Libretto liberty

Page 1

klimt & liberty


impaginazione di jennifer lastella classe 5a - anno scolastico


INDICE 4 6 14 18 19 20 22 24 26 27 28 29 30

STORIA DELLA COSMETICA stile liberty GUSTAV KLIMT TRA MODA E ARTE KLIMT A PORTATA DI MANO GRAN GALÀ LA FEMME MOSAICO MODERNO LA SPERANZA REINVENTATA MODA ALLA VIENNESE LA MODA NELL’ARTE 24 K BACIATI DALLA LUCE RITORNO AL PASSATO


STILE LIBERTY Architettura liberty a Milano Milano diventa il polo industriale italiano per eccellenza, in essa vi è una nuova classe sociale emergente, quella borghese, legata all’industria e al commercio, la quale è padrona della vita sociale ed economica della città. Questo nuovo stile va a sottolineare il forte distacco tra le due classi sociali: aristocratica e borghese. La prima rimane sempre ancorata, nel campo architettonico, ad uno stile classico ed eclettico, mentre la seconda abbraccia le nuove strutture frivole e molto decorative.

CARATTERISTICHE DELLO STILE LIBERTY

Nell’architettura liberty la parte maggiormente rilevante è quella che riguarda la decorazione, essa è fatta in ferro battuto o in cemento decorativo, i riferimenti sono per la maggior parte dei casi ispirati a temi floreali, ma possono anche fare riferimento al mondo animale, impiegato anche l’uso di cariatidi. Al livello strutturale si usa il calcestruzzo armato, piastrelle in ceramica.

ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DEL 1906

Nel 1906 si ha la prima esposizione internazionale milanese dedicata al mondo dei trasporti, la quale si presta come un’occasione per mostrare il nuovo stile, dunque essa determina la nascita di costruzioni pubbliche e private, portando lo stile liberty a diventare la nuova corrente architettonica, e non solo, prediletta. Per l’occasione vengono progettati 225 nuovi edifici, un gran numero progettati dall’architetto toscana Orsino Bongi. La maggior parte di questi edifici furono demoliti dopo l’esposizione, un’eccezione fu il padiglione dedicato alla piscicoltura.

ACQUARIO CIVICO 1906

L’architetto è Sebastiano Locati, il quale è considerato ancora legato allo stile eclettico, ma in questo progetto il risultato viene molto apprezzato, essendo anche, l’unico padiglione rimasto a Milano. Le ragioni per la progettazione di un acquario sono principalmente due: la prima riguarda un aspetto letterario e scientifico, poiché dopo l’uscita di “L’origine delle specie” di Charles Darwin nel 1859 e del romanzo di Verne “Ventimila leghe sotto i mari” l’interesse per il mondo acquatico era molto alto. In secondo luogo è la voglia di un’innovazione, poiché l’acquario milanese fu uno dei primi ad esistere. Il tema marino si sposa perfettamente con lo stile Liberty per la fluidità, e i forti colori che lo rappresentano. Si hanno dei fregi in ceramica che corrono lungo l’edificio, degli inserti in cemento che sono posti a rilievo sulla facciata. Sono presenti anche delle sculture a tutto tondo, come la testa di un ippopotamo (richiamo esotico). Queste decorazioni vanno ad ingentilire lo stile di questa facciata, che se così non fosse sarebbe rimasta troppo fredda e distaccata per i nuovi standard.


EDILIZIA POPOLARE, LIBERTY MINORE QUARTIERE OPERAIO UMANITARIA (Via Solari) 1905-1906

Questo progetto viene realizzato per la necessità di abitazioni, per l’aumento drastico della popolazione a Milano, composto da persone appartenenti a classi sociali meno abbienti. Si tratta del primo esperimento di edilizia popolare, o housing sociale milanese. Lo stile architettonico è liberty, ma viene spesso definito con il nome di liberty minore perché il materiale e le decorazioni impiegate non sono paragonabili a quelle usate per gli edifici borghesi. Il quartiere popolare di Via Solari viene costruito in occasione dell’Esposizione internazionale del 1906, il progetto viene infatti affidato all’architetto Giovanni Broglio, il quale, nonostante il basso costo di realizzazione del quartiere, cerca di trovare il giusto equilibrio tra esigenze pratiche ed estetiche. Nonostante la distinzione tra lo stile liberty impiegato per la realizzazione delle abitazioni private riservate alla borghesia industriale e commerciale, anche nella costruzione di fabbriche, case popolari e uffici questo stile porta risultati soddisfacenti. Il quartiere di via Solari è composto da 11 edifici di 4 piani l’uno, suddivisi in 250 appartamenti e alcuni spazi sociale. Ogni unità abitativa è dotata di bagni privati, acqua potabile. Il progetto non è isolato, poiché l’intera via Solari può essere definita liberty, inoltre è pensato come un’insieme coerente di architettura, difatti per l’arredamento viene indetto un concorso che esige semplicità, qualità e funzionalità, invitando ad abbandonare lo stile eclettico precedente. I prospetti sono omogenei, presentano la stessa regolarità di aperture, gli edifici vengono distinti per la scelta delle decorazioni applicate sulle facciate, le quali non potevano essere costose e molto elaborate, pertanto l’architetto decide di utilizzare elementi decorativi realizzati in serie industrialmente, portando ad avere una decorazione architettonica diffusa e omogenea seppur non troppo elaborata.

CASA LAUGIER 1905-1906

Si ha un forte grafismo, è un progetto dell’architetto Antonio Tagliaferri. Sulle facciate esterne si hanno cementi decorativi (provenienti dai fratelli Chini) e delle ceramiche a motivi floreali, tutto giocato su un contrasto cromatico tra il mattone rosso e questi elementi. Lungo la fascia marcapiano si hanno delle teste di leone in cemento, che hanno la funzione di segnalare maggiormente il piano nobile. I balconi sono decorati da intrecci in ferro battuto, un espediente tipico dello stile Liberty. La forte linearità che è presente in questo edificio è causa dell’influenza viennese a Milano, difatti vengono evidenziati gli spigoli tra le facciate, si ha una forte rigidità nella successione verticale delle finestre binate. Questa costruzione è simbolo di eleganza, ed è una tipica costruzione dello stile Liberty appartenente alla classe borghese, poiché le decorazioni sono state curate nei minimi dettagli e non realizzate con materiale di bassa qualità e in serie industriale.


STORIA DELLA COSMETICA Da fine 800 ai giorni nostri Nel IX secolo durante la Rivoluzione Industriale si ebbe lo sviluppo del motore a vapore in Gran Bretagna. Questo, insieme allo sviluppo della chimica e, come conseguenza, alla maggiore disponibilità di materie prime, portò alla produzione industriale dei cosmetici. La natura chimica dei saponi fu elucidata dal francese, M. E. Chevreul e William Colgate che aveva avviato una fabbrica di saponi e candele nel 1807. Colgate fu uno dei primi a beneficiare del lavoro di Chevreul. La disponibilità di nuove materie prime rese possibile una maggiore varietà ed una diminuzione dei costi nella produzione dei cosmetici. Diversi coloranti furono preparati in questi anni, l’Alizarina venne isolata dalla robbia (rubia tinctorium, una pianta già utilizzata dagli Egiziani per colorare) nel 1826 e fu sintetizzata nel 1869. Il lavoro di Thomas Graham sui colloidi e la scoperta della borace in California e Nevada resero possibili passi avanti nella manifattura della Cold Cream, correggendone l’instabilità presente nella formula di Galeno. Eugene Rimmel fu il primo ad impiegare le donne nella sua fabbrica di profumi. Nel periodo successivo ad una guerra, quando la moda neoclassica passò dalla Francia all’Inghilterra con Giorgio IV, si assistette ad un generale permissivismo e ad un allentamento dei costumi morali.I corsetti vennero messi da parte e i vestiti divennero morbidi e fluenti indossati su una ridotta biancheria intima. Le scollature erano ampie, mostrando più seno di quanto ne coprissero, ed i cosmetici divennero così di moda che alcune donne si dipingevano perfino i capezzoli. Gradualmente l’uso dei cosmetici si allentò con Guglielmo IV ed il viso pallido tornò nuovamente di moda fra le giovani donne. Sotto la Regina Vittoria gli uomini portavano i capelli tagliati corti e si radevano il viso finché barba e baffi divennero di moda intorno al 1860. Le pomate per le labbra furono introdotte nel 1828 da Guerlain in Francia, ma l’uso di tali ausili cosmetici in Inghilterra durante l’era Vittoriana divenne sempre più discreto. Si anelava alla bellezza naturale e solo pochi artifici era consentiti. In Europa e America le Dame utilizzavano ancora l’ossido di piombo e il sotto-nitrato di bismuto come polveri sbiancanti ma con l’avvento dell’illuminazione a gas, il primo diventava giallo ed il secondo grigio. Uno dei dilemmi a cui, nei secoli, hanno dovuto rispondere molte donne è: apparire vecchie o morire giovani? La scelta di tante ricadeva sulla seconda opzione attraverso l’uso del Laird’s Bloom of Youth, ovvero una delle prime creme anti-età della storia. Questo composto, che veniva venduto con la dicitura “preparazione cosmetica deliziosa e innocua”, conteneva niente meno che acetato di piombo e carbonato. Nel 1869, l’American Medical Association pubblicò uno studio in cui si dimostravano gli effetti collaterali dell’uso di questa crema: affaticamento, perdita di peso, nausea, mal di testa, atrofia muscolare, sino al più grave, ovvero la paralisi. Peccato che per le donne che non volevano proprio fare a meno di un ritrovato anti-età, l’alternativa al Laird’s Bloom of Youth non fosse molto più sano: delle compresse contenenti arsenico.



SILVIA VILLANI


IL 20° SECOLO Nel 1900 Parigi era ancora una volta il centro della moda e la sua atmosfera influenzò l’Inghilterra durante il regno di Edoardo VII. In quegli anni il maquillage era usato in modo molto discreto e non da tutti una spolverata con polvere di talco era generalmente consentita. Nei primi del ‘900, uno dei must della moda erano le ciglia lunghe e spesse. Per questo iniziò a diffondersi l’uso del mascara. Per le donne che volevano rendere massimo questo effetto, si diffuse il Lash Lure, una tintura per sopraciglia e ciglia che si rivelerà poi essere mortale. La base di questo cosmetico, infatti, era del catrame di carbone tossico. Il suo uso provocò almeno 16 casi di cecità accertati e diverse morti, prima che, nel 1940, la Food and Drug Administration decise di vietarne la vendita.


Sempre nei primi anni del Novecento, oltre alla pelle pallida, andava di moda anche un viso totalmente pulito, privo dunque anche delle lentiggini. Si diffuse così un particolare unguento, chiamato “Dr. C.H. Berry’s Freckle Ointment”, teso proprio a far scomparire dai visi le lentiggini. Un barattolo di questa crema fu ritrovato tra gli oggetti personali della nota aviatrice americana Amelia Earthart, sintomo di quanto fosse famoso e apprezzato dal pubblico femminile dell’epoca. Il problema è che l’unguento era composto, al 10-15%, da mercurio. Nel 1940, la Food and Drug Administration ridusse al 5% la percentuale di mercurio consentita all’interno dei cosmetici, ma dati i danni che continuava a produrre questa sostanza, nel 1970 il limite fu ulteriormente ridotto, fino a rendere il mercurio praticamente illegale all’interno dei prodotti cosmetici.


Nel 1930 il trucco era utilizzato dalle donne di tutte le classi sociali. Le donne avevano icone come Greta Garbo e Marlene Dietrich da utilizzare come modelli. Le grandi case cosmetiche come Max Factor, Elizabeth Arden, Revlon, Lancôme fioriscono. La prima che nacque nel 1909 fu L’Oreal di Eugene Shueller che apparse con il nome di French Harmless Hair Colouring Company. Il 1910 è l’anno dell’incremento dello sviluppo dei trucchi, soprattutto a causa della triade statunitense Elizabeth Arden, Helena Rubinstein e Max Factor, ma neanche gli anni successivi sono privi di nuove comparse come il gruppo Revlon e Esté Lauder. La bocca veniva colorata a forma di cuore all’interno dei contorni naturali che andavano coperti col fondotinta. Le sopracciglia erano sottili e cadenti, così come la forma degli occhi, contribuendo a determinare quell’aspetto tipicamente languido.

Dazzle Liner - Klimt Ecco un esempio di come le case di cosmetica denomino i loro prodotti in riferimento all’artista. Oro rosso delicatamente duochrome. Klimt è un eyeliner oro rosso delicatamente duochrome, dalla pigmentazione estrema. Oro colato dall’effetto cromato in una texture specchiata che avvolge lo sguardo di luminosissimi e sontuosi riflessi caldi. Ideale per contornare lo sguardo o per realizzare piccoli dettagli decorativi, come filigrana, che impreziosiscono il look interpretandolo in chiave unica ed esclusiva. Romantico ed iconico come “Il bacio’’ di Klimt.


Klimt & il make up l’arte di Klimt fu di grandissima ispirazione per quanto riguarda il make up. Partendo proprio da moltissime Make up arist che decidono di fare trucchi ispirandosi all’oro delle sue opere aggiungendo elementi floreale e geometrici. Possiamo trovare tantissimi make up ispirati all’artista Uno dei trucchi di Lexie Lazear ispirato al celebre dipinto di Gustav Klimt ‘Il bacio’.



claudia veronelli & elisabetta costa

gustav klimt tra moda & arte Quando la moda concretizza l’eterità dell’arte L’arte che incontra la moda e la moda che incontra l’arte: due sfere immense, che si intersecano e si fondono, diventando parte di un unico mondo. Il 1910, un periodo brevissimo in quanto sarà presto interrotto dalla Grande Guerra, ma che riesce a liberare il corpo femminile dalle costrizioni di un abbigliamento troppo formale e pesante, recependo le influenze dell’arte cretese, giapponese e russa. L’abito diviene espressione del movimento, completamente libero dalle limitazioni precedentemente imposte, seguendo le nuove leggi dettate dalla moda. E l’arte va di pari passo, liberandosi dalle regole, allargando il bello alle classi sociali più povere e dando vita ad una nuova estetica, meno imbrigliata nei canoni estetici e che guarda direttamente all’eleganza delle forme naturali. In questo contesto frenetico e nuovo, emerge Gustav Klimt, un viennese che incarna l’artista totale, occupandosi non solo di pittura e decorazione, realizzando opere destinate a divenire eterne, come “Giuditta II” del 1909 o il “Bacio” del 1907, ma occupandosi anche di moda, realizzando abiti e gioielli per la sua compagna e per vari committenti ispirati alla tradizione etnica tradizionale. Ispirandoci a questo grande artista del primo novecento abbiamo deciso di realizzare una tunica in cotone, con maniche a tre quarti e scollo profondo, bordata in oro e raffigurante due opere di Gustav Klimt, “Giuditta I” e “Il ritratto di Adele Bloch-Bauer”. La scelta di rappresentare queste due donne non è casuale, ma studiata nel minimo particolare, in quanto abbiamo scelto di mostrare questo grandissima personalità sia sotto la luce dell’artista e del designer, sia sotto la luce di un’uomo travolto dalle proprie passioni: l’opera “Giuditta I” raffigura infatti, probabilmente, la compagna di Klimt, Emile Floge, mentre “Il ritratto di Adele Bloch-Bauer” rappresenta la presunta amante dell’artista, una donna ricchissima che aveva preso il pittore viennese sotto la sua protezione. Abbiamo poi deciso di riprodurre le opere di Klimt in maniera grafica, colorando con la cera dorata e la pittura per tessuti solo alcuni particolari, ispirandoci alle illustrazioni di Paul Iribe, che nel 1908 disegnò per Paul Poiret, uno dei più grandi stilisti degli anni ’10 che liberò il corpo della donna dal corsetto, una raccolta di figurini che furono inseriti nel primo e vero catalogo di moda, chiamato “Les robes de Paul Poiret raccontées par Paul Iribe”. I figurini raccolti all’interno di questo catalogo erano colorati con campiture piatte ed estese e i tratti fondamentali della modella erano riportati graficamente da una semplice linea nera e spessa, che faceva da supporto alla vera e propria opera d’arte, l’abito. Abbiamo quindi creato una tunica che, oltre all’arte completa di Klimt, cercasse di rappresentare anche due delle figure più importanti della moda, unendo arte e moda in un singolo capo, che esprime tutta la bellezza legata agli anni ’10.



RICERCA SULLA STORIA DEL COSTUME

Verso la fine del 1800 si iniziò a cercare nella moda un nuovo stile, improntato alla modernità, che andasse contro le precedenti tendenze di ispirazione storica. La moda si orientò verso le linee imposte dai nuovi tessuti, i quali venivano lavorati e decorati tramite stampe floreali, fruttate e di ispirazione giapponese. Tuttavia, queste stoffe riccamente rifinite, mal si accostavano con l’impronta di praticità che si andava diffondendo per via della ricerca di una vita sempre più attiva: proprio per questo motivo, l’abbigliamento iniziò ad essere di differenziato in base alla sua funzione, e vennero creati abiti da giorno, da sera, da viaggio. Gli anni ’10 del 1900 per quanto riguarda la moda ricoprono un breve periodo, interrotto dall’avvento della prima guerra mondiale che sconvolse tutta l’Europa e che portò numerosi cambiamenti oltre che nel modo di vivere, anche nella moda. Il punto fondamentale di questo decennio riguarda la liberazione del corpo femminile dalle costrizioni di un abbigliamento formale, fatto da troppi metraggi di tessuto e da volumi ampissimi, che vennero notevolmente ridotti. Si sviluppò e si estese nella popolazione femminile, anche grazie ai primi movimenti femministi, la voglia di essere maggiormente libere nelle proprie scelte e proprio all’inizio degli anni ’10 gli stilisti, recependo il bisogno di libertà, decisero di abolire il busto che, oltre a limitare di molto i movimenti di chi lo indossava, causava numerose malattie, come aborti spontanei e problemi respiratori. Gli indumenti acquistano nuovamente una nuova linea, influenzata notevolmente dalle scoperte greche della fine del 1800 e dai balletti russi, bastati su danze spontanee e movimenti ampi, che arrivano in Europa grazie a personaggi di rilievo, come Isadora Duncan. L’abito quindi diviene una nuova espressione di movimento e moltissimi stilisti iniziano a sperimentare la realizzazione di nuove fogge, che iniziano ad essere definite “abiti d’artista”. L’immagine della donna durante questo particolare periodo storico, percosso da una voglia nuova di aprirsi al bello, appare colta ed elegante, esotica e romantica ed incarna al meglio l’ideale della femme fatale tanto rappresentata dagli artisti. Proprio per concordare con l’arte, la silhouette viene allungata tramite le gonne, lunghe e strette sulle caviglie. Gli abiti da giorno femminili erano caratterizzati da particolari linee, dette a “impero”, con il punto vita sotto il seno, o “a fungo”, con cappe ampie ferme sul punto vita con bottoni dorati e le maniche riprendono molto lo stile giapponese, ricalcando i kimono. Gli outfit erano realizzati con tessuti molto leggeri, come cotone o mussola di seta. Sotto gli abiti, per accentuare l’idea della linea affusolata, le donne utilizzavano delle fasce contenitive che andavano a sostituire il busto. Un altro simbolo dell’emancipazione femminile dei primi anni del 1900 fu rappresentato dallo sviluppo della rupe coulotte, una gonna pantalone inventata da Paul Poiret in un primo tentativo di far indossare i pantaloni alla popolazione femminile. L’abbigliamento da sera era raffinatissimo, caratterizzato da leggerissimi tessuti drappeggiati o lavorati con la tecnica del plissé, inventata da Mariano Fortuny nel 1909, e da stampe ricchissime di figure orientali. Gli outfit erano completati da morbidi mantelli in lana operata o velluto e cappe di pelliccia. Gli accessori utilizzati erano estrosi e bizzarri: i cappelli, in particolare, iniziarono ad avere forme ispirate all’oriente, mentre si diffuse l’uso dei manicotti di pelliccia e di piccolissime borse, dette “a mano”, realizzate in broccato o pizzo macramè decora


to con perline e merletti. Uno degli accessori più utilizzato era la sciarpa, lunga, ampia e realizzata con materiali molto caldi, come la lana. I colori furono tuttavia i veri protagonisti della moda dei primi anni del 1900: essi erano forti e decisi, usati spesso in contrasto e abbinati con l’oro e l’argento. Un altro importante aspetto di questi anni legato all’abbigliamento riguarda le acconciature femminili: le donne portavano i capelli raccolti in i chignon, con delle onde che incorniciavano il volto morbidamente. Si diffuse anche un nuovo modo per ondulare i capelli, chiamato Marcel, che imponeva onde regolari e geometriche ai lati del volto. Una delle personalità più importanti dell’epoca, oltre a Paul Poiret e Mariano Fortuny, fu Maria Monaci Gallenga, la quale ideò una tecnica per stampare il tessuto laminato. Gallenga, originaria di Roma, aprì proprio nella sua città natale la Bottega d’Arte Italiana, uno spazio moderno a metà strada tra un negozio e una galleria d’arte, dove vendeva le sue creazioni di moda e di arredo, ma organizzava anche le mostre di artisti, raccogliendo quadri e sculture e unendo, ancora una volta, l’arte e la moda.


klimt a portata di mano Il 900 ai giorni d’oggi

MATILDE BELLOTTI & ADAM GIBIM

Per il progetto riguardante Klimt abbiamo pensato di proporre un oggetto contemporaneo, realizzato a mano con uni posca e carta velina. Abbiamo rappresentato l’opera “L’albero della vita” del 1909, inquadrando solo la parte centrale; ovvero l’albero, recuperando lo stile decorativo e ornamentale dell’artista fondendolo con un oggetto contemporaneo come una cover. Abbiamo reinterpretato l’opera pur mantenendo i medesimi colori, come l’oro sullo sfondo in contrasto con la figura dell’albero posto in primo piano che diffonde i suoi spiraleggianti rami dai quali spiccano numerosi elementi ornamentali, tra i quali svariati fiori caratteristici per la loro forma a occhi egizi. L’intento di questo progetto è quello di modernizzare l’opera novecentesca reinterpretandola sotto forma di un oggetto contemporaneo, utilizzato nella quotidianità e sempre a portata di mano.


gran galà Pubblicità in stile art nouveau Poster 24x33 cm nel quale si pubblicizza una festa al noto caffè francese “La Closerie de Lilas”, con in primo piano una dama disegnata in stile Arte Noveau; che si richiama alle figure femminili di Alfons Mucha. La donna bionda ha tra i capelli un gioiello ispirato dal lavoro dell’orefice George Fouquet e la figura si trova sopra a un pattern floreale. Il tutto è disegnato su cartoncino con pantoni e china.


la femme Un packaging accattivante con un tesoro all’interno che esprime e valorizza la figura della donna

Il progetto, è composto da una scatola contenitrice, riccamente decorata da applicazioni le quali richiamano in particolar modo il secondo periodo dell’artista, definito nipponico fiorito, ispirato all’arte giapponese.

clizia piatti & lisa marzullo

L’artista difatti in questo periodo, sostituisce la decorazione iniziale dorata, a dei motivi geometrici, queste forme hanno un significato simbolico, difatti forme circolari richiamano la figura femminile, la sua fisionomia e la fertilità, mentre le forme rettangolari vogliono richiamare la figura maschile, potente, virile e forte. La scatola, sulla superficie superiore presenta delle decorazioni circolari, composte da diversi colori, tra cui l’oro, lasciato con una superficie brillante in alcune forme e in altre opaco. Si hanno anche delle applicazioni tridimensionali, formate da cerchi intrecciati di filo di rame. Lungo i lati, si hanno delle decorazioni composte da triangoli, con le medesimo cromie, e dei lati completamente dorati e brillanti.


All’interno è racchiuso il gioiello, un anello, che con la forma rotondeggiante ricorda la figura femminile alla quale è indirizzato. È realizzato con l’intreccio di fili d’oro, posti l’uno accanto all’altro, in modo da creare una trama brillante e piacevolmente irregolare, al di sopra, si ritrova ad incoronare il gioiello una pietra, di un rosso vivo, tipico delle pitture di Klimt, che punta a richiamare l’ideale femminile dell’artista: il rosso brillante delle chiome.


ilaria mercurio & carlo gagliardini

mosaico moderno Ogni pezzo è importante Sarebbe difficile comprendere il fenomeno della Secessione Viennese nel suo complesso senza soffermarsi a considerare «Ver Sacrum», la rivista che fu l’organo ufficiale del movimento artistico. Il titolo, tratto da una lirica del poeta romantico Ludwig Uhland, significa Primavera sacra e si riferisce esplicitamente alla rinascita dell’arte. I secessionisti volevano portare l’arte al di fuori dei confini della tradizione accademica, in un mondo di arti plastiche, design e architettura, nel solco dell’idea ottocentesca di unità tra arti e mestieri. Nel primo numero si trovano le parole: «Risvegliare, stimolare, diffondere la sensibilità artistica del nostro tempo. Non conosciamo differenze tra arte maggiore e arte minore, tra arte per i ricchi e arte per i poveri. L’arte è un bene collettivo». La rivista uscì tra il 1898 e il 1903, per un totale di 96 numeri, in tiratura variabile. Klimt ne fu uno dei più convinti promotori. Insieme a lui vi lavorarono, tra gli altri: Hermann Bahr, Adolf Loos, Fernand Khnopff, Giovanni Segantini e Josef Hoffmann, ma il segno indelebile lo lasciò Koloman Moser, che curò la veste grafica di molti numeri. A oggi «Ver Sacrum» costituisce un esempio indimenticato di armonia grafica tra testo e illustrazione. In pochi hanno saputo proporre una mediazione tanto raffinata tra parola e immagine, dove non ci si limita a cogliere le vibrazioni della lingua scritta e tradurle nel linguaggio visivo, ma si è in grado di proporre una sintonia tra le due componenti, nella convinzione che la ricerca del bello debba guardare anche al carattere tipografico. La firma di Klimt, che era stato l’enfant prodige dell’arte viennese, garantì alla pubblicazione un’autorevolezza e un ritorno di pubblico che sicuramente permisero al credo secessionista di imporsi. Se nel 1903 la pubblicazione cessò non fu per un scarso interesse da parte dei lettori, ma per il crescere delle ambizioni degli autori: infatti, la moltiplicazione delle committenze suggerì al gruppo di buttarsi in una nuova avventura e fondare i laboratori della Wiener Werkstätte nello spirito delle “Arts and Crafts” di William Morris e del tanto invocato connubio tra l’artigianato e l’arte. E’ proprio nelle riviste di secessioni che ci siamo ispirati. Uno degli elementi fondamentali nelle riviste è lo spazio vuoto che diventa spazio compositivo, parte integrante dell’intera opera, copertina o inserto. Lo abbiamo paragonato a un pezzo fondamentale per la struttura compositiva, concetto che viene espresso meglio nei puzzle, ogni pezzo è importante, ha un suo ruolo, che è fondamentale e non può mancare, così come il vuoto che ha conquistato il suo ruolo nelle riviste secessioniste.



la speranza reinventata Il dilemma tra auleo & fiorito Klimt nel suo percorso artistico affronta due periodi che lo caratterizzano, il periodo fiorito nipponico e il periodo aureo. Il periodo fiorito nipponico, come si capisce anche dal nome, momento in cui le opere si caratterizzano con decorazioni floreali e naturali, colori più reali. Il periodo aureo è invece il periodo in cui l’artista realizza le sue opere con una grande percentuale di pigmento oro e elementi preziosi. La nostra opera di partenza è una trasformazione che compie Klimt verso la Maternità in un manifesto a favore della Pace nella donna come monumento che si oppone alla aggressività maschile. Klimt riattualizza in termini laici la sacralità della Madonna della Misericordia, che, stendendo, l’ampio manto soccorre ogni sua figlia ed ogni suo figlio, senza distinguere se siano virtuosi o peccatori. Il fondo d’oro puntinato annulla la percezione dello spazio fisico reale ponendo la figura in un’ambientazione ‘’cosmica’’, in un atteggiamento di sospensione: il volto di profilo, lo sguardo abbassato sul ventre, i seni scoperti ma il corpo avvolto da preziosi tessuti arabescati, un mosaico composto di tasselli preziosi che denunciano l’incontro con gli ori e le paste vitree dei mosaici ravennati. La mano destra è leggermente sollevata, quasi a scandire le parole di un dialogo silenzioso tra madre e figlio. L’oro dello sfondo, la cromia accesa, l’atteggiamento dolce e meditativo della madre sono espressione di una speranza appena fiorita, di un eterno inno alla vita, di una bellezza struggente in cui le “malinconiche armonie dei colori spenti, cinerei, perlacei” si mescolano al vividi bagliori dell’oro, dell’argento, delle gemme, degli smalti. Arte preziosa, limitrofa, simbolica, quella di Klimt. Il nostro lavoro si trattava di differenziare completamente le due correnti rielaborando l’opera e dividendo il soggetto principale in due parti, ciascuna per tipologia di periodo.



moda alla viennese Klimt way Questo progetto parte dalla rielaborazione delle tipiche stampe del periodo di Kilmt, in particolare quello aureo. Sono state scelte delle stampe nere ed oro per andare a decorate una tunica in denim bianco. Abbinati alla tunica sono stati realizzati dei gioielli d’orati, utilizzabili per qualsiasi giorni ma se abbinati nel modo corretto permettono a una qualsiasi donna di risplendere dell’oro Klimtiano. Le stampe sono caratterizzate da disegni floreali dorati e tessuti raffinati.

anna visigalli

La particolarità della tunica oltre è la sensuale apertura sulla schiena, essa permette di combinare perfettamente i trend che la moda osserva dalla fine del ottocento (con la forma ad S) fino ai primi del novecento (con l’eliminazione del corpino). Il bracciale alla schiava è stato realizzato con del fil di ferro dorato, mentre la collana e i gioielli per le gambe sono realizzati con catene d’orate.


la moda nell’arte Klimt e il periodo aureo

Per questo progetto abbiamo realizzato una tunica, la scelta di questo capo è legata alle abitudini del pittore, in quanto lui e la sua compagna indossavano spesso tuniche e abiti ispirati alla tradizione etnica orientale. Per la decorazione della veste ci siamo ispirate direttamente ai quadri dell’artista che presentano una fitta profusione d’oro, siamo dunque andate ad applicare delle decorazioni color oro sul profilo del collo disponendoli a raggera e bordando la parte finale della tunica. La forma dell’applicazione non è casuale, abbiamo scelto il rettangolo in modo di rimandare ad un elemento compositivo usato spesso nelle sue opere, il rettangolo veniva utilizzato per simboleggiare la figura maschile come ad esempio in Danae dove la vergine viene fecondata tramite una pioggia di rettangoli che simboleggiano il sesso maschile.


24 k Golden age L’oro, inteso come materia compositiva e decorativa dominante, assume un ruolo che va al di là della rievocazione storica: attraverso le sue icone Klimt si propone di risvegliare, stimolare e diffondere un nuovo culto e una nuova sensibilità artistica. L’oro klimtiano vuole trasfigurare la realtà e fissare l’immagine in una eterna sublime trascendenza, congelandola nella distanza e nella perfezione del metallo. I gioielli realizzati hanno infatti la caratteristica principale di richiamare la preziosità dell’oro in quanto materiale pregiato, che dona lucentezza a chiunque lo indossa impreziosendo qualsiasi tipo di outfit: casual, elegante, sbarazzino.


baciati dalla luce La lampada in stile Klimt Traendo ispirazione dal quadro Il bacio di Klimt abbiamo deciso di riproporre su una lampada il tema attraverso tessere di mosaici, in quanto Klimt era solito comporre le sue opere attraverso materiali concreti come ad esempio nel fregio di Beethoven. Per la realizzazione dell’oggetto abbiamo preso in considerazione, solamente una parte dell’opera, in particolare il frammento dove l’uomo e la donna si uniscono quasi creando un solo protagonista. Per l’idea della lampada abbiamo dovuto fare un passo indietro al periodo di Klimt per ritrovarci nel periodo dell’Art nouveau con Louis Comfort Tiffany, il quale attraverso gli studi su vetro e in particolare la produzione di vetrate a mosaico nei primi anni del ‘900 realizzò le rinomate lampade Tiffany.


ritorno al passato Gioielli realizzati sullo studio delle forme delle opere di Klimt Il mio progetto riguarda la produzione di tre gioielli ispirati al periodo aureo di Klimt. Per cominciare ho ridisegnato dei simboli usati dal pittore nelle sue opere come occhi, forme geometriche e linee sinuose. Dopo aver trascritto i simboli che mi interessavano ho selezionato alcuni di essi che piu’ mi ispiravano. Per esempio prendo gli occhi per creare degli orecchini, le forme geometriche che il triangolo e il cerchio per creare un collare e un bracciale a forma di serpente. Tutti questi oggetti sono dorati, appunto in riferimento al periodo aureo di Klimt, hanno degli elementi come pietre preziose o madreperla. I prototipi che ho creato sono solo un esempio reale di quello che ho progettato.



ytrebil & tmilk


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.