take a seat mag azine 02
marzo 2012
on stage
TRENDS
05.03.2012 Carlo Piemonte
01.03.2012 Mustafa sabbagh
AGGREGAZIONE, NON BASTA PARLARNE AGGREGATION TALKING IS NOT ENOUGH
INTRODUZIONE AL “SEDERE” DAL VERBO AL SOSTANTIVO E RITORNO INTRODUCTION TO “SEDERE” (SEAT) FROM THE VERB TO THE NOUN AND BACK AGAIN
pag.06
pag. 12
09.03.2012 Paola Treppo
02.03.2012 paolo capizzi
OTTAVIO MISSONI E LE SUE SEDIE OTTAVIO MISSONI AND HIS CHAIRS
ARTIGIANATO 3D 3D ARTISANRY
pag.08
pag. 14
13.03.2012 rosalba tello
12.03.2012 paolo capizzi
A PORDENONE SUCCESSO ALLA FIERA “HAPPY BUSINESS TO YOU” SUCCESS AT THE PORDENONE TRADE FAIR “HAPPY BUSINESS TO YOU”
FOTOGRAFIA VERSUS RENDERING PHOTOGRAPHY VERSUS RENDERING
pag.10
pag.16
Direttore Responsabile Rosalba Tello Direttore Editoriale Carlo Piemonte Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1. E' consentita la diffusione on line del Periodico ed è consentito l'utilizzo dei testi contenuti nel magazine citando i riferimenti dell'autore con link all'articolo di riferimento sul sito www.italian-chair-district.it. E' vietata la riproduzione in forma cartacea del "Take a Seat" Magazine.
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
19.03.2012 NICOLA PRESSI
26.03.2012 Design Team Fabrica
IL LENTO DECLINO DI INTERNET EXPLORER THE SLOW DECLINE OF INTERNET EXPLORER
NEXT CABANE: TIPOLOGIA DI SEDUTA TEMPORANEA NEXT CABANE: TEMPORARY WAYS OF SITTING
pag.18
pag.24
20.03.2012 Design Team Fabrica
30.03.2012 marco brollo
LA SEDIA INCONTRA LA NATURA: VENUS CHAIR CHAIR THROUGH NATURE: VENUS CHAIR
UN PANTONE SULLA CAMICIA DI JAMES DEAN PANTONE ON JAMES DEAN’S SHIRT
pag.20
pag.26
23.03.2012 Mustafa sabbagh
NUOVI OCCHI PER ARCAICHE VEDUTE NEW EYES FOR ANCIENT SIGHTS
pag.22
DESIGN
ARCHITECTURE
08.03.2012 Design Team Fabrica
06.03.2012 Antonio Ravalli
DOMESTICA: LA SEDIA CHE PARLA ITALIANO DOMESTICA: THE CHAIR THAT SPEAKS ITALIAN
MAARTEN MAARTEN
pag. 28
pag. 34
16.03.2012 fabio di bartolomei
15.03.2012 Marco Ragonese
IMMAGINE, ERGONOMIA E MATERIA IMAGES, ERGONOMICS AND MATERIAL
PAESAGGI DEL MOVIMENTO MOVESCAPE
pag. 30
pag. 36
27.03.2012 sam baron
22.03.2012 Giovanni Corbellini
PARLANDO DI SEDIE CON JUKKA SAVOLAINEN, DIRETTORE DEL MUSEO DEL DESIGN FINLANDESE DEALING WITH CHAIRS WITH JUKKA SAVOLAINEN, THE DIRECTOR OF THE FINNISH DESIGN MUSEUM
IL PALLINO DEI PALLINI: PIAZZA RISORGIMENTO A BARI THE POINT OF POLKA DOTS: RISORGIMENTO SQUARE IN BARI
pag. 32
pag. 38
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n째 1
29.03.2012 Filippo Saponaro
PENSARE ARCHITETTURA CON ENRICO SELLO THINKING ARCHITECTURE WITH ENRICO SELLO
pag. 40
on stage Carlo Piemonte 05.03.2012
6
photo credits: Stock Exchange
AGGREGAZIONE, NON BASTA PARLARNE
AGGREGATION, TALKING IS NOT ENOUGH
Distretti, rete d’impresa, cluster, associazioni temporanee di imprese, consorzi, joint ventures, filiere produttive, società, fondazioni partecipative, studi associati, confederazioni… sono solo alcune delle parole maggiormente utilizzate per definire un’attività svolta da più realtà economiche, culturali o sociali che hanno come obiettivo comune la realizzazione di un nuovo progetto che da soli non riuscirebbero a conseguire. Che tale progetto sia a breve termine, come la partecipazione di due aziende ad una manifestazione promozionale, ovvero si tratti di un progetto a lungo termine, quale la creazione di insediamenti produttivi in nuovi Stati, in ogni caso si deve partire da una volontà condivisa di giungere ad un determinato obiettivo ben chiaro fin dalla partenza del progetto. Incontrando molti cluster manager europei, puntualmente nei discorsi ricorre la frase “…nel mio Paese è impossibile far lavorare le aziende insieme...”; che ci si trovi con colleghi provenienti dall’Italia, Francia, Serbia, Polonia o altri Stati, tale affermazione viene riportata quale comune sensazione da parte di tutti i principali operatori che, in ogni modo, cercano di favorire i rapporti di collaborazione tra le singole aziende. Eppure i casi di cooperazione sono moltissimi. Ma quali sono le principali caratteristiche per poter far funzionare un progetto tra più aziende? Da dove cominciare per impostare un valido percorso che porti ad un risultato
Industrial districts, company networks, clusters, temporary associations of firms, consortia, joint ventures, supply chains, corporations, participatory foundations, associated studios, confederations... these are only a few of the words most used to define an activity performed by multiple economic, social and cultural actors that have as a common goal the completion of a new project which alone they would not have been able to achieve. Whether that project is a short-term one, as with the participation of two firms in a promotional event, or a longerterm one, as with the creation of manufacturing structures in new countries, in each case it is necessary to start from a shared will to reach a goal that is clearly-defined from the beginning of the project. Meeting many European cluster managers, at some point in the conversation one punctually hears the sentence “… in my country it is impossible to get the companies to work together...”; whether one meets with colleagues from Italy, France, Serbia, Poland or other countries, this affirmation is reported as a common feeling on the part of all the principal operators who, in any case, seek to favour the collaborative efforts of the single firms. And yet, there are many cases of successful cooperation. But what are the main characteristics needed to make a project among numerous firms work? Where to begin to set a valid path that leads to a useful result for all participants?
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
7
utile per tutti i partecipanti? Probabilmente possiamo partire da un concetto insegnatomi da una saggia persona che ha passato un’intera vita con ruoli di top manager a livello internazionale: “l’aggregazione è paragonabile ad un matrimonio dove entrambi i coniugi sono consapevoli che devono perdere una parte dalla propria autonomia ed indipendenza, per conseguire un progetto più grande che possa portare dei benefici che come singoli non potrebbero mai raggiungere”. Partendo da questo punto di vista, capiamo subito che il percorso necessario per conseguire un progetto comune non è né facile né immediato, tuttavia è possibile solamente se le parti coinvolte nel progetto sono fin dall’inizio consapevoli degli oneri ed onori che deriveranno dal processo di aggregazione. Nei prossimi appuntamenti del magazine, cercherò di proporvi delle esperienze di cooperazione che rappresentino degli interessanti casi di successo, nazionali ed esteri, dai quali prendere spunto per i vostri progetti di aggregazione.
Probably we might begin with a concept taught to me by a wise person who had spent their entire life as a top international manager: “Aggregation is comparable to a marriage where both spouses are aware they must lose a part of their own autonomy and independence, to build a bigger project that might lead to benefits which alone they might never achieve”. Beginning from this point of view, we understand right off that the path necessary to construct a common project is neither easy nor immediate. Nevertheless it is possible only if the parties involved in the project are aware right from the beginning of the advantages and disadvantages that derive from the aggregation process. In the magazine’s next issues, I will try to illustrate some experiences of cooperation that represent interesting cases of success, both national and foreign, from which to learn from your own aggregation projects.
on stage PAOLA TREPPO 09.03.2012
8
OTTAVIO MISSONI E LE SUE SEDIE
OTTAVIO MISSONI AND HIS CHAIRS
Dal muro degli orti alle sedie d’ebano degli alberghi di Edinburgh. Ha spento le sue “prime” 91 candeline lo scorso 11 febbraio ma, al di là dell’età anagrafica, il celebre stilista Ottavio Missoni resta un bambino: incantato dalla natura e contraddistinto, come molti creatori, da quello stupore sempre vivo di chi si emoziona davanti alla bellezza, come la scoprisse per la prima volta. E anche quando gli chiedi il suo rapporto con l’accomodarsi, con il mondo del sedersi, evoca spontaneamente, in un attimo, immagini e sensazioni che hanno più a che vedere con le emozioni che con la praticità di un funzionale elemento d’arredo e di alto contenuto di design: “da ragazzo mi accontentavo e mi piaceva passeggiare nei parchi, e se c’era la morosa meglio ancora. Stare vicini, seduti sulle panchine, all’ombra del verde degli alberi, nel fresco”. Spensierato. E sempre incantato. “Si andava poi in campagna e allora ci sia appoggiava a un muro d’orto, in sasso, magari. Forse un po’ scomodo. Ma così speciale per poter osservare il continuo andirivieni delle operose formiche..”. E da grande? Se mai lo è stato? “La sedia diventa molto importante, anche se ci badiamo poco. È ovunque e serve sempre. Anche se devo dire che non tutti comprendono quanto possa essere scomoda, a volte. Certi ristoranti, ad esempio, ma non tutti.. sì, certi ristoranti devono persino avere il cameriere per spostarle e farti mettere a tavola,
He blew out his “first” 91 candles last February 11th, but beyond his age the famous designer Ottavio Missoni remains a child: enchanted by nature and distinguished, as with many artists, by the eternal amazement of those who are moved by beauty, as if discovering it for the first time. And even when you ask him about his relationship with comfort, with the world of chairs, he evokes spontaneously, in an instant, images and sensations that have more to do with emotions than with the practicality of a furnishing element that is functional yet with high design content. “As a boy I amused myself and liked walking in the parks, and if my girlfriend was with me, better yet. Staying close to one another, sitting on the benches, in the green shade of the trees in the fresh air.” Without a care. And always enchanted. “We used to go then to the countryside and lean against a garden wall, perhaps in stone. Maybe even a bit uncomfortably. But so special, giving us a place to watch the comings and goings of hard-working ants...” And as an adult? If you ever were one? “The chair becomes very important, even if we pay little attention to it. It is everywhere and always useful. Even if I must say that not everyone understands how uncomfortable it can be at times. Certain restaurants for example, not all of them... yes, certain restaurants must even have waiters to move them to place you better under the table, given that they are so heavy and difficult to shift. Rather uncomfortable.”
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
9
tanto sono pesanti e difficili da muovere. Non comode, insomma”. Che fare, allora? “Creare sedie leggere e stabili, che uniscano robustezza a facilità nell’essere maneggiate. Belle e comode, sì, anche da guardare”. Quando disegna, Missoni, e ci tiene a sottolineare che lo fa solo con pennarelli e fogli a quadretti “di quelli che si usano a scuola”, lo fa raramente in piedi, nel suo studio. “Ah, sì, ci vuole una sedia morbida, che si possa alzare, anche se non ha le ruote. Poi la schiena.. E poi dipende dal momento”. A casa, invece, le sedie assumono una connotazione e una funzione diversa: “per accomodarsi, stare insieme, per bere il caffè. Lo prendiamo tutti a tavola, il caffè, in famiglia”. Missoni e il colore: un binomio che l’ha fatto conoscere in tutto il mondo. “La sedia e il colore? È un rapporto importante sì, tant’è vero che mia moglie, la Rosita, ha deciso di scegliere le sedie personalmente e tutte in legno diverso, a seconda della situazione. Di ciliegio per la casa in cui viviamo, di frassino per l’abitazione di Milano, di rovere di fiume per la Sardegna, d’ebano per gli Alberghi Missoni di Edinburgh e d’acero, infine, per gli Alberghi Missoni in Kuwait. Ha deciso così. Sono sedie danesi, molto belle e resistenti. Mi piacciono molto”. E delle sedute del Distretto della sedia che ne pensa? “Certamente ne avrò incontrate parecchie durante i miei viaggi. Ma non hanno mai avuto l’accortezza di.. presentarsi”.
What to do then? “Create light and stable chairs that combine robustness and ease of handling. Beautiful and comfortable, yes, also to watch.” When he designs, Missoni, and he hurries to emphasise that he does so only with markers and graph paper “like those they use at school”, he rarely does it on his feet, in his studio. “Ah yes, I need a soft chair that I can raise up, even if it has no wheels. Then the backrest... and then it depends upon the moment.” At home instead, chairs assume a different function and connotation: “to be comfortable, be together and have a coffee. We all drink coffee at the table, in the family.” Missoni and colour: two words that he has made famous throughout the world. “The chair and colour? It is an important relationship, yes. So much so that my wife, Rosita, decided to choose the chairs personally and all in different wood, according to the situation. Cherry for the house in which we live, ash for our lodgings in Milan, river oak in Sardinia, ebony for the Missoni Hotels in Edinburgh and maple, finally, for the Missoni Hotels in Kuwait. She made these decisions. They are Danish chairs, very beautiful and robust. I like them very much.” And what does he think about the seats produced in our Chair District? “Certainly I must have met many of them during my travels. But they never had the shrewdness to... present themselves.”
on stage rosalba tello 13.03.2012
10
photo credits: Simona Rossi
A PORDENONE SUCCESSO ALLA FIERA “HAPPY BUSINESS TO YOU”
SUCCESS AT THE PORDENONE TRADE FAIR “HAPPY BUSINESS TO YOU”
Chi pensa che nel mondo del mobile l’aggregazione sia un concetto tabù sbaglia di grosso. Lo hanno dimostrando a Pordenone, alla fiera “Happy business to you”, le 11 imprese del Distretto della Sedia riunite in un unico stand, in uno spazio aperto e senza barriere tra aziende espositrici, sotto l’egida di Italian Chair District, il marchio internazionale con cui l’Asdi Sedia sta comunicando all’estero il Distretto. “Il matrimonio può essere difficile, ma conoscendosi e stando assieme si impara ad amarsi – commenta con una metafora Franco Bulfoni, fondatore dell’omonima azienda. - L’aggregazione è possibile e lo si è visto in quello bello stand. In fiera ci sono aziende qualificate e di alto livello, non si può che crescere”. Soddisfatte le aziende presenti Abitex, Billiani, Blues, Bp Sedie, Bulfoni Franco, Domitalia, Forti Giorgio, Riccardo Rivoli Design, New Life, Psm, Torre. “Un clima positivo - riporta Cristina Gobessi, responsabile commerciale PSM -, gli eventi sono stati ben curati, buoni i contatti ottenuti”. Attratte dal colorato e arioso stand, allestito dallo Studio Marco Viola con la partecipazione della Bcc di Manzano, oltre 500 persone hanno partecipato all’happy hour organizzato per presentare il nostro nuovo Magazine di Italian Chair District “Take a seat”.
Those who thought that cooperation in the world of furniture was a taboo concept were very wrong. This was demonstrated in Pordenone at the trade fair “Happy Business to you”, in an open space without barriers between exhibiting companies, under the aegis of the Italian Chair District, the international trademark with which Asdi Sedia communicates news about the District abroad. “Marriage can be difficult, but getting to know one another and being together one learns to love” comments with a metaphor Franco Bulfoni, founder of the company of the same name. “Cooperation is possible and we are seeing it with this beautiful stand. There are top quality qualified companies at the trade fair, and it can only grow from here.” Very satisfied were the companies present - Abitex, Billiani, Blues, Bp Sedie, Bulfoni Franco, Domitalia, Forti Giorgio, Riccardo Rivoli Design, New Life, Psm, and Torre. “A positive climate” reported Cristina Gobessi, PSM Business Manager, “The events have been well organised and there were excellent contacts obtained.” Attracted by the colourful and airy stand, furnished by the Marco Viola Studio with the participation of the Cooperative Credit Bank of Manzano, over 500 persons participated in the Happy Hour organised to present our new magazine
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
11
Tra sedute variopinte e l’ottimo vino friulano in degustazione di 13 cantine del territorio regionale - a dimostrazione che anche le aggregazioni trasversali hanno successo il Presidente dell’Asdi Sedia Giusto Maurig assieme a una rappresentanza del consiglio di Amministrazione (composta dal Vicepresidente Asdi Alberto Gortani, il Direttore Carlo Piemonte, il Vicepresidente della Provincia di Udine Daniele Macorig, il Sindaco di Corno di Rosazzo Loris Basso) ha illustrato i contenuti del magazine, rimarcando “la vitalità del Distretto, che sta guardando al mondo”. Tra i presenti il anche il Presidente della Camera di Commercio di Pordenone Giovanni Pavan, il Presidente dell’Asdi Mobile Mauro Manassero, il Vicepresidente di Confartigianato e membro della giunta camerale della Cciaa di Udine Franco Buttazzoni, numerosi imprenditori, architetti, buyer e professionisti. Un’esperienza che Italian Chair District vorrà sicuramente ripetere anche nelle prossime edizioni, dimostrando che sinergie e collaborazione, unite a fantasia e intrapredenza, non possono che portare ottimi frutti.
of the Italian Chair District, “Take a seat”. Among the variously coloured chairs and excellent Friulian wine offered from some 13 cellars of the regional territory, demonstrating that even multi-sector cooperation can meet with success – the President of Asdi Sedia, Giusto Maurig, together with a delegation of the Board of Directors (made up of Asdi Vice-President Alberto Gortani, Director Carlo Piemonte, Vice-President of the Udine Province Daniele Macorig, the Mayor of Corno di Rosazzo Loris Basso) explained the contents of the magazine, mentioning in particular “the vitality of the District as it keeps on eye on the world.” Among those present was also the President of the Pordenone Chamber of Commerce Giovanni Pavan, the President of Asdi Furniture, Mauro Manassero, the Vice-President of the Confederation of Artisans and Member of the Board of the Udine Chamber of Commerce Franco Buttazzoni, numerous businessmen, architects, buyers and professionals. An experience that the Italian Chair District will certainly wish to repeat in future editions, while demonstrating that synergy and cooperation, united with fantasy and entrepreneurial skills, can only bear important fruit.
TRENDS mustafa sabbagh 01.03.2012
12
photo credits: designandstyle.blogosfere.it
photo credits: www.domusweb.it
INTRODUZIONE AL “SEDERE” DAL VERBO AL SOSTANTIVO E RITORNO
INTRODUCTION TO “SEDERE” (SEAT) FROM THE VERB TO THE NOUN AND BACK AGAIN
World Wide Web 14/01/12 Primi 10 risultati, Google.it,“sedere” 1. Svedese ci mostra il sedere 2. Super Sedere 3. Iniezione al sedere 4. Super ragazza che muove il sedere a tempo di musica in modo... 5. Natiche - Wikipedia 6. Depilare il sedere da sola 7. Il tuo sedere è igienico? 8. Sedere - Dizionario italiano-inglese 9. La sexy reporter vuole farsi autografare il sedere 10. Coniugazione verbo sedere
World Wide Web 14/01/12 First 10 results, Google.it, “sedere” 1. Swede shows us seat 2. Super Seat 3. Injection to the seat 4. Super girl who moves her seat to the tempo of the music... 5. Cheeks - Wikipedia 6. Shave your seat by yourself 7. Is our seat hygienic? 8. Seat –Italian-English dictionary 9. The sexy reporter wants her seat autographed 10. Conjugation verb “sedere” (to sit)
Sintetizzando un po’ volgarmente ma in modo efficace, per chi non ama l’analisi grammaticale, potremmo dire così: ci si siede col “sedere”. Vale a dire che non si può parlare della seduta senza considerare le natiche. Nel sedersi, sedia e fondoschiena sono come il recto e il verso del foglio. La posizione eretta, una delle grandi tappe dell’evoluzione umana, non ha una parte specifica del corpo così identificata, né un attrezzo dedicato. D’altra parte la posizione seduta non gode di altrettanta fama e stima, ed anzi spesso questa postura assume connotati di pigrizia e di immobilità. Culo di pietra è un giornalista che non lascia mai la scrivania e non muove le chiappe, è fermo, si è ormai seduto. Tutti i bipedi godono di glutei particolarmente sviluppati,
Summarising in a somewhat vulgar fashion, for those who do not appreciate grammatical analysis, we could say it like this: we sit with our “seat”: which is to say that it is not possible to speak of a sitting without considering our backsides. When we sit, the chair and backrest are like the front and rear of a sheet of paper. The erect position, one of the great stages of human evolution, does not have a specific part of the body thus identified, nor any dedicated equipment. On the other hand, the sitting position does not enjoy the same fame and respect, and frequently, this posture often assumes connotations of laziness and immobility. A “culo di pietra” (seat of stone) is a journalist who never leaves the desk and does not move his/her cheeks, being still, already sitting.
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
13
photo credits: www.domusweb.it
photo credits: www.mobilicartone.it
ma solo l’uomo ha sviluppato questa particolare contraddizione tra una dotazione di un sedere particolarmente tornito e l’invenzione di uno strumento come la sedia, la cui seduta è piatta per antonomasia. La prima scena erotica della famosa Histoire de l’oeil di Bataille (1928) inizia con un gioco di parole. “Les assiettes, c’est fait pour s’assoir. Je m’assois dans l’assiette.”, sentenzia Simone prima di appoggiare il suo sedere sul piattino del latte per il gatto. In italiano potremmo renderlo così: “Se è piatto, è fatto per sedercisi”, dimostrando così come l’apparente contraddizione tra le elastiche curve del deretano e il rigido sostegno della seduta è in realtà avvertita come convenzione stabilita. Sedere il sedere, sedere con il sedere, sedere sul sedere che siede sulla sedia. La posizione seduta su di un attrezzo dedicato è in fondo una postura molto occidentale, oltre che piuttosto accidentale. Ai visitatori del palazzo di Cnosso a Creta viene mostrato uno strano manufatto da una finestrella, che le guide locali asseriscono essere il primo complesso tazza WC – sciacquone della storia, risalente a 4000 anni fa. Si confronti con la cosiddetta turca… potremmo forse suggerire al seriosissimo Huntington che fosse proprio qui, entre les fesses, l’origine del Clash of Civilization tra Oriente e Occidente? Come la tradizione plurimillenaria dello yoga ha dimostrato e codificato nelle sue asana, esistono decine di migliaia di posture tra lo sdraiato e l’eretto, tra shavasana, la posizione del cadavere, che giace come l’orizzonte, e tadasana, la montagna, antenna tra la terra e il cielo. Noi Western Earthlings siamo perdutamente seduti di fronte alle nostre finestre elettroniche, contemplando ed interagendo col mondo ormai prevalentemente sub specie digitalis…
All two-legged creatures possess particularly developed buttocks, but only man has developed this particular contradiction between being equipped with a particularly rounded seat and the invention of a tool like the chair, whose seat is flat by definition. The first erotic scene of the famous Histoire de l’oeil by Bataille (1928) begins with a play on words. “Les assiettes, c’est fait pour s’assoir. Je m’assois dans l’assiette.” sentences Simone before laying his seat on a plate of milk for the cat. In English, we might translate it thusly, “If it’s flat, it was made for sitting upon”, demonstrating the contradiction between the elastic curves of the backside and the rigid support of the seat is in reality noted as an established convention. Sit your seat down, sitting with your seat, sitting on your seat which sits on the chair. The sitting position on a piece of dedicated equipment is at base a very western posture, in addition to being rather accidental. To the visitors of the Knossos Palace on Crete a strange artefact is shown from a window, which the local guides claim is the first complex flush WC toilet in history, dating back to 4000 years ago. Compared to the so-called “Turkish” toilet... could we suggest to the very serious Professor Huntington that it was right here, entre les fesses, that we see the origin of the Clash of Civilizations between Orient and Occident? Just as the millennium-old tradition of yoga has demonstrated and codified in its asana, there exist tens of thousands of postures between laying and erect, between shavasana, the position of the cadaver, that lays like the horizon, a tadasana, the mountain, an antenna between the earth and sky. We Western Earthlings are lost, sitting in front of our electronic windows, contemplating and inter-acting with the world prevalently sub specie digitalis…
Mustafa ospita Paolo RR Rossi e Silvia Silverio
Mustafa hosts Paolo RR Rossi e Silvia Silverio
TRENDS paolo capizzi 02.03.2012
14
ARTIGIANATO 3D
3D ARTISANRY
L’epoca delle grandi certezze sociali, delle ideologie, dello sviluppo continuo ed inarrestabile, della fede illuministica nel progresso sta volgendo al termine, lasciano il posto a una nuova epoca all’insegna della complessità, dell’incertezza, del dubbio sistematico, del relativismo mutando le regole del mercato per la prima volta dal dopoguerra. La diffusione parallela delle nuove tecnologie legate al web ha permesso di valorizzare le conoscenze del consumatore che da un lato rafforza il suo potere di acquisto e dall’altro prospetta all’impresa scenari di dialogo difficilmente configurabili in passato. Un consumatore competente e consapevole che può diventare partner, ma anche committente, verso l’impresa. Per soddisfare queste esigenze una parte dei professionisti ha maturato una trasformazione, avvicinandosi sempre di più al mondo dei new media. L’evoluzione non è stata solo imposta dal mercato ma ha anche visto prodursi spontaneamente un numero sempre crescente di nuovi professionisti, che, con un’ espressione suggestiva, è stata definita “nuova classe creativa”. In questo scenario dinamico una nuova figura professionale si sta ritagliando sempre più spazio. Stiamo parlando dell’artigiano del 3D, un professionista che lavorando da solo o assieme ad altri riesce con l’uso di programmi 3D professionali a riprodurre con qualità fotorealistica immagini di prodotti ancora da realizzare, accorciarciando i processi
The era of great social certainties, of ideologies, of continuous and unstoppable development, of Enlightenment faith in Progress is coming to an end, giving way to a new era of complexity, uncertainty, systematic doubt and relativism which changes the rules of the marketplace for the first time since the end of the war. The parallel diffusion of new technologies linked to the web has allowed the improvement of consumer awareness which on one hand reinforces their purchasing power and on the other hand presents companies with a potential for dialogue that was difficult to configure in the past. Competent and aware consumers may become partners, but also clients, of companies. To satisfy these exigencies one group of professionals has developed a transformation, an approach toward the world of new media. This evolution has not only been imposed by the market, but has also seen the creation of an evergrowing number of new professionals who, with an evocative expression, have been defined, “the new creative class”. In this dynamic scenario a professional figure has been carving out an ever-larger space. We are talking about 3D artisans, a professional that works alone or together with others using 3D programs to reproduce high-quality realistic photographic images of merchandise yet to be produced, shortening the productive processes and improving the competitiveness of companies. These “renderari”, thusly nicknamed as a result of their final
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
15
produttivi e potenziando la competitività delle aziende. Questi “renderari” chiamati così a causa del loro prodotto finale chiamato comunemente Rendering possiedono un’elevata conoscenza tecnica e lavorano quasi a livello sartoriale, applicando spesso il concetto del fatto su misura, visto che non esiste una forma di produzione industriale di queste fotografie digitali. L’etichetta di artigiano digitale è anche giustificata dalla considerazione che molto spesso in questo campo le conoscenze si ottengono sperimentando, imparando con il sistema “learning by doing” e attraverso lo scambio di esperienze nei vari forum sul web al fine di ottenere risultati sempre migliori in termini di prodotto finale. “La difficoltà non sta nel credere alle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie” (J.M. Keynes)
process which is commonly called “Rendering”, possess elevated technical knowledge and work almost at a customtailored level, often applying the concept of specialised measurements, given that there is no industrial form of production of these digital photographs. The digital artisan label is also justified by the consideration that very often in this field knowledge is achieved by experimentation, learning by doing, and through the exchange of experience in various web forums to obtain better and better results in terms of the final product. “The difficulty lies not so much in developing new ideas as in escaping from the old ones” (J.M. Keynes)
TRENDS paolo capizzi 12.03.2012
16
photo credits: www.lemonstudio.it
FOTOGRAFIA VERSUS RENDERING
PHOTOGRAPHY VERSUS RENDERING
Generalmente i “renderari” (intesi come professionisti che realizzano immagini fotorealistiche utilizzando dei software molto complessi e dai nomi alle volte indecifrabili) sono visti e considerati come i peggiori nemici dei fotografi industriali. Questo perché ultimamente i rendering stanno iniziando a sottrarre sensibili quote di mercato nel mondo che da sempre è stato considerato uno degli esclusivi territori di caccia dei fotografi: i cataloghi d’interni. Considerando l’attuale il clima economico dove recuperare un nuovo cliente/lavoro diventa sempre più difficile si capisce perché alcuni fotografi professionali vedano i grafici 3d come degli scomodi intrusi. In realtà questo atteggiamento di chiusura non porta nulla di buono, ma anzi si possono invece perdere occasioni di nuova crescita. In questo scenario dobbiamo invece sottolineare che Luca Tassotto e Massimo Puzzolo proprietari dell’Agenzia LemonStudio di Udine si sono incamminati nella direzione diametralmente opposta. Lo scorso anno in occasione di una giornata di incontri fra aziende (Matching Day 2011) organizzato dalla Confartigianato Udine, una società di grafica 3D (Segnoprogetto s.r.l.) ha proposto loro una forma di collaborazione tra il mondo del 3D con quello della fotografia reale. La “Mission” era quella di elaborare un’immagine che contenesse sia elementi fotografici che di rendering. L’occasione era data dall’Udine 3D Forum (giornata di incontri/discussioni sul campo del 3D) del
Generally “Rendeorari” (meaning those professionals who produce photorealistic images using very complex software sometimes with indecipherable names) are seen and considered as the worst enemies of industrial photography. This because “photo-rendering” is now beginning to eat into important shares of the world market which were always considered the exclusive hunting grounds of photographers: interior catalogues. Given the current economic climate where finding a new customer/job is always more difficult, we understand why some professional photographers see 3D graphics as undesired intruders. In reality this closed-minded attitude leads to nothing positive, and lost opportunities for new growth. In this scenario we must emphasise that Luca Tassotto and Massimo Puzzolo, the owners of the Agenzia LemonStudio of Udine, Italy, have instead undertaken a road heading in the diametrically opposed direction. Last year, on the occasion of a meeting between companies (Matching Day 2011) organised by the Udine Confederation of Artisans, a 3D graphics company (Segnoprogetto s.r.l.) proposed a form of collaboration between the world of 3D and that of real photography. The “mission” was to develop an image that contained both photographic elements and photo-rendering. The occasion was offered by the Udine 3D Forum (a day of meetings/ discussions concerning the world of 3D) of last November. One of the speeches regarded “Photography versus photo-
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
17
novembre scorso. Uno degli interventi della giornata era “fotografia versus rendering” dove la provocazione era quella di mettere a confronto le 2 correnti di pensiero andando a sottolineare le parti complementari con i vari potenziali che ne potevano nascere. Partendo da un prodotto da fotografare senza ambientazione (una cucina in questo caso) si doveva ottenere un’immagine ambientata da catalogo mixando assieme le 2 tecniche. L’ immagine finale doveva mantenere il “sapore” di uno scatto fotografico con una “location” ricostruita completamente in 3D. Tutto questo per dimostrare che senza spostare il prodotto dall’azienda e senza riprodurre fisicamente un set fotografico si poteva ottenere un’immagine emozionale. Tralasciando la descrizione tecnica di come si è realizzato il progetto possiamo invece affermare che il risultato finale è stato di alto livello. A tal punto da ottenere anche il positivo giudizio dell’azienda che ha accettato con entusiasmo questa prima sperimentazione mettendo a disposizione uno dei suoi modelli e decidendo, una volta visionata l’immagine finale di proseguire su questa strada con altri progetti. Tutto questo per ribadire che fino a quando si aggiungono delle capacità e si ha il coraggio di ri-mettersi in discussione si percorre la giusta strada per offrire sempre miglior qualità nei servizi rivolti alle aziende. www.lemonstudio.it www.segnoprogetto.it
rendering” where the provocation was to compare the two schools of thought and emphasise complementary aspects with variegated potential for new creations. Starting with a product to photograph without any environment (a kitchen in this case) the idea was to obtain an image used in a catalogue environment by mixing the two techniques. The final image had to maintain the “flavour” of a photographic shot with a “location” that was completely constructed using 3D technology. All this to demonstrate that without moving the product from the company and without physically reproducing a photographic set, it was still possible to obtain an emotionally-strong image. Leaving aside the technical description of how the project was achieved, we might affirm that the final result was at a very high level. At such a point as to also obtain the positive evaluation of the company that had enthusiastically accepted this first experiment by making available one of its models and deciding, once having seen the final image, to proceed along this road with other projects. With this we wish to repeat that, as long as new capabilities are added and the courage to put oneself into play exists, the right strategy is being pursued with an increasingly better quality offered to serve companies. www.lemonstudio.it www.segnoprogetto.it
TRENDS nicola pressi 19.03.2012
18
IL LENTO DECLINO DI INTERNET EXPLORER
THE SLOW DECLINE OF INTERNET EXPLORER
Per molti è l’unico modo per accedere ad internet, per altri è un’alternativa tra le tante, qualcuno non lo considera quasi un browser. Stiamo parlando di Internet Explorer, il software che ci permette di visualizzare una pagina web sullo schermo del nostro computer. Nel corso degli anni 90 abbiamo assistito alla “guerra” fra Internet Explorer e Netscape Navigator, due browser che si contendevano il mercato della navigazione su internet. Dal 2003, fortunatamente, il mercato si è allargato a nuovi browser emergenti tra cui Mozilla Firefox, Google Chrome, Safari e Opera. Se fino a 5-6 anni fa il domino di Internet Explorer sembrava incontrastato (con una quota di mercato che superava l’80%), ad oggi la situazione è molto cambiata. Abbiamo Firefox che è ormai entrato stabilmente nel cuore degli internauti riuscendo per primo a scalfire una quota importante di mercato al colosso di casa Microsoft. In crescita vertiginosa negli ultimi anni troviamo il browser di casa Google, chiamato appunto Google Chrome. Questi ultimi browser moderni offrono una soluzione più performante, più sicura, più veloce e anche più piacevole per navigare in internet. Sono conformi agli standard del W3C, il consorzio che si occupa di “Guidare il World Wide Web fino al massimo del suo potenziale” e sono sempre molto attenti alle nuove esigenze degli utenti. Già da qualche tempo, siti come Facebook e YouTube non
For many it is the only way to access internet, for others it is one alternative among many, while some do not even consider it a browser. We are speaking of Internet Explorer, the software that allows us to visualise a web page on the screen of our computer. During the 90s we witnessed a “war” between Internet Explorer and Netscape Navigator, two browsers that contended for the surfing market on the internet. Since 2003, fortunately, the market has opened up to new emerging browsers, among which Mozilla Firefox, Google Chrome, Safari and Opera. If until 5-6 years ago the domination of Internet Explorer seemed unchallenged (with a market share that went beyond 80%), today the situation has changed greatly. We have Firefox which has by now entered the hearts of internauts in a stable fashion, having carved out an important share of the market from the colossus Microsoft. In exponential growth in recent years we find the browser Google, called of course Google Chrome. The latest modern browsers offer a high-performing, safer, quicker and more pleasant solution to surf the net. They conform to the W3C standards, the consortium that produces the “Realising the full potential of the World Wide Web” and are always very attentive to the new needs of users. For some time now, sites such as Facebook and YouTube no longer support the old versions of Internet Explorer
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
19
supportano più le vecchie versioni di Internet Explorer non garantendo quindi un’esperienza di navigazione paragonabile a quella di browser più moderni con potenzialità maggiori. Grazie a questa presa di posizione il declino di Internet Explorer, specie per le versioni più datate, è stato inesorabile e lo ha portato sotto la quota del 35% vedendosi avvicinare pericolosamente dai sempre più temibili concorrenti Firefox e Chrome. Dunque quale browser utilizzare: un consiglio? Scaricarsi sul proprio computer l’ultima, e sottolineo l’ultima, versione di uno tra Firefox, Google Chrome, Opera o Safari e vedere quale ci sembra più adatto al nostro stile di navigazione. Anche l’ultima versione di Internet Explorer, la 9.0, può essere considerata una versione all’altezza dei concorrenti. L’importante, per godere sempre delle ultime novità, è di aggiornare sempre il browser all’ultima versione disponibile!
which therefore does not guarantee a surfing experience comparable to the more modern browsers with greater potential. Thanks to this position, the decline of Internet Explorer, especially for the more dated versions, has been inexorable and brought it under a 35% share, seeing it approach perilously the levels of its ever more fearsome competitors, Firefox and Chrome. Therefore what browser to use: a piece of advice? Download on your computer the latest, and I emphasise the latest, version of either Firefox, Google Chrome, Opera or Safari and see which seems more suited to our style of surfing. Even the latest version of Internet Explorer, 9.0, may be considered a version that is up to the competition. The most important thing, to always enjoy the latest novelties, is to constantly update the browser with the latest version available!
TRENDS design team fabrica 20.03.2012
20
Venus Chair Second Nature photo credits: www.arredoeconvivio.com
Tokujin Yoshioka Crystalized Project Design come creatore dell’anno 2012 da Maison & Objet, Paris photo credits: www.arredoeconvivio.com
LA SEDIA INCONTRA LA NATURA: VENUS CHAIR
CHAIR THROUGH NATURE: VENUS CHAIR
Considerato uno dei creativi più influenti dei nostri tempi, il designer giapponese Tokujin Yoshioka ha trasformato il modo in cui interpretiamo il mondo che ci circonda. Lo scorso gennaio ha ottenuto il premio “Now! Design à Vivre 2012 CREATOR OF THE YEAR”, un riconoscimento assegnato da Maison & Objet al designer più influente dell’anno. In mostra a Parigi, il progetto Crystallized Project è una collezione visionaria di oggetti che indagano la relazione tra ricordi umani e fenomeni naturali. è iniziato nel 2007 con la Venus Chair, disegnata e costruita attraverso un processo altamente innovativo mai visto prima. Per creare questo pezzo, un substrato in elastomero poliestere che forma lo scheletro della sedia viene immerso in un serbatoio. Accanto, una musica suona e, attraverso le sue vibrazioni, fa crescere i cristalli. La sedia si contraddistingue per la casualità e l’incertezza tipiche del mondo dei fenomeni naturali e riesce ad esprimere un livello di bellezza che sorpassa altamente l’immaginazione umana. La Venus Chair non viene costruita, ma piuttosto nasce e cresce dai cristalli. Non sarà forse la sedia più comoda del mondo - a meno che non siate un fachiro - ma rimane comunque una creazione altamente innovativa. La sua particolarità sta nel fatto che il risultato finale non è assolutamente controllato dalla volontà umana, ma è lasciato nelle mani della natura.
Considered as one of the most influential creatives of today, Japanese designer Tokujin Yoshioka has transformed the way we experience the world around us. Tokujin Yoshioka recently obtained the “Now! Design à Vivre 2012 CREATOR OF THE YEAR”, an award given by Maison & Objet to the most influential designer of the year. Among Yoshioka’s works is The Crystallized Project, a visionary collection of crystal objects which investigate the mutual dependency that exists between human memories and natural phenomena. The Crystallized Project began in 2007 with the Venus chair developed using a completely unique production process. To form this piece, a substrate made of polyester elastomer forms the skeleton of the chair, which is then submerged in a tank. Music plays, and through its vibrations, crystals grow. The piece adopts the randomness and unexpectedness of the natural world and expresses a level of beauty that surpasses human imagination. Venus Chair is not built, but grown from crystals. Anyway it’s probably not the most comfortable chair unless you’re a fakir, but it is highly innovative and its unique beauty lies in the fact that the final result is not controlled by humans, but left entirely up to nature. Yoshioka explains: “Venus takes shape by making the tiny crystals grow in an aquarium, and makes its appearance over time as if the goddess herself gradually emerges from water.
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
21
Venus Chair Second Nature photo credits: www.arredoeconvivio.com
Second Nature exhibition, ottobre 2008 photo credits: www.arredoeconvivio.com
Come afferma Yoshioka, “Venus prende forma lasciando crescere i cristalli in un acquario, ed emerge pian piano come se fosse una divinità che esce lentamente dall’acqua. La sedia di cristalli, creata dalle leggi della natura, impersonifica la bellezza propria della coincidenza e spinge la creatività oltre i propri limiti. Questo lavoro è il mio messaggio per il futuro”.
The natural crystal chair, which is formed by the laws of nature and embodies a beauty born of coincidence, pushes the boundaries of creativity. The work is like my message for the future.”
TRENDS mustafa sabbagh 23.03.2012
22
photo credits: www.rogerballen.com
NUOVI OCCHI PER ARCAICHE VEDUTE
NEW EYES FOR ANCIENT SIGHTS
Per un fotografo, il parlare di fotografia può suonare a volte pretenzioso o perfino presuntuoso. Una forma d’amore verso chi dedica la sua vita a quest’arte, però, mi obbliga a parlare di un grande fotografo, dotato di una visione insolita, come è Roger Ballen. Osservare, indagare la realtà attraverso le sue magnifiche immagini ci fa sentire inizialmente a disagio. Poi scatta l’amore verso i suoi soggetti, caratterizzati da una bellezza insolita ed insolente. Il rapporto che riesce a creare tra oggetto e soggetto caratterizza la sua sublime arte iconica. Osservando le sue fotografie viene da chiedersi se sia la finzione a innalzarsi alla condizione del reale attraverso il suo obiettivo, o la realtà si tramuti e confonda con la finzione. Non che questo quesito su ciò che la sua fotografia rappresenti sembri avere grande importanza per Ballen, un fotografo che, da cittadino americano, ha scelto di vivere in Sudafrica per conservare un rapporto più intimo con il suo mondo. Di rado mi capita di avere il desiderio che una fotografia d’altri fosse stata scattata da me, con lui mi accade spesso. In sintesi si può dire che le sue fotografie sembrino la medesima fotografia scattata all’ infinito. Se fossi un critico d’arte chiamerei questa sua qualità un’‘ossessione creativa’. Che è in definitiva ciò che amo in lui. Ma preferisco che ammiriate le sue immagini, che valgono di certo più delle mie banali parole.
For a photographer, talk about photography may at times sound pretentious or even presumptuous. A form of love toward those who dedicate their life to this part, however, obliges me to speak of a great photographer with an unusual vision, Roger Ballen. Observing and investigating reality through his magnificent images makes us feel uncomfortable at first. Then the love for his subjects intervenes, characterised by an insolent and unusual beauty. The relationship he manages to create between subject and object characterises his sublime iconic art. While observing Ballen and his photos we wonder if fiction has been raised to the level of the real through his lens, or if reality has been confused and transformed into fiction. Not that this doubt about what his photography represents seems to have any real importance for Ballen, a photographer who, as an American citizen, has chosen to live in South Africa to preserve a more intimate relationship with his world. I rarely find myself wishing that someone else’s photography had been shot by me – with him it happens often. In summary, we can say that his photography seems the same photos taken infinitely. If I were an art critic I would call this quality a “creative obsession”. Which in the end is what I love about him. But I prefer for you to admire his images, which are certainly worth more than banal words.
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
23
TRENDS design team fabrica 26.03.2012
24
NEXT CABANE: TIPOLOGIA DI SEDUTA TEMPORANEA
NEXT CABANE: TEMPORARY WAYS OF SITTING
“Next Cabane” di Fabrica è una collezione di strutture di legno disegnate per ripararsi, viaggiare o vivere in maniera alternativa. La struttura e i principi ispiratori di questo progetto ruotano attorno al concetto di semplicità. Tra le varie Next Cabane troviamo tre esempi di sedute interessanti, diverse nei materiali ma accomunate dal concetto di temporaneità. La prima è “Net” di Giorgia Zanellato che si ispira all’antica tradizione dei pescatori e quindi è completamente costruita in corda. La corda, avvolta e intrecciata attorno alla struttura di legno, forma quattro muri e un tetto spaziando dal giallo fluo all’oro e passando per il viola. Sul pavimento, un semplice sgabello creato da una bobina di corda industriale, la stessa utilizzata per la costruzione della struttura. Questo sgabello solitario è interessante perché la corda che lo avvolge si srotola poi in un tappeto circolare che, grazie all’uso intelligente dello stesso materiale, connette l’oggetto con i muri e il pavimento. “The Waiting Room” di Kirsty Minns, invece, si focalizza sulla fugacità del tempo. L’ambientazione esprime in modo tangibile la sensazione dello scorrere del tempo il quale è misurato in secondi, giorni o in una vita intera. Come in ogni sala d’attesa, il punto focale dell’installazione è rappresentato dall’attività del sedersi; la seduta è una comune panchina di legno che riprende la stessa geometria della struttura. Già ad un primo sguardo, si percepisce che la panchina non serve né
The “Next Cabane” series by Fabrica is a collection of structures, designed for shelter, travel, and alternative living. They speak about simplicity in their ideals and construction. Here we find three interesting examples of seating, diverse in their materiality yet common through their suggestions of temporary use. The first cabane, “Net” by Giorgia Zanellato is inspired by fishing tradition, crafted entirely in ropes intricately woven around the wood frame construction, defining four walls and a ceiling, in a weave of fluo, gold and purple nylon. Positioned on the floor is a simple stool, which takes its form from an industrial rope reel, borrowed from the construction of the cabane. The solitary object is resourceful and charming, especially when we notice the rope unraveling into a circular floor carpet – connecting the furniture with the walls and the floor, through the clever use of one material. The “Waiting Room” by Kirsty Minns is concerned with experiencing time. The environment has a tangible sense of time moving forward, measured and presented over seconds, days and an entire lifetime. Like any waiting room the focal point is the activity of sitting, presented here as a communal wooden bench, assembled in the same geometry as the cabane structure itself. You really feel the bench is not for relaxing, nor reading its robustness and neutrality speaking only about waiting. When we sit on the bench, our companion is a solitary alarm
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
25
per rilassarsi, né per leggere: la sua robustezza e neutralità fanno intuire che essa è stata concepita solo per aspettare. Sedendoci sulla panchina troviamo il tintinnio di un orologio a farci compagnia, interrotto sporadicamente dal suono di una sveglia. Ciò ci fa pensare alle diverse persone che si sono sedute prima di noi e a coloro che vi si siederanno in futuro. “Soft Fold” di Marie Dessuant e Margaux Keller è un ambiente dedicato al sedersi, creato con numerosi pezzi di stoffa diversi. I muri in tessuto si fondono con il pavimento, interrotti solamente da un gradino astratto che assomiglia a un divano. Possiamo scegliere se sederci sul pavimento, appoggiando la schiena sul gradino o in cima allo scalino. L’ambiente è inoltre arricchito da alcuni oggetti come una coperta, un tavolino per il computer portatile e una luce neon; ecco come un luogo di relax viene trasformato in uno spazio dal sapore contemporaneo. Nell’insieme troviamo tre interpretazioni della sedia e tre stanze dove sedersi. Sono tutte speciali e temporanee come i momenti di cui fanno parte. E’ bello pensare che ogni momento bello della nostra vita possa essere associato ad una seduta particolare. Al momento “Next Cabanes” di Fabrica è in mostra presso il MUDAM, prestigioso museo dedicato all’Arte e al Design in Lussemburgo. Mudam Luxembourg / 3, Park Dräi Eechelen, L-1499 Luxembourg 11 febbraio – 6 giugno 2012
clock, intermittently beeping to the call of a previous waiter. We wonder about the many people who sat before us, who will sit after us, and what they waited for… “Soft Fold” by Marie Dessuant & Margaux Keller is a dedicated sitting environment, draped in patchwork of fabrics. The textile walls flow into the floor, interrupted by an abstract step, closest in distinction to a sofa. Either we lie on the floor, with the step at our back, or sit perched on top, at conventional chair height. The environment is punctuated by tools of a sort – a blanket, a laptop table and an integrated neon light – transforming a quilt of comfort into a useful contemporary space. Overall we find three interpretations of a chair, and three rooms to sit in. They are as special and as temporary as the moments they are part of. Perhaps all good moments have a seat to match… Next Cabanes by Fabrica is now showing at Mudam, the foremost museum dedicated to contemporary Art & Design in Luxmebourg. Mudam Luxembourg / 3, Park Dräi Eechelen, L-1499 Luxembourg 11th February - 6th June 2012
TRENDS marco brollo 30.03.2012
26
Pantone. Storia del XX secolo a colori Leatrice Eiseman, Keith Recker / Rizzoli editore photo credits: www.rizzoli.rcslibri.corriere.it
Pantone. Storia del XX secolo a colori Leatrice Eiseman, Keith Recker / Rizzoli editore photo credits: www.rizzoli.rcslibri.corriere.it
UN PANTONE SULLA CAMICIA DI JAMES DEAN
PANTONE ON JAMES DEAN’S SHIRT
Raccontare un periodo storico attraverso un insieme di colori è possibile? Il libro edito dalla Rizzoli “Pantone®, storia di un secolo a colori” sostiene che è possibile. Oggetti di uso quotidiano, campagne pubblicitarie, mode che cambiano, politica, cronaca, architettura, cinema, design. Tutto è colore. Il XX secolo e le sue icone diventano il paradigma attraverso il quale leggere la nostra vita quotidiana. Le icone di stile che, meglio di altre, hanno saputo cogliere il senso del loro tempo, sono anche quelle che oggi rappresentano icone di riferimento. Se parlassimo di un Pantone 7625, difficilmente potremmo associare a questa tinta rossa un’immagine altrettanto specifica o il ricordo di un oggetto che abbiamo visto da piccoli. Al contrario, se considerassimo questo colore e lo mettessimo in relazione alla foto di Jeames Dean in Gioventù bruciata, non potremmo non ammettere che una relazione tra questi due segnali visivi esiste. Oppure possiamo riferirci a ricordi e connessioni assolutamente private e soggettive ma comunque condivisibili. Io ad esempio agli anni ’70 associo il colore verde scarabeo del caftano di mammà, rimasto intatto nell’armadio, così come il colore salmone di un ghiacciolo gusto tropical, in me evoca con precisione l’adolescenza e tutti gli anni ’80. Nel libro di cui parliamo in questo articolo, si citano molti esempi e si raccontano molte curiosità che spiegherebbero come la presenza di un determinato colore in un
Is it possible to recount an historic period through a combination of colours? A book published by Rizzoli “Pantone®, storia del XX secolo a colori” (Pantone®, A history of the 20th century in colour) argues that it is possible. Objects of daily use, advertising campaigns, changing fashions, politics, news, architecture, cinema, design. Colour is everything. The 20th century and its icons become the paradigm through which to read our daily life. The icons of style that, better than others, knew how to capture the spirit of their day are also those that today represent points of reference. If we were to speak of a Pantone 7625, it would be difficult to associate this red hue to as specific an image or the memory of an object we saw as children. On the contrary, if we considered this colour or related it to the photo of James Dean in Rebel without a cause, we could not but admit that a relation exists between the two visual signals. Or we might refer to absolutely private and subjective but in any case shared memories and connections. For example, I associate the 70’s with the beetle green colour of my mother’s caftan, which has remained intact inside the wardrobe, just as the salmon colour of a tropical flavoured popsicle evokes for me my adolescence and the 80’s. In the book we speak of in this article, many examples are cited and recounted of curiosities that would explain how the presence of a particular colour in a particular historical period is never determined by chance. For example the
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
27
Pantone. Storia del XX secolo a colori Leatrice Eiseman, Keith Recker / Rizzoli editore photo credits: www.rizzoli.rcslibri.corriere.it
Chroma. Un libro sul colore Derek Jarman / Ubulibri editore photo credit: www.ubulibri.it
determinato periodo storico non sia mai determinata dal caso. Ad esempio il nero (traccia della sofferta conquista dei diritti civili afroamericani a metà degli anni ’60 negli stati uniti) che irrompe nelle sedie Panton Vitra, che entra nei fondi delle foto pubblicitarie, che appare come volto di una modella sulla copertina di LIFE, è solo un esempio tra i tanti disponibili. Che la Pantone® si proponga, attraverso le sue scale cromatiche, come unità di misura e codifica internazionale di riferimento non è una scoperta, è un dato di fatto, perciò non è questo l’aspetto interessante del libro. Interessante invece è la panoramica ben documentata e spiegata di ciò che è accaduto in passato e degli eventi che hanno influito sulla nostra società e di come essi si siano poi tradotti in linguaggio cromatico diffuso e declinato in larga scala. Ci offre la possibilità di riflettere su un altro dato di fatto: viviamo immersi in oggetti e immagini che ci dicono molto di più di quel che, a un primo sguardo, siamo in grado di cogliere. Un codice cromatico (fatta eccezione per le convenzioni stabilite a priori per fini professionali e pratici) non necessariamente ha un valore universalmente condiviso, perciò questo libro non basta a spiegare tutto. Molti specialisti e intellettuali hanno cercato di identificare un codice cromatico comune e universale e non pare ci siano riusciti. Altri, come Derek Jarman, hanno definito un proprio codice cromatico totalmente soggettivo e anarchico. Nel caso di Jarman, l’atto poetico del trovare un colore, diventa atto di denuncia sociale. Come malato di HIV, scaraventato ai margini della società americana del suo tempo come il più pericoloso e terribile degli esseri viventi, Derek Jarman ha usato i colori come proiettili. Anche quest’anarchia cromatica è una testimonianza del tempo a cui appartiene tanto quanto il libro che vi propongo.
black (trace of the difficult conquest of civil rights for AfricanAmericans in the United States during the 60’s) that erupts in the Panton Vitra chairs, that enters the background of advertising photos, or that appears only as the face of a model on the cover of LIFE, is only one example of the many available. That the Pantone® is offered, through its chromatic scale, as a unit of measure and international code of reference is not a discovery, it is a fact – so this is not the most interesting aspect of the book. Instead the interesting point is the well-documented and carefully explained panorama of what happened in the past and the events that influenced our society and how they were translated into a widespread chromatic language, declined on a large scale. It gives us a possibility of reflecting on a fact: we live immersed in objects and images that tell us much more than what we are able to grasp at first glance. A chromatic code (with the exception of those conventions established a priori for professional and practical reasons) does not necessarily have a universally shared value; therefore this book does not suffice to explain everything. Many specialists and intellectuals have sought to identify a common and universal chromatic code, and they have not always succeeded. Others, such as Derek Jarman, have defined their own totally subjective and anarchic chromatic code. In Jarman’s case, the poetic act of finding a colour becomes an act of social denunciation. As one stricken with HIV, dumped at the margins of American society in his time as the most dangerous and terrible of living beings, Derek Jarman has used colours as bullets. This chromatic anarchy is also a testimony of the age to which it belongs, as much as the book I suggest to you here.
design design team fabrica 08.03.2012
28
© Formafantasma photo credits: www.formafantasma.com
© Formafantasma photo credits: www.formafantasma.com
DOMESTICA: LA SEDIA CHE PARLA ITALIANO
DOMESTICA: THE CHAIR THAT SPEAKS ITALIAN
In tema di sedie, come non contattare lo studio Formafantasma, autore di “Domestica” seduta che fa respirare una ventata di tradizionalità e storia propria della cultura italiana? Andrea Trimarchi e Simone Farresin, i fondatori e creatori di Formafantasma, sono designer italiani con base a Eindhoven. Il loro interesse verte sul ruolo del design negli oggetti tipici di un popolo, sulla relazione tra le tradizioni locali e il design delle forme come vettore culturale. Ma se loro fossero una sedia che tipo di seduta sarebbero? “Sicuramente un piano d’appoggio” risponde Simone dopo una breve riflessione, (probabilmente spiazzato dalla domanda n.d.r.), “perché il modo che abbiamo di lavorare è quello di guardare all’origine, dove le cose hanno inizio; è proprio alla genesi del processo cognitivo che si scopre il vero potenziale delle cose: scartando difetti, prove ed errori. Quindi il piano d’appoggio può essere visto come l’archetipo di una seduta”. Possiamo verificare questa filosofia analizzando la seduta disegnata dallo studio Formafantasma su commissione della Galleria Dilmos e presentata al Salone del Mobile 2011: “Domestica”. L’elemento centrale di questa seduta è la gerla, una cesta di vimini intrecciato a forma di cono capovolto. Nel disegno di “Domestica”, lo studio Formafantasma ha voluto fare riferimento alle referenze storiche e culturali dell’ oggetto
“Domestica” is a chair that tells the story of real Italian culture and tradition. The Italian Design duo Andrea Trimarchi and Simone Farresin make up Studio Formafantasma a design company based on Eindhoven. The work of Studio Formafantasma touch relevant design issues such as the role of design in folk craft, the relationship between traditional and local culture and the significance of objects as a cultural vector. We asked studio Formafantasma: “If you were a chair, what chair would you be?” “A basic seat, of course” Simone answered after a little break, maybe surprised of the weird question, “because our way to work it’s just to look at the origin of things; it is in the genesis of thing that starts the process of creation and selection, in which you understand the real potential of the idea: discarding imperfections, errors and tests. Therefore we could easily think of a basic seat as the archetype of the chair.” Studio Formafantasma supported its theory on the design of “Domestica”, a chair commissioned by the Dilmos Gallery and presentend on Salone del Mobile in 2011. The central element of the chair is the Gerla, a wicker cone basket. The design of “Domestica” is an investigation by Studio Formafantasma of rural craft and its archetypes: farmers with their simplicity, women with their bravery and
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
29
© Formafantasma photo credits: www.formafantasma.com
© Delfino Legnani Sisto photo credits: www.formafantasma.com
preso in esame e celebrarne I soggetti coinvolti: i contadini con la loro semplicità, le donne con il loro coraggio, i partigiani con la loro lotta. La gerla in principio era uno strumento utilizzato dai contadini, ma in alcune regioni del nord Italia, è stata successivamente associata al movimento di resistenza durante la seconda guerra mondiale, ed è quindi diventata simbolo delle forze partigiane. Anche la seduta a tre gambe in sé è proprio quella che i contadini utilizzavano per togliersi la gerla piena dalle spalle sedendosi, appoggiandola su un supporto: “Domestica” quindi non è un oggetto ragionato, ma il naturale risultato di un gesto spontaneo. L’ultimo elemento inserito nel prodotto, appena prima dell’inizio dell’esposizione al salone del mobile, è una piccola bandiera italiana, per dare un riferimento limpido all’italianità di questo prodotto, e per echeggiare I festeggiamenti del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Come sottolinea Andrea “Il design dell’oggetto e la sua indefinita funzionalità invitano chi lo utilizza a inventare nuovi gesti e rituali. Questi rituali sono stimolati da memorie antiche evocate dalla familiarità di oggetti radicati nella tradizione”. Questa seduta fa molto più che raccontare la storia dell’Italia, ma più genericamente narra la storia di ognuno di noi.
partisans with their fights. The Gerla Basket is a container usually used by farmers to collect harvested cereals and transported as a bag-pack. In some region of north of Italy, the Gerla basket has in time assumed other connotations and it is often considered as a symbol of the Italian partisan resistance movement during World War II. The design of the three legs seat refers to a small stool used as a support to help take off the Gerla Basket once it is full: more then designed, “Domestica” appears as the result of a natural gesture. The last element Formafantasma introduced on its chair is the little Italian flag, to underline the made in Italy and to celebrate the 150th Italian anniversary, this was sewed the night before the exhibition. “The design of the objects and its undefined functionality invites the user to invent new gesture and rituals,” Andrea said. “Such rituals are stimulated by ancient memories evoked by the familiarity of an object rooted in tradition” Which is an arty way of saying that the chair does more than tell the story of Italy. It tells any story you want it to tell.
design fabio di bartolomei 16.03.2012
30
photo credits: www.tomshw.it
Design by Joe Colombo photo credits: www.yoox.com
IMMAGINE, ERGONOMIA E MATERIA
IMAGES, ERGONOMICS AND MATERIAL
Quando pensiamo alla progettazione di un nuovo prodotto industriale, un oggetto di design, non si tratta di tradurre semplicemente un’idea in un’immagine reale, bensì l’analisi che facciamo deve essere molto precisa e mirata sulla base di alcuni punti fondamentali i quali rispondono a delle domande specifiche: “Quale sarà il fruitore dell’oggetto? Chi è il produttore? Quale costo industriale dovrà avere il prodotto?” Quanto più ci atteniamo alle risposte che daremo a queste domande, e quanto più giuste esse saranno, tanto più il nostro progetto sarà “vincente”. L’analisi di queste tre risposte va fatta comparandole tra loro. In effetti rispondendo ad esse non facciamo altro che pensare come il mercato, nel quale noi desideriamo presentare la nostra creazione, reagirà. È giusto infatti fare una valutazione del mercato dove verrà proposto l’oggetto in quanto lo stesso mercato non è un entità astratta, ma è costituito da persone che come tali pensano e considerano un acquisto in base ai propri desideri, alle proprie necessità. Queste necessità sono variabili perchè nascono dagli input dati dal contesto socio-culturale nel quale il soggetto vive e in relazione al periodo storico contemporaneo. Lo scopo di un progetto industriale è, nella maggior parte dei casi, la volontà di raggiungere un successo di ampia distribuzione quindi di commercializzazione, per cui la centralità concettuale è certamente il cliente finale, colui che acquisterà la realizzazione del nostro progetto. Il fruitore generalmente guarda al progetto con occhi diversi sia da quelli del progettista sia del produttore e la sua analisi si basa su percezioni che di norma non colgono gli aspetti tecnici o le soluzioni industriali e produttive adottate, che invece sono importantissime per il designer e l’industria. Il design dell’oggetto quindi dovrebbe tenere conto di alcune ipotesi: gli occhi di chi guarda percepiscono contemporaneamente la funzione e l’estetica ed è proprio quest’ultima che trasmette emozioni. Per fare un esempio pensiamo ad una
When we think about the project for a new industrial product, an object of design, we do not merely translate an idea into a real image – the analysis we perform must be very precise and targeted, based upon several fundamental points that respond to specific questions: “Who will be the user of the object?” “Who is the producer?” “What will be the limits of the manufacturing costs of the product?” The more we focus attention on the answers to these questions and the more our answers are correct, the more likely we are to have a “winning” project. An analysis of these three answers should be made by comparison. In effect, the responses regard nothing other than thinking about how the marketplace in which we wish to present our creation will react. It is correct in fact to evaluate the marketplace where the object will be launched given that the market itself is not an abstract entity, but rather is made up of persons who think over a purchase on the basis of their own desires and necessities. These necessities are variable given that they are born from the input offered by the socio-cultural context in which the subject lives and in relation to a period of contemporary history. The aim of a manufacturing project is, in the majority of cases, the wish to achieve the success of ample distribution and therefore marketing, in which the central concept is certainly the final consumer who will purchase the end result of our project. The user generally looks at the project with different eyes than those of both the designer and the producer, and the former’s analysis is based upon perceptions that normally do not reflect technical aspects or the industrial and production solutions adopted, which are instead of primary importance to the designer and industrialist. The design of the object should therefore take into account several hypotheses: the eye of the beholder perceives simultaneously function and aesthetics, and it is the second which transmits emotions. As an example, let us consider an armchair. When we look at it, even before trying it out, we might judge whether or not
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
poltroncina. Quando la guardiamo, prima ancora di averla provata, noi possiamo valutare che essa sia comoda oppure scomoda, anche se poi può risultare l’opposto di ciò che ci aspettavamo. Questa possibile errata valutazione è un handicap negativo per un prodotto in quanto in tutti e due i casi tradisce le aspettative. Cosa secondo me è importante trasmettere attraverso la forma, l’immagine? Dare sempre il giusto significato al prodotto, considerare bene l’ergonomia dell’oggetto in funzione alla sua futura naturale collocazione progettuale. Perciò, se la poltroncina dovrà essere collocata in un ufficio, avrà delle caratteristiche che non sono solo ergonomiche, ma visivamente rispondenti a quanto ci aspettiamo essa debba avere per quell’uso. Consideriamo ora anche il materiale con il quale la poltroncina è stata realizzata. Nella realizzazione del progetto, affinché esso sia conforme alle aspettative, sono molto importanti i materiali di fabbricazione. La materia infatti è una delle componenti che può dare al nostro oggetto una percezione soggettiva diametralmente opposta in relazione al suo uso. Come scegliere i materiali non è certo una cosa da codificare in quanto esso dipende, come dicevo, da diversi fattori, tra i quali c’è la creatività che è una delle poche cose che, per fortuna, non può essere codificata. Come scegliere allora i materiali? Questo è un tema vastissimo che meriterebbe una disquisizione molto ampia. Possiamo dire che essi in passato venivano esclusivamente prelevati dalla natura, come il legno per esempio. Oggi la maggior parte di essi deriva dallo studio e dall’applicazione di lavorazioni e di tecnologie avanzate per cui anche i materiali naturali possono avere caratteristiche decisamente innovative. Per esempio abbiamo legni trattati chimicamente e in ambiente particolarmente pressurizzato che resistono anche alle sollecitazioni degli agenti atmosferici in modo prima impensabile; oppure ci sono altri materiali, che non sono presenti in natura, ma sono invece creati dalla ricerca fatta su delle sostanze chimiche. Alcuni di essi hanno la proprietà di adattarsi a forme precostituite, quindi, iniettati o colati in stampi danno la possibilità di ottenere qualunque aspetto. Grazie alla tecnologia possiamo avventurarci in studi progettuali non pensabili in epoche passate. È un nuovo mondo di possibilità, continuamente in evoluzione. La ricerca sui materiali infatti, per l’importanza che occupa all’interno della produzione, continuamente si aggiorna dando nuove possibilità di applicazione a materiali già esistenti oppure creandone di nuovi. I risultati applicativi della ricerca sui materiali sono visibili nella realtà in qualunque settore. Forse l’unico lato negativo è nel mondo dei designer in quanto alle volte non si riesce a percepire l’importanza che un certo risultato della ricerca può avere se applicato alla giusta progettazione. In effetti non è solo quella la responsabilità molto spesso ci si deve confrontare con produttori non all’altezza di comprendere proposte che prevedono l’uso di tecnologie o di materiali innovativi alle volte solo per timore di un investimento altre semplicemente per disinteresse o non comprensione dell’evoluzione che il mondo industriale ha. Eppure produrre progetti in cui il design coniuga in se la forma ad una nuova tecnologia è una delle poche, forse l’unica via, che possiamo percorrere se vogliamo contrastare, come industria italiana, ciò che può essere prodotto in altri paesi a costi decisamente minimi.
it is comfortable or uncomfortable, even if turns out to be the opposite of what we had expected. This possibly erroneous evaluation is a negative handicap for a product given that in both cases it betrays the expectations. What is important in my opinion to transmit through the form and image? To always give the product the right meaning, consider carefully the ergonomics of the object as a function of its natural future collocation. Therefore, if the armchair must be collocated in an office, it might have some features that are not only ergonomic, but that also respond visually to what we expect must be its use. Let us consider now the material with which the armchair has been constructed. During the implementation of the project, so that it will conform to expectations, production materials are very important. Materials are in fact one of the components that may give our object a subjective perception that is diametrically opposed to its use. How to choose the right materials is certainly not something to codify, given that it depends, as I mentioned, upon various factors, among which creativity – one of the few things, fortunately, that cannot be codified. How then to choose the materials? This is a vast topic that would merit an extended response. We might say that in the past these materials were exclusively obtained from nature, such as wood, for example. Today, the majority of materials derive from the study and application of advanced technology and processes in which natural materials may acquire decidedly innovative characteristics. For example, we have wood treated chemically and in special pressurised environments that resists stresses derived from the elements in ways hitherto undreamt of; or other materials, not present in nature, that have been created through research performed on chemical substances. Several of these have the property to adapt themselves to pre-established forms, and therefore injected or poured into moulds that offer the possibility to obtain any aspect. Thanks to advanced technologies, we may adventure into the area of project research that was unthinkable in past periods. It is a new world of possibilities, continually in evolution. Research into materials in fact, for the importance it occupies in production, is continuously updated given rise to the possibility for new applications of alreadyexisting materials, or the creation of new materials. The applied results of research into materials is visible in the reality of any sector. Perhaps the only negative aspect is to be found in the designer’s world, where sometimes we are unable to perceive the importance of a certain research result may have if applied to the correct design. In effect, that is not the only responsibility, as often it is becomes necessary to compare our work to other producers who are not up to understanding the proposals that envision the use of innovative technologies and materials, at times only as a result of the fear deriving from investment or at times simply for a lack of interest or incomprehension of the evolution of the manufacturing world. And yet, producing projects in which design combines form with new technology is one of the few roads, perhaps the only road, we can take if we wish to compete, as in the Italian case, with products from other countries with decidedly minimal costs.
31
design sam baron 27.03.2012
32
PARLANDO DI SEDIE CON JUKKA SAVOLAINEN, DIRETTORE DEL MUSEO DEL DESIGN FINLANDESE.
DEALING WITH CHAIRS WITH JUKKA SAVOLAINEN, THE DIRECTOR OF THE FINNISH DESIGN MUSEUM
Lo scorso mese sono stato ad Helsinki ed ho voluto visitare il Museo del Design Finlandese per incontrare il direttore Jukka Savolainen e discorrere con lui sull’impressionante collezione permanente del museo e sulla sedia che preferisce. Puoi parlarci di una delle sedie presenti nella collezione permanente del museo? La nostra collezione nazionale è composta approssimativamente da 75.000 pezzi e certamente le sedie sono una parte di questa. Come simbolo della nostra collezione, e più genericamente del design finlandese, vorrei parlare di una produzione del 1932 di Alvar Alto chiamata “Paimio”. Dove e quando è stata disegnata e prodotta questa seduta? La sedia “42” è stata disegnata per la casa di cura Paimio ed è ricordata per il linguaggio estetico e l’uso dei materiali. L’aspetto formale del design ha le radici nella sedia a tubolare metallico caratteristica del Bauhaus. In “Paimio” Alvar Aalto è stato in grado di trasformare il linguaggio estetico in un materiale completamente naturale che risulta leggero e confortevole alla vista, ma che è anche carico di emozione per chi ne usufruisce. Come puoi spiegare il ruolo di questa sedia come simbolo del tuo museo e del tuo approccio personale al design? Questa sedia è nata da una continua collaborazione
Last month I was in Helsinki and I decided to go to the Finnish Design Museum to meet its director Jukka Savolainen. We talked about the museum’s amazing collection and, in particular, about which chair he prefers. Can you speak about a chair that is in your permanent museum collection? Our collection, which is the national design collection, is roughly 75,000 pieces and chairs, of course, form an extensive part of it. As a sample of our collection and Finnish design, I would pick Alvar Aalto’s so called small “Paimio” chair from 1932. Where and when was it designed and produced? The chair “42” was designed for the Paimio sanatorium and it brings together a forward looking aesthetic language and a revolutionary use of materials. The formal language has its roots in the tubular steel chairs of the Bauhaus, but in this chair Alvar Aalto was able to transform the aesthetical language to a completely natural material that was soft and comfortable, also emotionally, for the user. How can you explain that this chair is a symbol of your museum attitude/way of looking at design? The chair is a seamless collaboration between the designer and the manufacturer, resulting in a design that revolutionized design thinking and opened up possibilities for other
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
33
fra il designer e il produttore, rivoluzionando il modo di pensare il design e spalancando le porte a nuove possibilità per produttori e designer. L’ultima mostra che avete presentato era sulla visione globale del design; come riuscite ad equilibrare il design nordico con il resto del design mondiale? Il design nordico ha da sempre dialogato con il resto del mondo, come dimostra la sedia di Aalto. A volte è stato il design nordico ad indicare la strada; altre esso ha seguito il cammino segnato da altri, come è successo con il design italiano negli anni ‘60. Oggigiorno, nel mondo globalizzato in cui viviamo, è molto importante equilibrare la propria attività nel contesto internazionale con la conoscenza sviluppata a livello locale, in maniera tale da differenziarsi dalla massa costruendo un futuro sostenibile. Helsinki come capitale del Design 2012, che sia un bel posto in cui sedersi e guardarsi attorno? Oggi Helsinki è la capitale mondiale del design e ci sono sicuramente moltissimi posti interessanti in cui sedersi. Da maggio a settembre, la location più interessante e attiva è sicuramente il padiglione tra il Design Museum e il Museo dell’Architettura. Questo è il punto di ritrovo per le attività del WDC (World Design Capital n.d.r.) ed è garantito che là troverete una buona seduta ed un’ottima vista sul design finlandese e di Helsinki.
designers and manufacturers alike. The last exhibition you curated was about a global view on design, so how can you balance Nordic design with the design of the rest of the world? Nordic design has always had a dialogue with the rest of the world, like the Aalto chairs shows. Sometimes it is the Nordic design that is showing the way forward; other times it is following ideas from elsewhere, like Italy in the 1960’s. Today in the global village that we live in, it is important to balance what you do to the international context and use your local knowledge and know-how to differentiate yourself from the masses by building a sustainable future. Helsinki World Design Capital 2012, a nice place to sit and look around? Now that Helsinki is the World Design Capital, there are a lot of nice places to come and sit down. The most interesting and vibrant location is the Pavilion between the Design Museum and the Museum of Architecture from May to September. The Pavilion is the meeting place and hotspot for WDC activities in Helsinki and it is guaranteed to give you a good seat and a good view to Helsinki and Finnish design.
architettura antonio ravalli 06.03.2012
34
photo credits: Maarten Van Severen, Work, Stichting Kunstboek, 2004
merteen
merteen
Lavorare con le cose.
Working with things.
La ricchezza e la semplicità della ricerca sulla cultura materiale.
The wealth and simplicity of research into material culture.
21 | 02 | 2005-2012
21 February 2005-2012
Ricordarlo è un’ occasione per riscoprire una straordinaria maniera di porsi di fronte alla contemporaneità.
Remembering him is an occasion to rediscover an extraordinary manner of facing contemporary life.
Perché è importante ricordare MVS? Perché vuoi la formazione familiare (genitori, parenti e figli tutti frequentatori anomali del mondo dell’arte), vuoi la congiuntura di trovarsi a Gent agli inizi degli anni ‘90 (Koolhaas, de Geyter, Margiela, ecc), questi fattori hanno prodotto uno sguardo sul mondo materiale di straordinaria fecondità. Pur ricordato come minimalista, aggettivo sempre rifiutato, Maarten è stato sempre affascinato dalla vitalità delle cose, con una particolare passione per il banale e per tutto quello che quotidianamente attraversa la nostra attività, in maniera totalmente amorale, non inquinata da pregiudizi di tipo estetico o storico. È nella maniera di esplorare il mondo in termini di avida curiosità che Maarten fonda il suo valore, nella sua capacità di metabolizzare le cose che incontrava e di scansirle sul piano del sensibile e della funzionalità, sino a ridurle ad un livello di semplicità assoluta, quasi ingenua. I suoi quaderni di lavoro sono colmi di foto (per cui nutriva
Why is it important to remember MVS? Because whether we speak of the formation of the family (parents, relatives and children all anomalous frequenters of the art world), or we speak of the combination of finding himself in Ghent at the beginning of the 90s (Koolhaas, de Geyter, Margiela, etc), these factors produced a view of the material world that was extraordinarily fecund. Even though he is remembered as a Minimalist, a label he always rejected, Maarten was always fascinated by the vitality of things, with a particular passion for the banal and everything that crosses our activities on a daily basis, in a totally amoral manner, unpolluted by aesthetic or historical prejudices. It is in his way of exploring the world with avid curiosity that Maarten establishes his value, in his ability to metabolise the things he encountered and analyse them on the sensorial and functional level, until they were reduced to a level of absolute simplicity, almost naive. The picture frames of his works are filled with photos (for
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
35
una vera passione) dove si registrano non tanto le forme, quanto la necessità di fissare nella memoria esperienze sensibili, in grado di condensarsi e ridursi in oggetti di perfetta precisione. Forse più che nel design, però, è nella definizione degli spazi di vita che Van Severen mostra una grande capacità di costruire ricchezza. Un esempio su tutti è la ristrutturazione di una villa di inizio secolo nei pressi di Gent per i gemelli Boxy, famosi cuochi. Il lavoro di rinnovamento si concentra unicamente sulla cucina, da sempre luogo deputato a fulcro dell’attività sociale. La naturalezza con cui gli interventi si dispongono è impressionante. Il taglio delle nuove bucature potrebbe rappresentare un manuale di soluzioni per il restauro, tanto l’impaginatura è elegante. Ciononostante è solo dall’interno, dalla tavola, che il progetto-dispositivo si spiega. Tutto dialoga con l’esistente: straordinaria la bucatura in vetro azzurrato che dialoga con il camino in maiolica blu del soggiorno, così come il calore che si avverte sulla pelle generato dalla grande cucina-camino in cemento pigmentato, o l’odore di bosco delle foglie che macerano di fronte alla grande finestra scorrevole esterna.
which he had a true passion) where not so much the forms but the need to fix into the memory sensorial experiences is recorded, being able to condense and reduce these into objects of perfect precision. Perhaps more than in the design however, it is in the definition of living space that Van Severen shows his great capacity to create wealth. One famous example is the renovation of a villa from the beginning of the century near Ghent for the Boxy twins, famous chefs. The renovation was concentrated solely on the kitchen, an area always dedicated to and the centre of social activity. The naturalness with which the intervention was arranged is impressive. The cut of the new openings might represent a manual for renovation solutions, given that the pagination is so elegant. Notwithstanding this quality, it is only from the inside, from the table, that the project-device is explained. Everything as dialogue with the existing: extraordinary the peep-hole in blue glass that dialogues with the fireplace in blue majolica of the sitting-room, just like the heat one perceives on the skin generated by the large kitchen-fireplace in painted cement, or the wooded scent of leaves that are consumed before the large sliding external window.
architettura marco ragonese 15.03.2012
36
Mecanoo architecten. Holland Avenue Randstad, Netherlands, 2002
PAESAGGI DEL MOVIMENTO
movescape
Sfogliando le riviste di architettura è facile notare come nei progetti contemporanei di paesaggio – soprattutto olandesi - si è sperimentato un nuovo strumento di rappresentazione: la vista prospettica attraverso il parabrezza. Questo elaborato è stato utilizzato per rendere evidente la visione che si presenta al conducente dell’automobile e ai suoi passeggeri. La finalità è di trovare uno strumento che espliciti l’attenzione per la percezione in movimento e, soprattutto, per uno specifico punto di vista: quello di una persona seduta all’interno di un abitacolo. Questo approccio rappresenta uno scarto in avanti rispetto alle fondamentali ricerche compiute nell’ambito della scuola di Chicago negli anni 60, quando la percezione in movimento venne indagata per la prima volta quale fattore di comprensione di una nuova realtà. Ma non rappresentata con tanta chiarezza e verosimiglianza. Stare seduti - e contemporaneamente spostarsi – è diventato un punto di vista privilegiato per percepire il paesaggio e le sue trasformazioni. Basti pensare ai viaggi fatti su un treno o su un bus a due piani, quando l’altezza del mezzo permette di superare i guard rail o le massicciate. Si aprono panorami inaspettati e si colgono dettagli inattesi. In architettura difficilmente la postura di chi abita la geografia domestica sono oggetto di attenzione da parte dell’architetto. O, perlomeno, il professionista si limita a cogliere gli aspetti generali della percezione senza approfondirne elementi specifici. L’unico caso di attenzione rispetto a un punto di vista differente da quello eretto
Paging through the magazines dedicated to Architecture one quickly notices that in contemporary landscape projects – especially those from the Netherlands – a new instrument of representation is being experimented with: panoramas seen through a windscreen. This device has been used to depict the sight enjoyed by bus drivers and passengers. The aim is to discover an instrument that places attention on the perception of movement and, especially, from a particular point of view: that of a person seated inside a compartment. This approach represents a leap ahead from the research conducted by the Chicago School of the 1960’s, when the perception of movement was investigated for the first time as a factor of comprehension of a new reality- but never represented with such clarity and realism. Remaining seated – and at the same time, moving – has become a privileged point of view to perceive the landscape and its transformations. One need merely think of journeys on double-decker buses or trains, where the height of the means of transport permits the passenger to look over guardrails or ballasts. Unexpected panoramas open up and unusual details are noticed. In Architecture it is rather difficult for the posture of those who live domestic geography to be taken into account by the architect. Or at least, the professional limits himself/ herself to taking in the general aspects of perception without further investigation of specific elements. The only case of attention to a different point of view was that addressed and built by Rem Koolhaas in his Maison à Bordeaux (1998).
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
37
è stato affrontato da Rem Koolhaas nella sua Maison à Bordeaux (1998). L’inabilità forzata del padrone di casa, costretto su una sedia a rotelle, è diventata il dato operativo attraverso cui sperimentare nuove soluzioni spaziali e formali. Le bucature mediante cui percepire il paesaggio con gradazione differenti, i percorsi e la grande stanza mobile – una piattaforma che collega verticalmente tutti gli ambienti della casa - hanno rappresentato delle risposte precise alle necessità del committente e non semplicemente degli adattamenti. Un handicap trasformato in risorsa creativa e in spazio abitabile. Niente di più lontano dalle pubblicità che propinano improbabili servoscala per anziani fintamente sorridenti, il cui paesaggio domestico ricorda quello proposto dai Chemical Brothers in Star Guitar: un incubo dinamico ma ripetitivo.
The disability of the owner, confined to a wheelchair, became the operative data through which to experiment new solutions of space and form. The openings through which the landscape is perceived at various degrees, the pathways and the large mobile room – a platform that connects all the environments of the house vertically – represented precise answers to the needs of the client and not merely adaptations. Handicap transformed into a creative resource and in living spaces: nothing further from the advertising that offers improbable stair-lifts for elderly persons with fake smiles, whose domestic landscape recalls what was shown by the Chemical Brothers in Star Guitar: a dynamic but repetitive nightmare.
architettura giovanni corbellini 22.03.2012
38
photo credits: Roberta dell’Orco
IL PALLINO DEI PALLINI: PIAZZA RISORGIMENTO A BARI
THE POINT OF POLKA DOTS: RISORGIMENTO SQUARE IN BARI
Da un po’ mi tormenta l’idea di scrivere qualcosa sull’architettura a pois. Nelle ultime stagioni infatti i “tessuti” a pallini si sono portati molto, soprattutto all’aperto. Hanno superato, nelle “fantasie” dei progettisti, i più seri quadrettati, rigati e gessati che pure avevano innescato molte delle ricerche più interessanti tra gli anni ottanta e novanta. Per quanto possano evocare frivolezze irraggiungibili da altre geometrie, questi pois rivelano insospettabili capacità di adattarsi alle occasioni più urbane e, come nel bel progetto di Ma0, l’attitudine a negoziare le necessità della sperimentazione con le resistenze dello spazio pubblico, la specificità individuale del progetto con la genericità dell’immaginario collettivo. Il gruppo romano accetta senza particolari ansie da autoaffermazione l’impostazione assiale di questo spazio barese, con la fontana disposta centralmente di fronte alla facciata della scuola Garibaldi, e organizza simmetricamente pochi pezzi (alberi, illuminazione, panchine) in due schiere contrapposte, come in una partita a dama su un tavoliere a maglia triangolare. La mossa di vincolare un lato delle panchine a una cerniera fissata a terra, lasciandole libere di girare e di assumere posizioni differenti, rompe la simmetria, trasformando
For some time now the idea of writing somethingabout a pois architecture has been tormenting me. In recent seasons in fact polka dot “fabrics” have led to much, especially in the open air. They have exceeded, in the “fantasies” of designers, the more serious checkered, striped and chalk-striped patterns that had inspired much of the most interesting research between the 80s and 90s. As much as they conjure images of frivolity unattained by other geometries, these polka dots reveal unsuspected abilities of adaptation to various urban occasions and, as in the beautiful Ma0 project, an aptitude to negotiate the needs of experimentation with the resistances of public spaces, the individual specific nature of the project with the generic nature of the collective imagination. The Roman group accepts, without any special anxiety of self-affirmation, the axial setting of this Bari space, with the fountain arranged centrally before the facade of the Garibaldi school and organises a few pieces symmetrically (trees, illumination, benches) into two opposing arrays, as in a game of checkers on a triangular gaming board. The strategy of linking one side of the benches to a hinged fixed to the ground, leaving the possibility of rotating them and assuming different positions, interrupts the symmetry, transforming the geometry into a sensitive instrument, able
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
39
la geometria in uno strumento sensibile, capace di seguire interattivamente le occasioni di incontro, i desideri individuali, i mutevoli capricci del clima, il buio, la luce, l’ombra e tutte le possibili gradazioni tra una condizione e l’altra. Riportando il cerchio alla sua ragione primaria (la panchina gira come un compasso) e moltiplicandolo accostato nel modo più semplice il progetto di Ma0 ottiene un buon tessuto reversibile: adatto a occasioni dal “dress code” più solenne e monumentale come al più amichevole uso quotidiano.
to follow inter-actively various encounters, individual desires, the changeable caprices of climate, darkness, light, shadow and all the degrees of possibility between one condition and another. Bringing the circle back to its original design (the bench rotates like a compass) and multiplying it by flanking it in the simplest fashion with the Ma0 project produces an excellent, reversible fabric: suitable for occasions with a more solemn and ceremonial “dress code” just as for a friendlier daily use.
2005 progettazione esecutiva – 2009 completamento lavori | progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva | progettisti: Ma0_Alberto Iacovoni, Ketty Di Tardo, Luca La Torre | committente: Comune di Bari | impresa: Ing. Persia; PS Group | superficie 2.055 mq | importo dei lavori € 850.000 | materiali piazza: pietra di Trani | materiali panchine: legno e acciaio | collaboratori: Pierluigi Ventura, Pietro Cagnazzi, GiorgiaGerardi | foto: Roberto Dell’Orco.
2005 performance planning – 2009 work completion | preliminary, definitive and performance planning | designers: Ma0_Alberto Iacovoni, Ketty Di Tardo, Luca La Torre | client: City of Bari | firm: Engineer Persia; PS Group | surface area 2,055 mq | cost of work € 850,000 | square materials: Trani stone | bench materials: wood and steel | collaborators: Pierluigi Ventura, Pietro Cagnazzi, GiorgiaGerardi | photos: Roberto Dell’Orco.
architettura filippo saponaro 29.03.2012
40
PENSARE ARCHITETTURA CON ENRICO SELLO
THINKING ARCHITECTURE WITH ENRICO SELLO
Nel cuore di Udine c’è lo studio di un architetto molto importante, a mio avviso, per la città e il suo territorio. Il suo nome è Enrico Sello. Enrico è un amico e un bravissimo professionista, trovo molto interessante il suo lavoro e il modo in cui lo svolge. Ho sempre pensato che dalle sue parole potesse nascere una lezione di architettura e così ho deciso di rivolgergli delle domande. FS: Trovo che tu sia un bravissimo architetto, un maestro e guardo a te come a un architetto-artigiano. Ciò che mi interessa non sono solo le tue realizzazioni, ma quello che ti ispira, ti attraversa la mente e le ragioni per cui fai certe cose… ES: Mi definisco architetto-artigiano in quanto sono sempre stato un architetto che ambiva alla manualità dell’artigiano, un architetto affascinato dalla cultura del fare; vedere cose realizzate come quelle che hai pensato, insegnare all’artigiano un altro modo di fare rispetto a quello che ha sempre imparato e fatto, fargli in qualche modo disimparare il mestiere e ricominciare da capo. L’artigiano ha il limite della ripetizione sempre uguale di quello che sa fare, diventa puro esecutore di una cosa che è quasi un rito; io arrivo e glielo faccio dimenticare. Solo con la testa e il cuore si fanno cose speciali. FS: Questo approccio vale anche per te e il tuo lavoro? È cosi che nasce il tuo processo creativo? ES: Questo vale anche per me; non fissarsi solo sulle cose
In the very heart of Udine there is a studio of an architect who is in my opinion very important for the city and its surrounding territory. His name is Enrico Sello. Enrico is a friend and great professional, and I find his work and the way he does it very interesting. I have always thought that from his words a lesson in architecture might be born and so I have decided to pose him several questions. FS: I consider you a great architect, a maestro whom I look upon as an artisan. What I find interesting is not only your achievements, but what inspires you, what passes through your find and the reasons why you do certain things… ES: I call myself an artisan-architect because I have always aspired to the manual nature of the artisan, an architect who is fascinated by the culture of handicraft; seeing things produced just as you imagined them, teaching the artisan another to do things with respect to what they have always learnt and done, in some way getting them to unlearn their trade and begin anew. The artisan has the limit of constant repetition of what they know how to do, and they become the performer of something that is almost a rite: I come along and make them forget this. Special things are only done with the head and heart. FS: Is this the same approach you use in your work? Is this how your creative process is born? ES: This is true also for me: don’t get hung up on things that you know how to do, just because you know how and
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
41
che si sanno fare, perché le si sanno fare e ripetere, ma ogni volta adattarsi coi propri pensieri al tema, al luogo, ai suoi problemi e i suoi limiti, diventare parte integrante del luogo, lavorare per lui, essere umile servitore dello spazio e del compito. FS: Sei un architetto colto e sensibile, conosco i tuoi lavori e so che sei interessato ai materiali e alle finiture, che il più delle volte inventi e realizzi in cantiere. Sei molto attento al processo naturale di trasformazione che i materiali subiscono nel tempo. Pensi il progetto in loro funzione o li usi solo come pelle, decoro o rivestimento? E quali sono i materiali con cui ti senti più a tuo agio? ES: Sono sempre attento ai materiali e soprattutto alle loro trasformazioni. Il legno, per esempio, in segheria è bellissimo, si sentono la materia e il suo profumo; in falegnameria, lavorandolo, diventa facilmente più brutto, materia assoluta senza vita propria; in verniciatura il legno diventa spesso un’altra cosa, si trasforma e cambia connotazione, ha perso il suo essere legno e può essere qualsiasi altra cosa, anche plastica. Il rispetto per la materia deve essere in questo senso totale. Il processo di trasformazione dalla materia alla forma, conservando la sua bellezza intrinseca è qualcosa di molto difficile da attuare. Bisogna astrarsi, adattare i pensieri al materiale e non, al contrario, adattare il materiale ai propri miseri pensieri. Questo vale per l’architettura che è sempre una sommatoria di pensieri, non solo quelli congrui con la
repeat yourself, but try every time to adapt your thoughts to the theme, the place, its problems and limits, becoming an integral part of the place, working for it, being a humble servant of the space and its purpose. FS: You are a cultured and sensitive architect, I know your work and I know you are interested in the materials and finishes, which you often invent and produce at the worksite. You are very attentive to the natural transformation process that materials suffer over time. Do you think of the project in its function or do you use them only as a sort of external skin, decoration or covering? And what are the materials with which you feel most comfortable? ES: I have always been attentive to materials and especially to their transformation. Wood for example is beautiful in the saw mill, one feels the material and its scent; in the carpentry shop during the finishing process, it easily becomes uglier, a material absolutely without its own life; in the paint shop the wood often becomes something else, it is transformed and changes connotation, it loses the essence of wood and can become anything else, even plastic. Respect for the material in this sense must be total. The transformation process from material to form, preserving its intrinsic beauty, is something very difficult to achieve. We must become more abstract, adapting our thoughts to the material and not, to the contrary, adapting the material to our own miserable thoughts. This is also true for architecture, which is always a sum of
architettura filippo saponaro 29.03.2012
42
PENSARE ARCHITETTURA CON ENRICO SELLO
THINKING ARCHITECTURE WITH ENRICO SELLO
disciplina, un architetto deve sapersi ispirare alla tecnica, alla musica, ai sogni, ai ricordi, alla pittura, alla letteratura e soprattutto alla poesia, perché senza di lei non c’è nulla. Disegno sempre tutto, sempre a mano su fogli A3 con note e appunti, segni, cancellazioni, spunti e varie riflessioni. La loro coerenza di piccoli gesti che ambiscono a diventare una storia è data sempre dal rispetto del tema che ci si è dato, altrimenti sarebbero frammenti che difficilmente si trasformerebbero in figure. FS: Entrando nel dettaglio, ho visto che disegni anche tanti mobili, per esempio hai disegnato delle sedute e hai reinterpretato delle sedie classiche, magari solo con colori o materiali diversi: come li progetti? ES: Col design dei mobili il concetto è uguale. La mia fortuna è che non conosco quasi nulla del design affermato, né il progettista, né la ditta che produce, e così sono più libero di pensare; non sono viziato dalla conoscenza, non ne sono dipendente. Il disegno parte sempre da un’astrazione. Cos’è un tavolo, se non un piano, che per la forza di gravità starebbe a terra, che io prendo e sistemo in qualche modo a una altezza che mi risulta comoda; nient’altro. Poi, se si parte da questa “astrazione”, si può arrivare da tante parti, anche a un tavolo che non è più un tavolo, ma una seduta, o a una seduta che si inventa di essere un tavolo; sono tante le strade aperte.
thoughts, not only those that are congruous with the discipline; an architect must know how to take inspiration from technology, music, dreams, memories, painting, literature and above all, poetry, because without it there is nothing. I always sketch out everything, by hand on A3 sheets of paper with notes, markings, erasures, ticks and various reflections. Their coherence of their small gestures which aim to become a story is always given by respect for the theme that one has adopted, otherwise they would be fragments that would be transformed into figures only with great difficulty. FS: Going into greater detail, I have seen that you also create furniture – for example you have designed chairs and reinterpreted the classic seats, perhaps only by using different colours or materials: how do you design them? ES: With the creation of furniture the concept is the same. It is my fortune that I know almost nothing about established design concepts, neither the designers themselves nor the firms that produce furniture, and so I am free to think: I am not spoilt by know-how and I am not dependent upon it. Design always begins with an abstraction. What is a table if not a plane which by the force of gravity would remain on the ground, that I take and arrange in some way at a height that will be comfortable? Nothing else. Then, if one starts with this “abstraction”, it is possible to arrive at many places, even a table that is no longer a table, but a chair, or a chair that
Periodico online registrato presso il Tribunale di Udine il 28 gennaio 2012 n° 1
43
FS: L’astrazione è interessante, ma nel concreto c’è qualcosa che ti ispira davvero, che ti fornisce spunti da cui partire? Ci sono sedute indimenticabili? E, se sì, quali secondo te? ES: Facendo riferimento al mondo delle sedie, ne cito alcune che mi hanno sempre colpito. La sedia pieghevole da sagra, quella con le steccioline di faggio; dove trovi una cosa più bella con un costo di 8 euro. Un’altra è la famosa tripolina di disegno anonimo, pensata per essere piegata e trasportata come un sacco a spalla. Ma non dimentichiamo la sedia “Milano”, la “Chiavarina”, quella da regista, sedute della tradizione italiana dalla forma insuperabile e fonte d’ispirazione per ogni disegno di sedia possibile. FS: Grazie Enrico.
becomes a table; there are many roads open to us. FS: Abstraction is interesting, but is there something that truly inspires you in concrete form, that supplies the ideas to begin with? Are there unforgettable chairs? And if yes, then which in your opinion? ES: In making reference to the world of chairs, I can cite a few that have always struck me. The folding chair for county fairs, with the beech wood slats; you find something beautiful that costs 8 Euros. Another is the famous tripolina of anonymous design, created to be folded and transported like a shoulder bag. And let’s not forget the “Milano” chair, the “chiavarina” used by the director: a chair from Italian tradition with its insuperable form and source of inspiration for every possible chair design. FS: Thank you Enrico.