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del Messaggio Biblico
il concetto di museo: di un luogo quindi nel quale il dipinto non è legato alla parete che lo regge, ma al telaio sul quale è steso. Tale modifi ca, fondamentale nei riguardi della concezione stessa del ciclo del Messaggio Biblico, si accompagna a un impegno sempre maggiore di conferire all’opera valore universale e signifi cato aperto a interpretazioni non esclusivamente confessionali, ma poetiche. Da quel momento il dipinto non è più, al pari di un affresco, un elemento della parete e del complesso architettonico, non ha più il compito di trapassarla per dare l’illusione della sua profondità e trasparenza, ma diventa un oggetto eminentemente mobile, defi nito dal proprio contenuto e non più dalla propria destinazione. Lo schizzo su carta di tale opera, anch’esso mobile e distaccato dalla tavola su cui poggia, rivela la medesima natura: al pari del dipinto, non è concepito in funzione dello spazio che lo circonda – poiché si tratta di un ciclo –, ma in sintonia con gli altri schizzi, vale a dire con gli altri dipinti. Così come esiste una catena di signifi cati comuni fra le grandi tele, esiste un nesso stretto tra ciascun gruppo di schizzi. Essi sono stati, in un certo senso, concepiti tutti insieme, e lo studio al quale contribuiscono ne fa le parti di un unico ciclo.
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Veduta del Musée national Message Biblique Marc Chagall, dal 2008 Musée national Marc Chagall, Nizza.
SCHIZZO O DISEGNO, FORMATO PICCOLO O GRANDE
L’ambizione al monumentale che guida l’artista ha dei precedenti nella storia, e non di poco conto; molteplici sono state le soluzioni per la preparazione ai grandi formati che al momento ci interessano. Alcuni esempi possono giovare all’analisi del procedere di Chagall. L’età d’oro dell’affresco – dal Trecento al Quattrocento in Italia – ci è oggi perfettamente nota grazie all’opera dei restauratori e allo studio analitico degli storici. Le operazioni di distacco dal muro delle opere di Firenze, minacciate o semidistrutte dall’inondazione del 1966, hanno portato alla luce numerosi lavori preparatori di composizioni monumentali realizzate sulla stessa parete. Con ciò non si pretende di affermare categoricamente, alla luce delle recenti scoperte, che nessun artista di quel tempo eseguisse bozzetti di piccolo formato prima di affrontare la grande e defi nitiva composizione. Ma è certo che ogni affresco è stato preceduto da un disegno in ocra o terra rossa – quella che proveniva da Sinope, da cui il termine di «sinopia» dato a queste linee eseguite sull’intonaco ancora fresco. Accurati prelievi hanno rivelato l’esistenza di questi tracciati preparatori sotto lo strato di colore. Ora pare che per numerosi affreschi l’artista sia ritornato alla composizione originaria con un pentimento evidente, che conferma la natura di studio di tali opere. E qui mettiamo il dito su un delicato problema che concerne l’arte del disegno in generale: non esiste una defi nizione assoluta di questo in quanto arte dello schizzo o come arte in sé; la tecnica è necessaria per entrambi i casi, un foglio senza pentimenti potrà soddisfare l’autore fi n dal primo momento e non dire molto ai nostri occhi, mentre un altro sovraccarico di ritocchi e cancellature ci potrà sembrare un capolavoro. Il disegno in sé potrà essere oggetto di studi successivi nel momento in cui diventerà una tecnica riconosciuta e praticata da alcuni come specializzazione: i ritratti a tre matite dei Clouet sono, per precisione ed esecuzione, pari a quelli eseguiti a pittura e sembra abbiano avuto perfi no una preparazione preliminare su altri fogli, cosa che tuttavia resta da dimostrare. Ma un ritratto disegnato da Ingres sarà stato preceduto invece da numerosi studi, e alcuni nudi della corrente storica della tradizione classica compariranno successivamente in tre o quattro versioni prima della realizzazione defi nitiva. Tutti questi tentativi noi po-
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