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Non solo italianità, ma anche sostegno e solidarietà
Giunta alla sua settima edizione, si è svolta recentemente la “Settimana della Cucina Italiana nel Mondo”, quale rassegna annuale dedicata alla promozione della cucina e dei prodotti agroalimentari italiani di qualità. Molte “realtà” del Bel Paese, scaturite dalla storia e dalla sua cultura, sono considerate patrimonio collettivo cui attingere a piene mani e da valorizzare in ogni suo aspetto.
Il progetto della Cucina Italiana, che ha visto la sua nascita nel 2016, sino a oggi ha permesso la realizzazione di oltre ottomila iniziative, promosse dalle nostre reti di Ambasciate, Consolati e Istituti di Cultura italiani in oltre cento Paesi. Si sono svolti seminari di approfondimento sulla dieta mediterranea, incontri con operatori economici di settore, attività di formazione, dimostrazioni culinarie, serate gastronomiche e conviviali, nonché forum con chef di alto profilo. Aldilà dell’azione di pura promozione dei prodotti e di “marketing” delle aziende italiane coinvolte, ritengo lodevoli le motivazioni che hanno spinto alcuni nostri colleghi di associazioni territoriali Fic ad aderire in prima persona alle iniziative e a titolo gratuito. Non è da tutti prodigarsi in alcune località non certo vicine, con non poche difficoltà organizzative e logistiche in quei luoghi dalle economie precarie, e dove gli “aspetti ristorativi” hanno qualche problematicità.
Un esempio fra tutti l’intervento effettuato in Madagascar dalla Assocuochi Serenissima, dell’Unione Cuochi del Veneto - Fic, e dall’Enaip Veneto (Ente di impresa sociale e formativa) che, attraverso la “Settimana della Cucina Italiana”, hanno dato valore anche agli aspetti di solidarietà economica e sociale, ai principi di eguaglianza sostanziale, e alle rimozioni degli ostacoli mentali verso popolazioni e culture molto diverse dalle nostre. Al loro rientro, mi è stato comunicato che, grazie al pieno successo dell’evento di Cucina Italiana, congiuntamente con la scuola e la nostra associazione di categoria veneziana, si sono aperte a loro una serie di possibili opportunità di scambi culturali, formativi e culinari futuri, a tutto beneficio di un Paese con potenzialità di crescita produttiva, economica e sociale.
Portare benessere, sviluppo, formazione professionale, maggiore istruzione e cultura nelle popolazioni di quei luoghi lontani e bisognosi di aiuto, credo sia la soluzione migliore anziché aprire i nostri porti alla migrazione di massa. Occuparsi del benessere dell’altro, lì in loco, aiuta a costruire anche la nostra serenità e il nostro equilibrio di società economicamente progredita e civile. Inoltre il dare, crea una dimensione d’insieme, il senso del noi e ricorda a “loro”, genti meno fortunate, e soprattutto a noi, che non si è mai soli. Un elogio da parte mia e della Federazione Italiana Cuochi.