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on stage
TRENDS
14.05.2012 PAOLA TREPPO
07.05.2012 mustafa sabbagh
LE SEDIE NELL’ARTE DI MARCO AZZOLA CHAIRS IN THE ART OF MARCO AZZOLA
ECOGRAFIA ANTI-POP ANTI-POP ULTRASOUND
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16.05.2012 MARCO BROLLO
IL MEDIUM DI CARTA PAPER AS A MEDIUM
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18.05.2012 NICOLA PRESSI
TWITTER TWITTER
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Direttore Responsabile Rosalba Tello Direttore Editoriale Carlo Piemonte Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1. E' consentita la diffusione on line del Periodico ed è consentito l'utilizzo dei testi contenuti nel magazine citando i riferimenti dell'autore con link all'articolo di riferimento sul sito www.italian-chair-district.it. E' vietata la riproduzione in forma cartacea del "Take a Seat" Magazine.
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DESIGN
ARCHITECTURE
11.05.2012 FABIO DI BARTOLOMEI
09.05.2012 giovanni corbellini
RAPID PROTOTYPING & RAPID TOOLING RAPID PROTOTYPING & RAPID TOOLING
THILO FOLKERTS E RODNEY LATOURELLE, JARDIN DE LA CONNAISSANCE THILO FOLKERTS AND RODNEY LATOURELLE, JARDIN DE LA CONNAISSANCE
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31.05.2012 Design Team Fabrica
23.05.2012 MARCO RAGONESE
CHAIR NO4 - SEARCHING FOR CASSIOPEIA CHAIR NO4 - SEARCHING FOR CASSIOPEIA
SCRIGNI MUTANTI: DUE INTERNI CARNICI DI CESCHIA E MENTIL ARCHITETTI ASSOCIATI CHANGING TREASURE CHESTS: TWO CARNIC INTERIORS BY CESCHIA AND MENTIL ASSOCIATED ARCHITECTS
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LE SEDIE NELL’ARTE DI MARCO AZZOLA
CHAIRS IN THE ART OF MARCO AZZOLA
Marco e la sua sedia da pittore. Marco e il suo cavalletto. Marco e la sua casa. Quasi una baita, ai piedi della collina, al buio, in un angolo fuori dal centro dove i raggi del sole filtrano attraverso i vetri delle finestre solo per poche ore al giorno. Ma lì, vicino alla stufa a legna, d’inverno, e sull’erba, d’estate, c’è sempre luce. È la sua. E basta, per chi ha la fortuna di cogliere il vero, al di là di tutte le apparenze. Ma come c’è finito, Marco, in mezzo a noi? Che sembra un’extraterrestre, un alieno? I critici d’arte lo descrivono come disadattato, privo di relazioni sociali, con una vita tormentata e oscura, ai margini. Ma i suoi quadri, le creature nate dalle sue mani, raccontano di un animo infinitamente grande e sensibile. Centinaia di tele a olio sparse, in 46 anni di vita d’artista, un po’ in tutto il pianeta: dall’Italia, al Canada, alla Grecia, all’Australia. Perché chi l’ha conosciuto, Marco, e poi se n’è andato a vivere all’estero, ha voluto portare con sé un quadro a sua firma, un paesaggio della Pedemontana friulana. E lo conserva gelosamente. Come pezzo di storia intima, come radice della terra natia, come segno del fare italiano più vicino. “La mia sedia e il mio cavalletto.. e un paesaggio. O una vecchia foto. Non mi serve altro”. Se non i ricordi. O le memorie di amori passati, che gli sono rimasti dentro. La musica del cuore che batte sempre all’immagine della mamma e del papà che l’hanno lasciato quando era ancora ragazzo. Marco vive di poesia e d’aria. Di sguardi.
Marco and his painter’s chair. Marco and his trestle. Marco and his house. Almost a mountain hut, at the foot of a hill, in the dark, in a corner outside the town centre where the rays of the sun filter through the window panes only for a few hours a day. But there, near the wood-burning stove in winter, and on the grass in summer, there is always light. It comes from him. And it is enough for those who are lucky to capture truth, beyond all appearances. But how did he wind up here, Marco, among us? Seeming like an extraterrestrial, an alien? The art critics describe him as a misfit, without social relations, with a dark and tormented life at the margins. But his paintings, creatures born of his own hands, recount an infinitely sensitive and great soul. Hundreds of scattered oils on canvas, in 46 years of life as an artist, throughout the planet: from Italy to Canada, Greece, Australia. Because those who have known him, Marco, and then gone to live abroad, have wanted to bring along a painting with his signature, a landscape of the Friulian foothills. And they preserve it jealously. Like a bit of intimate history, like a root from the native land, like a close symbol of being Italian. “My chair and my trestle… and a landscape. Or an old photo. I need nothing more”. If not the memories. Or the memories of past loves that have remained inside him. The music of the heart that beats always to the image of the Mama and Papa that left him when he was still a boy. Marco lives from poetry and air. From glances.
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Le mani nodose, il volto segnato dal tempo, dal dolore ma anche dall’emozione immensa che solo la comprensione della natura, anche di quella dell’uomo, sanno dare. Marco, Marco Azzola, è nato a Tarcento, la Perla del Friuli, la Città del fuoco e dell’acqua, nel nord dell’Italia, il 6 luglio del 1948. E da allora ha vissuto più di un’esistenza. Si ritiene allievo spirituale di Van Gogh anche se la sua arte ricorda molto di più Antonio Ligabue. Allievo di Giampietro Nimis, ha cominciato a dipingere già a 6 anni e da allora non ha smesso più. Ricercato da collezionisti e amanti della sua singolare, unica e del tutto peculiare modalità espressiva, che non si rifà a nessuno se non al suo sentire, Marco vive dipingendo e dipinge la vita. Null’altro. E lo fa sulla sua sedia, in legno e paglia, una sedia che nessuno vorrebbe più ma che ha una storia familiare intima e personale, che non si può raccontare con le parole. “Mi servono una sedia, una tela, pennelli e colori”. Anche la calma, il silenzio della giornate piovose, o di quelle assolate, di un primo pomeriggio di agosto. Ed ecco, da quella sedia, da quelle mani, uscire capolavori d’arte di un’originalità assoluta. Marco, che nel 2013 sarà protagonista di una nuova mostra personale, non si cura dei dettagli: “tutta materia, il mondo va alla rovescia, non c’è umanità” dice, avvolto nella sua giacca. Nato il 6 luglio, del segno del cancro, con una sensibilità oltremodo spiccata, ha scelto di essere solo ma non di sentirsi solo. Ama lo solitudine perché vive in sintonia con la natura che lo circonda, a volte benevola a volte malevola. “È il mistero dell’esistenza” dice con un sorriso, e poi ti abbraccia. “L’arte, la creazione, la scelta di dedicarsi completamente all’ideazione, l’amore per il bello e per ciò che piace e ci fa respirare l’amina, che la nutre.
His knotted hands, his face marked by time, by pain but also by the immense emotion that the comprehension of nature, including that of man, knows how to give. Marco, Marco Azzola, was born in Tarcento, the Pearl of Friuli, the City of Fire and Water, in the north of Italy on 6 July 1948. He has lived more than one existence since then. He considers himself a spiritual pupil of Van Gogh, even if his art reminds one more of Antonio Ligabue. A student of Giampietro Nimis, he began to paint at 6 years old and has never stopped since then. Sought after by collectors and fans of his singular, unique and thoroughly peculiar expressive modality, which imitates nothing except his own feelings, Marco lives to paint and paints life. Nothing else. And he does it on his chair, of wood and straw, a chair that nobody would want any more but which has an intimate familiar story that cannot be recounted with words alone. “I require a chair, a canvas, brushes and colours”. And tranquillity, the silence of rainy or sun-drenched days, in an early August afternoon. And here, from that chair, from those hands, comes forth those masterpieces of art with their absolute originality. Marco, who will be the protagonist of a new personal exhibition in 2013, pays no attention to detail: “everything is material, the world is upside-down, there is no humanity left” he says, wrapped in his jacket. Born on 6 July, under the sign of Cancer, with an incredibly strong sensitivity, has chosen to be alone but does not feel lonely. He loves solitude because he lives in harmony with the surrounding nature, at times benevolent and at times malevolent. “This is the mystery of existence” he says with a smile, and then embraces you. “Art, creation, the choice to dedicate oneself to conception, the love for beauty and
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LE SEDIE NELL’ARTE DI MARCO AZZOLA
CHAIRS IN THE ART OF MARCO AZZOLA
Queste sono le uniche ancore di salvataggio per l’uomo di oggi. Il resto è un andare e venire da posti sempre uguali. Il nuovo e il bello che c’è in noi, se abbiamo il dono di poterlo trovare e comunicare, sono racchiusi nella creazione: della musica, della parola, della linea delle forme che diamo agli oggetti che arredano la nostra vita e che comunicano quello che abbiamo dentro. Una ricchezza immensa. Sarà quanto porteremo con noi, un giorno, quando ce ne andremo. E sarà questo quello che lasceremo in eredità a chi ci seguirà. Creare, ideare e sognare significa dare una speranza, accendere la luce dove per secoli c’è stato buio. Non importa a che costo, sia pur quello della vita”. Marco ha partecipato a una dozzina di mostre collettive ed è stato protagonista anche di alcune personali. È l’emblema dell’uomo al passaggio di due millenni, alla continua ricerca di un equilibrio tra l’essere e l’avere, tra il dare e il chiedere, tra il vivere e il morire, tra una dimensione e l’altra. Un equilibrio che gli permetta di vivere quel che gli resta ancora, con la sua grande dignità di essere umano.
to what we like and what makes the soul breathe, what feeds it. These are the only anchors of salvation for today’s man. The rest is about coming and going to places that are always the same. The new and beautiful inside of us, if we have the gift of finding and communicating it, are contained in creation: of music, words, of the lines of shapes that we give to objects that furnish our lives and communicate what we have inside. An immense wealth. This is what we will take with us one day when we leave this world. And this is what we will leave as an inheritance to those who follow us. Creating, conceiving and dreaming means giving hope, lighting a candle where there was darkness for centuries. It does not matter at what cost, even life itself”. Marco has participated in a dozen collective exhibitions and has been the protagonist also of several personal ones. He is the symbol of man at the passage of two millennia, in continual search for balance between being and having, between giving and asking, between living and dying, between one dimension and another. A balance that permits him to live out the remaining days with his own great dignity of being human.
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TRENDS MUSTAFA SABBAGH 07.05.2012
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photo credits: www.stefaniabonatelli.com
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ECOGRAFIA ANTI-POP
ANTI-POP ULTRASOUND
La follia del consumatore “pop” sta nella sua voglia di vivere e rivivere la stessa emozione quasi al infinito, vedere e rivedere le stessi immagini già consumate del momento della loro apparizione. Sarebbe stato per me molto scontato ed accattivante scegliere questa volta un tema del genere, un personaggio che fa già tendenza dal momento che si è già imposto sui web-media e media. Allora io vi regalo una visone anti-POP. Dopo avere per tanto tempo osservato il lavoro di una artista intimo ed intimista come Stefania Bonatelli. Cosa è più intimo di una chiacchiera con Stefania: 1. Immaginare una mostra d’arte come un abito ha un senso? Sì, certamente sì se è una ‘personale’; quando raccolgo ed espongo le mie opere manifesto ai miei interlocutori, al mio pubblico, chi penso di essere e come voglio essere percepita da loro, che cosa sono in grado di offrire, propongo la mia visione del mondo, al medesimo modo come quando indosso un abito che, consapevolmente o no, scelgo per mia presentazione, a volte curando certi dettagli che all’osservatore acuto dicono ancor di più di quanto io intenzionalmente intenda comunicare. La differenza è che l’abito è diverso a seconda delle circostanze, perciò di volta in volta rivela un certo aspetto della mia personalità, mentre un’esibizione copiosa della mia produzione artistica fornisce all’osservatore una visione globale di me, almeno della me di quel momento. Lo stesso vale se la mostra raccoglie le opere di un gruppo omogeneo, di una scuola, ma non se l’esposizione presenta opere di artisti di tendenze
The folly of the “pop” consumer lies in their desire to live and re-live the same emotion almost ad infinitum, to see and see again the same images already worn out from the moment of their appearance. It would be for me very predictable and captivating to choose this time a theme of that type, a personality that is already trendy from the moment that they have already imposed themselves on the media and web-media. So I am going to gift to you my anti-POP vision. After having observed the work of an intimate and intimist artist like Stefania Bonatelli. What is more intimate than a chat with Stefania? 1. Is there any sense in imagining an art show like a suit or dress? Yes, certainly yes if it is ‘personal’; when I collect and exhibit my works I show to my interlocutors, to my public, who I believe I am and how I wish to be perceived by them, what I am able to offer; I propose my vision of the world, in the same way as when I wear a dress that, consciously or not, I choose for my own presentation, at times paying attention to certain details that say even more to the sharp observer than I might intend to communicate intentionally. The difference is that the dress differs according to circumstance, and therefore it reveals each time a certain aspect of my personality, while a detailed exhibit of my artistic production offers the observer an overall vision of myself, at least in that moment. The same is true if the exhibit collects the works of a homogeneous group, of a school, but not if the exhibit presents works of artists from various tendencies; then,
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varie, allora non può essere paragonata ad un abito, ma a uno zibaldone, a una miscellanea e se dietro c’è una scelta discriminante ad un’antologia. 2. Nelle crisi economica attuale come si fa a fare arte e mostrare l’arte? La crisi economica stimola la creatività e induce a trasformarla in pittura, in fotografia, in poesia, perché il ridotto accesso ai beni materiali favorisce l’emergere del ‘vero’, riscopre i valori fondamentali della vita... e, appunto, dell’arte. Anche mostrarla ha un senso, come invito alla contemplazione che non arricchisce di meno di un possesso. 3. Dimenticando il fattore numeri “e consumo “ ha senso nel 2012 parlare di cultura settoriale quando veniamo attraversati di milioni di informazioni eterogenei (vedi il web)? Per me nulla è settoriale, la mia visione è olistica, da sempre, prima della cosiddetta globalizzazione, prima di web; tutto influenza tutto, e non solo nell’arte, nulla sarebbe come è senza tutto il resto. I miei scatti risentono della storia, dell’architettura della musica della guerra del clima e di tutti gli eventi del mondo, noti o ignoti che mi siano. Ogni mio scatto è la sintesi di ciò che è entrato in me in quarant’anni di vita ed è secondario che io ne abbia o non ne abbia memoria e consapevolezza. 4. In quale direzione sta andando l’arte moderna? Non lo so. Forse non in un’unica direzione. Una parola per definire.
it cannot be compared to a dress, but to a hotchpotch, a mix, and if there is a discriminating reason behind the choices, to an anthology. 2. How does one manage to produce art and exhibit art in the current economic crisis? The economic crisis stimulates creativity and induces us to transform that into a picture, a photograph, a poem, because the reduced access to material goods favours the emergence of what is ‘real’ re-discovering the fundamental values of life... and, of course, art. Even exhibiting art has a sense, like an invitation to contemplation which does not enrich us any less than a possession. 3. Forgetting the numbers factor “and consumption” does it make any sense to speak of cultural sectors in 2012 when we are crossed by millions of heterogeneous bits of information (the web)? For me nothing is confined to one sector, my vision is holistic and has always been, even before the so-called globalisation or before the web; everything influences everything else, and not only in art, as nothing would be as it is without the rest. My photos reflect history, architecture, music, war, climate and all the events of the world, known or unknown to me. Every shot of mine is the synthesis of what has entered me in forty years of life and whether or not I remember or am aware of it is secondary. 4. What direction is modern art going in? I don’t know. Perhaps not in a single direction. A word to define.
Martin margela: ologramma Sasha Waltz: sequenze Rem Koolhaas: agnosco Caravaggio: fotoreggetore Werner Herzog consiglio Jean Genet: uggioso
Martin Margela: hologram Sasha Waltz: sequences Rem Koolhaas: agnosco Caravaggio: photo-rejector Werner Herzog advice Jean Genet: dreary
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trends MARCO BROLLO 16.05.2012
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IL MEDIUM DI CARTA
PAPER AS A MEDIUM
Una delle mie abitudini quotidiane è cercare, rovistare, documentarmi e raccogliere qualunque cosa, significativa o apparentemente inutile. Credo si possa considerare una di quelle “naturali inclinazioni” che la Legge italiana difende con vigore per tutelare lo sviluppo e la formazione della prole, secondo le proprie specifiche attitudini. Mia madre maledisse più volte i legislatori che promulgarono quella norma perché, di fatto, la ammanettavano impedendole di porre un freno alle mie abitudini che (diciamocelo pure) per una madre suonano come una tortura psicologica prima ancora che fisica. Malediceva i Padri Costituenti specialmente quando mi vedeva rientrare a casa con borse colme di oggetti sconosciuti, interessanti frammenti di origine inquietantemente organica, oggetti e pezzi di qualunque cosa. Forse non erano gli oggetti in sé a turbarla quanto i micro-mondi di batteri che sicuramente li popolavano e che lei sapeva avrebbero diviso con me vitto e alloggio. Io e lei ingaggiavamo vere guerre di resistenza fatte di sottrazione-riappropriazione reciproca di reperti, giochi di forza che la vedevano ineluttabilmente sconfitta per via delle norme di legge che io citavo all’occorrenza, facendola capitolare all’istante. Questi stessi oggetti e minuterie che lei guardava con orrore si sono poi rivelati essenziali (dopo anni di giacenza in scatole, dentro borse dentro scatole dentro altre borse) per trovare colori, forme, sensazioni materiche indispensabili per il mio lavoro. Ho incontrato Lucas Simões durante una di queste battute di caccia. Ero alla ricerca di cose che avessero fori, buchi, aperture. Mi interessava trovare qualcosa attraverso cui poter guardare luoghi anche molto diversi dai quali
One of my daily habits is to seek, rummage, document and collect everything, both significant and apparently useless. I think this might be considered one of those “natural inclinations” that Italian law defends vigorously to defend the development and education of children, according to their own specific aptitudes. My mother cursed the law-makers many times for having established that rules, because in effect it handcuffed her, stopping her from putting the brake on my habits which (let’s admit it) for mother sound like a torture that is psychological even before being physical. She cursed the Founding Fathers especially when she saw me coming home with bags full of unknown objects, interesting fragments of disquieting organic origin, objects and pieces of anything. Perhaps it was not the objects themselves that bothered her as much as they micro-worlds of bacteria that certainly populated them and which she knew would have shared room and board with me. She and I fought true wars of resistance consisting in the reciprocal removal and re-appropriation of my finds, games of strength that saw her inevitably defeated under the law which I would cite when needed, causing her to capitulate instantly. This same objects and minutiae which she looked on with horror have since revealed themselves to be essential (after years of lying around in boxes, inside bags inside boxes inside other bags) to discover colours, shapes and indispensable material sensations for my work. I met Lucas Simões during one of these hunting trips. I was looking for things with holes, cuts, openings. I was interested in finding something through which to look at places that were very different from where I found myself, something that might resemble
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mi trovavo, qualcosa che somigliasse ad una staccionata impenetrabile con un buco oltre il quale si potesse (volendo) intravedere la campagna inglese con le pecore dal muso nero che scorrazzano. Sostanzialmente cercavo dei “ponti”, importanti non per il loro valore materiale quanto per la loro funzione di traghettatori logici e per la loro capacità di curvare e distorcere lo spazio e il tempo tanto da bypassare molte delle leggi fisiche conosciute. In questo senso la ricerca grafica di Lucas Simões è un “ponte” perfetto. La stratificazione e i tagli che contraddistinguono la maggior parte dei suoi lavori sono, prima di ogni cosa, un concetto e, solo poi, un atto grafico. Potremmo definirlo davvero un “Medium” (riappropriandoci della pronuncia latina della “e” forse si apparirà un po’ snob ma, allo stesso tempo, sarà più immediato collegare questo termine al suo significato originario di “tramite”). Lucas infatti ci traghetta dal luogo nel quale ci troviamo dentro ad un “multiverso” complesso e senza riferimenti spaziali conosciuti. Foto, libri, strati su strati, tagli, buchi e bruciature di buchi diventano geometrie che incurvano lo spazio e deformano il tempo. Nel ciclo “desmemórias” ci fa attraversare le carni, in “desretratos” ci fa manipolare la struttura della materia stessa scavandola, in “desmanches” ci da in mano una scure con cui frammentare e ricomporre la parola. Per me il lavoro di Lucas Simões è un vero e proprio mezzo per raggiungere altri luoghi, un ponte, un tramite, un Medium. Posso affermare con certezza che, fin da piccolo, imparare a rovistare ovunque è stato essenziale anche per poter incontrare Lucas oggi. Ringrazio Lucas per la gentilezza nel concedermi di proporvi il suo lavoro, ringrazio la legge italiana che ha tutelato questa mia predisposizione alla ricerca, e ringrazio anche mia genitrice perché ha dato la possibilità ad un figlio di dire “te l’avevo detto” alla propria madre, sovvertendo le regole stesse della natura.
an impenetrable fence with a hole and beyond which (with the right fantasy) it was possible to make out the English countryside with black-faced sheep scampering about. In essence I was looking for “bridges” that would be important not for their material value as much as for their function of logical transport and their ability to curve and distort space and time, bypassing many of the known physical laws. In this sense the graphic research of Lucas Simões is a perfect “bridge”. The stratification and the cuts that distinguish the majority of his works are, before anything else, a concept and only then a graphic act. We might truly define it a “Medium” (re-appropriating this from the Latin pronunciation of the letter “e” perhaps it will seem a bit snob, but at the same time, linking this term to its original meaning of “intermediary” will be quicker). Lucas in fact transports us from the place where we find ourselves into a complex “multi-verse” without known spatial references. Photos, books, layer upon layer, cuts, holes and burnt holes become geometries that curve space and deform time. In his “desmemórias” cycle he transports us across flesh, in “desretratos” he manipulates the structure of the material itself by digging into it, in “desmanches” he hands us an axe to be used in splitting and recomposing words. In my opinion, the work of Lucas Simões is a genuine means to reach other places, a bridge, an intermediary, a Medium. I can affirm with certainty that since childhood, learning to rummage about everywhere was also essential to being able to meet Lucas today. I thank Lucas for his kindness in granting me the possibility of presenting his work, I thank the Italian law that defended this aptitude of mine for research and I also think my mother because she gave the possibility to a son to say “I told you so” to one’s own mother, thus subverting the laws of nature.
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Twitter, Twitter, Twitter! Da un po’ di tempo è sulla bocca di tutti, eppure in Italia è una moda/tendenza scoppiata molto più tardi rispetto ad altri paesi. Di cosa parliamo? Ma di Twitter! Tanto per cominciare cos’è questo “nuovo” social network? Quali sono le sue caratteristiche? Che differenze ci sono rispetto al più conosciuto Facebook? Iniziamo dalla fine con una citazione che mi piace un sacco e che secondo me spiega molto bene la differenza tra i due social di maggior successo al mondo: Facebook è un social network utile per ricevere aggiornamenti sulle persone con cui si è andati a scuola, Twitter è un social network utile per ricevere aggiornamenti con le persone con cui AVREMMO VOLUTO andar a scuola. Questa, in sostanza, è la differenza che sta alla base di tutto. Twitter ci permette di ricevere gli aggiornamenti dai nostri idoli, dalle persone che stimiamo e che vorremmo fossero davvero nostre amiche. Non c’è bisogno che loro autorizzino la nostra amicizia, è tutto più semplice e più veloce. Eppure sento in continuazione frasi del tipo “ma come funziona Twitter? ...non ci capisco niente!” oppure “meglio Facebook, è più semplice!”. Più semplice Facebook? Facebook ci dà la possibilità di inserire aggiornamenti di stato, foto, video, eventi, applicazioni, giochi, gruppi, domande. Twitter invece dà la possibilità di scrivere 140 caratteri, stop. Ok, non è esattamente così, perché anche Twitter in qualche modo permette di condividere un sacco
Twitter, Twitter, Twitter! For some time it has been on everybody’s lips, and yet in Italy it is a fashion/tendency that has exploded quite late with regard to other countries. What are we speaking about? Twitter, of course! Just to begin with, with is this “new” social network? What are its features? What differences does it offer compared to the better known Facebook? Let’s start from the end with a citation that I like a lot and which in my opinion explains the difference between the social networks with the greatest success in the world: Facebook is a social network that is useful to receive updates on the persons one went to school with. Twitter is a social network that is useful to receive updates with the people we WOULD HAVE LIKED to go to school with. This, in effect, is the difference at base. Twitter permits us to receive updates from our idols, from the people we respect and that we would really like to be our friends. No need for them to authorise our friendship, everything is faster and simpler. And yet we still hear phrases continually like “But how does Twitter work?... I don’t understand anything!” or “Facebook is better, it’s simpler!” Facebook is simpler? Facebook gives us the possibility to enter updates regarding status, photos, videos, events, applications, games, groups and questions. Twitter instead gives you the possibility to write 140 characters, stop. OK, not exactly like that, because Twitter also permits you in some way to share lots of content, but it has not been
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di contenuti, ma non è riuscito fino ad ora ad entrare nel cuore degli utenti italiani quanto il rivale piÚ rinomato. Eppure Twitter rimane uno degli strumenti piÚ importanti anche nel mondo del lavoro. Tutte le aziende attente al mondo del web hanno un account su Twitter che seguono in maniera scrupolosa, facendo molta attenzione a quello che si dice in rete di loro.
able until now to enter the hearts of Italian users as much as its better known rival. And yet Twitter remains one of the most important instruments in the world of work. All the companies that watch the world of the web have an account on Twitter which they follow scrupulously, paying close attention to what is said about them on the net.
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DESIGN FABIO DI BARTOLOMEI 11.05.2012
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RAPID PROTOTYPING & RAPID TOOLING
RAPID PROTOTYPING & RAPID TOOLING
Nel mondo del design ciò che spesso fa nascere cambiamenti sostanziali di pensiero, è il modificarsi delle esigenze che l’industria produttrice ha e che è conseguenza di una modificazione delle richieste del mercato. Quest’ultimo, come ho avuto già modo di scrivere su queste pagine, è costituito da persone alle quali il produttore si rivolge per cui sono proprio le loro esigenze a stimolare il cambiamento. Si dice che il mercato è sempre in continua evoluzione e la verità è che esso risente, oggi più che in passato, della crescente globalizzazione che ha portato all’interscambio di prodotti da uno stato all’altro con la conseguente contaminazione anche positiva delle diverse culture. Questa situazione si è evidenziata maggiormente dalla fine del secolo scorso. Al di là dell’analisi sociologica (anch’essa per altro importante quando parliamo d’Industrial Design) la considerazione che possiamo fare è che questo contesto, ha comportato una frammentazione della produzione per la necessità di soddisfare esigenze varie o personalizzate, e conseguentemente la produzione spesso di piccole serie e realizzate in tempi ristretti. Per far fronte a queste nuove esigenze la tecnologia ci ha dato degli strumenti molto interessanti che si chiamano: Rapid Prototyping e Rapid Tooling. Con il termine Rapid Prototyping si intende un insieme di processi che realizzano modelli e componenti per addizione di materiale layer by
In the world of design what often gives rise to substantial changes in thinking is the modification of producer needs, a consequence of a modification in market demand. The latter, as I have already written on these pages, is made up of people to whom the producers turn and whose needs stimulate the change. It is said that the market is always in evolution and the truth is that it reflects, more today than in the past, the growing globalisation that has led to an exchange of products from one country to another with the attendant contamination, in a positive sense, of different cultures. This situation has become more and more emphasised since the end of the last century. Beyond this sociological analysis (this too important when we speak of Industrial Design) the consideration we might make is that this context has led to a fragmentation of production due to the need to satisfy various or customised needs, and therefore the frequent manufacture of small series, produced under strict time-frames. To meet these new needs technology has given us some very interesting tools that are called: Rapid Prototyping and Rapid Tooling. With the term Rapid Tooling we intend a combination of processes that produce models and components by adding material layer by layer, beginning with a three-dimensional mathematical model. Differently from all the traditional machines that function by successive subtraction of material from a block in which the shape to be obtained is contained,
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layer a partire da un modello matematico tridimensionale (3D). Diversamente da tutte le macchine tradizionali, che funzionano per sottrazione successiva di materiale da un blocco nel quale è contenuta la forma che si vuole ricavare, i sistemi di R.P. fabbricano strati successivi di materiali costituiti di volta in volta da liquidi, polveri, fili o laminati. Strato dopo strato, queste macchine ricostruiscono l’oggetto che rappresenta il modello matematico di partenza. Per questa ragione tale tecnologia produttiva è anche nota come Layer Manufacturing. Essa è una tecnologia innovativa che rende possibile la produzione (in poche ore e senza l’ausilio di utensili o attrezzature particolari) di oggetti di geometria comunque complessa, direttamente dal modello matematico dell’oggetto realizzato su un sistema cad tridimensionale (modellatore solido). Dall’idea pionieristica di Charles W. Hull, datata 1982, è nata 3D Systems Inc., società americana capostipite del settore e, cinque anni più tardi, ha origine il primo apparato per la stereolitografia, la SLA-1. La presenza sempre più capillare di sistemi CAD ha dato una spinta straordinaria alla ricerca di metodologie sempre nuove e diverse, finalizzate alla realizzazione di oggetti a partire da una geometria definita elettronicamente. Dalle ricerche, perciò, sono nate e si sono consolidate altre tecnologie come il selective laser sintering (più brevemente SLS), il fused deposition modeling (o FDM), il laminated object manufacturing (LOM) e molte altre. I sistemi di R.P. sono molti, circa una ventina, e adottano sistemi diversi per giungere alla realizzazione del prototipo. Essi comportano una serie si passaggi che possiamo identificare come segue: 1) Modellazione con cad 3d dell’oggetto per solidi o superfici, 2) Trasformazione del modello cad in formato stl. 3) Lettura del file stl da parte del software della macchina di R.P. cui segue l’orientamento del modello stl, la creazione dei supporti (a seconda della tecnologia), 4) Esecuzione dello slicing (operazione comune a tutte le tecnologie, che consiste nell’intersezione del modello completo o meno di supporti, a seconda della tecnologia, con una serie di piani la cui normale e’ parallela alla direzione di costruzione del modello. lo slicing varia, attualmente, a seconda delle tecnologie e delle necessità tra 0.05 e 0.7 mm, 5) Costruzione fisica del prototipo sulla macchina di R.P., 6) Rimozione dei supporti pulizia e finitura manuale del prototipo. Nessuno degli attuali sistemi di R.P. consente di ottenere un prototipo in materiale definitivo o realizzato con tecnologie similari a quelle che saranno poi utilizzate realmente in produzione. Per poter quindi giungere alla Rapid Manufacturing si sono dovute studiare delle altre tecniche e quindi un sempre maggiore interesse viene rivolto al Rapid Tooling. Esse sono quelle tecniche che consentono
R.P. systems manufacture successive layers of material consisting at times of liquids, dust, wires or laminates. Layer after layer, these machines re-construct the object that represents the mathematical model of departure. For this reason such production technology is also known as Layer Manufacturing. This is innovative technology which renders possible the production (in a few hours and without the addition of special tools or equipment) of objects even of complex geometry, directly from the mathematical model of the object produced on a three-dimensional cad system (solid modelling). From this pioneering idea of Charles W. Hull starting in 1982 was born 3D Systems Inc., an American company which is the leader in the sector, while five years later the first apparatus for stereo lithography was born, the SLA-1. The presence of capillary CAD systems gave an extraordinary push to the search for ever new and different methods, aimed at the production of objects starting from an electronically-defined geometry. From the research, however, were born and consolidated other technologies such as selective laser sintering (more briefly, SLS) fused deposition modelling (or FDM), laminated object manufacturing (LOM) and many others. There are many R.P. systems, about twenty of them, and they adopt different systems to achieve the production of the prototype. These involve a series of passages that we can identify as follows: 1) Modelling with a 3D cad from the object for solids or surfaces, 2) Transformation of the cad model into stl format. 3) Reading the stl file using the software of the R.P. machine, followed by the orientation of the stl model, the creation of the supports (depending on the technology). 4) Slicing (operation common to all the various technologies which consists of the intersection of the complete or incomplete model between supports, depending on the technology, and a series of layouts that normally is parallel to the guidance for the manufacture of the model. Slicing varies currently according to technology and needs between 0.05mm and 0.7mm. 5) Physical construction of the prototype on the R.P. machine. 6) Removal of the cleaning supports and manual finish of the prototype. None of the current R.P. systems allows us to obtain a prototype in definitive material or produced with technologies similar to those that will be then used for real production. To be able to achieve Rapid Manufacturing it was necessary to study other techniques and therefore greater interest was paid to Rapid Tooling. These are those techniques that allow the rapid production of equipment and the calibration of processes that permit the production of pre-series, with definitive characteristics, starting from an object made by R.P. The advantages are notable and range from the
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DESIGN FABIO DI BARTOLOMEI 11.05.2012
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RAPID PROTOTYPING & RAPID TOOLING
RAPID PROTOTYPING & RAPID TOOLING
la produzione rapida di attrezzature e messa a punto di processi che consentono la produzione di pre-serie, con caratteristiche definitive, partendo da un oggetto prodotto per R.P. I vantaggi sono notevoli e vanno dalla riduzione dei tempi e dei costi di produzione dei prototipi e conseguente contenimento del time to market, alla possibilità di realizzare pezzi con forme complesse (con cavità, sottosquadri, profili difficilmente ottenibili con lavorazione meccanica tradizionale). Le limitazioni ci sono nelle tipologie di materiali utilizzabili. È importante invece la possibilità di correzione degli errori che il progettista al cad non è riuscito ad eliminare e che normalmente vengono corretti solo in fase avanzata di sviluppo del prodotto, dopo la realizzazione della pre-serie o già nella fase preproduttiva, con forti penalizzaizioni economiche. Inoltre si ha l’opportunità di valutare la funzionalità del prodotto, realizzare modifiche ritenute necessarie ed eventualmente scegliere tra alternative diverse già in fase progettuale, avendo la disponibilità immediata del prototipo. Le tecniche di Rapid Prototiping & Tooling giocheranno nel nuovo millennio un ruolo sempre più determinante nello sviluppo dei nuovi prodotti e delle relative attrezzature. Nell’era della globalizzazione dei mercati la capacità di offrire tempi di sviluppo e industrializzazione sempre più contenuti è il nuovo e stimolante obiettivo per le nostre imprese. Già diverse industrie, anche qui in Friuli, si stanno
reduction of time-frames and production costs of prototypes and the consequent containment of time-to-market, to the possibility of producing pieces with complex shapes (with cavities, undercuts and profiles that are difficult to obtain by traditional mechanical means). The limitations exist in the types of materials to be used. What is very important is the possibility of correcting errors that the cad designer was unable to eliminate and which are normally corrected only at the advanced development phase of the product, after the production of the pre-series or already in the preproduction phase with heavy economic costs. In addition there is a change to evaluate the functionality of the product, making modifications judged necessary and perhaps choosing from among different alternatives even in the design phase, having the immediate availability of the prototype. Rapid Prototyping and Tooling techniques will play an ever more determining role in the new millennium toward the development of new products and their relative equipment. In an era of globalisation of markets the ability to offer reduced development and production times is the new and stimulating objective for our companies. Various industries here in Friuli have already adopted Rapid Prototyping tools. Tonon s.p.a. of Manzano has recently adopted this technology to give greater impulse to its constant research. These innovative technologies represent the glue between the various development phases of the
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attrezzando per il Rapid Prototiping, recentemente la Tonon s.p.a. di Manzano, per esempio, si è indirizzata verso questa tecnologia per dare un maggiore impulso alla sua costante ricerca. Queste tecnologie innovative rappresentano infatti il collante tra le varie fasi di sviluppo del prodotto come la progettazione, il CAD 3D, la definizione dell’attrezzatura e la fabbricazione della pre-serie e sono quindi già da ora un supporto importante sia per i designers sia per il produttore, che possono concretamente e velocemente valutare il frutto della loro ricerca e di conseguenza apportare quelle eventuali necessarie modifiche al prodotto finale.
product such as design, 3D CAD, the definition of the equipment and the production of pre-series and therefore are from now on an important support for designers and for the producer, who may concretely and rapidly evaluate the fruit of their research and then make any necessary modifications to the final product.
Prof. Fabio Di Bartolomei Industrial & Interior Designer Libero professionista, Design Professor at the Academy of Fine Arts Cignaroli of Verona Former Design Professor at the Architecture Faculty of Trieste www.dibartolomei.com info@dibartolomei.com
Prof. Fabio Di Bartolomei Industrial & Interior Designer Independent professional, Design Professor at the Cignaroli Academy of Fine Arts of Verona Former Design Professor at the Architecture Faculty of Trieste www.dibartolomei.com info@dibartolomei.com
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DESIGN Design Team Fabrica 31.05.2012
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photo credits: courtesy of Alberto Ferretto / Fabrica
CHAIR NO4 - SEARCHING FOR CASSIOPEIA
CHAIR NO4 - SEARCHING FOR CASSIOPEIA
Per capire il vero valore di una sedia dobbiamo prendere atto che essa non è fatta solo per sedersi. In ogni casa, ufficio o spazio pubblico c’è una sedia che ha un ruolo alternativo! Il linguaggio della sedia è stimolante per la “sinfonia” di linee, superfici e giunzioni che essa presenta. La sedia può avere anche altri ruoli: può essere un tavolino dove impilare dei libri o dove gettare inavvertitamente un asciugamano bagnato; lo schienale della sedia a volte è addirittura più comodo di un appendiabiti ben progettato. Le dimensioni e il peso di una sedia permettono a qualunque essere umano di trasportarla, trascinarla o impilarla. Inoltre, data la grande quantità di sedie presenti al mondo (circa 71 miliardi), c’è sempre qualche sedia a portata di mano. Se ci riflettiamo un attimo, ci rendiamo subito conto di quante volte abbiamo utilizzato una sedia con uno scopo diverso da quello per cui era nata. Un esempio è quando utilizziamo una sedia come scala per raggiungere degli oggetti posizionati in alto. Stare in piedi sopra una sedia è una cosa fantastica, magnifica, quasi indescrivibile. Non c’è bisogno di nessuna attrezzatura speciale e inoltre non bisogna fare grandi sforzi poiché la sedia è già stabile e alta di suo. La bellezza di questo tipo di situazioni sta nella disattenzione con la quale accadono. Esse succedono in modo intuitivo, grazie all’ingegnosità umana e a alla presenza di una sedia comoda. Questi gli elementi che hanno ispirato il Dipartimento Design di Fabrica nella
To understand the value of a chair we must except that it is not only for sitting. In any home, office or public space we will find a chair performing an alternative use. Perhaps the language of a chair is inherently inspiring through its peculiar compositions of lines, surfaces and joins. It is the perfect object to absent-mindedly throw a wet towel over or to stack books upon, as an alternative to a low table. Whilst dining in a restaurant the shoulder of a chair is far superior to a well-designed coat hanger. Its scale and weight make it easy to carry, stack or drag, and with 71 billion chairs in existence there is a good chance one will be close at hand. When we need to reach a high shelf we think of a chair before we think of a ladder. Standing on a chair is a wonderful thing – suitably elevated, stable footed, with zero effort and no specialist equipment. The beauty of such situations is the thoughtlessness – they happen intuitively, to the credit of human ingenuity and a convenient chair. The Fabrica Design Department were inspired by these notion when designing Chair No4 of the “Searching For Cassiopeia” series. Here we see a domestic sculpture where a low backed chair extends into a high surface, reachable only by standing on the seat. The shelf is reliant on the chair for structural stability, projecting from three chair legs, and mirroring the inverted form of the seat. Such geometry allows the shelf to be offset from the plan of the chair, creating a poised independent composition of
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progettazione della collezione di sedie “Searching for Cassipeia”. Il pezzo n° 4 sembra una scultura domestica: una sedia con uno schienale basso si estende infatti in una superficie alta che si può raggiungere solo se si sta in piedi sul sedile. Il ripiano fa affidamento sulla sedia per la sua stabilità strutturale che sporge rispetto alle tre gambe e dove si può rispecchiare il sedile invertito. Questa forma geometrica permette la deconcentrazione del ripiano rispetto al piano della sedia stessa, dando vita ad una composizione indipendente e, allo stesso tempo, co-esistente alla sedia. Questa sedia è quindi sia prolungamento letterale che concettuale della sedia di base, quella più umile. Come ogni buona sedia fa il proprio dovere e anche di più. Alla ricerca di Cassiopeia è un progetto collaborativo di Fabrica e l’Italian Chair District. Le 12 sedie originali sono il frutto di un workshop tra i designer di Fabrica e i lavoratori del Distretto. Il progetto è stato lanciato al Salone del Mobile di Milano 2012 e si evolverà in una serie di mostre itineranti e workshop. (2.998) More info: www.fabricafeaures.com
chair and shelf in co-existence. The piece serves as a literal and conceptual extension of the resourcefulness of the humble chair. Like any good chair it does its job and more. Searching For Cassiopeia is a collaborative project by Fabrica and the Italian Chair District District. The 12 original chairs were the fruit of a design workshop by Fabrica designers whilst visiting Udine. The project was launched at the Salone Del Mobile Milan 2012, and will evolve through a series of touring exhibition and exploratory workshops. More info: www.fabricafeaures.com
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ARCHITECTURE GIOVANNI CORBELLINI 09.05.2012
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Thilo Folkerts, Berlin + Rodney LaTourelle, Berlin
THILO FOLKERTS E RODNEY LATOURELLE, JARDIN DE LA CONNAISSANCE
THILO FOLKERTS AND RODNEY LATOURELLE, JARDIN DE LA CONNAISSANCE
Da qualche tempo uno dei nostri maggiori quotidiani ospita interventi di intellettuali, scrittori, editori ed esperti di varia estrazione che si stanno interrogando sul futuro del libro. Alcuni vedono imminente una sua migrazione verso l’immateriale, spinta dalla disponibilità di nuovi supporti e dalle modalità di lettura diffuse tra i nativi digitali, altri confidano nella resistenza di un oggetto selezionato in un mezzo millennio di continui successi. Se la praticità degli e-book riuscirà ad affermarsi dovrà farlo superando comunque la componente affettiva del libro, simbolo e contenitore di conoscenza e insieme oggetto di desideri feticisti, tali da alimentare ad esempio un sito come bookshelfporn.com. La potenza evocativa del libro e il suo incerto destino trovano una sintesi estrema in questa installazione, opera dell’architetto e paesaggista tedesco Thilo Folkerts e dell’artista canadese, ma berlinese d’adozione, Rodney LaTourelle, realizzata nel 2010 per il Festival internazionale Jardins di Métis, Canada, e in procinto di essere nuovamente presentata per l’edizione di quest’anno. La semplice mossa di trasformare i libri in materiale da costruzione e di farli diventare “mattoni” con cui realizzare pavimentazioni, panche, muretti bassi e pareti produce una serie di interessanti tensioni: fra artificio e natura, tra permanenza e transitorietà, tra riferimenti biblici e ironia provocatoria... Alcune tavole in legno colorato sono
An important Italian newspaper published recently a series of interventions of intellectuals, writers, editors and experts from different backgrounds questioning the future of the book. Some consider its likely migration towards the immaterial, driven by new media and different reading behaviors of digital natives, while others are confident in the strength of an object selected in half a millennium of successful evolution. However, if the convenience of e-books will achieve a prominent position it will be done overcoming the affective component so deeply embedded in printed paper, symbol and repository of knowledge as well as object of fetish desires (see for instance bookshelfporn. com). The evocative power of the book and its uncertain fate find an extreme synthesis in this installation, a work of Thilo Folkerts, German landscape architect, and Rodney LaTourelle, a Canadian artist currently based in Berlin, built in 2010 for the International Gardens Festival of Métis, Canada, and about to be re-submitted for this year’s edition. The simple idea of turning the books into a building material, thinking them as “bricks” with which making pavements, benches, low walls and higher partitions, produces a series of interesting tensions between artifice and nature, durability and impermanence, biblical references and provocative irony... Some colored wooden boards are placed inside the stacks of books, to stiffen the structure but also to serve as “time bookmarks” emerging day after day from the
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inserite nelle cataste di libri, per irrigidire la struttura ma soprattutto per fare da “segnalibri temporali” emergendo giorno dopo giorno dall’ingrigire della carta. Ad accelerare il processo di decadimento dei volumi, i progettisti hanno inserito varie specie di funghi mangerecci che contrastano, concettualmente e morfologicamente, con l’ortogonalità neoplastica attraverso la quale sono disposti sul terreno le partizioni spaziali: come se solo una ferrea composizione architettonica potesse dare senso alla loro decomposizione. A guardare tutti questi libri accatastati all’aperto, perfino infissi nel terreno, un appassionato lettore, collezionista e anche autore di libri come me prova sentimenti contrastanti, l’imbarazzo causato dalla diretta rappresentazione dello spreco di carta, a cui ci si rende conto di contribuire con entusiasmo, lascia presto spazio alla consolazione che, per quanto inutili, le parole stampate possano sempre servire a realizzare un bel giardino.
graying paper. To accelerate the process of decay of the volumes, designers have included various species of edible mushrooms that contrast, conceptually and morphologically, with the Neo-Plastic orthogonality through which the project is laid out, as if only a strict architectural composition could give meaning to their decomposition. Looking at all these books, stacked outdoors and even sunken into the ground, an avid reader, collector and author of books like me feels mixed sensations. The embarrassment caused by this direct representation of the waste of paper, to which we contribute with enthusiasm, soon gives way to a sort of consolation: though too often pointless, printed words can at least be used to create a beautiful garden.
Jardin de la Connaissance, Métis (CA), 2010-12, Festival International des Jardins de Métis, Quebec, Canada | 100Landschaftsarchitektur_Thilo Folkerts, Berlin + Rodney LaTourelle, Berlin; collaboratori: Laura Strandt, Maike Jungvogel (100land); realizzazione in sito: Johanna Ballhaus, Elisabeth e Jessica Charbonneau, Sandrine Perrault | superficie ca. 250 mq | 40.000 libri = 30-40 t | 20.000 dollari canadesi.
Jardin de la Connaissance, Métis (CA), 2010-12, Festival International des Jardins de Métis, Quebec, Canada | 100Landschaftsarchitektur_Thilo Folkerts, Berlin + Rodney LaTourelle, Berlin; collaborators: Laura Strandt, Maike Jungvogel (100land); realization on site: Johanna Ballhaus, Elisabeth and Jessica Charbonneau, Sandrine Perrault | surface ca. 250 sqm. | 40.000 books = 30-40 tons | 20.000 CAD.
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ARCHITECTURE MARCO RAGONESE 23.05.2012
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photo credits: courtesy of ©Alessandra Chemollo
SCRIGNI MUTANTI: DUE INTERNI CARNICI DI CESCHIA E MENTIL ARCHITETTI ASSOCIATI
CHANGING TREASURE CHESTS: TWO CARNIC INTERIORS BY CESCHIA AND MENTIL ASSOCIATED ARCHITECTS
Nella mia continua scoperta del Friuli Venezia Giulia, ho potuto constatare un gran numero di architetture moderne e contemporanee di ottima qualità, ben pensate, ben realizzate e ottimamente conservate. Progettisti sensibili, in linea con le esigenze della committenza ma fedeli a una ricerca spaziale e linguistica attenta al dibattito nazionale e internazionale. Capofila di tutti è stato Gino Valle che ha regalato a questa regione molti progetti e diversi “gioielli” difficili da eguagliare. Ma, escludendo i fuoriclasse, è la media generale che colpisce, soprattutto in località dove sembra difficile possa risiedere alcuna istanza di contemporaneità. Allo stesso tempo, girando per la Bassa e per alcune valli, appare evidente come il processo di “tavernizzazione” si sia diffuso a macchia d’olio, distribuendo sul territorio pareti con pietra a vista, improbabili travature lignee in polistirolo, paccottiglia finto tirolese e altre amenità molto di moda di questi tempi. La presenza, quindi, di opere che cercano di preservare una sincronia con il presente, magari reinterpretando contesti o usi, sembra la traccia di una resistenza pervicace ma necessaria contro la globalizzazione del cattivo gusto passatista. Ecco perché nel mio vagare per la Carnia mi hanno molto colpito due lavori di interni. Entrambi, pur con
In my continuous discovery of Friuli Venezia Giulia, I have noticed a large amount of modern and contemporary architectural works of excellent quality, well-designed, wellbuilt and well-preserved. Sensitive designers, in line with the needs of clients but faithful to a spatial and linguistic search that is attentive to the national and international debate. The leader was Gino Valle who gifted this region many projects and various “jewels” that are difficult to equal. But excluding the exceptional names, it is the general average that hits us, especially in locales where it seems unlikely that elements of contemporary architecture might be found. At the same time, travelling around Lower Friuli and several valleys, it seems evident how the process of “creating taverns” has spread everywhere, distributed around the territory with stone walls, improbable wooden beams in polystyrene, fake Tyrolean cheapjack goods and other amenities very much in fashion these days. The presence therefore of architectural works that seek to preserve harmony with the present, perhaps re-interpreting contexts and uses, seems the trace of a stubborn but necessary resistance against this globalisation of bad, backward-looking taste. That is why during my wanderings around Carnia two internal works struck me in particular. Even though they featured vastly different themes
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temi e committenti molto differenti, sono stati realizzati con un approccio simile, ovvero quello di costruire degli spazi in cui la ritualità non venga monumentalizzata ma contribuisca a disegnare una “geografia” reattiva alle esigenze dei fruitori. I progettisti – lo studio Ceschia e Mentil di Venezia – hanno rivelato le proprie origini nell’attenzione riposta nella cura degli ambienti e nella conoscenza delle abitudini locali - Federico Mentil è di Timau, un paesino al confine tra Friuli e Austria – e dimostrato padronanza nella scelta dei materiali e degli arredi. Nello studio notarile di Tolmezzo, il fulcro del progetto è una scatola gialla in cui è collocata la sala per la firma degli atti e attorno a cui gravitano tutti gli altri ambienti. Questo scrigno è internamente rivestito in multistrato di betulla, la cui tonalità viene esaltata dalla luce filtrata delle aperture che permettono la vista sull’interno/esterno dello studio. I vetri satinati o trasparenti, regolano la gradualità della luminosità e della privacy. In questa maniera, lo spazio contribuisce a rendere amichevole l’atto burocratico, restituendo una serietà che non diventa mai seriosità. Nel ristornate di Sutrio una sala diventa un ambiente mutante e polivalente, attraverso le partizioni mobili delle pareti che, grazie a un ingegnoso gioco di pomoli a vite, garantiscono diverse configurazioni assecondando il numero dei clienti. Tavolata da 14 persone, tavoli da due o da quattro, sala proiezione per ospitare piccole riunioni, sono alcune delle trasformazioni possibili. Le luci sottolineano la geometria dei pannelli, anche questa volta in multistrato di betulla, ed evitando la brutalità irradiante degli onnipresenti faretti suggeriscono convivialità e un’elegante domesticità.
and customers, they were both built with a similar approach – that of building spaces in which ritual activities are not transformed into monuments but rather contribute to framing a “geography” that reacts to the needs of the user. The designers – the studio of Ceschia and Mentil in Venice – have revealed their origins in the attention paid to the environments and the knowledge of local customs – Federico Mentil is from Timau, a small town on the border between Friuli and Austria – and have demonstrated their mastery in the choice of materials and furnishings. In the notary studio of Tolmezzo, the fulcrum of the project is a yellow box in which the room for signing documents is collocated, around which all the other environments gravitate. The interior of this treasure chest is covered with birch plywood, with a tonality that is enhanced by light that filters from openings permitting viewing of the interior/exterior of the studio. The frosted or transparent panes regulate the gradual character of the light and privacy. In this way, space contributes to rendering the bureaucratic act friendlier, restoring a reliability that never becomes seriousness. In the restaurant in Sutrio, a room becomes a changing and multi-purpose environment through mobile wall partitions which, thanks to an ingenious play of screw knobs, guarantee different configurations according to the number of customers. A table for 14 persons, tables for two or four, projection room to host small meetings, are a few of the possible transformations. The lighting emphasises the geometry of the panels, also here in birch plywood, and by avoiding the radiating brutality of the ever-present spotlights, suggests conviviality and an elegant domesticity.