La foresta dei sogni - Jaca Book - estratto

Page 1


Ringraziamo vivamente Sylvie Giono e le edizioni Gallimard, grazie alle quali Elzéard Bouffier ha potuto prendere vita in questa storia.

VAN GOGH

La foresta dei sogni

GÉRALDINE ELSCHNER • FRÉDÉRICK MANSOT

Ispirato a un racconto di Jean Giono

Elzéard l’ha fatto.

Elzéard Bouffier.

È stata Fanfan a raccontarmelo.

Era ancora molto giovane quando incontrò

questo vecchio pastore nell’ospizio di Banon.

Quando andò a trovare suo nonno,

notò subito questo vecchio alto con gli occhi chiari,

avrà avuto quasi cent’anni, sempre seduto su una seggiolina di paglia davanti alla finestra.

La serenità di quest’uomo la intrigava. Per ore

e ore, le mani incrociate sul bastone, Elzéard guardava gli alberi del giardino.

Tre grandi tronchi neri tra i cespugli

Vecchio Contadino, ritratto di Patience Escalier 1888.
Gli alberi, li amava. Questo si notava.
Il cortile dell’ospedale di Arles (diventato Espace Van Gogh) 1889.

Ma dopo la morte del suo unico figlio, poi di sua moglie, si era ritirato lontano dal mondo, con le sue pecore e il suo cane. Nelle terre deserte della Provenza, aveva rimesso a posto con le sue mani i ruderi di un ovile.

– Non una capanna, ma una vera casa in pietra, disse fiero. Il tetto era solido e stagno.

Il vento che lo colpiva, sulle tegole faceva il rumore del mare sulla spiaggia. Di giorno mi aggiravo nei dintorni con il mio gregge.

– E di sera, che cosa facevate, tutto solo?

volle sapere Fanfan.

La sera, rinchiudevo le mie pecore nel recinto per proteggerle dai cani feroci. Poi tornavo a casa.

Mi preparavo la minestra, rammendavo i vestiti, annotavo alcune cose nel mio taccuino, qualche volta disegnavo… Il mio cane mi teneva compagnia. Era

fedele, e così affettuoso.

– Invece di scendere verso le pianure dove, un tempo, seminavo il terreno, raggiungevo le alture dove non cresceva più niente. Là, nel suolo secco e duro, facevo dei buchi con un’asta di ferro, delle dimensioni di un pollice. Dentro, mettevo una ghianda.

– Tutti i giorni?

– Tutti i giorni. Piantavo delle querce.

– Quante in tutto?

I primi tre anni, ne piantai centomila nei luoghi deserti. Su centomila, ne spuntarono ventimila. Su ventimila, la metà morì, si ammalò, o fu rosicchiata dai roditori. Restarono diecimila querce.

– E sono cresciute?

– Sì. Dieci anni dopo erano più alte di me!

Era nata una piccola vera foresta.

– E adesso?

– Adesso, pure io sembro un vecchio ulivo tutto piegato che il vento ha curvato…

Qualche giorno dopo, andando a trovare suo nonno, Fanfan trovò la sedia vuota davanti alla finestra. Elzéard stava male.

– Ha avuto un malore e deve stare a letto, disse l’infermiera. Ma mi ha consegnato questo per voi.

E le diede un taccuino, il bastone da pastore e, chiusa in una busta, una vecchia pipa di legno.

Con la mano tremante, Fanfan aprì la lettera.

Mentre l'indomani ridiscendeva, Fanfan attraversò dei

paesini simili a quelli che aveva descritto Elzéard.

Se non trovò il suo ovile, ne scoprì

un altro ai confini di un villaggio, anche quello costruito da mani d’uomo, nascosto tra ulivi e campi di grano.

La costruzione era in vendita. Ci si stabilì.

Ma mille domande la tormentavano…

Perché le carte geografiche non corrispondevano

al taccuino di Elzéard? Dove aveva vissuto esattamente?

L'ospizio aveva forse delle informazioni in più?

E più dettagli sulla vita del vecchio pastore?

– Se mi ricordo del signor Bouffier? le disse la direttrice. Certo che sì! Un uomo delizioso.

Ha vissuto da noi parecchi anni.

– Sa per caso dove abitasse prima, all’epoca in cui era un pastore?

Montagne a Saint-Rémy, 1889.
Un vero angolo di paradiso dove vivere e sognare.

Il mattino dopo, prima di partire, immergo in un secchio d’acqua

il piccolo sacco in cui ho messo le ghiande accuratamente selezionate e contate. Poi me ne vado con Fanfan per le lande aride.

Di qua e di là, in alcune zone collinari, su alcuni altopiani, davanti a una bella vista, lungo un sentiero, pianto la mia asta nella terra – un’asta delle dimensioni di un pollice – per fare un buco. Metto una ghianda nella terra, richiudo il buco. Pianto degli alberi, come Elzéard – quello del libro o quello vero.

Chissà, forse una di loro, diventerà centenaria…

Vincent

1853 – 1890

Pittore olandese

van Gogh

Impressionismo, prefigurazione

dell’espressionismo e del fauvismo

«L’arte è l’uomo aggiunto alla natura –la natura, la verità, la realtà, di cui l’artista fa emergere il significato, l’interpretazione, il carattere, che esprime, che impiega, che districa, che libera, che chiarisce.»

Lettera a Theo, giugno 1879.

Chi era

VINCENT V AN GOGH?

Van Gogh è nato nei Paesi Bassi il 30 marzo 1853. Figlio di un pastore protestante, attratto a sua volta dalla vita religiosa, arriva a Parigi nel febbraio 1886.

Lì scopre felicemente la pittura luminosa e ricca di colori degli impressionisti.

Nel febbraio 1888 lascia Parigi per Arles dove ricerca il colore e la luce del Sud. Lì invita amici pittori, in particolare Paul Gauguin e prepara il loro arrivo decorando con opere dai colori vivaci la «casa gialla» che vorrebbe trasformare in atelier. Dipinge così ritratti, giardini, paesaggi, i suoi famosi Girasoli.

dolorosa solitudine e in una profonda depressione.

Ricoverato in ospedale, poi internato dal maggio 1889 al maggio 1890 nel manicomio di Saint-Rémy-deProvence, dove dipinge La stanza, viene in seguito ospitato a Auvers-surOise dal dottor Gachet.

Durante tutto questo periodo non smette mai di dipingere. La sua depressione è comunque sempre più forte: Van Gogh si suicida nel luglio 1890.

Ma Gauguin si infastidisce alla svelta con Van Gogh, ormai piombato in una

È un ARTISTA

fuori dagli schemi

Quando nel 1886 si trasferisce a Parigi e scopre i pittori impressionisti, Van Gogh è affascinato dalla luce e dai colori dei loro dipinti e inizia a utilizzare dei toni più chiari. Viene anche influenzato dalla scoperta delle stampe giapponesi – i «crépon» giapponesi – che gli trasmettevano il gusto dei colori vivi e dei contorni marcati. Ma è il modo in cui lavora la materia che lo rende diverso. Accentua i rilievi

attraverso degli impasti, e lascia ben visibili le pennellate energiche, a volte violente, con grandi tocchi nervosi, come i segni del coltello che ha usato per applicare in strati spessi l’impasto sulla tela.

Fuori da ogni schema,Van Gogh traduce il vortice delle sue emozioni e il tumulto della sua anima.

Jean

1895 – 1970

Scrittore francese

Giono

Nato e morto a Manosque.

Soprannominato «il viaggiatore immobile».

«Né il contadino, e nemmeno io, né l’economista, né Van Gogh siamo dentro alla realtà.

Tutto quello che possiamo trasmettere è l’idea che ci facciamo del campo di grano.

È così per le persone come per le cose.

Da lì le passioni.»

Alla ricerca della felicità, 1968 .

Autoritratto,

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.