VICO MAGISTRETTI

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PAESAGGIO CON ARCHITETTURE


Andrea Savio

VICO MAGISTRETTI CASE ROSSE A FRAMURA


I ndice

PAESAGGIO CON ARCHITETTURE Direzione:

Andrea Savio e Carlo Alberto Maggiore

Comitato scientifico:

Federico Bilò Alessandra Capuano Sara Protasoni Luigi Spinelli

FRAMURA E LE CASE ROSSE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 VICO MAGISTRETTI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

La direzione e il comitato scientifico della collana Paesaggio con architetture sono composti da docenti universitari degli atenei di Milano, Roma e Pescara che coordinano corsi di studio attivi in sedi differenti:

LA STORIA DEL PROGETTO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

I direttori:

L’OPERA REALIZZATA.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

Andrea Savio Carlo Alberto Maggiore

Federico Bilò – Architettura Pescara; Alessandra Capuano – Roma “La Sapienza” (coordinatrice del corso di laurea magistrale in Progettazione Architettonica e del Dottorato in Paesaggio e Ambiente); Sara Protasoni, Politecnico di Milano (coordinatrice del corso di laurea magistrale in Sustainable Architecture and Landscape Design presso il Polo di Piacenza); Luigi Spinelli, Politecnico di Milano (coordinatore del corso di laurea magistrale in Architecture and History presso il Polo di Mantova).

QUI ATTENDO BREVISSIME BIO

PLANIMETRIE E DISEGNI.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 Intervista a Vico Magistretti tratta da: «LE CINQUE TERRE VISTE DALLA LUNA». . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 APPARATI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127 Note. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 REGESTO DELLE OPERE DI ARCHITETTURA DI VICO MAGISTRETTI. . . . . . . . . . . . . . . 137 RINGRAZIAMENTI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

La Collana adotta un sistema di valutazione dei testi basato sulla revisione partitaria e anonima (peer-review). I criteri di valutazione adottati si riferiscono all’originalità e alla rilevanza del volume; alla coerenza con il progetto culturale della collana e alla coerenza interna delle argomentazioni; alla conoscenza della letteratura sull’argomento; alla chiarezza, correttezza grammaticale e sintattica e scorrevolezza dei testi.

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FRAMURA E LE CASE ROSSE

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1 Il riflesso delle Case Rosse dal porticciolo.

Alle pagine precedenti: scogliera di Framura, zona a mare, soluzione al 14/7/1967. Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/59.

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ramura non esiste. Percorrendo l’autostrada si segue l’uscita di Deiva Marina e poco più avanti si trovano le prime indicazioni, si incontra la frazione di Castagnola, quindi Costa con l’antica Torre di epoca carolingia, la chiesa, i ristoranti, il cartello di “strada senza uscita” e poi, dopo la curva… il mare. Da qui in avanti la strada si trasforma in una ripida discesa fatta di tornanti, case, borghi e sempre il mare, che tiene insieme tutto. Si arriva a Setta, dove si trovano il municipio, la farmacia, pochi negozi e le terrazze sul mare, quindi Ravecca, Anzo e, giù in fondo, la stazione del treno e il porticciolo. Qualche curva prima dell’arrivo al mare e una strada verso est, a sinistra conduce alla frazione di Vandarecca seguendo il profilo della costa, a picco sul mare. Una casa isolata, una seconda e poi, ecco le Case Rosse (Tav. 1): un primo gruppo, le “case a mare”, delle quali si intravede appena il profilo, ripido ziggurat verso la costa, poi ancora una curva, una salita e la strada termina; da qui proseguono i tanti turisti che in ogni stagione dell’anno percorrono i sentieri che collegano Framura con Bonassola, Levanto e le Cinque Terre. Il mare domina la veduta verso sud, un orizzonte che ha inizio dal Monte Grosso, il promontorio che separa Framura da Bonassola, e termina lontano, là dove si snoda

la costa della Francia meridionale. Un orizzonte infinito che termina nel punto in cui il mare si incontra con il profilo innevato delle Alpi occidentali e con il triangolo “secco” del Monviso che, nelle giornate di bel tempo, funge da punto di riferimento e orienta lo sguardo. A Nord della strada, invece, nascosta dai pini che ne ombreggiano le facciate, compare la sagoma del fronte inferiore delle “case a monte”. Vico Magistretti le progetta nei primi anni Sessanta e la costruzione viene completata nel 1971. Un’opera di grande qualità architettonica firmata da uno dei più importanti architetti e designer italiani della seconda metà del Novecento; presente nel regesto delle opere che accompagna i saggi a lui dedicati, non compare mai, però, sulle riviste di settore dell’epoca. L’intervento di Framura è un “progetto dimenticato” fino a quando le prime fotografie di queste case – firmate da Gabriele Basilico – vengono pubblicate da Domus nel 2004: due pagine a colori che “racchiudono” un fascicoletto contenente un’intervista a Magistretti a cura di Hans Ulrich Obrist1. Le immagini delle Case Rosse compaiono una seconda volta nell’ampio e commovente servizio che Alias, l’inserto culturale de Il Manifesto, dedica a Magistretti in occasione della sua scomparsa2.

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2 Portolano della Liguria, tav. xxv.

Il testo, che accompagna le foto e riempie due pagine intere del giornale, è uno stralcio del dialogo con Magistretti tratto da Le Cinque Terre viste dalla luna, volume che raccoglie il contenuto delle conversazioni con alcuni intellettuali sui temi delle Cinque Terre e della Liguria3. Parte di questo testo4 viene riportata al termine del presente volume. In particolare, si è scelto il passaggio nel quale Magistretti “racconta” le Case di Framura: poche battute che costituiscono una testimonianza diretta molto importante ai fini della comprensione delle ragioni che hanno guidato il progetto a partire dal suo concepimento. Delle Case Rosse parla anche il Portolano della Liguria, perché le case di Magistretti sono ben visibili dal mare, soprattutto per il fatto di essere abbastanza isolate lungo un tratto di costa poco edificato (Tav. 2).

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Questo fa sì che diventino un punto di riferimento certo anche per la navigazione, tanto da costituire, insieme all’antica Torre di Costa, le “emergenze” che identificano Framura dal mare. Sul Portolano della Liguria5 si trova questa segnalazione: Framura (ab. 913 nel 1981) sorge a circa 800 metri dalla spiaggia e si riconosce per una torre quadrangolare, scura, con orologio, sormontata da un’altra torre minore concentrica (Tav. xxv). Poco a SE di Framura si notano, poco elevate sul mare, due gruppi isolati di casette, rosso-scure con tetti chiari, costituenti un villaggio turistico.

Il nome di “Case Rosse” è venuto da sé; si è cominciato a chiamarle così fin da subito

a Framura, e ancora oggi questo è il loro nome. Nel 2009 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale per la Qualità e la Tutela del Paesaggio, l’Architettura e l’Arte Contemporanee, ha dato incarico al Dipartimento di Scienze per l’Architettura dell’Università degli Studi di Genova di sviluppare una ricerca sul tema “L’architettura in Liguria dal 1945 a oggi – Selezione delle opere di rilevante interesse storico-artistico”.

La ricerca, diretta dal Prof. arch. Stefano Musso e dalla Prof. arch. Giovanna Franco, con la collaborazione dell’arch. Lorenza Comino, dell’arch. Simona Lanzu e della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria, nella provincia di La Spezia, ha schedato quali opere di interesse:

– Adalberto Libera, Cattedrale “Chiesa del Cristo Re”, La Spezia (1956-1969). – Ignazio Gardella, Palazzo di Giustizia, La Spezia (1963-1993). – Giovanni Michelucci, Ospedale di San Bartolomeo, Sarzana (1967-1976). – Vico Magistretti, Case Rosse, Framura – loc. Vandarecca (1967-1970). Questo libro è dunque un omaggio a Framura, alla rara bellezza dei suoi luoghi, al suo mare. E a Vico Magistretti, che con questo raffinato progetto ci informa sulle possibilità di un confronto attento tra architettura contemporanea, cultura moderna e contesto ambientale e morfologico di elevata sensibilità, che, a distanza di quasi cinquant’anni, appare ancora attuale, al punto da costituire quasi un unicum nel panorama architettonico italiano (Tav. 3).

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La ricerca si è svolta a partire dallo studio della documentazione depositata presso il Comune di Framura, e del materiale archiviato presso la Fondazione Vico Magistretti di Milano. I disegni che accompagnano il testo, a eccezione dei documenti dell’epoca, riproducono il rilievo dello stato attuale dei luoghi. Le piante degli alloggi, invece, vengono riproposte tutte conformi al progetto originario di Magistretti, indipendentemente dalle eventuali modifiche apportate nel tempo alla distribuzione interna.

3 Le Case Rosse viste dal porticciolo.

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VICO MAGISTRETTI

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1 Chiesa e centro parrocchiale di Santa Maria Nascente al QT8, Milano.

Fondazione studio museo Vico Magistretti, unità n° 600, segnatura 1.

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udovico Magistretti è un architetto conosciuto in Italia e nel mondo che ha svolto la propria attività con costante impegno per quasi sessant’anni, riuscendo, come raramente accade, a produrre opere di altissima qualità nei differenti ambiti dell’architettura e del disegno industriale. Apprezzato dalla critica e dal pubblico come uno dei più importanti designer italiani della seconda metà del Novecento, ha firmato numerosi progetti, ancora oggi in produzione, molti dei quali raccolti nelle collezioni dei più importanti musei internazionali (12 di questi sono presenti nella collezione permanente, settore design, del moma di New York). Figlio d’arte – il padre, Pier Giulio, fu un apprezzato architetto, molto attivo nel capoluogo lombardo negli anni tra le due guerre – Vico Magistretti nasce a Milano nel 1920 e nel 1943, per ragioni politiche, si trasferisce in Svizzera dove studia al Champ Universitaire Italien di Losanna6, dove ha modo di seguire il corso di “Teoria dell’architettura e dell’urbanismo” tenuto da Ernesto Nathan Rogers, rifugiatosi in Svizzera a causa delle leggi razziali, che rappresenterà una figura fondamentale nella formazione culturale di Magistretti7, come di buona parte della generazione di giovani architetti che cominciano a operare in Italia nel dopoguerra, lungo la scia tracciata dai Maestri del Movimento

Moderno. Dopo la laurea al Politecnico di Milano nell’agosto del 1945, firma tra i suoi primi lavori le “Case per reduci” (19461948), realizzate con Paolo Antonio Chessa e Mario Tedeschi al QT88. Negli anni successivi e sino alla fine degli anni Cinquanta, Magistretti realizza numerosi progetti nell’ambito del piano ina-Casa, offrendo il proprio contributo sul tema dell’abitazione popolare nel tentativo di promuovere e sostenere i princìpi dell’architettura moderna nel processo di ricostruzione del Paese. Affianca alla progettazione anche una vivace attività intellettuale che lo vede tra i fondatori, nel 1946, del msa (Movimento di Studi per l’Architettura)9, ed è tra i partecipanti più impegnati nel lavoro delle Triennali. Le occasioni di confronto progettuale gli consentono di operare in più direzioni: con Mario Tedeschi realizza la chiesa di Santa Maria Nascente al QT8 (1953-1955)10 (Tav. 1), raffinato esercizio di comunione tra un’originale soluzione tipologica e le eleganti scelte di natura tecnica e linguistica11. Negli stessi anni firma con Franco Longoni il progetto per la “Torre al Parco” in via Revere (1953-1956) (Tav. 2). Nel periodo in cui Milano comincia a dotarsi di edifici alti – la Torre Velasca, il Grattacielo Pirelli, la Torre Galfa al Centro Direzionale –, la Torre di Magistretti, con la sua impronta schiettamente moderna, costituisce una

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e trascurata, è la parte terminale: gli ascensori che escono, le caldaie… E infatti la cosa più bella di quell’edificio è proprio la scaletta posta sulla cima della torre […]13.

Il tema dell’edificio per il terziario è affrontato e risolto da Magistretti con grande maturità nel progetto del “Palazzo per uffici” di Corso Europa a Milano (1955-1957) (Tav. 3). Nell’articolo di presentazione di questo e altri progetti, che Renato Pedio titola «Linea lombarda: opere di Vico Magistretti», questi commenta:

2 La “Torre al Parco” in via Revere (1953-1956).

dissonante emergenza nel tessuto edilizio alto-borghese che ne definisce il contesto. Un pezzo di architettura che appare ancora oggi attuale, pur nel rimpianto del colore rosso bruno originario del quale resta solo la “traccia” in bianco e nero nell’immagine di presentazione del progetto, pubblicata su Casabella continuità dell’epoca12. Forse quello è stato il primo edificio alto costruito tenendo conto che la sua parte più in vista, ma sempre orrenda

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[…] La pienezza razionalistica di questi uffici a San Babila sfugge, nei sapienti ritmi neoplastici, a una qualificazione meramente bidimensionale, tocca una lucida suggestione spaziale e urbanistica. La grafica di questo prospetto è così felice da sfondare il proprio limite figurativo, cioè da battere la sua stessa eleganza, solo perché quei ritmi e quelle scansioni riflettono un organismo nato, e sofferto, dal di dentro e con intensità14.

Il progetto per il “Centro ricreativo” a Rescaldina (Milano), 1954-1956, è l’occasione per Vittorio Gregotti di “individuare legami” e “collocare culturalmente” la figura di Magistretti. Scrive in proposito: Qualora per le opere di Vico Magistretti si volessero stabilire delle parentele si dovrebbe parlare di quella linea di architetti milanesi, che da Ignazio Gardella a Gigi Caccia-Dominioni, procede direttamente da un comune gusto per

3 “Palazzo per uffici” in Corso Europa a Milano, immagine tratta da Casabella continuità n° 217, 1957.

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4 “Quartiere Pirelli” a Cinisello Balsamo.

Archivio Eugenio Gentili Tedeschi.

l’oggetto nobilmente riservato, costruito con grande costanza di ispirazione e serietà artigianale, la cui aspirazione è di sembrare come se già fosse stato; un oggetto destinato più che a sottolineare acutamente una nuova forma, a stabilire un generale tono, a esprimere un equilibrio di valori, riferito forse a un passato irrimediabilmente perduto o forse a un futuro ancora da conquistare. Questo ha fatto spesso parlare di loro come eredi di una tradizione culturale milanese della fine del secolo, di un gusto divenuto, allora, costume comune di una società intera che in esso trovava espressi i valori che più profondamente le appartenevano […]15.

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Alla fine degli anni Cinquanta risalgono altri due progetti di Magistretti che meritano una particolare attenzione: il primo di questi è quello per il “Quartiere Pirelli” a Cinisello Balsamo (1958) (Tavv. 4, 5). Il progetto, firmato insieme a Eugenio Gentili Tedeschi, Nicola Righini ed Egidio Dell’Orto, rientra nell’ambito del programma ina-Casa e si riferisce a un importante intervento localizzato nella storica periferia industriale a Nord di Milano. L’intervento occupa un’area estesa per più di 26.000 metri quadrati e propone una certa varietà tipologica – case a torre e case in linea aggregate in schemi planimetrici a “L” e a “C”. La notevole dimensione dell’intervento suggerisce uno studio attento dei percorsi interni, del verde e delle attrezzature per lo sport ed il gioco. L’aspetto più caratteristico del progetto riguarda l’applicazione di metodi e tecnologie innovative di prefabbricazione16. Il “Quartiere Pirelli”, tra gli ultimi contributi di Magistretti al piano ina-Casa17, rappresenta l’apice di un’esperienza iniziata dieci anni prima, e anche il punto di svolta della sua attività professionale, che da qui in avanti privilegerà, progressivamente, la committenza privata e l’impegno nel settore del disegno industriale. Per quasi dieci anni, prima di abbandonarsi alla sua più congeniale vena di interprete della nuova borghesia urbana, il giovane Vico si eserciterà con impegno e con continuità sul tema dell’abitazione popolare, inserendosi con sottaciuta adesione al leitmotiv del dibattito sociale sul ruolo del’architettura nello Stato della nuova democrazia. […]. Dal 1949 al 1959, dunque, Magistretti pro-

5 “Quartiere Pirelli” a Cinisello Balsamo. Fondazione studio museo Vico Magistretti,

unità n° 691, segnatura 146.

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duce un cospicuo dossier di lavori che ne testimoniano la crescente capacità di manipolare vasti repertori tipologici e di costruire su di essi l’affabulazione di un racconto dai toni ingenui e realistici al tempo stesso…18.

Il secondo progetto, di dimensioni molto più ridotte rispetto al “Quartiere Pirelli”, è quello per un’abitazione unifamiliare realizzata in Liguria: si tratta di “Casa Arosio” (195659) ad Arenzano (Genova) (Tav. 6). Rogers, presentando il progetto sulle pagine di Casabella, commenta: […] Per me questa casa è la prova di un autentico artista, capace di rinnovarsi senza negarsi, Magistretti si evolve cioè dalla sua formazione di funzionalista, che non rifiuta mai, allargandola ed approfondendola. È una prova di coerenza, di sicurezza e anche di modestia, che molti giovani non mostrano di possedere, e che proprio perciò fa di lui una delle personalità più forti tra quelle che hanno largamente operato nel dopoguerra con meritato successo. Qui si riconfermano le sue capacità di compositore che ad ogni tema sa dare significato con uno stile appropriato; non già da eclettico ma con rigore metodologico. Nel nuovo Centro Residenziale Punta San Martino ad Arenzano, che sorge con consapevole indirizzo urbanistico e architettonico, quest’opera è, fra quelle costruite finora, la più aderente alle preesistenze ambientali, senza compiacimenti vernacolari o “modernistici” ma ricuperando nella cultura i suoi valori più veri e la sua inedita originalità19.

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6 “Casa Arosio” ad Arenzano, prospetti, tratti da Casabella continuità, n° 234.

Il piano urbanistico per la Pineta di Arenzano è redatto da Ignazio Gardella, Marco Zanuso e Guido Veneziani nel 1956. “Casa Arosio” presenta una pianta estremamente funzionale che trova riscontro in una composizione volumetrica particolarmente articolata. Un’architettura di impianto moderno che concede, sotto il profilo forma-

le, solo un modesto tributo al carattere del luogo. Parlando di casa Arosio in un’intervista con Vanni Pasca, Magistretti ricorda: Anche lì ci sono riferimenti alla tradizione, ma non di tipo stilistico: non mi riferivo né al Liberty né ad altro. Il mio fondamento è razionalista, però a

quel punto mi dico: perché non posso coprirla con lastre di Ardesia? Siamo a Genova, l’Ardesia è bella, col tempo diventerà nera, e protegge bene. E per quale motivo non posso usare le persiane? Non è che volessi fare la decorazione, del resto non sono mai stato capace di farla20.

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Nella storia dell’architettura contemporanea, questa piccola casa riveste particolare importanza perché è uno dei quattro progetti presentati da Rogers, in rappresentanza dell’Italia, all’xi ciam (Congrès Internationaux d’Architecture Moderne), che si tiene nel 1959 a Otterlo, in Olanda. Insieme a Magistretti vi sono i progetti di Ignazio Gardella per la Mensa dell’Olivetti a Ivrea, di Giancarlo De Carlo per abitazioni e negozi a Matera e dello stesso Rogers per la Torre Velasca. Le opere presentate dagli italiani suscitano ampie e accese discussioni all’interno del congresso: i sospetti di iconoclastìa21 e le accuse più aperte di storicismo fanno convergere sul “gruppo italiano” le ragioni di una crisi che in realtà già da tempo aleggia tra le file dei ciam e che riguarda l’incapacità – o l’impossibilità – di trovare delle motivazioni che tengano ancora uniti i protagonisti di un’esperienza unica nella storia del Movimento Moderno e del Razionalismo nel sostegno di un progetto condiviso. L’appuntamento del 1959, a Otterlo, sarà l’ultima occasione di incontro dei ciam, perché il dibattito scaturito nelle giornate di incontri conduce alla decisione di sciogliere definitivamente l’organizzazione. Il gruppo del Team X da un lato, con le spinte propulsive degli Smithson e l’insofferenza degli olandesi, Bakema e Van Eyck, nei confronti del “razionalismo imperante”, unito alle questioni poste sul tavolo del dibattito dagli “italiani” che riguardano il rapporto tra “progetto moderno” e contesto storico, così come l’indagine delle potenziali declinazioni del linguaggio moderno che ormai non era più contenibile nelle rigide maglie

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dell’International Style, contribuirono ad accelerare il processo di disgregazione già in atto da tempo e, secondo alcuni, fin dal momento successivo alla promulgazione della Carta di Atene, in occasione del ciam del 193322. La vicenda dei Congrès Internationaux e l’aspro dibattito interno che porta a sancirne la fine possono essere una delle chiavi di lettura della vicenda del Razionalismo europeo e della sua crisi. La tragedia del nazifascismo, gli orrori e le distruzioni portati dalla guerra, così come l’immenso sforzo necessario alla ricostruzione che i Paesi coinvolti nel conflitto si trovano a dover affrontare all’indomani della Liberazione, richiedono strumenti di azione adeguati alla complessità del presente, che le categorie di interpretazione elaborate dal razionalismo e dal funzionalismo non sono in grado di offrire. In questo scenario, il ristretto mondo dell’architettura moderna italiana e alcune figure in particolare, giocano un ruolo fondamentale nell’orientare il dibattito fino al livello internazionale. Tra questi vi è Ernesto Nathan Rogers (Trieste, 1909-Gardone, 1969) che lavora, dall’anno della sua fondazione, 1932, con il gruppo bbpr costituito dagli architetti Gian Luigi Banfi, Lodovico Belgiojoso ed Enrico Peressutti23. Roger è un intellettuale impegnato in attività molteplici che vanno dalla progettazione architettonica al settore editoriale, attraverso la collaborazione con numerose riviste di settore (è direttore di Domus dal 1946 al 1947 e di Casabella continuità dal 1953 al 1965). Rogers insegna alla Facoltà di Architettura di Milano e pubblica diversi saggi di teoria e critica dell’architettura moderna; è inoltre

uno dei principali protagonisti, in rappresentanza dell’Italia, dei ciam che rappresentano le più importanti occasioni di riunione e di confronto per gli esponenti del Movimento Moderno, dal 1928, data del primo Congresso tenutosi in Svizzera a La Sarraz, fino al 1959 quando a Otterlo si pone fine a questa esperienza. Proprio nella località olandese, nel presentare i progetti italiani ai colleghi del ciam, Rogers afferma la necessità che il progetto di architettura stabilisca una propria collocazione specifica rispetto al passato e alla tradizione. Prosegue sostenendo che l’antistoricismo dei “padri” dell’architettura moderna, inseparabile dal loro dover essere movimento di avanguardia, non sia più necessario24. Il pensiero di Rogers ha condizionato in modo significativo la cultura architettonica lungo tutto il periodo del secondo dopoguerra, fino al termine degli anni ’60. Attraverso la direzione di Casabella ha “dettato le regole” del confronto sui temi dell’architettura contemporanea, lasciando, tra i tanti e preziosi contributi, anche degli editoriali che rappresentano delle “pietre miliari” sulla strada dello studio della critica architettonica di quel periodo. Da «Le responsabilità verso la tradizione»25, dove mette in guardia sul fatto che «… l’accademismo più pericoloso è ormai quello dei formalisti moderni…», a «Ortodossia dell’eterodossia»26 dove, rispondendo a una lettera di Eugenio Gentili Tedeschi che lamenta la scelta editoriale di pubblicare su un precedente numero della rivista alcuni progetti giudicati “lontani” dai principi della modernità – si tratta del quartiere Tiburtino a Roma e della “Bottega di Erasmo” di

Gabetti e Isola a Torino – chiarisce, tra le altre cose, che «… compito di una rivista è di porsi nella dialettica tra l’inevitabile soggettività del giudizio e la segnalazione oggettiva dei fermenti culturali…». In occasione degli incontri di Otterlo ne riferisce ne «I ciam al Museo»27, e ancora risponde polemicamente alle accuse di rinuncia ai valori della modernità lanciate da Reyner Banham nell’editoriale pubblicato nell’aprile dello stesso anno da Architectural Review dal titolo «Neoliberty – la ritirata italiana dall’architettura moderna», con un proprio accorato scritto nel cui titolo già si chiarisce la sua posizione e quella della rivista che dirige: «L’evoluzione dell’architettura – risposta al custode dei frigidaires»28. La figura di Rogers rappresenta quella di una guida illuminata che indica nella difesa dei valori etici, nel dovere della consapevolezza tecnica e soprattutto di quella storica, gli obiettivi ai quali si devono riferire gli architetti moderni nel proprio agire. Fare architettura è dunque inteso anche come «… impegno civile […] nella convinzione che il compito degli architetti italiani dopo il 1945 fosse la ricostruzione non solo del Paese ma anche delle coscienze»29. L’insegnamento e la diffusione dei princìpi elaborati negli anni tra le due guerre dai protagonisti del Movimento Moderno, passano attraverso un riesame critico di alcuni assunti fondamentali e tra questi la “rottura” con la storia teorizzata dalle Avanguardie. È viva in questi anni l’urgenza di recuperare un rapporto dialettico con la storia e la tradizione, necessario strumento per declinare in modo nuovo la relazione tra architettura e contesto.

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[…] Il colloquio con “l’ambiente”: questo il tema che emerge […] e che sembra costituire l’originalità dell’esperienza italiana di quegli anni […]30.

L’aspetto centrale delle riflessioni teoriche di Rogers si fonda sull’idea delle “preesistenze ambientali” e intorno a questo concetto egli lavora, seguendo un approccio di tipo fenomenologico, nella direzione di una revisione critica del paradigma razionalista sotto il profilo del linguaggio e della relazione con il luogo. La conoscenza della società presente implica la conoscenza della storia della quale il presente è un momento di sviluppo: senza questa conoscenza la considerazione di ogni fenomeno resta indeterminata e gli oggetti non riescono a essere localizzati entro le coordinate dello spazio e del tempo31.

La strada lungo la quale far evolvere i valori della modernità è quella del recupero del rapporto con la storia e dell’individuazione di un ineludibile principio di continuità con essa. La questione trascende i confini del dibattito nazionale e arriva a coinvolgere anche la cultura architettonica d’oltreoceano, che trova in Louis Isadore Kahn l’interprete più appassionato di questa riflessione metodologica32. Lo studio di quanto avvenuto nel corso delle ultime riunioni dei ciam, e a Otterlo in particolare, a partire dall’acceso confronto sulle proposte italiane, fino alla decisione ultima di sciogliere definitivamente l’istituzione che ha rappresentato per tre decenni il punto di

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sintesi più alto della cultura razionalista, rappresenta dunque un importante strumento per comprendere la dimensione del confronto che, a livello internazionale, ormai da diversi anni, si svolge sulle questioni relative all’adeguatezza o meno del dettato razionalista nei confronti del grado di complessità che il presente propone. Alla fine degli anni ’50, non ancora quarantenne, Magistretti ha già realizzato diversi importanti lavori; è conosciuto e apprezzato come uno tra i più noti architetti milanesi. Nel 1958, insieme a Guido Veneziani, progetta la Club House per il circolo del golf di Carimate (Tavv. 7, 8). Nella presentazione su Casabella, Rogers esordisce così: […] Vico Magistretti è un architetto ancora giovane, eppure questa sua opera si inserisce con coerenza nella sua storia e ne rappresenta una nuova tappa: le qualità che ho già lodato a proposito della Casa Arosio alla Pineta di Arenzano non solo non sono andate deluse ma si confermano con la maggior consapevolezza dei mezzi e il più maturo raggiungimento dei fini33.

Per il ristorante della Club House, Magistretti progetta anche le poltroncine “Carimate” (Tav. 9), rivisitazione particolarmente riuscita di una tradizionale tipologia di seduta in legno, resa ancor più attuale dal colore rosso all’anilina scelto come finitura. La poltroncina “Carimate”, come è noto, viene messa in produzione dalla Cassina e riscuoterà un grande successo di pubblico. La collaborazione tra Magistretti e Cassina sancisce la ripresa dell’attività dell’architetto nell’ambito del disegno industriale che,

7 Disegni per il Golf Club House di Carimate. Fondazione studio museo Vico Magistretti,

segnatura 164.

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8 Club House per il circolo del golf di Carimate. Fondazione studio museo Vico Magistretti,

unità n° 378, segnatura 14, Club House Carimate, 1959-1961.

praticata nei primi anni di professione, era stata trascurata nel corso del decennio precedente. La scelta di dedicarsi al design, “quando ancora non era una moda”, è dettata dalla necessità di avere una produzione italiana di mobili moderni, in alternativa al “mobile in stile” che coinvolge, oltre a Magistretti, diversi nomi dell’architettura italiana, tutti impegnati in un’azione di rinnovamento ispirata dall’esperienza scandinava e dall’ancora attuale insegnamento del Bauhaus. È la stagione “eroica” del design italiano; quella di Achille e Pier Giacomo Castiglioni, di Joe Colombo, Beniamino Bonetto, Gianfranco Frattini, Marco Zanuso e Richard Sapper.

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Nel 1956 Magistretti è tra i fondatori dell’a.d.i. (Associazione per il Design Italiano)34. Negli anni a seguire rafforza il proprio impegno nel campo del design ma non cessa l’attività di progettazione nel settore civile dimostrando, come pochi altri, una coerenza e una qualità a livello di metodologia progettuale che non accusa cedimenti nel passaggio di scala tra la progettazione architettonica ed il disegno industriale. I primi anni Sessanta lo vedono impegnato in numerosi progetti di architettura per la residenza. Fra questi, a Milano, dopo l’elegante intervento di via Leopardi35, realizza la Casa di piaz-

9 Poltroncina “Carimate” per il circolo del golf di Carimate.

Fondazione studio museo Vico Magistretti, unità n° 7005, 1959-1961.

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rama dell’architettura lombarda e nazionale, consacra, se ancora ce ne fosse stato bisogno, Magistretti:

10 “Casa di abitazioni” in piazza Aquileia a Milano

torre interna al giardino.

zale Aquileia (1962-1964) (Tav. 10): un corpo di fabbrica in linea completa il profilo della piazza mentre nel giardino interno si eleva una torre di 9 piani fuori terra. Questo secondo edificio presenta una pianta molto elaborata, a forma di “L”, dal perimetro articolato che mette in evidenza il sistema di aggregazione dei moduli, quadrati e rettangolari, tutti con le finestre nell’angolo, che identificano i diversi locali delle abitazioni. Lo schema planimetrico permette un alto numero di varianti tipologiche anche in versione duplex. In questi anni progetta anche diverse abitazioni unifamiliari nelle province a Nord di Milano e ancora ad Arenzano, dove realizza casa Gardella. Nella presentazione su Domus di Casa Bassetti ad Azzate (Varese) (Tav. 11) – (1960-1962), Giò Ponti, altra figura carismatica nel pano-

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[…] Poi – nella vivacità del suo ingegno e della sua vocazione – una sua “costante”, quella di architettare sempre un’abitazione, una dimora, e non una “villa”. Villa (e, più che mai villino) è parola scaduta dal rango glorioso che godeva nell’architettura nostrana (e nella narrativa e nel teatro e nel perduto costume del villeggiare). […] Ma oggi è più bello dire e pensare “casa”; residenza o dimora, Magistretti vi farà sempre una casa, una bella casa. Tra interni ed esterni egli crea, come qui, una architettura di vasti informali porticati, di androni, con risorse di architetto, con apparizioni di vedute, e graduazioni di luce. Bravissimo36.

L’immagine di Magistretti architetto della buona borghesia imprenditrice milanese è uno stereotipo consolidato, che trova ragione nel progressivo impegno professionale a favore di una committenza privata benestante che si dimostra pronta e ben disponibile a recepire le sue architetture con il loro carattere di “elegante modernità”. Le possibili ragioni di questo cambiamento di indirizzo nell’impegno professionale si spiegano anche col fatto che, alla fine degli anni ’50: […] sono venute meno, di fronte all’impatto della realtà con il “boom” economico […] le utopie e le illusioni di architetti e designer di aver un ruolo dirigente o al-

11 Disegni di Casa Bassetti ad Azzate (VA). Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 177.

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che già nel ’59 siamo stati attaccati al ciam […]38.

12 “Edificio per abitazioni e uffici” in via

Conservatorio a Milano fronte, su giardino interno.

meno orientativo nella ricostruzione del Paese […]37.

A Magistretti, comunque, va riconosciuto il merito di aver saputo coniugare la cultura moderna con le forti aspettative di rinnovamento che si manifestano nel momento della grande crescita economica del Paese, educando con sobrietà al buon gusto, in termini di “rapporto con lo spazio” prima ancora che di “estetica dell’elemento di arredo” più generazioni di milanesi ed italiani. Io ho avuto la fortuna di avere non delle certezze, ma delle chiarezze, che mi hanno aiutato sempre. In definitiva mi sono sempre riconosciuto figlio del movimento moderno, figlio del razionalismo, anche cambiandolo, tanto è vero

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A far da cornice al progetto per le Case Rosse di Framura e al contempo ad aiutare a comprenderne il significato sul piano dell’architettura concorrono un insieme di fattori, tra cui l’impegno colto e attivo nel processo di ricostruzione del dopoguerra, l’influenza di Rogers, la partecipazione ai ciam e la fine della “stagione dei Congressi”, insieme al coinvolgimento nel dibattito sul tema del rinnovamento dell’architettura moderna, letto attraverso la lente del rapporto con la storia, e ancora l’occasione di contatti sempre maggiori con una committenza agiata. Qualche anno prima dell’intervento di Framura, Magistretti progetta e realizza il Complesso residenziale Marina Grande ad Arenzano (Genova) 1960-1965. Il “ritorno” ad Arenzano è l’occasione per realizzare un’importante opera costituita da un centro residenziale attrezzato con svariati servizi commerciali collegati da piazze ricavate su più livelli. La grande struttura edilizia è costruita in prossimità della costa e ingloba anche il tracciato ferroviario, un percorso veicolare sotterraneo e una grande autorimessa. In questo progetto si riconoscono alcune soluzioni tecniche e formali che verranno poi riproposte a Framura, come quella del “tetto alla ligure”, il disegno curvo dei terrazzini ricavati in falda, l’uso dell’ardesia per soglie e copertine. In questo progetto e in quello de “Il Roccolo” nella pineta di Arenzano, Magistretti utilizza per il tracciamento dell’intero progetto, un reticolo di 5×5×3 metri, che

13 “Edificio per abitazioni e uffici” in via Conservatorio a Milano, fronte strada.

verrà successivamente ripreso per il progetto delle Case Rosse. Ancora a Milano, nel 1966, realizza, la casa di via Conservatorio (Tavv. 12, 13). Il difficile tema dell’inserimento di un fabbricato all’interno di un tessuto preesistente del centro cittadino è reso ancora più delicato dalla presenza dell’edificio confinante, progettato dal padre di Magistretti39. L’intonaco colore rosso scuro, l’elegante ed elaborato “gioco di incastri” dei volumi che definiscono il corpo di fabbrica a “L”, il tono controllato ma dichiaratamente

“distante” dagli edifici confinanti caratterizzano un intervento privo di soggezione rispetto al difficile contesto. Il progetto per il quartiere “Milano – San Felice” (1966-1969), di poco successivo, viene sviluppato insieme a un altro importante architetto milanese, Luigi Caccia Dominioni (Tav. 14). Non c’è soluzione di continuità con la stagione dei progetti elaborati per ina -Casa. Il rigore metodologico che privilegia gli aspetti funzionali, l’importanza attribuita al problema dell’organizzazio-

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14 Progetto per il quartiere “Milano – San Felice” (1966-1969). Fondazione studio museo Vico Magistretti,

segnatura 250.

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15 Abitazioni in Piazza San Marco a Milano.

ne dello spazio interno alle abitazioni, la cura attenta al disegno delle facciate, sono costanti progettuali che caratterizzano l’architettura delle case costruite, per i ceti meno abbienti, negli anni ’50, al pari di quella delle più recenti abitazioni destinate alla media borghesia milanese, tentata dalle proposte ispirate ai modelli anglosassoni di quartieri inseriti nel “verde”, come modello alternativo a quello cittadino.

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Un altro “elemento di spicco” nello scenario dell’architettura moderna milanese è costituito dalla casa in piazza San Marco, costruita negli anni 1969-1973 (Tav. 15). Il grande edificio si inserisce con raffinata armonia nel disegno delle cortine edilizie delle strade circostanti di questa zona centrale di Milano, via Solferino, via San Marco, via Pontaccio, riproponendone alcuni caratteri ricorrenti. Tra questi, il basamento destinato a negozi, qui marcato

dai grandi pilastri bianchi e dallo sfondato che dà luogo a un porticato perimetrale, lo sbalzo di gronda che segna il limite del costruito con la propria linea d’ombra, il disegno regolare delle facciate che trovano la distanza dall’intorno grazie a una sorta di “scarnificazione” che sottrae porzioni di tamponamento per mettere in evidenza, ben marcato dal rivestimento di pietra bianca, il telaio strutturale che costituisce lo scheletro dell’edificio. Sono questi gli anni in cui vengono progettate e realizzate le Case Rosse a Framura: i primi schizzi risalgono al 1962, mentre il primo progetto presentato al Comune è del 1965. La data di inizio dei lavori coincide con la fine del 1966 e l’inizio del 1967, per terminare nel dicembre del 1970. Negli anni successivi, l’attività professionale di Magistretti nel campo dell’architettura lo vede impegnato nella realizzazione di svariati progetti: collabora con la mbm intorno allo sviluppo di sistemi di prefabbricazione che vengono utilizzati per edifici residenziali a Milano, al Gallaratese (1971) e in viale Suzzani (1974). Coevo alla casa di via San Marco è il progetto del Residence Siloe (1970-1973), realizzato nella zona nord di Milano, a Niguarda, per la Cogesta S.p.A. (la stessa Società che ha costruito la casa di via Conservatorio). Alcuni importanti progetti sviluppati negli anni Ottanta propongono schemi planimetrici incentrati sul quadrato, organismi articolati sotto il profilo volumetrico, tesi tutti, grazie all’uso di forme elementari, alla definizione di architetture funzionali e riconoscibili.

La Scuola media a San Daniele del Friuli (Udine, 1976-1978), edificio finanziato dall’Aid (Agency for International Development) di Washington, come contributo per la ricostruzione dopo il terremoto che colpì la regione nel 1976, è composta da più blocchi distinti ma fra loro collegati. La pianta quadrata di ciascun elemento, la copertura piramidale, l’intonaco bianco utilizzato per le facciate e i porticati che, affiancando ciascun corpo di fabbrica, tengono unito l’intero organismo, connotano il carattere dell’intervento. Le torri della Facoltà di Biologia in via Celoria a Milano (1978-1981, con Francesco Soro) si distinguono nel contesto disordinato ed eclettico del quartiere universitario per la semplicità e la chiarezza compositiva dei volumi edilizi (Tavv. 16, 17). I tre corpi dei dipartimenti sono abbastanza tozzi: le torri, di pianta quadrata, si elevano per 6-7 piani fuori terra. Il tamponamento di facciata delle torri e dei corpi di collegamento verticale, costituito da pannelli di cemento prefabbricato e serramenti a nastro di colore bianco, è curato nei dettagli e la qualità del risultato testimonia della lunga esperienza maturata da Magistretti, fin dai tempi dell’ina-Casa, sul tema della prefabbricazione. Pilastri rossi, intarsi di ceramica bianca e “monete d’oro” compongono e “decorano” il disegno fortemente graficizzato, ma di indiscutibile eleganza, delle facciate. L’importante dotazione impiantistica di cui sono forniti i laboratori di ricerca non viene ostentata fatto salvo che per i quattro grandi camini cilindrici di cemento che attraversano le coperture piramidali di cia-

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17 Facoltà di Biologia dell’Università Statale di Milano. Fondazione studio museo Vico Magistretti,

16 “Facoltà di Biologia” in via Celoria a Milano.

scuna torre, diventando, così “nobilitati”, elemento primario della composizione. Di pochi anni successivo è il progetto – non realizzato – per edifici residenziali in piazzale Dateo a Milano 1983-198540. Il tema della sostituzione di un grande isolato urbano ottocentesco viene interpretato anzitutto in chiave urbanistica, attraverso la proposta di quattro torri più quattro a pianta quadrata, poste a marcare gli angoli del lotto. Una piastra sopraelevata di un

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piano, sviluppata sull’intera superficie del lotto, ospita un giardino pensile e copre le strutture commerciali ed i servizi collettivi posti al piano terreno. Dell’attività professionale di Magistretti restano diverse preziose testimonianze a Milano e, proprio alle porte della città, all’ingresso dell’autostrada per Genova, uno degli ultimi importanti lavori: il “Deposito Famagosta” della metropolitana milanese, realizzato per l’atm (Azienda Trasporti Mi-

unità n° 352.

lanese) negli anni 1989-2000 (Tav. 18). Si tratta di un fabbricato di grande dimensione che occupa quasi 30.000 metri quadrati di superficie coperta, destinato al ricovero e alla manutenzione dei mezzi della linea 2 della metropolitana milanese. La struttura prefabbricata di cemento armato è tamponata con pannelli rivestiti di mattone a vista; sulla copertura svettano grandi lucernari a shed che illuminano il volume sottostante. Questi volumi elementari di lamiera argentea e serramenti bianchi, moltiplicati tutti uguali sull’intera copertura, quasi dei “fuori scala”41 chiamati a dichiarare con forza la destinazione industriale del fabbricato,

caratterizzano l’architettura conferendole un valore ben superiore al potenziale dato dalla funzione, fino a diventare segno “forte e riconoscibile, elemento d’ordine del mutevole paesaggio autostradale”. […] Ma, per fare un esempio, ho fatto delle case a Framura, nelle Cinque Terre, molti anni fa. Si trattava di un intervento nel paesaggio della costa italiana; una costa che è stata distrutta e rovinata da tanti piccoli edifici e – a volte – addirittura da atroci grattacieli. In questo progetto per Framura, le case non sono invece separate; si tratta di un

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Un ritratto di Vico Magistretti. Fondazione studio museo Vico Magistretti.

doppio insediamento di quindici, venti residenze – che sono piccole villette con un cortile – ma il tutto è concentrato in un unico volume. Dal mare, si vede sulla montagna un insieme di case e di vuoti, senza quelle orrende casette isolate che hanno rovinato la costa ligure. Poi le ho fatte dipingere di un particolare colore rosso, stanno bene. Mi piacerebbe segnalare questo progetto: è un intervento dimenticato, che non è mai stato pubblicato. E non ho mai voluto tornare a vederlo42.

18 “Deposito Famagosta” a Milano.

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LA STORIA DEL PROGETTO

A

1 Le Case Rosse di Framura, vista verso est.

lcuni imprenditori e professionisti milanesi, guidati da Vittorio Duina43, industriale operante nel settore della produzione di tubi di acciaio, fondano “La Scogliera di Framura S.p.A.” che, nell’agosto del 1962, acquista un terreno nel Comune di Framura, nella zona dove Duina sta costruendo, nello stesso periodo, una casa di vacanze per la propria famiglia. La superficie del terreno è pari a 6 ettari circa e corrisponde al tratto di costa che si estende dall’attuale porticciolo verso est, ai limiti del confine con il Comune di Bonassola. Angelo Verderi, imprenditore di Milano in quegli anni attivo nel settore edile, collabora da tempo con Magistretti44 e propone il suo nome per lo sviluppo del progetto (Tav. 1). I primi disegni del progetto di Magistretti sono costituiti da schemi planimetrici in scala 1:1000 (Tav. 2), nei quali è rappresentato un lungo tratto di costa che, dal confine con Bonassola, giunge fino all’altezza dell’attuale porticciolo45. Nella prima delle due planimetrie46 sono presenti le sagome di una quindicina di quelle che probabilmente erano unità abitative, collocate in prossimità della costa, al di sotto della strada di arrivo a Vandarecca, sul promontorio chiamato Panea (Tav. 2). Vi sono poi altre due unità, una a monte della strada e l’altra più a ovest, in corrispondenza dello Scoglio Ciamia – quello che, una volta unito

artificialmente alla costa, diventerà, alla fine degli anni Sessanta, il porticciolo di Framura. In questo disegno datato 5 settembre 1963, il perimetro delle costruzioni è tracciato sulla base di un reticolo di 5×5 metri. Le unità principali, di forma quadrata, misurano 15 metri di lato. Le indicazioni volumetriche riportate a lato delle piante, lasciano intendere un’ipotesi di costruzioni sviluppate parzialmente su due piani. La proposta successiva47 è del 12 maggio 1964 (Tav. 3). In questo disegno sono raffigurati tre interventi distinti: 3 blocchi di unità abitative – definite, sul disegno, come “aggruppamento di alloggi piccoli (mq 75) 46+48 elementi” (mc 8.000) – poste a monte e a valle del tratto terminale della strada, un lungo corpo in linea collocato più a ovest e definito “Eurotel 35 unità AS (mc 8.000)”, e, infine, le sagome tratteggiate di due unità di pianta quadrata (m 15 di lato) riportanti la scritta “eventuali ville mc 1.200+1.200”. Gli “alloggi piccoli” e le “ville” sono tracciati sulla base del reticolo di 5×5 metri. Nei 3 gruppi di alloggi già compare il modulo a “L” che costituirà la matrice tipologica dell’intervento; da qui in avanti, per tutte le varianti di progetto, fino alla realizzazione dell’opera. Il corpo in linea destinato a struttura ricettiva è disposto parallelamente alla galleria ferroviaria ed è costituito, a sua volta, da due elementi gradonati, anch’essi modulari, con

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2 Planimetria generale, 5 settembre 1963.

Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/1.

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3 Studio di lottizzazione, 12 maggio 1964.

Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/2.

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profondità dei corpi di fabbrica pari a m 7,50 ciascuno. All’estremità orientale del terreno di proprietà, lungo il confine con Bonassola, è indicata, con linea tratteggiata e testo, una funicolare che collega il termine della strada al mare nel punto in cui sono previste – come riportato sul disegno – le “attrezzature a mare”. La storia del progetto per le Case Rosse di Framura racconta poi di alcune vicissitudini che ne hanno segnato l’iter amministrativo, iniziato ufficialmente con la richiesta di “licenza a costruire” presentata dalla Società “La Scogliera di Framura S.p.A.” di Milano, in data 30 maggio 196548. La richiesta, corredata da un progetto composto di 8 Tavole a firma dell’architetto Vico Magistretti, riguarda «… la costruzione di 12 unità unifamiliari (costituenti un unico complesso) in località Vandarecca…»49. Il documento specifica la destinazione residenziale, di tipo medio con struttura mista; la superficie coperta di progetto è pari a mq 1.240,00 distribuita su 4 piani fuori terra («scalinati»)50. Ciascuna unità immobiliare, priva di riscaldamento e ascensore, è composta da «… n° 3 stanze, n° 2 camerette, n° 1 cucinino, n° 1 w.c. con bagno e n° 1 ripostiglio»51. Questo primo progetto, datato gennaio 1965, prevede dunque la costruzione di un gruppo di dodici abitazioni sul promontorio esistente a sud del tratto terminale di via Luigi Duina, la strada che collega Vandarecca alle altre frazioni di Framura, e che termina in prossimità della linea di confine con il Comune di Bonassola52. Il progetto illustra uno schema planimetrico alquanto

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articolato: una composizione “a domino” costruita secondo la maglia 5×5. La tavola della “Planimetria Generale” non specifica i percorsi di accesso alle case e di collegamento del costruito con la strada comunale – rappresentati, invece, nella pianta del livello più alto delle abitazioni –, ma evidenzia in modo esplicito lo schema geometrico generatore del progetto, il “modulo quadrato” già presente nei primi studi di fattibilità, che costituirà l’“invariante” per le successive versioni di progetto elaborate da Magistretti (Tav. 4). Il terreno, prevalentemente roccioso, sul quale verranno costruite le case, ha una pendenza notevole, superiore all’80% e, a tratti, prossima al 100%. Il fronte del costruito dista meno di cinquanta metri dal profilo di costa. I prospetti, colorati a matita direttamente su carta, sono privi di indicazioni relative ai materiali di finitura (Tavv. 5, 6); descrivono dei volumi semplici con le coperture a falda di colore scuro53 e le facciate di color mattone chiaro. Ciascuna unità abitativa risulta dotata di balcone, o di terrazzo “a tasca” ricavato nella copertura del volume antistante. Le piante dei diversi livelli evidenziano la scelta progettuale di un’unica tipologia di alloggio che si ripete uguale per dodici volte. La pianta dell’appartamento è definita da tre moduli – 5×5 metri ciascuno – aggregati in modo da formare una “L”; i moduli identificano una maglia strutturale – scheletro di cemento armato – di uguale interasse. Il “tipo edilizio” così definito significa che ogni unità abitativa ha una superficie pari a 75 metri quadrati. Ogni appartamento, come descritto nella richiesta di licenza di

costruzione, è costituito da un locale di soggiorno – quasi sempre esposto a Sud, tranne due unità che hanno esposizione a Ovest – al quale si accede direttamente dalla porta di ingresso, da due piccole camere, da altri due locali, più una piccola cucina, un bagno e un ripostiglio. Ogni locale descritto è dotato di finestra a eccezione del ripostiglio, e del bagno di alcune unità tra loro affiancate. Nei disegni delle piante degli appartamenti, le finestre verso sud – e verso Ovest – presentano delle cornici costituite da davanzali e “spalle” molto sporgenti rispetto alla facciata; tali dettagli non sono però riconoscibili nei prospetti dove l’ombra disegnata risulta “portata” dai soli balconi. Nel mese di maggio del 1966, a distanza di un anno esatto dalla richiesta di licenza di costruzione, viene presentato al Comune di Framura un progetto di variante dove la volumetria originaria risulta sensibilmente incrementata (Tav. 7). Il nuovo progetto prevede la costruzione di due blocchi distinti di fabbricati, posti ciascuno in posizione differente rispetto a quella occupata dal progetto originario. La nuova proposta prevede la costruzione di 14 unità abitative nella “zona a mare” e di 26 unità nella “zona a monte”54. I due complessi sono localizzati sempre al termine della strada comunale: quello più a ovest è posto a valle della strada, l’altro, più a est, si trova a monte del tratto terminale della strada. Il numero di abitazioni, rispetto al primo progetto del 1965, è più che triplicato; i volumi di progetto, anche se suddivisi in due lotti, presentano uno schema planimetrico particolarmente interessante per la ricca e complessa

articolazione dei moduli – sempre tracciati sulla base della maglia 5×5 – che costituiscono le unità abitative. Le case a mare disegnano una sorta di “U”, mentre le case a monte, che comprendono un numero di abitazioni quasi doppio rispetto alle case a mare, si estendono occupando una superficie maggiore e, seguendo la geometria di tracciamento, creano una texture planimetrica a mosaico. Tutte le piante delle Case Rosse, a partire dal primo progetto, passando dalle varianti successive, fino ad arrivare alla soluzione finale, quella corrispondente al costruito, devono essere “lette” attraverso il filtro delle curve di livello, sempre riportate nelle tavole, cercando di interpretarne la tridimensionalità. La marcata pendenza del terreno sul quale sono costruite le case non è altrimenti riconoscibile. Analogamente i prospetti, i “fronte a mare”, dove tutte le abitazioni risultano “appiattite” dalla rappresentazione bidimensionale, devono essere osservati contemporaneamente alle sezioni trasversali e ai “fronti a Levante e a Ponente”, per essere correttamente compresi. Dopo la versione del 1966, il progetto delle Case Rosse subisce diverse modifiche che danno luogo a ulteriori progetti di variante. Dal punto di vista amministrativo l’iter seguito dal progetto è stato abbastanza travagliato: se da un lato l’amministrazione comunale si è sempre dimostrata disponibile e pronta ad accogliere e approvare le richieste di licenza di costruzione e i successivi progetti di variante presentati dal costruttore, così non è stato per l’altra autorità preposta al rilascio di approvazioni, e cioè la Sovrintendenza ai Monumenti della Liguria.

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4 Planimetria generale, gennaio 1965. Archivio Comune di Framura,

tav. 229/13.

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5 Sezione A-A e fronte a Ponente, 29 gennaio 1965. Archivio Comune di Framura, tav. 229/19.

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6 Fronte a mare, 29 gennaio 1965. Archivio Comune di Framura, tav. 229/20.

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7 Planimetria generale, 3 agosto 1966. Fondazione studio museo Vico Magistretti,

segnatura 229/25.

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I numerosi documenti depositati presso il Comune di Framura raccontano infatti di un’azione di controllo insistente sul progetto esercitata dalla Sovrintendenza, che appare fortemente preoccupata per l’impatto ambientale che la costruzione delle Case Rosse può provocare. Sono questi gli anni in cui vengono costruiti milioni di metri cubi in tutto il territorio ligure, concentrati principalmente lungo la costa. L’impressione suscitata in quel periodo dalle vicende che hanno interessato diversi centri costieri, in particolare il dibattito scatenato dalla politica urbanistica seguita da alcuni comuni liguri nel dopoguerra, quella della cosiddetta “rapallizzazione”, spiegano il perché di una così determinata azione di vigilanza esercitata dalla Sovrintendenza, senza dubbio preoccupata di salvaguardare, fin dove possibile, il rispetto dei caratteri ambientali esistenti. A seguito della presentazione del progetto di variante del 1966, la Sovrintendenza, per quanto di sua competenza, risponde ponendo diverse condizioni al fine del rilascio del nulla-osta. Tra queste viene imposto «… l’uso di intonaci colorati in pasta per i prospetti esterni…», mentre è richiesto che le coperture «… vengano eseguite in abadini alla genovese…» e che «… gronde e terrazze siano rivestite con lastre di ardesia»55 (Tavv. 8, 9). In una lettera di qualche mese precedente, la Sovrintendenza esponeva diverse osservazioni nei confronti del progetto di variante, richiedendo chiarimenti e documentazione integrativa e, alla fine, non rilasciava approvazione56.

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Tra le osservazioni presentate spiccavano quelle riferite all’incremento volumetrico: «… le volumetrie e le altezze delle costruzioni determinano un ingombro eccessivamente vistoso…», con particolare preoccupazione all’inserimento ambientale. Al capoverso successivo, la lettera proseguiva osservando che «… rispetto al primo progetto la fabbricabilità è stata concentrata in punti meno delicati paesisticamente, tuttavia soprattutto il nucleo più a monte interessa una zona ancora molto esposta…»57. È opportuno soffermarsi su questo documento perché consente di rilevare un problema di potenziale incomprensione del progetto di Magistretti. Escludendo l’ipotesi di un “errore di battitura” nel testo della lettera, si deve prendere atto che le preoccupazioni maggiori della Sovrintendenza erano rivolte alla “zona a monte” delle Case Rosse. I dati dimensionali sembrano dar ragione a tale interpretazione – la variante del 1966 propone 14 abitazioni nel complesso “a mare” e 26 in quello “a monte” (Tavv. 10, 11). Gli stessi disegni di progetto – planimetrie generali e “fronti a mare” – che inevitabilmente “appiattiscono” nella rappresentazione bidimensionale l’articolazione “rampante” del volume complessivo – non possono che confermare la preoccupazione della Sovrintendenza. Eppure, paradossalmente, tra i due complessi edilizi le “case a monte” sono oggi – e, probabilmente lo erano in parte anche all’epoca della costruzione –, quelle meno visibili e maggiormente integrate

con il contesto naturale circostante. Il loro ingombro e la loro distribuzione volumetrica non sono percepibili in alcun modo dalla strada comunale. Dal mare, infatti, i volumi delle abitazioni “a monte” risultano molto “contenuti”, parzialmente coperti come sono dai pini e dalle altre alberature che si elevano davanti al fronte sud e su tutto il terreno sul quale sono costruite le case. Le “case a mare”, al contrario hanno un impatto più evidente rispetto alla vista dal mare; sono poco “schermate” dalla vegetazione e più vicine alla linea di costa. L’appalto delle opere di costruzione viene assegnato all’impresa “Geom. Bagliani e Marazzato” di Sanremo, che il 12 novembre del 1966 informa il Comune di Framura dell’inizio dei lavori il 21 dello stesso mese. Vi è poi una lettera del 23 febbraio 1967, indirizzata alla Sovrintendenza ai Monumenti della Liguria e al Comune di Framura, nella quale l’ingegnere Giorgio Zini58, direttore dei lavori delle opere strutturali, segnala che: […] le opere sono iniziate da alcune settimane […] e che può essere effettuato […] il sopralluogo […] allo scopo di fissare la quota di imposta dei fabbricati. Successivamente all’apertura del cantiere, la Sovrintendenza imporrà due volte la sospensione dei lavori; la prima ordinanza viene emessa a seguito dei rilievi eseguiti dai tecnici della Sovrintendenza nel corso del loro sopralluogo effettuato presso il cantiere il 16 marzo del 1967, nel quale si è rilevato che è in corso di costruzione «… strada non autorizzata con

opere di contenimento in calcestruzzo che gravemente deturpano il paesaggio…». Viene chiesta, pertanto, la sospensione dei lavori e la demolizione della «… parte di muro in calcestruzzo dell’ultima curva»59. Si tratta60 delle opere di consolidamento della strada di accesso alle Case Rosse, che corrisponde al tratto finale di via Luigi Duina. Il secondo ordine di sospensione dei lavori porta la data del 9 ottobre 1968. In esso si segnala: […] l’esecuzione di lavori non autorizzati da questa Sovrintendenza […] essendo state le costruzioni eseguite difformi dal progetto approvato […] per dislocazione planimetrica, numero dei piani, volume…» e si ordina di «… sospendere immediatamente i lavori in corso […]61.

Dai documenti agli atti si evince che la Società “La Scogliera di Framura” presenterà poi, a Comune e a Sovrintendenza, i disegni aggiornati, completi delle integrazioni richieste, e si farà anche carico di demolire i volumi realizzati in difformità alle autorizzazioni rilasciate. Le difformità contestate dalla Sovrintendenza riguardavano alcune modifiche plani-altimetriche che si erano rese necessarie al fine di adattare i volumi di progetto, già di per sé molto articolati, a un terreno fortemente scosceso, prevalentemente roccioso e significativamente irregolare sotto il profilo orografico62. Vi è da considerare, inoltre, che la direzione dei lavori non è stata svolta da Magistretti, e ciò può aver comportato una “disattenzione” nei confronti del progetto in fase esecutiva che, sommata alle difficoltà costruttive che

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8 Copertura in “abadini alla genovese”.

richiedevano continui adattamenti, può aver determinato le discordanze rilevate dalla Sovrintendenza. Nell’ulteriore progetto di variante, datato ottobre e novembre 1967, sono presenti diverse modifiche rispetto alla versione del 1966; queste riguardano principalmente la distribuzione volumetrica delle case a monte, che, pur registrando l’incremento di una sola unità abitativa, subiscono una sensibile con-

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9 Case a monte.

trazione in termini di ingombro complessivo. Si riducono i livelli, da 10 a 9 piani abitabili, e diminuisce di un modulo la lunghezza (Est-Ovest) del complesso. Le case a mare, dove le unità abitative crescono da 14 a 16, conservano, a livello planivolumetrico, l’impianto a forma di “U” che caratterizzava la versione di progetto del 1966; non variano i livelli abitativi (6 piani), né la lunghezza complessiva dell’organismo

edilizio, misurata sull’asse Est-Ovest. I rilievi mossi e le ordinanze di sospensione dei lavori, provocano inevitabilmente attrito tra Comune e Sovrintendenza e fanno emergere la distanza di posizioni tra l’Amministrazione locale, che dimostra e dichiara di gradire il nuovo insediamento abitativo in corso di costruzione nel proprio Comune, e l’autorità regionale, che impone con il massimo rigore il rispetto di tutte le proce-

dure imposte dalle normative allora vigenti. Nel contenzioso vengono coinvolti, come la prassi richiede, la Prefettura di La Spezia e il Ministero della Pubblica Istruzione, allora competente in materia di controllo sui beni ambientali. Il rigore e la puntualità delle riserve, espresse in più occasioni dalla Sovrintendenza, vengono interpretate dal Comune come indebita intromissione. In una accorata lettera del

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10 Progetto della zona a monte, fronte a mare. Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229.

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11 Framura, zona a monte, fronte a mare. Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/93.

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1968, l’allora Sindaco di Framura Alfredo Barbieri scrive al Ministero della Pubblica Istruzione, al Ministero dei Lavori Pubblici, al Genio Civile, alla Prefettura di La Spezia, al Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche e alla Sovrintendenza ai Monumenti della Liguria, chiedendo di intervenire contro la Sovrintendenza stessa al fine di limitare l’esercizio di: […] eccesso di poteri che sta irrimediabilmente danneggiando l’economia di questa laboriosa popolazione, la quale sarà costretta […] a scendere sulle piazze per far sentire agli Organi responsabili del Governo la loro voce a tutela della loro vita e di quella dei loro figli63.

La lettera denuncia «i presunti soprusi e l’abuso di potere», a detta del Sindaco, esercitati dalla Sovrintendenza, e mette in rilievo i danni economici subìti dal Comune in termini di mancati introiti relativi alle imposte sul valore locativo, così come quelli subìti dalla popolazione di Framura per i mancati guadagni derivanti dalle attività commerciali

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attese a seguito dell’insediamento dei nuovi abitanti nelle Case Rosse. Nella lunga e articolata missiva, il Sindaco sostiene l’importanza dell’operazione immobiliare in corso di realizzazione, difende l’operato del Comune e della Società costruttrice, accusa la Sovrintendenza di voler prevaricare i poteri locali senza averne, a proprio parere, pieno titolo. Lamenta anche la richiesta della Sovrintendenza, rivolta al Prefetto di La Spezia, di «far piantonare il cantiere» in modo da esser certi che il “fermo lavori” venga rispettato64. Il Sindaco ritiene indebita la richiesta, oltre che impraticabile…65. Risulta, infine, depositata al Comune di Framura un’altra serie di disegni, che riporta la data di luglio 1969. Queste tavole sono una rappresentazione abbastanza fedele di quanto realizzato; solo alcune difformità sono riscontrabili nel tracciato della strada interna che attraversa le “case a monte” così come in altri trascurabili dettagli. Si tratta della versione di progetto consegnata anche alla Sovrintendenza che risponde, nell’aprile del 1970, dando disponibilità al rilascio del proprio “nulla-osta”66.

Fallita l’impresa “Geom. Bagliani e Marazzato” di Sanremo, le opere di completamento67 vengono affidate alla società “Prospero Barbieri” di Framura. Nel dicembre del 1970 vengono consegnati al Comune il collaudo delle opere di cemento armato68 e la dichiarazione di fine lavori69. Nei mesi seguenti vengono espletate le ulteriori pratiche70 fino a giungere all’11 aprile 1972, data nella quale il Sindaco del Comune di Framura rilascia il documento con il quale si dichiara l’“abitabilità” della costruzione a datare dal 31 marzo 197171. Nella documentazione depositata presso il Comune di Framura, così come in quella archiviata presso la Fondazione Vico Magistretti, curiosamente non vi è traccia di relazioni a firma del progettista che illustrino le diverse versioni di progetto. Le vicende di carattere amministrativo che hanno accompagnato il progetto sono state dunque abbastanza complesse, al punto che, anche a seguito del rilascio da parte del Comune della “dichiarazione di abitabilità”, vi è ancora uno scambio di corrispondenza tra la Sovrintendenza, il Comune, la Società co-

struttrice e anche il Ministero della Pubblica Istruzione. Motivo del contendere sono le presunte difformità volumetriche tra progetto approvato e opera realizzata, che la Sovrintendenza chiede vengano sanate72. A conferma di quanto sostenuto, va segnalato un ultimo documento, depositato agli atti del Comune di Framura: una relazione, datata 10 febbraio 198673, che riporta sinteticamente i passaggi che la pratica amministrativa ha seguìto. La relazione è a firma del geometra Giovanni Bardi – allora responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Framura – che, insieme al vigile urbano Eraldo Arpe, è incaricato di “ricostruire” l’iter amministrativo che portò al rilascio delle licenze di costruzione per le Case Rosse. L’incipit di tale documento testimonia da solo la difficoltà di restituire in modo certo e dettagliato la vicenda autorizzativa che ha accompagnato il progetto: […] nell’impossibilità di individuare con certezza detti elaborati – progetti originari, NdA –, riferiscono in sintesi […].

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L’OPERA REALIZZATA

L

1 Studio planimetrico, maggio 1965. Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229.

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e Case Rosse di Framura sono dunque completate nella primavera del 1971, a distanza di quasi dieci anni dal momento in cui Vico Magistretti riceve l’incarico e ha inizio la progettazione (Tavv. 1, 2, 3). L’esame di quest’opera, pur nella semplicità della destinazione residenziale, richiede quasi inevitabilmente l’utilizzo di strumenti interpretativi diversi, anche se tra loro strettamente correlati. Il tratto di costa dove sono “incastonati” i borghi di Framura possiede i caratteri tipici di questa parte della Liguria, ben simboleggiati dai più noti e vicini paesi che compongono le Cinque Terre. Il terreno è molto scosceso, quasi a picco sul mare; un profilo aspro, solo in parte “tratteggiato” dai terrazzamenti che da secoli testimoniano la fatica compiuta dall’uomo per rendere produttiva una terra difficile. La zona dove sorgono le Case è quasi completamente inedificata. Le ultime costruzioni, a ovest, sono quelle di Anzo, distante un chilometro da Vandarecca, mentre a est, i primi nuclei abitati sono costituiti, lontano sulla collina, dalle case di Montaretto e Reggimonti. Qui la ferrovia corre sotto la roccia, attraversa la montagna in galleria, e l’unica strada presente è quella che conduce alle Case Rosse, e termina proprio in corrispondenza del gruppo a monte.

Proprio sotto le Case, la costa disegna una piccola e profonda insenatura: “Porto Pidocchio”. Nei primi anni Sessanta, a seguito dei lavori eseguiti dalle Ferrovie dello Stato per la realizzazione della nuova galleria in direzione di La Spezia, i detriti di scavo vengono scaricati a Porto Pidocchio, trasformando l’insenatura in una spiaggia. Le case a mare si riconoscono, salendo dalla strada, ma non se ne percepisce con chiarezza l’ingombro. I volumi delle abitazioni sono adagiati sulla roccia e disegnano un profilo a forma di ziggurat; gli ingombri dei fabbricati risultano contenuti, al punto che il filo di gronda del piano più alto delle “case a mare” emerge di soli due metri rispetto alla strada. I due gruppi di case sono circondati da pini e avvolti dal profumo di resina: intorno vi sono grandi macchie di euforbia arborea, piante di mirto corbezzolo, lentisco e le altre essenze caratteristiche della “macchia mediterranea”, con i propri colori, gli odori e le fioriture che scandiscono il tempo delle stagioni. La strada prosegue, una curva, l’ultima salita e poi un tratto piano. La strada è giunta al suo termine. A sinistra, diversi metri più in alto, si eleva il primo fronte di costruito delle “case a monte”, schermato da un filare di pini che lascia trasparire solo in parte il disegno delle facciate e gli ingombri dei volumi.

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2 Framura, schizzo di progetto. Fondazione studio museo Vico Magistretti, unità n° 497.

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3 Framura, schizzo di progetto. Fondazione studio museo Vico Magistretti, unità n° 497.

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4 Framura, alloggio tipo (variante con fianco cieco).

5 Framura, alloggio tipo, variante 2 (fianco cieco),

Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/9.

Le unità abitative, come da progetto di variante del 1967, risultano essere 16 nel complesso a mare e 27 in quello a monte (Tavv. 4, 5, 6). La distribuzione planimetrica delle Case è tracciata con rigore su di una maglia reticolare di passo 5×5 metri (Tav. 7); l’interpiano è fissato a 3,30 metri. Questo schema compare fin dai primi schizzi planimetrici di

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progetto, e finisce col rappresentare quasi uno “scalimetro” per l’interpretazione dimensionale dei disegni stessi. Magistretti aveva già utilizzato la stessa “maglia” nel progetto per il complesso residenziale “Marina Grande” e de “il Roccolo” nella pineta di Arenzano (1960-1965)74 (Tavv. 8, 9).

Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/10.

Il tema del quadrato, riferito al “tracciato ordinatore”, e inteso anche come modulo di organizzazione spaziale, è un tema ricorrente nelle architetture di Magistretti: negli stessi anni in cui progetta le case di Framura, ritroviamo questa “cifra” nella casa Gardella ad Arenzano (1963-1964), nella casa Cassina a Carimate (1964-1965),

nella torre per abitazioni di piazzale Aquileia a Milano (1962-1964). Una costante che si radica nel metodo progettuale al punto da caratterizzare anche le opere del periodo maturo di Magistretti e, fra queste, la Scuola media a San Daniele del Friuli (1976-1978), la Facoltà di Biologia di via Celoria a Milano (1978-1981)75,

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6 Framura, alloggio tipo, variante 3.

7 Pianta dell’alloggio tipo.

Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/9.

il progetto, non realizzato, per gli edifici d’abitazione in piazzale Dateo a Milano (1983-1985)76. La struttura portante della costruzione riflette, inevitabilmente, la geometria del reticolo di tracciamento. Il telaio “pilastri-travi” di cemento armato si definisce, a livello tridimensionale, seguendo

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lo schema planimetrico dei moduli costituenti il “tipo edilizio” e assecondando l’orografia della roccia che costituisce la fondazione delle case. Le travi sono del tipo “ribassato” in corrispondenza dei solai di calpestio degli alloggi77, e del tipo “a spessore” per gli impalcati di copertura degli stessi.

Non sono stati realizzati giunti di dilatazione nelle case a mare così come in quelle a monte. Le case a mare si sviluppano complessivamente su 6 piani abitabili; quelle a monte su 9. La scelta progettuale di contenere l’emergenza del costruito nel limite di due, tre

piani fuori terra per modulo di sezione, significa che la superficie coperta occupata dalle abitazioni è notevole rispetto al volume complessivo, tutto sommato modesto. Gli appartamenti, come detto, sono tutti uguali tra loro – salvo qualche eccezione – a mare e a monte.

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8 Pianta delle abitazioni de “il Roccolo” nella pineta di Arenzano (1960-1965).

Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 205.

Il “tipo edilizio” coincide con la singola abitazione; è definito dall’aggregazione di tre moduli spaziali (da 5×5×3,3 metri ciascuno) dalla caratteristica forma a “L”, ed esprime un’elevatissima funzionalità soprattutto se valutata in relazione alla superficie occupata. Anche se il reticolo di tracciamento corrisponde a quello utilizzato per i progetti di Arenzano, a Framura, e ciò vale soprattutto per le case a monte, il ripetersi, del “tipo” in modo quasi privo di variazioni, dà luogo a un impianto architettonico molto articolato e meno rigido, dove, nonostante le difficoltà rappresentate dall’irregolarità della superficie di appoggio delle costruzioni, ciascuna casa ha una veduta totale sul mare e sulla costa circostanti.

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Nel corso degli studi preliminari sull’alloggio compiuti da Magistretti sono state sviluppate diverse proposte prima di giungere alla versione definitiva adottata per l’intero complesso78. Le varianti si riferiscono e confermano sempre il “tipo edilizio” adottato e differiscono tra loro per la distribuzione interna degli spazi e per numero e dimensione delle aperture verso l’esterno (Tav. 10). Nel gruppo delle case a mare sono presenti diverse unità (6 su 16) accostate fra loro, a due a due, lungo il fianco della “L” (Tav. 7); i locali bagno di questi alloggi risultano quindi privi di finestre. Nei disegni di studio degli alloggi – datati 10 novembre 1964 – con fianco cieco, nel bagno79 è indicata, con linea tratteggiata, un’a-

9 Pianta delle abitazioni de “il Roccolo” nella pineta di Arenzano (1960-1965).

Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 205.

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10 Part. sez. orizzontale sul balcone, fronte a mare. Fondazione studio museo Vico Magistretti.

sola a soffitto con la scritta “illuminazione dall’alto”. Il sistema di illuminazione zenitale non è stato realizzato, ma in fase di costruzione sono stati installati dei canali di ventilazione che sfociano superiormente in corrispondenza del fronte dei terrazzini delle unità sovrastanti, all’interno di due grandi camini posti ai lati delle porte finestre del soggiorno (Tav. 11). Tutte le unità delle case a monte, invece, seguono uno schema di aggregazione più “aperto”, tale da permettere a ciascuna abitazione di avere sempre i fronti esterni e interni della “L” liberi, e quindi finestrati. Ciò significa dunque alloggi con quattro esposizioni distinte. Le unità abitative, nel gruppo a monte, sono infatti indipendenti o accorpate tra loro solo mediante l’accostamento dei “frontespizi corti” – che corrispondono ai terminali est e ovest delle “L”. Le poche altre varianti tipologiche riguardano alcuni alloggi che sono costituiti da 2 soli moduli (pianta da 5×10 metri) e altri (6 alloggi nelle “case a mare” e 12 in quelle “a monte”) che sono invece dotati di logge.

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Le logge altro non sono che moduli da 5×5 metri, coperti, con uno o più lati aperti verso il mare che, unite all’alloggio, definiscono una pianta a forma di “Z”. Negli anni passati, nel gruppo delle case a mare, diversi terrazzi “a tasca” sono stati ampliati rispetto al disegno originario e alcune logge sono state “chiuse” mediante il tamponamento delle aperture con nuovi serramenti. La distribuzione interna dell’alloggio tipo ricalca lo schema del progetto originario, quello del 1965, nel quale era prevista la realizzazione di 12 unità abitative. L’ingresso avviene direttamente nel locale di soggiorno: da qui due porte finestre consentono di accedere al balcone o al terrazzino “a tasca” ricavato nella copertura del modulo sottostante (Tav. 12). A lato del soggiorno vi sono due piccole camere (m 2,30×2,30 circa), ciascuna dotata di finestra, una rivolta a mare e una a monte80. Sul lato opposto, dal soggiorno si accede a un disimpegno che distribuisce i restanti locali. Sono presenti una camera matrimoniale, an-

11 Sez. E-E, sezione verticale sui camini di ventilazione dei bagni ciechi.

Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/54.

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12 Framura, zona a mare, part. sezioni verticali A-A, B-B, C-C.

Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/53.

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ch’essa con finestra esposta a sud – o con porta finestra in caso di terrazzo “a tasca” –, un locale cucina, due bagni e un’ultima camera posta lungo la testata nord dell’appartamento. Cucina e bagni sono dotati di finestra – a eccezione delle unità affiancate delle case a mare; la camera a nord è dotata di una o due finestre, o di porta finestra nel caso di presenza della loggia. L’elevata funzionalità degli spazi e la buona dotazione di servizi in rapporto alla contenuta superficie dell’appartamento si spiegano grazie al particolare impianto planimetrico dell’unità abitativa, dove le pareti di facciata, i fronti con finestre, distano tra loro appena cinque metri – interasse struttura e tamponamenti –, misura inconsueta nelle tipologie residenziali dove la profondità del corpo di fabbrica è mediamente pari a dodici metri circa. I parapetti dei balconi, così come quelli delle logge, sono realizzati in muratura e “bucati” da una greca di fori quadrati (cm 20×20) che restituisce un poco di trasparenza nella vista dall’interno dei soggiorni e delle logge. Ciascun alloggio è dotato di una “cantina”: tali locali sono posti in prossimità degli appartamenti e generalmente sono ricavati nei moduli di fondazione delle unità abitative. Gli elementi di linguaggio architettonico utilizzati per il progetto di Framura si richiamano ai caratteri ambientali tipici della tradizione ligure. Vi è un uso diffuso dell’ardesia che riveste le coperture, eseguite secondo la tecnica detta “tripla in abbadini alla genovese”, e che protegge i perimetri dei canali di gronda; la stessa pietra è stata poi utilizzata per tutti i contorni e i davanzali delle finestre, per le soglie delle porte, per rivestire le scale.

Le persiane alle finestre e il rosso scuro delle facciate, con la riga bianca appena sotto le lastre di ardesia del tetto che “segna” il limite tra rosso e cielo, ne sono un altro esempio certo. Accade poi che l’uso delle tecniche e dei materiali del luogo diventino occasione di riflessione e di invenzione, come avviene per il disegno delle “cornici” delle finestre. Magistretti riquadra le aperture con lastre di ardesia di spessore consistente81; fianchi e davanzale aggettano dalla facciata per una profondità di 37 centimetri82 in modo da “contenere”, senza che sporgano oltre la pietra stessa, le persiane di legno, quando aperte. Dall’interno delle abitazioni la profondità visibile delle lastre è ancora maggiore perché si somma allo spessore del tamponamento di facciata in quanto i serramenti sono installati sul filo interno delle murature: lo sguardo verso il mare è quasi “guidato” dalle cornici di pietra che inquadrano, come il paraluce degli obbiettivi delle macchine fotografiche, vedute e scorci del paesaggio circostante, sia verso mare sia verso la pineta che circonda le case. Nel disegno dei prospetti, le lastre di pietra in aggetto proiettano ombre sulle facciate e creano un effetto tridimensionale che caratterizza in modo significativo la composizione dei prospetti stessi. «Ho fatto delle finestre abbastanza belle»83 commenterà con garbata modestia Magistretti, parlando a proposito delle Case Rosse di Framura (Tav. 13, 14, 15). I serramenti, come le persiane, sono di legno verniciato e le porte finestre sono a un’unica anta mentre le finestre hanno due

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ante asimmetriche (1/3 e 2/3)84, con la più stretta a fare da anta primaria. Questa soluzione consente85 di aerare i locali riducendo al minimo il disagio costituito dall’ingombro dell’anta aperta. Analoga attenzione è rivolta alle finestre più piccole, prive di cornici di pietra aggettanti, e destinate a bagni e cucine. Qui l’altezza del davanzale è impostata a cm 130 circa da terra in modo da consentire di attrezzare – con mobili di cucina o con gli apparecchi sanitari – anche la porzione di parete sotto finestra dei piccoli locali di servizio. Nei disegni dei prospetti compaiono poi, ripetute più volte, aperture di grande dimensione a forma di semicerchio (Tav. 16): si trovano nel porticato inferiore delle case a mare, e nei disegni di progetto del piano più basso delle case a monte – anche se poi, qui, non realizzate –, nel porticato corrispondente all’arrivo della strada interna alle case a monte e alle spalle di alcune logge, sempre delle case a monte. Si tratta di un’altra “cifra” ricorrente nelle opere di Magistretti, che è facile ritrovare tanto negli interni che nei prospetti di molte delle sue architetture. Se dunque i riferimenti alla tradizione locale sono identificabili nell’uso dei materiali o nell’adozione di alcune tecniche antiche, va riconosciuto che non si tratta di architettura vernacolare. Il mancato rispetto delle rigide regole della semantica modernista, già messo in atto nel progetto per Casa Arosio ad Arenzano e qui amplificato dall’introduzione della copertura a falde (Tavv. 17, 18, 19), il “tetto alla ligure”, risulta comunque un fatto subordinato rispetto alla struttura complessiva della proposta.

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È evidente la radice moderna di Magistretti, il quale non cede alla tentazione di un facile mimetismo recuperando modelli più o meno suggestivi di architettura regionale. Con lucidità e intelligenza elabora uno schema urbanistico fortemente contestualizzato (Tavv. 20, 21, 22, 23, 24, 25); sviluppa la ricerca tipologica definendo un alloggio altamente funzionale nell’ambito di una dimensione tutto sommato contenuta. Fissa un limite di altezza dello skyline del costruito come regola di rispetto nei confronti di un contesto ambientale così particolare e sensibile; stabilisce, infine, un criterio di moltiplicazione del “tipo” che, sviluppandosi secondo uno schema strutturale semplice, determina una composizione volumetrica di grande varietà e ricchezza (Tavv. 26, 27, 28, 29). Un’architettura “costruita” nel suo farsi secondo le regole di un “sistema aperto” dove le costanti sono il modulo, il “tipo” e il sistema di aggregazione, che è poi insito nel modulo stesso. Una buona dose di genialità, quella che ha reso Magistretti un “grande” del design, unita a colta consapevolezza e “capacità di lettura” dei caratteri del luogo. Solo così si spiega l’idea di queste case: rigide cellule geometricamente definite e aggregate fra loro secondo le precise regole dell’ordine e dell’architettura. Il tutto inquadrato in uno schema che evoca i migliori insegnamenti dell’esperienza moderna e che finisce, quasi paradossalmente, col diventare la straordinaria allegoria di un borgo medioevale costiero. Le diverse varianti del progetto testimoniano la continua revisione della conformazio-

ne del “tessuto edilizio”. Ciò vale soprattutto per le case a monte, dove lo schema aggregativo è stato probabilmente condizionato dalla necessità di continuo adattamento al terreno incontrata nel corso della costruzione. Il gruppo di abitazioni avrebbe potuto essere anche ulteriormente sviluppato, dando luogo a un tessuto più complesso, ramificato secondo la progressiva addizione di unità abitative, senza con ciò compromettere il principio fondativo di questa architettura. Le Case Rosse vengono progettate e realizzate negli anni in cui il dibattito architettonico è focalizzato sulle problematiche relative al rapporto tra architettura e contesto storico. Il tema delle “preesistenze ambientali”, tanto caro a Rogers ha occupato una posizione fondamentale nel vivace confronto sul destino e sul futuro dell’architettura moderna sviluppatosi durante tutti gli anni Cinquanta e, soprattutto in Italia, non del tutto esaurito. La ricerca di un “dialogo con l’intorno” qui a Framura si spinge ben oltre quanto sperimentato da Magistretti con casa Arosio, che tanto fece discutere i partecipanti al ciam del 1959 a Otterlo. Il tema progettuale è diverso, per dimensione, per contestualizzazione e per complessità. A Framura Magistretti individua nella centralità del tema del “rapporto con il luogo” la misura del confronto. A partire dal dichiarato rifiuto verso la tipologia della “villa”, decide di “radunare”86, di “creare un piccolo borgo”, il cui disegno e le cui forme sono dettate dal genius loci. Il luogo è la sua storia, e questo spiega il significato, per Vico Magistretti, di guarda-

re alle Cinque Terre come «… villaggi tutti attaccati…» e del riferirsi alle Case Rosse affermando: […] come ho fatto io a Framura, una specie di fortezza, una casa sopra l’altra […]87.

In questa idea di “case raccolte a creare un piccolo borgo” troviamo il senso, la qualità e il valore dell’intero progetto, la cui essenza non risulta, alla fine, neppure scalfita dalle modifiche e “alterazioni” imposte al progetto stesso nel corso della sua realizzazione. Il “tessuto connettivo” che collega le abitazioni nei due gruppi di case è coerente all’impostazione urbanistica del progetto. Gli accessi alle abitazioni sono costituiti da percorsi pedonali che si distribuiscono intorno al costruito secondo un disegno irregolare, organicamente subordinato alla geometria del rilievo roccioso (Tavv. 30, 31, 32). Si tratta di percorsi scalinati, larghi poco più di un metro, pavimentati con lastre di ardesia e affiancati da parapetti di cemento armato a vista che seguono le pendenze del terreno, disegnando un profilo “gradonato” irregolare. Nei disegni di progetto il sistema dei percorsi si trasforma progressivamente, assecondando le modifiche planimetriche che distinguono le diverse varianti progettuali. I molteplici percorsi raggiungono ciascun alloggio concludendosi, il più delle volte, con dei tratti orizzontali, delle sorte di ballatoi che sbalzano dai fabbricati. L’idea del “piccolo borgo” è meglio rappresentata nelle case a monte che sono attraver-

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sate anche da una strada interna, gradonata, e rivestita di pietre a spacco. Questa si snoda, come un antico carrugio, lungo l’intero complesso, ramificandosi, nel suo sviluppo, nei diversi percorsi scalinati, crêuze de mä, che portano agli alloggi. Certe architetture andrebbero raccontate per immagini e sensazioni, ma anche così la loro descrizione sarà sempre elusiva: senza l’odore della pineta e il rumore del mare, senza il racconto dei percorsi, dei colori al tramonto e delle siepi di rosmarino che fiancheggiano “quasi invadenti” le crêuze interne, lungo le quali si moltiplicano le prospettive nel continuo mutare dell’orizzonte e del costruito.

13 Case a monte, corpo inferiore.

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14 La cornice di ardesia della finestra.

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15 Vista verso sud.

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16 Case a mare finestre del livello inferiore.

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17 Case a mare.

18 Case a mare. 19 A fronte: Case a mare in primo piano e case a monte sullo sfondo.

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20 Case a monte.

21 Case a mare.

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22 Case a monte, corpo inferiore.

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23 Le Case Rosse di Framura viste dal mare.

24 Alle pagine seguenti: il complesso

delle Case a mare, fronte a sud.

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25 Framura, Case a monte,

il fronte a sud.

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26 Case a monte, il fronte sud del corpo inferiore.

27 Case a monte, corpo inferiore.

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28 29 Alle pagine successive: Case a mare, e piante rampicanti sulle facciate delle case a monte.

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30 Case a monte, i percorsi di accesso alle abitazioni.

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31 Case a monte, la strada interna.

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32 Case a monte, la strada interna.

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planimetrie e disegni


1 Pianta “alloggio tipo” con loggia.

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2 Planimetria generale.

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3 Case a mare, pianta delle coperture.

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4 Case a mare, pianta a quota + 61,60.

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5 Case a mare, fronte est.

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6 Case a mare, fronte sud.

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7 Case a monte, pianta delle coperture.

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8 Case a monte, pianta a quota + 116,46.

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9 Case a monte, fronte sud.

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10 Case a monte, sezione trasversale.

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11 Case a monte, fronte est.

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12 Case a monte, fronte ovest.

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Intervista a Vico Magistretti tratta da:

«LE CINQUE TERRE VISTE DALLA LUNA

conversazioni con vico magistretti, ippolito pizzetti, franco cordelli» A cura di Roberto Andreotti e Federico De Melis*

Qual è il vostro rapporto personale con le Cinque Terre: quando è nato, come si è caratterizzato nel corso degli anni? V. M.: Io ho avuto la fortuna, l’opportunità di lavorare alle Cinque Terre, cioè di crearmi un angolo di mondo che poi è uno dei posti più belli del mondo: molto sconciato dal golfo di La Spezia, che è stupendo ma che è stato sconciato anche in una maniera esagerata; fra l’altro a La Spezia ha fatto un bel Palazzo di Giustizia un mio carissimo e fraterno amico, Ignazio Gardella. Io ho avuto la fortuna di lavorare a Framura, che è un po’ la “prima” delle Cinque Terre, un’ante Cinque Terre proprio attaccata, verso Genova; mi interessa molto parlarne, non tanto per il lavoro bello o brutto che sia stato… io sono sempre stato colpito particolarmente dal fatto che il Mediterraneo, che conosciamo tutti, dalla Spagna fino a noi è stato un teatro di sconcezze * Le Cinque Terre viste dalla Luna. Conversazioni con Vico Magistretti, Ippolito Pizzetti, Franco Cordelli, Società Editrice Buonaparte, Sarzana 2005, con il contributo della Cassa di Risparmio di La Spezia SpA.

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non così comune al mondo, in particolare in Italia: è proprio anche una certificazione di una classe politica di basso livello intellettuale. All’inizio degli anni Sessanta, mi è capitato dunque di poter progettare qui qualche cosa di cui avevo abbastanza ignoranza, per delle persone che non conoscevo: avevano questo terreno e intendevano costruire questo insieme di case: le ha pubblicate di recente su Domus Stefano Boeri (Domus n° 866, gennaio 2004, NdA).

A quando datano precisamente queste case? V. M.: Datano al 1962-1963, pressappoco. Ora, cosa è successo? Dovendo io affrontare questo tema, ne parlai con la Sovrintendenza di Genova, c’era della gente intelligente che mi ha aiutato; il merito mio è di avere intuito ante litteram, quindi un merito abbastanza da “trovatore”, più che da intellettuale… Però quello che ho sempre notato, da allora in avanti, è che la vera rovina delle coste italiane – a parte i “trenta metri” dei geometri che hanno popolato tutta la Liguria – è stata provocata soprattutto dalla tipologia edili-

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zia della villa, il peggio del peggio della cultura italiana. Montemarcello, dove ho casa, è stato salvato per miracolo, non italiano evidentemente… la villa è una tipologia edilizia che ha incarnato il peggio della cultura italiana.

Ma la villa di Neutra ci piace. V. M.: Ne ho fatte anch’io di ville, però ho cercato di non fare delle gran porcate […] si dovrebbero non fare ville per non rovinare le coste italiane.

E quali sono gli elementi intrinseci che non funzionano, nella villa? V. M.: La ricchezza improvvisata. La funzione di testimonianza… la villa ha esercitato come un fascino maligno, è stata fatta da una classe professionale particolare: diciamo, per usare una parola assolutamente non vera, i geometri.

Non è il caso, per restare sulla costa, di billa Agnelli a Levanto, o di casa Montale a Monterosso… V. M.: Per conto mio la più bella costruzione italiana in questo senso è la villa Malaparte a Capri, quella di Libera.

Architetto, per il progetto di Framura che problemi ha dovuto risolvere? Quale tipologia edilizia ha scelto? V. M.: Non ho fatto una villa! Sta’ attento: pressappoco mi ricordo che abbiamo dovuto fare un gruppo qui e un gruppo lì di 2 o forse 3 appartamenti; automaticamente, io non li ho fatti diventare delle ville: perché una cosa che trovo meravigliosa, in questa zona, sono quei paesini nati attorno al Due-Trecento, tutti radunati – perché costava un sacco di soldi fare delle mura e si doveva stare tutti attaccati; era un sistema difensivo… La Sovrintendenza di Genova mi ha aiutato molto, cioè ha capito che non volevo fare un gruppo di ville e così ho realizzato delle casotte; non per fare il bauscia, ma credo che sia una delle cose più belle… lo dico con vera umiltà, non è stato gran merito mio: sì, ho fatto delle finestre abbastanza belle, ma il “radunare” è stata proprio una reazione allo schifo delle coste italiane. In fondo le Cinque Terre che cosa sono? Dei villaggi tutti belli attaccati; sono delle località, potrebbero essere il centro di una cittadina enorme in giro, invece sono tutti villaggetti… Ci danno un grande insegnamento, perché quando li vedi da qui, da lontano, ma anche più da vicino, non ti viene neanche in mente di esprimere un giudizio architettonico: è un organismo “pre-architettonico”, dove l’architettura ha meno importanza in quanto si tratta di un edificio popolare.

E come interpretava la tipologia-villa? V. M.: La tipologia era questa terrazza sul mare, questa enorme scala nell’aria che saliva, e lui che ci andava in bicicletta…

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V. M.: Le piante. Il bosco che c’è in giro e che in mezzo nasconde queste case, mi hanno detto che sta molto bene visto dal mare, dalla barca. La pendenza è così, il mare è qui, le case sono qua, a cento metri, e ci devi scendere; le piante sono cresciute benissimo anche perché qualcuna l’hanno tagliata, il resto l’hanno tenuto, sembra una costruzione fatta cent’anni fa, cioè “casuale” e poi ho usato il colore rosso al posto del bianco.

A proposito del rosso, la riviera ligure le ha suggerito dei materiali, in particolare? V. M.: Ho sempre usato con molto piacere la lavagna, io l’adoro. Come riparo dalla pioggia, senza il cattivo gusto delle cose metalliche, la puoi utilizzare anche per coprire le persiane.

Ma l’idea di ligusticità come difesa non è un po’ oleografica, non bisogna smontarla un po’ questa immagine, Magistretti? V. M.: Sì, però se tu guardi queste montagne che abbiamo qui, perché sono belle? Perché sono piene di fortezze, tutte molto limitate, perché dovevi vedere chi arrivava di qua o chi arrivava di là o chi veniva su diretto qui, per sparargli subito, capisci? È quello che mi ha affascinato…

…da subito? Magistretti, quali sono gli elementi del paesaggio ligure che ha dovuto tenere in considerazione progettando Framura?

V. M.: No, non da subito: me ne sono accorto dopo, quindici, vent’anni dopo, quando Domus mi ha chiesto di pubblicare le mie case rosse

di Framura, che è abbastanza la Liguria, che la caratterizza rispetto, per esempio, a delle volgarità terribili che trovi nell’altra riviera, molto più frequentata, atroce: l’ingresso a Rapallo è una delle cose più oscene che tu possa pensare.

In che misura le Cinque Terre rappresentano la ligusticità? Sono la quintessenza della ligusticità, o c’è uno scarto rispetto alla ligusticità? V. M.: Io credo che siano una quintessenza, infatti è una cosa che è diventata patrimonio dell’umanità per la bellezza, però, in definita sono poco frequentate; c’è un trenino – io non ci sono mai andato – che passa di lì, e guarda che molta gente che sta lì, è gente che sta lì da generazioni… Io lavoro da molti anni con una fabbrica di cucine, la maggioranza vengono dalle Cinque Terre…

Gli operai? V. M.: Sì, bravi, intelligenti, ci lavori con gran piacere, e capisci comunque che è gente cosciente della preziosità del posto in cui abita: le Cinque Terre sono straordinarie perché sono costruite così; bisogna essere pazzi per costruire lì, per un certo verso; cioè, quando tu costruisci sei già portato – senza nessun tuo merito – a fare come ho fatto io a Framura, una specie di fortezza, una casa sopra l’altra. F. C.: Magistretti, torniamo un attimo sulla questione della speculazione edilizia; lei ha dato una spiegazione marxista giusta, secondo me, e cioè: chi ha fatto i soldi in Italia negli anni Cinquanta e Sessanta? Gli industriali milanesi e torinesi, e la prima cosa è stata farsi la villa: dove? Nel posto

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più vicino che avevano, in Liguria. Ma è sufficiente questa spiegazione? Cioè, era il posto più vicino ma era anche il posto più scorbutico, per farsi una villa. V. M.: Infatti non ne hanno fatte tante, perché ancora oggi, per fortuna nostra, rimangono quelle… Guarda, adesso dovrei fare un centro città in uno dei villaggi di qui, niente di speciale… Quello di cui mi sono preoccupato è che loro vedano la cima delle montagne, delle colline, prima del mare. In fondo mai nessuno ha celebrato queste montagne come un coté diverso di una grande bellezza…

Sono più segrete, no? V. M.: Sono più segrete.

Anche in questo suo progetto pare di cogliere il suo democratico understatement: un profilo a cui nessuno aveva pensato, o che era stato scartato… V. M.: Scartato! L’asse elio termico, per esempio: ma chi se ne importa dell’asse elio termico, “sei un po’ orientato a Nord”, e chissenefrega! E questo razionalismo disperato, che è stato vinto anche da alcuni milanesi di generazione precedente la mia, Ignazio Gardella, il Gigi Caccia…

Le Case a monte.

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apparati


Framura, fronte a mare. Fondazione studio museo Vico Magistretti, segnatura 229/24; Fondazione studio museo Vico Magistretti.

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Note

Obrist H.U., «Intervista a Vico Magistretti», in Domus n° 866, 2004. 2 Andreotti R. e De Melis F., «Magistretti in riviera» in Alias, n° 41, 2006. 3 Andreotti R. e De Melis F. (a cura di), Le Cinque Terre viste dalla luna. Conversazioni con Vico Magistretti, Ippolito Pizzetti, Franco Cordelli, Società Editrice Buonaparte, Sarzana 2005. 4 Per gentile concessione degli Autori. 5 Portolano, ed. 1983. 6 Irace F., 1999. The Italian vision. L’architettura di Vico Magistretti, in Irace F. e Pasca V. Vico, Magistretti, “Architetto e designer”, Electa, Milano 1999. 7 «[…] devo anche dire che la formazione del nostro lavoro è stata, per me, molto influenzata dalla scuola, non tanto dalla scuola d’architettura, che io ho frequentato un pochino durante la guerra e poi più, ma dalle persone che ho incontrato in quel periodo e in particolare una persona… D: chi era questa persona? R: Ernesto Nathan Rogers, del gruppo b.b.p.r. che ha progettato poi la torre Velasca. Lui ci dava delle informazioni e ci dava delle aperture su una cultura che noi non conoscevamo. Io ho letto Borges e ho letto anche Hemingway, allora non sapevo chi fosse Hemingway, capisci?...». Tratto da: Lezioni di design, Rai Educational, L’age d’or del design italiano. 8 QT8 (Quartiere Triennale 8) – quartiere sperimentale progettato in occasione dell’viii Triennale di Milano del 1947, sotto la guida dell’architetto Piero Bottoni, commissario straordinario della Triennale. 9 Msa – Movimento di Studi per l’Architettura – gruppo costituito a Milano nel 1946. 10 Il primo progetto della chiesa risale al Concorso del 1947 11 Tra queste, la parete curva di mattoni posati “a gambetta”, utilizzata per risolvere problemi di acustica interna. 12 “Una torre per abitazioni al Parco di Milano” in Casabella continuità n° 217 del 1957. Nell’incipit della presentazione del progetto è riportata una precisazione dei progettisti dove è segnalato che il colore originario del rivestimento esterno – graniglia di porfido su due toni di colore rosso e bruno scuro – è stato sostituito con intonaco grigio a opera 1

Framura, disegno di studio, fronte sud delle Case a mare. Fondazione studio museo Vico Magistretti.

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quasi terminata per «…imposizione della Società proprietaria e con grave loro rammarico…». 13 Obrist H.U., «Intervista a Vico Magistretti», in Domus n. 866, 2004. 14 Pedio R., «Linea lombarda: opere di Vico Magistretti», in L’Architettura cronache e storia, n° 57, 1960. 15 Da Casabella continuità, n° 213, novembre-dicembre 1956. 16 Irace F. e Pasca V., Vico Magistretti architetto…, cit., pp. 52-53. 17 Il progetto di Legge per “incrementare l’occupazione operaia” del 1949, chiamato “Legge Fanfani” prevedeva una durata settennale, prorogata poi di altri sette anni, fino al 1963. 18 Irace F. e Pasca V., ivi, pp.12-13. 19 Rogers E.N., «Casa Arosio nella Pineta di Arenzano», in Casabella continuità, n° 234, 1959. 20 Pasca V., Vico Magistretti. L’eleganza della ragione, Idea Books, Milano 1991, p. 53. 21 Cfr. “L’ultimo convegno dei Ciam”, p. 100 in , in De Carlo G., Gli spiriti dell’architettura, Editori Riuniti, Roma 1992. 22 «...i Ciam sono stati uno strumento di progresso per il Movimento moderno architettonico nella prima fase della loro esistenza, fino alla promulgazione della Carta di Atene. Dopo di allora sono divenuti uno strumento di regresso: un’arma ronzante dove il formalismo si distillava soavemente in accademia» – cfr “Memoria sui contenuti dell’architettura” presentata da Giancarlo De Carlo al Ciam di Otterlo in De Carlo G., Gli spiriti…, cit. 23 Banfi e Belgiojoso, a causa della loro partecipazione alla Resistenza antifascista, vennero deportati nel campo di Mauthausen, dove Banfi morì. 24 Come riferisce Protasoni S., «Il Gruppo Italiano e la tradizione del moderno» in Rassegna, n. 52, 1992. 25 In Casabella continuità, n° 202 del 1954. 26 In Casabella continuità, n° 216 del 1957. 27 In Casabella continuità, n° 232 – Ottobre 1959. 28 In Casabella continuità, n° 228 – Giugno 1959. 29 Protasoni S., Il Gruppo Italiano e…, cit., p. 30. 30 Tafuri M., Storia dell’architettura italiana. 1944-1985, Einaudi, Torino 1982, p. 39. 31 Rogers E. N., Gli elementi del fenomeno architettonico, Guida Editori, Napoli 1981, p. 49. 32 Louis Kahn tenne la conferenza conclusiva al Ciam di Otterlo dal titolo New frontiers of the architecture. 33 Rogers E.N., «Country club a Carimate», in Casabella continuità, n. 255, 1961. 34 L’adi assegna il “Compasso d’Oro” a Magistretti nel 1967 per la lampada Eclisse prodotta da Artemide – nel 1979 per la lampada Atollo prodotta da Oluce e per il divano Maralunga (Cassina). Nel 1995 viene premiato con il Compasso d’Oro alla carriera. 35 Casa per abitazione e uffici in Via Leopardi a Milano – 1958-61 – con Guido Veneziani.

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Ponti G., «Una casa di Magistretti, in collina» in Domus n° 409, 1963. 37 Pasca V., Vico Magistretti. L’eleganza…, cit., p. 25. 38 Tratto dall’intervista di Vanni Pasca a Vico Magistretti in Pasca V., Vico Magistretti. L’eleganza…, cit., p. 55. 39 Edificio dove si trova, al piano rialzato, lo Studio di Magistretti. 40 Progetto svolto in collaborazione con Francesco Soro. 41 La superficie di ciascuno dei 45 lucernari è pari a mq 70.00 circa. 42 Obrist H.U., intervista a Vico Magistretti…, cit. 43 Con Duina ci sono: Angelo Verderi, i fratelli Bellini e Ugo Gregorini. 44 La Cogesta S.p.A., società della quale Verderi è Presidente del CdA, ha realizzato, tra l’altro, l’edificio di via Conservatorio, 22 a Milano. 45 In quegli anni il porticciolo di Framura ancora non esisteva (NdA). 46 Si tratta della Tav. 229/1: il progetto per le Case Rosse di Framura è catalogato allo Studio Magistretti con il n. 229. 47 Si tratta della Tav. 229/2 dal titolo “Studio di lottizzazione Scogliera di Framura”. 48 Richiesta di licenza di costruzione depositata al Comune di Framura – protocollo n° 1990 del 12.6.1965. 49 Ibidem. 50 Ibidem. 51 Ibidem. 52 Le copie dei disegni presenti nell’archivio del Comune di Framura si riferiscono alla “planimetria generale” (Tav. 229-13), alle piante dei 5 livelli di abitazioni (Tavv. 22914,15,16,17,18), “sezione A-A e fronte a ponente” (Tav. 22919), “fronte a mare” (Tav. 229-20). 53 È probabile che Magistretti pensasse, fin dal primo progetto, di utilizzare gli abadini di ardesia per la copertura – “il tetto alla ligure” imposto dalla Sovrintendenza ai Monumenti della Regione Liguria in occasione del rilascio di nullaosta per il progetto di Variante (lettera della Sovrintendenza indirizzata al Comune di Framura e al Ministero della Pubblica Istruzione del 10.9.66). 54 Nella documentazione depositata presso il Comune di Framura così come presso l’Archivio Studio Magistretti, non compaiono documenti, a firma della Proprietà o di Magistretti, che illustrino i contenuti della variante in oggetto. 55 Lettera della Sovrintendenza ai Monumenti della Liguria, indirizzata al Comune di Framura e al Ministero della P.I., datata 10.9.66 e riferita alla richiesta di autorizzazione del progetto di variante presentato nel maggio del 1966. Nella lettera la Sovrintendenza rilascia il proprio nullaosta subordinandolo al rispetto di svariate condizioni tra le quali quelle riferite ai materiali da utilizzare per gli esterni. 56 Lettera della Sovrintendenza ai Monumenti della Liguria, indirizzata al Comune di Framura del 18.6.66. 36

Ibidem. L’ingegnere Giorgio Zini, con Studio a Sesto San Giovanni (MI), ha redatto il progetto strutturale delle Case Rosse. 59 Come da lettera della Sovrintendenza ai Monumenti della Liguria indirizzata all’Impresa esecutrice e al Comune di Framura e datata 29 marzo 1967. 60 Come riferito dal geometra Roberto Mari, della Cogesta S.p.A. – conversazione con l’autore del 14 marzo 2012. 61 Come da ordinanza della Sovrintendenza ai Monumenti della Liguria emessa in data 9 ottobre 1968. 62 Come riferito dal geometra Roberto Mari, della Cogesta S.p.A. – conversazione con l’autore del 14 marzo 2012. 63 Lettera a firma del Sindaco di Framura, Alfredo Barbieri, indirizzata al Ministero della Pubblica Istruzione, al Ministero dei Lavori Pubblici, al Genio Civile, alla Prefettura di La Spezia, al Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche ed alla Sovrintendenza ai Monumenti della Liguria del 31.10.69. 64 Lettera della Sovrintendenza indirizzata alla Prefettura di La Spezia e al Comune di Framura e datata 2.12.1968. 65 Cfr. la lettera del Sindaco alla Prefettura di La Spezia e alla Sovrintendenza – datata 12.12.68 – nella quale si ribadisce che «…da accertamenti fatti eseguire, risulta che i lavori sono sospesi» e si comunica che «quest’Amministrazione non può provvedere a fare piantonare il cantiere avendo alle proprie dipendenze un solo vigile». 66 Lettera della Sovrintendenza ai Monumenti della Liguria – indirizzata al Comune di Framura, al Ministero della P.I., alla Prefettura di La Spezia, alla Società La Scogliera di Framura, all’arch. Vico Magistretti – e datata 27.4.1970, dove si prende atto della proposta di demolizione delle opere abusive e del progetto di conseguenti sistemazioni esterne. Si chiedono ulteriori informazioni relativamente alla strada interna alle case a monte e si propone un sopralluogo congiunto, Sovrintendenza e Comune, per la constatazione del tutto prima del rilascio del nullaosta. 67 Come risulta dal collaudo statico, datato 7 dicembre 1970, a firma dell’ing. Alberto De Negri di La Spezia. 68 Collaudo statico del 7.12.1970, a firma dell’ing. Alberto De Negri di La Spezia. La Licenza d’uso è stata rilasciata dalla Prefettura di La Spezia – Prefetto Di Giovanni – in data 7.4.1972. 69 Il documento, datato 16 dicembre 1970 e firmato dal Presidente della “La Scogliera di Framura S.p.A.” – geometra Angelo Verderi, riferisce che i lavori sono terminati il 15.12.1970. 70 Cfr. il Verbale di Ispezione a firma del medico condotto di Framura, dott. Mario Bustichi, del 20.12.1970 nel quale si dichiara che «nulla osta al rilascio del richiesto permesso di agibilità degli stabili» e Relazione tecnico-ispettiva finalizzata alla verifica dell’esistenza dei requisiti di abitabilità, redatta dal geometra Angelo Perrino in data 31.3.1971. 57 58

Data che corrisponde a quella della “relazione tecnico-ispettiva” a firma del geom. Perrino. 72 A questo proposito vanno segnalate le richieste della Sovrintendenza affinché il Committente presenti un computo-metrico comparativo tra volume approvato e quello realizzato (lettera del 4.12.72) – la risposta della Società “La Scogliera di Framura” che invia alla Sovrintendenza il computo richiesto già completo di visto del Comune (lettera del 15.1.73). Vi sono poi altri documenti, sempre agli atti del Comune di Framura, che non consentono, però, di ricostruire completamente la vicenda in quanto incompleti. 73 L’anno di stesura del documento lascia ipotizzare una richiesta del Comune finalizzata all’istruzione, da parte del Comune stesso, delle pratiche amministrative del “condono edilizio”, introdotto dalla Legge 47 del 28 febbraio 1985. 74 “MARINA GRANDE” centro a mare della pineta di Arenzano e “IL ROCCOLO” progetto per un complesso residenziale nella pineta di Arenzano – entrambi i progetti sono pubblicati su Casabella continuità n° 284 del febbraio 1964. 75 Progetto realizzato in collaborazione con Francesco Soro. 76 Progetto realizzato in collaborazione con Francesco Soro. 77 Come risulta dal collaudo statico: ci sono 59 pilastri nelle “case a mare” e 84 nelle “case a monte”. I solai sono della “Pedretti” di Milano e hanno spessore 20+2. 78 Gli studi sulle tipologie di alloggio qui pubblicati sono costituiti dalle Tavv. 229/9-10-11 del 10.11.1964. 79 La variante in oggetto propone un solo bagno; nello spazio che sarà destinato a secondo bagno è ricavata una cabina armadio. 80 In diversi alloggi queste camere non sono state realizzate lasciando spazio, così, a locali soggiorno più ampi. 81 Pari a cm 5. 82 Cm 23 nel caso delle porte finestre dei balconi. 83 Citazione tratta dalla conversazione con Vico Magistretti - riportata al termine di questo scritto – tratta da Andreotti R. e De Melis F. (a cura di), Le Cinque Terre viste dalla luna. Conversazioni con Vico Magistretti, Ippolito Pizzetti, Franco Cordelli, Società Editrice Buonaparte, Sarzana 2005, – con il contributo della Cassa di Risparmio della Spezia S.p.A. 84 Le finestre hanno una larghezza di cm 120 circa – le due ante sono quindi da cm 40 e da cm 80. 85 All’epoca non erano diffusi i meccanismi della doppia apertura, anta e ribalta. 86 Citazione tratta dalla conversazione con Vico Magistretti – riportata al termine di questo scritto – tratta da Andreotti R. e De Melis F. (a cura di), Le Cinque Terre viste dalla luna. Conversazioni con Vico Magistretti, Ippolito Pizzetti, Franco Cordelli, Società Editrice Buonaparte, Sarzana 2005 – con il contributo della Cassa di Risparmio della Spezia S.p.A. 87 Ibidem. 71

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Framura, disegno di studio, xxxxxxxxxxxx

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Regesto delle opere di architettura di Vico Magistretti

La data è quella di fine realizzazione (Archivio Studio Magistretti – Fondazione Vico Magistretti)

Data

ARCHITETTURA

1948

- viii Triennale \\ Case per reduci al QT8, Milano

1950

- Edificio per abitazioni e negozi in corso di Porta Ticinese, Milano - ina-Casa, Morbegno - ina-Casa, Chiavenna - Concorso per quartiere Fiera del Mare, Taranto

1951

1957

- Edificio per uffici in corso Europa, Milano - ina-Casa, Concesio - xi Triennale

1958

- Grande Albergo Roma, Piacenza - Casa in via Varese, Milano - Interni casa Gavazzi, Milano

1959

- Chiesa Madonna della Neve, Ravello di Rescaldina - Casa e cinematografo in via San Gregorio, Milano - Casa Arosio, Arenzano - ina-Casa, Cusano Milanino - Case in via Lazio, Varese - Interni Credito Varesino, Milano

- Casa in via Santa Marta, Milano

1953

- Laboratorio Cementi Rossi, Piacenza - Casa e autorimessa in corso di porta Romana, Milano - ina-Casa, Pozzuolo Martesana - Case Cartiera Fagioli, Rozzano - Sede Credito Varesino, Caronno Pertusella

1960

- xii Triennale - Club House, Carimate - ina-Casa Pirelli, Cinisello Balsamo - Casa Ghezzi Perego, Pineta di Arenzano

- Sede Credito Varesino, Laveno - x Triennale - Casa in via Cavour, Piacenza

1961

- Casa Giuliani, Monte Olimpino - Edificio per abitazioni e uffici in via Leopardi, Milano

1962

- Casa Il Roccolo, Ello - Casa Berti, Carimate - Casa Bassetti, Azzate

1955

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- Centro ricreativo Circensia, Rescaldina - Torre al Parco Sempione, Milano - Interni casa Bassetti, Milano

1952

1954

Dettaglio del profilo della copertura delle Case Rosse.

- Laboratorio Ellem, Milano - ina-Casa, Somma Lombardo - ina-Casa, Piacenza - ix Triennale

1956

- Chiesa Santa Maria Nascente al QT8, Milano - Sede Credito Varesino, Olgiate Olona - Sede Credito Varesino, Solbiate Arno

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1963

1964

1965

1966

1967

- Casa Arosio, Arzachena - Albergo Dalmine, Campana (Argentina) - Casa Bianchi, Ghiffa - Complesso residenziale “Il Roccolo”, Pineta di Arenzano - xiii Triennale - Case nel quartiere la Cantalupa, Milano - Casa in piazzale Aquileia, Milano - Stabilimento s.i.b. Coca Cola, Firenze - Mensa mbm, Trezzano sul Naviglio - Casa Gardella, Arenzano - Complesso residenziale Marina Grande, Arenzano - Casa Cassina, Carimate - ina-Casa al quartiere Bovisasca, Milano - ina-Casa in viale Suzzani, Milano - Edificio per abitazioni e uffici in via Conservatorio, Milano - ina-Casa a Baggio, Milano - Casa in corso di Porta Romana, Milano - Casa in via Solari, Milano - Casa Arosio, Arzachena (II casa) - Edificio per uffici mbm, Trezzano sul Naviglio - Progetto casa Zamboni a Carimate (Como) committente Zamboni - mai realizzato

1971

1973

1974

1975

- Torri mbm al Gallaratese, Milano

1988

- Centro Servizi Tecnocentro, Casalecchio di Reno

1998

- Progetto supermercato Esselunga, San Donato Milanese

- Edificio per abitazioni e uffici e negozi in piazza San Marco, Milano

1989

- Concorso per biblioteca, Seregno

2000

- Deposito mm Famagosta, Milano

1991

- Scenografia de I 10 comandamenti di Enzo Biagi, rai Milano

2001

- Superstore Esselunga, Pantigliate

2002 1992

- Ristrutturazione casa Magistretti, La Serra

1993

- Case ad Agrate Conturbia - Scenografia di Tocca a noi di Enzo Biagi, rai Milano

- Casa Filippo Magistretti, Saint Barthelemy (Antille Francesi) - Interni casa Bonadeo, Parigi - Interni casa Vigliani in via Amedei, Milano

2004

- Progetto Hotel Portovenere, Portovenere

2005

- Casa Pierre Magistretti, Epalinges (Svizzera)

- Casa Muggia, Barzana - Case, Arizzano - Residence Siloe, Milano - Casa Martegani, Varese - Casa Giovanardi, Portobello di Gallura - Case mbm in viale Cà Granda, Milano - Quartiere New Vanak, Teheran (Iran) - Locanda dell’Angelo, Ameglia - Progetto municipio, Castelnuovo Magra

1976

- Case al mare, Roca Llisa (Spagna)

1977

- Scuola, San Daniele del Friuli

1978

- Progetto per collegio, San Pietro al Natisone

1979

- Interni negozio Cassina in via Durini, Milano

1981

- Dipartimento di Biologia, Milano - Edificio per uffici Schiffini, Ceparana

1982

- Casa Vanelo, Marina di Massa

1968

- Interni casa Cerruti, Milano

1984

- Progetto case in piazzale Dateo, Milano

1969

- Municipio, Cusano Milanino - Scuola, Meda - Quartiere Milano San Felice, Segrate - Quartiere La Viridiana, Milano - Casa Bonomo, Osmate

1985

- Centro Servizi Cavagnari, Parma

1986

- CIub house Golf Castelconturbia, Agrate Conturbia - Casa Tanimoto, Tokyo

- Case al mare, Framura - Progetto Training Center Hispano Olivetti, Barcellona

1987

- Progetto casa al mare Tanimoto, Aburatsubo (Giappone)

1970

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1994

- Edificio per uffici Barilla, Pedrignano - Scenografia di Processo al processo di Enzo Biagi, rai Milano

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Disegno di studio, prospetti fronte sud delle Case a monte. Fondazione studio museo Vico Magistretti.


Un ringraziamento al Comune di Framura e ad Angelo Bordone per l’aiuto nella ricerca e nella consultazione del materiale di archivio depositato presso gli uffici comunali. Un grazie particolare alla Fondazione studio museo Vico Magistretti, in particolare a Margherita Pellino, per la collaborazione fornita. La Fondazione, nata nel 2010, ha per finalità la tutela e la valorizzazione dell’archivio e con esso del lavoro di Vico Magistretti. La sede della Fondazione è lo studio di Vico Magistretti in via Conservatorio 20, Milano, convertito in Museo e luogo di conservazione dell’archivio. Da gennaio 2020 l’archivio è online all’indirizzo archivio.vicomagistretti.it, dove sono disponibili schizzi, disegni, planimetrie, relazioni di progetto, brevetti, fotografie, articoli di riviste, cataloghi, corrispondenza; e oltre 400 schede storico-critiche dedicate ad altrettanti progetti di architettura e design, realizzati e non. I disegni di rilievo sono stati eseguiti dall’Autore con il prezioso contributo di Paolo Torresani. Tutte le fotografie sono di Andrea Savio. Gli schizzi e i disegni originali provengono dall’Archivio studio museo Vico Magistretti e dall’archivio del Comune di Framura.

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©2021 Editoriale Jaca Book Srl, Milano tutti i diritti riservati

Grafica e copertina Jaca Book / Paola Forini Stampa e confezione Dedalo Litostampa SrL Bari (BA) ottobre 2021 ISBN 978-88-16-41371-9

Editoriale Jaca Book via Giuseppe Frua 11, 20146 Milano; tel. 02 48561520 – 342 5084046 libreria@jacabook.it; ebook: www.jacabook.org foreign rights: www.jacabook.com Seguici su


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