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IL GESTO E LA PAROLA

3 Pagine precedenti: La Creazione dell’Uomo, olio, particolare. La Creazione dell’Uomo, pastello, particolare.

tremmo giudicarli più avvincenti dell’opera conclusa. Va da sé che neppure la sinopia dei frescanti del Trecento poteva reggere un numero infi nito di ritocchi, e non era quindi possibile stravolgere la composizione generale in un’inestricabile ginepraio di pentimenti. Era dunque ineluttabile che la ricerca di composizioni sempre più ardite, l’invenzione di gruppi e di spazi sempre più originali si avvalesse della comodità del formato ridotto e della ripetizione sulla carta delle esitazioni e delle trovate dell’artista. Gli esordi del disegno come forma d’arte dello stesso livello di quelle maggiori risalgono alla fi ne del quattordicesimo secolo; e anche il grandissimo cartone preparatorio di Raffaello per la Scuola di Atene, che possiamo vedere oggi alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, appare di rara e grande qualità: carboncino e biacca si fondono sulla carta per creare, alla scala defi nitiva, una composizione straordinariamente movimentata, ancor più viva dello stesso affresco del Vaticano. Ma non è stata questa la strada scelta da Chagall: per le grandi tele, spesso superiori ai due metri, egli prepara schizzi di piccole dimensioni, affi dando all’abilità del suo colpo d’occhio la cura di operare il passaggio dal piccolo al grande. Per quanto ci risulta, i riferimenti «disegnati» o «abbozzati» che Chagall riprende non fi gurano sulla tela defi nitiva al momento della sua impostazione, nella quale compare appena qualche indicazione. Una lunga abitudine personale di invenzione gli fa privilegiare in modo assoluto il tracciato del pennello sulla tela, anche se intorno al cavalletto e a portata d’occhio si trovano tutti gli schizzi preparatori: gli bastano pochi punti di riferimento, che una semplice messa a fuoco consente di collocare al punto giusto nel dipinto da eseguire.

22 IL PASSAGGIO DAL PASTELLO ALLA PITTURA

Questa tecnica della messa a fuoco e il passaggio dal pastello all’olio, Chagall deve averla per forza appresa dai «maestri»; la sua permanenza nelle Accademie di San Pietroburgo e di Mosca negli anni 1909-10 gli ha offerto molteplici occasioni di assistere al compiersi di lavori monumentali: decorazioni per palazzi o chiese, e soprattutto presso Lev Bakst, lo scenografo di Diaghilev, alcuni bozzetti destinati a scenografi e tanto sontuose quanto immense, e allo stesso tempo molto rifi nite, eseguite da qualcuno pratico sia del bozzetto sia del suo sviluppo in grande formato. Molti pastelli del nostro complesso, che si troveranno agevolmente nel catalogo alla fi ne della presente opera, sono in effetti delle riproduzioni mediante quadrettatura a partire da un ultimo progetto. Già nel 1919, a Mosca, Chagall utilizzava la quadrettatura nel piccolo bozzetto dell’enorme pittura murale – dodici metri di lunghezza – che aveva destinato alla sala del Teatro Ebraico di Granovskij. Questi due fogli, di proprietà dell’artista, testimoniano della sua profonda conoscenza delle leggi dell’arte monumentale così come della sua abilità compositiva, e dimostrano altresì in modo inequivocabile a qual punto Chagall si trovi a suo agio nelle variazioni di scala e padroneggi sia l’ingrandimento sia la riduzione – come vedremo – con grande maestria. Ciò premesso, l’ingrandimento riguarda solo una parte dell’opera fi nale, e in questo caso egli non fa altro che seguire le orme di Rubens e di Rembrandt, che arricchiscono il primo abbozzo di una quantità incredibile di particolari di paesaggi, fi gure e oggetti a mano a mano che procede il lavoro sulla tela. Chagall si prefi gge di conservare fi no in fondo, nei confronti del bozzetto, quella libertà di invenzione che gli consente di arricchire di signifi cato l’opera, di dare una struttura a un certo passaggio di colore puro che nel pastello appare spesso quale semplice indicazione. Trasportato dalla fantasia, si impadronisce dell’altare biblico sul quale è stato sacrifi cato l’agnello per farne – senza che neppure uno solo dei pastelli ce lo abbia fatto intuire – una casa in fi amme, simbolo di un altro sacrifi cio ben più reale, quello dell’umanità in lotta con se stessa (Noè e l’Arcobaleno). Esempi del genere sono presenti a non fi nire, per dimostrare ogni volta come il passaggio dallo schizzo alla tela defi nitiva non sia un

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ingrandimento puro e semplice dei temi, ma la costruzione, attorno allo scheletro, di un tessuto e di una pelle, materiali diversi che costituiscono in defi nitiva la sostanza della pittura.

4 Noè e l’Arcobaleno, pastello e inchiostro di china, particolare. Noè e l’Arcobaleno, olio, particolare. SCHIZZI PER L’OPERA IN PITTURA E SCHIZZI PER INQUADRATURE ARCHITETTONICHE

Se i bozzetti per le vetrate, i mosaici e gli arazzi vengono realizzati da Chagall contemporaneamente agli schizzi per il Messaggio Biblico, esiste tuttavia una diversità d’oggetto, come abbiamo già detto, e anche di metodo fra i due generi di lavoro, sulla quale è opportuno soffermarsi. Gli arazzi sono stati spesso preparati dall’artista prendendo le mosse da opere «fi nite» già preesistenti e da lui tradotte in «cartoni»: così è per Davide e Betsabea che, all’origine, era la litografi a di copertina dei Dessins pour la Bible editi da Tériade. Fanno eccezione i grandi bozzetti per gli arazzi del Parlamento di Gerusalemme, che avevano un committente troppo importante perché Chagall potesse lasciarli al destino avventuroso dei suoi lavori precedenti. Ma basterà osservare qui che in tali lavori il pastello occupa un posto modesto e che le creazioni già realizzate si rinnovano grazie a una tecnica diversa. Per il mosaico, la scelta del mezzo predominante si orienta alla matita e per il supporto al foglio bianco: un’accoppiata che rende al meglio i toni madreperlacei del calcare e dei graniti che Chagall ha usato a Nizza, a Saint-Paul de Vence, a Les Arcs e a Chicago. Su questo fondo balzano i colori dati a pastello e lumeggiati con tratti a inchiostro di china, che troveranno fedele interpretazione nelle paste vitree. Alcuni collage di tessuto completano gli schizzi per il mosaico della Facoltà di Diritto a Nizza, dove il tema – il Messaggio d’Ulisse – evoca di per sé un mondo mediterraneo e greco, il che per Chagall signifi ca bizantino e orientale: l’oro e l’argento esaltano il colore, anche qui a pastello. E infi ne, per preparare la vetrata, a Nizza, a Reims o a Magonza, Chagall fornisce ai suoi vetrai-pittori, Charles e Brigitte Marq, due tipi di bozzetti: sfondi ad acquerello lumeggiati con collage di tessuti senza altro disegno che alcuni tratti a inchiostro di china; e dei fogli più elaborati, dove il disegno in nero si evidenzia e dove l’accostamento di lembi di tessuto è completato dal colore nell’insieme della composizione. Vediamo dunque che mai il pastello assume la funzione di mezzo pittorico principale, ma al contrario sembra confi nato alla preparazione della pittura vera e propria, come se esistesse una stretta correlazione fra l’olio sulla tela e le polveri colorate sulla carta.

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