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Le evoluzioni del mercato

Il mercato e il consumo del vino sono fortemente cambiati negli ultimi tempi. Purtroppo pochi, soprattutto le piccole imprese ed enti, hanno intrapreso nuove strade. Il mercato non è più solo incrocio di domanda e offerta, il consumo non segue il rapporto costi e servizi. Anche i consorzi di tutela urgono un restyling nelle rappresentanze, nell’indirizzo del territorio-distretto, nella difesa e nella scelta di una nuova vitivinicoltura climatico-ambientale. Il mercato e il consumo nei paesi produttori “maturi” è sempre più appannaggio di un binario qualitativo-tipologico e di due linee di valore e identità.

Oggi senza un piano strategico privato-pubblico sul tema mercato-consumo del vino italiano in patria e all’estero (ma lo stesso bisogno vale per Spagna, Germania e Francia che ha già attivato cambi interessanti, anche per Argentina, Australia, Cile) il rischio è un continuo calo di consumi, un'accentuata competizione fra vini di territorio e vini varietali, un sempre maggiore dualismo al consumo, un aumento del gap fra canali distributivi e un antagonismo dei termini, dei modi, dei luoghi e delle opinioni fra veri e pseudo esperti virtuali. A tutto questo aggiungiamo tre aspetti metodologici-produttivi di macro economia, in questo caso estremamente influenti, come la resilienza-resistenza alle fitopatie di varietà di Vitis Vinifera, gli abbandoni umani di territori vocati causa cambio clima e la carenza di personale che causa lavori precari, reddito e crollo dei servizi: ecco che il quadro in premessa prende una formasostanza che non è solo frutto di una crisi pandemica, bellica, inflazionistica e speculativa temporanea, ma necessita di affrontare l’intero “sistema di filiere agroalimentari” in modo strategico e non con interventi palliativi

I vini italiani premium sono cresciuti in Svezia, Svizzera, Canada, Usa ed Estremo Oriente. Le etichette nazionali di primo prezzo sono cresciute in Germania, Cina, Uk, Francia e Nord-Est Europa. Il consuntivo d’anno registra un calo di vendite del confezionato (in qualunque con- tenitore) nella Gdo italiana (dal 51% al 46% in 2 anni), a riscontro del comparto Horeca in crescita, che copre il 44% dei consumi totali (il restante 10% circa ad appannaggio di e-commerce e vendita diretta). Il mercato nazionale (per tipologie diverse) è suddiviso in 36% di vini bianchi, 32% vini rossi, 26% spumanti, 6% di rosati.

Il mercato nazionale dei vini

36% vini bianchi

32% vini rossi

26% spumanti

6% rosati

14,94 31 12 +62%

(miliardi di Euro) spesa degli italiani per il vino milioni di italiani che bevono vino milioni di italiani che bevono un calice al giorno vendite rispetto 2020 (due anni) nell'Horeca

Spese e consumi

Gli italiani hanno speso per il consumo di vino nell’anno 2022 14,94 miliardi di euro, i francesi 21 miliardi di euro e gli inglesi 16,1 miliardi di euro, rispetto a un fatturato mondiale di 251 miliardi di dollari nel mondo. La commercializzazione mondiale, negli ultimi anni, oscilla da 230 a 245 milioni di ettolitri di vino: l’Italia è il 3° consumatore dopo Usa e Francia. Mentre la Cina coltiva più ettari dell’Italia, circa 50mila ettari in più. Sono poco meno di 31 milioni gli italiani che bevono vino, di cui 12,1 milioni consumano un calice al giorno (meno di 100 cc).

In assoluto (ovvero sommando tutte le bevande alcoliche in commercio) in Italia si consumano solo 7,6 litri procapite anno di “alcol puro”, risultando terzultimo fra tutti i 47 Paesi europei che mostrano punte di 12/11/9 litri nei paesi del Nord-Europa, come l'Irlanda.

Le imprese devono poter produrre in condizioni sempre migliori, a costi accessibili di capacità imprenditoriale e con una riduzione dei costi accessori fissi. Devono anche anticipare con scelte interne il mercato e i consumi, avere sostegni mirati su territorio e soluzioni ai problemi tecnici-operativi e non contributi elargiti dalla Regione di turno senza sapere cosa fa la Regione o zona viticola confinante, avere sostegni sulla corretta formazione e informazione ai comunicatori e consumatori e avere sostegni di indirizzi strategici. Per sostegni non intendo solo soldi, bastano quelli drenati da Ue e Stato, se ben impiegati in tempi prospettici e non brevi. Certo che inflazione, speculazione e alti costi incidono, ma se i vini rossi tranquilli in primis, anche alcune etichette di bianchi, non parliamo dei vini troppo amabili e dolci, stanno calando nei consumi, è perché c’è un cambiamento anche nei gusti in atto, nella domanda. Un trend che vedremo anche nel 2023 e anni seguenti. Qualche eccezione significativa viene da alcune nicchie di prodotto, come per esempio i vini passiti veri quelli naturali (non liquorosi industriali a basso prezzo, 4 euro contro 25 a bottiglia), oppure quei vini che hanno un inscindibile unico autentico legame tipologia-metodo-denominazione-vitigno-valore-distretto. Ecco la “trend key”

In 20 anni l’Italia è il Paese produttore storico e consumatore tradizionale che fa registrare un costante calo di consumo assestandosi nel 2022 intorno ai 30-31 litri procapite.

Tenendo conto delle abitudini alimentari, del rapporto fra consumatori occasionali, abituali e winelovers, e secondo fasce di età, UniCeves ha costatato che il dato empirico pro-capite di consumo risulta essere 150 cc di vino a settimana, per adulto, maschio, ovvero vuol dire una assunzione di 10,5 cc di alcol puro alla settimana. Forse il dato più basso in tutta Europa.

Crescono i consumi di bottiglie premium e superpremium

Rispetto alla Gdo che ha segnato un leggero regresso, l’intero comparto Horeca ha fatto registrare un incremento vendite e consu- mi dell’eccezionale +62% rispetto al 2020 (due anni), grazie soprattutto (+74%) ai premium e superpremium (cioè bottiglie superiori a 35 e 50 euro al tavolo). Il contraltare, soprattutto per la ristorazione tradizionale, è stato quello di dover ridurre quasi del 40/50% il numero di etichette in lista, concentrando e privilegiando le Do/ Ig più citate e note e le etichette con nome di vitigno più gettonati: Alto Adige, Friuli, Lombardia le provenienze più richieste per vini bianchi; Piemonte e Toscana per i rossi.

Le enoteche hanno ridotto meno le referenze esposte, anzi a volte am pliando la gamma soprattutto di bol licine (regionali) e di vini particolari (passiti naturali disciplinati come lo Zi bibbo di Pantelleria). Stando alle rispo ste degli addetti ai lavori nella risto razione e mescita, un cliente su due guarda al prezzo prima di ordinare la bottiglia intera. Infatti nel 2022 il mer cato nazionale del vino si concentra in particolare su due binari di prezzo molto preciso: allo scaffale bottiglie entro il 5-7 euro e al tavolo quelle so pra i 15-18 euro.

I numeri fra estero e mercato nazionale

In 20 anni l’Italia ha perso il 26% del consumo di vino e in un anno si stap pano fra tutte le tipologie e denomina zioni 3,3 miliardi di bottiglie, di cui 2,4 a denominazione. Ecco i numeri delle principali denominazioni e etichet te nazionali consumate fra estero e mercato nazionale: poco meno di 950 milioni di bottiglie di spumanti fra cui 16,5 di Franciacorta, 8,2 Trento, 4,5 mi lioni “altre” etichette di metodo tradi zionale classico. 60 milioni di Asti, 26 milioni di Oltrepò Pavese e Piacentino, 45 di “altri spumanti” e poco meno di 800 del sistema Prosecco (Doc 683 milioni, Asolo 22, Valdobbiadene e Conegliano 91 milioni) di metodo italiano (no Charmat, no Martinotti per piacere!). Il vino “bio” (da tutte le 22 regioni) sui vari mercati ha raggiunto quota 260 milioni di bottiglie stappate, soprattutto provenienti da Sicilia e Puglia.

In prima fila con circa 300 milioni di bottiglie il Pinot Grigio Dop-Igp delle Venezie e simili, la Sicilia Dop con 95 milioni, i vari Montepulciano di Abruz- zo e altri a quota 120 cui aggiungere 10 milioni di Nobile e Rosso, il Chianti con 84 milioni e il Classico con 36, in più 60 milioni di Sangiovese sparso fra più regioni, la costa Toscana (con i 7,6 di Bolgheri, i 6,8 di Maremma, gli 8 di Morellino e altri Docg e Doc) per 28 milioni, la Bonarda&Croatina circa 21 milioni, Vermentino e Lugana 18 milioni, Trebbiano 25 milioni, la Vernaccia di San Gimignano con 4,5, il Rosso di Montefalco e Sagrantino per 8,5, poi il Brunello e Rosso di Montalcino a quota 18 milioni, Amarone 16 milioni, Barolo e Barbaresco 13,5, le Langhe Roero Monferrato per 90 milioni, il Soave con Durello e i vitigni tipici del Veneto occidentale per 80 milioni, altrettanti in zona Romagna e dalla Puglia fra Pignoletto, Trebbiano e Salento e altre Doc del Tavoliere, circa 15 milioni dalla Sardegna e altrettanti da Lazio Dop e dalla Umbria, 22 milioni di Moscato d’Asti, per citare i più importanti. Fra i frizzanti i 200 milioni dei vari Lambrusco Dop emiliani e lombardi, altri 80 milioni fra Emilia Igt e Colli Piacentini con nomi di vitigno come

Malvasia e Barbera, il Veneto e la Romagna con alte 75 milioni di bottiglie.

Cosa ci dicono i dati sul 2023?

Le tendenze registrate come Ovse e come Uni Ceves e le stime confermano per il 2023 un calo dei consumi di alcolici in generale fra il 2,5 e il 14,5% rispetto all’anno precedente, ovvero una media stimata del 4% vuol dire una perdita, a valori in crescita, di 4,6 miliardi di dollari all’anno nel mondo. In ogni caso il calo nel comparto Horeca è stimato molto inferiore. Il 2023 continuerà a segnare una crescita

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