscontri ci gratificano, premiano un po’ le fatiche e consolano qualche nostra inevitabile frustrazione. Il modello di servizi ai quali l’area Minori tende parte dal concetto di sviluppo di comunità. Il denominatore comune ai nostri servizi è l’apertura al territorio di appartenenza, che si traduce con un costante impegno dedicato alla ricerca e all’attivazione di nuove e possibili sinergie con la comunità locale. Viva è infatti la consapevolezza che proprio dall’intreccio con le risorse e con le altre realtà del tessuto comunitario emergano servizi in grado di evolvere, di sottrarsi al rischio di autoreferenzialità e di orientarsi verso un’operatività quotidiana nutrita di innovazione e vitalità. Servizi animati dalla volontà di offrire una mi09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 27
AREE PRODUTTIVE AL MICROSCOPIO gliore qualità di vita per gli utenti, nei termini di arricchimento delle proposte e delle possibilità di scelta offerte. Servizi che giocano la loro parte nei tentativi di rigenerazione delle reti comunitarie, nell’impegno proteso a favorire una comunità più sensibile, un po’ più preparata ad accogliere diversità e disagio, più capace di rispondere ai bisogni della collettività. I nostri servizi sostengono il delinearsi di comunità locali entro le quali tutti gli attori coinvolti (istituzioni, cooperazione, associazionismo, privati cittadini ) lavorano in rete, si integrano e si contaminano, per accrescere il potere di incidenza e di scelta del cittadino, per favorire incontro e scambio, per far emergere un nuovo desiderio di Comunità. Ho quasi terminato lo spazio a mia disposizione. Rileggendo traggo la sensazione che questa è sicuramente una tra le 1000 fotografie che potevano essere scattate sulla nostra vasta area Minori. Rimane l’interrogativo se potesse essere più efficace e meno barboso tradurre l’anima dell’area con tre semplici parole: PASSIONE, CREATIVITA’ e SFIDA. In effetti questi sono gli strumenti dei quali ci serviamo per operare cambiamento e per dare risposte ai nostri utenti. A questi tre elementi attribuisco l’origine di tutto il proliferare di idee, di iniziative, di sperimentazioni che rappresentano un tratto distintivo dei nostri servizi. A questi tre elementi imputo le soluzioni, gli accorgimenti, le proposte che si studiano all’interno delle varie equipe per riuscire a garantire il livello di qualità, che professionalmente e responsabilmente vogliamo dare, anche in quest’epoca di restrizione delle risorse economiche e di tagli frequenti. Attorno a queste tre fonti di energia ruotano le nuove avventure alle quali instancabilmente ci dedichiamo con tenacia. Chiudo citandone solo alcune tra le tante: Progetto Genius Loci, prodotto di una sinergia di pensiero sviluppatasi all’interno di un’equipe interservizi, costituita da Provincia, Comune, Azienda Sanitaria e Cooperazione Sociale che mira alla valorizzazione e all’implementazione delle competenze di comunità, all’interno di alcuni quartieri pordenonesi. Impegnati in prima linea su questo progetto sono i nostri operatori che lavorano per raccogliere i bisogni e le criticità sentite dai cittadini, per costruire insieme a loro le possibili risposte sperimentabili, per favorire il clima comunitario e rivitalizzare i processi di identificazione con il proprio luogo di vita. Laboratori di gruppo (laboratori emozionali, creativi, laboratori incentrati sulla pianificazione e gestione del proprio tempo libero e della propria vita relazionale, laboratori utili alla rile28 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
RICERCA E SVILUPPO
PROGETTARE NON E’ UN MERO ESERCIZIO DI STILE
Perché dai rumori dei luoghi affiorano le risorse Pordenone
vazione del possesso di prerequisiti necessari all’entrata nel mondo del lavoro): all’interno dei servizi che prevedono interventi individualizzati, rivolti all’handicap o al disagio, ha assunto spessore l’orientamento all’attivazione di progettualità di gruppo che, se da un lato risponde alla necessità di ottimizzazione delle risorse a disposizione, dall’altro appare una risorsa funzionale per l’offerta di servizi di qualità. Preziosi sono i risultati apprezzabili all’interno di queste esperienze, che potremmo riassumere nei seguenti termini: chances di confronto, di socializzazione, di sperimentazione delle abilità ed autonomie personali e sociali che formano e fanno crescere i nostri utenti; possibilità di implementazione delle loro abilità e conoscenze; opportunità che danno agli operatori di valorizzare le loro competenze specifiche; arricchimento professionale e gratificazione che può derivare loro dalla possibilità di intervallare all’intervento individuale esperienze di pianificazione e di collaborazione con i colleghi.
Progetti speciali: collaborazione con il nostro staff commerciale per il reperimento di nuove forme di contribuzione - regolate da bandi regionali, nazionali ed europei - utili all’attivazione di progettualità specifiche, da impiantare nei nostri territori. Cavalcare anche quest’onda si sta rivelando fruttuoso per apportare valore aggiunto ai nostri interventi educativi, per dare risposte ai nuovi bisogni emergenti all’interno dei contesti comunitari, per rafforzare i nostri interventi di inclusione e di sensibilizzazione a sostegno delle fasce deboli (progetto Orto Biologico in Carnia, progetto Conciliamo in rete a Prata, progetto di Quartiere a Pordenone). … PASSIONE, CREATIVITA’ e SFIDA hanno prodotto tutto questo e chissà quanto ancora potranno produrre! Samantha Marcon
In questi anni si è lavorato per rispondere ai bisogni di una società in trasformazione, per costruire un nuovo welfare basato su una forte presenza di garanzia del pubblico e, contemporaneamente, su processi decisionali, programmatori e attuativi di servizi e interventi sociali, fortemente partecipati dalle Cooperative, dall’intero Terzo settore e dalle stesse persone e famiglie che esprimono esigenze di sostegno e cura. L’intendimento è di elaborare progetti che non si limitino a valutare e descrivere le ricadute in termini di risultati sull’utenza, ma anche di esiti riflessi come l’attivazione in itinere di percorsi di comunità, l’attivazione di reti, l’occupabilità di persone residenti nei comuni dei vari ambiti. Nell’attuale contesto i servizi di carattere sociale si strutturano come un complesso ed articolato sistema, che coniuga leggi e servizi per giungere a creare il punto d’incontro tra i bisogni individuali e bisogni e risorse sociali. Qualsiasi progetto d’appalto, soprattutto se pensato per luoghi in cui siamo già presenti come Itaca, va a declinare le azioni con l’obiettivo di essere legittimamente presenti nella comunità come espressione di una identità territoriale, con una piena comprensione del ruolo svolto e degli altri interlocutori presenti sul territorio, nell’elaborazione di risposte reali e praticabili. Riteniamo che la progettazione debba costantemente avere un’attenzione a tutto ciò che accade, sia politicamente che culturalmente, perché sempre più si lavora per progetti, anche durante il periodo di esecuzione dei servizi, e la progettazione aiuta ad analizzare e rendere proprie caratteristiche peculiari, valori e regole delle diverse aree produttive della Cooperativa. La realtà sociale che ci circonda ha, appunto, la caratteristica di essere radicalmente intersoggettiva: anche gli operatori sociali sono chiamati ad intervenire in una realtà che essi modificano e da essa sono modificati. E’ sempre più importante tener presente
che, nel momento in cui un ente pubblico esternalizza un servizio a una Cooperativa sociale, non è in gioco solo l’affidamento di una funzione organizzativa da svolgere “per conto terzi”, ma anche un lavoro di mediazione politica con i cittadini rispetto a ciò che è giusto o meno fare rispetto a una situazione di bisogno che interroga la comunità. Riconosciamo in tutte le azioni la dimensione sociale, di crescita, di scelte e orientamenti compatibili con i bisogni e le attese espresse che restituisce il valore etico agli interventi e che li distanzia dalla mera prestazione di un servizio. E’ diventato inevitabile per le Cooperative divulgare la validità dei legami vitali con le comunità nell’attenzione alle sollecitazioni sociali, ai cambiamenti e alla storia della comunità al fine di condividere le conoscenze migliorando l’efficienza nel raggiungimento di una responsabilità diffusa. Secondo questa prospettiva la responsabilità sociale è l’esito di attenzioni collegiali verso il contesto e le persone che lo abitano, in un impegno che diventa comune e non più individuale e che pone qualsiasi attività come fenomeno collocato in un contesto sociale che ne rende possibile i giusti sviluppi. Istituzioni, cooperative, comunità esprimono sempre più frequentemente l'esigenza di formulare programmi, di progettare servizi ed interventi. Conoscono bene l'ambito in cui intendono operare, le priorità e i fenomeni più rilevanti, ma per comporre tali elementi conoscitivi in un progetto organico hanno bisogno di metodologie e tecniche che consentano di individuare obiettivi ragionevoli, scegliere strategie, dimensionare servizi e interventi, impostare un processo di monitoraggio e valutazione. La progettazione sociale si distingue, rispetto a progettazioni che si sviluppano in altri ambiti, per un uso di metodologie e tecniche che si rivolgono alla persona. L'insofferenza nei confronti di modalità di progettazione
eccessivamente formalizzate, di modelli standardizzati di previsione della domanda e di analisi dell'offerta, non può condurre però, chi opera nel sociale, a trascurare soluzioni tecniche adatte a strutturare efficacemente il campo decisionale. Una progettazione viene definita sostenibile quando le azioni di coordinamento che propone rispettano l'autonomia dei soggetti, senza eludere, allo stesso tempo, l'esigenza più generale di creare relazioni di collaborazione e di fiducia tra le persone, di coinvolgere in un progetto condiviso comunità crescentemente frammentate, permettendo il passaggio da una programmazione dei servizi alla definizione di programmi che si avvalgono del complesso delle risorse presenti in una comunità. Il consolidarsi di un welfare conduce inevitabilmente a modalità di progettazione sociale che assumono un carattere promozionale, capaci di valorizzare risorse pubbliche, private, le relazioni informali che ruotano attorno alla famiglia, l'associazionismo che opera per fini collettivi e di solidarietà -, creando modalità di collaborazione tra i vari soggetti che concorrono al benessere sociale e rafforzandone la specifica capacità d'iniziativa. Predisporre un progetto è immergere la penna nel tessuto comunitario, lasciandosi guidare dalle voci e dai rumori di quel luogo disegnando risorse, limiti e confini. Paola Ricchiuti e Enrichetta Zamò
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informazione
insicurezza
FORMAZIONE CONTINUA IN ITACA Sul campo e teorica, è strumento di cittadinanza organizzativa Pordenone
“Il senso della formazione non sembra più risiedere nella trasmissione di nozioni, abilità, procedure, comportamenti legati ai luoghi e alle pratiche di lavoro quanto nelle opportunità, offerte ai diversi attori che agiscono in tali contesti, di interrogarsi e di ragionare sui problemi con cui quotidianamente si incontrano, sollecitando in loro l'esercizio delle capacità di autonomia, iniziativa, problem solving”. Ritengo che questa affermazione di Sergio Angori nel recente: Formazione continua. Strumento di cittadinanza, Milano, Franco Angeli, 2012, definisca, in maniera efficace e sintetica, la cornice entro la quale si sta muovendo il lavoro di progettazione, organizzazione e realizzazione di incontri e percorsi di formazione continua per gli operatori di Itaca. Formazione sul campo e formazione teorica sono tra loro profondamente intrecciate in ambiti quali il lavoro sociale e le professioni d’aiuto. Quelli in cui è presente Itaca sono contesti nei quali l’operatore è chiamato a confrontarsi di continuo con l’incertezza, a riconoscere la coesistenza di differenti modi di leggere la realtà, a sperimentare la compresenza di diverse professionalità e di diverse fonti legittime di conoscenza. È nella circolarità continua tra teoria e pratica, nel vivere la centralità della relazione, che si costruisce la competenza professionale come prodotto di un processo di negoziazione che non si delinea come risultato di un inter-
vento formativo limitato ed a breve termine, ma come processo di apprendimento continuo e partecipativo. Come scrive Angori, lo scopo della formazione continua è di offrire la possibilità di vedere valorizzata la propria identità, di coltivare sentimenti di appartenenza, di conoscere gli obiettivi che la propria organizzazione persegue, di avere consapevolezza di ciò che si fa, del perché lo si fa, del modo in cui lo si fa. Essa consente di potersi esprimere su questioni che attengono all’espletamento dei propri compiti, sollecita la coscienziosità nell’assolvere ad essi, la disponibilità alla collaborazione con gli altri, promuove l’autonomia, l’autoefficacia, la voglia di conoscere. È un’attività importante, che mira a far emergere le potenzialità, le attitudini, le aspirazioni, ad accrescere la competenza professionale ed umana di ciascuno ed a favorire lo sviluppo della cittadinanza organizzativa da sperimentare e vivere nei luoghi di lavoro. Mi è stato proposto di prendere ad esempio un incontro per ogni area produttiva da raccontare. Mentre leggo i vari titoli degli incontri già conclusi nei mesi scorsi e di quelli da organizzare da qui alla fine dell’anno, mi viene da pensare che il mio commento ad alcuni di questi sicuramente deluderebbe chi vi ha partecipato e lascerebbe insoddisfatto chi ne legge per la prima volta. Allora ne cito alcuni, così, un po’ alla rinfusa, in una lista che, spero, faccia venir voglia, a chi
Vuoi contribuire a IT La Gazzetta di Itaca? Invia il tuo articolo, meglio se corredato da immagini in allegato jpg, a: f.dellapietra@itaca. coopsoc.it oppure al fax 0434 253266. Per informazioni ed eventuali proroghe chiama il 348 8721497. Il termine ultimo per il numero di ottobre è MARTEDì 25 settembre alle ore 12. Ricordo a tutti/e che le immagini a corredo dei vostri articoli NON vanno impaginate all’interno del file word, ma devono essere inviate in allegato jpg (via mail) o consegnate a mano.
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c’era, di scriverne. Dinamiche di gruppo/gestione conflitti/comunicazione efficace, La relazione con la famiglia e la comunità locale, Il modello Gentlecare, Multiculturalità, Media education, Progettazione degli interventi di gruppo, Affettività/sessualità negli adolescenti, Tecniche di Parent Training, L’accompagnamento alla morte, Lavoro d'equipe in salute mentale, Specificità del ruolo di operatore negli accompagnamenti individualizzati, Il progetto educativo individualizzato come dimensione fondativa dei servizi per la disabilità, La cura degli ambienti di vita, Il disabile intellettivo di fronte ai life-events: risvolti psicopatologici e comportamentali, Buone prassi con gruppi di adolescenti, Il circo sociale: un esempio di lavoro col gruppo, L'educatore e la scuola, L'organizzazione di un servizio per persone affette da demenza: dall'ingresso al Pai, Ginnastica dolce, Osservazione del caso e del contesto di prossimità, Lavoro di gruppo e prevenzione del burn-out, Comunicazione efficace con il malato demente: comprensione dei bisogni, come comunicare senza obbligare, Pedicure, igiene e cura della persona anziana, The Village: il gioco per lo sviluppo sociale, La centralità dell’anziano e della persona fragile, La relazione con il malato psichiatrico, La gestione dei bisogni dell'utente con problemi alcolcorrelati, Il sistema di valutazione multidimensionale Val.Graf., Team building, Specificità del ruolo di coordinatore nella salute mentale, La cura del sé per una migliore qualità di vita della persona anziana, Il metodo delle storie di vita, Il Problem Based Learning per la formazione continua nelle cooperative sociali, Dall’osservazione alla stesura delle consegne: condivisione di una metodologia, Protocolli infermieristici, bisogni sanitari, prassi di alimentazione, Come gestire l’aggressività a domicilio. Sergio Della Valle
RISCHIO STRESS LAVORO CORRELATO In arrivo il questionario per i lavoratori per la valutazione Pordenone
Considerare il problema dello stress sul lavoro può voler dire una maggiore efficienza e un deciso miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, con conseguenti benefici economici e sociali per le aziende, i lavoratori e la società nel suo insieme…” (Accordo Europeo sullo stress sul lavoro, Bruxelles, 8 ottobre 2004). Il Testo unico sulla sicurezza D.lgs. n. 81/2008 all’art. 28 (Oggetto della valutazione dei rischi) prevede che la valutazione contenga l’analisi di tutti i rischi, compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui il rischio stress lavoro-correlato, secondo quanto previsto dal succitato accordo europeo. Ottemperando alla normativa vigente, la Cooperativa Itaca valuta il rischio stress lavoro-correlato partendo dalla constatazione che in particolare gli operatori sono in costante contatto con problematiche sociali rilevanti, e proprio a causa di queste problematiche vi può essere un carico di stress emotivo. Itaca utilizzando la proposta metodologica dell’Inail Dipartimento Medicina del Lavoro - ex Ispesl (del 2011) per la valutazione dello stress lavoro correlato, il servizio di prevenzione e protezione interno esegue una valutazione preliminare sulla base dei dati relativi al turn over, all’assenteismo, agli infortuni, ai provvedimenti disciplinari, alle segnalazioni che pervengono in merito anche dai medici competenti. Tale valutazione ha dato l’indicatore di un livello generale di rischio medio, tale livello presuppone che la valutazione venga approfondita. L’approfondimento prevede “la valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori” utile all’identificazione e caratterizzazione del rischio da stress lavoro-correlato e delle sue cause su un campione significativo di lavoratori. La valutazione della percezione soggettiva viene rilevata mediante un “questionario-strumento indicatore” messo a punto dall’Hse (Health and Safety Executive), che presenta importanti punti di forza rispetto ad altri strumenti:
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il questionario è di facile somministrazione, con garanzia dell’anonimato; il questionario è utilizzabile in maniera efficace nelle aziende con molti lavoratori; grazie alla validazione su oltre 26.000 lavoratori nel Regno Unito e oltre 6.300 in Italia, permette al datore di lavoro ed al “gruppo di gestione della valutazione”, attraverso un software di facile utilizzo, reperibile sul sito www.inail.it (sezione Ricerca – Focus dedicato allo Stress lavoro-correlato), di poter avere chiari risultati sulla percezione rispetto alle sei dimensioni dei Management Standards (1. domanda, 2. controllo, 3. supporto, 4. relazioni, 5. ruolo, 6. cambiamento), utili alla caratterizzazione degli indicatori di contesto e di contenuto ed alle successive eventuali misure correttive; la possibilità di analizzare i risultati rispetto ad un valore standard di riferimento.
A breve sarà costituito in Itaca il gruppo interno di gestione della valutazione e saranno scelti i servizi nei quali verrà chiesto ai lavoratori di compilare il questionario. Successivamente, l’analisi degli indicatori emersi potrà dare luogo a iniziative volte al benessere lavorativo nell’ottica dell’abbassamento e prevenzione del rischio stress. Chiara Stabile
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inpersonale
Culture
GESTIONE E ORGANIZZAZIONE DEL PERSONALE Nuova edizione del Corso coordinatori da ottobre a dicembre 2012 Pordenone La Cooperativa Itaca è impegnata da anni in una intensa attività di formazione dei propri soci lavoratori: forte è infatti la convinzione che, al di là degli obblighi imposti dalle leggi e dai capitolati di appalto, si debba investire sullo sviluppo delle conoscenze e, soprattutto, delle competenze dei propri associati. A riscontro di tale convinzione troviamo il numero di ore di formazione erogata (e retribuita) dalla Cooperativa ai propri lavoratori: ogni anno è notevolmente maggiore rispetto agli obblighi imposti dal Contratto nazionale di riferimento. In questo contesto, particolare attenzione viene rivolta alla formazione delle coordinatrici e dei coordinatori, figure chiave del modello organizzativo di Itaca. È a loro che si rivolge la formazione sulla gestione ed organizzazione del personale che si terrà nei mesi di ottobre, novembre e dicembre prossimi. Un percorso di 46 ore articolato in 8 giornate in cui verranno trattate le principali questioni inerenti il rapporto di lavoro e le implicazioni (obblighi e diritti) per lavoratore e datore di lavoro, l’organizzazione del lavoro e l’analisi della figura del preposto alla sicurezza. All’interno del percorso troveranno spazio due seminari: uno dedicato alla figura del coordinatore e l’altro alla relazione tra valori della Cooperativa e relativi comportamenti. Per l’intero corso si utilizzeranno delle metodologie attive di didattica. In particolare per i due seminari verrà sperimentato il Problem Based Learning (Pbl), una metodologia attiva largamente applicata in ambito formativo nel mondo anglosassone, che si distingue in quanto mette al centro del processo formativo un “problema”, una situazione che riproduce la vita professionale dei discenti. Il Pbl stimola le capacità di comprensione e risoluzione dei problemi dei discenti. Per chi volesse approfondire tale metodologia può leggersi l’interessante articolo redatto dai colleghi della formazione, apparso su IT Gazzetta lo scorso luglio. Per i rimanenti moduli utilizzeremo comunque metodi attivi, che prevedono esercitazioni prati32 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 09/2012
che basate su casi di studio. I due seminari si svolgeranno nelle sedi di Pordenone, Udine Fiumicello. Per i rimanenti moduli, invece, utilizzeremo la video-conferenza: il docente sarà in aula a Pordenone con un gruppo classe; gli altri colleghi potranno seguire la lezione (con possibilità di interagire) dalle sedi periferiche collegate in video-conferenza. Le lezioni verranno videoregistraste e saranno a disposizione dei coordinatori che hanno seguito la formazione o di altri che in futuro dovessero necessitare di un aggiornamento.
Modulo 5: IL LAVORO SUBORDINATO 3 - Obblighi e diritti del datore di lavoro, fine del rapporto di lavoro – in VIDEO-CONFERENZA
Di seguito si riportano i contenuti di massima della formazione.
Il lavoro straordinario il lavoro notturno, il riposo settimanale ed i riposi festivi. Le ferie, i permessi ed i congedi. L’orario di lavoro. La turistica ed i gestionali Itaca.
La posizione giuridica del datore di lavoro. Il potere direttivo, di vigilanza e controllo, il potere disciplinare. La Cessazione del rapporto di lavoro: dimissioni volontarie ed il licenziamento.
Modulo 6: IL LAVORO SUBORDINATO 4 – Organizzazione del lavoro – in VIDEO-CONFERENZA
Modulo 1: Seminario - La figura del coordinatore in Itaca - IN PRESENZA con 3 edizioni (a Pordenone, Udine e Fiumicello) Modulo 7: Seminario - Valori La figura del coordinatore di Itaca: quali le pe- e comportamenti in Cooperativa - IN culiarità e le differenze con figure di coordina- PRESENZA con 3 edizioni (a Pordenomento inserite in realtà affini. ne, Udine e Fiumicello) Modulo 2: Cenni diritto sindacale
Come tradurre i valori della Cooperativa in comportamenti e prassi.
Lo Statuto dei lavoratori, le relazioni sindacali, il CCNL ed i contratti territoriali
Modulo 8: La sicurezza: la figura del preposto - in VIDEO-CONFERENZA
– in VIDEO-CONFERENZA
Modulo 3: IL LAVORO SUBOR-
DINATO 1- Il rapporto di lavoro – in VIDEO-CONFERENZA
Il Diritto del Lavoro e le fonti. Tipicità del lavoro subordinato ed i criteri di identificazione La costituzione del rapporto di lavoro ed il contratto. Rigidità e flessibilità nel rapporto di lavoro: i rapporti di lavoro a tempo determinato e part time.
Modulo 4: IL LAVORO SUBORDINATO 2- Obblighi e diritti del lavoratore, il costo del lavoro – in VIDEOCONFERENZA Obblighi: diligenza, osservanza, fedeltà. Diritti: patrimoniali, personali e sindacali. Il costo del lavoro.
Le funzioni e le responsabilità del preposto
La selezione dei corsisti sarà curata dai rispettivi Rap, con la collaborazione dell’ufficio risorse umane e formazione. A breve verranno comunicate le date precise in cui si terranno le lezioni. Buon apprendimento a tutti. Emanuele Ceschin
MU SI CA
ci ne ma IO SONO LI “Io sono Li” è la storia di una giovane donna cinese - Shun Li - che da qualche anno vive a Roma, dove lavora in un laboratorio tessile gestito da un gruppo di suoi connazionali. Il suo obiettivo è di far arrivare al più presto in Italia anche suo figlio, attualmente in Cina, e per questo lavora duramente cercando di produrre il più alto numero di camice, così da compensare il debito che la separa dal proprio bambino. I capi di Shun Li hanno il potere di “spostarla” come una pedina, di scegliere per lei il lavoro da fare e dove vivere senza ammettere replica. Ecco che la ragazza viene improvvisamente destinata a Chioggia a gestire l’osteria Paradiso. Shun Li obbedisce e parte, sempre con il pensiero rivolto al suo bambino e la speranza di una vicina e concreta ricongiunzione. Arriva in questa nuova piccola città veneta, che si contraddistingue per la nebbia e l’acqua (del mare e della laguna). Chioggia le ricorda molto il suo paese natale in Cina, collocato anch’esso vicino al mare. Gestendo l’Osteria Paradiso la ragazza s’imbatte nella gente locale: vecchi pescatori e giovani scapestrati che trascorrono lì il loro tempo libero dopo il lavoro. Si nota la contrapposizione tra le due generazioni: gli anziani che sostengono la giovane ragazza - cercando di aiutarla nelle ordinazioni (anche perché gli avventori parlano in dialetto veneto, ovviamente non comprensibile per Shun Li) - e i giovani che la snobbano e la deridono. Proprio con un anziano pescatore, Bepi (poeta e gentiluomo, straniero anche lui perché di nazionalità croata, anche se vive a Chioggia da trent’anni), nasce un’amicizia dolce ed intensa: due anime sole che si incontrano e si confortano. Benché le due culture siano diverse, ci sono dei punti che le accumunano (ad esempio, il padre di Shun Li è pescatore come Bepi). Il rapporto d’intensa amicizia tra Shun Li e Bepi non sfugge agli sguardi limitati della provincia e delle rispettive comunità (cinese e chioggiotta), che mal tollerano l’intesa tra i due. Il film è diretto dal regista Andrea Segre e vanta un cast di attori d’eccellenza come Zaho Tao (nel ruolo di Shun Li), Rade Sherbedgia (nel ruolo di Bepi), Giuseppe Battiston (che interpreta Davis, il giovane scapestrato) e Marco Paolini (nel ruolo di Coppe). Si tratta di una storia semplice e dolce, che mette in evidenza l’amore tra due persone sole e straniere, in una terra affascinante dove l’acqua del mare incontra l’acqua della laguna. Infatti, la sceneggiatura mette ben in risalto questo paesaggio particolare, con sfondi di nebbia e di profondo silenzio.
Of Monsters And Men My Head Is An Animal Of Monsters And Men è una giovane formazione proveniente dall'Islanda, composta da sei musicisti, che sta attirando l'attenzione di tutti i principali media musicali. Anche molte radio italiane se ne stanno accorgendo, tanto che Rolling Stone li ha definiti i nuovi "Arcade Fire". Questo mese arriveranno in italia, per la prima volta, ospiti al MiTo Settembre Musica a presentare "My Head Is An Animal". L'album d'esordio pubblicato questa primavera rispecchia quanto di buono il gruppo ha dimostrato finora. Il loro linguaggio musicale diretto ha una distinguibile genuinità con ancora un po' di prevedibilità che maturando potrà sparire senza pregiudicarne l'efficacia. I loro riferimenti musicali sono il folk-pop nglese, “Mumford and Sons” per fare un nome su tutti, ed una composizione che si concentra sul dialogo tra la voce femminile di Nanna e quella maschile di Ragnar a guidare un arrangiamento corale delle parti vocali e strumentali. Le dodici tracce dell'album hanno tra loro molte affinità e sono omogenee all'ascolto. Quelle scelte come singoli estratti sono certamente di maggior effetto: "Little Talks" e "Mountain Sound". I testi e le atmosfere sono misteriose e fantastiche come l'Islanda, molto distanti dalla musica pop contemporanea. Buon ascolto e fatemi sapere che ne pensate. Paolo Frigo
Benvenuto Davide! L’area produttiva Disabilità dà il benvenuto al piccolo Davide che, dopo essersi fatto tanto attendere, il 26 agosto ha finalmente dato un volto alla felicità di mamma Barbara Driussi e papà Daniele! L’area tutta e la comunità di Villa Veroi in particolare sono in festa.
Anna Bagnarol
INVIACI LA TUA RECENSIONE Dal 2001 hai visto un solo film ma ti ha fatto venire la pelle d’oca dall’emozione? Ti sforzi ma non riesci proprio a ricordare la data del concerto-evento di Bobby Solo al quale hai partecipato con tanto trasporto? Il tuo ultimo libro letto per intero giace da anni sotto una consistente coltre di polvere tanto da non distinguerne più i contorni? Non importa. Non fartene un problema. Se nei prossimi mesi ti capiterà di leggere un libro, assistere ad un concerto, vedere un film, una rappresentazione teatrale o una mostra, ascoltare un disco … bene! Raccontacelo! Inviaci una recensione e potrai trovarla pubblicata in Gazzetta! Perché non è mai troppo tardi f.dellapietra@itaca.coopsoc.it
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RICERCHIAMO Per
e20
21 settembre
29 settembre
FESTA
Partecipazione alla gara cinofila di utilità e difesa
set/ott 2012
Servizio: Servizi della Salute Mentale ASS4
15 settembre
21-23 settembre
uscita
Partecipazione alla Partecipazione alla Festa manifestazione Gusti della Mela di Frontiera
Servizio: Comunità alloggio Begliano Serata al Bowling Duino Aurisina
16 settembre
ore 10.00 Festa di fine estate e saluto al Dott. Novello Presso Area Sant'Osvaldo
Servizio: Appalto ASS3
Attività di animazione, laboratori e vendita prodotti Tolmezzo
Grigliata con gli ospiti della comunità Presso la comunità
19-23 settembre
22 settembre
Servizio: Casa albergo Cimolais
FESTA
Servizio: Associazione I ragazzi della panchina Pordenone
ore 15.30 Happy hour e karaoke con i giovani del paese Presso la casa
Partecipazione a PordenoneLegge
22 settembre
Installazione in città di 5 sacche porta giornale per la distribuzione gratuita della rivista Libertà di Parola Centro di Pordenone
21 settembre
Servizio: Centro Sociale Candussi Romans d'Isonzo
Serata musicale ore 20.30 Evento realizzato in collaborazione con le associazioni Alzheimer dell’Alto e del Basso Isontino in occasione della giornata dell'alzheimer Presso Sala Auditorium Mon.s Galupin Romans d'Isonzo
Fiumicello
29 settembre
Servizio: Comunità alloggio Begliano
Gorizia
2 ottobre
Servizio: Comunità alloggio Begliano
festa
Servizio: Comunità alloggio Begliano
Servizio: Comunità alloggio Begliano
uscita Serata al cinema Kinemax di Monfalcone
Servizio: Asilo Nido Arca di Noé Gorgo
Festa dei nonni Letture di storie e canti di altri tempi Presso il nido
2 ottobre Servizio: ASP Azzano
Festa dei nonni In collaborazione con LFP/ASP e Scuola dell’Infanzia Statale di Azzano Decimo. Presso fattoria Il Riccio
5 ottobre 23 settembre
Servizio: Casa alloggio Andreis
Mercatino ore 16.00 Mercatino e merenda con visitatori e ospiti Presso la casa
Servizio: Appalto ASS3
Partecipazione ai Giochi senza barriere ore 9.00 In collaborazione con l'ASS3 e il Servizio Sociale dei Comuni Tolmezzo, via Aldo Moro, di fronte al CSRE
12 ottobre
vuoi segnalare un evento? Nel tuo servizio organizzate iniziative che coinvolgono in qualche modo il territorio? Inviaci le informazioni relative complete di data, ora, luogo, titolo e tipologia (mostra, teatro, festa, ballo, concerto, ecc). Tutti gli eventi verranno inseriti nel box “e20” all’interno dei prossimi numeri di IT La Gazzetta di Itaca. E’ un modo per valorizzare ciò che - come soci di Itaca - con tanta fatica organizzate all’interno dei servizi, ma è anche una testimonianza della vitalità che vi contraddistingue, oltre che un indice della vostra attenzione e vicinanza alle comunità locali. f.dellapietra@itaca.coopsoc.it
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Servizio: Casa albergo Cimolais
Porte aperte ore 10.00 Porte aperte a parenti e visitatori Presso la casa
AREA RESIDENZIALE ANZIANI
AREA TERRITORIALE ANZIANI
Casa di Riposo Puos D’Alpago (BL) Addetta/o all’assistenza
Servizio di Assistenza Domiciliare Monfalcone (GO) Addetta/o all’assistenza
Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
Casa di Riposo Azzano Decimo (PN) Addetta/o all’assistenza
AREA DISABILITà
Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
Casa di Riposo Maniago (PN) Fisioterapista Si richiede: Laurea Fisioterapia; iscrizione all’albo; esperienza minima; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo indeterminato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
Casa di Riposo Maniago (PN) Infermiere/i Si richiede: Diploma o laurea scienze infermieristiche; iscrizione IPASVI; esperienza minima; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo indeterminato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
Casa Anziani Andreis (PN) Addetta/o all’assistenza Si richiede: Qualifica settore socio sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
AREA SALUTE MENTALE Comunità Psichiatrica Portogruaro (VE) Infermiera/e professionale Si richiede: Diploma o laurea scienze infermieristiche; iscrizione IPASVI; esperienza minima; patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo indeterminato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali, incentivi non contemplati nel Contratto Nazionale.
Comunità per Disabili Udine Addetta/o all’Assistenza Si richiede: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza minima nei servizi con la disabilità; possesso di patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
Comunità per Disabili Trieste Addetta/o all’Assistenza Si richiede: Qualifica settore socio assistenziale; esperienza minima nei servizi con la disabilità; possesso di patente B, auto propria. Si offre: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.
Le domande vanno inviate a uno dei seguenti recapiti: Cooperativa Itaca • Ufficio Risorse Umane Vicolo Selvatico 16 • 33170 Pordenone e-mail: ricerca.personale@itaca.coopsoc.it Tel. 0434-366064 • Fax 0434-253266
Redazione Fabio Della Pietra Caterina Boria Simone Ciprian Renato Esposito Laura Lionetti Enrichetta Zamò impaginazione La Piazzetta Cooperativa Sociale - Trieste STAMPA Hand Consorzio di comunicazione sociale - Udine Numero chiuso il 7 settembre alle ore 15.30 e stampato in 1280 copie
09/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 35