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La Fenice Sentieri della Tradizione

Dalla Clamide all'Alba

Antares A:::I::: - Loggia "Silentium" - Collina di Pescara

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“Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive”

(Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov,1879)

Gli Operai, vestiti a festa, erano seduti ordinatamente ai posti che gli competevano per grado e dignità, con la schiena ben diritta e le mani inguainate nei candidi guanti bianchi poggiate sulle ginocchia Ad un cenno del Venerabile, l’Oratore si alzò solennemente in piedi, assunse la posizione che si conveniva e si accinse a leggere la Tavola che aveva inciso per l’occasione.

Ma non fece in tempo ad iniziare. Proprio in quell’istante, infatti, il gigantesco flicorno della Torre dell’Officina, alimentato dal vapore ad alta pressione generato dalle vecchie caldaie situate nel Chiostro, lanciò tre profondi e cupi lamenti ad indicare che, ancora una volta, stava per accadere.

Il suono era talmente basso e potente che faceva sussultare la terra sotto la spessa coltre di foglie dalle mille sfumature di rosso e di giallo e vibrare fastidiosamente l’aria frizzante del crepuscolo, scuotendo i rami di quercia e di alloro della foresta secolare e facendo alzare in un volo impaurito e disordinato i pochi uccellini rimasti.

La Fenice ­ Notiziario martinista ­ Primavera 2023

Info e contatti: loggiasilentium@gmail com

Con insofferente stupore gli Operai che si erano attardati all’esterno udirono i primi tre richiami del flicorno.

I più anziani sapevano bene quanto tempo avevano ancora a disposizione per entrare, per cui iniziarono a scendere ordinatamente e un pò di malavoglia dalla collina che si trovava proprio a fianco della Cattedrale incompiuta, sotto una pioggia insistente che, però, sembrava non bagnarli

Al secondo ciclo di richiami del flicorno, affrettarono decisamente il passo sulla ripida carrareccia che stavano percorrendo, facendo attenzione a non scivolare sulle pietre umide e sulla ghiaia con le suole lise dei vecchi calzari in cuoio che indossavano sui piedi nudi e intirizziti.

Il terzo ciclo di suoni ebbe inizio un po ’ prima di quanto si aspettassero, motivo per cui cominciarono a correre giù per la discesa, tenendo alzato con le mani l’orlo della grezza clamide nera che indossavano, mentre l’ampio grembiule in pelle di montone ormai usurato dal tempo e dal lavoro, che cingeva loro la vita, si alzava e si abbassava sincrono con i loro balzi.

Fecero appena in tempo ad entrare dalla porta del transetto sinistro della maestosa Cattedrale che stavano edificando da centinaia di anni, che le gigantesche ante in ferro scuro cesellato con rara perizia dalla Confraternita dei Fabbri, raffiguranti scene sacre delle antiche cerimonie dei Costruttori, iniziarono a muoversi alle loro spalle, sino a che si chiusero ermeticamente con un secco clangore

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Il flicorno emise un ultimo e brevissimo suono ad altissima frequenza, esattamente nel momento in cui il percorso dell’Astro morente raggiungeva il punto minimo di declinazione sull’eclittica e, fuori dall’Edificio, in un attimo le tenebre avvolsero il Mondo conosciuto.

Tutto ad un tratto, la sottile calcina che teneva unite le pietre ciclopiche, tagliate e trasportate dalle cave dell’Appennino Centrale con sforzi sovrumani dalla Gilda dei Tagliapietre e, successivamente, sgrossate e squadrate con infinita pazienza e meticolosità da numerose generazioni di Apprendisti, iniziò a congelarsi crepitando al repentino abbassarsi della temperatura.

Nello stesso momento, una tormenta di neve avvolse sibilando le eleganti statue a grandezza naturale cesellate con cura dai più valenti Maestri Scalpellini della Comunione e poi montate nelle loro nicchie intorno ai portali apparentemente per ingentilire la facciata ma, in realtà, per trasmettere alle generazioni successive di Iniziati il loro messaggio velato, confondendone i fini lineamenti sotto uno strato di neve dura e ventata.

Infine, le vivaci vetrate raffiguranti episodi delle Sacre Scritture, donate dalle antiche Corporazioni di Mestiere e realizzate dalla Confraternita dei Vetrai, persero in un attimo la loro brillantezza ed i loro colori divennero cupi e sbiaditi, tanto buio era all’esterno Appena dentro la Cattedrale, gli Operai appena entrati iniziarono a riprendere fiato, inspirando profondamente a pieni polmoni.

All’interno l’aria era tiepida ed accogliente, anche se un pò densa e rarefatta e profumava di cera della Provenza e di cedro del Libano.

Una grande quantità di lumini, candele e grossi ceri, disposti sia singolarmente che a coppie, a terne e a gruppi di sette, rischiarava a malapena gli apogei delle nervose navate in pietra bianca del Gran Sasso finemente lavorata, che sembravano proiettarsi, in uno slancio estremo, verso la Dimora di quell’Ente Supremo che i Costruttori chiamavano, da sempre, il Grande Architetto dell’Universo.

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La loro luce illuminava, con toni caldi e soffusi, una moltitudine di giovani di entrambi i sessi, per lo più Apprendisti, che avevano dipinta sul viso l’aria curiosa e impaziente di chi aspetta da tempo un grande evento.

Il Maestro appena entrato si diresse sicuro verso il suo posto, mentre gli altri si accomodavano sugli austeri stalli di solido legno scurito dal tempo.

Non appena seduto, si accorse con stupore della stupenda ragazza con una lunga cascata di capelli rossi sulle spalle che si guardava intorno come se cercasse qualcuno.

Con il suo solito fare gentile e premuroso richiamò la sua attenzione con un cenno della mano e le chiese:

- Ciao, vuoi sederti qui?

Lei annuì con un sorriso, guardandolo come se finalmente avesse trovato la persona che cercava, sistemò con un gesto aggraziato il lembo dell’elegante peplo nero che indossava e sedette con evidente piacere al suo fianco.

Lui proseguì:

- Sei arrivata oggi?

- Veramente sono qui da sempre - rispose lei, con un sorriso di antica complicità, fissandolo con un certo stupore dal profondo dei suoi grandi occhi verdi. Non mi riconosci?

- Non ricordo di averti mai vista - rispose lui, un pò imbarazzato.

- Ho tanto da raccontarti dall’ultima volta che ci siamo incontrati - disse lei con voce sognante - ne ho viste di cose, che i profani non potrebbero neanche immaginare - continuò pensierosa

… Iniziati scostare finalmente il pesante drappo rosso scuro dietro il Trono centrale del primo

Tempio, montare i loro nervosi destrieri e cavalcare a perdifiato nella brughiera all’inseguimento dell’unicorno bianco, verso il grande Sole rosso adagiato immobile sui sinuosi rilievi delle colline fragranti di ginestra ...

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Quelle parole destarono in lui uno strano presentimento.

Il cuore iniziò a battere forte ed il respiro si fece più corto - e tutti quei momenti andranno perduti per sempre, come lacrime nella pioggia. Ho capito. È tempo di andare ... - rispose lui, sommessamente, come se avesse intuito qualcosa di spiacevole

- perché tu sei venuta a prendermi, vero?

- continuò, con distacco, senza scomporsi. Sapevo che sarebbe successo, prima o poisospirò.

- Sì - rispose lei - è vero. Sono venuta a prenderti Ma è possibile che non ricordi?

- Proprio no Cosa dovrei ricordare? Ma chi sei, insomma? - chiese lui, sempre più turbato, pur intuendo, in cuor suo, la risposta che avrebbe ricevuto.

Si sentiva vecchio, stanco ed esausto per la fatica di tutti quegli anni Come se il suo compito fosse ormai terminato e non fosse più per sé né per gli altri.

- I Costruttori, a seconda dei luoghi e delle epoche, mi hanno chiamato in tanti modi diversi: la Luce dopo il Silenzio, la Verità che rende Liberi, l’Ordine dal Caos Ma tu non devi avere alcun timore. Non c’è nulla, in me, che ti debba preoccupare. Il Lavoro che hai svolto è stato molto proficuo, e non sarà dimenticato. Nulla andrà perduto. Sei stato un bravo Maestro, onesto, operoso e di buoni costumi. Detto questo, lei si alzò, facendo frusciare il peplo, lo prese per mano con dolcezza, e lo portò sulla Via. S’incamminarono fianco a fianco, mano nella mano, lungo le colonne Squadrarono, così, con naturale sincronia di movimenti, la lunga navata centrale della Cattedrale incompiuta.

Gli Operai, seduti su due file di scomode panche posta l’una di fronte all’altra, avevano lo sguardo assorto rivolto verso il pavimento di antiche pietre quadrate bianche e nere già levigate dal tempo, e sembrarono non accorgersi di loro.

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In breve raggiunsero l’ingresso principale, situato tra le due alte colonne, ornate l’una da una lettera J e l’altra da una B.

Non appena arrivarono sulla soglia, il Portale, inaspettatamente, si spalancò all’improvviso.

Un Universo altro di luce abbagliante si manifestò per un istante, e furono risucchiati in Ein-Sof.

Un attimo - oppure, un ’eternità - dopo, erano seduti insieme su un vecchio divano di finta pelle marrone screpolata dal tempo e dall’incuria, nel salottino di una graziosa villetta, modesta ma funzionale, con le tapparelle verde scuro ben chiuse ed una luce fioca e soffusa che proveniva da una modesta lampada sul soffitto, ai confini di un Mondo antico ormai scomparso nel gorgogliare del tempo.

Lei indossava un abito diverso: un raffinato peplo in white satin che esaltava la perfezione delle sue forme, un mantello ed una sottile maschera nera sugli occhi.

- Vedi - disse lei - in fondo non era poi così difficile.

- Si - rispose lui - hai ragione Non mi sono accorto di nulla Ora dimmi, quando ?

La ragazza, sorridendo, lo abbracciò con uno slancio innocente come si abbraccia un Fratello, stringendolo forte a sé con un sincero moto di profondo affetto

Poi appoggiò con dolcezza il capo sulla sua spalla sinistra, mentre i perfetti lineamenti del suo viso emanavano un ’ aura di gioia e di serenità.

- Vedrai - gli sussurrò piano all’orecchio - i pettirossi e i verdoni torneranno presto ad allietare l’aria con il loro cinguettio ed a nutrirsi del pane che gli doneremo ogni mattina.

Le violette e i ciclamini del nostro piccolo giardino emaneranno ancora la loro fragranza inebriante e stordente Le nevi, poi, si ritireranno verso l’alto, impregnando la terra feconda con nuova acqua che, raccolta in mille rivoli dai mille nomi diversi, arriverà allo stesso Oceano senz ’onda.

Adesso sta tranquillo, riposa un poco anche tu, insieme all’Universo Un nuovo ciclo ci attende.

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Dobbiamo vivere e trasmettere ancora una volta la Tradizione e, poi, ancora, ancora e ancora, finché l’Umanità non sarà pronta. Dobbiamo acquisire nuovi strumenti iniziatici per poter continuare il Lavoro da dove l’abbiamo lasciato. E per far questo perdere la memoria di ciò che è stato, in modo che questo nuovo ciclo sia vivificato da nuove idee e nuove esperienze adeguate al momento. Non dovrai più lavorare la pietra: ora il Tempio sei tu. Questo Edificio, che ti accompagnerà in qualsiasi luogo della Terra dove ti troverai e vivrai la tua nuova avventura iniziatica, è già in te, vivo e vitale, animato com'è dalla presenza cosmica dei Maestri passati che vengono ad illuminare l’Eggregore delle Sorelle e dei Fratelli riuniti intorno al Filosofo

Incognito Non sarai solo in questo cammino, esso è aperto a tutti gli Uomini di Desiderio e di Volontà che sapranno bussare in modo adeguato e saranno in possesso della qualifica per essere ammessi. Tu lavorerai insieme a loro quotidianamente con il rito di catena, ad intervalli regolari con le purificazioni mensili e ogniqualvolta si renda necessario con i Lavori della tua Collina, affinché il tuo Microcosmo possa fluire e compenetrarsi pian piano con il Macrocosmo. Se sarai puro di cuore e di opere vedrai, al termine di questa Via potrai finalmente arrivare alla

Reintegrazione

- Un nuovo ciclo - pensò lui - nuovo metodo, nuovi Fratelli, nuova Via perdere la memoria dei cicli precedenti ... ma di quali cicli parla?

Fu assalito da una grande stanchezza e cadde d’improvviso in un sonno profondo. A quel punto la ragazza in white satin lo distese con delicatezza sul vecchio divano.

Poi gli mise un cuscino sotto la testa, gli tolse le scarpe e lo coprì amorevolmente con il suo ampio mantello.

Infine, si avviò verso l’uscio della villetta, guardando indietro per un breve istante con un sorriso compiaciuto.

Un attimo dopo, il portale si spalancò nuovamente in tutta la sua luce abbagliante, integrandola nell’Ein-Sof.

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