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Software e vino Un'opportunità per cantine, bar e ristoranti
Grazie all'utilizzo di software gestionali, cantine, bar e ristoranti potrebbero gestire al meglio la raccolta dei dati, potendo così utilizzarli per gestire al meglio il proprio business. Un'occasione da non perdere
di Vincenzo D’Antonio
Il mercato del vino, la filiera in tutti i suoi anelli, sta mutando velocemente. La velocità della mutazione rende difficoltosa l'analisi lucida dello scenario. Probabilmente il fenomeno che passa inosservato e, in assenza del quale, però, le considerazioni risultano inficiate, è il seguente, tanto all'apparenza banale e presunto non veritiero quanto invece pernicioso se sottovalutato: la pandemia, la stagione delle zone policrome, il lockdown hanno ca- talizzato la commutazione paradigmatica del vino che da prodotto che si vende è diventato prodotto che si compra.
Durante i mesi del lockdown e degli spostamenti limitati soggetti a restrizione, cosa non si faceva e cosa invece si continuava a fare? Non si andava più al ristorante; si continuava a mangiare e a bere, però! Spesa quotidiana, anche per poter avere la “scusa” di uscire da casa quotidianamente, tempo non più tiranno, anzi... Si trattava di occupare il tempo inaspettatamente libero resosi disponibile e, quindi, tempo giusto per gli acquisti di vino nel dettaglio specializzato e nei reparti appositi della Gdo.
Non solo, acquisti di vino anche da rete su piattaforme di e-commerce. Avere il tempo per informarsi, acculturarsi, non diciamo proprio di diventare sommelier con corsi a distanza, ma comunque di fare il salto da ignoranza prevalente a competenza accettabile. Insomma, da quel melanconico periodo, che ci auguriamo sia definitivamente alle nostre spalle, nel senso che non abbia mai più a ripetersi, dovremmo trarre quegli insegnamenti che invece per pigrizia mentale, sembra non siano stati captati. Fu quello il momento di prendere confidenza e, quindi, attuare consapevolmente, inserendo il tutto nella strategia aziendale, il cosiddetto Dtc (Direct to consumer). Sì, la vendita diretta. E il canale Dtc, utile a tutte le cantine, lo sarebbe ancora di più per le cantine di piccole dimensioni. Il canale di vendita diretta negli Usa sta assumendo dimensioni ragguardevoli. I numeri: circa 4 miliardi di dollari di vendite, per circa 96 milioni di bottiglie.
Perché in Italia si muove lentamente ?
La risposta la azzardiamo. Lapidariamente, a nostro avviso, la risposta al perché il canale Dtc non stia crescendo in Italia è perché le aziende vitivinicole italiane sono ancora poco capaci di raccogliere dati e successivamente a utilizzarli. Cosa c'entra?
C'entra, eccome se c'entra! Scopriamo melanconicamente che, detta brutalmente, il wine business italiano usa poco e male i canali digitali. Il 21% delle aziende non raccoglie nessun dato. Il 30% utilizza fogli di carta. Il 26% utilizza spreadsheet (diciamo excel). Il 23% utilizza il Crm (Customer relationship management), ovvero software per la gestione della clientela.
Un efficace starter della vendita Dtc
Certamente la visita in cantina. Si parla tanto, giustamente e doverosamente, di enoturismo, ma vogliamo pur dire, banalità ci sia perdonata, che lo step saliente dell'articolato fenomeno è pur sempre connotato dal fatto che ci sia un appassionato di vino che si mobilita e che va a visitare una cantina? Bene, si scopre che quasi la totalità delle can- tine che accolgono visitatori si premurano di ottenere l'indirizzo mail e poi si scopre che all'incirca la metà non ne fa utilizzo. Le argomentazioni addotte lasciano allibiti: mancanza di tempo, mancanza di tool idonei, “ma chi ci ha mai pensato, ma sono cose inutili”. Si scopre che lo step costituente l'enoturismo, ovvero la visita in cantina, innesca l'acquisto di qualche bottiglia di vino da parte del visitatore, in quantità che molto pragmaticamente mettiamo in relazione alla capienza del bagagliaio, ma che poi questi acquisti, stante l'assenza assoluta di attività di relazione da parte della cantina, non si ripetono più. E, quindi, a dirla come si deve, c'è l'acquisto di prima volta e non ci sono gli approvvigionamenti successivi che costituirebbero il vero profitto aziendale dacché frutto di relazione consolidata. Men che meno si pensa ad effettuare correlazione tra bottiglie vendute e profilo dei visitatori onde segmentare la clientela.
Non si sorride neanche quando analizziamo l'e-commerce. Praticamente una vera attività di e-commerce, con essa intendendo il presidio aziendale con competenze e strumenti dedicati è fenomeno che riguarda appena il 10% circa delle realtà vitivinicole. Per la stragrande maggioranza parliamo ancora di un fenomeno vissuto come:
“ah sì, ci arrivano delle richieste e noi le evadiamo via corriere”. Tutto qui.
Eccoci al circuito vizioso
Non raccolgo e non sfrutto dati e, quindi, non accresco (o non attivo per nulla) il canale Dtc; non accresco (o non attivo per nulla) la vendita diretta e, quindi, non raccolgo e non sfrutto dati. Quindi, non di risposta azzardata si è trattato. Il 44% delle aziende vitivinicole investe meno di 200 euro al mese per lo sviluppo del Dtc del vino. Il 41% non investe neanche un euro. Lode a quella minoranza del 15%.
A dire cinque più uno, cosa viene in mente ?
Non vorremmo buttarla in facezia, ma viene in mente il gioco del SuperEnalotto, quello con le vincite milionarie se azzecchi il sei, ma se azzecchi il cinque più uno comunque sono bei soldini, di quelli che ci si aggiusta, insomma. Ecco, nel mondo vetero del vino che si vende, lo si chieda agli intermediari, lo si chieda ai ristoratori: il cinque più uno era, ahinoi ancora è, il sistema di miglior favore, la facilitazione all'ingresso, l'offerta limitata nel tempo, che consiste in “tu mi paghi cinque cartoni e io te ne mando sei, cinque più uno, appunto. Paghi cinque e te ne arrivano sei”. La vendita push, la vendita a spingere, la vendita intesa come sell-in. Poi diventa affare tuo, caro ristoratore fare il sell-out. Io agente ho fatto sell-in, mi sono guadagnato legittimamente e con il sudore della fronte e con l'usura di auto e con i chilometri percorsi, a decine di migliaia, la mia provvigione e adesso tocca a te. Il ristoratore prende in carico i sei cartoni e adesso si tratta di vendere le bottiglie e ricavarci soldini, onde pagare (a 60, 90 o a 120 gior- ni) il fornitore e avere il proprio (ampio) margine: quindi bisogna spingere la vendita. Un sell-in che deve diventare sell-out. E poi, se non vendo entro i 60, 90, 120 giorni, c'è però c'è la fattura in scadenza. E va bene: a pagare c'è sempre tempo. E allora l'agente viene a sollecitare e il produttore impara che vendere equivale a fatturare, ma non equivale a incassare e allora...suvvia, discorso altro che non affrontiamo qui.
La risposta accidiosa è: si è sempre fatto così
Quanto margine questo meccanismo vetero di impostazione commerciale erode al produttore? Quanto incide questo ganglio intermedio della catena? Quanto ci perde e “non” ci guadagna il ristoratore nell'applicare “fattore di moltiplicazione” al suo costo, onde addivenire al prezzo da mettere in carta? Sì, si è scritto bene e si legge bene: quanto ci perde inteso come quanto meno guadagna nel vendere a prezzi esosi?
Quanto più, complessivamente guadagnerebbe se i ricarichi fossero pensati con "più" dell'addizione e non con il "per" della moltiplicazione? Posto che a destra del più ci sia un numero a una cifra. Assurdo? Fantascienza? Ci volete sul lastrico? No, vorremmo vedervi ricchi e felici, invece. Agevolmente immaginiamo il fastidio, ma anche la supponenza degli addetti ai lavori nel solo sentirsi porre interrogativi che inquietano.
La risposta accidiosa è: si è sempre fatto così. E la risposta nostra è: a parte il fatto che non è vero che si è sempre fatto così, in ogni caso è già bastevole che si faccia così da molto tempo ed è ora che adesso si cominci a fare in modo diverso. Perché ? Perché il mondo digitale abilita quella rivoluzione cognitiva in virtù della quale diviene risorsa preziosa il dato. La correlazione di esso con altri dati genera informazioni. Le informazioni sapientemente analizzate generano conoscenza, ed è la conoscenza che supporta le decisioni da prendere per governare e sviluppare il business complessivo dell'azienda.
Le proposte di soluzioni non mancano
Si parte, e non potrebbe essere altrimenti, dai software gestionali che tendono a rappresentare un'unica procedura volta a inglobare sistematicamente il flusso aziendale, a partire dagli adempimenti necessari a fronte delle complicate e mutevoli normative del settore dell’agrifood. Dal vigneto (sua mappatura inclusa) al magazzino prodotti finiti (le scatole che devono girare) transitando per i processi di cantina e impattando “negli uffici”. Processi di cantina di certo non semplici: vinificazione, imbottigliamento, evasione ordini. Il tutto, ribadiamolo avendo necessità di monitorare gli aspetti fiscali e commerciali. Si pensi alle problematiche dei certificati di idoneità e delle fascettature. Il tutto verrebbe vanificato o comunque non sfruttato sufficientemente bene, se non ci fosse a guscio del tutto l'approccio big data, in assenza del quale non si fruirebbe di report utili a supportare le decisioni strategiche aziendali.
Si pensi a quanto sia di ostacolo alla pianificazione strategica la carenza di informazioni su copertura e penetrazione di mercato (globale) e sul posizionamento dei prodotti sui singoli mercati e sui diversi canali. Quindi se vero è che si parte comunque dal sistema gestionale Erp (Enterprise Resource Planning, ovvero pianificazione delle risorse d'impresa), è poi anche vero che quanto attiene al management aziendale, magari fruibile in accezione immediata e sinottica grazie al dashboard, deve governare vigneto, cantina, laboratorio, produzione, con-
Ma torniamo alla vendita diretta
Di certo, ne è testimonianza il mercato Usa, a oggi il più grande wine market del mondo per consumo (con una produzione che comunque non è da sottovalutare): il fenomeno Dtc è destinato a crescere ulteriormente. Destinato! Perché è destino, che nella società che evolve, i gangli di intermediazione che non arrecano valore siano atrofizzati. Domanda: ma il ristoratore comunque dovrà sempre comprare dal rappresentante. Risposta: e perché mai?
dell'andamento anche stagionale del mercato. Fantascienza? No, il “conto vendita” è scenario emergente.
Il business del vino viaggia sui canali digitali
Il business mondiale viaggia sui canali digitali. Talvolta i consumatori lo hanno capito prima dei produttori. In altri termini, la domanda è avanti rispetto all'offerta. Il problema per l'offerta è una sola: non “vedere” la domanda e non comprenderne la potenzialità.
trollo qualità, supply chain, qualità, amministrazione e finanza, organizzazione, personale e, last but not least, tutto quanto impatta sulla rete, social media management incluso
Anche il ristoratore comprerà direttamente dal produttore. Sarà acquisto Dtr (Direct To Restaurant). E sarà tutto gestito via software. Il produttore accede al magazzino virtuale del ristoratore, ha visibilità ovviamente solo sulle sue bottiglie, individua il livello di scorta, controlla la regolarità dei pagamenti; come da agreement, il riordino è automatico e parte la spedizione successiva. Detta così, molto semplicemente. Nella realtà il meccanismo, che permane semplice, fa molte più cose. Eh, questa storia del Dtr poco convince. Peccato che poco convinca. È il sentiero prossimo venturo, collateralmente al quale, c'è il discorso che finalmente non è più un tabù, del conto vendita. Agreement del ristoratore con il produttore: mi mandi le bottiglie in conto vendita. Giorno dopo giorno, in trasparenza sai quante bottiglie ho venduto.
Alla fine di ogni settimana, per non dire “immediatamente” te le pago, ovvero te le pago dopo che mi è stata pagata e si effettua riordino come convenuto. Quel “convenuto” è molto duttile e dinamico essendo funzione
Chi non coglie questi segnali, chi non comprende le potenzialità insite nel mondo digitale, a sua volta evolvente con velocità, dove sarà fra quattro anni? Abbiamo tutti presente cosa sia Booking. Ecco, Booking prospera e gli alberghi le cui camere Booking vende worldwide annaspano. Booking, piaccia o meno, è diventato l'azionista di riferimento degli alberghi italiani. E che bell'azionista.
Quante cantine potrebbero cadere in situazione simile entro pochi anni se non si attrezzano per avere possesso dei dati e delle informazioni, mediante cui presidiare il loro business? E stiamo a dirci che il Dtc (ma anche Dtr e anche conto vendita) sono solo nicchie? È la tecnologia, l'uso che se ne fa, la confidenza con essa e la propensione a seguirla nel suo sviluppo il winning factor del wine business italiano, almeno se si vuole che permanga profittevole e che anzi divenga maggiormente profittevole alla produzione e se si vuole che permanga italiano e non ceduto alle nuove multinazionali, che fanno profitto nel far viaggiare nel mondo le casse di bottiglie prodotte tra vigneto e cantina, senza possedere né vigneti e né cantine, possedendo però quell'asset prezioso che si chiama conoscenza. �� cod 94066