take a seat mag azine 01
FEBBRAIO 2012
on stage
TRENDS
13.02.2012 Carlo Piemonte
15.02.2012 MARCO BROLLO
TAKE A SEAT: ISTRUZIONI PER L’USO TAKE A SEAT: INSTRUCTION FOR USE
TUMBLR, IL FLUSSO DELLA CONDIVISIONE tUmblr, the sharing flow
pag.04
pag. 10
21.02.2012 Paola Treppo
24.02.2012 Design Team Fabrica
SULLA SEDIA DEL REGISTA IN THE DIRECTOR’S CHAIR
SEDIE NON CONVENZIONALI UNCONVENTIONAL CHAIRS
pag.06
pag. 12
22.02.2012 Adriana Cruciatti
28.02.2012 Design Team Fabrica
IL DESIGN CHE AVANZA 2012 FOCUS SUI MATERIALI DESIGN THAT ADVANCES 2012 FOCUS ON MATERIALS
NON sedersi do not sit
pag.08
pag.14
Direttore Responsabile Rosalba Tello Direttore Editoriale Carlo Piemonte Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1. E' consentita la diffusione on line del Periodico ed è consentito l'utilizzo dei testi contenuti nel magazine citando i riferimenti dell'autore con link all'articolo di riferimento sul sito www.italian-chair-district.it. E' vietata la riproduzione in forma cartacea del "Take a Seat" Magazine.
DESIGN
ARCHITECTURE
15.02.2012 Design Team Fabrica
15.02.2012 Giovanni Corbellini
SE FOSSI UNA SEDIA, CHE COSA SAREI? IF I WAS A CHAIR, WHAT WOULD I BE?
DECOMPOSIZIONE ARCHITETTONICA ARCHITECTURAL DECOMPOSITION
pag. 16
pag. 22
20.02.2012 Sam Baron
29.02.2012 filippo saponaro
LUXEMBOURG CHAIR (LETT. SEDIA LUSSEMBURGO) THE LUXEMBOURG CHAIR
il luogo ripreso the recovery of a place
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pag. 24
27.02.2012 Fabio Di Bartolomei
DESIGN: L’INUTILITÀ DELL’UTILE? DESIGN: THE USELESSNESS OF USEFUL?
pag. 20
on stage Carlo Piemonte 13.02.2012
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TAKE A SEAT: ISTRUZIONI PER L’USO
TAKE A SEAT: INSTRUCTION FOR USE
Che lo si faccia su una sedia, per terra, su un divano, in una macchina, nell’aereo, alla stazione, in un museo... ogni giorno ci “appoggiamo” su decine di diverse sedute ma difficilmente ci fermiamo ad osservare le caratteristiche dell’oggetto dove ci siamo accomodati, o raramente pensiamo a quali studi, riflessioni o storie sono collegate a questo oggetto. Per raccontarvi tutto questo, con piacere vi presento il nuovo magazine “Take a Seat”. Un nuovo strumento di informazione che permetterà ai nostri lettori di scoprire il valore e la varietà di interpretazioni che si nascondono dietro un gesto antico come l’essere umano: il sedersi. Le quattro rubriche (on stage, trends, design, architettura), curate da professionisti del settore, racconteranno ai lettori un punto di vista sempre alternativo sul mondo del sedersi con l’obiettivo di stimolare l’interesse ed accendere il confronto nella pagina facebook. http://www.facebook.com/ITALIAN.CHAIR.DISTRICT
Wherever we sit on a chair, on the floor, on a settee, in a car, in an aeroplane, in the station, in a museum...every day we rely on tens of different seats but we stop with difficulty to observe the characteristics of the object where we have sat down, or we rarely think of the studies, reflections and stories connected with the object. To tell you about all this, we are pleased to present the new magazine “Take a Seat”. A new information tool that allows our readers to discover the merit and variety of interpretations that are hidden behind a gesture as old as human beings: to sit down. The four columns (on stage, trends, design, architecture), edited by professionals in the sector, tell the readers about an always alternative point of view on the world of seating with the objective of stimulating interest and opening a discussion on the Facebook page http://www.facebook.com/ITALIAN.CHAIR.DISTRICT.
Dunque non mi resta che darvi il benvenuto in questo Magazine! WELCOME - TAKE A SEAT!
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
So, it only remains for me to welcome you to this magazine! WELCOME - TAKE A SEAT!
on stage PAOLA TREPPO 21.02.2012
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all images courtesy of: Lorenzo Bianchini
SULLA SEDIA DEL REGISTA
IN THE DIRECTOR’S CHAIR
Sedersi sul set di un film, su quella che la storia del cinema ci rimanda come un’immagine classica, la sedia da regista. Ma che rapporto hanno gli uomini della pellicola, oggi, con questa seduta cult? “Per le grandi produzioni - osserva il regista friulano Lorenzo Bianchini, primo premio della Giuria e primo premio del Pubblico alla mostra del Cinema friulano per il suo lavoro più conosciuto, “Radice quadrata di tre” - forse c’è ancora la possibilità di sedersi e di osservare la scena. Sulla sedia da regista. Nella maggior parte dei set, però, chi opera sta in piedi, piegato sulle ginocchia, o si muove”. Lo conferma anche Renzo Martinelli, impegnato in queste settimane nell’ultimazione di “Carnera. The Walking Mountain”, dedicato al grande pugile friulano nativo di Sequals: “si gira in piedi, non c’è tempo per sedersi”. Bianchini, che entro la fine di quest’anno terminerà il suo nuovo film thriller ambientato nei boschi di confine tra Italia e Slovenia, usa, semmai, insieme ai suoi collaboratori, ciò che offre lo spazio naturale del set: nel caso del macchia transfrontaliera, ad esempio, fungono da sedia il tronco degli alberi, il ramo, la radice. “È il legno, in questo caso - osserva - il nostro sostegno, un elemento che rimanda comunque direttamente alla materia prima più utilizzata per creare una sedia. Un elemento vivo, che parla delle nostre origini, della nostra storia”. Non nasconde, il regista friulano, l’importanza che avrebbe
Sitting on the set of a film, on what the history of cinema offers us as a classic image, the director’s chair. But what relationship do the men of film have today with this cult chair? “For the big productions – observes the Friulian director Lorenzo Bianchini, first prize from the Jury and first prize from the Public at the Exhibition of Friulian Cinema for his best-known work “Radice quadrata di tre” (The Square Root of Three) – perhaps there is still an opportunity to sit and observe the scene. In the director’s chair. On most sets, however, the directors are on their feet, kneeling or moving about”. This is confirmed also by Renzo Martinelli, busy these weeks on the finishing touches of the film “Carnera. The Walking Mountain”, dedicated to the great Friulian boxer who was a native of Sequals: “You are constantly on your feet, there is no time for sitting”. Bianchini, who by the end of this year will finish his new film thriller set in the forests of the border area between Italy and Slovenia, uses instead, together with his assistants, what the natural spaces of the set offer: in the case of the cross-border woods, for example, instead of chairs tree trunks, branches and roots are used. “In this case it is wood” he observes “that serves as our support, an element that sends us back directly to the raw material used to create a chair: A live element that speaks of our origins, from our own history.”
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una seduta ad hoc, nelle operazioni di ripresa. “Si sta spesso inginocchiati davanti allo schermo video e, negli anni, questa postura innaturale può dare diversi problemi. Non solo al regista ma anche ai suoi collaboratori”. E lancia una proposta: “realizzare uno sgabello, o una seggiola versatile, da usare con facilità. Perché di tempo ce n’è sempre poco”. Le caratteristiche? Leggerezza, robustezza, comodità, semplicità di trasporto. Capacità di adeguarsi a diverse superfici, tutte quelle più creative e varie che contraddistinguono le location di un film o di un lungometraggio. Quelle scelte da Bianchini in queste ultime settimane sono state il paese semi abbandonato di Topolò di Grimacco e la frazione di Monteprato di Nimis, entrambi borghi al confine in provincia di Udine. Sono queste le ambientazioni nel nuovo thriller in produzione, centrato su un etologo naturalista che nel bosco, impegnato nel censimento della fauna locale, farà inusuali e spaventosi incontri.
The Friulian director does not hide the importance of this ad hoc chair in the filming operations. “We are often kneeling in front of the video screen, and over the years this unnatural posture can cause you different problems. Not only for the directors but also for their assistants.” And he launches a proposal: “construct a stool, or a versatile chair, to be used with ease. Because there is never enough time”. Its characteristics? Lightness, robustness, comfort, ease of transport. Capacity to adapt to different surfaces, all those particularly varied and creative that distinguish the locations of films or full-length features. Those chosen by Bianchini in recent weeks have been the semi-abandoned villages of Topolò di Grimacco and the district of Monteprato in Nimis, both in the border areas of the Province of Udine. These are the settings of the new thriller under production, centred round a Nobel laureate naturalist busy surveying the local fauna in the woods who experiences unusual and terrifying meetings.
on stage adriana cruciatti 22.02.2012
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photo credits: Adriana Cruciatti
IL DESIGN CHE AVANZA 2012 FOCUS SUI MATERIALI
DESIGN THAT ADVANCES 2012 FOCUS ON MATERIALS
È al via la seconda edizione de IL DESIGN CHE AVANZA, presso Cumini Gallery a Gemona del Friuli (fino al 24 marzo). Il successo ottenuto nel 2010 ha spinto gli organizzatori ADI delegazione Friuli Venezia Giulia e Cumini Spa – a concepire l’evento come un appuntamento ricorrente per riflettere sul design come fattore strategico di innovazione. La scelta della tematica di questa nuova edizione è caduta sui materiali, le sostanze basilari che compongono ciò che usiamo, indossiamo, abitiamo. La ricerca e l’uso dei nuovi materiali o di quelli caratterizzati da una forte componente tecnologica sono infatti divenuti i grandi temi del design contemporaneo poiché aprono nuove strade al progetto. L’iniziativa si articola in tre sezioni espositive: - attraverso Material ConneXion® - organismo di riferimento a livello mondiale per quanto attiene all’innovazione e alle soluzioni nel campo dei materiali - è in mostra una materioteca di 60 tra i materiali più vari: polimeri, vetri, ceramici, metalli, tessuti, legno… L’intento è raccontarne le proprietà e potenzialità, fare informazione e formazione, anche con l’obiettivo di offrire spunti e favorire la nascita di idee e nuovi progetti.
The second edition of IL DESIGN CHE AVANZA, (DESIGN THAT ADVANCES) is about to begin. The inauguration is set for Thursday 26 January at 18.30 at the Cumini Gallery in Gemona Del Friuli and the initiative will continue till 24 March. The success achieved in 2010 has in fact encouraged the organisers – the ADI delegation of Friuli Venezia Giulia and Cumini Spa – to think of it as a recurring appointment to reflect on design as a strategic innovation factor. The thematic choice of this new edition fell to materials, the basic substances that make up what we use, wear and live in. The research and use of the new materials or those characterised by a strong technological component have in fact become the great themes of contemporary design as they open new horizons for the project. The initiative has been developed into three exhibit areas: - through Material ConneXion® - a global reference agency related to innovation and solutions in the field of materials – a materials exhibit including 60 of the most varied materials is on display: polymers, glass, ceramics, metals, fabrics, wood... The intention is to recount their properties and potential, offer information and training, also with the objective of supplying hints to favour the creation of ideas and new projects.
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- Ulteriore ingrediente dell’iniziativa è la moda, grazie alla speciale collaborazione con Mittelmoda che in occasione dei 20 anni di MITTELMODA THE FASHION AWARD presenta una selezione di capi e accessori particolarmente interessanti per materiali e tecnica, che raccontano la sua storia attraverso alcuni dei talenti più rappresentativi tra gli oltre 500 finalisti che hanno preso parte al concorso internazionale, selezionati tra più di 13.000 partecipanti da tutto il mondo. - I materiali contano propone i progetti di ricerca degli studenti del Laboratorio integrato di Design 1 - Università di Udine, approfondendo gli aspetti inerenti ai materiali di alcuni noti prodotti di design, valutandone composizione e proprietà, vantaggi e limiti, durata, tossicità, applicazioni costruttive, sviluppo storico del materiale e della sua lavorazione… Arricchirà la mostra il calendario di Material Talks, incontri su materiali e tecnologie curati dai designer Paolo Lucidi, Luca Pevere e Christian Malisan, che porteranno l’attenzione su particolari applicazioni tecniche e innovazioni. Il Design che Avanza esplora i materiali anche nell’arte, ospitando una piccola ma significativa selezione di opere del Premio Valcellina, organizzato dall’Associazione Le Arti Tessili, tra i più prestigiosi eventi e concorsi internazionali nel settore della fiber art contemporanea. L’iniziativa è patrocinata da Camera di Commercio di Udine, Comune di Gemona del Friuli, Università degli Studi di Udine, Ordine degli Architetti della provincia di Udine, Associazione Le Arti tessili, e si avvale del supporto tecnico delle aziende Grafiche Filacorda, Loewe e Jermann.
- an additional ingredient of the initiative is fashion, thanks to the special collaboration with Mittelmoda, which on the occasion of its 20th edition of MITTELMODA THE FASHION AWARD presents a selection of clothes and accessories that is particularly interesting for the materials and techniques that recount its history through several of the most representative talents from amongst the over 500 finalists who have taken part in the international contest, selected from more than 13,000 participants from around the world. - Material Talks offers research products for students of the Design 1 Integrated Laboratory at the University of Udine, investigating the aspects involved with the materials of several famous design products, evaluating the composition and properties, advantages and limits, duration, toxicity, constructive applications, historical development of the material and its craft… The calendar will be enlivened by Material Talks, meetings on materials and technologies organised by the designers Paolo Lucidi, Luca Pevere and Christian Malisan, who will give special attention to particular application and innovation techniques. Design That Advances explores materials also in art, hosting a small but significant selection of works of the Valcellina Award, organised by the Association of Textile Arts, amongst the most prestigious international events and contests in the contemporary fibre art scene. The initiative is sponsored by the Udine Chamber of Commerce, the Municipality of Gemona del Friuli, the University of Udine, the Udine Province Architects’ Association and the Association of the Textile Arts, taking advantage also of technical support from the Grafiche Filacorda, Loewe and Jermann companies.
Il design che avanza Cumini Gallery via San Daniele 1 Gemona del Friuli / Italy 27 Gennaio – 24 Marzo 2012 Orario di apertura: 9.00 - 12.30/15.00 - 19.00 Sabato 9.00 – 19.00
Design that advances Cumini Gallery via San Daniele 1 Gemona del Friuli / Italy January 27 – March 24, 2012 Opening hours: 9.00 - 12.30/15.00 - 19.00 Saturday 9.00 – 19.00
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TRENDS MARCO BROLLO 15.02.2012
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photo credits: geometrisk.tumblr.com
George Peabody Library of Baltimore photo credits: kateoplis.tumblr.com
TUMBLR, IL FLUSSO DELLA CONDIVISIONE
TUMBLR, the sharing flow
Tumblr, è un enorme canale collettore che vale la pena di segnalare perché può rappresentare un immenso archivio (gratuito) di progetti e perché favorisce lo scambio e la condivisione di creatività. Tecnicamente parlando è una “tumblelog”, in altre parole una piattaforma che, diversamente dai blog tradizionali, si arricchisce di una funzione “social” attraverso lo strumento “dashboard”. Con questa funzione è consentito visualizzare i contributi che gli altri utenti di Tumblr pubblicano. Si potrà richiedere di seguire le attività dei utenti che ci interessano così come si potrà essere seguiti per ciò che pubblicheremo sulla nostra pagina. Più contatti interessanti s’intrecceranno, più si potrà accedere a un numero sempre più elevato di fonti di qualità per ricerche, documentazione e studio. “I like”, “reblog”, “note”, sono le funzioni social attraverso cui propagare il contributo e sono strumenti con cui interagire. Ciò che analizzeremo in quest’articolo sarà l’utilità di uno strumento come questo per chi si occupa di creatività, indagando i soli canali inerenti a questo tema; gli argomenti trattati su Tumblr, infatti, sono infiniti e possono spaziare da progetti di grande interesse all’erotismo più spicciolo. Il solo bisturi dello sguardo professionale non basterà a capire il valore di Tumblr. Il piacere dell’esplorazione e della ricerca ad esempio, sono attività molto comuni e proprie di questo canale fluviale virtuale come di qualsiasi altra piattaforma “social”. Imparando a scegliere tra le pagine a disposizione, la probabilità di incappare in risultati fatti di pura noia si farà sempre più remota. Gli affluenti di questa comunità, attraverso le cui acque scorrono flussi
Tumblr is an enormous collection channel that is worthwhile pointing out because it can represent an immense (free) archive of projects and because it assists the exchange and sharing of creativity. Technically speaking it is a “tumblelog”, in other words a platform that, differently from the traditional blogs, is enriched with a social function through the “dashboard” tool. With this function one can view the contributions that the other Tumblr users publish. Requests to follow the activities of the users that interest one can be made in the same way as what we publish on our pages can be followed. The more that interesting contacts intertwine, the more you can access an ever greater number of quality sources for research, documentation and study. “I like”, “reblog”, “note”, are the social functions through which to spread the contribution and are interaction tools. What we will analyse in this article will be the usefulness of a tool like this for those responsible for creative work, investigating the only channels concerning this theme; the subjects dealt with on Tumblr, in fact, are infinite and can range from projects of great interest to the more common eroticism. The lone scalpel of the professional look will not be sufficient to understand the value of Tumblr. For example, the pleasure of the exploration and search are very common activities and typical of this virtual river channel like any other social platform. Learning to choose between the available pages, the probability of running into results made up from pure boredom is made ever more remote. The tributaries of this community, through whose waters flow impetuous streams of images, continually insert interesting creative alluvial
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And Every One http://andeveryone.tumblr.com/ ArchDaily http://archdaily.tumblr.com/ Cabinet of Imagination http://cabinet-of-imagination.tumblr.com/ Geometrisk http://geometrisk.tumblr.com/ Graphicorn http://graphicporn.tumblr.com Mini-mal-me http://mini-mal-me.tumblr.com/ Only Furniture http://onlyfurnitures.tumblr.com/ PatternBase http://patternbase.tumblr.com/ Planetary Folklore http://planetaryfolklore.tumblr.com/ The World Today http://the-world-today.tumblr.com/ Vouzouhttp://vouzou.tumblr.com/ WowGreat http://wowgreat.tumblr.com/
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photo credits: vouzou.tumblr.com
photo credits: geometrisk.tumblr.com
impetuosi di immagini, innestano continuamente materiale alluvionale creativo interessante che si aggiorna senza un apparente criterio. Pensando ai libri ho sentito la necessità di rivedere una delle foto delle biblioteche di Candida Höfer, dove ho ritrovato la stessa sensazione avvertita muovendomi dentro Tumblr: una biblioteca apparentemente inesauribile e vastissima che quasi sconcerta tanto è ampia e intricata la rete di link e rimandi che contiene. Per un progettista, un designer, un creativo, l’utilità di Tumblr è data sia dalla possibilità di promuovere il proprio lavoro, sia dal poter attingere a una raccolta di documenti e immagini sconfinata. Qualunque tema, anche il più inusuale, è probabilmente disponibile sulla pagina di qualche utente. È interessante notare che la passione per la raccolta tematica è molto diffusa, tanto da raggiungere picchi feticistici per uno o più argomenti specifici. Mi è capitato di imbattermi in pagine di Tumblr dedicate solo a triangoli, a barbe, a un colore specifico o a un particolare e inusuale tipo di costruzione. Questo genere di raccolte sono vere “Wunderkammer” contemporanee prive di nostalgie retrò. Pagine come Vouzou, Geometrisk, Mini-mal-me ad esempio, ospitano immagini eterogenee che, considerate nel loro insieme, raccontano la personale visione estetica dell’autore attraverso immagini, prodotti, progetti di altre persone. Così facendo contribuiscono a diffondere creatività e appagano, allo stesso tempo, il desiderio dell’autore della pagina di raccontare la propria visione estetica. Qui sopra sono riportati alcuni link di esempio, utili come spunti di partenza per chi volesse tentare l’esplorazione di Tumbr.
material that is updated without any apparent criteria. Thinking of books, I feel the necessity to look again at one of the photos of the Candida Höfer library, where I found the same alert sensation as moving through Tumblr: an apparently inexhaustible and very vast library that almost bewilders as the network of links and returns it contains is extensive and intricate. For a planner, a designer, a creative person, the usefulness of Tumblr is from both the opportunity to promote your own work and to being able to draw upon a boundless collection of documents and images. Whatever the subject, even the most unusual, it is probably available on the page of some user. It is interesting to note that the enthusiasm for thematic collection is very widespread, so as to reach fetishist peaks for one or more specific subjects. I happened to come across in Tumblr pages dedicated only to triangles, beards, a specific colour or a particular and unusual type of construction. This genre of collections is true contemporary Wunderkammer devoid of retro-nostalgia. Pages like Vouzou, Geometrisk, Mini-mal-me, for example, host heterogeneous images that, considered as a whole, relate the personal aesthetic vision of the author through images, products and projects of others. Doing this, they contribute to spreading creativity and at the same time satisfy the desire of the author of the page to relate his own aesthetic vision. Above are shown some sample links, useful as starting points for those wishing to attempt to explore Tumblr.
TRENDS design team fabrica 24.02.2012
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SEDIE NON cONVENZIONALI
UNCONVENTIONAL CHAIRS
La storia delle sedute, la cui origine è ambigua come l’origine del linguaggio, afferma che tutto è iniziato almeno circa nel 3000 aC in Egitto, dove furono inizialmente create tre diverse tipologie di posti a sedere: lo sgabello, il banco e la sedia. Erano oggetti dapprima prodotti da carpentieri e falegnami, poi successivamente resi più raffinati dagli artigiani. In tempi più recenti l’approccio contemporaneo è stato disegnato dagli architetti fino a raggiungere il momento in cui è nato il design come professione. E’ importante ricordare tutto questo processo, soprattutto quando ci si occupa di sedie non convenzionali. Qui parliamo di sedute che in fondo rifiutano gran parte di questo processo storico, rendendo questi supporti sempre raffinati – pur rimanendo lontano dai normali standard di usabilità e evitando le categorie convenzionali create nella storia delle sedie. Il primo oggetto di cui vogliamo parlare si chiama “letto di chiodi”, una superficie di legno piana di dimensioni di un letto con chiodi con la punta rivolta verso l’esterno e verso l’alto. A prima vista, guardandolo, si potrebbe pensare che se qualcuno si sdraia su questo “letto” sarebbe ferito dai chiodi, ma non è così. Considerando che le punte sono abbastanza numerose, il peso è equamente distribuito
The history of seating, the origin of which is as ambiguous as the origin of language, claims it’s beginning at least with the Egyptians some 3000 BC, where three different typologies of seating were initially created: the stool, the bench and the chair. Such objects primarily produced by carpenters and joiners, later refined in process by craftsman. In more recent times the contemporary approach designed by architects until we reach the moment where design is born as a profession. It’s important to mention this whole process, especially when concerned with unconventional chairs. Here we speak of sitting objects that basically refute much of this historic process, making these supports always exquisite – remaining far from the normal standards of usability and avoiding the conventional categories created in the history of the seating. The first object we approach is called the “bed of nails”, a plain wood surface of bed dimensions with nails pointing outwards and upwards. At first sight, anyone watching would think that someone lying on this “bed” would be injured by the nails, but this is not so. Assuming the nails are numerous enough, the weight is equally distributed between them in such a way that the pressing force of each nail is not enough to break the person’s skin. This feature gives
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fra loro in modo tale che la forza di pressione di ogni punta non è sufficiente a rompere la pelle della persona. Questa caratteristica dà all’oggetto un’utilità piuttosto singolare, di cui due in particolare spiccano: in primo luogo l’uso di trucchi magici e le particolari dimostrazioni fisiche dei fachiri, di dervisci musulmani del Medio Oriente e in India. In secondo luogo l’uso da parte degli indù per mostrare il controllo della mente sul corpo. L’ immagine mostra “un uomo disteso su un letto di chiodi”, una delle immagini più comuni dei fachiri, in parte a causa di Herbert Ponting che famosa fotografia del 1907 ‘un fachiro a Benares’ (Varanasi) in India.
the object rather peculiar utilities, of which two in particular stand out - firstly the use for magic tricks and peculiar physical demonstrations by Fakirs, who are wandering Muslim Dervishes of the Middle East and India. Secondly the use by Hindu holy men to show there perfected control of mind over body. The images shows “a man lying on a bed of nails”, one of the more familiar images of the Fakirs, partly owing to Herbert Ponting’s famous 1907 photograph of ‘a Fakir in Benares’ (Varanasi) India.
TRENDS design team fabrica 28.02.2012
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Allan Wexler, Desk, 2009 photo credits: www.feldmangallery.com Dorota Buczkowska, Bez tytułu (hustawka), 2000 photo credits: www.todayandtomorrow.net
Joseph Beuys, Fat Chair, 1964 Bruno Munari, Singer Chair for Very Brief Visits, 1945 photo credits: www.designboom.com
NON SEDERSI
do not seat
… Anche se si vorrebbe molto. Dal momento in cui Duchamp decise che una ruota di bicicletta sarebbe stata una soluzione perfetta per una panchina bianca, l’arte contemporanea ha iniziato ad essere incuriosita da tutte le storie che un mobile racchiude. Di tanto in tanto, gli artisti creano elaborate nature morte in cui una sedia comune è il punto di inizio per la loro continua ricerca di (im) perfezione. Singolarmente familiari ma ancora distanti dalla realtà, queste installazioni ci mostrano come il design può incontrare l’arte in un milione di modi. Concepite dalle mani di maestri come Joseph Beuys ‘- con la sua “Fat Chair” o di Bruno Munari (“Sedia per visite brevi”), le sedie hanno iniziato ad essere loro stesse protagoniste all’interno dei musei, oltre ad essere l’oasi dove potersi riposare dopo ore di passeggiate nell’arte. La linea che separa l’arte dal design diventa molto sottile quando si ci trova di fronte al lavoro di Allan Wexler o Florence Doléac. Le loro sedie ricche di inventiva possono essere ospitate nei più raffinati salotti. Ma quello che segretamente ci auguriamo è che, un giorno, tutti i guardiani di museo possano sulla nuova installazione di un brillante artista emergente.
… Even if you really want to. Since Duchamp decided that a bicycle wheel would be the perfect match for a white bench, contemporary art started being intrigued by all the stories that a piece of furniture encloses. Once in a while, artists create elaborated still lives where a common chair is the teaser for their endless quest for (un)perfection. Strangely familiar but still detached from reality, these installations show us how design can meet art in a million ways. From the hands of masters like Joseph Beuys’ — with his “Fat Chair” — or Bruno Munari (and the “Singer Chair for Very Brief Visits”) seats started to make their own statements inside museums besides being the oasis where one can rest after hours of art strolling. The line that separates art and design becomes very dimmed when one finds the work of Allan Wexler or Florence Doléac — their inventive chairs could be displayed in any exquisite living room. But what we secretly wish is that one day all the museum guards will potentially sit day after day on the new installation of an upcoming bright artist.
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Gunilla Klingberg, Swivel Chair, 2010 photo credits: www.gunillaklingberg.com
Florence DolĂŠac, La Chaise en Nu, 2002 photo credits: www.chairblog.eu
Nendo, Chair Garden, 2010 photo credits: www.cubeme.com
design design team fabrica 15.02.2012
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SE FOSSI UNA SEDIA, CHE COSA SAREI?
IF I WAS A CHAIR, WHAT WOULD I BE?
Nel quartier generale di Fabrica siamo molto felici che l’Italian Chair District ci abbia coinvolto a contribuire al loro nuovo blog ‘Take a Seat’. Così, prima di iniziare a scrivere, abbiamo pensato di presentarci rispondendo tutti alla stessa domanda: “se fossi una sedia, che cosa sarei e perché?” ....
At Fabrica HQ we are all really excited that the Italian Chair District has invited us to contribute to the new ‘Take a Seat’ blog. Before we start blogging away, we thought we would introduce ourselves, by all asking the question, “If I was a chair, what would I be and why?”….
“Se fossi una sedia, sarei un piccolo sgabello in un laboratorio di produzione di metallo. Questo sgabello potrebbe essere un elemento extra da usare in mille modi. Potrebbe essere dato ad un cliente, servire per reggere un pezzo che è in saldatura, ci si potrebbe sedere sopra per una lunga e importante telefonata, o metterlo su una sedia qualunque per poter raggiungere meglio il ripiano più alto.” Amaury Poudray, Product Designer, (Francia)
“If I was a chair I would be a small stool inside a metal workshop. This small stool would be the extra element that you can use for a lot of small actions. You can give it to an extra client, use it to hold the piece you are welding, bring it outside for a long and serious phone call, and stack it on the top of a normal chair to reach the last shelf.” Amaury Poudray, Product Designer (France)
“Se fossi una sedia, sarei l’unione di una sedia a sdraio e di una bergère in pelle. Un tentativo fallito di avere il piacere di dominare il mondo mentre si è baciati dal sole. “ Catarina Carreiras, Graphic Designer (Portogallo) “Se fossi una sedia sarei un ceppo d’albero, perché mi piacerebbe essere utile e ricordato dopo la mia morte.” Dean Brown, Product Designer (Scozia) “Se fossi una sedia avrei dei colori vivaci. Sarei facilmente trasportabile per poter viaggiare ovunque nel mondo,
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“If I was a chair, I would be the offspring of a sun chair and a leather bergère. A failed attempt to have the pleasure of ruling the world while being licked by the sun.” Catarina Carreiras, Graphic Designer (Portugal) “If I was a chair I would be a tree stump, because I’d like to be useful and remembered after I’m dead.” Dean Brown, Product Designer (Scotland) “If I was a chair I would be a brightly coloured chair, portable enough so I could travel anywhere in the world, comfortable enough to read a book for many hours, big enough to lay
abbastanza comoda per leggere un libro per ore, abbastanza down on it and contemplate beautiful landscapes grande per potersi distendere, contemplare la bellezza del or simply use it to meditate on.” paesaggio o semplicemente usata per meditare”. Filipe Ferreira, Graphic Designer (Portugal) Filipe Ferreira, Graphic Designer (Portogallo) “If I was a chair I would be a bench. I don’t like to be alone “Se fossi una sedia sarei una panchina. Non mi piace stare and a bench is the perfect place to stay outside and da sola e una panca è il luogo ideale per stare all’aperto to chat with friends. A bench is fresh, funny, it gives you the e chiacchierare con gli amici. Una panchina è fresca, possibility to choose how to sit on it; its romantic but also divertente, ti lascia la possibilità di scegliere come sedersi. simple and direct.” E’ romantica, ma anche semplice e diretta.” Giorgia Zanellato, Product Designer (Italy) Giorgia Zanellato, Product Designer (Italia) “If I was a chair I would be a mass-produced white plastic “Se fossi una sedia sarei una sedia prodotta in serie, chair. They are extremely useful in most sitting situations. in plastica bianca. Queste sedie sono estremamente utili They enjoy being indoors and outdoors. They are resilient in numerose e diverse situazioni. Possono stare dentro and strong, as well as being modest! They also enjoy casa come all’aperto. Sono resistenti e forti, oltre ad essere an international life.” modeste! Queste sedie adorano essere internazionali .” Kirsty Minns, Product Designer (UK) Kirsty Minns, Product Designer (Gran Bretagna) “If I was a chair I would be a wooden garden chair: it’s made “Se fossi una sedia sarei una sedia da giardino, in legno: to be outside, it moves around and it’s comfortable in a è costruita per stare all’esterno, ci si può girare intorno natural way, but not so much – that you would sleep on it.” ed è comoda, ma in modo naturale, non eccessivo. Mariana Fernandes, Graphic Designer (Portugal) Ma non così comoda da potersi addormentare.” Mariana Fernandes, Graphic Designer (Portogallo) “If I was I chair I would be a hammock, to be able to offer a moment of relaxation between the trees. This chair offers “Se fossi sedia sarei un’amaca, per essere in grado a wrap-around time for reading, dreaming, doing nothing, di offrire un momento di relax tra gli alberi. and being surrounded by nature.” Questa sedia regala un avvolgente tempo per leggere, Marta Celso, Project manager (Italy) sognare, non fare nulla, immersi nella natura. “ Marta Celso, Product Manager (Italia) “If I was a chair I would be a Chesterfield sofa, the leather masculine smell, the buttons that create rhythm on a massive “Se fossi una sedia sarei una poltrona Chesterfield: l’odore seat, the wooden turned legs with small wheels and the maschile della pelle, i bottoni che creano un ritmo visuale memories of Yves Saint Laurent famous portrait” sulla voluminosa seduta, le gambe in legno tornito con Sam Baron, Director of Fabrica’s design department (France) un piccolo ruotino e il ricordo del famoso ritratto di Yves Saint Laurent”. “If I was a chair I would be a seat of a hang glider, Sam Baron, Direttore Design Department (Francia) to see human beings from the top. I could have different perspectives of their lives; enjoy landscapes, freedom “Se fossi una sedia sarei il sedile di un deltaplano, per and fresh air. A dynamic view of everything would be osservare gli esseri umani dall’alto. Potrei vedere prospettive a pleasant discovery” diverse della loro vita; godere del paesaggio, della libertà Valentina Carretta, Product Designer (Italy) e dell’aria aperta. Una visione dinamica di tutto sarebbe una piacevole scoperta.” Valentina Carretta, Product Designer (Italia)
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design sam baron 20.02.2012
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photo credits: www.fermob.com
LUXEMBOURG THE CHAIR LUXEMBOURG (LETT. SEDIA LUSSEMBURGO) CHAIR La “Luxembourg Chair” (lett. Sedia Lussemburgo) è in realtà un omaggio alla Francia, disegnata nel 1923 per il famoso giardino pubblico di Parigi - i cosiddetti “Giardini del Lussemburgo”. Originariamente prodotta dagli atelier tecnici del Comune, è stata più recentemente messa in produzione dalla Fermob, un’azienda francese di mobili per esterno. Si tratta di una semplice sedia per esterni, in alluminio tubolare e lamiera - efficiente per leggerezza ed eleganza, ma insieme resistente e adatta a sopportare l’uso pubblico e il rigore del agenti atmosferici. Esiste in diverse versioni, dalla sedia classica alla panca, alla poltrona. L’interpretazione più interessante è la poltrona bassa, che è il compagno ideale per rilassarsi nel parco, chiacchierando con un amico, o per crogiolarsi al sole d’estate con le gambe distese e un bicchiere di vino in mano. Per apprezzare la sedia dobbiamo apprezzare la sua origine di seduta pubblica per “i Giardini del Lussemburgo”, il famoso parco parigino, che ospita il Senato francese. Questo luogo è noto per la sua atmosfera di serenità – tra prati lussureggianti e sentieri di ghiaia, in una composizione geometrica. Statue in pietra, fontane in bronzo e balaustre decorate arricchiscono il paesaggio. Un gazebo musicale e una giostra antica sono elementi di divertimento,
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The Luxembourg Chair is in reality a homage to France, designed in 1923 for the famous public garden of Paris - the so called “Jardin du Luxembourg”. Originally produced by the city council technical ateliers, and more recently by the French outdoor furniture company Fermob. It is a simple outdoor chair, in tubular and sheet aluminum – efficient in lightness and elegance, yet quietly robust to withstand the rigors of the public use and weather. It exists in different versions from classic chair, bench to armchair. The most interesting interpretation is the low armchair, which is the perfect companion for relaxing in the park, chatting with a friend, or basking in the summer sun with legs outstretched and wineglass in hand. To appreciate the chair we must appreciate its origin, as public seating for “Jardin du Luxembourg”, the renowned Parisian Park, which is home to the French Senate. Such a place is known for its atmosphere of serenity - carpeted in lush lawns and gravel paths, in the geometric Parterre composition. Stone figures, bronze fountains and ornate stone balusters punctuate the landscape. A musical gazebo and vintage carousel provide entertainment, complemented by the Odeon theatre and street café’s occupying the adjacent streets. It is in this environment, and this tone that the Luxembourg Chair was created.
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insieme al teatro Odeon e ai caffè delle strade adiacenti. E’ in questo ambiente, è in questa atmosfera che la “Sedia Lussemburgo” è stata creata. Frederic Sofia ha recentemente ridisegnato la sedia, migliorandone il comfort con l’introduzione di una linea ergonomica più curva. Il progettista ha mantenuto l’essenzialità e l’eleganza del disegno originale, ma ha saputo aggiungere freschezza attraverso una gamma di colori contemporanei e nuove tipologie aggiuntive. Questo efficace revival efficace ha ampliato le possibilità, permettendo all’azienda di raggiungere il mercato di nicchia del contract e dell’abitazione, come terrazze-ristoranti o case private. Gli 89 anni di storia della “Luxembourg Chair” sono la prova del suo fascino semplice e senza tempo. La leggerezza e la socialità intrinseca del pezzo lo rendono eccezionale, trascendendo la robustezza e la praticità dei tradizionali arredi per esterni pubblici. La forma della sedia è indirizza verso la dimensione domestica - ci mettiamo in relazione ai valori della casa e della convivialità. Nel complesso la “Luxembourg Chair” è speciale perché è familiare. Noi ci rallegriamo per il modo aperto in cui ci accoglie.
Frederic Sofia recently redesigned the chair for improved comfort through introducing a more curved ergonomic line. The designer kept the essentiality and elegance of the original design whilst bringing freshness through a contemporary color range and additional typologies. This effective revival broadened the possibilities giving the opportunity for the company to reach contract and domestic niche markets, such as restaurant terraces or private homes. The 89 year legacy of the Luxembourg chair is testament to its simple and timeless charm. The lightness and inherent sociability of the piece makes it exceptional, transcending the robustness and utilitarian blandness of conventional outdoor public furniture. The silhouette of the chair is routed in the domestic – we relate to its values of home and conviviality. Overall the Luxembourg chair is special because it is familiar. We welcome it as openly as it welcomes us.
design FABIO DI BARTOLOMEI 27.02.2012
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Philippe Starck, Juicy Salif
DESIGN: L’INUTILITÀ DELL’UTILE?
DESIGN: THE USELESSNESS OF USEFUL?
Mi chiamo Fabio Di Bartolomei e la mia professione è quella del Designer, quindi, nella comune concezione che si ha di questo termine, progetto cose “belle”, di diverso genere, ma sostanzialmente “belle”. Questo è quello che comunemente si pensa dover trovare nel design ed è anche ciò che di più errato si possa ritenere. Un designer dovrebbe invece essere colui il quale, tramite la sua creatività, produce idee che risolvono alcuni bisogni della vita quotidiana dando ad esse una forma estetica. Essi rappresentano ciò che l’uomo desidererebbe avere anche alle volte senza una precisa consapevolezza. Non voglio essere frainteso, il designer non è il salvatore del mondo, ma può certamente operare affinché con il suo progetto vengano risolti alcuni problemi della quotidianità. Pensiamo ad una maniglia può essere conformata in modo particolare per agevolare la presa ad un portatore di handicap, oppure essere studiata per non aver bisogno di alcuna presa, come quelle a spinta usate nelle porte di sicurezza antipanico, due soluzioni progettuali per uno stesso oggetto ma, per situazioni particolari diverse, ambedue agevolano l’apertura di una porta. Definiamo quindi che cosa è un buon oggetto di design: esso per essere considerato tale deve unire in se tre aspetti importanti, la funzione che è l’analisi sociologica dei bisogni della persona alla quale si rivolge il pensiero del progettista, e nasce all’interno dell’evoluzione storicosociale, la tecnologia che è il mezzo per produrre l’oggetto e l’industria ovvero il rapporto con chi dovrà materializzare quell’oggetto e proporlo quindi al mercato. Fino qui tutto abbastanza semplice. Ma dove stanno le complicazioni? Questo “povero” designer, concedetemi un po’ di sano
My name is Fabio Di Bartolomei and I am a designer by profession; therefore in the common conception of this term I design “beautiful” things, of various types, but substantially “beautiful”. This is what one commonly thinks to find in design and it is also the most mistaken of beliefs. Instead a designer should be the person who, using his/her creativity produces ideas that resolve several needs of daily life while giving them an aesthetic form. These represent what people would like to have, at times even without a precise awareness. I do not wish to be misunderstood, the designer is not a saviour of the world, but he or she can certainly work so that a project resolves several daily problems. Let’s think of a handle that might be produced in conformance in a particular way to facilitate its grip for those with disabilities, or studied so as not to require any grip, such as those pushed open used in the panic safety doors, two solutions designed for the same object but, for different particular situations, both facilitated the opening of a door. Let us therefore define what a good design object is: to be considered thusly it must unite three important aspects, function as a sociological analysis of the needs of the person to whom the designer’s attention is directed, which is born within a historical-social evolution, technology as a means to produce the object and industry, that is to say, the relationship between those who must give concrete form to the object and offer it on the market. This might seem simple. But where are the complications? This “poor” designer – please allow me a bit of healthy self-pity – must combat numerous variables. His or her project, even if in fact perfect, and produced according to all the criteria expressed
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vittimismo, si trova a combattere con numerose variabili. Il suo progetto infatti anche se perfetto, fatto con tutti i criteri prima espressi, viene analizzato da più parti in diverso modo: le aziende gli chiedono un prodotto che sia economico, facile da produrre e magari con pochissimi investimenti; il commerciante lo vuole attraente per la sua clientela, e d’altronde lo deve poi vendere; l’acquirente guarda prima all’immagine che l’oggetto ha quindi al prezzo e forse anche pensa al prestigio che il possederlo può dargli; in seguito, quando arriva a casa incomincia ad adoperarlo e riflette sulla sua funzionalità e sulla facilità d’uso. In quanto ho appena affermato c’è ancora un punto molto importante perché apre un capitolo del mondo del design al quale sia i progettisti sia i produttori dovrebbero pensare di più. La facilità nell’uso dell’oggetto. Ho letto recentemente a tal proposito un libro scritto dallo psicologo Donald A. Norman. Egli rapporta il design a tre Modelli Concettuali diversi; il Modello Progettuale ovvero quanto il progettista ha in mente, le linee guida che lo portano a disegnare quella specifica cosa, affinché la sua creazione sia facilmente usabile. Per ottenere ciò quest’ultimo si basa naturalmente sul suo personale background culturale che è fatto da studio, ricerca, esperienza, caratteristiche le quali tutte insieme stimolano la creatività che sta alla base del progetto; il Modello dell’Utente ovvero quello che l’utente percepisce dall’oggetto per comprenderne l’uso. Questi due modelli dovrebbero coincidere producendo quindi oggetti di facile uso. Il concetto appena descritto molte volte non si attua proprio perché le basi culturali, e per cultura intendo il background al quale mi sono riferito sopra, del designer e del fruitore difficilmente coincidono. Essi si parlano attraverso l’oggetto, le sue forme, colori ecc. e quindi la comprensione dell’uso dello stesso deve avvenire tramite l’Immagine del Sistema. È importante perciò che il designer renda semplice la comprensione dell’uso del suo progetto, affinché ogni cosa si trovi al suo posto ovvero, ubicata dove ci aspettiamo sia. Avevo nel mio studio un fax che rimaneva sempre acceso. Un giorno l’ho dovuto spegnere e per fare questo non trovavo il pulsantino di spegnimento. Non ci ho messo molto, ma ho dovuto guardarlo da più parti, sollevarlo, spostarlo dalla sua posizione che era adiacente al muro, e dietro ad esso in basso ho intravisto l’interruttore nascosto dal vassoio portacarte del fax; certamente la posizione non era quella giusta. Questo è un piccolo e forse banale esempio, ma se lo rapportiamo a molti degli oggetti d’uso comune che ci circondano e che acquistiamo, vedrete che spesso il problema sussiste. Mi viene in mente un oggetto bellissimo: lo spremiagrumi “Juicy Salif” disegnato da Philippe Stark, per capire l’utilità di questo oggetto, bisogna provare ad usarlo, se siete bravi il succo non vi scenderà lungo il braccio...auguri. In sostanza, dare un immagine al sistema comprensibile non vuol dire banalizzarla, essa può benissimo essere forte, innovativa, trasgressiva e quant’altro desideriamo proporre, l’importante è che se parliamo di un oggetto d’uso comune la comprensione della sua funzione e il suo uso stesso sia alla portata del fruitore.
previously, will be analysed by many sectors in different ways: companies will request a product that is cheap, easy to produce and involves perhaps little investment; the merchants would like it to be attractive for their clientele, and of course need to sell the product; the purchaser looks first at the image that the object has and then at the price and perhaps also thinks of the prestige that owning it might offer; later, when they return home, they begin to use it and reflect on its functionality and ease of use. In addition to what I have just mentioned there is still one important point which opens a chapter of the world of design which both designers and manufacturers should consider more in depth: The ease of use of the object. I have recently read a book on the subject written by the psychologist Donald A. Norman. He relates design to three different Conceptual Models: the Project Model, or what the designer has in mind, the guidelines that will bring him to design that particular thing so that the creation will be easily usable. To obtain that, the designers base themselves naturally on their own personal cultural background which is made up of study, research, experience, characteristics which all together stimulate the creativity upon which the project is based; the User Model, or what the user perceives about the object to comprehend its use. These two models should coincide and therefore produce objects of easy use. The concept just described is often not realised because the cultural bases, by which I mean the background indicated above, of the designer and the user, rarely coincide. Those bases speak through the object, its shapes, colours etc. and therefore comprehension of its use must come through a System Image. It is important therefore for the designer to simplify comprehension of the use of the project, so that each thing finds its own place, located where we expect it to be. I once had in my studio a fax that was always switched on. One day I had to switch it off, and to do this I could not find the “off” button. I did not take very long, but I had to examine it at many angles, lift it up, shift it from its position next to the wall, and behind it at the bottom I glimpsed a switch hidden by the paper tray of the fax; certainly the position was not the right one. This is a minor and perhaps banal example, but if we relate that to many of the objects of common use which surround us and which we purchase, you will see that the problem often exists. A beautiful object comes to my mind; the orange-squeezer “Juicy Salif” designed by Philippe Stark, to understand the utility of this object, you must try to use it. If you are good the juice will not drop along your arm... good luck. In effect, offering a comprehensible system image does not mean rendering the object banal – it may very well be strong, innovative, rebellious and anything else we wish to propose; what is important is that if we speak of an object of common use, the comprehension of its function and its use must be accessible to the user.
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ARCHITECTURE GIOVANNI CORBELLINI 15.02.2012
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photo credits: www.new-territories.com
DECOMPOSIZIONE ARCHITETTONICA
ARCHITECTURAL DECOMPOSITION
Che la contemporaneità non riesca più a produrre rovine, ma solo rifiuti (come ha recentemente sostenuto un sempre più apocalittico Marc Augé), è un destino concretamente presente. La complessità delle nostre organizzazioni economiche e sociali tende infatti a esigere risposte immediate a desideri in continua evoluzione, orientando verso una estrema specificità, qui e ora, ogni tipo di produzione, compresa l’architettura. La ridondanza materiale, strutturale, e tipologica cui le strategie “durevoli” di tradizione vitruviana si affidavano per affrontare mutamenti e imprevisti è quindi diventata progressivamente inservibile. Tanto che il vero monumento della nostra epoca è un edificio concepito per essere temporaneo: la Tour Eiffel, simbolo tenuto in vita artificialmente (grazie a una continua manutenzione) di quella condizione di usura del senso e della fisicità materiale che costituisce l’orizzonte pervasivo e inevitabile dello Junkspace descritto da Rem Koolhaas. L’accelerazione del ciclo produzione-consumo comporta allora la trasformazione del rifiuto in materiale della ricerca “avanzata” di arte e architettura. Un’attività di riciclo fisico e concettuale nella quale spicca il gruppo di architetti francesi R&Sie(n), capaci di estrarre dalle materie più entropiche ed esauste insospettabili qualità operative. Con il progetto di un padiglione biodegradabile,
That modernity no longer manages to produce ruins, but only rubbish (as recently argued by an ever-more apocalyptic Marc Augé), is a fate that seems quite concrete at the moment. The complexity of our economic and social organisations tends in fact to demand immediate answers to desires in continuous evolution, oriented toward extreme specificity, here and now, every type of production including architecture. The redundancy of material, structure and types that the “lasting” strategies of Vitruvian tradition entrust to face the changes and unpredicted occurrences has therefore become progressively useless. Such that the true monument of our age is a building conceived of as temporary: the Eiffel Tower, a symbol kept alive artificially, (thanks to continual maintenance) of that condition of wear and tear regarding the sense and material physicality that makes up a pervasive and inevitable horizon of Junkspace described by Rem Koolhaas. The acceleration of the production-consumption cycle leads then to the transformation of waste into “advanced” research material of art and architecture. An activity of physical and conceptual recycling in which stands out a group of French architects R&Sie(n), capable of extracting from the most exhausted and entropic material unsuspected operating qualities. With the project of a biodegradable pavilion, experimented as an installation in a Danish gallery and
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sperimentato come installazione in una galleria danese ed esteso a dimensioni in grado di ospitare un evento espositivo in un successivo progetto per Stoccolma, François Roche e Stephanie Lavaux invertono significativamente il processo. Le loro “cose necrotiche”, realizzate con polimeri di origine vegetale, accelerano i processi di decadimento chimico e biologico e, insieme, la spirale di paure e desideri, disgusto e attrazione legata al rapporto tra natura e artificio (con il vantaggio specifico di abbattere i costi e le esternalità legate a smontaggio, stoccaggio e smaltimento). La perdita di definizione cercata, rappresentata, simulata in molte delle più interessanti proposte recenti trova così effettiva realizzazione nel progressivo scioglimento della struttura: un esperimento letterale e fenomenico di decomposizione architettonica.
extended to dimensions capable of hosting an exhibition event as a successive project for Stockholm, François Roche and Stephanie Lavaux significantly invert the process. Their “things which necrose”, produced with polymers of vegetable origin, accelerate the processes of chemical and biological decay, and together, the spiral of fears and wishes, disgust and attraction linked to the relationship between nature and artifice (with the specific advantage of lowering costs and externalities linked to disassembly, storage and disposal). The loss of definition sought, represented and simulated in many of the most interesting recent proposals thus finds its effective realisation in the progressive dissolution of the structure: a literal and phenomenal experiment of architectural decomposition.
“things which necrose” Denmark 2009 + Sweden 2010 Architect: R&Sie(n)… Paris Creative team: François Roche, Stéphanie Lavaux Collaborator: Maxime Aumon-Bemelmans Contractor: CHD / Christian Hubert Delisle Key dimensions: 10 m² (Denmark) + 400 m² Stockholm Client: - Louisiana Museum of Modern Art, Denmark. Kjeld Kjeldsen, Arne Schmidt-Petersen - Stockolm 2010, Sweden. Jan Aman, Färgfabriken / Jacob Fant, Rewir
Cost: 60 000 euros + 1.5 m euros Design: Limited time span & biodegradable pavilion + prototype Scenario: 1- Developing a bio-plastic with hydro-soluble polymer from agriculture; 2- Designing a paneling relief, integrating membrane and structure of the building, which could be strategically and slowly “necrosed” by the control of the degree of humidity in atmosphere; 3- Developing the injection mould by CNC machine processing, 5 axes; 4- Adding some mist nozzle to emphasize or reduce this disappearing protocol, as a dimmer system; 5- Adjusting the life span of a temporary building (one floor for the first experiment), from its construction to its melting down.
ARCHITECTURE FILIPPO SAPONARO 29.02.2012
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IL LUOGO RIPRESO
THE RECOVERY OF A PLACE
Quattro anni fa ebbi il piacere di fare una gita nel cuore della Val d’Orcia toscana. Qui venni invitato a visitare il rudere di un’antica cascina ricca di fascino. I proprietari, lei goriziana e lui veneziano, una coppia colta da sempre nella ristorazione, mi avevano raccontato l’intenzione di realizzare un agriturismo con poche camere accoglienti e di voler produrre alimenti di alta qualità nel rispetto della terra e dell’ambiente. L’edificio, anche se in condizioni pessime, mi trasmise suggestioni uniche e intuii un potenziale recupero di qualità: pietra, mattoni e legno al centro di una vallata circondata da boschi, in lontananza solo qualche luce della vita contemporanea. Il luogo era magico e sembrava di essere tornati indietro nel tempo. L’anno scorso, all’epoca della mia seconda visita, il cantiere era avanzato, ma i lavori da fare erano ancora molti. La ristrutturazione si è però rivelata subito molto interessante, sia per il progetto architettonico che per quello tecnologico. L’architetto incaricato si è dimostrato attento alle esigenze dei committenti operando in modo discreto, senza scivolare in vezzi modaioli o in elementi stilistici particolarmente riconoscibili. L’approccio sensibile al progetto ha trovato continuità nelle realizzazioni tecniche ed impiantistiche e si è infine rispecchiata nella scelta dell’arredo. Il riscaldamento è risolto a parete e rilascia il calore uniformemente per irraggiamento con un sistema
Four years ago I had the pleasure of taking a trip to the heart of the Val d’Orcia in Tuscany. I was invited there to visit the ruins of an absolutely fascinating old farmhouse. The owners, she from Gorizia and he from Venice, a couple long engaged in the food and beverage industry, had told me of their intention to open an agro-tourist restaurant with a few welcoming bedrooms and offer high-quality repast while respecting the land and the environment. The building, although in terrible condition, transmitted unique images to me and I could perceive a potential renovation of great quality: stone, brick and wood at the centre of a valley surrounded by forests, with a few contemporary lights off in the distance. The place was magic and seemed to come from somewhere back in time. Last year, at the time of my second visit, the worksite was well advanced, but there was still a lot of work to be done. The renovation had turned out to be very interesting, both for their architectural and technological design. The architect in charge was very careful to pay attention to the needs of his clients, operating in a discrete fashion, without falling into overly trendy fashions or using especially recognisable stylistic elements. The rather sensitive approach of the project found continuity in the technical and utility elements and in the end was reflected in the choice of furnishing. The heating was installed through the walls and radiates warmth uniformly using a system that seems invented
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che sembra inventato sul posto, per il quale gli originali muri di pietra e mattoni sono stati leggermente assottigliati solo dove necessario. Tutti i materiali utilizzati sono legati alla bioedilizia: lo strato di paglia a contatto con il muro, la serpentina di tubi di rame e le pareti intonacate mescolando calce naturale, argilla e paglia d’orzo. La scelta dell’intonaco d’argilla è stata dettata da considerazioni d’ordine estetico, ma si tratta comunque di prodotti naturali, igienici, dotati di qualità tecniche molto elevate. Il tetto ventilato è stato realizzato con travi in massello d’abete, accostate e tassellate con perni di legno duro senza l’utilizzo di colle e chiodi. Quando sono ritornato, un mese fa, l’agriturismo era già in funzione e il risultato ha incontrato perfettamente le mie aspettative. Le finiture sono state realizzate nel rispetto della tradizione, usando materiali naturali, non alterati da vernici o protettivi. Il legno è stato oliato e le pietre bocciardate o lasciate a spacco. Il pasto serale viene rischiarato da candele e poche luci calde e il tutto richiama la semplicità conventuale fatta di pochi elementi essenziali. Gli arredi delle camere seguono linee pulite e nella sala da pranzo, pur nella commistione di stili, ogni cosa sembra occupare il proprio posto da sempre: panche antiche e tavoli recuperati sono stati sapientemente accostati a sedie friulane della tradizione o dal design contemporaneo, come quelle di Walter Toffoloni, tutte lasciate rigorosamente al naturale. L’edificio, interpretato con saggezza ed entusiasmo, ha ritrovato la propria anima.
exactly for the place, for which the original stone and brick walls were rendered slightly thinner only where necessary. All the materials used with related to bio-construction: the layer of straw in contact with the wall, the coil of copper tubes and the walls covered in natural lime, clay and barley straw. The choice of clay coating was dictated by aesthetic considerations, but they were anyway natural and hygienic products possessing highly technical qualities. The ventilated roof was built with solid fir beams, crossed and blocked with hardwood pegs, avoiding the use of glue and nails. When I returned one month ago, the agro-tourist restaurant had already been built in respect of tradition, using natural materials that were not altered by paints or protective coatings. The wood was oiled and the stones were bushhammered or left cut. The evening meal was brightened by candles and a few soft lights and everything reminded one of a monastic simplicity made up of a few essential elements. The furnishings in the bedrooms and in the dining room follow clean lines, and although featuring a mixture of styles, each object seems to have occupied its own proper place forever. Old-fashioned benches and renovated tables have been skilfully juxtaposed with Friulian chairs with traditional or contemporary design, such as those by Walter Toffoloni, all left rigorously in a natural state. The building, interpreted with wisdom and enthusiasm, had once again achieved its proper soul.