Nutrimente

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NutriMente: realizzazione di un’esperienza di Interaction Design sul tema dell’alimentazione, a scopo ludico educativo all’interno dell’Expo 2015



A mia sorella e a mia madre...i miei due cuori



“Experiencing is the point where memory and imagination meet� Saunders



INDICE • INTRODUZIONE

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• OBBIETTIVO DEL PROGETTO • L’Expo - Bie

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• METODOLOGIA E APPROCCIO • Interaction design • User centered design • Design thinking • Livelli del design

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• ALIMENTAZIONE • Nel mondo e in Italia • Rapporto Osservasalute 2008 • Corretta alimentazione • I nutrienti • LARN • La piramide alimentare • Linee guida • Junk food • Vari tipi di sale • Malattie e disturbi dell’alimentazione • Obesità • Diabete infantile • Malnutrizione • Mass media • Film • Campagne pubblicitarie • Barilla Center for Food & Nutrition • Marketing e pubblicità • I cereali • Proposta per un Codice Internazionale sulla Commercializzazione ai bambini di alimenti e bibite analcoliche • Mense scolastiche

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• PEOPLE FOCUSED • I bambini oggi • Bambini in famiglia • La scuola • I bambini, le bambine e il gioco • Bambini e autonomia • La televisione • Il cellulare • Pc e internet • Tempo libero • Prepotenza • Grafici e tabelle • Cenni di pedagogia • Intervista alla pedagogista • Cultural Probes • Come nascono • Realizzazione • Risultati • DISCIPLINE, STRUMENTI E ALTRI CAMPI D’INTERESSE • Interaction design • Obbiettivi di usabilità • Obbiettivi di esperienza d’uso • Principi di usabilità • Paradigmi d’interazione • Tabs, pads and boards • Hiroshi Ishii • Formati d’interazione • Casi studio • Experience Design • The Experience Economy • Emotional Design • Educational Game • Edutainment • Best practices • Pogo • La Città dei Bambini e dei Ragazzi • Muba

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• Le ricette di Arturo e Kiwi • Nutrikid • Appleton Central High School

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• IL PROGETTO • Design process • Analisi • Concept & Idea • Brainstorming • Design & Solutions • Analisi • Contesto • People focused • Discipline e campi d’interesse • Best practices • Ingredienti del Concept • Esplorazione • Gioco • Movimento • Socialità • Memorabilità

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• DESIGN & SOLUTIONS • La comunicazione • Lo spazio • Le attività • C’era una volta...il pane! • Il laboratorio delle buone abitudini • I sapori delle stagioni • Prendi e porta via! • Il ricordo

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• Conclusioni • • • •

Bibliografia Documenti ufficiali e Articoli Sitografia Ringraziamenti

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INTRODUZIONE “Design: modellazione deliberata dell’ambiente per venire incontro ai bisogni dell’individuo e della società. Il design è trasversale a tutte le discipline, è nelle arti come nelle scienze, nelle discipline umanistiche come nell’ingegneria, nella legge come nella gestione aziendale. I designer devono essere generalisti in grado di innovare a cavallo di più discipline e, a loro volta, in grado di rivolgersi a specialisti che li aiutino a sviluppare il loro progetto, e ad assicurarsi che ogni sua componente sia adeguata e funzionale.” Donald A. Norman Il design sta portando la progettazione degli artefatti, virtuali o meno, ad essere sempre più vicina alle persone, alle loro necessità ma soprattutto al loro modo di comunicare e di interagire. I prodotti che ci circondano come anche le loro interfacce devono essere usabili, attraenti e creare metodi di interazione che siano il più naturali possibile. In questo caso l’Interaction Design risponde all’evoluzione dei metodi d’interazione fra le persone tramite l’utilizzo di nuovi formati e componenti tecnologici, creando una comunicazione che asseconda le logiche della mente umana e che passa attraverso la manipolazione delle informazioni e la loro condivisione. Con questi presupposti è possibile ideare oggetti o addirittura ambienti interattivi che aiutino e supportino le persone, seguendole nelle loro attività e stimolandone l’apprendimento, la cooperazione e la comunicazione. Il design dell’interazione è una disciplina versatile che si applica a qualsiasi ambito, la sua flessibilità la avvicina all’utente dandogli strumenti su misura per affrontare la vita quotidiana o particolari esperienze. All’interno di questa tesi l’Interaction Design si fonderà con diversi temi per dimostrare come possa nascere un’esperienza importante in grado di coinvolgere e trasmettere emozioni ed informazioni, in modo naturale ed immediato.

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OBIETTIVI DEL PROGETTO L’obiettivo di questa tesi è servirsi dell’Interaction Design per creare un’esperienza di edutainment, all’interno dell’EXPO 2015 di Milano, la cui finalità è l’apprendimento di concetti legati alla corretta alimentazione rivolto ai bambini della Scuola Primaria.

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L’alimentazione è un tema sempre più sentito a livello mondiale poiché comporta problemi di salute che interessano tutto il globo, sia per quanto concerne la scarsità di alimenti e la malnutrizione nei paesi in via di sviluppo, sia per la crescente diffusione nei paesi più ricchi di malattie “legate al benessere”, che derivano da un’alimentazione troppo ricca ed un consumo disordinato di cibi dall’alto contenuto calorico.

o gli audiovisivi.” (Preece, Rogers, Sharp). L’interaction design sarà alla base dell’esperienza stessa fornendo strumenti interattivi, ambienti sensibili, attività nuove e molto altro, ogni cosa pensata per uno scopo preciso e a misura dell’utente che ne usufruirà. Permettendo metodi di interazione naturali, intuitivi e piacevoli da utilizzare, il design dell’interazione darà la possibilità di trasportare le informazioni su un piano più fruibile e di migliorare e rendere più coinvolgente l’esperienza. Ciò che l’Interaction Design cerca di fare è portare la comunicazione tra uomo e macchina verso un piano più materiale e tangibile: le risposte che ci giungono dai dispositivi elettronici sono dovute ad un effettivo cambiamento fisico che noi apportiamo a noi stessi, all’ambiente o agli oggetti che ci circondano, creando collegamenti causa-effetto molto più vicini a quella che è la nostra normale esperienza del mondo, e dalla quale estrapoliamo i concetti e gli insegnamenti che ci guidano.

A causa di questi problemi e di molti altri, l’alimentazione è stata scelta come tema al centro dell’evento internazionale EXPO 2015 che si terrà a Milano; verrà trattata in tutte le sue sfaccettature, andando a toccare tutti gli ambiti competenti, dalla produzione degli alimenti al loro consumo finale, così da sensibilizzarne la sostenibilità (nell’approfondimento si riportano più in dettaglio le informazione legate all’EXPO). Uno dei temi di lavoro e di dibattito che verranno trattati è “l’educazione ad una corretta alimentazione per favorire nuovi stili di vita in particolare per i bambini, gli adolescenti, i diversamente abili e gli anziani”. Infatti l’acquisizione di corrette abitudini è un argomento molto importante e comincia sin dall’infanzia, dove si formano le basi che si consolideranno nella crescita; al giorno d’oggi non si da ancora sufficiente importanza a queste basi, condizionando fortemente le scelte, le abitudini e la salute delle generazione future. Per questo motivo ho pensato di creare un’esperienza all’interno dell’Expo 2015, legata alla corretta alimentazione e rivolta ad un pubblico di bambini tra i 7 e i 10 anni.

Due semplici esempi, per spiegare quanto il design dell’interazione può rivelarsi utile ed efficace ai fini della riuscita di questo progetto, sono ormai davanti agli occhi di tutti e sono stati accolti con approvazione ed entusiasmo. Una delle possibili interazioni con la recente piattaforma della Nintendo. Wii Fit permette di fare ginnastica in modo naturale tramite un controller pensato appositamente per l’attività che si vuole svolgere.

La realizzazione dell’evento passerà attraverso la progettazione di spazi ed attività esperienziali che veicolino in modo alternativo, ma comunque efficace, gli insegnamenti; tramite la sperimentazione, il gioco ed il confronto i bambini acquisiranno, ricorderanno e daranno un valore ai concetti che gli si vorrà trasmettere, oltre all’esperienza stessa. Quest’ultima verrà definita in tutte le sue varianti quali l’identità, lo spazio, la durata, il linguaggio, le abilità e gli insegnamenti, per far in modo che si riveli coinvolgente, interessante, divertente e soprattutto efficace. Ma la componente ed il media principale di questa esperienza sarà l’Interaction Design, poiché “uno dei benefici principali delle tecnologie interattive è che esse forniscono modi alternativi di rappresentare le informazioni e di interagire con esse, che non è possibile ottenere con le tecnologie tradizionali dell’apprendimento, come i libri

Con Project Natal l’interazione è completamente libera, abbatte ogni barriera tra il virtuale ed il reale e trasformando la persona stessa nel controller del gioco. 4


Parlo della Nintendo Wii e dell’ancora più innovativo XBox Project Natal; nel primo caso la possibilità di interagire con un gioco virtuale utilizzando tutto il corpo ed una gestualità naturale è sicuramente più divertente ed appagante del vecchio joystick, permettendo uno scambio più dinamico rispetto al cliccare dei semplici bottoni, ad usare un mouse o una tastiera. La forma del controller cambia e si adegua al tipo di attività che si svolge, passando dal volante Wii Drive per guidare, alla piattaforma Wii Fit per fare ginnastica, così da creare uno scambio paritario tra reale e virtuale.

L’EXPO - BIE 1 Che cos’è l’Expo Esposizione mondiale è il nome generico che indica diverse grandi esposizioni tenutesi fin dalla metà del XIX secolo. L’organismo internazionale che regola la frequenza, la qualità e lo svolgimento delle esposizioni è il Bureau International des Expositions (tipicamente abbreviato in BIE) nato da una convenzione internazionale siglata a Parigi nel 1928. Attualmente aderiscono al BIE 98 Stati. Le esposizioni gestite dal BIE sono esposizioni internazionali di natura non commerciale con durata superiore alle tre settimane organizzate ufficialmente da una nazione e che prevedono la partecipazione delle altre nazioni invitate tramite canali diplomatici dalla nazione ospitante.

Ancora più in là si è spinta la Microsoft che, con Project Natal, crea un nuovo, rivoluzionario modo di giocare e di godere del divertimento eliminando qualsiasi controller e mettendo a disposizione dell’utente un dispositivo che non solo rileva tutti i movimenti del corpo in 3D, ma riconosce i comandi vocali naturali (senza l’utilizzo di parole chiave) e le fattezze del volto di chi lo sta usando, permettendo di sfruttare la tecnologia dell’intrattenimento a 360° e senza limitazioni di alcun tipo. “Il prossimo passo nell’evoluzione dell’intrattenimento interattivo è la scomparsa del controller”, ha detto il regista Steven Spielberg alla presentazione tenutasi a Los Angeles. “Con Project Natal avremo giochi che riuniscono tutti quanti attorno a sé grazie a una tecnologia veramente capace di riconoscere l’utente”.

La prima Esposizione Universale è generalmente considerata quella tenutasi a Londra nel 1851. Il successo di questo evento ha spinto altre nazioni ad organizzare iniziative similari, come l’Exposition Universelle di Parigi del 1889 ricordata per la creazione della Torre Eiffel. Fin dall’inizio il BIE ha identificato due differenti categorie di esposizioni: le esposizioni universali e le esposizioni specializzate. Expo Universali e Expo Internazionali

L’interaction design fornisce quindi delle possibilità nuove a nostro supporto, per completare, rendere più appagante e coinvolgente (quindi più facilmente memorizzabile ed acquisibile) un’attività, un’esperienza o un insegnamento; si integra agli obbiettivi didattici svelando nuovi metodi di comunicazione ed interazione, crea delle possibilità che aiutano l’apprendimento, supportandolo ma soprattutto trasformandolo.

Le caratteristiche distintive delle due categorie di esposizione sono riportate di seguito: Esposizioni Internazionale Registrata (World Exhibition) comunemente nota come Esposizione Universale

Non è importante la tecnologia, ma i risultati che si otterranno tramite il suo utilizzo e l’esperienza d’uso che ne trarranno gli utenti, con la sicurezza di comunicare in modo corretto ed appropriato al pubblico che si è scelto.

Frequenza: ogni 5 anni

Durata: almeno 6 mesi

Area: non si prevedono limitazioni

Tema: generale (che interessa la gamma completa dell’esperienza umana).

Esposizione Internazionale Riconosciuta - comunemente nota come Esposizione Internazionale o specializzata •

Frequenza: durante gli intervalli tra due Esposizioni Internazionale Registrate

Durata: almeno 3 mesi

Area: almeno 25 ettari

1 Il contenuto presentato in sezione è preso dai documenti ufficiali dell’Expo 2015 di Milano, disponibili sul sito www.milanoexpo-2015.com 5


Tema: specializzato (sono solitamente unite da un tema comune).

locali, frutto d’esperienze millenarie sulle quali oggi si innestano forti innovazioni scientifiche e tecnologiche. Le istituzioni pubbliche, le imprese private, le associazioni umanitarie, le organizzazioni non governative, le rappresentanze dei consumatori e dei produttori promuovono, lungo l’intera filiera agro-alimentare, lo sviluppo dei sistemi economici e sociali di tutto il Pianeta.

Il tema dell’Expo: Feeding the Planet, Energy for Life All’Expo i grandi problemi dello sviluppo sostenibile: l’Expo 2015 sarà uno straordinario evento universale che darà visibilità alla tradizione, alla creatività e all’ innovazione nel settore dell’alimentazione, raccogliendo tematiche già sviluppate dalle precedenti edizioni di questa manifestazione e riproponendole alla luce dei nuovi scenari globali al centro dei quali c’è il tema del diritto ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutto il pianeta.

All’Expo in mostra la frontiera della scienza e della tecnologia: •

Preservare la bio-diversità, rispettare l’ambiente in quanto eco-sistema dell’agricoltura, tutelare la qualità e la sicurezza del cibo, educare alla nutrizione per la salute e il benessere della Persona;

Individuare strumenti migliori di controllo e di innovazione, a partire dalle biotecnologie che non rappresentano una minaccia per l’ambiente e la salute, per garantire la disponibilità di cibo nutriente e sano e di acqua potabile e per l’irrigazione;

Assicurare nuove fonti alimentari nelle aree del mondo dove l’agricoltura non è sviluppata o è minacciata dalla desertificazione dei terreni e delle foreste, delle siccità e dalle carestie, dall’impoverimento ittico dei fiumi e dei mari.

Ecco alcuni dei temi di lavoro e di dibattito: •

Rafforzare la qualità e la sicurezza dell’alimentazione, vale a dire la sicurezza di avere cibo a sufficienza per vivere e la certezza di consumare cibo sano e acqua potabile;

Assicurare un’alimentazione sana e di qualità a tutti gli esseri umani per eliminare la fame, la sete, la mortalità infantile e la malnutrizione che colpiscono oggi 850 milioni di persone sul Pianeta, debellando carestie e pandemie;

Prevenire le nuovi grandi malattie sociali della nostra epoca, dall’obesità alle patologie cardiovascolari, dai tumori alle epidemie più diffuse, valorizzando le pratiche che permettono la soluzione di queste malattie;

Innovare con la ricerca, la tecnologia e l’impresa l’intera filiera alimentare, per migliorare le caratteristiche nutritive dei prodotti, la loro conservazione e distribuzione;

Educare ad una corretta alimentazione per favorire nuovi stili di vita in particolare per i bambini, gli adolescenti, i diversamente abili e gli anziani;

Valorizzare la conoscenza delle “tradizioni alimentari” come elementi culturali e etnici.

L’Expo 2015 offrirà una grande opportunità di comunicazione e di promozione alle comunità produttive di base, agli agricoltori, alle imprese alimentari, alla catena della logistica e della distribuzione, al comparto della ristorazione, ai centri di ricerca e alle aziende che intendono:

L’alimentazione è l’energia vitale del Pianeta necessaria per uno sviluppo sostenibile basato su un corretto e costante nutrimento del corpo, sul rispetto delle pratiche fondamentali di vita di ogni essere umano, sulla salute.

Valorizzare le innovazioni e le tecnologie produttive che generano un prodotto alimentare sano;

Operare nella preparazione e conservazione dei cibi, accrescendo le competenze professionali dei loro dirigenti e dei loro dipendenti e migliorando la comunicazione con il consumatore;

Garantire la qualità del cibo con appropriati sistemi di tutela e monitoraggio delle contraffazioni e delle adulterazioni.

Perché l'Italia? L’Expo dedicata alla Sicurezza e qualità alimentare intende essere un volano per l’economia del territorio e rappresentare al meglio le eccellenze nel settore dell’alimentazione dell’Italia e di Milano.

La genuinità e la diffusione di prodotti agro-alimentari è innanzi tutto una necessità sociale, oltre a rappresentare un importante valore economico. Centrale è il ruolo del territorio, in quanto la qualità e la genuinità del cibo vanno di pari passo con la tradizione consolidata nelle attività di coltivazione e di allevamento dei popoli e delle comunità

L’alta qualità della tradizione alimentare italiana è nota e apprezzata in tutto il mondo. Il cibo italiano è amato perché è sano e genuino in quanto il piacere, la qualità, il gusto 6


alimentare, le cucine ed i prodotti regionali, la biodiversitĂ e la salute di uomini e animali fanno parte della cultura italiana del saper vivere. Il comparto italiano del cibo, secondo nel Paese per dimensione, conta 36mila aziende artigianali e medie, mezzo milione di addetti, 100miliardi di euro di fatturato annuo. Questo fattore di eccellenza dell’Italia è frutto di secoli di affinamento delle competenze degli agricoltori, dei metodi produttivi, delle pratiche agricole e zootecniche, oltre che delle scelte dell’industria alimentare e del sistema commerciale di distribuzione.

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METODOLOGIA E APPROCCIO

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INTERACTION DESIGN

finale che si farà dell’artefatto e il tipo di target al quale è rivolto e, come vedremo in seguito, quest’ultimo fattore è quello che maggiormente influenza il processo. Si terrà inoltre conto del segmento di mercato nel quale si andrà ad inserire l’artefatto e di tutte le questioni pratiche coinvolte. Infine saranno necessari dei compromessi per armonizzare i requisiti contrastanti, questo si rivelerà sicuramente più semplice se si potranno realizzare e valutare diverse proposte alternative. Le idee e le proposte alternative nate da un processo di brainstorming infatti aprono un ventaglio di possibilità tra cui scegliere e da valutare tramite mock up o prototipi visionati insieme agli utenti finali.

“La progettazione di artefatti in grado di sostenere le persone nella loro vita quotidiana e professionale” Preece, Rogers e Sharp Come già spiegato precedentemente l’Interaction Design intende creare esperienze d’uso che migliorino e potenzino il modo in cui le persone lavorano, comunicano e interagiscono. Il concetto di design è presente in diversi ambiti disciplinari e di lavoro e ognuna delle discipline che lo include ha una differente concezione di “progettazione”; secondo l’Oxford English Dictionary: “[il design] è un piano o uno schema concepito nella mente per essere successivamente eseguito”. Quindi l’atto di progettare implica la definizione di uno schema che ci guidi nella realizzazione del prodotto o servizio finale. Si dovranno inoltre tenere in considerazione diversi fattori che andranno ad influenzare la riuscita o meno del progetto.

Per poter fare questo il design dell’interazione si avvale dell’aiuto di altre discipline che concorrono a completare i metodi di ricerca, realizzazione e valutazione di un artefatto e allo stesso tempo va esso stesso a costituire la base di quelle discipline che si occupano di sistemi basati su computer rivolti a persone: il dominio interdisciplinare maggiormente conosciuto è quello dell’human-computer interaction (HCI) che “si occupa della progettazione, valutazione e implementazione di sistemi interattivi

All’interno dell’Interaction Design si investigano l’uso

Discipline accademiche, professioni del design e domini interdisciplinari che hanno a che fare con l’Interaction Design. 10


Un semplice modello di Interaction Design: lo schema rappresenta il processo iterativo che viene seguito per giungere al prodotto finale passando per l’identificazione dei bisogni, la progettazione, l’implementazione e la valutazione del risultato ottenuto.

basati su computer a uso di esseri umani e dello studio dei principali fenomeni che li circondano1”.

In particolare si possono individuare due sotto-attività: conceptual design e progettazione fisica. Il primo consiste nella definizione del modello concettuale del prodotto, che cosa dovrebbe fare, come dovrebbe comportarsi e che aspetto dovrebbe avere. La progettazione fisica invece entra nel dettaglio del prodotto definendo i colori, i suoni, quali immagini usare o quali icone scegliere. In seguito si valuteranno le alternative per ogni aspetto.

Il processo seguito dal design dell’interazione presenta quattro attività2 cardine di cui si avvale per la progettazione: Identificare i bisogni e stabilire i requisiti È necessario scoprire chi sono gli utenti a cui ci rivolgiamo, l’ambito in cui lavorano, si muovono e vivono così da capire che tipo di sostegno potremmo offrirgli. Infatti la conoscenza profonda di questi aspetti ci aiuterà a capire i bisogni e quindi a stabilire i requisiti che il prodotto dovrà avere. In seguito vedremo i diversi metodi per raccogliere le informazioni legate all’utente in un approccio basato su quest’ultimo.

Costruire versioni interattive delle proposte di design Il modo migliore e più sensato per poter valutare le proposte è quello di interagire con esse, quindi si vede necessaria la realizzazione di versioni interattive delle proposte di design elaborate durante l’attività precedente. Ci sono molti modi per “veicolare” l’interazione e, a differenza di quanto molti potrebbero pensare, non è necessario realizzare da subito un prototipo funzionante che riproduca fedelmente quello che sarà il prodotto finale; questo tipo di valutazione sarà l’ultimo ad essere realizzato, dopo che si saranno fatte già molte verifiche, sia a causa del costo in termini di tempo e denaro, ma soprattutto perché presentare da subito un prototipo finito preclude molte soluzioni alternative che potrebbero invece scaturire da un confronto con un prototipo “aperto” (non ancora completamente definito). I mock up di carta sono un mezzo rapido e poco costoso, ma allo stesso tempo molto efficace per identificare problemi sin dalle prime fasi del design e attraverso un gioco di ruolo, gli utenti possono farsi un’idea molto precisa di cosa potrebbe voler dire interagire con il prodotto. In

Sviluppare proposte alternative Una volta raccolte tutte le informazioni necessarie ciò che bisogna fare è generare idee che permettano di soddisfare i requisiti individuati. In questa fase è quindi molto utile una sessione di brainstorming, poiché la radice dell’attività di progettazione è quella di avere diverse possibilità da mettere in pratica e tra cui scegliere e valutare; questo, come ho già detto in precedenza, ci permetterà di essere più elastici quando si dovrà realizzare una soluzione finale. 1 “Interaction design” Preece, Rogers e Sharp. 2 Questa classificazione fa riferimento a Preece, Rogers e Sharp come descritto all’interno del loro libro “Interaction design”. In realtà vi sono diverse classificazioni, questa che viene presentata è una delle più accurate. 11


particolare, un metodo spesso utilizzato all’interno della simulazione, è quello del “Mago di Oz”: l’utente si trova di fronte ad un prototipo col quale interagisce come se fosse già il prodotto finale, con la differenza che non è un software o un artefatto interattivo a tutti gli effetti quello che sta maneggiando, bensì un operatore che ne simula il funzionamento finale.

supportati in modi diversi. Tutto ciò è ottenibile grazie ad un profondo lavoro di ricerca. Di seguito vedremo quali processi di design ci aiutano ad individuare e capire meglio questi due aspetti.

USER CENTERED DESIGN (UCD)

Valutare le soluzioni proposte

“Non ci può essere innovazione senza osservazione”

La valutazione permette di determinare l’usabilità e l’accettabilità di una proposta o di un prodotto utilizzando criteri diversi fra cui, ad esempio, il numero di errori commessi durante il suo utilizzo, la sua capacità di attrazione (look and feel), la sua capacità di soddisfare i requisiti, etc.

Tim Mott Un designer non può prevedere ciò che l’utente farà con il prodotto da lui creato, il modello concettuale che creerà nella sua mente, e seguire delle linee guida ergonomiche non è sufficiente per avere un buon livello di usabilità ed essere certi della riuscita dell’artefatto.

Lo sviluppo di proposte alternative, la costruzione di versioni interattive e la loro valutazione sono attività tra di loro fortemente interconnesse: le proposte vengono valutate grazie ai prototipi e i risultati della valutazione tornano ad alimentare lo sviluppo delle proposte formando così un flusso costante che si esaurisce solamente quando si è raggiunto un livello che soddisfi tutte le varianti. L’iterazione è una delle caratteristiche portanti del processo di interaction design, poiché permette che il progetto venga raffinato tenendo conto del feedback degli utenti. L’innovazione raramente salta fuori pronta all’uso; ha bisogno di tempo, di un’evoluzione, di prove ed errori e di una buona scorta di pazienza.

Lo User Centered Design è un approccio, una filosofia progettuale che persegue la realizzazione di prodotti e servizi seguendo costantemente quelle che sono le necessità, le limitazioni, i metodi di lavoro e le preferenze dell’utente finale. Quest’ultimi vengono coinvolti attivamente all’interno del team di ricerca e spesso anche all’interno della progettazione stessa. L’obiettivo è di facilitare il progettista a comprendere al meglio l’utilizzo dei prodotti da parte degli utenti, proporre nuove modalità per migliorare le caratteristiche del prodotto, e al tempo stesso, migliorare l’efficienza del processo progettuale. Tutte le informazioni derivano da un’accurata ricerca su utenti rappresentativi, cioè con “chi possiede delle caratteristiche rilevanti rispetto all’utente finale del prodotto”.

Quelle che abbiamo appena visto sono attività generiche che possiamo facilmente ritrovare anche in altre discipline. Il design dell’interazione utilizza queste fasi di progettazione e le implementa con altri processi altrettanto efficaci per andare a colmare tutti gli aspetti fondamentali alla corretta creazione dell’artefatto. Il bisogno di concentrarsi sull’utente rappresenta,secondo molti, uno dei pilastri del processo di design ed è importante per ottenere il flusso iterativo di cui abbiamo parlato. Un altro aspetto importante è capire quelli che sono i bisogni delle persone e per identificarli non andremo dalla gente a chiedergli: “Di cosa hai bisogno?” per poi portarglielo, perché le persone non sanno necessariamente che cosa sia possibile. È necessario avvicinarsi alla questione comprendendo quali siano le caratteristiche e le capacità degli utenti, quale obbiettivo debbano raggiungere, come lo fanno adesso e se otterrebbero dei risultati migliori nel caso fossero

È necessario coinvolgere persone con caratteristiche differenti, in modo da rappresentare diverse tipologie di utenti. Il ruolo dell’utente rappresentativo è quello

Il processo: dall’analisi alla soluzione. 12


DESIGN THINKING

di definire, in collaborazione con i progettisti, i requisiti iniziali di progetto e verificarne, in un secondo momento, la coerenza con gli stessi.

È un “pensiero progettuale”, un processo per la risoluzione pratica e creativa di problemi che segue un particolare flusso divergente e convergente. Si basa molto sull’UCD descritto precedentemente, sull’utilizzo di metodi di ricerca semplici per validare le supposizioni con fatti, sul brainstorming e altri metodi per rompere gli schemi mentali e i preconcetti ed incentiva la multidisciplinarietà.

In primo luogo si dovranno comprendere i contesti d’uso: ciò che l’utente pensa e fa, gli schemi, le routine, le pratiche e i sistemi socioculturali e socio tecnici che costituiscono il patrimonio di valori, credenze, aspettative e visioni. Si può capire l’esperienza quotidiana degli utenti attraverso l’osservazione diretta (approccio etnografico), i Cultural Probes, i Focus Group e le interviste. In seguito si potranno stabilire i requisiti con l’aiuto di scenari e personas; i primi sono una “descrizione narrativa informale” (Carroll) che ci sostiene nell’immaginazione di situazioni di utilizzo del prodotto, in diversi contesti, per discutere le possibilità, i bisogni e i requisiti sviluppati ed eventuali modifiche. Le personas (Alan Cooper, 1992) invece servono a creare dei personaggi di riferimento, una sintesi descrittiva che si rifà agli utenti osservati e presi in considerazione; non sono persone reali, ma nemmeno totalmente inventate, ognuno ha delle motivazione, delle necessità, delle preferenze e dei metodi di interazione che, combinati con gli scenari, diventano dei validi strumenti di progettazione.

Il flusso della progettazione segue una marea che si espande durante una prima fase di ricerca delle informazioni, con l’afflusso di molteplici idee e possibilità, e in seguito converge verso la sintesi di una soluzione ottimale. All’interno di questo processo si possono distinguere in particolare le seguenti fasi: Definizione • decidere quale questione si sta cercando di risolvere; • concordare su quale sarà l’utenza finale;

Infine si potrà passare alla progettazione tramite l’utilizzo di modelli concettuali, prototipi e tutti i vari strumenti già illustrati nel processo di design dell’interazione.

• fissare le priorità del progetto; • determinare cosa agevolerà la riuscita di questo progetto;

L’approccio dell’UCD è stato descritto anche all’interno della norma ISO 13407.

• stabilire un glossario dei periodi di lavoro.

Schema esplicativo del processo seguito dal Design Thinking. ©Nate Burgos e Adam Kallish (2006), basato sul lavoro di John Chris Jones. 13


Ricerca

Apprendimento

• rivedere il risultato e ricordare qualsiasi ostacolo esistente;

• raccogliere i feedback del consumatore; • determinare se la soluzione incontra i suoi obbiettivi;

• raccogliere esempi di altri tentativi fatti per risolvere la stessa questione;

• discutere cosa potrebbe essere migliorato;

• annotare coloro che supportano, coloro che investono e coloro che valutano il progetto;

• misurare i successi, raccogliere i dati; • documentare.

• parlare con gli utenti finali, questo vi porterà le idee più fruttuose per la successiva progettazione;

• identificare i bisogni e le motivazioni degli utenti finali;

Solitamente ad ogni fase corrisponde un deliverable, cioè un documento di requisiti che chiude una fase e ne sintetizza le attività, permettendo all’altra di partire con tutti gli input corretti e necessari, questo poiché non è detto che in ogni fase ci sia lo stesso team di competenze.

• generare tante idee quante possibili per servire i bisogni individuati;

LIVELLI DEL DESIGN

• tenere in conto le opinioni dei leader. Ideazione

• registrare le sessioni di brainstorming; • non giudicare o discutere le idee;

Il design dell’interazione, come proposto nel “modello ad uovo” di Patrizia Marti e Antonio Rizzo dell’Università di Siena, prevede diversi livelli di intervento. Questo ci permette di identificare il tipo di progetto che stiamo per iniziare e di sapere fin dall’inizio quali aspetti vi concorreranno ed in che misura (ce ne parlerà anche Gabriele Molari all’interno della sua intervista).

• durante il brainstorming, tenere una conversazione alla volta. Prototipazione • combinare, espandere e affinare le idee; • creare molteplici bozzetti e mock up; • raccogliere feedback da vari gruppi di persone, inclusi gli utenti finali;

Questo modello è uno schema euristico ispirato all’Activity Theory e al triangolo di mediazione proposto da Lev Vygotsky (1978). È il risultato della combinazione tra questi concetti teorici e una varietà di altre esperienze di design.

• presentare una selezione di idee all’utente; • riservare i giudizi e mantenere la neutralità. Scelta

Il modello utilizza la metafora dell’uovo per definire il ruolo che le fasi fondamentali del processo di design giocano nei tre livelli di progettazione. I tre livelli sono: reattivo, proattivo ed emergente.

• rivedere gli obbiettivi; • mettere da parte le emozioni e la provenienza delle idee; • ricordare: la soluzione più pratica/fattibile non è sempre la migliore; • selezionare le idee forti. Implementazione • fare una descrizione dei compiti; • pianificare i compiti; • determinare le risorse; • assegnare i compiti; • eseguire;

Marti P. e Rizzo A. (2003) “Levels of design: form usability to experience“.

• consegnare all’utente. 14


Livelli

Utente

Reattivo

“So cosa voglio e posso mostrare quali sono le condizioni da soddisfare e i risultati che voglio raggiungere.”

Proattivo

Emergente

Designer

Il designer viene chiamato a risolvere problemi per attività già stabilite o per compiti umani già mediati da strumenti o sistemi esistenti e pienamente operativi. “Sono interessato, non posso dire Il designer è chiamato a sviluppare un nuovo precisamente cosa cerco in termini di sistema o servizio per un’attività umana ben azioni e risultati, ma durante l’evoluzione definita che supporta una determinata categoria del progetto cercherò di dirtelo.” di utenti. “Sono curioso, ma non so cosa implichi Il designer deve prevedere e creare nuove attività rispetto alle mie azioni né cosa mi posso umane, nuovi modelli d’interazione progettati aspettare come risultato.” insieme alle tecnologie.

Come si può vedere nell’immagine, i diversi livelli dell’interaction design vengono suddivisi sulla base dei problemi di usabilità da risolvere, e ai livelli d’intervento necessari. Il modello presenta un approccio che non è rivolto solamente alla soluzione dei problemi di usabilità, ma punta al potenziamento dell’attività umana, obbiettivo da sempre molto evidente nell’Interaction design.

Questo è il per cui nella schematizzazione visiva del modello, questo livello comprende gran parte dell’area dedicata alla valutazione, mentre l’attività di analisi e di generazione di concept hanno un ruolo minore. Un esempio di design reattivo potrebbe essere il miglioramento di un sito web e-commerce, al fine di migliorare l’esperienza di acquisto dell’utente.

Questa schematizzazione serve ad orientare il progettista nella scelta del metodo di design più idoneo per rispondere alle esigenze del prodotto che sta progettando.

Livello proattivo I designer sono chiamati a sviluppare un nuovo sistema per supportare attività umane già esistenti.

Livello reattivo

Un esempio può essere la progettazione di una nuova guida turistica elettronica per visitare un museo. L’utente, durante la visita al museo, ha bisogno di chiare e dettagliate informazioni sulle opere che gli vengono presentate e sui percorsi da seguire per non perdersi. Generalmente nei musei si fa fronte a queste esigenze dell’utente grazie all’uso di spiegazioni scritte vicino alle opere esposte e a cartelli che indicano i percorsi da intraprendere. La guida turistica elettronica può offrire molto di più agli utenti: narrazioni sul tema della mostra, adattamento del contenuto ai differenti utilizzatori, creazione di interfacce interattive che guidano l’utente all’interno del tema dell’esposizione, Parti coinvolge all’interno del etc. La visita all’interno del

A questo livello si rivela necessario risolvere problemi di usabilità al fine di migliorare l’interazione dell’utente con l’artefatto; l’attività umana presa in considerazione esiste già, quindi è già conosciuta ed è già stata sviluppata. Il compito dei designer è migliorarne il funzionamento, riprogettando alcune parti o l’intero sistema, in modo da renderne più semplice ed intuitivo l’utilizzo, tenendo in considerazione non soltanto l’utente finale, ma anche tutti gli stakeholder.

Parti coinvolge all’interno del design reattivo.

I requisiti sono stati già individuati precedentemente, durante la progettazione, ciò che si rende necessario sarà piuttosto individuare i problemi ed i difetti per poterli successivamente corregere.

design proattivo. 15


museo verrà migliorata offrendo all’utente una nuova esperienza. La differenza con il design reattivo è che i designer non devono ridefinire un sistema già esistente con soluzioni adeguate, ma devono offrire nuove opportunità di fruizione. Le tre fasi presenti in questo livello (valutazione, analisi delle attività e progettazione dei concept) sono equilibrate tra loro; infatti è necessaria un’attenta analisi delle attività da cui si dovranno poi produrre dei concept e un’accurata fase di prototipazione delle soluzioni. L’obbiettivo è quindi di sviluppare un prodotto innovativo capace di soddisfare i requisiti di progettazione e al contempo di offrire agli utenti nuovi metodi per usufruire dell’artefatto. Livello emergente I designer sono chiamati a progettare nuove tecnologie per nuove attività umane. È con il terzo livello che la tecnologia diventa un driver per la creazione di nuove esperienze all’interno dello spazio fisico, attivando nuove logiche e nuovi livelli di interazione tra persone e spazio/ artefatto, tra persone e brand e tra persone e persone. Con il termine “creative design” spesso ci si riferisce a questo livello in cui sia gli artefatti sia le attività sono nuove. In questo livello di design non si può contare su requisiti predefiniti. Viene affrontata una fase divergente di generazione di concept insieme ad un’analisi delle tecnologie e delle attività, come descritto all’interno del Design Thinking. Si utilizzeranno inoltre degli scenari, concentrandosi sull’esperienza d’uso come si può notare nella schematizzazione grafica: viene dato molto spazio all’analisi di attività e alla creazione di concept.

Parti coinvolge all’interno del design emergente. 16


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ALIMENTAZIONE “Dimmi come mangi e ti dirò chi sei” Coleridge

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NEL MONDO E IN ITALIA

con conseguente aumento di malattie e di problemi di salute. Primo fra tutti l’obesità, che porta con se non soltanto un notevole aumento di peso, ma problemi cardiovascolari e malattie legate all’apparato digerente. Negli Stati Uniti è diventata la seconda causa di morte dopo il fumo, conseguenza di un’alimentazione basata su molti zuccheri, grassi e cibi ipercalorici, il cosiddetto junkfood che non apporta tutti i nutrienti necessari al nostro corpo. In Australia gli esperti hanno affermato che la generazione a venire potrebbe essere la prima a non vivere più a lungo dei propri genitori.

L’alimentazione è un aspetto molto importante della nostra vita perché, anche se non ce ne rendiamo conto, ciò che mangiamo nella sua misura incide su ciò che siamo, il nostro regime alimentare determina la nostra salute fisica, la nostra concentrazione e a volte anche il nostro umore. Però, essendo qualcosa di comune, il cibo non viene rivestito di molta importanza, non si pone cioè molta attenzione al tipo di dieta che si segue. Non sempre questo comporta conseguenze gravi, del resto nessuno di noi può garantire di mangiare in maniera corretta, nella misura giusta e nei momenti giusti della giornata! Con il tipo di vita che conduciamo non ci è possibile, tuttavia esiste un limite oltre al quale l’abuso o lo scorretto approccio verso il cibo può iniziare a crearci dei problemi e questo accade sempre più spesso in tutto il mondo.

Anche se può sembrare una visione abbastanza catastrofica o eccessiva i dati sono sufficientemente chiari, come visualizzato all’interno del grafico. Quello che però interessa a noi è l’Italia, il paese della dieta mediterranea, della buona cucina e delle buone abitudini! Anche da noi il problema dell’obesità è in aumento, sia negli adulti che nei bambini, e le abitudini alimentari stanno peggiorando, soprattutto nel sud Italia.

Così, oltre a dover affrontare il già ben noto problema di un’alimentazione scarsa o pressoché inesistente nei paesi in via di sviluppo, ora dobbiamo anche vedere l’altra faccia della medaglia, cioè la presenza sempre maggiore di disturbi alimentare all’interno dei paesi più sviluppati

Può sembrarci strano visto che a livello mondiale la nostra cucina è considerata tra le migliori e le più equilibrate, ma proprio la tranquillità di sapere che in Italia si mangia

Prevalenza dell’obesità negli USA dal 1990 al 2005. 20


bene può far sottovalutare le nozioni di una corretta dieta per mangiare giusto. In particolare ce lo dice il Rapporto Osservasalute 20081, pubblicato il 3 marzo 2009 a Roma: gli italiani sono uniti nelle cattive abitudini, aumentano così i fattori di rischio per molte malattie lungo tutto lo stivale.

84% del fabbisogno medio giornaliero). Inoltre, si assiste alla polarizzazione (diminuzione dei consumatori, ma tra gli amanti di questi cibi si intensificano i consumi) nel consumo di vegetali e frutta e di pesce e latte. Crescente risulta il consumo di dolci e legumi e fortemente crescente quello di snack salati (dal 54,6% di consumatori nel 2003 al 56,8% del 2007). Positivo solo l’andamento riguardante i grassi per cottura e condimento: risulta crescente l’uso di olio d’oliva e decrescente quello dell’olio di semi e burro.

Dal confronto dei dati raccolti nelle precedenti indagini (Rapporti Osservasalute 2005-2007) emerge che la percentuale di persone in sovrappeso è cresciuta progressivamente passando dal 33,5% (rapporto 2005) al 33,6% (rapporto 2006), per salire ancora al 34,6% fino al dato attuale del 35%, lo stesso trend ha seguito l’obesità: 8,5%, 9%, 9,9% e 10,2%. L’Italia, dunque, si appesantisce sempre di più, la percentuale degli uomini in sovrappeso (43,8%) è quasi il doppio di quella del sesso femminile (26,8%), differenza valutabile in ogni classe di età. I dati stratificati per sesso ed età mostrano che la prevalenza di sovrappeso ed obesità aumenta progressivamente all’avanzare dell’età, con un interessamento soprattutto delle fasce dai 45 ai 74 anni.

Si rileva anche un basso consumo di frutta e verdura, solo il 5,3% delle persone mangiano almeno 5 porzioni al giorno di ortaggi, verdura e frutta come raccomandano i nutrizionisti. Nondimeno c’è da sottolineare che esiste un gradiente Nord-Sud decrescente piuttosto marcato per la percentuale di persone di 3 anni ed oltre che consumano almeno 5 porzioni al giorno di ortaggi e frutta: tutte le regioni settentrionali presentano valori al di sopra della media nazionale, mentre tutte le regioni meridionali si collocano al di sotto. Le regioni centrali si distribuiscono intorno alla media.

Le regioni del Sud presentano la prevalenza più alta di persone che risultano in sovrappeso (Basilicata 40,4%, Campania 39,8%, Sicilia 38,2%, Calabria 37,9%) ed obese (Sicilia 10,9%, Basilicata 12%, Puglia 11,7% e Campania 11,2%) rispetto alle regioni settentrionali (Piemonte, Valle D’Aosta e Lombardia); anche se rispetto ai dati riportati nel Rapporto Osservasalute 2007, si osserva una tendenza in leggero aumento anche per le regioni del Nord, sia per quanto riguarda le persone in sovrappeso che per quelle obese.

Per i bambini di 3-5 anni è significativo il trend crescente del gruppo delle carni, pesce e uova e in particolare per i salumi (dal 79,7% dei consumatori nel 2001 all’82,7% nel 2007) dovuto ad un aumento del consumo giornaliero. Accanto all’alimentazione è molto importante anche l’attività fisica, negli adulti come nei bambini, ma se nel Rapporto 2007 solo il 20,9% della popolazione ha dichiarato di praticare in modo continuativo uno o più sport nel tempo libero, quest’anno il rapporto indica che a farlo è il 20,5% degli italiani. Anche quest’anno come nella precedente edizione risulta che solo il 10,3% degli italiani pratica sport in modo saltuario, mentre gli individui che non svolgono alcuna attività sportiva sono il 41,1%. Sono soprattutto i giovani a svolgere attività sportiva in maniera costante, in particolare tra i 6 e i 24 anni. Come già rilevato nel Rapporto Osservasalute 2007, è confermata una importante dicotomia geografica con le regioni meridionali in cui la prevalenza di coloro che dichiarano di svolgere attività fisica in maniera continuativa è nettamente inferiore (Campania 15,1%, Puglia 15,2%, Calabria 12,9%, Sicilia 14,3%) rispetto al Nord (PA di Bolzano 39,9%, Valle D’Aosta 27,7%, Veneto 25,8% e Lombardia 24,3%).

I “chili di troppo” sono i primi a dirci quando il nostro regime alimentare è scorretto e spesso sono anche la conseguenza di altri tipi di disturbo. È così che capiamo che la tavola degli italiani è sempre più squilibrata: le tendenze evolutive che emergono dal confronto con le precedenti edizioni di Osservasalute, prendendo in esame il trend dal 2001 al 2007, mostrano comportamenti che si allontanano sempre di più da quella che è una dieta auspicabile. Si registra la diminuzione del consumo di alimenti proteici come carni bianche che contengono pochi grassi e uova, di cereali, di patate, cosa che non fa ben sperare per il recupero dei carboidrati che dovrebbero essere assunti in una dieta equilibrata (circa

I dati riportati relativi alle cattive abitudini e alla scorretta alimentazione con conseguente aumento di peso o addirittura obesità, riguardano anche i bambini. Inoltre, laddove non sono ancora presenti disturbi di alcun tipo,

1 Comunicato stampa redatto dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, con la collaborazione dell’Università Cattolica di Roma. 21


scienziato americano Ancel Keys (1904-2004), autore del libro “Eat well and stay well, the Mediterranean way”, come dimostrò nella sua vita da centenario!

Percentuale dei bambini di 7-11 anni in sovrappeso o obesi.

Fortunatamente sono presenti diversi enti, pubblici e privati, che si preoccupano dei consumatori e diffondono informazioni sugli alimenti, con particolare attenzione ai bambini. A livello internazionale è presente il World Health Organization (WHO) che ogni anno indice un’Assemblea Mondiale della Salute dove, nel 2007, è stato raggiunto un accordo per elaborare un elenco di raccomandazioni relative alla promozione e commercializzazione, rivolta ai bambini, di bibite analcoliche e alimenti, quale parte integrante per l’attuazione della Strategia Globale di prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili (MNT)2. Il Consumers International (CI), federazione mondiale di organizzazioni di consumatori; sono membri più di 220 organizzazioni di 115 Paesi, in tutte le regioni del mondo, in particolare dall’Italia aderiscono l’ACU (Associazione Consumatori Utenti), Altroconsumo, Generazione Attiva e l’Unione Nazionale Consumatori. A livello europeo troviamo l’EUFIC (European Food Information Council); mentre nel nostro paese, oltre al Ministero della Salute e al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, è presente la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), che si è presa cura dell’elaborazione e diffusione del LARN (Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati di Energia e Nutrienti per la popolazione italiana), manuale che viene preso in considerazione per la creazione di molte diete, tra cui quelle delle mense scolastiche; l’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) che, insieme al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ha redatto un manuale di “Linee Guida per una sana alimentazione italiana”; ed infine il già citato Altroconsumo, un’associazione di consumatori, indipendente e senza fini di lucro, il cui obbiettivo è l’informazione e la tutela e che, con i suoi 300.000 soci, è una delle prime e più diffuse in Italia, e molti atri ancora.

è molto probabile che si sviluppino a causa di una cattiva educazione da parte degli adulti: essendo i genitori coloro che si occupano dell’alimentazione dei propri figli, se questi hanno problemi di sovrappeso o disturbi causati da uno squilibrio a tavola, i loro figli saranno molto più esposti al rischio di assumere gli stessi problemi e comportamenti sbagliati poiché non avranno radici cultur-alimentari a sostenerli. Quindi purtroppo anche in Italia il problema si sta aggravando e, considerando il grafico sulla situazione degli Stati Uniti, siamo agli stessi livelli dello stato dell’Illinois nel 2005. Per quanto invece concerne un confronto europeo riguardo alla situazione infantile fino a pochi anni fa, non possiamo dire di essere tra le migliori posizioni. Risulta inoltre chiaro che la diffusione di questo problema subisce forti variazioni geografiche con una maggiore incidenza nei Paesi del Sud ed Est Europa. Certo se ci vedesse ora il nutrizionista Lorenzo Piroddi (Genova 1911-1999), “padre” della dieta mediterranea, forse gli verrebbe un po’di rabbia, come anche allo

2 Prevention and control of non-communicable diseases: implementation of the global strategy. WHA60.23, 23 May 2007. 22


RAPPORTO OSSERVASALUTE 20081 Bolzano: vince la prova della bilancia Con solo il 30,3% delle persone dai 18 anni in su in sovrappeso, quota minima in Italia (35%), la PA di Bolzano è la migliore in fatto di silhoutte; non va male neanche per la presenza di obesi, sono il 8,5%, contro un valore medio nazionale di 10,2%. Non a caso è a Bolzano che si pratica più sport, il 39,9% dei cittadini della PA lo pratica in modo continuativo contro solo il 20,5% medio nazionale. I sedentari sono solo il 14,5%, valore minimo in Italia, mentre la media italiana di chi non pratica proprio nessuno sport è pari al 41,1%. Trento: il maggior numero di persone che mangiano 5 porzioni di frutta e verdura al giorno Gli abitanti della Provincia Autonoma di Trento sanno come proteggere la propria salute a tavola: sono, infatti, quelli che in Italia mangiano più frutta e verdura, rispettando la regola delle cinque porzioni al dì. L’8,5% (vs 5,3) non si dimentica mai di questa regola (si noti che nel 2006, in Italia, la proporzione di persone che assume almeno 5 porzioni al giorno di ortaggi, verdura e frutta - indicatore obiettivo - è uguale a 5,3%, ossia esattamente la stessa che si riscontrava per l’anno precedente). Inoltre, il 54,3% (vs 41,3) delle persone di tre anni e oltre, consuma ortaggi almeno una volta al giorno ed è la percentuale massima registrata in Italia. Liguria: la Regione con la minore percentuale di obesi La Liguria ha una bella linea, è la Regione italiana con la minore percentuale di obesi: infatti, la prevalenza di persone obese di 18 anni ed oltre è solo il 7,3% in Liguria, contro un valore medio nazionale di 10,2%. 1 Alcuni “buoni esempi” estratti dal Comunicato Stampa pubblicato a Roma il 3 marzo 2009

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CORRETTA ALIMENTAZIONE1

atteggiamenti dei consumatori nei confronti di cibo, alimentazione e salute) nel 2005 ha rilevato che, in tutti gli stati membri europei, i cinque principali fattori che influenzano la scelta alimentare sono ‘qualità/freschezza’ (74%), ‘prezzo’ (43%), ‘gusto’ (38%), ‘cercare di mangiare sano’ (32%) e ‘quello che vuole mangiare la mia famiglia’ (29%)3.

Mangiare non significa semplicemente soddisfare la sensazione fisica della fame, non si mangia solo per placare il brontolio dello stomaco, ma anche per soddisfare l'appetito e le proprie emozioni: il cibo spesso diventa un reale veicolo emotivo, una importante traiettoria comunicativa, oltre che un ovvio strumento per vivere e mantenere la propria salute. Questo fa del cibo un argomento complesso di cui parlare, poiché è necessità, cultura, tradizione, storia, religione, arte ed emozione allo stesso tempo.

L’esigenza percepita tra gli Europei di modificare le abitudini alimentari è ridotta, con il 71% che ritiene di avere una dieta adeguata. Questo conferma che la nutrizione e il mangiare sano non vengono percepiti come elementi di grande rilevanza nella scelta dei cibi. Ma da cosa dipende la nostra nutrizione? Ovvero quali sono i criteri per determinare cos’è il “mangiare sano”?

Considerata l’importanza del cambiamento delle abitudini alimentari della popolazione, risulta molto importante comprendere quali elementi determinano la scelta dei cibi; quest’ultima infatti, è influenzata da molti fattori correlati: gli impulsi fondamentali che ci spingono a mangiare o meno sono naturalmente la fame e la sazietà, ma ciò che scegliamo di mangiare non è determinato unicamente da bisogni fisiologici o nutrizionali. All’interno della nostra scelta alimentare infatti, entrano in gioco altri fattori quali le proprietà sensoriali dei cibi, come il gusto, l’odore o l’aspetto; i fattori sociali, emozionali e cognitivi che condizionano la nostra scelta: preferenze e avversioni, conoscenze e atteggiamenti correlati alla dieta e alla salute, abitudine o contesto sociale. Per determinati individui, possono essere particolarmente importanti i valori personali, le esperienze di vita, o le capacità (ad es. culinarie), le convinzioni di una persona e le percezioni, quali le barriere percepite per seguire una dieta sana; infine anche i fattori culturali, religiosi ed economici limitano la nostra scelta. L’istruzione, i fattori etici e la disponibilità, la visibilità o i prezzi dei prodotti rivestono un ruolo importante nelle nostre scelte.

Le nostre abitudini alimentari dovrebbero dipendere quasi totalmente dal nostro stile di vita: il tipo di lavoro che facciamo, l’attività fisica che svolgiamo, i mezzi che utilizziamo per muoverci, etc; dal nostro stile di vita dipenderà l’apporto calorico giornaliero necessario per sostenerci durante tutte le attività che svolgeremo quotidianamente. La nostra vita però sta cambiando molto rispetto a prima: abbiamo macchine per muoverci, internet e telefonini per comunicare, robot che ci sostituiscono nelle mansioni più faticose, quindi il fabbisogno energetico delle persone con l’andare del tempo diminuisce e anche l’apporto calorico della dieta deve seguire questo regime, cioè adeguarsi a quelle che sono effettivamente le nostre necessità energetiche, altrimenti si rischia di assumere una quantità sbagliata di cibo (maggiore o minore) con conseguenze per il nostro stato fisico e spesso anche psicologico. In particolare “il fabbisogno energetico viene definito come l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico di individui che mantengano un livello di attività fisica sufficiente per partecipare attivamente alla vita sociale ed economica e che abbiano dimensioni e composizione corporee compatibili con un buono stato di salute a lungo termine” (WHO, 1985).

Questa moltitudine di fattori illustra come il “mangiare sano” sia soltanto una delle molte considerazioni inerenti alla scelta del cibo! La PanEuropean Survey of Consumer Attitudes to Food, Nutrition and Health2 (Inchiesta paneuropea sugli

Oltre che dalle nostre attività e abitudini, il nostro fabbisogno dipende molto dal nostro Metabolismo di Base (MB); quest’ultimo rappresenta la somma

1 Questa sezione intende chiarire, da un punto di vista generico, come si può determinare una corretta alimentazione, fornendo alcuni strumenti utili e linee guida che ci indirizzino nella scelta degli alimenti e della loro quantità. Le informazioni riportate provengono da guide redatte da enti qualificati quali il SINU, l’INRAN e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. 2 EUFIC, FOOD TODAY 12/2004

3 Si tratta di risultati di media ottenuti raggruppando tutti i dati relativi agli Stati Membri Europei, notevolmente diversi da Paese a Paese. 24


dell’energia utilizzata per compiere i lavori interni necessari all’organismo; il MB di un adulto è determinato dal peso e dalla composizione corporea, oltre che dall’età e dal sesso.

Lipidi I lipidi, detti comunemente grassi, si dividono essenzialmente in due tipi: saturi ed insaturi. I grassi saturi, solidi a temperatura ambiente, di solito sono di origine animale: la panna, il burro, il lardo, lo strutto, etc. Sono molto importanti poiché sono una fonte di energia per il nostro organismo, ma se si ha uno stile di vita poco attivo, facilmente vengono trasformati in “grasso di deposito” e possono alterare la fluidità del nostro sangue. I grassi insaturi invece, sono liquidi a temperatura ambiente ed è più frequente trovarli negli olii di origine vegetale,come nell’olio extravergine di oliva, o nel grasso dei pesci. Sono molto importanti per il nostro corpo perché costituiscono le membrane cellulari e contribuiscono alla fluidità del sangue.

Esistono dei valori medi riguardanti l’apporto calorico quotidiano di cui abbiamo bisogno, a seconda della nostra fascia d’età o del nostro sesso, ma un valore generico non basta, altrimenti potremmo assumere tutte le calorie di cui abbiamo bisogno mangiando solo un certo tipo di alimento, questo però non apporterebbe tutti i nutrienti di cui abbiamo bisogno; sulla base di quest’ultimi infatti, va suddiviso il nostro fabbisogno. Di seguito vedremo cosa intendiamo quando parliamo di nutrienti e la quantità giornaliera consigliata per ognuno di loro dalla SINU (Società Italiana della Nutrizione Umana).

In una dieta equilibrata i grassi dovrebbero rappresentare circa il 30% dell’energia che consumiamo, cioè più o meno 70 gr di grasso; questo però non vuol dire 70 gr di condimento, perché come già detto, i grassi sono naturalmente presenti in molti dei cibi che noi mangiamo.

I nutrienti Sono i “componenti” che troviamo all’interno del cibo, come i carboidrati o i grassi, che ci nutrono e ci danno energia, oltre ad aiutare il sostentamento e il mantenimento del nostro organismo. Ognuno ha delle proprietà utili o meno al nostro corpo, a seconda della quantità assunta, e ognuno è diversamente contenuto all’interno di ogni alimento, per questo è fondamentale variare la propria dieta, per assicurarsi di assumere tutti i nutrienti di cui abbiamo bisogno.

Particolare attenzione è stata posta negli ultimi anni nel valutare gli apporti nutrizionali di acidi grassi che presentano forme isomeriche non fisiologiche, cioè che non si trovano in natura; sono gli acidi grassi trans, che non dovrebbero superare i 5 g/die. Infatti, studi recenti suggeriscono un ruolo negativo degli acidi grassi trans nei processi del nostro organismo. L’assunzione nell’alimentazione italiana è in media di solo 1,3 g/die, contro i 5-10 g rilevati in Paesi con consumi elevati di grassi idrogenati (USA, Canada, Germania, Svezia e UK) (Pizzoferrato & Nicoli, 1994).

Proteine e Aminoacidi Le proteine sono formate da 21 aminoacidi, detti anche i “mattoncini della vita”, perché dalla diversa combinazione di queste molecole si possono formare tantissimi tipi di proteine, che hanno funzioni molto diverse nel nostro organismo. Sono proteine i muscoli, la pelle, i capelli, le unghie, ma anche altre molecole che svolgono attività fondamentali per la nostra vita, come l’emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue, o l’insulina, che è l’ormone che ci serve per regolare la quantità di glucosio all’interno del nostro organismo.

Carboidrati e Fibra alimentare I carboidrati rappresentano la fonte principale di energia per il nostro corpo, dovrebbero essere circa il 50-60% delle calorie che mangiamo ogni giorno e si dividono in carboidrati semplici e complessi. I carboidrati semplici, comunemente detti zuccheri, comprendono i monosaccaridi, quali il glucosio o il fruttosio, quest’ultimo presente nella frutta e nel miele, e i disaccaridi, quali il saccarosio dello zucchero da cucina, il maltosio e il lattosio che troviamo nel latte. Sono una fonte di energia facilmente digeribile e rapidamente assorbibile che ci dà uno sprint, una ricarica veloce.

Ma di quante proteine abbiamo bisogno? Più o meno un grammo per ogni chilo del nostro peso corporeo, questo significa che una persona di età adulta avrà bisogno di mangiare, durante l’arco della giornata, più o meno 60/70 gr di proteine. Come ben sappiamo, le proteine si trovano nella carne, nel pesce, nel latte e derivati, nelle uova e nei legumi. 25


I carboidrati complessi, i polisaccaridi, invece sono gli amidi che troviamo nei cereali e nei loro derivati, come la pasta, il pane, la pizza, il riso, oppure nei tuberi come le patate; questi carboidrati vengono digeriti più lentamente e assorbiti gradualmente, quindi forniscono una ricarica di energia che dura nel tempo; l’energia che però non utilizziamo viene immagazzinata nel nostro corpo sotto forma di grassi.

milligrammo o meno. I macro ed i microminerali entrano nella costituzione delle cellule e dei tessuti dell’organismo e derivano dagli alimenti e dalle bevande introdotti. Tra i primi troviamo minerali quali il calcio, che nell’adulto costituisce il 99% dello scheletro e dei denti, il fosforo, anch’esso depositato nelle ossa, il potassio, il sodio, il cloro e il magnesio; nei secondi invece abbiamo il ferro, che entra nella costituzione dell’emoglobina, della mioglobina e di diversi enzimi, lo zinco, il rame, il manganese, lo iodio, il cromo, il selenio, etc.

Mentre per quanto concerne la fibra alimentare, pur non potendosi considerare un nutriente, esercita effetti di tipo funzionale e metabolico che la fanno ritenere una importante componente della dieta umana. Oltre all’aumento del senso di sazietà e al miglioramento della funzionalità intestinale e dei disturbi ad essa associati (stipsi, diverticolosi), l’introduzione di fibra con gli alimenti è stata relazionata alla riduzione del rischio di malattie cronico-degenerative, quali i tumori al colon-retto, il diabete e le malattie cardiovascolari (National Research Council, 1989).

Acqua L’acqua è quantitativamente il componente predominante dell’organismo umano: infatti rappresenta circa il 60% del peso di un individuo adulto. Tale percentuale è maggiore nell’infanzia (alla nascita è circa il 77% del peso corporeo) e diminuisce progressivamente con l’età e con l’aumentare dei depositi adiposi. Il metabolismo dell’acqua è strettamente legato a quello del sodio (Janssen, 1990). L’acqua viene introdotta con gli alimenti e le bevande. È un nutriente essenziale, poiché la quantità di acqua prodotta con il metabolismo non è sufficiente a coprire il fabbisogno giornaliero; è coinvolta in una serie di funzioni molto importanti: è il solvente delle reazioni metaboliche, regola il volume cellulare e la temperatura corporea, permette il trasporto dei nutrienti e la rimozione delle scorie metaboliche. L’acqua utilizzata come bevanda favorisce i processi digestivi, è fonte di sali minerali e svolge un ruolo importante anche come diluente delle sostanze ingerite oralmente, inclusi i medicinali.

Vitamine Le vitamine sono sostanze importantissime per il nostro corpo, che non è in grado di produrle da solo e quindi dobbiamo introdurle con gli alimenti. Le vitamine liposolubili sono quelle presenti nella parte grassa degli alimenti, come la vitamina A e la vitamine E, due importanti antiossidanti, la vitamina D, fondamentale per la sintesi del tessuto osseo e dei denti, oppure la vitamina K che è un fattore anticoagulante. Le vitamine idrosolubili invece, si sciolgono nella parte acquosa degli alimenti, come le vitamine del gruppo B che servono per trasformare in energia il cibo che mangiamo, la vitamina C, anch’essa con funzioni antiossidanti, e l’acido folico, importante per il corretto funzionamento del sistema nervoso. Le vitamine sono sostanze molto delicate che si deteriorano facilmente, soprattutto durante la cottura.

Per una conoscenza più dettagliata delle quantità corrette di assunzione di ciascun nutriente la SINU ha reso disponibile, tramite il LARN, quelli che sono i Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana, presenti nella tabella riportata all’interno dell’approfondimento. Il LARN contiene inoltre una descrizione molto dettagliata di ogni nutriente con le funzioni specifiche che riveste all’interno del funzionamento del nostro organismo.

Minerali Attualmente sono ritenuti essenziali circa 1/3 degli oligoelementi minerali conosciuti, anche se non per tutti sono stati messi in evidenza sintomi specifici di carenza nell’uomo. I minerali presenti all’interno del nostro corpo si suddividono in elementi principali o macroelementi e in microelementi, cioè piccole quantità dell’ordine del 26


Tabella contenente i Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana (L.A.R.N.).

L.A.R.N.1

classe di età più elevata. Nell’adulto è stato riportato il peso desiderabile medio dei maschi e delle femmine nella popolazione italiana.

In riferimento ai dati

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Per stimare il fabbisogno in proteine, il Livello di Sicurezza (LS) è stato corretto per la qualità proteica della dieta e moltiplicato per i pesi corporei riportati nella prima colonna. Sia nei bambini che negli adulti è comunque preferibile calcolare il fabbisogno sulla base del peso dell’individuo o del gruppo di individui, utilizzando la tabella 3 del capitolo "Proteine e aminoacidi". Il valore di peso da utilizzare è quello osservato, con l’eccezione dei soggetti sottopeso e obesi per i quali va utilizzato il peso desiderabile.

1

I limiti superiori dell’intervallo di età si intendono fino al compimento del successivo compleanno (ad esempio con "1 - 3 anni" si intende da 1 anno appena compiuto fino al compimento del 4° anno). L’ultima classe di età della donna è "50 e più" poichè con la menopausa cambiano i fabbisogni di due importanti nutrienti: il calcio e il ferro. Nell’uomo l’ultima classe di età è "60 e più". 2

Nei lattanti, bambini e adolescenti, gli intervalli di peso sono i valori di riferimento ripresi dalla tabella 1 del capitolo "Energia": il limite inferiore dell’intervallo corrisponde al peso delle femmine nella classe d’età più bassa, mentre il limite superiore corrisponde al peso dei maschi nella

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Il fabbisogno di acidi grassi w 6 aumenta dopo la 10a settimana di gravidanza. 5

Nelle donne in età post-menopausale si consiglia un apporto di calcio da 1200 a 1500 mg in assenza di terapia con estrogeni. Nel caso di terapia con estrogeni, il fabbisogno è uguale a quello degli anziani maschi (1000 mg).

1 Tratto da “Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati di Energia e Nutrienti per la popolazione italiana”, a cura della Società Italiana di Nutrizione Umana (revisione 1996).

6

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Con l’eccezione del lattante, il livello di assunzione


raccomandato di fosforo è uguale in grammi a quello del calcio, il che corrisponde ad un rapporto molare fosforo/ calcio 1/1,3.

modo da soddisfare le esigenze della quasi totalità dei membri sani di un gruppo di popolazione. Tale approccio non può essere applicato alla stima dei fabbisogni energetici, le cui raccomandazioni rappresentano i fabbisogni medi di gruppo. Ciò perché sia un eccesso che un difetto di energia rispetto ai reali fabbisogni specifici individuali comportano rispettivamente un deposito o una rimozione di energia delle riserve corporee con conseguenze negative sulla salute a lungo termine.

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Il livello di assunzione raccomandato di ferro è di 18 mg nelle adolescenti mestruate e di 12 mg nelle altre. 8

L’apporto di ferro in gravidanza che corrisponde alla minore morbosità e mortalità fetale e neonatale è tale da non potere essere facilmente coperto con un alimentazione equilibrata, per cui si consiglia una supplementazione.

Il fabbisogno energetico è definito sulla base di stime del dispendio energetico piuttosto che, come avveniva in passato, sulla base della stima dell’apporto energetico con la dieta. Infatti, sebbene l’approccio basato sul dispendio energetico possa essere complicato dalla relativa scarsezza di dati sui costi energetici delle varie attività, bisogna considerare che l’approccio basato sulla stima dell’apporto energetico con la dieta è viziato dal fatto che questo non necessariamente corrisponde alla domanda energetica del corpo e può non essere compatibile con il mantenimento a lungo termine di livelli auspicabili di peso, composizione corporea e attività fisica. Nella presente edizione dei LARN l’approccio adottato per il calcolo dei fabbisogni di energia si basa sulla stima del dispendio energetico per tutti gli individui al di sopra di 10 anni di età. Al di sotto di questa età, questo approccio risulta meno affidabile in quanto non esiste una sufficiente documentazione scientifica su cui basare la stima del dispendio energetico. I pochi dati esistenti sono stati rilevati su piccoli gruppi di bambini britannici e americani, e non possono quindi considerarsi rappresentativi per l’Italia. Inoltre, il sistema adottato per la misura del dispendio energetico nella prima infanzia è stato soprattutto quello cosiddetto dell’ “Acqua Doppiamente Marcata” (2H218O), il quale è basato su una serie di ipotesi (International Dietary Energy Consultancy Group, 1990) che - valide per l’adulto - non sono interamente rispettate nell’organismo in crescita.

9

Poichè la dieta è spesso carente di iodio, per la copertura dei fabbisogni si consiglia l’uso di sale arricchito con iodio. 10

La niacina è espressa come niacina equivalenti in quanto comprende anche la niacina di origine endogena sintetizzata a partire dal triptofano (1 mg di niacina deriva da circa 60 mg di triptofano). 11

Il fabbisogno in vitamina B6 è stato calcolato sulla base di 15 m g/g di apporto proteico e considerando che circa il 15% dell’apporto energetico è assicurato dalle proteine sia nel bambino che nell’adulto. 12

Un aumento dell’apporto di folati nel periodo periconcezionale costituisce un fattore di protezione dalla spina bifida nel nascituro. 13

La vitamina A è espressa in g di retinolo equivalenti (R.E. = 1 g di retinolo = 6 g di betacarotene = 12 g di altri carotenoidi attivi). 14

In gravidanza, per i noti effetti teratogeni legati ad eventuali dosi eccessive, vanno assunti supplementi di vitamina A solo dietro indicazione del medico, e comunque con dosi che non superino i 6 mg di R.E. 15

Per la vitamina D, gli intervalli comprendenti lo zero indicano che il gruppo di popolazione considerato dovrebbe essere in grado di produrre un'adeguata quantità di vitamina D in seguito all'esposizione alla luce solare. Il valore più elevato dell’intervallo è la stima dell’apporto raccomandato per gli individui con sintesi endogena minima. Il valore singolo indica che è prudente, per tutti i soggetti della classe considerata, assumere (con la dieta o mediante supplementazione) la quantità indicata di vitamina D.

È legittimo quindi mantenere una riserva prudente nei confronti di questi dati che potrebbero essere affetti da errori sistematici, se pur lievi. Per tale motivo l’approccio adottato per la stima dei fabbisogni di energia tra 0 e 10 anni si basa ancora su dati di assunzione di energia. Si ritiene comunque utile riportare che, come menzionato nelle RDA del Regno Unito (Department of Health, 1991), i livelli energetici fissati dalla FAO/WHO/UNU per i bambini (WHO, 1985) sulla base di misure degli apporti di energia risultano leggermente superiori rispetto a quelli calcolati mediante misure con il metodo dell’acqua doppiamente marcata.

* Per coprire tali fabbisogni potrà talvolta essere conveniente consumare alimenti fortificati o completare l’apporto dietetico con una supplementazione. Considerazioni generali Le raccomandazioni sui livelli di assunzione dei singoli nutrienti vengono elaborate includendo un margine che tiene conto della variabilità dei fabbisogni individuali, in 28


Ciò che può risultare ancora un po’ problematico è sapere cosa e quanto dobbiamo mangiare per assumere correttamente i nutrienti di cui si è detto prima, vi è cioè la necessità di tradurre i fabbisogni di energia e di nutrienti indicati dal LARN in quantità di alimento nell’ordine di porzioni standardizzate. Si definisce "porzione" la quantità standard di alimento espressa in g, che si assume come unità di misura da utilizzare per un’alimentazione equilibrata. La tabella a lato illustra le porzioni dei principali alimenti dei vari gruppi e numero di porzioni per comporre una razione alimentare giornaliera di circa 2000 kcal.

GRUPPI DI ALIMENTI

ALIMENTI

PORZIONE

N.° PORZ./DIE

LATTE E DERIVATI

Latte

g 125 (un bicchiere)

2

Yogurt

g 125 (un vasetto)

Formaggio: stagionato

g 50

fresco

g 100

Carni fresche

g 100

Carni conservate

g 50

PESCI

Pesce

g 150

UOVA

Uovo

uno (circa g 50)

LEGUMI

freschi

g 100

secchi

g 30

Tuberi

g 200

0-1

Pane

g 50

3-4

Prodotti da forno

g 50

0-1

Pasta o riso (*)

g 80

Pasta fresca all’uovo (*)

g 120

Pasta fresca e ripiena (*)

g 180

Insalate

g 50

Ortaggi

g 250

Frutta o succo

g 150

2-4

Olio

g 10

3

Burro

g 10

0-1

Margarina

g 10

CARNI

CEREALI E TUBERI

La piramide alimentare Un altro metodo molto diffuso e semplice per considerare in quale proporzione assumere i vari alimenti all’interno della dieta è la piramide alimentare: uno strumento utilizzato da dietologi, medici e nutrizionisti per indicare con praticità ed immediatezza un modo corretto di alimentarsi. La piramide si basa sulla divisione degli alimenti secondo la loro appartenenza ai diversi gruppi di nutrienti, e sulla loro ripartizione secondo un criterio quantitativo che considera le porzioni giornaliere raccomandate. Alla base della piramide si trovano i cibi da consumare quotidianamente, al vertice quelli da assumere con moderazione, seguendo un percorso decrescente legato alla forma stessa della piramide.

ORTAGGI E FRUTTA

GRASSI DA CONDIMENTO

0-1

1

0-1

0-1

1

2-4

Porzioni standard nell’alimentazione italiana (L.A.R.N.). (*) in minestra la porzione va dimezzata.

più dettagliate, suddivisa in sei parti: la base è costituita dai liquidi, quindi dall’acqua e da tutte le bevande che la contengono come tè, tisana, limonata, caffè; seguono frutta e verdura; al di sopra i carboidrati complessi, quindi cereali e derivati, come pane, pasta, riso, patate; al quarto livello si trovano gli alimenti appartenenti al gruppo delle proteine animali e vegetali, quali carne, pesce, legumi, formaggi e latte; ancora sopra i lipidi, animali e vegetali (anche se si è vista la notevole differenza tra i due), infine, all’estremità superiore sono disposti gli zuccheri e i dolce in generale.

Esistono diverse versioni, quella che presento è una delle

Questo metodo risulta particolarmente facile ed indicato per illustrare la corretta alimentazione ai bambini, grazie all’associazione ad una forma semplice e conosciuta come la piramide.

Illustrazione della piramide alimentare. 29


Linee guida

bambino obeso ha molte probabilità di essere obeso anche da adulto. L’attività fisica aiuta a controllare il proprio stato di salute senza dover ricorrere a restrizioni alimentari, che sicuramente non fanno bene alla crescita e tantomeno all’umore del bambino.

Come nel caso della piramide alimentare, che ci aiuta a semplificare il concetto di porzioni relative a diversi alimenti, esistono delle linee guida che ci ricordano quelle che sono le abitudini alimentari più corrette da seguire, delle “regole d’oro” o dei consigli se preferite, che ogni tanto serve tenere a mente per aiutare la nostra salute, ma anche il nostro umore!

La preoccupante diffusione del sovrappeso e dell'obesità nella nostra società è in parte attribuibile al fatto che la vita moderna promuove stili di vita estremamente sedentari, dove lo sport riveste un ruolo poco significativo. Passare molte ore stando seduti (durante il lavoro o nel tempo libero) non è corretto e in Italia la maggioranza dei bambini è ormai molto sedentaria, trascorre mediamente, già all'età di 6 anni, oltre due ore al giorno di fronte alla televisione, pratica giochi passivi e trascura quei giochi all’aperto che sono fisicamente più impegnativi. Solo una piccola parte dei bambini e dei ragazzi pratica regolarmente attività sportiva. Valori troppo bassi di dispendio energetico rendono difficile mantenere l'equilibrio tra entrate ed uscite caloriche.

Come premesso l’INRAN insieme al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha creato un manuale di Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana, alcune di queste e altre regole raccomandate dai nutrizionisti, legate in particolare alle abitudini alimentari dei più piccoli, vengono riportate di seguito. Mantenersi attivi Il nostro peso corporeo rappresenta l'espressione tangibile del “bilancio energetico” tra entrate ed uscite caloriche. L'energia viene introdotta con gli alimenti ed è utilizzata dal corpo sia durante il riposo (per mantenere in funzione i suoi organi), sia durante l'attività fisica (per far funzionare i muscoli). Se si introduce più energia di quanta se ne consuma, come tutti ben sappiamo, l'eccesso si accumula nel corpo sotto forma di grasso, determinando un aumento di peso oltre la norma, sia nell'adulto che nel bambino. Se invece si introduce meno energia di quanta se ne consuma, il corpo utilizza le sue riserve di grasso per far fronte alle richieste energetiche.

La sedentarietà abituale, oltre ad essere un fattore predisponente all'obesità, coinvolge anche altri aspetti della salute rappresentando un rischio per la cardiopatia coronarica, il diabete e il tumore del colon. Per contro, un livello medio/alto di attività fisica è lo strumento migliore per prevenire queste malattie e anche l’ipertensione e l'osteoporosi senile. I bambini che si mantengono attivi durante tutto il periodo della crescita avranno, da adulti, uno scheletro più robusto e, da anziani, saranno più difficilmente soggetti a fratture osteoporotiche, inoltre il movimento aumenta i fabbisogni energetici, così da permettere un’alimentazione più abbondante.

Naturalmente non abbiamo tutti lo stesso metabolismo, vi è infatti una variabilità individuale tale che l’utilizzo dell’energia cambia notevolmente fra una persona e l’altra. Cioè, pur introducendo la stessa quantità di energia con la dieta e avendo uno stile di vita simile, una persona può tendere ad ingrassare di più rispetto ad un’altra. Questo è dovuto a molti fattori, ormonali e non, ma comunque l’aumento di peso è solo il risultato di un eccesso di energia introdotto rispetto alle reali necessità. Chi sa di appartenere a questa categoria di persone deve quindi prestare molta più attenzione all’alimentazione e svolgere più attività fisica. Quest’ultima appunto è la soluzione migliore per mantenere il nostro peso e la nostra salute: senza per forza doversi dedicare assiduamente ad uno sport, anche solo mezz’ora al giorno di attività fisica può aiutare.

Uno stile di vita fisicamente attivo non significa, come già detto, essere degli sportivi, ma cercare di introdurre nelle proprie abitudini quotidiane l’uso dei nostri muscoli, quando possibile, al posto delle macchine, come usare le scale al posto dell’ascensore, oppure andare a piedi a fare la spesa o in qualsiasi occasione si riveli possibile. Ci si può poi dedicare ad un’attività a piacere una ventina di minuti quattro o cinque volte la settimana. Tutto questo aiuterà il nostro Indice di Massa Corporea (IMC), cioè il nostro rapporto peso/altezza, a restare nella norma.

Quest’attenzione va posta sin dall'infanzia, poiché il 30


cibo che mangiamo. Ci servono poi dei carboidrati, sia semplici che complessi, per rifornire il nostro organismo di energia. I carboidrati semplici, come il miele o la marmellata, ci daranno uno sprint per partire, quelli più lenti da digerire, come i cereali o il pane, ci servono per restare sazi più a lungo e quindi evitare i cibi fuori pasto. Non dovrebbe poi mancare la frutta in quanto preziosa fonte di vitamine e fibre, che completano la nostra alimentazione quotidiana. La colazione dev’essere quindi un pasto completo, perché segue un digiuno di circa 8-9 ore dovuto al sonno, e quindi è l’unica fonte di energia che ci può aiutare ad iniziare meglio la giornata. Inoltre, chi fa colazione ha un quarto delle probabilità di diventare sovrappeso od obeso, sia tra i bambini sia tra gli adulti, rispetto a chi invece non la fa regolarmente; i bambini che fanno regolarmente colazione hanno un indice di massa corporea, una circonferenza addominale, una pressione arteriosa, un tasso di colesterolo, sensibilmente inferiori rispetto ai bambini che non la fanno.

Indice di Massa Corporea in riferimento a bambini ed adolescenti (2-18 anni). Femmine

Maschi

Infine, andrebbe consumata a casa, seduti a tavola, come un rito mattutino a cui dedicare tutto il tempo necessario; questo aiuta a dare al pasto l’importanza che merita, facilitando l’acquisizione di comportamenti alimentari corretti. Bere ogni giorno acqua in abbondanza Nell’organismo umano l’acqua rappresenta un costituente essenziale per il mantenimento della vita, ed è anche quello presente in maggior quantità. Approssimativamente il 75% dei muscoli e degli organi interni e il 10% del tessuto adiposo sono costituiti da acqua. Lo stesso scheletro è costituito per oltre il 30% da acqua, mentre il 66% del totale dell’acqua presente nel nostro organismo è localizzato all’interno delle cellule e ne determina il volume e il turgore.

Mangiare colazione tutti i giorni Dobbiamo imparare a considerare la prima colazione come il pasto più importante della giornata, in quanto ci rifornisce di tutta l’energia necessaria per affrontare gli impegni quotidiani. Contribuisce infatti a migliorare le prestazioni intellettuali e fisiche durante l’intera giornata; in particolare, dagli studi condotti da diversi enti nelle scuole italiane, si nota che il livello di attenzione e di concentrazione durante le lezioni si protrae maggiormente se si è consumata la colazione.

Dato che in pratica non vi è alcun sistema all’interno dell’organismo che non dipenda direttamente dall’acqua, è facile intuire che mantenere un giusto equilibrio del nostro “bilancio idrico” (rapporto tra le “entrate” e le “uscite” di acqua) è fondamentale per conservare un buono stato di salute nel breve, nel medio e nel lungo termine. Come tutte le sostanze chimiche che compongono il nostro corpo, l’acqua viene persa e consumata continuamente, e quindi deve essere di continuo reintegrata dall’esterno.

Gli alimenti da mettere in tavolo sono sicuramente latte e latticini, come lo yogurt, che oltre ad essere un’importante fonte di calcio, ci riforniscono di proteine e di vitamine del gruppo B, importanti per trasformare in energia il

Il nostro organismo mantiene l’equilibrio idrico attraverso 31


il meccanismo della sete e il riassorbimento dell’acqua nei reni. La sete, che regola la quantità d’acqua da ingerire, ha però un tempo di risposta ritardato e a volte funziona male, rischiando di non far rimpiazzare adeguatamente e tempestivamente le perdite di acqua.

soprattutto dal livello di attività fisica svolto, poiché il sudore è il principale meccanismo attraverso il quale il nostro organismo mantiene l’equilibrio termico. Quindi è importante bere in abbondanza ogni giorno, tenendo in considerazione anche l’acqua contenuta negli alimenti (soprattutto frutta e verdura), perché questo aiuta il nostro organismo, determina una minore stanchezza e un livello di attenzione maggiore rispetto alle attività svolte, contribuendo al nostro benessere generale.

I bambini, i quali sono maggiormente a rischio di disidratazione, hanno un fabbisogno maggiore, e corrisponde approssimativamente ad 1.5 ml/kcal/giorno. In condizioni normali le perdite giornaliere di acqua nell’individuo adulto si aggirano intorno al 3-4% del peso corporeo (2-2.5 litri). Queste perdite sono tanto più elevate quanto più l’individuo è di giovane età, con un picco nei primi mesi di vita, durante i quali le perdite giornaliere di acqua raggiungono il 15% del peso corporeo. Di conseguenza i bambini hanno un fabbisogno maggiore corrispondente circa ad 1.5 ml/ kcal/giorno e sono particolarmente esposti al rischio di disidratazione, qualora non si provveda a reintegrare adeguatamente e tempestivamente l’acqua perduta tramite i vari meccanismi del nostro corpo: sostanze di rifiuto, respirazione e sudorazione. Quest’ultima dipende

Variare spesso le scelte a tavola La dieta deve assicurare al nostro organismo tutti i nutrienti che abbiamo visto in precedenza, soprattutto quelli che non possiamo “costruire” da soli e che solo gli alimenti ci possono dare. Però non esiste, né come prodotto naturale né come prodotto trasformato, l'alimento "completo" o "perfetto" che contenga tutte le sostanze indicate nella giusta quantità e che sia quindi in grado di soddisfare da solo le nostre necessità nutritive. Di conseguenza, il modo più semplice e sicuro per garantire, in misura adeguata, l'apporto di tutte le sostanze nutrienti indispensabili, è quello di variare il più possibile le scelte e di combinare opportunamente i diversi alimenti. In questo modo non solo si evita il pericolo di squilibri nutrizionali e di possibili squilibri metabolici, ma si soddisfa maggiormente il gusto e si combatte la monotonia dei sapori. Diversificare le scelte alimentari attenua diversi rischi potenziali e assicura una maggiore protezione dello stato di salute, perché favorisce non soltanto un più completo apporto di vitamine e di minerali, ma anche una sufficiente ingestione di alcune sostanze naturali che svolgono in vari modi una funzione protettiva per l'organismo: ad esempio, quelle sostanze antiossidanti che sono largamente presenti negli alimenti vegetali. Da un punto di vista pratico, basta fare riferimento ai vari gruppi di alimenti definiti dai nutrienti e far si che ogni gruppo sia rappresentato quotidianamente da almeno una porzione degli alimenti che ne fanno parte, variando abitualmente le scelte nell’ambito del gruppo stesso. Un altro consiglio molto utile, soprattutto per quanto riguarda i bambini, è quello di “mangiare con i colori”; questo perché i colori sono spesso l’espressione di ciò che costituisce gli alimenti e perciò anche del loro valore come nutrienti, in particolare la frutta e la verdura sono 32


dipendono anche dal fatto che alcuni loro componenti svolgono una azione protettiva di tipo antiossidante, contrastando così l’azione di radicali liberi, coinvolti in processi di invecchiamento e in reazioni che sono all’origine di diverse forme tumorali. Anche in questo caso vale la regola di variare speso le proprie scelte, in particolare seguendo i colori e la stagionalità dell’ortofrutta e garantendo una varietà di sostanze nutritive differenti utili al nostro organismo. Sia la frutta sia la verdura sono due alimenti molto versatili in cucina e possono essere inseriti in molti piatti; le verdure non sono solamente dei contorni, ma possono far parte del condimento della pasta ad esempio, o comporre una torta salata, così come la frutta può diventare un dolce o un frappè da gustare d’estate. Sono tantissimi i modi di includere cinque porzioni di frutta o verdura nella nostra alimentazione, a volte basta soltanto un po’ di fantasia.

i cibi che più manifestano questa tendenza. Ad esempio il rosso, dovuto agli antociani, è presente nel ribes, nella ciliegia, nell’uva, nella fragola, nella melanzana e in altri vegetali dalla colorazione violacea o rossa; la sostanza che determina questo colore ha un’attività antiossidante e antiradicale, aiuta la circolazione e combatte le infiammazioni.

Scegliere la merenda giusta Per i bambini e i ragazzi è difficile coprire i propri fabbisogni con i soli tre pasti principali. È quindi opportuno fornire loro, a complemento di questi ultimi, anche due merende calibrate che concorrano a far fronte alle particolari esigenze in calorie e in principi nutritivi tipiche di queste età, ma che comunque siano di entità moderata.

Inoltre i colori ci comunicano anche la stagionalità dei prodotti, che può essere un ulteriore aspetto di variabilità all’interno della dieta, poiché abituarsi a mangiare di tutto sin dall’infanzia è sicuramente un modo per costruirsi una buona alimentazione e un rapporto meno conflittuale con il cibo.

La merenda però, sia mattutina o pomeridiana, importante per apportare energia necessaria alle attività svolte, troppo spesso diventa un vero e proprio pasto che rischia solamente di “appesantire” o togliere l’appetito al bambino.

Mangiare cinque porzioni di frutta e verdura ogni giorno Appurato che la carenza maggiore, sia per gli italiani sia per gli europei in generale, è legata al consumo di frutta e verdura, il consiglio più semplice e immediato da seguire è quello di mangiare 5 porzioni di frutta o verdura distribuite tra i 4 pasti che abitualmente consumiamo nell’arco della giornata.

Spesso è composta da alimenti e bevande dolci, tanto amate dai più piccoli, ma che tendono ad apportare troppi zuccheri rispetto al dispendio di energia effettivo, o che contengono altre sostanze, soprattutto i prodotti lavorati (merendine, brioches e dolci confezionati), quali grassi animali o trans il cui consumo andrebbe ridotto all’interno dell’alimentazione, come nel caso del cosiddetto junkfood.

Un consumo adeguato di frutta e verdura, oltre a mantenere l’equilibrio energetico, apporta calorie prive di grassi con un alto valore nutrizionale e procura anche un rilevante contenuto di vitamine e minerali; l’arancia, il pomodoro e il kiwi, ad esempio, sono ricchi di vitamina C, la carota e l’albicocca di pro-vitamina A, gli ortaggi a foglia verde di acido folico e i legumi sono una buona fonte di proteine.

Lo zucchero in particolare provoca un innalzamento della glicemia nel sangue che tende a ritornare al valore iniziale entro un periodo più o meno lungo; pertanto l’assunzione costante di prodotti ricchi di zuccheri compromette facilmente la salute del bambino. La merenda quindi andrebbe scelta con cura, tenendo in considerazione che non deve effettivamente nutrire,

Gli effetti benefici del consumo di frutta, verdura e legumi 33


ma apportare energia a sufficienza per svolgere le proprie attività fino al momento del pasto, al quale è meglio arrivare con un sano appetito; uno yogurt ed un succo di frutta sono preferibili ad un panino col salame, e pane e cioccolata è decisamente meglio di una merendina o una di una brioches, poiché apporta meno grassi essendo un alimento meno lavorato.

Preferire la qualità dei grassi alla quantità Come già visto con i nutrienti, i grassi sono necessari alla nostra alimentazione per stare bene, ma ovviamente senza eccedere, cosa che invece spesso si verifica nell’alimentazione degli italiani. I grassi, oltre a fornire energia in maniera concentrata, apportano acidi grassi essenziali della famiglia omega-6 (acido linoleico) e della famiglia omega-3 (acido linolenico) e favoriscono l’assorbimento delle vitamine liposolubili A, D, E, K e dei carotenoidi.

La frutta è sempre una merenda adeguata, soprattutto se accompagnata con il latte, e bersi un bel frappé di frutta può essere una soluzione molto piacevole e rinfrescante per i bambini, anche perché gli zuccheri sono già naturalmente contenuti negli alimenti, quindi l’energia necessaria è già presente sia che si parli di frutta, succhi o di latte, yogurt e pane.

Le quantità di grassi presenti negli alimenti, sia in forma visibile (grasso del prosciutto, della bistecca, etc.) che invisibile (grasso del formaggio, etc.), variano da un prodotto all’altro e vanno da valori molto bassi (intorno all’1% in svariati prodotti vegetali e in certe carni e pesci particolarmente magri) fino a valori molto alti nei condimenti: l’85% nel burro e nella margarina e il 100% in tutti gli oli.

JUNK FOOD

Tutti i grassi sono uguali sul piano dell’apporto di energia, ma sul piano della qualità possono essere molto diversi. Infatti varia la loro composizione chimica, ed in particolare quella in acidi grassi che possono essere, come già visto, saturi, insaturi, trans.

“Junk food” è un termine informale utilizzato per indicare cibi che hanno un valore nutrizionale basso o nullo, oppure che hanno si un valore nutrizionale ma che contengono anche ingredienti considerati dannosi se assunti regolarmente o non salutari in assoluto. Il termine fu coniato da Michael Jacobson, direttore del Center for Science in the Public Interest (Centro per le Scienze di Pubblico Interesse), nel 1972.

La diversa qualità dei grassi può avere effetti importanti sullo stato di nutrizione e di salute dell’uomo. Ad esempio nei grassi saturi di origine animale, e solo in questi, si trova il colesterolo, presente nel sangue e in tutte le cellule (nelle quali svolge funzioni essenziali per la vita). Il colesterolo contenuto negli alimenti può concorrere a provocare un aumento dei livelli di colesterolo nel sangue, aumento molto variabile da persona a persona.

La prima distinzione tra il junk food e il cibo sano è basata sul contenuto nutrizionale, sull’aspetto e sul gusto. Fattori che etichettano il junk food sono alti livelli di zucchero lavorato, grassi trans e saturi, sale, additivi chimici quali conservanti e coloranti e l’assenza di proteine, vitamine, fibre e altri nutrienti considerati parte di una dieta sana. Il junk food sono i prodotti dolciari confezionati, il cibo dei fast food, le patatine, gli snack, alcuni tipi di merendine e tutti i prodotti, solitamente già pronti e confezionati, con le caratteristiche sopra elencate. Ovviamente un hamburger fatto da noi non è da considerarsi junk food, perché non contiene la quantità di sale e zuccheri, di additivi chimici e aromi artificiali che invece presenta un hamburger acquistato in un fast food, senza considerare le migliori condizioni igieniche adottate in casa. L’abuso constante di questi alimenti ha portato al riconoscimento, all’interno dei più giovani, della cosiddetta junk food generation1! 1 La Consumers International ha creato un sito sull’argomento: www. junkfoodgeneration.org. 34


I grassi insaturi contenuti nell’olio di oliva e nell’olio di semi invece, contribuiscono a diminuire la quantità di “colesterolo cattivo” nel sangue, mentre quelli del pesce sono ricchi in acidi grassi polinsaturi del tipo omega-3, capaci di far diminuire nel sangue tanto il livello dei trigliceridi quanto la capacità di aggregazione delle piastrine, proteggendo così l’organismo dalla possibile insorgenza di malattie cardiovascolari.

per molte persone.

Apporto di Sodio (%).

Studi recenti hanno confermato che un consumo medio di sale al di sotto di 6 g al giorno, corrispondente ad una assunzione di circa 2,4 g di sodio, rappresenta un buon compromesso tra il soddisfacimento del gusto e la prevenzione dei rischi legati al sodio.

Particolarmente poco raccomandati sono gli acidi grassi trans che si formano durante alcuni trattamenti industriali dei grassi vegetali e si trovano quindi negli alimenti trasformati che li contengono. Anche i grassi alimentari, soprattutto quelli insaturi, tendono ad alterarsi facilmente per azione del calore e dell’ossigeno dell’aria, dando luogo alla formazione di composti potenzialmente dannosi.

Le principali fonti che ci forniscono sodio sono gli alimenti, come acqua, frutta, verdura e carne, il sale aggiunto cucinando o a tavola e i prodotti trasformati, artigianali e industriale, oltre ai consumi fuori casa. Tra i prodotti trasformati, la principale fonte di sale nella nostra alimentazione abituale è rappresentata dal pane e dai prodotti da forno, quali biscotti, crackers, grissini, ma anche merendine, cornetti e cereali da prima colazione. Si tratta di alimenti che comunemente non vengono considerati come possibili apportatori di sale, ma che invece ne contengono più di quanto pensiamo. Inoltre i derivati dei cereali vengono consumati tutti i giorni in quantità più elevata rispetto ad altri alimenti.

Tutti questi fattori devono quindi incidere sulle scelte a tavola, prediligendo il condimento con l’olio e limitando la quantità di lipidi di origine animale (dal burro alla carne), così da apportare grassi di ottima qualità al nostro organismo aiutandolo a proteggersi. Mangiare poco sale Sia il sapore che le proprietà biologiche del sale comune sono legate al sodio; ogni grammo di sale contiene circa 0,4 g di sodio. In condizioni normali il nostro organismo elimina giornalmente da 0,1 a 0,6 g di sodio, quantità che va reintegrata con la dieta. Tuttavia l’aggiunta di sale ai cibi non si vedrebbe necessaria, in quanto già il sodio contenuto in natura negli alimenti è sufficiente a coprire le necessità dell’organismo. Solo in condizioni di sudorazione estrema e prolungata i fabbisogni di sodio possono aumentare. Nonostante tutto ogni giorno ingeriamo in media 10 g di sale (cioè 4 g di sodio), molto più di quello fisiologicamente necessario.

Vi sono poi alcuni condimenti, utilizzati in sostituzione o in aggiunta al sale, ricchi di sodio: il dado da brodo, il ketchup e la salsa di soia. Ma ridurre la quantità di sale consumata giornalmente non è difficile, il nostro palato infatti si adatta facilmente ed è quindi possibile rieducarlo a cibi meno salati. Le spezie e le erbe aromatiche possono sostituire il sale o almeno permettere di utilizzarne una quantità decisamente minore, conferendo uno specifico aroma al cibo e migliorandone le qualità organolettiche.

Un consumo eccessivo di sale può favorire l’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte. Elevati apporti di sodio aumentano il rischio per alcune malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni, sia attraverso l’aumento della pressione arteriosa che indipendentemente da questo meccanismo. Un elevato consumo di sodio è inoltre associato ad un rischio più elevato di tumori dello stomaco, a maggiori perdite di calcio e quindi, probabilmente, ad un maggiore rischio di osteoporosi. Cercare di ridurre gli apporti di sale può essere un’importante misura sia preventiva che curativa

Il succo di limone e l’aceto permettono di dimezzare l’aggiunta di sale e di ottenere cibi ugualmente saporiti, poiché sono esaltatori di sapidità.

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tranquillità aiuta a concentrarsi sul sapore del cibo e sulle sensazione che ci suscita, arricchendo la nostra esperienza; è meglio mangiare seduti e possibilmente non davanti alla televisione o mentre si stanno svolgendo altre attività. Oltre alla durata è importante anche la loro regolarità: abituarsi a consumare i pasti sempre intorno alla stessa ora, senza saltarli, aiuta anche il nostro corpo, dandogli un ritmo, quindi abituandolo ad un orologio che gli risulterà più facile seguire, autoregolandosi. Abituarsi agli snack fuori pasto ad esempio, significa abituare il nostro corpo a riceverli, quindi ne sentiremo la necessità, cioè il nostro corpo ce li chiederà, anche se non ne abbiamo bisogno, rendendoci più difficile smettere. Così una corretta distribuzione dei pasti che sia abbastanza abituale allena il nostro corpo ad un certo regime alimentare, così che presto sarà il corpo stesso a regolare i nostri pasti in maniera corretta.

VARI TIPI DI SALE Il sale alimentare è costituito da cloruro di sodio che può essere ricavato dall’acqua di mare (sale marino) oppure estratto dalle miniere derivanti dalla lenta evaporazione di antichi bacini marini (salgemma). Dal sale “grezzo”, dopo un procedimento di raffinazione che elimina la maggior parte degli altri sali presenti, si ottiene il “sale raffinato” (“grosso” e “fino”) contenente solo cloruro di sodio. È disponibile in commercio sale iodato (sia “fino” che “grosso”), che non va confuso con il “sale marino” o il “sale integrale”. Il sale iodato è semplicemente sale comune al quale è stato aggiunto iodio sotto forma di ioduro e/o iodato di potassio. Non è un prodotto dietetico destinato a particolari categorie di individui, ma un alimento che dovrebbe diventare di uso corrente. Sia l’Organizzazione Mondiale per la Sanità che il Ministero della Salute italiano ne consigliano l’uso a tutta la popolazione, al fine di prevenire o correggere quella carenza di iodio che anche in Italia è piuttosto diffusa. Il sale iodato ha lo stesso sapore e le stesse caratteristiche del sale comune e va utilizzato a tutte le età e in tutte le condizioni fisiologiche in sostituzione del sale normale, ma con la stessa moderazione raccomandata per il sale non iodato.

Leggere le etichette Quando compriamo un alimento, il modo migliore per avere informazioni dettagliate e corrette su ciò che stiamo acquistando, è controllare l’etichetta, quella che potremmo definire la “carta d’identità” degli alimenti. Il nostro ruolo in quanto consumatori è attivo, poiché noi decidiamo cosa acquistare e perché, cosa mangiare e come, e per assicurarci di farlo correttamente abbiamo bisogno di essere correttamente informati, quindi leggere e interpretare le etichette, conoscere il prodotto acquistato e le modalità per conservarlo bene, sapere come manipolarlo in cucina e consumarlo a tavola al fine di proteggere noi stessi e i nostri familiari da eventuali rischi.

Un altro sale disponibile in commercio è il cosiddetto sale dietetico, il quale contiene meno sodio, in quanto parte del cloruro di sodio è sostituito da cloruro di potassio. Può talvolta essere consigliato dal medico ai soggetti ipertesi che hanno difficoltà a limitare i propri consumi di sale comune.

Dedicare venti minuto ad ogni pasto e mangiare con

In particolare l’etichetta ci comunica quelli che sono gli ingredienti dell’alimento che stiamo per comprare, soprattutto la presenza di eventuali sostanze chimiche estranee, come additivi, residui da trattamento etc.

regolarità Ciò che mangiamo è tanto importante quanto come lo mangiamo, perché la rapidità del pasto e il modo in cui lo affrontiamo influenza anche la nostra digestione e il nostro rapporto con il cibo. La riscoperta di un pasto consumato con calma e serenità è un aspetto importante nell’alimentazione di oggi, soprattutto in relazione agli orari che siamo costretti a rispettare e allo stile di vita sempre più frenetico al quale ci siamo abituati.

La presenza di tali sostanze nei prodotti alimentari è rigorosamente regolamentata e controllata dagli Organismi ufficiali e l’etichetta di tutti i prodotti alimentari, ad eccezione di alcune bevande alcoliche (vino, birra), riporta nell’elenco degli ingredienti anche gli eventuali additivi che sono stati aggiunti (coloranti, conservanti, edulcoranti, ecc.). Sono tutte sostanze ammesse a livello europeo dopo essere state oggetto di approfonditi studi tossicologici.

Far durare un pasto dai 20 ai 30 minuti aiuta la digestione e favorisce la sensazione di sazietà, tranquillizzando l’appetito più a lungo ed aiutando così ad evitare spuntini fuori pasto di cui non si ha effettivamente bisogno. La 36


La lettera E seguita da un numero indica che nel prodotto è presente un additivo autorizzato nell’Unione Europea.

L’etichetta alimentare è quindi un vero e proprio strumento di tutela del consumatore. Le informazioni nutrizionali non sono obbligatorie per tutti gli alimenti, ma molto utili e sempre più diffuse.

Tra due prodotti simili il consumatore può comunque decidere di scegliere quello che non contiene additivi. Infatti quest’ultima produzione è talvolta legata ad un maggior rigore nella scelta di materie prime di qualità e/o alla garanzia di un controllo più accurato dell’igiene su tutta la linea produttiva. Oltre agli ingredienti, elencati in ordine decrescente di quantità presente nel prodotto, utili per chi possiede allergie alimentari, l’etichetta ci fornisce anche informazioni sull’apporto calorico e la quantità media dei diversi nutrienti contenuta solitamente in 100 g di prodotto.

Esempio esplicativo di un’etichetta (Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana, INRAN). 37


MALATTIE E DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE

Percentuale di bambini e adolescenti con eccesso di peso per presenza di eccesso di peso nei genitori, 1999-2000 (Convegno Istat, settembre 2002).

Esposizione al rischio di sviluppare disturbi alimentari I disturbi alimentari, altrimenti detti DA, iniziano a svilupparsi già durante l’età scolare: la popolazione giovanile mostra un comportamento alimentare spesso inappropriato e assai caotico, in parte a causa di informazioni scarse e imprecise in merito all'alimentazione, ed in parte a causa di una scarsa interpretazione dei propri stimoli corporei, come fame, appetito e sazietà. In particolare sia i bambini che gli adolescenti sembrano ignorare totalmente le conseguenze sulla propria salute di un’alimentazione sbagliata. Molti saltano la colazione, fanno delle merende troppo abbondanti e prevalentemente ricche di grassi, mangiano pochissima frutta, saltano pasti importanti della giornata come il pranzo, abusando del cosiddetto junk food o mangiando davanti alla televisione.

sono l’obesità, il diabete infantile e la malnutrizione. L’anoressia nervosa, la bulimia e il binge eating disorder sono invece tre disturbi dell’alimentazione che non tratterò poiché tendono a presentarsi più avanti nell’età, in particolare nel periodo adolescenziale.

La colpa, oltre alla disinformazione, è attribuibile anche a fattori socio-culturali, come l’influenza dei mass-media che promuovono modelli sbagliati andando totalmente contro ad un concetto adeguato di salute fisica, idealizzando la magrezza eccessiva o la muscolosità innaturale e penalizzando fortemente le condizioni di sovrappeso e obesità, ma promuovendo allo stesso tempo uno stile di vita sedentario e delle abitudini alimentari insalubri. Come la televisione viene sempre più seguita anche dai più piccoli, così tende ad abbassarsi l’età in cui si manifestano i disordini alimentari, che purtroppo causano un aumento di peso, in alcuni casi una vera e propria dipendenza dal cibo, e a volte uno stato d’animo influenzato dalla visione di se stessi.

Obesità Fin dai tempi antichi il cibo viene usato per festeggiare, calmare, per alleviare la noia e la depressione, e come consolazione nei momenti di tristezza e angoscia. Questo tipo di comportamento non è insolito: accettare una fetta di torta di compleanno quando sarebbe antisociale rifiutare, premiarsi con del cioccolato o dei biscotti al termine di un lavoro faticoso, bere un bicchiere di vino o di birra per essere più socievoli, sono tutti comportamenti normali. Il problema si presenta quando le abitudini alimentari determinate da particolari influenze socio-culturali o dalla disinformazione mettono a rischio un’alimentazione sana, portando ad un aumento incontrollato di peso.

Un altro fattore molto importante è l’influenza della famiglia; quest’ultima infatti è quella che educa il bambino trasmettendogli le sue stesse abitudini e i suoi stessi ideali. E molto spesso, anche se non sono ancora presenti disturbi o malattie legate all’alimentazione nel bambino, ci sarà comunque una probabilità maggiore che queste si presentino in seguito a causa di una scorretta alimentazione o di cattive abitudini nei genitori, questo perché non avranno ereditato un’educazione alimentare in grado di sostenerli.

Come già visto all’inizio di questo capitolo, il problema dell’eccesso di peso giovanile sta diventando una priorità della sanità pubblica. La maggior parte dei Paesi europei presentano livelli di diffusione di sovrappeso e obesità superiori al 10% nei bambini e nelle bambine intorno ai dieci anni di età. Un fatto preoccupante è che in molti Paesi tale livello supera il 30%, come ad esempio in Grecia, a Malta e purtroppo anche in Italia. L’obesità infantile, così come l’obesità negli adulti, è la conseguenza di uno squilibrio tra calorie ingerite e spese; squilibrio che è il risultato dei lenti cambiamenti di una complessa serie di fattori sociali (cambiamento delle

In particolare le malattie più comuni in questa fascia d’età, legate ad un’alimentazione sbagliata e/o che richiedono una particolare attenzione nella creazione della dieta, 38


abitudini alimentari e cambiamento dello stile di vita) che condizionano il modo in cui i bambini mangiano, fanno esercizio e giocano. Solo una piccola percentuale di bambini obesi può attribuire il problema ad una disfunzione endocrina o ad un altro problema fisico sottostante, e il problema tende a manifestarsi sempre prima nel corso della vita, creando non solo un maggior rischio di malattie, ma anche un più importante problema sociale ed economico.

che aiuti ad affrontare i possibili disturbi emotivi legati all’aumento o alla perdita di peso. Il coinvolgimento della famiglia è poi di grande supporto, poiché i programmi di prevenzione e cura dell’obesità infantile, per avere successo, devono tenere conto dei fattori ambientali e socioeconomici nella vita del bambino, e i dati evidenziano che l’utilizzo dei genitori come soggetti attivi di cambiamento risulta più efficace nel trattamento del sovrappeso infantile rispetto all’approccio basato esclusivamente sul bambino.

Ci sono tre aspetti principali dello stile di vita dei giovanissimi che possono predisporre o meno all’obesità: l’alimentazione, l’attività fisica e il grado di sedentarietà, in particolare il numero di ore spese guardando la televisione o giocando ai videogiochi.

Vi è infine un ultimo ambito particolarmente utile e significativo come canale accessibile alla prevenzione, ed è l’ambiente scolastico; i benefici del suo utilizzo sono molteplici: raggiunge la maggior parte dei bambini in una popolazione, è un ambiente dove i bambini trascorrono la maggior parte della giornata, è possibile inserire un vero e proprio programma di educazione alimentare e ha l’opportunità di offrire un ambiente salutare che promuova scelte alimentari nutrizionali corrette e favorisca l’accesso agli sport e ad altri tipi di svaghi.

La salubrità della dieta è quindi un aspetto fondamentale per prevenire o curare il sovrappeso: non si può proporre un regime dietetico mirato specificatamente a ridurre l’apporto calorico in quanto ciò causerebbe una perdita di peso indesiderata e comprometterebbe la crescita del bambino, ci si deve piuttosto concentrare su ciò che include la dieta, riducendo l’apporto di grassi, aumentando le porzioni di frutta e verdura o riducendo il consumo di bibite gassate.

Diabete infantile È una malattia consistente in un aumento del livello di zucchero del sangue, a causa di un’insufficiente produzione dell’ormone insulina da parte del pancreas, esattamente come nel caso del diabete che si manifesta in età adulta.

In secondo luogo l’attività fisica, sia a scuola che nel tempo libero, è anch’essa un componente principale, poiché aiuta il bambino a sfogarsi, a compensare l’apporto calorico, a mantenersi in buona salute e a sviluppare l’aspetto sociale. Serve anche a ridurre la sedentarietà che è un’altra delle cause principali legate all’aumento di peso: lo studio “Planet Health” condotto negli Stati Uniti ha evidenziato che un’ora di riduzione della TV corrisponde a una diminuzione del 15% di rischio di obesità.

I fattori chiamati in causa nell’insorgenza del diabete in un bambino possono essere tre: un’alimentazione troppo ricca di zuccheri e non equilibrata nei vari componenti, condizioni particolari legate alla razza o all’ambiente, un difetto delle ghiandole endocrine, in particolare del pancreas, trasmesso come carattere ereditario (cause genetiche).

Per curare questo disturbo è pertanto necessario intervenire in questi tre ambiti ed è consigliabile la presenza di un dietologo e a volte anche di uno psicologo

Ovviamente le cause genetiche non possono essere contrastate, ma per ciò che concerne l’alimentazione,

Le possibili complicazioni dell’obesità infantile.

Problemi fisici precoci

Problemi psicologici precoci Maggior rischio di obesità adulta e problemi associati fisici, sociali e psicologici

Diabete tipo 2, pubertà precoce, apnea nel sonno, problemi epatici, ipertensione, squilibrio dei lipidi del sangue (trigliceridi e colesterolo), problemi arteriosi, calcoli biliari, piedi piatti. Immagine negativa di se stessi, bassa autostima, discriminazione sociale. Disfunzioni cardiovascolari precoci, problemi metabolici, tumori.

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purtroppo sono in aumento i casi di diabete causati da questo motivo e in questo caso si può fare molto.

alimentare: proteine, determinati aminoacidi, alcuni acidi grassi essenziali, vitamine, sali minerali, ma anche una deficienza d’ acqua o di ossigeno può determinare condizioni simili a quelle della malnutrizione.

I sintomi del diabete infantile sono: un forte aumento dell’appetito (polifagia) e la richiesta di bere continuamente (polidipsia); questo fa si che il bambino vada più spesso in bagno (poliuria). Inoltre, nonostante mangi molto, il suo peso non aumenta e le condizioni dell’organismo decadono a poco a poco. Il bimbo deperisce e cambia carattere, perde la sua vivacità e diventa triste e scontroso, quasi indifferente. Un sintomo caratteristico del diabete infantile è l’acidosi, caratterizzato dalla comparsa di corpi chetonici (acetone) nelle urine oppure da uno stato di malessere con nausee, vomito, mancanza d’appetito e sonnolenza.

I vari tipi di malnutrizione (calorica, proteica, lipidica, vitaminica, idrominerale) si distinguono a loro volta in forme per difetto o per eccesso o da squilibrio; l’obesità sopra trattata rientra all’interno della malnutrizione. I fattori che determinano le forme di malnutrizione primaria possono essere: la disponibilità ambientale, il potere d’acquisto, i pregiudizi alimentari, l’uso nell’alimentazione quotidiana di cibi raffinati o conservati e/o cucinati male. Una causa fondamentale risiede sempre nelle cattive abitudini alimentari con l’esclusione dalla dieta di alcuni elementi essenziali all’organismo o per la loro riduzione a quantità inferiori al margine di sicurezza a causa di una restrizione del regime dietetico a pochi alimenti preferiti; per questo motivo è molto importante variare le proprie scelte alimentari. In genere le deficienze più comunemente riscontrate sono quelle dovute a carenza di calcio, di vitamina D, di vitamine del complesso B, di vitamina C, e di alcuni sali minerali quali ferro e iodio.

La terapia per un bambino diabetico deve raggiungere tre obiettivi: correggere lo squilibrio metabolico, vincere e prevenire l’acidosi, consentire uno sviluppo dell’organismo regolare e conforme all’età. Questi tre obiettivi si raggiungono con l’insulina e la dieta. La terapia con l’insulina è una terapia “sostitutiva” con la quale viene fornita al bambino la quantità di insulina che gli manca, affinché il suo organismo possa utilizzare gli zuccheri in modo normale; in genere, si comincia a somministrare al bambino una dose giornaliera più alta per poi arrivare a dargli una dose di mantenimento, vale a dire la quantità d’insulina di cui ha bisogno.

La patogenesi della malattia da deficienza può essere considerata uno sviluppo continuo e progressivo che, se non interrotto, può avanzare fino a raggiungere il quadro

Per quanto riguarda la dieta, quest’ultima deve essere controllata, ma soprattutto equilibrata, nei suoi vari componenti: bisogna tener conto della quantità di zuccheri, grassi e proteine di ogni alimento e del valore calorico. Consultando le tabelle degli alimenti, si può stabilire facilmente la quantità di pane, pasta o patate che un bambino può mangiare compatibilmente con il suo fabbisogno. Il supporto di un dietologo è la cosa migliore per la creazione di una dieta adeguata e un costante monitoraggio delle condizioni di salute e di eventuale miglioramento del bambino. Malnutrizione Malnutrizione non significa mangiare poco, significa invece uno stato patologico che si stabilisce quando non siano soddisfatte le esigenze nutritive, qualitative e quantitative di un organismo nel tempo. In altre parole, si parla di malnutrizione quando l’ organismo soffre della deficienza di uno o più componenti essenziali della dieta 40


finale clinico che caratterizza la malattia specifica. Lo sviluppo inizia con inadeguatezza nutrizionale: nel corpo le riserve degli elementi nutritivi, qualora il rifornimento giornaliero sia inadeguato, si esauriscono. Quando la diminuzione dei vari elementi nutritivi ha raggiunto il punto critico, va ad interferire con le normali reazioni biochimiche dell’organismo dando luogo ad aumentata stanchezza, a funzioni abnormi gastrointestinali ed altri disturbi di varia natura. Si può verificare un ritardo della crescita, una perdita di peso, un aumentata suscettibilità alle infezioni, una ritardata convalescenza delle malattie, ed ancora anemie, depressioni, oltre ad una minore capacità di apprendimento ed una aumentata frequenza e durata delle malattie. Le vitamine in particolare, contenute prevalentemente in frutta e verdura, sono l’arma migliore per la prevenzione di malattie, come la vitamina C per infezioni e raffreddori, o la vitamina A anch’essa antiinfettiva e antixeroftalmica. La malnutrizione predispone il corpo alle infezioni e le infezioni creano le condizioni di un cattivo stato nutrizionale deprimendo l’appetito, ed interferendo con l’assorbimento dei principi nutritivi, si forma cioè un circolo vizioso che si autoalimenta. I bambini con diminuita resistenza alle infezioni sono malati più frequentemente e, per loro, malattia, significa diminuita partecipazione alla scuola, ai gruppi, e ciò concorre a diminuire l’arricchimento delle loro esperienze personali.

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MASS MEDIA

Copertina del DVD Super Size Me.

Come precedentemente accennato i mass media hanno un ruolo preponderante per quanto riguarda le abitudini alimentari e la proiezione dell’ideale di salute fisica e dell’immagine di se, sia da un punto di vista positivo che negativo. Influenzano l’opinione pubblica contribuendo a creare una coscienza comune e sono ad oggi i canali più seguiti da adulti e bambini. Film I film, grazie alla componente narrativa, ma soprattutto grazie al potere dell’immagine, hanno una forte impronta comunicativa adatta a trasmette e veicolare diversi messaggi. I prodotti cinematografici più significativi rispetto ad un’alimentazione sbagliata, ed in particolare rispetto al junk food, arrivano da oltreoceano, dove appunto il problema dei disturbi alimentari è più forte e preoccupante.

effetti simili. Per contrastare quest'osservazione e questo vuoto, Spurlock, scrittore e produttore fino ad allora noto soprattutto nel circuito televisivo, decise di diventare una cavia di un folle esperimento: un mese di solo cibo McDonald's, il tutto davanti ad una telecamera 24 ore al giorno.

In particolare sono due i film totalmente centrati su quest’argomento: Super Size Me, sviluppato sotto forma di documentario, e Fast Food Nation, una storia immaginaria che però rispecchia le realtà che girano attorno alla realizzazione del “Big One”.

Spurlock, 33 anni, era in salute e magro, 188 centimetri di altezza per 84 kg di peso, prima dell'esperimento. Dopo 30 giorni ha guadagnato 11 kg ed ha incrementato la sua massa corporea del 13%. Ha anche provato improvvisi e repentini cambi di umore, sensazione di dipendenza dal cibo, disfunzioni sessuali, e danni irreversibili al fegato, che lo hanno portato in condizioni gravi alla fine dell'esperimento.

Super Size Me È un film-documentario del 2004 diretto ed interpretato da Morgan Spurlock, un filmaker statunitense indipendente. La pellicola segue un esperimento portato avanti dal regista: per un mese (30 giorni) ha mangiato solamente cibo della nota catena mondiale di fast food McDonald's, tre volte al giorno, ogni giorno - interrompendo contemporaneamente ogni attività fisica - e documentando tutti i cambiamenti fisici e psicologici avvenuti. Oltre a questo, Spurlock esplora l'enorme potere della catena sull'industria dei fast food e come questa incoraggi un'alimentazione povera per massimizzare il proprio profitto.

Ha ricevuto la nomination come "miglior documentario" per gli Oscar 2005. Dopo la proiezione al Sundance Film Festival, McDonald's ha deciso di ritirare dal mercato l'opzione Super Size per i suoi menu, ed ha cominciato ad offrire opzioni più salutari all'interno della propria gamma di prodotti accanto ai soliti cibi, come le insalate (seppur, come Spurlock ha fatto notare, perfino nelle insalate di McDonald's, presenti pure prima del documentario,vi sia dello zucchero). La compagnia ha negato decisamente che questa scelta fosse legata al documentario.

Il tutto prende le mosse da un episodio di cronaca del 2002: due ragazze statunitensi citarono in giudizio la catena di fast-food McDonald's dichiarando: "se siamo obese è colpa sua". La difesa della Corporation puntò sul fatto che non c'erano prove che un'alimentazione basata esclusivamente o principalmente sui fast-food avesse 42


Fast Food Nation

svolgere. Ma per paura di ripercussioni sulla sua carriera, Anderson decide di tacere ciò che scopre e cerca di tornare alla normalità.

È un film del 2006 diretto da Richard Linklater, ispirato all'omonimo best-seller di Eric Schlosser.

Alla sua vicenda principale s'intrecciano altre due storie: quella di Amber, un'adolescente che lavora al Mickey's di Cody per pagarsi gli studi e che in seguito si licenzia avendo scoperto il reale impatto sull’ambiente e sulla società dell’industria del fast-food; e quella degli immigrati clandestini messicani, che una volta varcato il confine finiscono a lavorare nel macello in cambio di una paga, almeno per loro, allettante. Le condizioni igieniche e di sicurezza non vengono rispettate e gli incidenti non sono rari, i dipendenti devono quindi sopportare situazioni lavorative pessime oltre all’abuso dei superiori sulle lavoratrici donne.

Il film è un ritratto del lato oscuro delle catene di fast food statunitensi, raccontato attraverso le vicende che ruotano attorno all'immaginaria catena Mickey's. A differenza del documentario Super Size Me, Linklater realizza un film di fiction in cui incrocia le vite di numerosi personaggi che ruotano attorno all'industria della macellazione bovina. Fra gli interpreti, Patricia Arquette, Greg Kinnear, Ethan Hawke, Avril Lavigne e Bruce Willis che si esibisce in un cameo. La trama vede un responsabile marketing della catena di fast food Mickey's, Don Anderson (Greg Kinnear), informato da un suo superiore che la carne destinata a diventare hamburger per il prodotto di punta della catena, il panino "Big One", ideato dallo stesso Anderson, è risultata ad un'analisi indipendente contaminata da un'elevata quantità di batteri fecali. Gli viene così richiesto di andare ad indagare direttamente in fabbrica nella speranza che riesca a sapere qualcosa di più sulla faccenda.

Si delinea così un intero mondo, interno ed esterno all’industria del fast-food che, girando attorno alla produzione di quello che potrebbe sembrare un semplice panino, intreccia vicende, vite e situazioni dai risvolti infelici. È stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2006.

Si reca così a Cody, in Colorado, dove ha sede la ditta che si occupa della macellazione dei bovini. Durante la prima visita allo stabilimento tutto pare in ordine, ma Anderson non si lascia convincere e decide di andare a fondo intervistando diverse persone legate in vario modo al mattatoio. Scopre come avviene realmente la preparazione del Big One, le pessime condizioni lavorative dei dipendenti e il loro scarso addestramento al lavoro da

Campagne pubblicitarie Oltre al grande schermo, anche la televisione cerca di mandare dei messaggi in riferimento alla corretta alimentazione o alle abitudini in generale degli italiani. È il caso di alcune campagne di comunicazione sviluppate nel corso degli anni dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Informare, comunicare ed educare allo scopo di prevenire alcune malattie legate a stili di vita non corretti è uno degli obiettivi prioritari indicati dal Ministero della salute italiano nel Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, che ha dato il via ad un programma di comunicazione istituzionale per gli anni 2003-2004. Comunicazione 2003 sulla corretta alimentazione “Vivi sano mangia bene” E’ il richiamo, promosso dal Ministero a fronte dell’aumento del 25% dell’obesità in Italia, a riflettere sul nesso causa-effetto tra alimentazione e salute. Il messaggio è rivolto a tutta la popolazione in generale e in particolare a giovani, donne, mamme e soggetti a rischio, per evitare gli eccessi alimentari, curare una dieta varia ed

Locandina del film Fast Food Nation. 43


equilibrata ed avere uno stile di vita non sedentario.

campagne precedenti, il Ministero della Salute ha deciso di promuovere il tema degli stili di vita salutari anche nel 2004, in particolare realizzando una campagna stampa incentrata sulla corretta alimentazione e sulla attività fisica. Le due tematiche, l’alimentazione e il movimento, sono trattati come elementi complementari di una consapevole scelta di vita.

I mezzi utilizzati non hanno incluso solamente la televisione, ma anche la radio e i cosiddetti new media. Sul piccolo schermo, all’interno dei canali Rai, Mediaset, La7 ed Mtv si sono alternati interventi della durata di 1-5 minuti, programmi speciali dedicati, interventi all’interno di Sanremo, passaggi spot, finestre di 30” all’interno di programmi, telepromozioni e promo educational; tutto volto a raggiungere il numero più vasto di persone, giovani ed adulti.

Gli obbiettivi della comunicazione erano la prevenzione dei comportamenti alimentari scorretti, la promozione di quelli giusti insieme alla promozione dell’attività fisica.

In radio, in particolare su Radiouno, Radiodue, Raitre e Isoradio, sono stati inseriti 126 interventi all’interno dei programmi e otto giornate tematiche.

La campagna è durata complessivamente quattro mesi e i messaggi sono stati veicolati su stampa e affissione, tramite l’utilizzo di spazi pubblicitari tabellari, publiredazionali, redazionali su quotidiani e periodici; i formati utilizzati sono stati la pagina intera al vivo, mezza pagina e ¼ di pagina, in b/n o a colori.

Infine, per quanto concerne i new media, internet è stato l’ulteriore canale di comunicazione, con banner dedicati sul portale del Ministero linkati da tutti i siti Mediaset, spazi targetizzati con pagine nelle sezioni sport, salute, donne, benessere su Virgilio e l’utilizzo inoltre di Rainews, Rai Sat (con una rubrica settimanale dedicata ai ragazzi) e Televideo nazionale.

Il target di riferimento era la popolazione in generale, con particolare attenzione ai giovani e alle donne. Sul sito del Ministero della Salute1, è inoltre disponibile uno speciale “I consigli utili per tutti” che presenta nozioni base sul concetto di alimentazione e come raggiungere un nuovo stile di vita in cinque mosse; quest’ultime sono cinque regolette riprese dalle Linee Guida pubblicate dall’INRAN.

Comunicazione 2004 sulla corretta alimentazione e promozione dell’attività fisica Alla luce degli esiti positivi riscontrati in termini di modifica dei comportamenti della popolazione grazie alle

Campagna pubblicitaria per quotidiani e periodici, formato pagine intera a colori.

1 44

www.ministerosalute.it


condivisione (è motore di un processo di confronto il più possibile allargato a chiunque abbia il desiderio di contribuire con idee e proposte, sia esso Governo, istituzione pubblica o privata, senza distinzioni di nazionalità, scelta ideologica o politica) ed eccellenza (è centro di incontro delle migliori espressioni internazionali riconosciute nei campi di conoscenza sociale, medico-scientifica, ambientale ed economica). Inoltre, a seconda degli specifici temi oggetto di riflessione e confronto, l’Advisory Board assicurerà che tutte le migliori conoscenze e professionalità disponibili possano offrire il loro contributo ai lavori del Barilla Center for Food & Nutrition.

BARILLA CENTER FOR FOOD AND NUTRITION1

Nasce così uno spazio multimediale in rete che intende comunicare liberamente l’alimentazione e la nutrizione, utilizzando uno dei più recenti mass media come mezzo prediletto per condividere e divulgare a tutti le conoscenze disponibili, oltre ad ascoltare le esigenze attuali della società.

Il 3 marzo 2009 è nato il Barilla Center for Food & Nutrition. Il progetto, presentato il 20 marzo a Milano, è un centro di pensiero e proposte dall’approccio multidisciplinare, uno spazio aperto a tutti, nato con l’obiettivo di dare ascolto alle esigenze attuali ed emergenti della società sui grandi temi legati al mondo della nutrizione e dell’alimentazione; individuare le tematiche fondamentali in relazione a persone, ambiente, scienza ed economia; raccogliere ed analizzare le esperienze così come le conoscenze e le competenze più avanzate e a oggi disponibili a livello mondiale; sviluppare e rendere disponibili a tutti i maggiori opinion e decision maker proposte e raccomandazioni sul mondo dell’alimentazione e della nutrizione, al fine di favorire una vita migliore e un benessere diffuso e sostenibile per tutte le persone. L’Advisory Board, un organismo che si pone come garante del lavoro del Barilla Center for Food & Nutrition, raccoglie al suo interno i migliori pensatori e scienziati nel campo dell’economia, della medicina, della nutrizione, della sociologia e dell’ambiente, per mettere le loro conoscenze in relazione con le problematiche che alimentazione e nutrizione si trovano ad affrontare in uno scenario agroalimentare sempre più complesso che aumenta il rischio di distorsioni e diseguaglianze. Vengono identificati i temi di interesse, elaborati contenuti distintivi e scientificamente validi, avanzando raccomandazioni e proposte. L’Advisory Board è presieduto da un Comitato Scientifico che vede la presenza di sei esperti dal background professionale diverso, ma sinergico; opera secondo principi di indipendenza (è autonomo nelle sue analisi e riflessioni), 1

www.barillacfn.com/it 45


Marketing e pubblicità

La Nestlè ha inoltre brevettato e introdotto un nuovo sistema di etichettatura degli alimenti: il Nutritional Compass®, che unisce tutti i dati riservati ai valori nutrizionali e al servizio clienti, presentati in modo da facilitarne l’individuazione e la lettura sopra la confezione.

Tutte queste campagne di comunicazione però sono già datate, e la situazione in questi ultimi cinque anni è ancora cambiata, senza la presenza di ulteriori interventi da parte del Ministero che sicuramente si sarebbero rivelati utili a contrastare l’effetto che la pubblicità di prodotti alimentari ha, soprattutto sui bambini che passano ormai un’ora o due davanti alla televisione ogni giorno. La pubblicità commerciale infatti condiziona le preferenze alimentari dei più piccoli, facilmente suggestionabili dal marketing aggressivo adottato dalle multinazionali di prodotti di consumo dolciari e di bibite gassate.

Esempio di Nutritional Compass® su una confezione Nestlé.

Anche se tutto questo può sembrare lodevole non è comunque sufficiente a garantire una tutela completa dei più piccoli, mentre la creazione di un codice comune a tutti regolerebbe in maniera più efficiente le basi del marketing verso i bambini di tutto il mondo.

Un ente che si è mosso su questo fronte è il già citato Altroconsumo che, contro l’obesità infantile, il marketing aggressivo e le abitudini alimentari scorrette, ha promosso la campagna “Pubblicità che ingrassa”1. Quest’ultima si articola attraverso una petizione accompagnata da un breve spot sotto forma di cartone animato, per chiedere al Governo Italiano di adottare paletti e regole per arginare il bombardamento di messaggi verso i minori.

I CEREALI Nella mentalità comune, indotta soprattutto dalla pubblicità, i cereali per la prima colazione sono un’ottima alternativa a merendine e snack confezionati.

L’autoregolamentazione dell’industria su questo fronte non è più sufficiente, tanto che Consumers International si è impegnato affinchè l’OMS adotti entro il 2009 un codice di condotta sul marketing degli alimenti e delle bevande non alcoliche rivolto ai minori.

Ma i test condotti da Altroconsumo dimostrano che non tutti i prodotti sono uguali: alcuni fiocchi sono stracolmi di zucchero, altri di acidi grassi trans o saturi, qualcuno esagera con il sale. Questi cereali sono proprio quelli dedicati ai più piccoli e ai quali viene dedicata un’ampia finestra nella pubblicità televisiva.

È stata pertanto creata una “Proposta per un Codice Internazionale sulla Commercializzazione ai bambini di alimenti e bibite analcoliche” consultabile interamente sul sito di Altroconsumo (un estratto significativo è presentato nell’approfondimento della pagina che segue). Alcune multinazionali presentano già linee guida per un marketing responsabile, come nel caso di Nestlè2 che ha assunto due punti principali: nessuna pubblicità o attività di marketing indirizzata a bambini con età inferiore ai 6 anni; la pubblicità per i bambini dai 6 ai 12 anni deve essere ristretta ai soli prodotti con un profilo nutrizionale che aiuti i bambini a raggiungere una dieta sana e bilanciata, inclusi chiari limiti verso ingredienti quali zucchero, sale e grassi. 1 Disponibile sul sito di Altroconsumo: www.altroconsumo.it. 2 A disposizione degli acquirenti e degli interessati sono disponibili sul sito www.nestle.it diversi documenti come Il Sistema Nutrizionale Nestlè o il report Nestlè del 2008 per la Creazione di un Valore Condiviso, oltre a diversi consigli legati alla nutrizione sotto forma di articoli o di interviste ad un dietologo (con relativo Podcast). 46


FONDAMENTI LOGICI PER LA DEFINIZIONE DI UN GRUPPO DI RACCOMANDAZIONI1

ambiente che rafforzi e incoraggi i comportamenti salutari. In questo contesto, il ruolo del marketing, della pubblicità, delle sponsorizzazioni e delle promozioni viene sottolineato. Gli Stati membri sono avvisati (paragrafo 40) del fatto che “la pubblicità alimentare influisce sulle scelte degli alimenti e sulle abitudini alimentari” ed è loro richiesto di “lavorare con le associazioni di consumatori e il settore privato (pubblicitari inclusi) per sviluppare approcci multisettoriali adatti a trattare il marketing alimentare rivolto ai bimbi, le sponsorizzazioni, le promozioni e la pubblicità.”

La Strategia Globale per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili La Strategia Globale per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili (MNT) riconosce l’enorme sofferenza causata da queste malattie e il ruolo direttivo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dovrebbe svolgere nel promuovere azioni globali di contrasto, incluse la promozione e l’adozione di linee politiche intersettoriali internazionali, di norme e altre misure appropriate che minimizzino gli effetti dei principali fattori di rischio.

La Strategia Globale raccomanda, inoltre, (paragrafo 61) agli operatori economici di “praticare marketing in modo responsabile, in sostegno alla Strategia, specialmente quando si tratta di promuovere e commercializzare alimenti ricchi di grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri semplici o sale, nei confronti dei bambini.”

La Strategia Globale su dieta, attività fisica e salute Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza

La Strategia Globale su dieta, attività fisica e salute riconosce che, globalmente, il peso delle malattie non trasmissibili (MNT) è cresciuto rapidamente e che le abitudini alimentari scorrette e l’assenza di attività fisica sono tra le principali cause delle più serie malattie non trasmissibili, incluse quelle cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e alcuni tipi di cancro. L’elevato consumo di cibi ad alto contenuto energetico, poveri in nutrienti, ma ricchi di grassi, zuccheri e sale, è identificato come un fattore di rischio, e si specifica che le indicazioni alimentari per la popolazione e gli individui dovrebbero includere le seguenti raccomandazioni: •

Raggiungere un equilibrio energetico e un peso forma

Limitare l’introito energetico derivante da grassi e spostare il consumo di grassi di quelli saturi a quelli insaturi, eliminando gli acidi grassi trans

Incrementare il consumo di frutta, verdura, cereali e frutta secca

Limitare l’assunzione di zuccheri semplici

Limitare il consumo di sale (sodio) nei vari alimenti, e preferire quelli con sale iodato

La Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia stabilisce che in qualsiasi azione riguardante i bambini, “l’interesse superiore del fanciullo deve avere una considerazione preminente” (articolo 3). Afferma inoltre che i bambini hanno il diritto di godere del più alto standard di salute raggiungibile. Agli Stati membri che hanno aderito alla Convenzione è richiesto di adottare le misure necessarie alla completa attuazione di questi diritti, inclusa la lotta per debellare le malattie e la malnutrizione attraverso l’approvvigionamento di cibi nutrienti, e assicurando che tutti i settori della società, in particolare genitori e bambini, siano informati, abbiano accesso all’educazione e siano portati ad usare le conoscenze di base riguardanti la salute e l’alimentazione dei bambini. Riconosce, inoltre, l’importanza della cooperazione internazionale per la realizzazione di questi diritti, e pone particolare attenzione ai paesi in via di sviluppo. La Carta Europea per neutralizzare all’obesità I 53 paesi membri OMS nella regione europea si sono impegnati ad attuare la Carta Europea per neutralizzare l’obesità, nella quale si riconosce che l’epidemia d’obesità che affligge l’Europa costituisce una delle sfide più serie alla salute pubblica in questa regione OMS. La Carta include nel suo quadro di interventi: “l’adozione di normative atte a ridurre sostanzialmente l’entità e l’impatto della promozione commerciale di alimenti e bevande ad alto contenuto energetico, specialmente se rivolte ai bambini, tramite un approccio internazionale, come l’adozione di un codice sulla pubblicità indirizzata ai bambini in quest’area”

La Strategia Globale riconosce che il peso della mortalità, della morbilità e infermità attribuibili alle MNT è attualmente più elevato nei paesi in via di sviluppo ed è in continua crescita; inoltre, riconosce ai governi un ruolo centrale, in cooperazione con tutte le parti sociali, nel creare un 1 Tratto da “Proposta per un Codice Internazionale sulla Commercializzazione ai bambini di alimenti e bibite analcoliche”, redatto da IASO, Consumers International e International Obesity TaskForce (marzo 2008). 47


(paragrafo 2.4.7).

ricchi di grassi, zuccheri e/o sale, verso i bambini, e la necessità di permettere la promozione di alimenti in linea con le raccomandazioni alimentari del OMS.

EVIDENZE PER AGIRE

2. L’imperativo di salute pubblica di assicurare tutela a tutti i bambini.

Tavolo tecnico dell’OMS sulla commercializzazione di cibi e bevande analcoliche ai bambini

3. L’importanza di trattare e considerare nel Codice tutte le attuali e potenziali forme e tecniche di marketing promozionale in eguale misura.

Il Tavolo tecnico OMS, tenutosi ad Olso, Norvegia, dal 2 al 5 Marzo 2006 sulla commercializzazione, rivolta ai bambini, di cibi e bevande analcoliche è giunto alla conclusione che esiste una solida base scientifica, fondata su ricerche valide, che dimostra il legame tra il marketing alimentare e un’alimentazione povera di nutrienti tra i bambini. Le evidenze disponibili dimostrano che: •

Esiste un’intensa attività promozionale di cibi e bevande rivolta ai bambini

I bambini sono consapevoli, apprezzano e rispondono positivamente a questa promozione

La promozione alimentare consiste soprattutto di alimenti ad alto contenuto energetico, ma poveri in nutrienti, e mette a repentaglio qualsiasi raccomandazione ad una dieta sana

Questo approccio è concorde con le conclusioni del Tavolo Tecnico dell’OMS, secondo cui “l’obbiettivo di ogni azione regolatoria dovrebbe essere quello di proteggere i bambini dalla promozione commerciale che affligge il loro comportamento alimentare, andando a ridurre sostanzialmente la mole e l’impatto della promozione di cibi e bevande ad alto contenuto energetico, ma poveri di nutrienti, indirizzata ai bambini. Moderati aumenti della promozione di alimenti più salutari è considerata una misura insufficiente.” Quando necessario, abbiamo attinto dall’esperienza di rilevanti documenti, incluso leggi, codici e raccomandazioni di esperti già esistenti.

La pubblicità alimentare ha un effetto deleterio sulla conoscenza che i bambini hanno del cibo, sul loro comportamento, attitudini d’acquisto e consumo.

Anche la revisione sistematica dell’entità, della natura e degli effetti della promozione commerciale di alimenti sui bambini, commissionata dall’OMS, ha indicato che i bambini, qualunque sia la parte del mondo in cui vivono, tendono a rispondere alla pubblicità nello stesso modo. Tuttavia, i bambini dei Paesi in via di sviluppo sono probabilmente più suggestionabili dal marketing alimentare perché hanno meno familiarità con le tecniche pubblicitarie; in quanto più vulnerabili, più flessibili e reattivi rispetto ai loro genitori i bambini costituiscono una via d’accesso strategica per le aziende multinazionali in quei mercati anche perché i bambini possono associare ai marchi delle multinazionali l’idea di attributo desiderabile.

L’APPROCCIO PROPOSTO Le raccomandazioni che proponiamo si basano sulle seguenti considerazioni strategiche: 1. L’importanza di limitare la promozione di cibi e bevande ad alto contenuto energetico, poveri in nutrienti e 48


MENSE SCOLASTICHE

esigenze nutrizionali della popolazione italiana non sono sostanzialmente cambiate. I L.A.R.N. ci forniscono informazioni dettagliate sui fabbisogni per ogni fascia d’età.

Quando si parla di alimentazione, di educazione e di bambini, viene spontaneo chiedersi anche che ruolo ha o potrebbe avere la scuola, essendo l’ambiente che i più piccoli maggiormente frequentano nell’arco della giornata e dove svolgono varie attività, tra cui mangiare.

Per arrivare al menu finale ovviamente concorrono diverse figure: è presente tutto l’Ufficio Gestione Ristorazione, quindi la mia collega dietista, il responsabile Dott. Raule ed altri colleghi.

La scuola serve ogni giorno pasti, in particolare il pranzo e a volte anche la merenda, ai bambini, contribuendo, seppur in misura contenuta, a creare in loro delle abitudini alimentari e a sostenere chi ha problemi legati all’alimentazione. Il momento del pasto potrebbe rivestire una funzione educativa tanto quanto tutte le altre attività svolte, dove i bambini, sostenuti dall’insegnante, imparano un modo corretto di alimentarsi.

Tutto il lavoro che realizziamo e le bozze che produciamo per i diversi menu, viene poi coordinato, approvato e validato da una commissione tecnico-scientifica che è costituita da tecnologi alimentari, professori dell’Università di Agraria, professori di Medicina e medici pediatri. Per l’approvazione finale sono presenti anche dei rappresentanti dei genitori, dei dirigenti scolastici e può presenziare anche l’Assessore ai Servizi Educativi, perché la ristorazione è anche un discorso educativo.

Per scoprire come nasce un menu per la scuola e quali sono i fattori che incidono nelle scelte, ho intervistato la prof.ssa Silvia Prelz Oltramonti, responsabile della valutazione menu e diete del Servizio di Ristorazione Scolastica del Comune di Torino1.

Fate attenzione alla provenienza degli alimenti? Noi facciamo attenzione in tutte le cose che diamo ed è presente, a monte, un capitolato, cioè un contratto che definisce ciò che vogliamo per i nostri bambini. Questo contratto è tra il Comune di Torino e le ditte di ristorazione, poiché il Comune non gestisce direttamente il servizio, ma lo dà in appalto a ditte qualificate alle quali viene sottoposto questo capitolato con tutte le specifiche richieste; le ditte devono attenersi a quanto prescritto altrimenti subiscono delle sanzioni.

Come nasce il menu per la scuola? Quali figure professionali vengono coinvolte? Noi abbiamo, proprio come qualsiasi gruppo di lavoro, un progetto a seconda di ciò che dobbiamo fare; per quanto riguarda la sottoscritta io ho il progetto per il piano di sviluppo di un menu. Parto da una serie di input che diventeranno i dati per l’elaborazione di nuovi menu per ogni ordine di scuola; bisogna considerarenoi ci occupiamo della ristorazione per una fascia d’età molto ampia: dai 3 mesi fino ai 14 anni, quindi dai bambini del nido fino ad arrivare alle medie. Ci sono vari dati in ingresso, tra cui ovviamente le leggi, ma anche i reclami e le varie segnalazioni, quello che uscirà sarà il menu dell’anno prossimo.

Quindi controlliamo la provenienza delle carni e oramai sono anni che chiediamo il biologico per quanto riguarda l’ortofrutta, ma anche i legumi secchi, le merendine o le crostatine piuttosto che lo yogurt, etc. Per quanto concerne alcuni alimenti, non abbiamo più potuto richiederli perché, dati i numeri estremamente alti, diventava difficile reperire il prodotto. C’è poi anche un discorso di gusto: anni fa avevano inserito il pane biologico, che viene venduto tranquillamente anche nelle panetterie, ed è di formato piuttosto grosso; la sostanziale differenza è che al posto del lievito viene utilizzata la pasta acida del giorno prima, come si faceva una volta; è un pane che ha un sapore un po’ più forte ed è più compatto tant’è che alla fine nessuno lo mangiava, perché i bambini non sono assolutamente abituati. Questo ci dispiaceva molto, il pane è una componente importante del pasto, se il bambino non mangia neanche quello è un

Tutto il lavoro è suddiviso in vari step, come ad esempio l’individuazione del fabbisogno alimentare, per il quale facciamo riferimento al L.A.R.N. (Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti) che la SINU (Società Italiana Nutrizione Umana) in collaborazione con l’IRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) redige ogni dieci anni; dal ’96 non è più stato aggiornato, molto probabilmente perché dal 1996 ad oggi le 1 Certificato secondo le norme ISO 9001 dal 1997. Dal 2009 rientra nel Sistema Qualità del Comune di Torino. 49


peccato, quindi l’abbiamo dovuto togliere! Ci sono poi una serie di alimenti che, anche se potrebbero essere tranquillamente inseriti in menu, perché hanno tutta una serie di caratteristiche nutrizionali positive, dobbiamo escludere perché i bambini non li gradiscono, non sono abituati; un esempio sono i cavolfiori: riusciamo a inserirli nelle scuole dell’infanzia, dove c’è una cucina interna, e i bambini non sono ancora così influenzati dai media, sono più facilmente educabili e non hanno ancora acquisito troppe abitudini. Un bambino della scuola elementare invece ha già un’abitudine e delle richieste sue. Nel caso del cavolfiore, come lei sa, è una verdura che una volta cotta lascia un odore molto forte e abbastanza fastidioso e, dato il tipo di servizio veicolato che adottiamo nelle scuole primarie e secondarie (gli alimenti vengono trasportati da un centro di cottura alla scuola, poco prima dell’ora del pasto), quando viene aperto il contenitore col cavolfiore nel refettorio nessuno più mangia perché si disperde nell’ambiente quest’odore. Avete dei riscontri, fate compilare dei questionari, per controllare il gradimento del servizio? Sul discorso del gradimento del pasto abbiamo un sistema di controllo, proprio perché siamo un sistema certificato; quindi ci sono tre nostri colleghi che ogni giorno girano come minimo due scuole ciascuno e verificano sul campo la gradibilità del pasto tramite dei moduli dove segnano quello che i bambini mangiano o meno, assaggiando loro stessi gli alimenti. Vengono campionati come minimo una cinquantina di bambini, all’incirca due classi; sul modulo si inserisce il menu del giorno e la ditta fornitrice del pasto, oltre a tutti i dati relativi alla scuola in questione. L’addetto segnala quali alimenti vengono rifiutati al momento del servizio e poi, girando tra i tavoli, quelli scartati al consumo, cioè che il bambino assaggia e non finisce. In questi casi si nota come la figura di riferimento che è l’insegnante, sia fondamentale per i bambini.

cui sono loro che si attivano e si interessano. Ed è importante una preparazione, seppur minima, perché tante volte l’insegnante lavora sul proprio gusto personale e quindi se per esempio storce il naso e non mangia gli spinaci, nessun bambino li mangerà! E questo è indipendente dall’alimento, che siano gli spinaci o che sia la cotoletta. È poi presente all’interno di ogni scuola una Commissione Mensa, un organo che dipende dal Consiglio d’Istituto, composto da genitori, insegnanti, dall’economo e nelle scuole medie possono esserci anche i ragazzini; questa commissione verifica il servizio mensa e può fare dei controlli, come quelli che facciamo già noi, ma in questo caso è più vicina alla scuola. Ovviamente il dato che forniscono deve essere il più possibile oggettivo, e a volte si scoprono cose abbastanza inaspettate: mi ricordo che davamo una bresaola che nelle scuole dell’infanzia non veniva mangiata, eppure era un buon piatto, lo chiedevamo della Valtellina, quindi con determinate caratteristiche; il risultato fu che era tagliata troppo spessa e i bambini per questo non la gradivano.

Voi a questo proposito fate dei corsi per gli insegnanti? Noi personalmente no, perché siamo Comune di Torino che fornisce un servizio a delle scuole dell’obbligo statali, quindi potremmo dire che c’è un discorso di giurisdizione; noi possiamo fare tutta una serie di corsi ai dipendenti comunali, mentre per quanto riguarda gli statali, sono stati avviati dei corsi di vario genere, ma su richiesta, per 50


Voi curate anche le diete dei bambini che presentano malattie o allergie legate all’alimentazione?

Infine abbiamo dei bambini, seguiti alle Molinette o in altri centri specializzati, per i quali hanno riscontrato che sottoponendoli ad una dieta priva di glutine e senza latticini le loro crisi si attenuano, cioè l’aggressività che solitamente sviluppano si riduce.

Certamente. Quali sono le patologie più comuni che incidono sulle scelte alimentari?

Sono tutte cose che diventano una dieta stilata sulla base del menu principale, già l’anno scorso avevamo 1300 diete in totale e quest’anno siamo mediamente sugli stessi numeri e non sono poche, considerando che noi forniamo effettivamente 55000 pasti al giorno.

Come ha detto lei tutte quelle legate all’alimentazione; possono partire da allergie e intolleranze, che è la quota più grande che abbiamo e va sempre aumentando, quindi troviamo la celiachia, l’intolleranza al lattosio, il favismo; quest’ultimo è l’unico stabile, mentre la celiachia ha sempre più casi. Dal 2004 con 107 casi siamo arrivati a 208 casi ad oggi, anche se non sappiamo se sia un aumento effettivo oppure se sia la diagnosi molto più precisa e precoce rispetto a prima.

Per la certificazione c’è stato un lavoro enorme con il Dipartimento di Scienze Pediatriche e con la Regione Piemonte che adesso ha un progetto per il monitoraggio delle allergie sul territorio. Noi abbiamo dei prestampati al quale il medico deve attenersi per la compilazione del certificato e nonostante tutto riscontriamo ancora richieste abbastanza strane, che non hanno un’effettiva valenza medica.

Per queste diete noi riceviamo tutta la documentazione medica, attraverso la richiesta del genitore, la mandiamo al Dipartimento di Scienze Pediatriche del Regina Margherita e loro elaborano uno schema fatto sulla falsariga del nostro menu.

Dagli studi risulta che anche il colesterolo infantile è in aumento!

Seguiamo i disturbi alimentari con molta attenzione per garantire un servizio attento a tutti, e i genitori hanno più fiducia, poiché si sono resi conto che i bambini possono mangiare a scuola senza correre alcun rischio, ricevendo una corretta alimentazione grazie ad un menu adeguato e allo stesso tempo non così costrittivo come si potrebbe pensare. Sono stati fatti dei passi avanti importanti, come nel caso della celiachia, si è inserito in capitolato tutta una serie di alimenti a tutela dei bambini celiaci, che però vengono dati a tutti; un esempio è il prosciutto, che tutti, indipendentemente da malattie o meno, consumano senza polifosfati, senza glutine e proteine del latte o derivati, perché tralaltro anche un consistente numero di utenti è allergico al latte.

È stato fatto uno studio in particolare l’anno scorso dal quale era emerso che tra i bambini in età pediatrica, quindi dai 2 ai 14 anni, nella popolazione italiana un buon 20% aveva il colesterolo alto. Che motivazione può avere? Una volta nessun bambino aveva il colesterolo alto, tranne in America, dove si erano già fatti degli studi in merito, valutando la popolazione dei 18enni dove si era riscontrato un aumento; una delle cause è sicuramente l’introduzione di determinati grassi saturi all’interno dell’alimentazione, oltre alla quantità di zuccheri. Noi abbiamo delle diete per alcuni bambini con diabete infantile. Il menu ogni quanto si ripete?

Tra le varie patologie abbiamo anche molti casi di obesità con delle relative diete specifiche da seguire; poi ci sono i cosiddetti disturbi del comportamento alimentare che stanno aumentando e non sono soltanto anoressia o bulimia, che per il momento non vengono gestite più di tanto perché non sono ancora state presentate delle richieste specifiche in merito, quanto l’autismo, che implica delle scelte particolari con un’alimentazione altamente selettiva, ad esempio alcuni soggetti mangiano solo un certo tipo di pasta e se non trovano quello che conoscono vanno in escandescenze.

È mensile, articolato su quattro settimane, e si differenzia in estivo ed invernale. Non abbiamo le stagioni di mezzo perché il problema diventano le diete: ad ogni menu ne corrisponde una, e metterne quattro per ogni bambino risulterebbe davvero impegnativo. Il menu viene poi rinnovato ogni anno, prendendo in considerazione quello dell’anno passato, migliorandolo e apportando delle modifiche; talvolta viene stravolto completamente, talvolta invece ci sono solamente dei piccoli ritocchi. Il menu per i piccolini, dallo svezzamento fino ai 12 mesi, viene redatto interamente dai pediatri. 51


Nel nido e nella materna serviamo, oltre al pasto, anche la merenda, invece nelle scuole dell’obbligo, elementari e medie, solamente il pranzo.

senza per questo trascurare il nostro obbiettivo principale: garantire un buon servizio che soddisfi, qualitativamente e quantitativamente, le necessita alimentari dei bambini.

Quali sono le necessità alimentari di un bambino durante la scuola primaria?

Quindi non è facile dare da mangiare ai bambini, soprattutto a partire dalla scuola primaria, poiché crescendo assumono spazi decisionali più autonomi e iniziano a selezionare cosa mangiare. Ma non per questo bisogna essere disarmati davanti alle loro richieste, si dovrebbe invece cercare di mediare, con la consapevolezza dell’importante funzione educativa del pasto, a casa come a scuola, facendolo diventare un momento di crescita.

Le esigenze sono quelle che dà il L.A.R.N. e a cui ci atteniamo rigorosamente. Il quantitativo calorico, considerato che noi diamo solamente un pasto, è al massimo del 40%. Il fabbisogno alimentare del bambino è vario quanto quello di un adulto, deve mangiare di tutto per sostentare la crescita, quindi noi diamo un po’ di tutto, bilanciando secondo quello che ci viene indicato come apporto calorico necessario.

Ad aiutarci a capire le preferenze dei più piccoli a tavola c’è un’inchiesta, condotta da Altroconsumo durante l’anno scolastico 2007/2008, all’interno delle mense di dieci scuole sparse in diverse città italiane (Genova, Verona, Roma, Bari, Palermo); ogni giorno hanno pesato quello che i bambini lasciavano nei piatti, e per essere sicuri che la causa degli sprechi non fosse il cattivo gusto delle pietanze, hanno assaggiato tutto.

Bisogna anche fare riferimento ad una realtà sociale che, soprattutto nel caso dell’utenza extracomunitaria, vuole che i bambini mangino solamente a scuola; sulla base di questo l’apporto proteico è sempre, nel quantitativo giusto, tendente all’alto, soprattutto dal punto di vista della qualità, perché il bambino ha bisogno di determinate proteine per crescere e di fatti gli alimenti di origine animale sono presenti tutti i giorni, come carne, pesce, uova, formaggi etc.

I risultati delle indagini hanno condotto ad alcune linee generali.

Inoltre, come progetti per la scuola, invitiamo tutti i dirigenti ad attivare la merenda mattutina a base di frutta, poiché tante volte i bambini non riescono a mangiarla a pranzo, magari perché non hanno più fame o semplicemente non ne hanno voglia. In questo modo siamo sicuri che la frutta viene consumata: al mattino tampona quel buco allo stomaco che può venire, però allo stesso tempo fa in modo che i bambini abbiano appetito all’ora di pranzo.

• I primi piatti sono i preferiti dai bambini, purché semplici • Le uova sono così in basso nella classifica del gradimento che sono quasi scomparse dai menu, ma vengono utilizzate come ingredienti in altri alimenti • I dessert sono sempre graditi, ma alcune scuole non li servono, optando per la frutta • Quello che si avanza di più è il contorno, tuttavia ci sono diverse eccezioni, che dimostrano che offrire ai bambini verdure ad alto gradimento non è impossibile

Quindi c’è un mix che garantisce gli apporti nutrizionali corretti, sia da un punto di vista qualitativo, sia da un punto di vista quantitativo. È difficile garantire una varietà come nel caso di chi mangia tutto, perché i bambini di fatto non mangiano di tutto! Nelle elementari riusciamo a dare costine e spinaci, che bene o male vengono consumati, le patate al forno, l’insalata, i finocchi; il problema maggiore sono sempre le verdure, ma anche il pesce, per le spine, nonostante si cerchi di dare pesci come la platessa o l’halibut che di spine quasi non ne hanno, anche così a volte possono nascere dei diverbi.

• I cibi tradizionalmente meno amati possono essere resi appetibili lavorando sui metodi di cottura e sulla presentazione più adatti • Importanti sono la qualità anche gastronomica dei piatti e la corretta temperatura di servizio • La frutta avanza meno grazie alle maestre che la portano in classe per la merenda • In alcune scuole le maestre mangiano fianco a fianco con i bambini, incoraggiandoli ad assaggiare tutto; è utile invogliarli a provare poiché spesso i bambini

Diciamo che è un lavoro di mediazione molto accurato e richiede dei compromessi per accontentare tutte le parti 52


non mangiano alcuni alimenti, come le verdure, per partito preso. Di seguito si riportano i risultati dettagliati con le preferenze più significative dei bambini per ogni scuola analizzata (la percenttuale indica la quantità mangiata dai bambini). BARI

PALERMO

Scuola Primaria Re David via Omodeo, 8/1 riso e patate 95% mozzarella 100% purè 100% mela 96%

Scuola dell’infanzia statale Rosolino Pilo via S. La Franca, 70 risotto con carciofi 39% cuori di merluzzo impanati 28% fagiolini 42% banana 39%

riso con spinaci e formaggio 100% arrosto panato 100% purè 89% banana 88%

Scuola Primaria Don Orione viale Japiglia, 140 pizza margherita 91% mozzarella 95% purè 81% arancia 100%

pasta corta in brodo 55% uovo sodo 59% carote gratin 34% pera 33%

Scuola dell’infanzia statale Borgo Ulivia via Ortigia, 19

pasta con passato di verdure 0% prosciutto cotto 30% fagiolini 16% mela 38%

pasta al pomodoro 97% petto di pollo panato 97% purè 91% mela 88%

VERONA

tortellini in brodo 66% bresaola 45% fagiolini 66% pera 55%

GENOVA

Scuola Primaria Barbarani via Del Carroccio, 9 gnocchi pomodoro e ricotta 92% mozzarella 94% purè 94%

Scuola Primaria Nazario Sauro via Medaglie d’Oro, 2 vellutata patate e porri 41% uova strapazzate 25% finocchi julienne 18%

pasta all’olio 97% prosciutto cotto 100% purè 91% banana 98%

Scuola Primaria Fracazzole via Fracazzole, 1/C pastina in brodo 98% prosciutto cotto 94% fagiolini in tegame 100% banana 100%

risotto alla pilota 80% cosce di pollo 46% insalata mista 59% mela 66%

Scuola Primaria Diaz via C. Battisti, 6 pasta all’olio 95% crocchette di pollo panate97% fagiolini in insalata 90% banana 100%

ROMA Scuola Primaria IV Novembre via A. Volta, 41 pasta al pomodoro 100% medaglione di nasello 92% insalata 95% crème caramel 100%

vellutata di legumi 19% frittata 46% finocchi 2% mela al forno 13%

Scuola Primaria B. Croce via B. Croce, 48 pasta al burro 100% pollo al limone 100% finocchi 89% crème caramel 100%

minestra di verdure 47% crocchette di merluzzo 66% patate prezzemolate 16% mela 42%

crema di verdure 64% crescenza 48% spinaci all’olio 46% mela al forno 35%

53

cream di legumi bio 55% uccelletto di vitellone 34% insalata verde e mais 27% mela 42%


54


PEOPLE FOCUSED

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I BAMBINI OGGI

usando anche forme in passato non utilizzate come e-mail e cellulari, più degli adulti. Non rinunciano né sacrificano il gioco, anzi giocano di più con tutti, con i pari, con la mamma, con il papà, con i nonni, combinando i giochi più tradizionali del passato con quelli più tecnologici: le bambole per le bambine e i trenini e le automobiline per i bambini continuano a essere in testa alla graduatoria dei giochi preferiti anche se cresce la passione per i videogiochi, mentre diminuiscono i giochi di movimento tra le preferenze dei bambini. Fruiscono di più di spettacoli, fanno più sport, leggono più libri, svolgono più che in passato attività extrascolastiche. Un numero sempre maggiore utilizza le nuove tecnologie, pc e Internet più degli adulti.

Com’è la vita dei bambini al giorno d’oggi? I tempi cambiano e le nuove generazioni anche, tanto che spesso per stare dietro al cambiamento c’è bisogno di indagini che ci aiutino ad “inquadrare” la situazione generale; così da capire cosa fanno i bambini di adesso, come si divertono e come trascorrono il tempo con i propri genitori, quanto sono influenzati dai media e quanto la tecnologia è effettivamente entrata nelle case. L’educazione dei bambini dipende molto dalla loro condizione famigliare, sia culturale sia economica. All’interno dei Quaderni del Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza è presente un’indagine statistica multiscopo sulle famiglie e su come cambia la vita dei bambini1; il documento è stato redatto dal Ministero della Solidarietà Sociale, dall’Istituto degli Innocenti di Firenze e dal Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza, è stato finito di stampare nel mese di gennaio 2007, ma i dati fanno prevalentemente riferimento alla situazione del 2005. È uno dei documenti più recenti disponibili a spiegare, attraverso dati ISTAT attendibili, cosa accade nelle famiglie italiane e come questo condizioni la vita dei più piccoli;. Grazie a questo documento è stato possibile individuare gli aspetti principali che segnano e descrivono la crescita e le abitudini dei bambini, oltre ai divari geografici, culturali ed economici che più incidono su questi fattori.

Vi è una forte personalizzazione dei consumi nella quotidianità; il bambino che emerge dai dati ISTAT è un soggetto più complesso, esigente e consapevole di quanto non si pensi. Nell’ambito dell’infanzia particolare dinamicità è espressa dalle bambine e ragazze che ormai azzerano le differenze di genere su alcuni terreni tradizionalmente maschili come l’utilizzo del pc, superando, per quanto riguarda la fascia tra i 6 e 10 anni, i loro coetanei nella maggior parte delle attività, dalla lettura, alla fruizione di spettacoli (tranne quelli sportivi), alla frequenza di corsi di formazione extrascolastica. Le differenze di genere diminuiscono anche nei lavoretti in casa: le femmine svolgono meno attività tipicamente femminili e i maschi vengono coinvolti di più proprio in questo tipo di attività. Dunque, tra i figli più piccoli sta accadendo qualcosa di simile a ciò che sta succedendo ai loro genitori: diminuisce il tempo dedicato ai lavori domestici delle madri, diminuiscono le bambine e ragazze che svolgono le attività domestiche; aumenta seppur di poco il contributo paterno al lavoro familiare, aumenta anche il contributo di bambini e ragazzi al lavoro familiare.

L’indagine è stata condotta su circa 24 mila famiglie di cui il 29,2% con figli minorenni. Particolare attenzione è stata dedicata al rapporto dei bambini e degli adolescenti con i media, quali Internet e il cellulare, poiché le nuove generazioni risultano avere una maggiore capacità di relazione con le nuove tecnologie rispetto ai loro genitori.

Il mondo dei bambini si presenta come un enorme puzzle, con alti livelli di personalizzazione del consumo e molteplici percorsi individualizzati, dati da una diversa combinazione di gusti, tempi e modalità di fruizione.

I dati testimoniano che i bambini e i ragazzi sono sempre più attivi, sempre più in rete. L’immagine del bambino e adolescente in solitudine non risponde alla realtà, anche se figlio unico. I genitori dei figli unici, infatti, si danno strategie per compensare l’assenza di pari in famiglia con una maggiore socializzazione con i pari non solo a scuola ma anche nel tempo libero. Aumentano le relazioni sociali, bambini e ragazzi comunicano di più con tutti,

Ma le differenze territoriali e sociali continuano a esistere e prefigurano l’esistenza di segmenti di bambini con minori opportunità di altri o addirittura esclusi, rispetto ai quali la scuola non riesce ancora a svolgere un ruolo di compensazione. 408 mila bambini da 6 a 17 anni in Italia negli ultimi 12 mesi non sono andati al cinema, non hanno letto libri, non hanno usato il pc, né Internet, né

1 “Come cambia la vita dei bambini”, indagine statistica multiscopo sulle famiglia a cura di Ermenegildo Ciccotti e Linda Laura Sabbadini. 56


hanno praticato sport, il 6% dei bambini da 6 a 17 anni. Al crescere dell’età diminuisce questa percentuale passando dal 9,5% tra i 6 e 10 anni al 4,3% tra 11 e 13. Nel Sud è il 10,6 contro il 2,4% del Nord e il 3% del Centro, nelle famiglie operaie raggiungono l’8%. Se questa è la situazione più grave, non va dimenticato che le differenze territoriali e sociali sono ancora grandi nelle opportunità che hanno i bambini. L’utilizzo delle nuove tecnologie è fortemente condizionato dal possesso in casa del pc, emerge una differenza di 17 punti percentuali tra figli di operai e di liberi professionisti, imprenditori o dirigenti. Più del 50% dei bambini del Nord frequentano corsi di formazione extrascolastica contro poco più del 30% al Sud e il 37% delle famiglie operaie. Il dato positivo è che proprio laddove le differenze sono più ampie la riduzione delle disuguaglianze è stata maggiore negli ultimi anni soprattutto nel rapporto con le nuove tecnologie, segno che i nuovi comportamenti cominciano a rompere anche le barriere sociali e territoriali. La scuola non è riuscita a giocare ancora un ruolo attivo nella riduzione delle differenze soprattutto nell’uso delle nuove tecnologie, perché la riduzione delle differenze sociali e territoriali non è avvenuta con un utilizzo crescente del pc a scuola ma con una maggiore disponibilità presso le famiglie. Di seguito verranno presi in considerazione più nel dettaglio tutti i fattori sopra citati. I grafici e le tabelle che presentano i dati commentati sono disponibile a fine sezione.

non è a scuola o con i genitori è necessario ricorrere a figure, parentali o non, che sostengano la famiglia nel compito di cura dei figli. In Italia i bambini tra 0 e 13 anni che sono affidati a qualche adulto, almeno qualche volta a settimana, sono circa 4 milioni, pari al 51,4% del totale. Al primo posto tra le figure che si prendono cura dei più piccoli si collocano i nonni conviventi e non (76,2%); soprattutto quando i bambini sono piccoli, il loro sostegno si rivela importante.

Bambini in famiglia Aumentano i bambini con tutti e due i genitori occupati, anche se la situazione è molto diversa tra nord e sud, e allo stesso modo aumentano i figli unici (con prevalenza al nord). Crescono i bambini che vivono con un solo genitore ( al primo posto la Liguria), la maggior parte vive con la madre, mentre tantissimi padri vedono i figli solo poche volte l’anno.

Ridotta la quota di bambini affidati a persone retribuite (9,0%), quota che però sale all’11,6% se la donna lavora e al 23,9% se è dirigente, imprenditrice o libera professionista. Mentre per 2 milioni 135 mila bambini tra 0 e 13 anni non si verifica la necessità di essere affidati a qualche adulto, ad occuparsene sono spesso i fratelli non adulti. Capita, tuttavia, che i bambini stiano da soli (14,8%), con altri coetanei (7,9%) oppure che siano guardati dai vicini di

Il lavoro di cura di mamme e papà è in crescita e l’asimmetria dei ruoli nella coppia è effettivamente diminuita ma più per effetto delle strategie individuali delle donne che degli uomini: dedicano infatti più tempo ai figli e riducono l’impegno nei servizi domestici, continuando ad essere sovraccariche di lavoro familiare. Si ha quindi una riorganizzazione dei tempi e nei momenti in cui il bambino 57


casa (9,6%).

della metà dei bambini: i laboratori scientifici/computer (48,6%) la mensa scolastica (45,3%), la piscina (4,5%) e il laboratorio linguistico (12,7%).

Per quando invece concerne le attività svolte dai bambini a partire dai 6 anni, in ambito famigliare, la maggioranza aiuta i genitori in piccole cose, in particolare apparecchiare e sparecchiare la tavola, riordina le proprie cose, buttare la spazzatura, fare la spesa o delle piccole commissioni, etc.

L’atteggiamento nei confronti dell’impegno scolastico e dei risultati raggiunti è diverso in relazione al genere. Il 47,7% delle femmine dichiara di impegnarsi molto ottenendo ottimi risultati, mentre per i maschi questa percentuale è appena il 33,7%.

Le attività più tipicamente domestiche sono appannaggio quasi esclusivo delle femmine, quindi apparecchiano, fanno le pulizie, lavano i piatti o li mettono nella lavastoviglie, si rifanno il letto. I maschi fanno lavoretti come piccole riparazioni, vanno a buttare la spazzatura, vanno all’ufficio postale.

Svolgere i compiti a casa è senz’altro un elemento che accomuna gli alunni di tutti i tipi di scuola: le percentuali di alunni che svolgono i compiti da soli ammontano al 45,6% alla scuola elementare, dove il 73,9% dei bambini svolge i compiti con la madre e il 23,5% con il padre. Si studia in media 1 ora e 42 minuti, ma le ore di studio giornaliere cambiano sensibilmente in relazione al sesso: le femmine studiano più dei maschi in media tra i 30 e i 40 minuti.

Le differenze di genere riscontrate a livello generale risultano fortemente condizionate dalle caratteristiche della famiglia e in particolare dal livello d’istruzione della madre e dalla condizione occupazionale dei genitori. Le differenze di genere si attenuano molto se la madre è diplomata o laureata, rispetto ai casi in cui la madre ha titolo elementare o nessun titolo. I livelli di partecipazione alle attività della casa cambiano nelle varie zone del Paese: i bambini e ragazzi sono più coinvolti nel Centronord rispetto al Sud, che li coinvolge più tardi.

I bambini, le bambine e il gioco “Il gioco dovrebbe essere considerato l’attività più seria dell’infanzia” scriveva Montaigne e ancora oggi non c’è studioso dell’età evolutiva che non consideri quest’attività come il principale strumento attraverso il quale il bambino comincia a comprendere il mondo e ad acquistarne padronanza. Ma con chi giocano i bambini? Quali sono i loro giochi preferiti? Quanto e come i genitori partecipano all’attività ludica dei figli?

La scuola Frequentano la scuola elementare circa 2 milioni e 700mila bambini in età compresa tra 6 e 10 anni; rispetto alla scuola materna aumenta sensibilmente la frequenza alla scuola pubblica che raggiunge il 94,7% dei frequentanti.

Le preferenze espresse dalle bambine e dai bambini da 3 a 10 anni rispetto alle diverse tipologie di gioco evidenziano peculiarità e differenze che tendono ad ampliarsi al crescere dell’età. L’attività ludica si modifica di pari passo con lo sviluppo intellettivo e psicologico, così che crescendo, le bambole e le automobiline, le costruzioni e i puzzle perdono terreno, mentre aumenta l’interesse per i giochi di movimento, in particolare tra le bambine. Inoltre, più di un terzo delle bambine e dei bambini preferisce i giochi da tavolo.

La scelta tra scuola pubblica e privata è meno legata da vincoli rispetto alla scelta della materna, per il 46,3% dei genitori infatti non ha influito “nessuna particolare ragione”. Circa la metà dei bambini frequentanti consuma il pranzo a scuola e il 23,3% di questi mangia a scuola tutti i giorni. Anche per il servizio mensa della scuola elementare si riscontra una differenza in relazione alla collocazione geografica: è molto utilizzato nell’Italia nordoccidentale (75,8%), leggermente meno nell’Italia nordorientale (65,5%) e centrale (64,9%), e scende significativamente al 25,5% nell’Italia meridionale con appena il 17,2% nell’Italia insulare.

Tra i 6 e i 10 anni le differenze di genere emergono più decisamente: il 70,6% delle femmine continua ad amare il disegno e il 71,6% dei bambini ama giocare a pallone. In particolare la graduatoria per i bambini ha al primo posto il gioco del pallone (71,6%), seguito da videogiochi (65,2%), figurine (50,3%), automobiline (49,2%) e disegnare (47,5%).

Tra i servizi e le attrezzature più utilizzate nella scuola c’è la palestra, tutti gli altri invece, sono utilizzati da meno

Per le bambine al primo posto si collocano le bambole (71,7%), seguite dal disegnare (70,6%), dai giochi di 58


movimento (38,7%).

(60,4%),

pupazzi

(43,3%),

videogiochi

di movimento soprattutto con i padri, mentre disegnano o colorano soprattutto con la madre; i giochi svolti con la madre sono in numero decisamente superiore a quelli che vedono coinvolto il padre.

Quindi la tecnologia è per tradizione culturale un territorio più maschile e ciò emerge in modo evidente anche nelle attività ludiche dei più piccoli; differenze così accentuate, anche tra le giovanissime generazioni, sembrerebbero indicare che il processo di superamento dalle barriere culturali che hanno ostacolato le donne nell’accesso alla conoscenza e all’uso della tecnologia non sia ancora concluso, sebbene come si vedrà l’utilizzo del computer tende a essere più paritario.

I videogiochi e il computer restano una prerogativa maschile e anche nel caso delle bambine, sono i padri quelli con cui condividono di più videogiochi e computer, ma in percentuali nettamente inferiori a quelle dei loro coetanei. I momenti che madri e padri dedicano ai figli raccontando o inventando storie, ascoltando la musica, ballando, accompagnandoli ai giardini, oppure assistendo con loro a spettacoli televisivi, cinematografici o di altro genere, rappresentano attività comunque importanti per la relazione con i figli. Anche in questo tipo di attività la madre ha un ruolo di primo piano: le bambine e i bambini svolgono quasi tutte le attività considerate più spesso con le madri.

I giochi da tavolo e il disegno sembrano interessare di più i piccoli delle regioni del Centro-nord; lo stesso si può dire per i giochi con gli animali domestici, probabilmente anche per effetto del clima che costringe a restare più spesso in casa. I giochi in attività domestiche sono maggiormente diffusi tra le bambine del Centro-nord, mentre la preferenza per il gioco del pallone è equamente distribuita; i giochi di movimento in genere sembrano essere più apprezzati dai bambini e dalle bambine del Nord.

I luoghi preferiti per il gioco passano da casa propria e quella degli amici a spazi al di fuori delle mura domestiche all’aumentare dell’età. Dopo l’abitazione, sono il cortile e i giardini a essere più spesso segnalati come spazi di gioco, seguono i campi e i prati, la parrocchia e le strade poco trafficate.

Rispetto al 1998 i giochi di movimento appaiono in calo dal 59% al 49,8%, quindi meno attività fisica, mentre la crescita maggiore ha riguardato i videogiochi, i giochi da tavolo, la plastilina e altri materiali, il costruire e riparare, le figurine.

Bambini e autonomia

Il gioco con altri bambini assume maggior rilevanza a partire dai 6 anni e il gruppo dei pari inizia ad avere una grande importanza nella condivisione del gioco. Quando non sono a scuola i bambini da 3 a 10 anni che hanno fratelli o sorelle gioca con loro, altrimenti importante è la presenza di amici e compagni di scuola. Anche i cugini sono figure piuttosto presenti nelle attività ludiche, mentre la quota di coloro che quando non sono a scuola giocano sempre da soli è assolutamente irrisoria e in diminuzione, a conferma che i bambini e i ragazzi sono sempre meno isolati.

La libertà e l’autonomia dei bambini si vede soprattutto dalla possibilità o meno di avere uno spazio tutto proprio; si riscontra che solamente il 38,3% dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni ha una camera da letto propria, il 52,4% condivide la camera con fratelli e sorelle, mentre il 7,5% dorme nella camera da letto dei genitori. Non emergono differenze di genere, mentre al crescere dell’età aumenta la quota di ragazzi e ragazze che hanno una camera tutta per loro. Oltre il 60% dei bambini con almeno un fratello o una sorella divide la camera con loro e la quota sale al 75,3% se il numero dei fratelli è uguale o superiore a due.

Cresce la percentuale di bambini che giocano con i genitori e cresce anche il numero di bambini che gioca con i nonni, questo può essere messo in relazione all’aumento delle ore di cura erogate dai nonni ai nipoti, evidenziatosi negli ultimi anni.

Il rapporto con il denaro per i bambini è un aspetto fondamentale che inciderà nella capacità futura di maneggiarlo. I bambini ricevono più denaro delle bambine e le differenze di genere sono nulle tra i piccoli di 6-10 anni ma aumentano al crescere dell’età. Tra i bambini al primo posto nelle modalità di spesa si collocano le figurine/ stickers (45,6%), seguiti dai dolci, merendine, gelati (36%)

I giochi che i bambini svolgono più spesso insieme alla mamma e al papà riflettono i ruoli e le preferenze di genere sia dei figli, sia dei genitori, così che i maschi fanno giochi 59


e dai giornalini/fumetti (34,4%).

I bambini che non guardano mai la TV da soli sono proporzionalmente più frequenti nelle regioni settentrionali del Paese.

L’autonomia di cui godono i ragazzi in famiglia e la loro responsabilizzazione sono indicatori importanti dello stile educativo adottato dai genitori. Nel 2005 il 40,2% dei bambini e ragazzi tra i 6 e i 17 anni disponeva delle chiavi di casa (era il 37,8% nel 1998). Il possesso delle chiavi di casa aumenta quando entrambi i genitori lavorano e nel caso di famiglie monogenitore.

Emerge come la compresenza dei familiari sia maggiore all’ora di pranzo, all’ora di cena e dopo cena, mentre le quote più alte di telespettatori soli davanti al teleschermo si registrano durante la mattinata e nel primo pomeriggio, ma ciò riguarda prevalentemente i ragazzi tra gli 11 e i 17 anni. L’elevata personalizzazione del consumo è testimoniata sia dai differenti modi in cui i bambini e i ragazzi vedono la TV sia dall’elevata quota di bimbi che hanno la TV in camera (40,8%); è comunque interessante vedere come la presenza della TV in camera non faccia aumentare la quota dei bambini che la guardano sempre da soli. Il possesso di una propria TV favorisce, infatti, l’alternanza di momenti di visione solitaria a momenti di visione condivisa con i familiari.

La televisione Nel 2005 il 96,3% dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni guarda la TV e cresce anche la frequenza: il 91,7% infatti la vede tutti i giorni e il tempo trascorso a guardare la TV aumenta con l’aumentare dell’età. Poco più di un decimo dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni guarda la TV sempre da solo. I bambini da 6 a 10 anni assumono un comportamento intermedio tra i piccolissimi e i più grandi: anche loro sempre da soli come i più piccoli nel 10% dei casi, ma a differenza dei più piccoli sembrano alternare la visione da soli e con altri di più (42,9%) a conferma della crescente personalizzazione del consumo al crescere dell’età.

I genitori sembrano essere attenti ai programmi e alle videocassette che vedono i loro figli: dichiarano di farlo sempre nel 71,2% dei casi e saltuariamente nel 20,2%; solo nell’8,6% dei casi i bambini non sono controllati. Al primo posto nella graduatoria dei programmi più seguiti si collocano quelli per bambini e ragazzi, seguono i film, telefilm e film per la TV, i giochi a quiz, i programmi musicali e a pari merito le trasmissioni sportive, i documentari, il varietà e i programmi comici. Interessanti differenze si evidenziano nei programmi seguiti se si considera il titolo di studio della madre: i bambini e i ragazzi con madre laureata o con diploma superiore seguono di più le trasmissioni per bambini e i cartoni animati, i documentari e le trasmissioni sulla salute, natura ambiente e viaggi; di contro i bambini con la madre con licenza elementare seguono più i reality show, le trasmissioni sportive, film, telefilm e film per la TV, telenovela e soap opera. Il cellulare L’utilizzo del cellulare cresce molto tra i bambini e ragazzi, soprattutto tra i più piccoli. Nel quinquennio sembrano essersi annullate le differenze di genere: nel 2000, infatti, il 58,5% delle ragazze utilizzava il cellulare a fronte del 52,8% dei loro coetanei, nel 2005 le quote salgono rispettivamente all’83% e all’84%. 60


L’utilizzo del cellulare cresce all’aumentare dell’età e dichiarano di utilizzarlo il 20,9% dei bambini di 6-10 anni e la prevalenza delle ragazze sui ragazzi nell’utilizzo del cellulare si conferma su tutto il territorio nazionale. Inoltre chi utilizza il cellulare nella gran parte dei casi ne possiede anche uno per sé, così che circa la metà dei bambini e i ragazzi da 6 a 17 anni possiede un cellulare e anche in questo caso la quota di femmine è superiore a quella dei maschi: possiede il cellulare il 12,8% delle bambine di 6-10 anni, contro l’8,5% dei maschi.

e nel 93,7% delle famiglie con capofamiglia con la licenza elementare o senza titolo di studio. Tutto ciò lascia supporre che per pc e Internet le forti differenze non siano dovute solo a fattori di tipo economico ma anche e soprattutto di tipo culturale. Comunque tra il 2000 e il 2005 il possesso di personal computer e Internet è più che raddoppiato nelle famiglie con capofamiglia operaio. Il pc disponibile in casa è spesso condiviso da più membri della famiglia, solo l’8,6% dei bambini e ragazzi dai 3 ai 17 possiede un pc personale (la percentuale aumenta all’aumentare dell’età) mentre il 48,6% dispone di un pc che viene utilizzato anche da altri familiari.

Tra le funzioni utilizzate al primo posto si colloca il telefonare seguito a brevissima distanza dall’invio e ricezione dei messaggi . Oltre la metà dei bambini e ragazzi di 6-17 anni ci gioca, cambia suonerie e utilizza la rubrica telefonica; al sesto posto tra le funzioni utilizzate si colloca il fare e ricevere foto. Per i più piccoli (6-10 anni) giocare con il telefono è più usuale (63,1%).

La differente disponibilità di pc in casa incide non poco sulla propensione all’utilizzo: l’83,3% dei bambini e ragazzi di 3-17 anni che possiedono un pc a casa dichiara di utilizzarlo, mentre tra coloro che non dispongono di un pc a casa il tasso di utilizzo è solo del 21,4%, e l’uso di Internet ha un andamento molto simile a quello del pc. Questo dato e l’analisi di altri dimostra il ruolo fondamentale della famiglia nell’alfabetizzazione informatica dei bambini e ragazzi, mentre la scuola non riesce a influire in modo da ridurre le forti differenze dovute allo status socioeconomico dei genitori.

Il panorama delle persone con cui i ragazzi comunicano tramite il cellulare riflette le fasi della loro crescita e il diverso grado di socializzazione che la caratterizza: tra i più piccoli al primo posto troviamo i genitori (73,2%), seguiti dagli amici (43,6%) e dai nonni. Emergono comunque differenze di genere: le quote di bambini e bambine che comunicano con i genitori e i nonni sono pressoché uguali, mentre differenze più evidenti si registrano per gli amici con cui comunicano il 46,9% delle bambine a fronte del 39,9% dei bambini.

Quindi bambini più tecnologici e più multimediali e lo sviluppo dell’uso delle nuove tecnologie non sembra entrare in competizione con l’utilizzo dei media tradizionali: si sfata il mito, o meglio lo stereotipo, secondo il quale chi usa molto il pc non usa molto gli altri media. In realtà, se consideriamo i bimbi che usano TV, radio e pc risulta che nel 2005 leggono di più nel tempo libero, usano più spesso il pc e Internet, vanno più frequentemente al cinema, praticano di più sport. Insomma tutto di più rispetto a chi vede solo la TV.

Pc e internet La presenza di minori in famiglia influenza il possesso di tecnologie dell’informazione e della comunicazione in casa, infatti le famiglie con almeno un minorenne sono quelle con la più alta quota di pc (67,6%) e accesso a Internet (51%). Tra le famiglie si osserva però un forte divario tecnologico, che può essere ricondotto essenzialmente a fattori di tipo sociale e territoriale: nelle famiglie con almeno un minorenne e con capofamiglia laureato il possesso di personal computer ha raggiunto i livelli della TV (92,6%) e l’accesso a Internet è all’82,2%, mentre nelle famiglie con almeno un minorenne e capofamiglia con la licenza elementare o senza titolo di studio il possesso di pc (48,9%) e di accesso a Internet (30,3%) è molto più contenuto. Queste differenze non si registrano, invece, per il possesso di un bene tecnologico come il cellulare, presente nel 97% delle famiglie con capofamiglia laureato

A fronte di una significativa diminuzione della quota di bambini che non usano la TV, la radio, pc, Internet, leggono libri o vanno al cinema, aumenta in misura analoga la quota di quelli che fruiscono di tre o più di questi media. La tendenza è marcata per i più piccoli (6-10 anni) dove, oltre a ridursi a vantaggio della fruizione multimediale la quota dei non utilizzatori, si riduce anche la quota della monomedialità. Tempo libero Nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, gran parte del tempo libero dalle attività scolastiche è impiegato 61


da bambini e ragazzi per socializzare con i propri pari, in occasioni informali o all’interno di realtà associative vere e proprie. Oltre i tre quarti dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni frequenta coetanei nel proprio tempo libero e un’occasione di incontri è rappresentata dalle feste organizzate, per sé o per altri, a cui partecipano rispettivamente il 56,8% e il 73,9% dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni. Anche la partecipazione a feste organizzate è influenzata positivamente dalla condizione lavorativa di entrambi i genitori e dall’elevato grado di istruzione della madre.

a musei e mostre (43,6%) e gli spettacoli sportivi (42,7%). Al quarto posto si posiziona il teatro (30,0%), seguito dalle visite a monumenti (26,1%), i concerti di musica leggera (19,7%), i concerti di musica classica (8,4%). Per tutte le attività considerate, la quota di bambine è sempre maggiore rispetto a quella dei loro coetanei tranne che per gli spettacoli sportivi; un’altra differenza si nota tra Nord e Sud: le quote sono sempre maggiori nel Nord e nel Centro del Paese rispetto al Sud. Prepotenza

La partecipazione a feste organizzate in fast food è diffusa soprattutto tra i bambini di 6-13 anni e in particolare tra i maschi di 11-13 anni (16,9%).

Si è spesso parlato di come stia peggiorando le situazioni di bullismo in tutt’Italia; ovviamente il fenomeno è più diffuso fra i maschi che non fra le femmine, con “punte” in ogni caso più elevate nella scuola elementare (con una diminuzione del fenomeno con il passare degli anni e la crescita dei ragazzi). In questo contesto la percentuale raggiunge il 9,4% per i bambini e il 5,7% per le bambine. I maschi, peraltro, manifestano comportamenti di maggiore prepotenza in tutti i gradi scolastici.

Un’altra componente fondamentale del tempo libero nei bambini è lo sport, dove si nota sostanzialmente una stabilità nella percentuale maschile, mentre la quota femminile è aumentata, passando dal 44% al 48,5%. La quota, come anche la continuità nell’attività fisica, aumenta al crescere del livello di istruzione della madre e varia significativamente rispetto alla sua condizione professionale: i livelli di partecipazione sono pari al 61,3% tra coloro che hanno la madre laureata o diplomata e scendono al 35,5% tra coloro che hanno la madre con licenza elementare o nessun titolo.

I bambini e i ragazzi dai 3 ai 17 anni subiscono atti di prepotenza in maggior numero nell’Italia nordorientale (7,9%) e poi in quella nordoccidentale (6,4%) e centrale (6,1%). Nell’Italia meridionale la percentuale si abbassa al 4% mentre nelle Isole è al 4,3%.

C’è poi la lettura a tenere compagnia a bambini e ragazzi: nel 2005 la quota di chi (tra 6 e 17 anni) ha letto almeno un libro nel tempo libero è aumentata dall’anno 2000 arrivando al 53,5%. Il maggior incremento si è registrato per le lettrici: l’interesse per la lettura infatti è maggiore tra le femmine rispetto ai maschi in tutte le fasce d’età considerate, ma la distanza maschi-femmine aumenta al crescere dell’età; è di 7,9 punti percentuali tra 6 e 10 anni. Non solo ci sono più bambine e ragazze che leggono, ma leggono anche un numero maggiore di libri: in media 6,4 libri in un anno contro i 5 dei maschi.

Riguardo i tipi di Comune si nota come la percentuale più alta sia nei Comuni che sono posti al centro delle aree metropolitane, mentre quelle più basse sono nei Comuni medio-piccoli, al di sotto dei 50.000 abitanti, a riprova della migliore vivibilità di questi contesti.

In conclusione possiamo dire che tutto questo ci permette una visione d’insieme sufficientemente completa sulla situazione odierna dei bambini, aiutandoci a capire le loro abitudini, le loro preferenze e anche le loro possibilità in relazione soprattutto al livello culturale della madre, al tipo di lavoro svolto dal padre e alla distribuzione geografica; inoltre le differenze di genere restano abbastanza marcate, sia per una questione di educazione, sia per un’effettiva differenza di comportamento tra bambini e bambine.

Le differenze territoriali sono in questo caso molto elevate: le quote maggiori di bambini e ragazzi che si dedicano alla lettura si riscontrano nel Nord del Paese dove oltre i due terzi si dichiarano lettori contro un terzo dei ragazzi residenti nelle Isole. Diminuiscono, invece, le differenze sociali. Infine, tra i diversi tipi di spettacoli e intrattenimenti fuori casa, al primo posto nella graduatoria delle preferenze si colloca il cinema (79,2%), seguono a pari merito le visite 62


GRAFICI E TABELLE1 Bambini in famiglia

1 Tratti direttamente dai Quaderni del Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza. 63


I bambini, le bambine e il gioco

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La televisione

Il cellulare

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Pc e internet

Tempo libero

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CENNI DI PEDAGOGIA

le ricerche di Vygotskij hanno dimostrato che una buona cooperazione fornisce la base dello sviluppo individuale; i processi cognitivi si attivano quando il bambino interagisce con persone del suo ambiente e in cooperazione con i suoi compagni che lo inducono a riflettere ed autoregolare il suo comportamento. Una volta che questi processi sono interiorizzati, diventano parte del risultato evolutivo autonomo del bambino.

La pedagogia è una scienza legata all’istruzione, ed in particolare significa guidare, condurre, accompagnare il bambino nel suo processo educativo; il suo fine ultimo (secondo Pellerey) non è quello di creare teorie generali dell’educazione, ma di costituire modelli di intervento educativi spendibili nella pratica immediata.

L’immaginazione stessa fornisce degli strumenti per comprendere la realtà, e come ben sappiamo è un ingrediente fondamentale nell’infanzia di chiunque. Per Vygotsky infatti l’immaginazione è strettamente relazionata con la realtà, poiché le costruzioni della fantasia sono composte dal “materiale” che ci fornisce l’esperienza, disposto e modellato in modo da ottenere nuove forme, ma pur sempre supportato dalla memoria di ciò che abbiamo vissuto; anche l’esperienza sociale entra a far parte di questo processo, arricchendo la nostra conoscenza.

Di teorie però ne sono state formulate molte, per comprendere quelli che sono i metodi di apprendimento e i processi mentali che accompagnano il bambino durante la crescita e la scoperta della realtà che lo circonda. La pedagogia in questo senso può aiutare a fare delle scelte in fase progettuale su metodologie d’interazione che siano efficaci ai fini dell’apprendimento. In particolare alcuni pedagogisti hanno cercato di capire come si sviluppano i processi psichici che aiutano a formare i concetti all’interno della mente dei bambini, e da cosa sono causati. Interessante è la teoria di Vygotsky1, secondo cui lo sviluppo della psiche è guidato e influenzato dal contesto sociale, quindi dalla cultura del particolare luogo e momento storico in cui l'individuo si trova a vivere. La psiche non è altro che il riflesso delle condizioni materiali, la struttura base dei processi psichici pertanto deriva da una sequenza stimolo-reazione presente nella realtà, così che i comportamenti di ciò che ci circonda e le varie relazioni che si creano vengono poi processati a livello mentale, costituendo lo sviluppo culturale del bambino. I processi mentali possono essere capiti solamente se si capiscono gli strumenti e i simboli che li mediano2.

Gli effetti dell’immaginazione sono tali da diventare reali, per quanto cioè la fantasia possa essere relegata in un mondo a sé stante, che non tocca la realtà, crea delle emozioni e dei sentimenti veri che incidono sulla nostra esperienza, ad esempio un incubo notturno, andando così a chiudere il cerchio che proprio dall’esperienza era partito: una costruzione della fantasia è effettivamente qualcosa di nuovo, qualcosa che non è mai esistito prima, ma nel momento in cui prende forma e diventa una cosa in mezzo ad altre cose, allora inizia ad esistere realmente e ad agire sulla realtà. Tutto ciò ci fa capire quanto possa essere importante la fantasia e il racconto per sperimentare e capire il mondo durante l’età infantile, fornendo obbiettivi pedagogici per l’educazione.

I meccanismi della semiotica mediano le funzioni sociali ed individuali, collegando l’esterno con l’interno, tutto grazie a quello che Vygotsky definisce lo stimolo-mezzo, creato dall’uomo, il quale può essere uno strumento esterno (il nodo del fazzoletto per ricordarsi di dover fare qualcosa), ma anche uno strumento acquisito dall'ambiente sociale e interiorizzato. Tutto ciò permette all’individuo di appropriarsi della conoscenza, e una buona educazione è quella che anticipa e guida lo sviluppo, poiché conosce i meccanismi che lo governano, ricreando così lo stimoloreazione o lo stimolo-mezzo.

Il secondo passo dell’immaginazione è la narrazione, uno strumento che media due mondi: dà forma alla fantasia per portarla nella realtà. Secondo Bruner3 la narrazione poteva essere “reale” o “immaginaria”, apparendo come un “sistema simbolico”, uno schema interpretativo che media realtà e simboli; la definiva un modo per “forgiare collegamenti tra l’eccezionale e l’ordinario”.

Quindi l’interazione con il mondo e con gli altri individui invoglia i processi mentali alla base dell’apprendimento e

La narrazione organizza l’esperienza e tutto ciò che non è strutturato sotto una forma narrativa ha meno probabilità

1 Psicologo russo (1896-1934) la cui ricca produzione e la morte precoce resero il “Mozart della psicologia”. 2 Legge della Mediazione Semiotica.

3 Psicologo statunitense contemporaneo che ha contribuito allo sviluppo della Psicologia Cognitiva nel campo della Psicologia dell’Educazione. 68


di essere memorizzato. È come un’attività di negoziazione che caratterizza tutta la vita umana a partire dalla prima infanzia, poiché è la prima forma di costruzione di significato, cioè è la prima struttura linguista che i bambini apprendono ed utilizzano per la costruzione di significato. Attraverso la narrazione i bambini imparano a cattura l’attenzione dell’audience, a smuovere emotivamente l’ascoltatore e, quando sono loro stessi gli ascoltatori, a capire cosa gli viene raccontato.

educativo deve essere mutuale e dialettico, enfatizzando il ruolo attivo del bambino all’interno del processo di apprendimento. Non deve essere visto come una tabula rasa sulla quale l’insegnante registra delle informazioni, o come una macchina imitativa che va allenata a ripetere dei compiti, ma come un essere umano attivo, capace di pensare e di modificare i suoi pensieri attraverso la riflessione e la collaborazione. Tutto questo aiuta il bambino a comprendere quella che Brunet chiama “intersoggettività”, la distinzione tra lo schema educativo interno ed esterno: le teorie “esterne” si focalizzano su ciò che l’adulto può dare al bambino dal di fuori per sviluppare il suo apprendimento; le visioni “interne” invece si focalizzano su quello che il bambino può fare, la consapevolezza di ciò che sta facendo e del processo che sta seguendo, sviluppando una “metacognizione”; “l’intersoggettività è il modo in cui gli umani comprendono la mente l’uno dell’altro”, toccando le basi della cultura sociale. Dare al bambino gli strumenti per sviluppare l’intersoggettività lo aiuterà a destreggiarsi nella società futura, mentre aiutarlo ad essere più “metacognitivo” lo sosterrà a comprendere il suo stesso pensiero e ad esprimerlo. In quest’ultimo caso la narrazione è uno strumento perfetto di espressione e condivisione, oltre ad allenare il bambino all’interpretazione. La narrazione, con i suoi componenti, costituisce per il bambino il privilegio e la prima strada per entrare nella cultura, fornendo cioè dei potenti strumenti per condividere le sue esperienze con gli altri, per comunicare secondo i canoni istituiti e per affrontare il mondo fisico e sociale.

È uno strumento per la comprensione, o meglio per l’interpretazione della condizione umana passata, presente e futura, e delle intenzioni altrui, dei sentimenti, delle abilità. Supporta il bambino nei processi psicologici e ciò è fondamentale per il suo sviluppo poiché, sempre secondo Bruner, il bambino è un pensatore e il suo punto di vista deve essere riconosciuto come centrale e l’insegnante dovrebbe cercare di capire il suo pensiero. L’apprendimento deriva da prove, argomentazioni e costruzioni piuttosto che dall’autorità; l’approccio

Lo stesso discorso è applicabile alle altre forme di interazione utilizzate durante l’infanzia, come il gioco; quest’ultimo costruisce capacità fisiche, ma soprattutto socio emotive ed intellettuali, stimolando lo sviluppo del cervello. Mette il bambino davanti a situazioni che deve essere in grado di superare per raggiungere uno sviluppo interiore. Inoltre lo allena a capire gli altri, i loro comportamenti e i loro pensieri, cercando di anticiparli; l’intersoggettività resta una componente molto forte anche in questo campo. Analogamente l’esplorazione accresce la conoscenza e la complessità psicologica, allenando l’attenzione e l’interpretazione. Ci sarebbero sicuramente ancora molti altri strumenti altamente utili al processo educativo e di comprensione del mondo, al quale il bambino “si sottopone” per diventare adulto. Ma ciò che i pedagogisti ci dicono, la 69


base che sottostà all’efficacia di tutti questi procedimenti, è la loro capacità di creare stimoli utili a sviluppare un processo interiore, di dare schemi e forme culturalmente approvate per modellare le esperienze, di creare interscambi complessi per sviluppare nuovi vissuti e di stimolare un confronto costruttivo tra diversi individui.

specialmente durante questo periodo in cui il bambino è ancora abbastanza individualista come persona ma è anche già molto sociale; si è già un po’ più grandi rispetto ad esempio alla scuola materna dove le esperienze sono ancora abbastanza individuali. Nella scuola primaria ci sono già rapporti sociali ampiamente sviluppati, in cui il bambino partecipa come regista e come attore e questo permette che sia lui stesso colui che propone poi ai compagni di ampliare l’esperienza, e questo vale per tutto il gruppo.

Intervista alla pedagogista Si è rivelato interessante sentire il parere di una pedagogista per scoprire alcuni aspetti che potrebbe incidere positivamente sulla riuscita dell’esperienza; si riporta quindi di seguito l’intervista per intero alla Dott. ssa Giuliana Nivoli, membra dell’ANPE (Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani).

L’importante è proporre quest’esperienza sotto forma ludica e che sia presente un confronto tra vari gruppi di bambini, o almeno tra i bambini che hanno partecipato, perché poi a loro volta la comunicheranno ai loro coetanei, sarà una forma di trasmissione ma anche di miglioramento della situazione base. Sono tutte forme di socializzazione che aiutano il bambino a recepire meglio il messaggio che gli è stato mandato, e a sua volta comunica ai suoi compagni come lui l’ha vissuto, quindi ognuno di questi bambini che verrà coinvolto in quest’esperienza arricchirà l’esperienza degli altri, cosa che avviene già in tutte le esperienze didattiche.

Quali sono i metodi di apprendimento più efficaci per fare in modo che i bambini acquisiscano degli insegnamenti in modo piacevole? Per l’esperienza che ho, sia a livello scolastico come insegnante sia a livello di supervisore e consulente, parlando dell’ambito delle elementari, quindi dai 6 ai 10 anni, il metodo di apprendimento più veloce ma anche più gradito dai bambini è quello pratico: quando si vuol far fare un’esperienza ai bambini, in questo caso l’esperienza che tu vuoi proporre, è meglio sicuramente farlo attraverso il gioco, perché attraverso un’attività ludica il bambino impara prima, interiorizza prima i concetti che gli si vuol far assimilare; inoltre è anche un’esperienza sociale poiché, volendo proporre al bambino dei modelli, oggettistiche finalizzate ad un gioco, lui ha la possibilità di comunicare con i compagni. Un’esperienza di questo tipo può essere divisa in due fasi: una fase personale del bambino, quindi una sperimentazione individuale che passa attraverso la proposta di oggetti, gioco ecc. e in seguito una fase di gruppo, che si rivelerebbe utile per far confrontare questi bambini. Quindi se come mi hai detto ci saranno questi bambini che faranno delle attività o dei giochi e che vivranno un’esperienza personale partita da un vostro input, poi sarebbe bello che confrontassero questa esperienza tra di loro, come già succede per alcuni esperimenti didattici, di modo che la loro esperienza diventi anche socializzazione.

Sarebbe consigliabile la presenza di un coordinatore, qualcuno che guidi i bambini, oppure è meglio lasciare i bambini liberi di fare ciò che vogliono? Inizialmente bisognerebbe lasciare che ogni bambino viva la sua esperienza personalmente, quindi il suo primo approccio sarebbe singolo. Poi sotto la guida di un supervisore si potrebbe mettere insieme un gruppo di bambini per una fase finale. Ci sono dei canali attraverso i quali il bambino apprende meglio oppure comunica meglio con i suoi coetanei? In questa fascia d’età e in questa forma ludica di cui parliamo, è molto importante la narrazione: il bambino a questa età è già in grado di narrare, raccontare quello che fa e quello che prova, spiegando come l’ha vissuto. La narrazione diventa una forma di comunicazione, lui la vive come un gioco; potrebbe essere una storia, una fiaba, che vive attraverso degli oggetti per arrivare poi alla sperimentazione che si propone, in questo caso sull’alimentazione.

Quindi è importante l’aspetto sociale per il bambino?

Poi la seconda cosa più importante sono i colori; come succede già alle materne, ad un livello però più primordiale,

La condivisione di un’esperienza è molto importante, 70


è molto importante l’uso dei colori perché il bambino abbina, in questa fase del suo sviluppo intellettuale, il ricordo dell’oggetto al colore da cui è accompagnato, gli risulta molto più facile. Infatti moltissimi corsi di lingue straniere abbinano, in questa fascia d’età, ad oggetti colorati piccole basiche frasi di modo che il bambino le tenga a mente più facilmente. È una fase del ricordo che esiste ovviamente anche nell’adulto, ma molto di più nel bambino che si trova in una fase iniziale di approccio a conoscenze nuove.

Ed è utile lasciare qualcosa che lo aiuti a ricordare quest’esperienza? Si, sicuramente. All’inizio della mia carriera ho insegnato nelle scuole elementari e quando si facevano delle esperienze, anche al di fuori della scuola, come gite o ricerche esterne relative alle materie insegnate, dopo si realizzavano in gruppo degli enormi quadernoni murali, per far memorizzare ai bambini ed interiorizzare l’esperienza oltre ad arricchirla, poiché riuniva le visioni e le conoscenze di tutta la classe. Era un esperimento che avevamo provato a fare, così che i bambini avessero a disposizione quest’enorme diario o agenda, come preferisce, con disegni, colori, etc. Era fatta volutamente su fogli molto più grandi di quelli normali, restava come un giornale, perché effettivamente voleva essere un po’ il giornale della classe di cui si poteva usufruire durante varie tappe d’insegnamento e restava per tutto l’anno appeso ai muri della classe, di modo che permanesse vivo nei bambini il ricordo dell’esperienza, degli oggetti che avevano utilizzato o dei luoghi che avevano visitato, ad esempio la fattoria, e di tutto ciò che avevano visto, restando una sorta di memoria collettiva. Prima ogni bambino disegnava ciò che aveva vissuto su un quaderno da disegno e poi tutti assieme riunivano ciò che avevano fatto su un quaderno molto grande, del formato di un giornale, diventando patrimonio di tutti; anche i ragazzini delle altre classi potevano consultarlo, creando così uno scambio vicendevole, poiché ognuna faceva esperienze diverse.

Quindi sicuramente la parte narrativa, cioè la fase orale, perché è una forma di socializzazione che il bambino vive come un gioco e non come un compito, e poi i colori che sono importantissimi, per la loro incidenza visiva, fino alla 5^ elementare. L’obbiettivo non sarebbe di dire al bambino “ti sto insegnando qualcosa” bensì “ti do degli strumenti per imparare e conoscere cose nuove”? Per lui deve essere l’esperienza di una scoperta, nel senso che la deve vivere come un’avventura. Il bambino da un valore diverso ad una cosa appresa passivamente rispetto ad una cosa imparata da solo, tramite la sperimentazione e la scoperta? È molto più importante, nel senso che si sente già a quest’età responsabilizzato e il fatto che debba personalmente condurre una ricerca, che per lui è un gioco, contribuisce a questo fattore. Mentre durante le lezioni a scuola il bambino riceve degli insegnamenti di gruppo, cioè per tutti i compagni, il fatto invece che venga responsabilizzato in prima persona lo indurrà a porre molta più attenzione: i bambini prendono molto seriamente gli impegni che gli si dà, perché cercano di fare scoperte e il confronto con la realtà li sostiene in questo compito, devono conoscere le cose, vedere cosa c’è di nuovo. È una forma molto bella di farli interagire con la realtà e gli oggetti che la compongono, perché guidandoli ma allo stesso tempo lasciandoli liberi di fare e di sperimentare verranno fuori veramente i loro interessi, verrà fuori la personalità del bambino che manifesterà le sue sensazioni, non pilotate.

E si notava proprio come, anche in tempi successivi, ci fossero ancora tanti bambini che andavano a consultarlo, e quando venivano i genitori a parlare con gli insegnanti gli facevano vedere cos’avevano fatto e vissuto; il genitore condivideva quello che il figlio aveva vissuto non solo su un livello verbale, tramite il racconto, ma proprio anche l’esperienza stessa illustrata, era un modo per coinvolgere tutti. Quindi sarebbe anche uno strumento per aiutare il bambino a veicolare, trasmettere l’esperienza che ha vissuto? Esatto, lo comunica ad altri bambini ma anche ad adulti: il bambino viene stimolato tramite l’esperienza che vive, ma immediatamente anche la famiglia, poiché i più piccoli in questa fascia d’età raccontano quasi sempre tutto ciò 71


che fanno a scuola, le emozioni che vivono, le cose che gli accadono, è in un momento in cui comunicano molto.

ribaltata non include più il bambino nella famiglia con quest’ultima che provvede alle sue necessità fisiologiche, ma che non gli fornisce stimoli e d opportunità da un punto di vista culturale e soprattutto anche sociale. Una volta si pensava addirittura che il bambino per i primi anni di vita, ma anche durante il periodo delle elementari, vivesse un po’ in un mondo a sé, che socializzasse poco vivendo più tra se e se, comunicando solo con la famiglia o a scuola.

La famiglia dovrebbe essere coinvolta, sarebbe l’ideale visto che l’alimentazione dipende dai genitori, ma questo accadrà sicuramente nel momento in cui il bambino anche a casa utilizzerà degli oggetti che gli verranno lasciati; i genitori tendono ad informarsi e a partecipare alle attività del figlio, in modo da coinvolgere tutto il gruppo famiglia. Quindi si rivelerebbe molto intelligente ed utile lasciare degli oggetti al bambino, lo aiuterebbero ad elaborare il suo vissuto che comunicherà istintivamente a chi gli sta attorno. Sarebbe interessante anche pensare ad una seconda fase di coinvolgimento delle famiglie.

Adesso invece il bambino è l’essere centrale della famiglia e anche e soprattutto della società, poiché si sono capite le capacità intellettive altissime che possiede. Un esempio di questa consapevolezza è il fatto che, rispetto ad anni fa, si insegnano le lingue già alle scuole elementari. Ancora più recentemente s’insegna informatica nelle scuole primarie, per cui si è capito e ormai è appurato che il bambino ha questa capacità intellettuale e di apprendimento che è accesissima e vivacissima, e nei primi anni di vita impara molto. Addirittura all’estero, già anni fa insegnavano le lingue durante gli ultimi anni della materna e i bambini parlavano tranquillamente due lingue.

Invece da un punto di vista strettamente teorico, quali sono le Teorie dell’Apprendimento che vengono maggiormente seguite al giorno d’oggi per l’educazione dei bambini? Attualmente come base si segue abbastanza il discorso sia di Piaget4 che di vari pedagogisti che potremmo definire datati, nel senso che sono stati i primi veri pedagogisti della storia; le nuove teorie, cioè la pedagogia moderna, non è cambiata molto. Ci sono due diverse fasi di pensiero che hanno influenzato l’educazione e la visione dei bambini: inizialmente (fino a 50-60 anni fa) il bambino non era al centro della famiglia o dell’attenzione ma era secondario, nel senso che prima veniva il gruppo famiglia e quindi gli adulti e poi, socialmente parlando, anche come centro d’attenzione dei loro bisogni e dei loro interessi, c’erano i bambini; questo perché il bambino piccolo era poco considerato, non si sapeva ancora il potenziale d’intelligenza che poteva avere, le sue capacità di comprendere e di apprendere, era quindi sottovalutato; l’adulto trattava il bambino proprio come un “bimbetto” piccolo mentalmente, quindi questo cresceva, con tutte le attenzioni dovute ad un bambino da un punto di vista fisico, ma da un punto di vista culturale non veniva apprezzato per il potenziale che aveva.

Si è insomma accesa la consapevolezza che il bambino è al centro di una nuova società ed è il bambino che va “coltivato”; sono talmente accese queste capacità di apprendimento e questa curiosità di sapere che è come una spugna, assorbe i concetti, impara immediatamente, quindi più argomenti, senza naturalmente esagerare, si propongono ai bambini in età elementare più loro riusciranno a svilupparli nelle scuole successive, perché vanno a costituire le basi. Si deve avere la coscienza di insegnare tutto ciò che il bambino può recepire, questo perché durante quest’età ha uno schema mentale molto flessibile. Quindi la visione pedagogica recente è quella che si cerca di adottare, facendo si che il bambino, culturalmente parlando, sia al centro dell’attenzione, e anche i suoi bisogni fisici devono essere seguiti in modo sempre più specifico, perché saranno gli stessi che da adulto insegnerà a sua volta ai suoi figli. Si possono sviluppare anche discorsi molto importanti, come l’alimentazione o la sostenibilità, perché riescono a recepirlo benissimo anche dicendoglielo in modo giocoso o comunque in modo leggero, non facendogli cioè pesare le catastrofi del mondo perché altrimenti sarebbe negativo; semplicemente iniziando a farli diventare sensibili ad alcuni temi. La pedagogia odierna quindi riconosce al bambino una capacità di apprendere immensa rispetto

Attualmente, cioè negli ultimi 30 anni, è cambiata questa visione, come anche le abitudini vere e proprie, e il bambino è al centro, della famiglia ma anche al centro dell’interesse della comunità, perché vissuto come individuo che crescendo dovrà a sua volta essere il protagonista di una società futura; quindi questa visione 4 Psicologo e pedagogista svizzero (1896-1980) considerato fondatore dell’Epistemologia Genetica. 72


al passato e questo ha permesso di cambiare anche il rapporto e le proposte che si fanno ai bambini: sapendo quanto un bambino può recepire gli si possono fare proposte chiamiamole culturali, a 360°. Mentre una volta al bambino gli si insegnava a leggere e scrivere in modo anche abbastanza sistematico e lento, adesso si sono rivisti totalmente i tempi. Si hanno un tipo di insegnamento e un tipo di proposte che sembrerebbero quasi rivolti a degli adulti, però fatti in modo giocoso per i bambini sono perfetti, perché il bambino è molto curioso. Il bambino apprende con serietà? Certo, è molto impegnato perché è ancora in un’età dove s’impara tutto con molta attenzione, molto seriamente; sta crescendo e percepisce inconsciamente che deve imparare, è tutto un mondo da scoprire, e questo accade più nella fascia delle elementari che non durante le medie, nel senso che durante le medie, in cui ovviamente s’imparano altre cose, l’impegno culturale richiesto è più pressante, però questi ragazzi hanno meno vivacità culturale, meno curiosità di prima. Quando si è più piccoli si deve veramente scoprire tutto, quindi la curiosità culturale è altissima e la risposta anche è sempre molto alta. Le volte in cui sono state fatte delle ricerche con i bambini delle elementari, ad esempio sul mondo animale, ci sono state delle risposte quasi inaspettate, degli interessi che magari, parlando normalmente con dei bambini, non avresti mai detto. Se però poi l’adulto, la scuola o i vari progetti non danno degli input specifici, non si va a scavare a fondo e quindi non si da modo a questi bambini di “specializzarsi” in questo tipo di ricerche; è una perdita perché ciò che ne ricavano, le conoscenze e i concetti che apprendono saranno importanti per loro in età adulta, potranno cioè rielaborare i vari input ricevuti maturando. Un’ultima cosa: quanto dura mediamente l’attenzione di un bambino? I bambini hanno un arco di attenzione medio di 15-20 minuti, poi sicuramente questo arco si amplierà nel caso in cui l’attività o l’argomento siano di suo particolare interesse, diciamo che è una cosa abbastanza individuale, però fare in modo ogni tanto di cambiare attività o di introdurre qualcosa di nuovo, fa si che l’attenzione del bambino sia sempre abbastanza vivace. 73


CULTURAL PROBES

di ricercatori sarebbe problematica o fastidiosa per il normale svolgimento delle attività, soprattutto quando si tratta di ricerche all’interno delle mura domestiche.

“Nel cercare la verità, sii pronto all’inaspettato, poiché è difficile da trovare e sconcertante una volta trovata.”

Ai partecipanti vengono proposti dei pack contenenti un mix di strumenti, come macchine fotografiche, diari, album fotografici, post-it, registratori, per esplorare ed entrare nel contesto che li circonda quotidianamente. Tendenzialmente vengono progettati in modo da sembrare dei regali, che abbiano un aspetto piacevole per invogliare e coinvolgere più rapidamente i partecipanti.

Eraclito Come nascono I cultural probes sono un metodo, relativamente recente, per raccogliere informazioni da utilizzare nelle ricerche di design; la loro prima applicazione fu da parte di Gaver, Dunne e Pancetti nel loro progetto del 1999 che richiedeva l’input e la collaborazione di persone anziane di diverse comunità europee.

Servono per capire i moltissimi modi in cui le persone “esplorano, desiderano, amano, venerano, e perdono tempo” (Gaver 2001); si necessita pieno coinvolgimento delle persone, che con gli strumenti forniti, possono manipolare e documentare la loro stessa vita, a volte scoprendo loro stessi cose inaspettate: è divertente condividere un po’ di umorismo e porre compiti assurdi o liberi da svolgere, per tirare fuori risposte alternative.

Nel caso dello User Centered Design si rivela molto importante la conoscenza dei soggetti che andranno a far parte dell’utenza dell’artefatto. Per raggiungere questo scopo i metodi utilizzati possono essere diversi, tra cui interviste, focus group, questionari o veri e propri studi etnografici. In ognuno di questi casi però ci sono degli inconvenienti legati a ciò che le persone dicono, che non sempre si rivela essere ciò che veramente pensano o fanno nella vita reale; spesso la presenza di un etnografo o di un designer che segue l’utente nelle sue attività quotidiane, ne influenza l’atteggiamento e le scelte.

Gli strumenti vengono lasciati per un periodo abbastanza lungo, che va dalle due settimane a diversi mesi, a seconda dei risultati che si ricercano; quest’ultimi influenzano anche la scelta, la progettazione e presentazione del contenuto. Esistono principalmente quattro categorie di cultural probes:

Inoltre ci sono delle componenti nella vita di tutti i giorni che sono difficili da osservare direttamente e da catturare, poiché passano inosservate anche agli stessi utenti. I cultural probes cercano di sopperire a queste mancanze, trasformandosi in un metodo di “raccolta prove” che l’utente può gestire a suo piacimento, esprimendo sentimenti, pareri ed idee tramite foto, registrazioni o diari. Questo permette la documentazione di situazioni o momenti della giornata durante i quali la presenza

• Inspirational, per potenziare l’immaginazione dei designer in combinazione con le future necessità degli utenti; • Informational, dove l’approccio è applicato alla raccolta di informazioni piuttosto che alla ricerca di ispirazione; • Technological, al posto di essere dei kit di auto documentazione, le probes sono applicazioni tecnologiche; • Empathy, secondo cui l’interesse principale è il sondaggio di informazioni versatili, sperimentali e soggettive con istruzioni aperte per la creazione di concept. È una metodologia che accetta la nozione per cui la conoscenza ha dei limiti, valuta l’incertezza, il gioco, l’esplorazione e l’interpretazione soggettiva come strade per trattare con questi limiti. Tutto questo però fornisce nuove prospettive che possono essere ispiranti e aprire 74


Il processo: dalla creazione all’interpretazione finale.

nuove vie di progettazione.

liberamente in caso di necessità.

Bisogna capire tutta la sfera di esperienze che le persone hanno così da incontrare i loro bisogni oggi e i loro sogni in futuro e questo tipo di ricerca aiuta i designer a sviluppare un’empatia con le persone per cui stanno progettando, poiché quest’ultime rivelano le proprie emozioni.

Il set di strumenti era costituito da una busta trasparente contenente diversi strumenti: • Un food diary, un diario da completare dove il bambino inserisce gli alimenti che gli piacciono o meno e perché; può descrivere i pasti della giornata, le attività che svolge e inserire opinioni personali sul cibo, libere oppure ispirate dalle cards. È come un quadernino di raccolta dati con il quale il bambino è libero di fare ciò che vuole, appiccicando cose, disegnando e scrivendo quello che pensa. All’interno sono presenti le istruzioni legate ad ogni attività e a tutti gli strumenti forniti con le probes.

Infine il processo di design che ne deriva si è rivelato molto utile in passato nella nuova progettazione di spazi esperienziali. Realizzazione Per quanto riguarda la mia ricerca, ho adottato il metodo delle Cultural Probes per cercare di sapere più cose possibili dai bambini sul cibo: non è semplice intervistare un bambino e farsi dire veramente quello che pensa, poiché potrebbe essere condizionato e rispondere ciò che crede la persona si voglia sentir dire, oppure non rispondere affatto o inventare le risposte, poiché non gli viene in mente nulla di significativo. Questo accade anche con gli adulti, quando si chiede una cosa è difficile rispondere sull’immediato, mentre col tempo e la possibilità di pensarci si scoprono molte altre risposte che si sarebbero potute dare.

• Quattro cards con sopra riportate una domanda per ognuna, alle quali il bambino può rispondere nella parte finale del diario, oppure trarre ispirazione per riflettere sul cibo e scrivere opinioni personali. • Una macchina fotografica da portare con se e con la quale catturare momenti legati al cibo, come persone o luoghi in cui si mangia, cibi strani che capita di mangiare o che si vorrebbe assaggiare, cose interessanti o oggetti a cui si è affezionati. La macchina fotografica permette di catturare ciò che ci circonda senza doverlo descrivere a parole, quindi risulta un gesto più semplice ed immediato, che può svelare aspetti interessanti o inaspettati.

I cultural probes, vissuti sotto forma di gioco, sono serviti a scoprire gli alimenti che i bambini preferiscono, quelli che odiano e perché, a sapere cosa mangiano di solito e in che orario, che tipo di attività fisica svolgono e come vivono il cibo.

• Alcuni stickers da utilizzare all’interno del diario per completare le attività o per ispirare i partecipanti, dandogli già dei cibi tra cui scegliere; usare degli adesivi infatti, rende più facile e divertente il completamento di alcune parti.

Ho preferito non richiedere compiti troppo complessi, ma ho comunque inserito molte informazioni da completare invitando i bambini a sbizzarrirsi a loro piacimento lungo un periodo di due settimane, durante le quali avrebbero potuto utilizzare le cultural probes e contattarmi

• Un biglietto da visita con il numero e la mail sulla quale contattarmi in caso di dubbi o comunicazioni. 75


aiutare la sottoscritta ad immedesimarsi nell’utente per capire quali possono essere le necessità o le mancanze da inserire all’interno della progettazione dell’esperienza.

Dal diario alla fotocamera, tutti gli strumenti che componevano le Cultural Probes.

Risultati 1 Una volta raccolti i Cultural Probes, ho trascritto il contenuto per poterlo meglio analizzare e, da una visione generale dei dati, ho potuto notare alcuni fattori interessanti, anche a riprova di ciò che mi era stato accennato dalla Prof.ssa Prelz. Prima di tutto le preferenze dei bambini in ambito alimentare sono abbastanza diverse a seconda dell’individuo, proprio come nel caso degli adulti: non erano presenti solamente alimenti prevedibili come la cioccolata o l’insalata, rispettivamente tra quelli amati e odiati, anche se è indubbio che i voti più bassi sono toccati proprio alla verdura, per il gusto amaro che così poco i bambini sopportano. Il campione, in riferimento alle sue scelte, sa dare spiegazioni e giustificazioni accurate, quindi c’è spesso un motivo specifico se un cibo non viene mangiato; a volte sono motivi che non ci saremmo potuti immaginare o che riteniamo addirittura ridicoli, poiché in quanto adulti non poniamo attenzione a certi dettagli, ma per i bambini acquisiscono senso ed importanza, influendo sulle loro opinioni nei confronti degli alimenti.

Nonostante si trattasse solamente di strumenti per raccogliere delle informazioni, la grafica è stata curata per rendere il tutto piacevole da utilizzare, invogliando l’esplorazione e l’interazione col materiale fornito. Era inoltre presente una calamita a forma di coccardina che i partecipanti avrebbero potuto tenere alla fine dell’esperienza: attestava la partecipazione all’attività di ricerca e lasciava qualcosa di grazioso da utilizzare in casa in un secondo momento.

Pertanto gli alimenti che presentano gusti o odori particolari sono poco amati, mentre la semplicità dei cibi più comuni è prediletta, forse perché ai bambini piace sapere esattamente cosa c’è nella pietanza che stanno mangiando, o capirlo al primo sguardo?

Sono stati realizzati quattro cultural probes, distribuiti ad altrettanti bambini di età compresa tra 7 e 10 anni, potenziali utenti dell’esperienza che si vuole progettare; inoltre sono stati scelti rispettivamente due bambini e due bambine.

Ciò che si nota è che non sono solamente il gusto e l’odore di un cibo a definirne la preferenza o meno: l’aspetto del piatto o dell’alimento stesso sembra avere un suo peso. La presentazione o l’origine della pietanza influisce sul gradimento, come si era già notato all’interno dell’inchiesta svolta da Altroconsumo in alcune mense italiane. Se un alimento, un cibo, un frutto, viene considerato “brutto”, allora non ci sarà alcuna possibilità che risulti gradito al gusto.

Il numero potrebbe sembrare ridotto, ma l’obbiettivo della ricerca focalizzata non è la raccolta di informazioni generiche relative all’alimentazione o alle abitudini dei bambini; per questo tipo di dati abbiamo già visto come ci siano fonti pienamente esaurienti a fornirci delle indicazioni, come i report di Osservasalute o le indagini svolte dal Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza.

1 Dato il piccolo campione di bambini preso in esame, il risultato non è assolutamente rilevante per una ricerca quantitativa, ma serve a dare una sorvolata sull’argomento dell’alimentazione dal punto di vista dei bambini stessi, con i loro pensieri e il loro tono di

In questo caso si ricercano delle informazioni qualitative oltre a spunti interessanti per la progettazione; l’obbiettivo è di cercare di capire cosa influenza i bambini nelle loro scelte, come vivono l’alimentazione, ma soprattutto 76

voce.


Anche la consistenza degli alimenti, la sensazione che danno in bocca, il loro grado di densità, possono influire sulle richieste dei più piccoli, rendendo le loro scelte abbastanza selettive; questo però non significa che verranno sempre accontentati!

I bambini non dimostrano molta intraprendenza, è quindi necessario dargli tanti input e stimoli che tirino fuori la loro creatività, spronando la loro fantasia (poiché tendono ad annoiarsi molto velocemente) e lasciandogli libertà decisionale indirizzata verso un obbiettivo preciso.

Ci sono poi i ricordi e gli avvenimenti del passato a condizionare ulteriormente le preferenze: se un cibo è legato ad un brutto ricordo o viene associato ad un malessere avuto in passato, verrà automaticamente declassato a cibo odiato o per lo meno, che non si ha alcuna intenzione di mangiare. Gli alimenti che meno compaiono all’interno della dieta sono come sempre la verdura, ma soprattutto la frutta; però non ritengo che sia dovuto solamente ad una scelta del bambino. Si nota che se quest’ultimo non ha un’alimentazione varia e dei gusti un po’ più flessibili, vive il cibo come semplice necessità, senza rivestire d’importanza il momento del pasto e senza considerarlo particolarmente gradito e piacevole. In altri casi invece l’alimentarsi viene vissuto come un momento di convivialità, un momento piacevole che si preferisce condividere in particolare con la famiglia, ma anche con gli amici; la compagnia è importante poiché dona la possibilità di creare un momento di condivisione all’interno del quale poter comunicare. Ritengo che il valore di questo aspetto sia sopratutto legato all’abitudine stessa del bambino, che raramente resta solo al momento del pasto; a scuola ad esempio è abituato a condividere il pranzo con i suoi coetanei quasi tutti i giorni. Questo fa sì che il momento del pasto diventi importante, un momento al quale imparare a dedicare il giusto tempo, mangiando seduti, seguendo cioè quello che è il tradizionale concetto di pasto e che i bambini sembrano aver acquisito. Ciò che, a differenza della compagnia, della postura o della pietanza, sembra non avere peso è il luogo stesso dove si mangia. Per quanto riguarda la gestione delle Cultural Probes da parte dei bambini e la tipologia dei dati ottenuti, ho potuto notare che il campione ha riempito il diario in modo abbastanza accurato ma molto schematico, senza prendere iniziative o scrivere opinioni personali che fossero di leggero approfondimento, nonostante fossero stati invitati a “pacioccare” e manipolare a loro piacimento tutto il materiale, inserendovi anche nuovi elementi. 77


Alcune foto dei bambini...

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DISCIPLINE,STRUMENTI E ALTRI CAMPI D’INTERESSE

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INTERACTION DESIGN

Considerando l’obbiettivo preposto di realizzare un’esperienza attraverso l’utilizzo dell’Interaction design, quest’ultimo presenta diverse indicazioni da tenere a mente nel processo decisionale che guiderà la elaborazione di idee; è necessario inoltre analizzare i paradigmi d’interazione che oggigiorno la tecnologia mette a disposizione, oltre ai relativi formati attraverso i quali si può esprimere tale tecnologia. La ricerca avanza costantemente, proponendo sempre nuove soluzioni e nuovi metodi d’interazione che aiutano le persone e le sostengono nelle loro attività; è interessante quindi vedere alcune di queste proposte che possono dare spunti alla progettazione, mettendo a disposizione strumenti utili alla realizzazione di nuovi artefatti.

Il design dell’interazione fornisce linee guida e consigli molto importanti rispetto alle scelte progettuali che si dovranno fare; queste linee guida sono dei veri e propri obiettivi che derivano da un processo di analisi dei bisogni degli utenti in relazione alla progettazione di un prodotto interattivo usabile. Si prendono pertanto in considerazione obiettivi di usabilità, legati a specifici criteri di usabilità di un prodotto/servizio, e obiettivi di esperienza d’uso che si riferiscono in larga misura alle qualità che dovranno caratterizzare l’esperienza dell’utente. Esistono infine dei principi di usabilità che possono rivelarsi molto utili per la progettazione, essendo veri e propri consigli da tenere a mente per ottenere risultati soddisfacenti legati alla comprensione e al corretto utilizzo del prodotto/servizio.

Infine sono presenti diverse discipline o campi d’interesse che si legano fortemente agli obiettivi progettuali e al tipo di esperienza che si vorrebbe costruire; quest’ultime forniscono indicazioni, linee guida e strumenti di lavoro che possono guidare verso scelte appropriate durante il processo di design.

Obiettivi di usabilità Quando si parla di usabilità si fa in genere riferimento alla capacità di garantire che un prodotto interattivo sia facile da usare, sia utile ed efficace, nonché piacevole dal punto di vista dell’utente. Nello specifico, il livello di soddisfacimento dei requisiti di usabilità di un sistema è rappresentato dal raggiungimento degli obiettivi che seguono. • L’efficacia, rappresenta un obiettivo molto generico, che si riferisce alla capacità del sistema di fare quello per cui è progettato, permettendo all’utenza di imparare con profitto, di ottenere le informazioni di cui ha bisogno e svolgere correttamente le attività che desidera. • L’efficienza d’uso, riguarda il modo attraverso cui il sistema aiuta gli utenti a portare a termine i propri compiti, cercando di semplificare al massimo il raggiungimento dell’obiettivo. Un modo efficiente per sostenere azioni comuni consiste ad esempio nel fornire all’utente un solo tasto da premere, come nell’opzione one-click brevettato da Amazon1. • La sicurezza d’uso, riguarda la protezione dell’utente da situazioni pericolose o indesiderabili. Il primo aspetto è di origine ergonomica e si riferisce alle condizioni dell’ambiente; il secondo aspetto riguarda invece la capacità di fare in modo che qualsiasi 1 82

www.amazon.com


utente in qualsiasi tipo di situazione non sia esposto al pericolo di compiere incidentalmente azioni indesiderate.

godibili ed esteticamente piacevoli è essenzialmente legata alle caratteristiche dell’esperienza d’uso, cioè al modo in cui gli utenti “vivono” soggettivamente l’interazione con il sistema. Questo obiettivi si distinguono dai più oggettivi obiettivi di usabilità per il fatto che hanno a che fare con il modo soggettivo di un utente di vivere l’esperienza di interazione con un certo prodotto.

• L’utilità, rappresenta la capacità del sistema di fornire le funzionalità necessarie all’utente per compiere le attività che desidera e che vuole portare a termine, secondo le modalità che gli sono più congeniali.

Molto dello studio sulla comprensione degli elementi che caratterizzano piacevolezza delle esperienze e il divertimento sono stati condotti dalle industrie dell’intrattenimento e dei video giochi. Alcuni degli aspetti inclusi fra quelli che contribuiscono alla godibilità di un’esperienza sono: l’attenzione, il ritmo, il gioco, l’interattività, il controllo cosciente e inconscio, il coinvolgimento e lo stile narrativo.

• La facilità di apprendimento, si riferisce alla semplicità con cui si impara ad usare un sistema. È noto quanto le persone non amino dover dedicare troppo tempo a capire il funzionamento di un artefatto; un criterio per valutare se un sistema è facile da apprendere è rappresentato dalla “regola dei dieci minuti” (Nelson, 1980), secondo la quale se un utente non riesce ad imparare a usare il sistema in meno di dieci minuti, quest’ultimo è fallito.

Si dovranno riconoscere e comprendere i trade-off fra gli obiettivi di usabilità e l’esperienza d’uso per valutare le conseguenze delle diverse combinazioni possibili rispetto ai bisogni degli utenti; non tutti gli obiettivi possono essere ugualmente contenuti all’interno dello stesso sistema, poiché alcuni di essi sono addirittura incompatibili tra di loro, quindi saranno necessarie delle scelte ponderate in riferimento al contesto d’uso, alle attività da sostenere e al tipo di utenti per cui si sta progettando.

• La facilità di ricordo, è la proprietà di un sistema legata alla facilità di ricordarne le modalità di utilizzo dopo che sono state apprese, ed è strettamente legata al tipo di interfaccia e alle soluzioni gerarchiche e grafiche scelte. Obiettivi di esperienza d’uso L’aver compreso che le nuove tecnologie offrono un numero crescente di opportunità per sostenere le persone, ha portato sia i ricercatori che gli operatori di settore a prendere in considerazioni ulteriori obiettivi, non solo più legati all’usabilità del prodotto/servizio. Oltre a concentrarsi sull’innalzamento dell’efficienza, l’Interaction design sempre di più si confronta con la progettazione di sistemi: • In grado di dare soddisfazione a chi li usa • Piacevoli da usare • Divertenti • Utili • Capaci di sostenere le motivazioni delle persone • Esteticamente gradevoli • Capaci di alimentare la creatività delle persone • Gratificanti • In grado di soddisfare bisogni legati alla sfera delle emozioni

Schema rappresentativo: il cerchio interno riporta gli obiettivi di usabilità, quello esterno tutti gli aspetti che concorrono ad un’esperienza d’uso soddisfacente.

La possibilità di progettare sistemi interattivi divertenti, 83


Principi di usabilità

come l’uso di certi colori o segnali sonori per avvertire di un pericolo; la maggior parte dei vincoli culturali è del tutto arbitraria, seguono il contesto culturale nel quale si sono formati e potrebbero quindi non essere validi per tutti.

Un altro modo di valutare l’usabilità è tramite dei principi direttamente applicabili durante la progettazione; si tratta di astrazioni di validità generale volte a orientare il designer a prendere in considerazioni diversi aspetti nello sviluppo del suo progetto. Non devono essere intesi come specifiche per il design di sistemi e interfacce concrete, ma piuttosto come promemoria che ricordano al designer di prendere in considerazione diversi elementi nel corso della progettazione.“Essi, nascono con l’intenzione di aiutare chi fa la progettazione a essere in grado di migliorare il proprio lavoro” (Thimbleby, 1990).

Fornire un mapping naturale: si ispira alla relazione fra i dispositivi di controllo e i loro effetti nella realtà; quasi tutti gli artefatti hanno una qualche sorta di mapping, cioè disposizione sensata, fra il modo in cui si usano e gli effetti che producono. Un esempio di buon mapping possono essere le frecce di scorrimento del cursore sulla tastiera, come anche la disposizione dei tasti su di un videoregistratore: il criterio di organizzazione della configurazione si basa direttamente sull’effetto direzionale delle azioni, rendendone intuitivo l’utilizzo.

Oggi giorno sono disponibili diversi insiemi di principi; quelli più comuni riguardano come determinare che cosa un utente dovrebbe vedere e poter fare nel corso dello svolgimento di una certa attività in interazione con un sistema, e verranno brevemente illustrati di seguito.

Garantire la consistenza: stabilire delle regole precise che governino il sistema che si va a creare, in particolare progettare interfacce che usino operazioni simili, mediate da elementi simili, per svolgere compiti simili. Questo permette all’utente di crearsi delle aspettative riguardo al funzionamento del sistema, conseguendo maggior facilità di apprendimento e d’uso. La consistenza può essere relativa anche a come sono categorizzate varie voci all’interno di un menu: se il nome stesso del menu non riflette le caratteristiche delle azioni che contiene si presenta incoerente rispetto alle logiche seguite dall’utente.

Rendere le cose visibili: più le funzioni sono visibili, più l’utente avrà chiaro che cosa fare; per contro, quando le funzionalità non sono in vista, è più difficile trovarle e capire come usarle. Fornire feedback: permette di avere un riscontro rispetto alle nostre azioni, poiché effettivamente nella vita di tutti i giorni qualsiasi strumento si utilizzi, esso invia informazioni di ritorno per confermare che una certa azione e stata svolta, permettendo di continuare nel normale svolgimento delle attività. Diversi sono i feedback a disposizione di un interaction designer, da quelli uditivi a quelli tattili, verbali, visivi e tutte le combinazioni fra questi; decidere quale sia il più adatto è una questione fondamentale, poiché dare feedback in modo corretto significa rendere la successiva possibilità d’interazione visibile all’utente.

Fornire affordance: permette di capire come deve essere usato un oggetto in relazione alle proprietà che presenta. È come fornire un indizio, poiché quando le affordance di oggetti fisici sono evidenti è facile capire come si deve interagire con loro. Norman introdusse questo concetto alla fine degli anni Ottanta e da allora è diventato molto importante per descrivere come progettare sistemi che risultino chiari da utilizzare. Il tipo di affordance che possiamo riscontrare all’interno di interfacce e sistemi virtuali sono “percepite”, praticamente convenzioni apprese.

Fornire vincoli: nasce dall’esigenza di limitare le possibilità di interazione fra utente e sistema in un dato momento; uno dei vantaggi è quello di impedire all’utente di scegliere azioni inappropriate, riducendo così la possibilità di commettere errori. Norman classificò i vincoli in tre categorie: fisici, logici e culturali. I primi si riferiscono al modo in cui gli oggetti fisici possono impedire certi movimenti; i secondi dipendono dalla comprensione delle persone di come funziona il mondo, affidandosi al ragionamento e al buon senso in riferimento alle azioni e alle eventuali conseguenze. I vincoli culturali infine, si fondono su convenzioni apprese,

Un ultimo principio, o consiglio, legato alla progettazione di un sistema, che può renderlo semplice da capire e da gestire, è quello di sviluppare un buon modello concettuale da applicare al prodotto, in base ai bisogni dell’utente, agli altri requisiti identificati e soprattutto al tipo di attività che l’utente farà. 84


Per modello concettuale si intende “una descrizione del sistema proposto in termini di idee e concetti integrati sul suo funzionamento, comportamento e sul modo in cui dovrebbe presentarsi per essere comprensibile dagli utenti nel modo previsto” (Preece, Rogers, Sharp). A volte può scaturire da una metafora che dà al modello concettuale una struttura base che risiede nelle conoscenze che sono già famigliari agli utenti, come nel fortunato caso della scrivania per realizzare l’interfaccia del pc. Altrimenti può basarsi su artefatti o oggetti, sfruttando così un’analogia con qualcosa presente nel mondo reale e di cui si conoscono già le caratteristiche. Tutto questo per fare in modo che il modello di funzionamento del sistema che l’utente costruisce nella sua mente sia uguale all’effettivo modello di funzionamento del sistema, dove il modello concettuale ne diventa mediatore.

più consapevoli di essi e li avremmo usati senza pensarci. Come parte di questo processo, i computer dovrebbero “invisibilmente” potenziare il mondo che già esiste, piuttosto che crearne di artificiali. Le tecnologie esistenti, come i sistemi multimediali e la realtà virtuale, attualmente non permettono questo tipo di cose; al contrario, siamo forzati a focalizzare la nostra attenzione sulle rappresentazioni multimediali sullo schermo o a muoverci in ambienti virtuali simulati, manipolando oggetti virtuali. Come possono essere progettate le tecnologie per scomparire nell’ambiente circostante? Weiser per ubiquità non intendeva semplicemente rendere portatili i computer, così che potessero essere spostati dalla scrivania alle nostre tasche o utilizzati in treno o a letto. Intendeva dire che la tecnologia deve essere progettata per integrarsi indistintamente col mondo fisico, così da estendere le capacità umane. Inoltre ubiquitous non significa solamente “in ogni luogo” ma anche “in ogni cosa”: tutti gli oggetti, da quelli ordinari come la tazza del caffè a quelli meno comuni devono essere riconsiderati come luoghi di scambio di informazione. Le persone dovrebbero poter interagire con l’ambiente informatizzato in modo naturale e fluente in modo che le tecnologie non siano in alcun modo invasive e non creino difficoltà, ma piuttosto semplifichino la vita quotidiana.

Paradigmi d’interazione Ad un livello più generale, un’altra fonte d’ispirazione per il design è il paradigma d’interazione, col quale s’intende una particolare filosofia o un particolare modo di pensare il design dell’interazione. Per molti anni il paradigma d’interazione prevalente nell’Interaction design è stato lo sviluppo di applicazioni desktop, che fossero utilizzate da un singolo utente seduto di fronte ad un computer, un monitor, una tastiera ed un mouse. Una parte dominante di quest’approccio consisteva nel progettare applicazioni software che avrebbero girato utilizzando un’interfaccia GUI o WIMP (window, icon, menu e pointer, ovvero finestre, icone, menu e puntatori).

“L’ubiquitous computing non produrrà nulla di fondamentalmente nuovo, ma rendendo ogni cosa più veloce e semplice da svolgere, con meno sforzo e meno ginnastica mentale, trasformerà tutto ciò che è possibile trasformare.”

Le tendenze recenti propongono paradigmi che vanno “oltre il desktop”: con l’arrivo del wireless, dei dispositivi mobili e delle tecnologie palmari, gli sviluppatori hanno iniziato a progettare applicazioni che possono essere utilizzate in vari altri modi oltre che funzionare sul singolo computer da scrivania.

Weiser (1991)

Numerosi paradigmi d’interazione alternativi sono stati proposti dai ricercatori allo scopo di guidare il futuro Interaction design e lo sviluppo dei sistemi interattivi. Ubiquitous computing Mark Weiser, un influente visionario, propose il paradigma d’interazione dell’ubiquitous computing (o “Ubicomp”): egli pensava che i computer dovessero scomparire nell’ambiente, di modo che non saremmo stati

Futuristic Glass by Mac Funamizu. 85


TABS, PADS AND BOARDS Uno dei primi prototipi di Mark Weiser era il “tabs, pads and boards” (letteralmente linguette, blocchi di carta e lavagne), che prevedeva che centinaia di dispositivi di calcolo, delle dimensioni di un post-it, di un foglio di carta e di una lavagna, fossero incorporati negli uffici. Come per i fogli di calcolo, si pensava che questi dispositivi sarebbero stati semplici da usare, poiché capitalizzavano la conoscenza pregressa di come interagiamo con gli oggetti quotidiani. Inoltre, in questo modo, fornivano una potenza computazionale molto più grande: una delle idee di Weiser era che i tabs fossero connessi l’uno all’altro, rendendoli così multifunzione, e facendo si che potessero essere delle volte un calendario, un diario, una carta d’identità o un dispositivo interattivo da usare con il pc.

True Wearable Teen Concept Watch by Propeller Inc.

Wearable computing È un’innovazione creata dal ricercatore Mann presso il MIT Media Lab, ispiratosi ancora una volta allo sviluppo di tecnologie che siano parte dell’ambiente. La combinazione di multimedia e comunicazione senza fili fornisce molte opportunità per pensare come integrare tecnologie di questo tipo negli abiti che le persone indossano: gioielli, copricapo, occhiali, scarpe e giacche sono stati sperimentati per fornire all’utente un mezzo per interagire con le informazioni digitali mentre si muove nel mondo fisico. Tra le applicazioni sviluppate, troviamo diari automatici che aggiornano gli utenti su cosa accade e di cosa hanno bisogno durante la giornata, guide turistiche che informano gli utenti mentre visitano esposizioni o luoghi pubblici, oppure “geek chic”, un giubbotto della Levis pensato come un network di computer completamente integrato (body area network) che consente a colui che lo indossa di essere completamente connesso con il web.

Schizzi di Mark Weiser sui prototipi da lui ideati.

Pervasive computing È un’idea derivata direttamente dall’ubiquitous computing; dovrebbe permettere alle persone di accedere alle informazioni e di interagire con esse in ogni momento e da qualsiasi luogo, utilizzando un’integrazione continua delle tecnologie. Spesso ci si riferisce alle tecnologie di questo tipo con l’espressione “smart devices” (dispositivi intelligenti) o “information appliances” (apparecchi informativi), progettati per svolgere particolari attività.

Tangible bits, realtà aumentata e integrazione

Alcuni esempi possono essere gli elettrodomestici intelligenti come i forni a microonde che permettono agli utenti di accedere al web per cercare ricette adatte all’alimento che stanno per cucinare, i frigoriferi che segnalano quando le scorte stanno terminando, o ancora le pentole intelligenti che emettono un suono quando i cibi sono cotti. Anche prodotti commerciali come telefonini cellulari e i dispositivi palmari come PalmPilot fanno parte di questa categoria.

fisico/virtuale Un’altra linea di sviluppo che si è evoluta dall’ubiquitous computing è quella delle interfacce utente tangibili o tangible bits ideate nel 1997 da Ishii e Ulmer. L’elemento centrale di questo paradigma è “l’integrazione di aggiunte computazionali nel mondo fisico” (Preece, Rogers e Sharp), in altre parole, consiste nel trovare modi per combinare l’informazione digitale con oggetti fisici e superfici, come edifici, per permettere alle persone di compiere le proprie attività quotidiane. Esempi di questo tipo includono i libri 86


fisici con informazioni digitali incorporate, i biglietti di auguri che mostrano animazioni digitali quando vengono aperti, oppure mattoni fisici collegati ad oggetti virtuali che quando vengono afferrati producono effetti simili sugli oggetti virtuali.

La GUI (Graphical User Interface) è costituita da una varietà di elementi come finestre, icone o menù; questi componenti sono rappresentati come pixel intangibili. Anche il mezzo principale della rappresentazione, i pixel nello schermo del computer, non è tangibile. Per interagire con questa rappresentazione si utilizzano dei generici controlli remoti come il mouse e la tastiera.

All’interno di questo paradigma si colloca anche l’Augmented Reality, in cui rappresentazioni virtuali sono sovrapposte a dispositivi e a oggetti fisici. Lo scopo di queste applicazioni è di incrementare la percezione visiva dello spazio fisico con immagini prese dallo spazio virtuale. Il termine è stato coniato intorno al 1990 da due ricercatori dei laboratori della Boeing, Tom Caudell e David Minzell, i quali crearono un prototipo per l’aeronautica che potesse rimpiazzare gli strumenti di bordo di un aereo; questo congegno veniva indossato sul viso dei piloti ed era in grado di visualizzare velocemente la rotta e tutte le informazioni correlate ai decolli e agli atterraggi. “Realtà aumentata” quindi, perché al mondo reale vengono aggiunte informazioni.

Una delle caratteristiche chiave della GUI è la separazione delle rappresentazioni intangibili dai controlli remoti. A questo tipo di interfaccia si contrappone la TUI (Tangible User Interface): la chiave del sistema è dare una forma fisica, una rappresentazione tangibile, all’informazione e ai calcoli. Infatti la rappresentazione tangibile è strettamente associata ai calcoli all’interno del computer, ma la rappresentazione è fisica e serve come controller permettendo alle persone di manipolarla direttamente; in questo modo le persone possono controllare le informazioni.

HIROSHI ISHII Hiroshi Ishii, quando lavorava al MIT insieme a Ulmer, cercò di cambiare i “painted bits” dell’interfaccia GUI in “tangible bits”, dando una forma fisica alle informazioni digitali. “Le finestre del mondo digitale sono confinate nello schermo piatto e rettangolare dei “painted bits”. Ma mente i nostri sensi sono immersi nella navigazione virtuale, i nostri corpi rimangono nel mondo fisico. Il “tangible bits” dà una forma fisica all’informazione digitale, rendendo i bits direttamente manipolabili e percettibili.”

Il legame tra la forma dell’oggetto tangibile e della sua ombra digitale permette un’interazione naturale e spontanea da parte dell’utente. Il problema della rappresentazione fisica è che risulta difficile cambiare la forma o il colore dinamicamente, usando le attuali tecnologie; solitamente si associa una rappresentazione tangibile ad una intangibile, come video, proiezioni o suoni. Si è cercato di creare l’illusione che queste due rappresentazioni siano percettivamente accoppiate, così che le persone possano dare output o feedback dinamici, o anche videoproiezioni o suoni, accoppiati con le rappresentazioni tangibili.

Hiroshi Ishii

Hiroshi Ishii, docente all’interno del MIT Media Lab a capo del Tangible Media Group. 87


Attentive environment e transparent computing

delle tecnologie, in un modo che potesse essere utile ai designer.

Questo paradigma d’interazione propone che il computer si occupi dei bisogni degli utenti anticipando quello che vorrebbero fare. Invece di fare in modo che gli utenti abbiano il controllo, decidendo cosa vogliono fare e dove vogliono andare, il carico decisionale andrebbe spostato verso il computer. In questo senso la modalità d’interazione rimane molto più implicita: l’interfaccia del computer risponde alle espressioni e ai gesti dell’utente. Ambienti arricchiti da sensori sarebbero utilizzati per cogliere lo stato e i bisogni effettivi dell’utente; ad esempio le videocamere potrebbero individuare il punto in cui le persone stanno guardando sullo schermo e decidere di conseguenza cosa mostrare. Il sistema, inoltre, dovrebbe essere in grado di determinare se si vuole fare una telefonata e quale sito web si vuole visitare in un dato momento.

Il paradigma si focalizza sul carattere essenziale del luogo di lavoro nei termini delle attività, delle relazioni di conoscenze e delle risorse quotidiane delle persone. Cerca di districare “l’insieme di configurazioni che sono alla base della ricchezza degli ambienti in cui le tecnologie vivono, le complesse, imprescindibili, multiformi relazioni che tengono assieme i vari aspetti della vita lavorativa” (Preece, Rogers e Sharp). Formati d’interazione Grazie al connubio tra tecnologia e comunicazione sono nati nuovi media interattivi. I paradigmi visti in precedenza hanno preso forma, facendo diventare la comunicazione un gioco, un’esperienza nuova e coinvolgente. Ogni tipologia di formato ha caratteristiche e risultati differenti, ma tutte vanno ad abbracciare gli obbiettivi preposti dai paradigmi di migliorare l’interazione, rendendola più naturale, coinvolgente e accessibile, disperdendola nell’ambiente e avvicinandola alle reali necessità delle persone. Sono dei veri e propri strumenti che attirano l’attenzione dell’utente proponendogli un’esperienza particolare che può essere declinata a seconda del contesto e delle esigenze.

Il progetto BlueEyes di IBM si occupa di sviluppare alcuni dispositivi computazionali che utilizzino tecnologie sensorie non intrusive, come video e microfoni, per tracciare e identificare le azioni degli utenti. Queste informazioni sono poi analizzate in relazione a dove gli utenti stanno guardando, cosa stanno facendo, ai loro gesti e alle loro espressioni facciali. A sua volta, questo è codificato nei termini dello stato fisico, emotivo e informativo dell’utente, ed è poi utilizzato per determinare di quale informazioni potrebbe avere bisogno. Per esempio, un computer che possieda BlueEyes si attiverebbe non appena un utente attraversa la stanza, mostrando tutti i nuovi messaggi e-mail che sono arrivati. Se l’utente scuote la testa, questo sarebbe interpretato dal computer come “non voglio leggerli ora” ed il computer mostrerebbe al loro posto la lista degli appuntamenti del giorno.

Sensitive Floor È costituito da una videoproiezione interattiva a pavimento che reagisce sulla base del comportamento

Workaday World Nei paradigmi sinora menzionati l’enfasi è posta sull’esplorazione di come i dispositivi tecnologici possono essere connessi gli uni agli altri, e collegati alle informazioni in modi nuovi che permettono alle persone di fare cose che prima non avrebbero potuto. Al contrario, il paradigma Workaday World è principalmente orientato verso interessi concettuali e mondani. È stato proposto da Tom Moran e Bob Anderson quando lavoravano allo Xerox PARC; i due autori erano principalmente attirati dal bisogno di comprendere gli aspetti sociali dell’uso 88


delle persone che ci camminano sopra; è un nuovo media per lo spazio fisico pensato per trasformare una normale superficie in uno strumento di comunicazione coinvolgente e interattivo. La proiezione sul pavimento risponde ai movimenti dell’utente, coinvolgendo non solo i piedi (che sono a contatto con la proiezione) bensì tutto il corpo.

Microsoft Surface è un’ottimo esempio di Interactive Table.

Ogni Sensitive Floor può avere delle visualizzazioni personalizzate che agiscono in maniera differente: esse possono rispondere sempre nello stesso modo al passaggio della persona, per poi ritornare allo stato iniziale quando nessuno vi interagisce; oppure possono modificarsi ad ogni passaggio. Addirittura si possono trasformare in veri e propri giochi, come avviene nel negozio della Nike: attraverso i calci e i movimenti delle braccia si possono far muovere i palloni come se fossero reali. Tutto ciò lo rende un media principalmente emozionale, utilizzato a fini ludici e ricreativi.

eliminando così l’ingombro di dispositivi quali computer, schermi, proiettori, mouse, e rendendo l’esperienza più immediata. Intorno all’Interactive Table singole persone o gruppi si possono ritrovare per presentare, condividere e manipolare documenti o informazioni di varia natura, sperimentando un nuovo modo di comunicare.

Interactive Wall Si tratta di un sistema che presenta librerie di contenuti multimediali tramite interfacce appositamente realizzate, ovvero template; quest’ultimi sono schemi utilizzati per l’organizzazione dei contenuti visuali, sono personalizzabili e pensati per definire la migliore esperienza di fruizione del contenuto. Inoltre sono basati su regole d’interazione coerenti con i principi dell’Interazione Naturale, verificate sul campo attraverso sessioni di analisi con gli utenti stessi.

I contenuti sono facilmente fruibili attraverso la gestualità delle mani; è stato appositamente progettato un linguaggio di interazione naturale per abbattere le barriere create dalla tecnologia: i gesti sono spontanei come se i contenuti multimediali fossero oggetti reali. Non si tratta di un normale touchscreen, poiché reagisce al tocco di diverse dita contemporaneamente; questo permette la simultanea interazione di diverse persone nello stesso momento. Inoltre riconosce le altre tecnologie con le quali viene a contatto, diventando un mediatore ed un vero e proprio tavolo di lavoro.

Grazie ad una modalità di interazione touchless, l’ospite può usufruire del contenuto muovendo la mano di fronte allo schermo, ad una distanza di 30 cm dalla superficie; le parti del corpo coinvolte quindi sono solamente le mani, che danno la possibilità di selezionare e scorrere i contenuti.

È un media con un alto livello di contenuti informativi, si può sostituire al computer classico in quanto permette di gestire file, di modificarli e visualizzarli, proponendo anche un’esperienza collaborativa.

Questo media, in quanto canale principalmente informativo, è particolarmente utile ed interessante se utilizzato all’interno di mostre, fiere o eventi di pubblico interesse.

Interactive Windows È un sistema di presentazione dei contenuti multimediali che viene molto utilizzato all’esterno dei negozi, poiché si integra perfettamente nello spazio delle vetrine e il sistema touchscreen è in grado di resistere alle diverse condizioni atmosferiche.

Interactive Table È un tavolo interattivo, un nuovo piano su cui lavorare, prendere, mostrare documenti e progetti, giocare. Permette a chi lo utilizza di sfruttare direttamente il piano di appoggio come interfaccia interattiva

I contenuti sono facilmente fruibili attraverso il tatto 89


Magic Mirror

Vetrina di Ralf Lauren fuori dallo store londinese.

Questo media funziona come uno specchio poiché mostra l’immagine riflessa della persona che vi sta di fronte; ma, a differenza di un classico specchio, in questo caso l’immagine può essere alterata tramite diversi effetti grafici, permettendo la manipolazione e la sperimentazione della propria figura su un piano virtuale: può cambiare di colore, cambiare abbigliamento, ridursi o trasformarsi in molti modi. I movimenti corporei dell’utente diventano l’input per modificare la proiezione della sua immagine sullo schermo. Lo specchio interattivo è un media a scopo ludico, senza la presenza di contenuti informativi: sfrutta la sua interattività per coinvolgere emotivamente l’utente. e il movimenti delle mani, di modo che l’utente possa sfogliare i contenuti interattivi come fossero fisici. Crea un’esperienza molto particolare e coinvolgente, con una percezione dello spazio interattivo fluida e integrata nell’ambiente. L’obiettivo è principalmente informativo, ma permette, oltre alla semplice navigazione attraverso i contenuti, di svolgere attività come l’acquisto di prodotti o l’invio di messaggi.

ySense Si tratta di un prodotto della yDream, azienda portoghese che si occupa anche di media interattivi. ySense è uno schermo con cui si può interagire sia attraverso il tatto, sia con il battito delle mani o soffiando sullo schermo. L’utente infatti, attraverso il battito delle mani può far partire delle animazioni, mentre soffiando sullo schermo può cambiare o modificare l’immagine presente.

Interactive Wallpaper

È un media molto ludico, crea divertimento nelle persone con cui si rapporta, catturandone l’attenzione e stupendo; trasmette emozioni: l’utente viene coinvolto dalla

È una videoproiezione interattiva a muro (molto simile al Sensitive Floor) che reagisce in funzione del comportamento delle persone che si trovano di fronte; è uno strumento di comunicazione coinvolgente e interattivo che ha la finalità di attrarre l’attenzione delle persone. Può essere utilizzato sia negli ambienti interni che esterni; nel primo caso viene utilizzato per creare particolari atmosfere che si modificano attraverso l’interazione dell’utente. In un futuro sarà possibile utilizzarlo anche all’interno delle abitazioni per rinnovare continuamente l’aspetto della casa. L’interazione è data come risposta ai movimenti corporei dell’utente, anche ad una discreta distanza; la persona si accorge che il movimento del contenuto multimediale è legato al movimento del suo corpo, ne viene incuriosito e cerca di interagire con il media; la comprensione è immediata e la curiosità si trasforma in gioco. Tutto ciò permette di trasmettere emozioni e di coinvolgere le persone.

Magic Mirror all’interno dello store di Nanette Lepore, New York. 90


possibilità di utilizzare diverse gestualità per interagire con il media, che si trasforma in un nuovo gioco.

entrambe le nostre mani. Noi esseri umani siamo abili nel maneggiare in questo modo gli oggetti, e possiamo senza sforzo setacciare e selezionare, focalizzandoci sul nostro traguardo piuttosto che sugli articoli stessi con i quali stiamo interagendo.

yLight Sempre prodotto dalla yDream, è una proiezione con la quale è possibile interagire tramite l’uso di un puntatore luminoso, che si sostituisce al comune mouse del PC. È un media divertente e semplice da usare, progettato a scopo ricreativo. La sua funzione principale è quella di intrattenere con giochi ed esercizi, permettendo di svolgere diverse attività: sperimentare giochi interattivi, comporre puzzle tematici, colorare disegni virtuali, creare schizzi e disegni. Per questo motivo è molto amato dai bambini, è stato infatti utilizzato dalla Sanrio per arricchire il negozio della gattina Hello Kitty.

Gli Siftable vogliono rendere le persone capaci di interagire con informazioni e media in modo fisico, naturale, avvicinando l’interazione ad oggetti reali della vita di tutti i giorni. In quanto piattaforma interattiva, gli Siftable applicano la tecnologia e la Siftable esploso. metodologia di una rete di sensori wireless per un’interfaccia utente tangibile (Tangible User Interface). Sono dispositivi indipendenti e compatti, con display intuitivi, graficamente belli, e capacità di comunicazione wireless. Possono essere manipolati fisicamente come un gruppo, per interagire con informazioni e media digitali, implementando così qualsiasi tipo di linguaggio gestuale interattivo, oltre alle applicazioni HCI.

Casi studio È interessante vedere un paio di esempi concreti su come l’Interaction design si è evoluto per rendere sempre più semplice e piacevole l’accesso alla tecnologia e alle informazioni. I casi studio scelti sono interessanti per capire effettivamente le capacità sviluppate dalla tecnologia e i formati assunti, sempre più flessibili e versatili. Le applicazioni tecnologiche possibili al giorno d’oggi sono tra le più disparate, ciò che conta è avere una buona idea in mente e, come vedremo, si possono realizzare prodotti efficienti e anche divertenti! MIT’s Siftable

Ma cosa sono capaci di fare questi piccoli computer interattivi della grandezza di un biscotto? Prima di tutto hanno una forma che li rende facilmente manipolabili, e inoltre sono sensibili al movimento e alla posizione degli altri Siftable sul tavolo, così da rispondere ai movimenti che gli impartiamo, rendendoci consapevoli dell’interazione.

Una delle principali istituzioni nel campo dell’avanzamento tecnologico è il Massachussets Insitute of Technology (MIT Media Lab), dove tralaltro lavora anche il già citato Hiroshi Ishii. All’interno del Media Lab professionisti e studenti uniscono le loro idee per ricercare costantemente nuove soluzioni interattive. È il caso di David Merrill che, insieme a diversi collaboratori (tra cui Jeevan Kalanithi, di Taco Lab) ha pensato, sviluppato e realizzato gli Siftable.

Possono visualizzare video, creare colori (attraverso una gestualità naturale come quella di rovesciare un barattolo di vernice dentro ad un contenitore) e avere applicazioni nel campo educativo, come realizzare operazioni matematiche semplici, oppure creare parole unendo delle lettere sparse. La cosa interessante è che non è necessario dare alle persone delle istruzioni su come manipolare gli Siftable, basta dirgli “create delle parole” e loro sanno esattamente cosa fare!

Immaginate di rovesciare un contenitore di noci e bulloni, poi guardare dentro il mucchio che si è formato alla ricerca di un particolare pezzo; oppure di spargere delle fotografie sopra un tavolo e poi iniziare a smistarle in diversi mucchi. Durante queste attività noi interagiamo contemporaneamente con un vasto numero di piccoli oggetti, che ci fanno utilizzare tutte le nostre dita ed 91


The sixth sense Un altro progetto molto interessante ed intuitivo è il SestoSenso, pensato e realizzato all’interno del programma Media Arts and Sciences del MIT, dalla professoressa Pattie Maes e dal ricercatore ed assistente Pranav Mistry. “SixthSense” è un’interfaccia gestuale indossabile che aumenta il mondo fisico attorno a noi con informazioni digitali e ci permette di utilizzare gesti naturali delle mani per interagire con tali informazioni.

Interazioni con numeri e lettere: gli Siftable reagiscono alla posizione che gli viene data “comunicando” con l’utente.

Ci siamo evoluti per milioni di anni per percepire il mondo che ci circonda. Quando ci imbattiamo in qualcosa, in qualcuno o ci ritroviamo in qualche posto, usiamo i nostri cinque sensi naturali per percepire delle informazioni; quest’ultime ci aiutano a prendere una decisione e a scegliere il modo di agire più appropriato. Ma discutibilmente, l’informazione più utile per aiutarci a prendere la decisione giusta non è percepibile naturalmente con i nostri cinque sensi; si tratta di dati, informazioni e conoscenze che il genere umano ha accumulato riguardo qualsiasi cosa, ed è tutto sempre più disponibile online. Nonostante la miniaturizzazione dei dispositivi ci permetta ormai di trasportare in tasca un piccolo computer, mantenendoci continuamente connessi al mondo digitale, non c’è nessun link tra i nostri dispositivi digitali e le nostre interazioni con il mondo fisico. L’informazione è tradizionalmente confinata sulla carta o in forma digitale su di uno schermo.

Manipolazione di immagini proiettate per creare una storia.

“SixthSense” colma questa lacuna, portando l’informazione digitale intangibile fuori, nel mondo fisico, e permettendoci di interagire con questa informazione attraverso gesti naturali delle mani. Libera le informazioni dai loro confini, integrandole illimitatamente con la realtà, facendo così diventare l’intero mondo il tuo computer!

Interazione tra i video di due diversi Siftable: anche in questo caso percepiscono la presenza l’uno dell’altro.

Si possono realizzare cartoni interattivi, dove il bambino, attraverso la manipolazione degli Siftable, controlla la proiezione della storia sul muro; oppure comporre delle sequenze musicali e molto altro ancora. Il progetto, realizzato nel 2008, è stato accolto con grande approvazione e ha visto diverse pubblicazioni ed articoli dedicati.

Il progetto di Patty Maes diventa un vero e proprio sesto senso che ci guida nella “percezione” del mondo.. 92


Il prototipo realizzato è completo di un proiettore tascabile, di uno specchio e di una telecamera. I componenti hardware sono accoppiati in un dispositivo simile ad Schema componenti tecnologici. un cellulare indossabile intorno al collo. Sia il proiettore, sia la telecamera sono connessi con un dispositivo computazionale portatile presente all’interno della tasca dell’utente.

Inoltre “SixthSense” riconosce le posture tipiche delle mani per indicare oggetti o azioni; ad esempio il sistema si trasforma in una macchina fotografica, ritraendo quello che l’utente sta guardando, quando riconosce il tipico gesto delle mani per “incorniciare” la scena che ci sta davanti; l’utente può poi fermarsi vicino a qualsiasi superficie o muro e navigare attraverso le foto che ha scattato. Riconosce come istruzioni interattive anche simboli e icone disegnati col dito indice, così che se si scrive il simbolo @ nell’aria davanti a noi, il sistema ci permetterà di accedere alla nostra posta, mente il gesto di disegnare un cerchio sul proprio polso attiva la proiezione di un orologio analogico. “SixthSense” può infine implementare l’esperienza con gli oggetti fisici con cui stiamo interagendo proiettando su di essi informazioni che li riguardano: un giornale può mostrarci notizie live, un libro può farci vedere la sua valutazione online, oppure recensioni e commenti dei lettori, e quando incontriamo una persona, possiamo

Il proiettore crea informazioni visibili rendendo qualsiasi superficie, muro o oggetto fisico attorno a noi, in grado di essere utilizzato come un’interfaccia; mentre la telecamera riconosce e segue i gesti manuali dell’utente e gli oggetti fisici circostanti utilizzando tecniche basate sul computer-vision.

Con Sixth Sense è possibile passeggiare tranquillamente e scattare foto quando si ha voglia, con un semplice gesto delle mani!

Il programma software elabora il flusso di dati video, catturati dalla telecamera, e segue la posizione dei segnalatori colorati presenti sulla punta delle dita dell’utente, utilizzando semplici tecniche di computervision. Il movimento e la combinazione di questi “marcatori” vengono interpretati in gesti che agiscono come istruzioni interattive per le interfacce di applicazione proiettate. Il numero massimo di dita che possono essere seguite è limitato solamente dalla quantità di “marcatori”, in questo modo “SixthSense ” può supportare anche l’interazione multi-touch e multi-user (multi-tocco e multi-utente).

Le informazioni diventano un tutt’uno con gli oggetti con cui interagiamo.

Il prototipo realizzato completa diverse applicazioni che dimostrano l’utilità, la vitalità e la flessibilità del sistema: l’applicazione mappa permette all’utente di navigare all’interno di una mappa proiettata su una superficie vicina, utilizzando gesti manuali intuitivi simili ai gesti supportati dai sistemi multi-touch, e lasciando l’utente libero di ingrandire o rimpicciolire l’immagine; l’applicazione disegno, semplicemente seguendo i movimenti del marcatore presente sul dito indice, permette all’utente di colorare e disegnare su qualsiasi superficie.

I comandi stessi di Sixth Sense passano attraverso la proiezione su qualsiasi superficie delle applicazioni disponibili. 93


EXPERIENCE DESIGN

Sixth Sense riconosce tutto ciò che incontriamo.

Mentre qualsiasi cosa, tecnicamente, può essere considerata un’esperienza di qualche tipo, c’è qualcosa d’importante e di speciale in molte esperienze che vale la pena di discutere. In particolare, gli elementi che contribuiscono a rendere un’esperienza superiore si conoscono e sono riproducibili, cosa che li rende progettabili. Il design delle esperienze non è nulla di più nuovo della conoscenza delle esperienze stesse, ma come disciplina è ancora in qualche modo nella sua infanzia. Allo stesso tempo non avendo una storia (poiché è una disciplina definita da poco), e avendo la storia più lunga (poiché è la somma di molte discipline antiche), l’Experience Design è stato recentemente riconosciuto e nominato.

sapere che cosa fa e quali sono i suoi interessi, anche se in quest’ultimo caso la tecnologia si rivelerebbe un po’ troppo invasiva! Tutto questo può sembrare incredibile, per il semplice fatto che è qualcosa di totalmente nuovo e diverso rispetto al modo che abbiamo attualmente di interagire con i media e le informazioni che essi contengono, ma una tecnologia di questa portata non costerebbe più di 350 $, che è effettivamente il prezzo che paghiamo oggigiorno per cellulari e palmari (a volte anche di più), senza però ottenere le stesse prestazioni e la stessa versatilità d’utilizzo.

Si tratta di una pratica di progettazione di prodotti, processi, servizi, eventi ed ambienti che si focalizza sulla qualità dell’esperienza vissuta dall’utente e sulle soluzioni culturalmente più rilevanti, con meno enfasi sul miglioramento delle funzionalità del design. Come già detto, estrae soluzioni e spunti da diverse fonti, inclusa la psicologia cognitiva, la psicologia percettiva e quella linguistica, le scienze cognitive, l’architettura e il design di ambienti, il design del prodotto, il design dell’informazione, l’architettura informativa, l’etnografia, il brand management, il design dell’interazione, il design dei servizi, le euristiche, la narrazione e il design thinking.

SixthSense è ancora in una fase progettuale, potremmo definirlo un work in progress; ci vorranno ancora diversi anni prima che possa essere disponibile come prodotto commercializzabile.

In un contesto di tipo commerciale, il design dell’esperienza è guidato dalla considerazione dei momenti di partecipazione, o touchpoint, tra le persone e la marca, come le idee, le emozioni e i ricordi che questi momenti creano. Mentre in un contesto ambientale più ampio, vi è un’attenzione formale decisamente minore alla progettazione di uno spazio esperienziale, fisico o virtuale, ma sebbene non si noti, l’Experience Design si sta svolgendo. Gli experience designers progettano esperienze nel tempo con conseguenze reali e misurabili e, secondo Ronald Jones1, la missione dell’Experience design è “di persuadere, stimolare, informare, raffigurare, intrattenere e prevedere eventi, influenzando il senso delle cose e modificando il comportamento umano”. 1 Rinomato professore di Economia allo Xerox, University of Rochester. 94


“Design is the process of evoking meaning and successful experiences are meaningful”

tutti i luoghi e gli utenti in contatto con ciò che stiamo progettando, che sia un prodotto, un servizio, un brand, uno spazio virtuale o reale, il modo in cui viene promosso e spesso addirittura lo stesso prezzo. Tutti questi aspetti presentano attributi e opportunità che influenzano il modo in cui l’esperienza viene comunicata e capita.

Nathan Shedroff Nathan Shedroff è uno dei pionieri dell’Experience design, insegna a livello internazione e tiene diverse conferenze dove illustra le sue teorie e l’approccio del design dell’esperienza per creare soluzioni a problemi di informazione, interazione e media sensoriali. Inoltre ha pubblicato diversi libri sull’argomento e attualmente insegna all’interno del California College of the Arts (CCA), MBA in Design Strategy Program.

L’Intensity spiega quanto coinvolgente l’esperienza è per la nostra audience. Spesso è l’esperienza coinvolgente quella che offre le maggiori opportunità per colpire ed essere colpiti dai nostri utenti; le esperienze di basso livello possono spesso essere rese migliori semplicemente dando importanza a questa dimensione. La Duration è il tempo all’interno dell’esperienza: tutte le esperienze soddisfacenti hanno un buon inizio, un buon centro e un finale aggraziato; molte spesso proseguono tornando dalla fine all’inizio, dimostrandosi intriganti. È nostra responsabilità e anche nostro interesse porre attenzione per come usare saggiamente il tempo!

Per capire meglio i metodi che segue l’Experience design oltre ai fattori che devono essere tenuti in considerazione per la costruzione di un’esperienza che si riveli soddisfacente, si riporta di seguito la trascrizione2 della conferenza del 16 maggio 2006, per il Frontiers of Interaction Conference, intitolata “Making Meaning: Emotion, Values, and Meaning in the Interface”.

I Triggers sono semplicemente dei dispositivi sensoriali, che comunicano tutti gli aspetti di ciò che creiamo a coloro per cui li abbiamo creati. Includono tutta la parte visuale e audio: tutto ciò che l’audience sperimenta con i suoi sensi e qualsiasi cosa che inneschi un’emozione, un valore o un significato per loro. Questo include normalmente non solo la parte sensoriale ma anche quella cognitiva,

“L’aspetto più importante per progettare qualsiasi cosa è il significato. Ma prima di poter spiegare che cos’è, è necessario parlare dell’esperienza, perché secondo me qualsiasi cosa riguarda l’esperienza, che sia digitale o meno; la progettazione stessa è esperienza! Noi “esperienziamo” tutto sempre, accorgendocene o meno, che sia qualcosa di programmato o meno. In quanto designer e sviluppatori, noi creiamo esperienze attorno a tutto ciò che facciamo, a volte intenzionalmente a volte incidentalmente, ma l’esperienza dei nostri utenti e della nostra audience è sempre lì in agguato. Cosa significa creare un’esperienza? Quali sono i componenti per un’esperienza di successo? Nel mio lavoro di ricerca mi sono sentito di identificare sei dimensioni che vale la pena esplorare quando s’intende creare deliberatamente un’esperienza per gli altri, e sono: Significance/Meaning (significato), Breadth (ampiezza), Intensity (intensità), Duration (durata), Triggers (inneschi) e Interaction (interazione). Ognuna di queste dimensioni ha una zona di valori, ciascuno dei quali rappresenta una moltitudine di decisioni progettuali. Ad esempio il Breadth rappresenta 2

Ho curato personalmente la traduzione dall’inglese.

Le dimensioni dell’esperienza e i livelli che le compongono. 95


THE EXPERIENCE ECONOMY

Gli ambiti dell’esperienza.

Il termine Experience Economy fu descritto per la prima volta nel libro di B. Joseph Pine II e James H. Gilmore intitolato “The Experience Economy” (1999). Al suo interno viene descritta l’Economia dell’Esperienza come la “nuova economia”, dopo quella agraria, quella industriale e la più recente economia dei servizi. “Beni e servizi ormai non sono più abbastanza. Per avere successo nell’ambiente sempre più competitivo delle compagnie d’oggi bisogna imparare ad “inscenare esperienze” per ognuno dei propri utenti. Siamo entrati nell’Economia dell’Esperienza, una nuova era economica nella quale tutte le imprese devono orchestrare eventi memorabili per i loro consumatori e coinvolgere ognuno di essi in modo personale.”

quale le persone assorbono passivamente gli stimoli attraverso i sensi; l’esperienza estetica, dove gli individui si immergono fisicamente nell’evento ma restano passivi; o ancora l’esperienza educativa dove l’ospite assorbe gli eventi partecipando attivamente; ed infine abbiamo l’esperienza di evasione, all’interno della quale l’ospite è attivo in un ambiente d’immersione, diviene attore, capace di agire sulla performance effettiva. Le esperienze più ricche comprendono aspetti di tutti e quattro i campi e si intensificano nel punto centrale.

Gilmore & Pine “The Experience Economy: Work Is Theatre & Every Business a Stage” è un libro che offre una strategia creativa, altamente originale ed eminentemente pratica per far in modo che le compagnie rappresentino ed inscenino l’esperienza che farà aumentare considerevolmente il valore economico della loro offerta.

Nel comprare un servizio una persona acquista una serie di attività intangibili che vengono svolte per suo conto; mentre nel comprare un’esperienza questa persona paga per poter trascorrere del tempo a gustarsi una serie di eventi memorabili, messi in scena da un’impresa come in una rappresentazione teatrale, per coinvolgerlo a livello personale.

Le proposte economiche che un’impresa può fornire sono di quattro tipi: le commodity (materiali fungibili estratti dal mondo naturale), i beni (manufatti tangibili standardizzati e immagazzinabili), i servizi (attività intangibili prestate ad un determinato cliente) ed infine troviamo le esperienze (eventi memorabili che coinvolgono gli individui sul piano personale). Quest’ultima ed importante proposta economica può manifestarsi sotto diverse forme; avremo così l’esperienza di intrattenimento, all’interno della

La transizione verso l’economia delle esperienze è iniziata quando si è cominciato a regalare esperienze per vendere proposte preesistenti. Personalizzare un prodotto lo trasforma automaticamente in un servizio e personalizzare un servizio è un modo sicuro per inscenare un’esperienza positiva. Le imprese che vogliono evitare la massificazione entrando nell’economia delle esperienze devono prima personalizzare i propri beni e i propri servizi. Inoltre un’impresa è definita da ciò per cui fa pagare poiché la storia del progresso economico consiste nel far pagare per ciò che un tempo era gratuito; l’esperienza non varrà una tariffa d’ingresso finché non si smetterà di regalarla, così che vendere esperienze significa far pagare un biglietto d’ingresso. Ogni cliente è unico e tutti hanno diritto ad avere esattamente ciò che vogliono al prezzo che sono disposti

La progressione del valore economico. 96


assolvono a queste funzioni con prezzi diversi e diversi modi.

a pagare. È così che Gilmore e Pine scovano ciò che ancora manca sul mercato, qualcosa di intangibile ma altamente negoziabile, che può diventare un valore aggiunto e personalizzato per ogni impresa e allo stesso tempo donare al cliente qualcosa di unico che potrà vivere e manipolare in modo diverso per renderlo proprio: l’esperienza!

A seconda dei loro bisogni, le persone spesso usano il prezzo come secondo fattore determinante per confrontare l’offerta di un prodotto o di un servizio. Di seguito troviamo le emozioni, ed è qui che le cose iniziano ad essere veramente interessanti! A questo punto le persone si chiedono “Mi fa sentire bene? O spaventato, o felice, o speciale?” “Mi fa sentire importante o ricompensato?”. Qualunque cosa sia ciò che vogliamo sentire o provare, le emozioni sono potenti fattori decisionali nella nostra vita; a volte sono così potenti che scartiamo i fattori presenti nei livelli più bassi di Significance, come la funzione o il prezzo. Se le nostre emozioni non fossero così fortemente influenti non ci sarebbero alcuni campi del design volti a soddisfarle, come la Moda, l’Automobile, la Musica e l’Intrattenimento.

come semplici parole e concetti che stimolano significati; la maggior parte del mondo del design si focalizza prima di tutto su alcuni di questi inneschi, come nel caso del Visual Design e di tutti i media utilizzati per comunicare visivamente. Comunque tutti i nostri sensi sono sempre attivi, presentandoci l’opportunità di “leggere” le persone in modi inaspettati.

Il successivo livello è quello dei valori, dove stanno i nostri sensi e dove vive l’identità. La domanda che consideriamo, conscia o più comunemente inconscia, è “Questa cosa è me?” “Voglio essere associato a questo prodotto, servizio, marca o esperienza?” “Accetterò tutto questo insieme a ciò che sto acquistando?”. Queste sono considerazione più profonde e personali rispetto ai livelli precedenti; se siamo a nostro agio su come un’offerta si relaziona con noi, non importa come ci fa sentire, quanto costa o cosa fa per noi; se invece non la vediamo come parte di noi stessi non è comparabile con le nostre vite, quindi non lo vogliamo acquistare o usare.

L’Interaction rappresenta uno spettro di possibilità che va dal passivo, all’attivo, all’interattivo ed è il cuore di molte esperienze riuscite. L’interazione non è nuova e non è essenzialmente una sorta di Interactive media, come il computer, le console di gioco o i telefoni cellulari. Gli esseri umani interagivano gli uni con gli altri già molto prima che avessimo la parola, la scrittura o i computer, e la ricchezza di questa esperienza interattiva, al di fuori del mondo tecnologico, è spesso una fonte migliore per capire il modello interattivo appropriato, piuttosto che studiare gli ultimi siti web, i giochi per il computer o le ultime applicazioni.

Le emozioni fanno pompare il nostro sangue intensamente, o ci fanno desiderare qualcosa, ma l’identità ci aiuta a determinare cosa comprare e se comprarlo o usarlo, specialmente di fronte agli altri. Identità e valori sono le forze della nostra costruzione sociale e noi mediamo la visione di noi stessi attraverso la società.

Come ultimo e più importante aspetto abbiamo il Significance o Meaning; questa è probabilmente la dimensione più importante di qualsiasi esperienza oltre ad essere quella di cui attualmente sappiamo meno. Il Significance rappresenta normalmente quanto importante è un prodotto, un servizio o un’esperienza per noi, per come lo vediamo nella nostra vita. Sono presenti cinque livelli di significato, il più profondo dei quali è il senso.

Infine abbiamo il senso, il livello più profondo che possiamo legare alle persone; è allo stesso tempo il più personale e universale livello di Significance. La domanda che consideriamo qui è “Si adatta al mio mondo?” in altre parole “Può essere parte della mia realtà e posso accettarlo come parte di ciò che io vedo come vero?”.

Al livello base, ciò che è importante per la maggior parte delle persone, è la funzione, la più facile distinzione tra un’offerta ed un’altra, e la domanda che ci poniamo è “Fa ciò che ho bisogno di fare?”, se la risposta è “si” allora ci dobbiamo porre una domanda più profonda “Vale la pena comprarlo?”.

La realtà ovviamente è qualcosa di chiuso, la mia realtà non è uguale alla vostra! Ad esempio alcuni vedono il mondo come un posto pericoloso e con ciò definiscono tutto quello che vedono e fanno, i loro valori, le loro

Posso andare in giro con una Smart oppure con una Ferrari, entrambe hanno le stesse funzioni base, ma 97


priorità, incluso ciò che vogliono e desiderano. Altri vedono il mondo come un posto meraviglioso, pieno di grandi possibilità e potenziale per l’amore, la gioia o il successo; questo dà forma a ciò che loro vedono e fanno, tanto quanto alle loro priorità.

CORE MEANINGS

Il significato delle priorità è diverso per ogni persona, ma le priorità che abbiamo le condividiamo universalmente con le persone attorno a noi. Al contrario i valori e le emozioni vengono espressi in un modo molto più personale e centrico, rendendo più difficile e costoso progettare tenendone conto. L’etnografia ha sempre preteso di localizzare delle esperienze in questo senso, poiché identificare significati e sensi prioritari può essere un passo importante per sviluppare offerte e interfacce che soddisfino le persone.

Accomplishment

Harmony

Beauty

Justice

Creation

Oneness

Community

Redemption

Duty

Security

Enlightenment

Truth

Freedom

Validation Wonder

Ci sono almeno tredici sensi centrali (core meanings), che le persone provenienti da tutte le culture riconoscono e valutano; questi ovviamente hanno una valenza positiva, ma allo stesso tempo riconducono anche a quella negativa.

Entrambi quindi condividono il senso della Sicurezza, ma lo esprimono in modi differenti. Oppure prendiamo la Bellezza: normalmente le persone hanno diverse opinioni su cosa è o non è bello, ma spesso abbiamo diverse priorità rispetto a quanto è importante la bellezza, che sia visiva, legata alla musica, al gusto, all’odore o addirittura al tocco. Se i vostri utenti non reagiscono alla bellezza, in qualsiasi modo lo esprimano, non sarete in grado di connettervi con loro tanto profondamente quanto se i vostri prodotti o esperienze riflettessero i significati o le priorità ai quali loro rispondono.

Noi non fissiamo la priorità dei sensi allo stesso modo: magari voi mettereste al primo posto nella vostra vita due o tre sensi, mentre io potrei fissarne come prioritari altri due o tre. In ogni caso tutti noi condividiamo la comprensione di tutti questi sensi. I prodotti e l’offerta di servizi anche, possono fissare come prioritari una coppia o più di sensi, come parte del loro focus. In questo caso progettare è un processo di evocazione di specifici significati, discussi da designer, sviluppatori ed altri creatori.

Altrimenti abbiamo la Comunità: molte persone valorizzano la comunità, ma alcune la definiscono come una collezione di diversi tipi di persone, per loro è la differenza e l’intreccio che crea un senso al loro vivere in una comunità. Per altri invece, la comunità viene vista come composta da persone che agiscono e sentono come loro, la interpretano cioè come un riflesso di se stessi e si sentono a loro agio solamente all’interno di una grande quantità omogenea. Entrambi quindi mettono tra le loro priorità la Comunità ma esprimono questi senso in modi diverso.

Evocare è un’importante distinzione qui: noi non creiamo significati per gli altri, poiché le persone e la società li crearono già a loro tempo; noi possiamo evocarli, accidentalmente o intenzionalmente, questa è l’importanza delle sei dimensioni che abbiamo visto, in particolare dei Triggers. Noi evochiamo significati/sensi, e non solo, creando dei contesti e dando inizio a diversi percorsi.

Come sviluppatori è nostro compito capire le priorità degli utenti e le differenze presenti, così da progettare appropriati metodi per connettersi con la nostra audience su questo profondo livello di Significance. Per ogni passo che facciamo, per qualsiasi decisione creativa legata all’esperienza e alla sua interfaccia, dobbiamo tenere a mente i significati identificati e come questi giocano con i valori, l’identità e le emozioni degli utenti.”

Un esempio possibile sul piano della differenza tra significati/sensi e sul perché sono importanti, è la Sicurezza. Alcune persone non si sentono a loro agio e cercano di proteggere se stessi in qualsiasi momento, ad esempio trasportando un coltello o un’arma con se; altri non si sentono a loro agio se chiunque attorno a lui trasporti con se un’arma o un coltello per proteggersi. 98


EMOTIONAL DESIGN

capacità di “emozionare” e riconosce quanto le concezioni legate alla funzionalità e all’usabilità, da sole, siano limitate e limitative: non si può non tenere conto del piacere che ci procurano o meno gli oggetti con i quali veniamo a contatto quotidianamente.

“Gli oggetti piacevoli rendono contente le persone, le quali a loro volta tendono a pensare in maniera più creativa”

Nella creazione di un oggetto, il designer deve prendere in considerazione molti fattori: la scelta del materiale, il metodo di realizzazione, il modo in cui il prodotto viene commercializzato, il costo e la praticità, la facilità d’uso, di comprensione. Ma ciò che molti non riconoscono è che esiste anche una forte componente emozionale nel modo in cui i prodotti vengono progettati e utilizzati e a volte tale componente ha un’importanza per l’utente decisamente maggiore di qualsiasi altro fattore, anche se su un piano totalmente inconscio.

Donald Norman Prendendo spunto da tutto ciò che sostiene Shedroff sulla costruzione di un’esperienza, che sia legata ad un prodotto, ad un servizio o ad un evento, non si può far a meno di tenere in considerazione la teoria di Donald Norman sull’Emotional Design. Norman è stato professore di Psicologia e Scienze Cognitive e direttore dell'Istituto per la Scienza Cognitiva dell'Università della California, è laureato in Ingegneria Elettronica presso il MIT ed attualmente insegna alla Northwestern University (psicologia, scienze cognitive e informatica) ed è consulente del Nielsen Norman Group fondato nel 1998 con Jakob Nielsen, un'azienda di consulenza alle imprese per la realizzazione di servizi e prodotti centrati sull'uomo.

In particolare Norman individua tre tipi di design che stimolano in modo diverso le emozioni delle persone, motivandole o meno verso l’acquisto o verso la propensione di amare e apprezzare quel preciso artefatto. Così abbiamo il design viscerale, il design comportamentale e il design riflessivo; ognuno di essi fa scaturire sensazioni diverse e motivazioni diverse che portano a possedere un certo oggetto o a vivere una certa esperienza con piacere.

Ma ciò che più importa sono le sue teorie legate alla progettazione di artefatti, che ha illustrato esaustivamente all’interno delle sue pubblicazioni, tra cui spicca in particolare il libro Emotional Design (2004). L’emotional design cerca di spiegare il comportamento degli utenti nei confronti degli artefatti, ma non da un punto di vista funzionale o di usabilità, bensì riguardo tutto ciò che è legato alla sfera emotiva; poiché le scelte di una persona e le sue preferenze, solo poche volte sono guidate da criteri sensati, misurabili, facilmente individuabili e legati a fattori quali la facilità di utilizzo del prodotto o servizio. Molto spesso sono fattori più profondi che ci guidano, che ci fanno amare un oggetto che possediamo o che ce lo fanno stare antipatico. La capacità di poter smuovere “emozionalmente” le persone attraverso il design, che si tratti di un artefatto o di un’esperienza, ci dà la possibilità di controllare il risultato che vogliamo ottenere in modo molto più preciso, ci apre innumerevoli strade di progettazione che non si limitano soltanto al creare la forma più adeguata a seconda della funzione richiesta e, nel peggiore dei casi, la conoscenza di questi fattori dovrebbe aiutarci ad evitare errori che potrebbero rivelarsi fatali per la riuscita di un progetto.

“Il livello viscerale è pre-coscienza, pre-pensiero; qui è dove conta l’aspetto esteriore e dove si formano le prime impressioni” (Norman). Il design che stimola questo livello emozionale riguarda l’impatto iniziale di un prodotto, l’apparenza, il tatto, le sensazioni che produce, il beneficio emotivo; qualcosa che ci fa dire “bello, lo voglio” prima ancora di sapere che cos’è!

La Jaguar E: viscerale eccitante. Questa automobile è un classico esempio della forza del design viscerale: smagliante, elegante, eccitante.

All’interno del suo libro Norman parla appunto della 99


Il livello comportamentale “riguarda l’utilizzo, l’esperienza che si ha di un prodotto. Ma l’esperienza stessa presenta molti aspetti: funzione, prestazione e usabilità. La funzione di un prodotto specifica quali attività svolge, che cosa s’intende che faccia. La prestazione riguarda quanto bene il prodotto esegue le funzioni previste. L’usabilità descrive la facilità con cui l’utente comprende il funzionamento del prodotto e lo fa operare nel modo migliore. Se il prodotto fa ciò che deve fare, se è divertente da usare e permette di raggiungere facilmente gli scopi prefissi, allora il risultato è un’affezione calda, positiva.” (Norman). Quindi ad un livello comportamentale è il modo stesso in cui utilizziamo il prodotto, come questo si fa manipolare, la gestualità che ci trasmette e il risultato che otteniamo a renderci soddisfatti, arrivando ad apprezzare o addirittura a “stimare” il prodotto. È su questo livello che si dimostra importante un buon modello concettuale che guidi l’utente nella comprensione e nell’utilizzo dell’artefatto.

Design riflessivo basato su trovate ingegnose. Il valore di questo orologio sta nell’originale rappresentazione dell’ora: che ora è indicata in figura? Questo è l’orologio “Pie” di Time by Design, che segna le 4,22 minuti e 37 secondi. Obbiettivo dell’azienda è inventare modi nuovi di dire l’ora, combinando “arte e orario in orologi da polso e da parete divertenti e provocatori”. Quest’orologio dice molto su chi lo indossa, oltre ad essere uno strumento per segnare l’ora.

lo vedranno e utilizzeranno; ovviamente i risultati saranno diversi per ogni individuo poiché, soprattutto gli aspetti viscerale e riflessivo, sono altamente soggettivi. C’è un ultimo elemento che distingue questi livelli: il tempo. Infatti si manifestano in momenti diversi dell’interazione, in particolare “i livelli viscerale e comportamentale riguardano “l’adesso” , le sensazioni e le esperienze provate mentre si guarda o si usa il prodotto. Ma il livelli riflessivo dura molto più a lungo – tramite la riflessione possiamo rammentare il passato e contemplare il futuro. Perciò il design riflessivo concerne le relazioni a lungo termine, la soddisfazione derivante dal possedere, mostrare e usare un prodotto” (Norman). L’aspetto riflessivo raccoglie molto bene le dimensioni più profonde del significato individuate da Shedroff, quindi tutta quella serie di motivazioni, di priorità, di valori e di significati stessi che costituiscono l’animo di una persona.

Infine, ad un livello riflessivo “risiedono la coscienza e i gradi più elevati dei sentimenti, delle emozioni, del raziocinio. È solo qui che si sperimenta l’impatto complessivo del pensiero e delle emozioni; l’interpretazione, la comprensione e il ragionamento derivano da questo livello.” (Norman). Il livello riflessivo ci porta ad acquistare status symbol, oggetti sui quali proiettare la nostra immagine, o quella che vorremmo che gli altri vedessero. “Dei tre livelli, questo è il più vulnerabile all’impatto della cultura, dell’esperienza, dell’educazione e delle differenze individuali; è anche in grado di dominare gli altri due.” (Norman). Questi tre livelli, così diversi tra di loro, si mischiano e si nascondono all’interno di un artefatto determinando le emozioni che tale artefatto farà nascere nelle persone che

I tre livelli si abbinano alle caratteristiche del prodotto nel modo che segue: • Design viscerale: apparenza; • Design comportamentale: piacere ed efficacia d’utilizzo; • Design Riflessivo: immagine di sé, soddisfazione personale, ricordi.

La componente sensuale del design comportamentale. Il design comportamentale si focalizza sull’uso degli oggetti, in questo caso, la sensazione sensuale della doccia: una componente chiave, spesso sottovalutata, del buon design comportamentale. La doccia Kohler WaterHaven. 100


EDUCATIONAL GAME

la catena alimentare, oppure la creazione di combinazioni; mentre i giochi di rapidità vengono utilizzati per insegnare matematica, le specie animali o per sviluppare la memoria. Sono tutti molto diffusi e conosciuti, a partire dal classico Memory fino ad arrivare ai Giochi di Ruolo, che richiedono un impegno e una strategia non indifferenti.

I giochi a sfondo educativo (a volte chiamati edugames, come unione delle due parole Educational e Game), sono giochi che sono stati specificatamente pensati per insegnare alle persone alcune materie, espandere dei concetti, rinforzare lo sviluppo, capire un evento storico o una cultura, supportando l’apprendimento mentre si gioca. Giochi di questo genere ne esistono di qualsiasi tipo ed epoca, poiché è abbastanza comune, soprattutto in fase infantile, imparare attraverso il gioco. Può essere interessante esplorare questo campo per individuare le principali tipologie che potrebbero poi ispirare o entrare a far parte dell’esperienza interattiva.

Infine abbiamo i video game, spesso associati al concetto di edutainment (che vedremo in seguito) poiché combinano l’educazione con l’intrattenimento. Un Educational Game per il computer può essere definito come un media elettronico con tutte le caratteristiche di un ambiente di gioco volto ad ottenere risultati educativi per specifici gruppi di “allievi”. I video game possono aiutare lo sviluppo di abilità e competenze permettendo agli utenti di interagire con oggetti e di manipolare variabili. Si rivelano particolarmente efficaci quando la progettazione li indirizza verso uno specifico problema o verso l’insegnamento di una certa abilità all’interno di una materia, dove vengono dichiarati particolari obbiettivi contenuti selettivamente all’interno di un contesto rilevante all’attività di apprendimento e al traguardo da ottenere.

I giochi con uno sfondo educativo si suddividono essenzialmente in giochi da tavolo, giochi di carte e video games. Per quanto riguarda i giochi da tavolo, consistono in gettoni o pedine posizionati, rimossi o mossi attraverso un “tavolo” da gioco (una superficie permanente, specifica per il gioco in questione). Un argomento ricorrente in questi Educational Games è la geografia, con il campo costituito da una mappa mondiale o più piccola, che aiuta la memorizzazione della situazione geografica sulla Terra. Esempi di questi giochi da tavolo pensati per l’educazione includono Take Off, Brain Chain e Charge Large Board Game.

Giochi più semplici vengono pensati e indirizzati verso specifici risultati di apprendimento come il ricordo di contenuti effettivi. Per esempio, il sito web della Nobel Prize Foundation utilizza giochi online per aiutare i bambini a capire le scoperte fatte dai suoi laureandi, incastrando conoscenze scientifiche all’interno dell’ambiente di gioco.

I giochi di carte invece, come già illustra il nome, si riferiscono a qualsiasi gioco che coinvolga l’utilizzo di carte, tradizionali o create apposta per il gioco in questione. Generalmente con essi si tenta di espandere concetti come

Mentre per sostenere studenti e adulti nell’apprendimento di dettagli sottili all’interno di differenti sistemi politici, numerose compagnie hanno sviluppato simulazioni che immergono il giocatore nei sistemi politici stessi, obbligandoli a prendere decisioni politiche realistiche; vanno dal presentare una semplice campagna elettorale a permettere al giocatore di prendere decisioni giorno per giorno per portare avanti un paese, come si vede in Democracy. I video game indirizzati ai bambini hanno storicamente ricevuto più critiche negative di qualsiasi altra forma di apprendimento ricreativo, perché vengono spesso percepiti o associati a risultati di intrattenimento stupidi o senza senso, aumentando l’esclusione sociale e il consumismo. Molti bambini trovano che questi giochi “educativi” manchino di contenuti che li interessino, quelli

Wasabi è un gioco da tavolo giapponese; richiede ai partecipanti la rapida creazione di ricette sushi di varia difficoltà. 101


trovare un equilibrio tra intrattenimento e conformità degli obbiettivi educativi.

Videogioco di simulazione sviluppato dalla Maxis.

più grandi addirittura li considera per l’età prescolastica. È però emerso in tempi recenti un passaggio dal puro intrattenimento all’utilizzo di strumenti educativi; inoltre i bambini che crescono oggi possono beneficiare di video games educativi poiché sono già esposti ad una società che è sempre più dipendente alla tecnologia digitale. I ricercatori hanno scoperto che i giochi per il computer possono diventare parte del programma scolastico, è stato infatti scoperto il loro significativo valore educativo: studi britannici sono giunti alla conclusione che i giochi di simulazione e avventura, come SimCity e RollerCoasterTycoon, dove i giocatori creano delle società o costruiscono dei parchi a tema, sviluppano il pensiero strategico nei bambini e l’abilità di pianificare. L’Educational Game è un media che dà l’opportunità agli insegnanti di introdurre elementi educativi e giocosi nel contesto dell’insegnamento: con programmi di apprendimento supportati dal computer, gli insegnanti possono assistere gli studenti in aspetti sociali, nella comunicazione basata sulla conoscenza e in efficaci abilità interpersonali che i metodi tradizionali di insegnamento non possono offrire. Mentre i computer game vengono adattati al sistema educativo, si sposta sempre più l’attenzione sul risultato e sulla regolazione dei contenuti; la selezione del contenuto dei giochi infatti, è vitale per far in modo che l’Educational game sia un efficiente strumento di apprendimento. Lo sviluppatore deve pertanto essere cosciente e capire i suoi giovani utenti, i loro particolari bisogni sociali ed educativi. Allo stesso tempo deve essere in grado di 102


EDUTAINMENT

di comunicazione passiva, come quelle sopracitate (programmi televisivi, giochi multimediali, siti web, etc.), ma ad eventi veri e propri o ad ambienti specificatamente pensati e creati per comunicare un’esperienza che al contempo intrattenga ed insegni concetti importanti legati alla natura, alla scienza o alla storia. Si formano così veri e propri spazi dedicati, attraenti, che permettono l’esplorazione e la sperimentazione, dando la possibilità ai bambini di toccare e manipolare gli oggetti e di imparare durante il processo.

Il termine edutainment fu utilizzato per la prima volta nel 1948 dalla Walt Disney Company per descrivere la serie La Natura e le sue Meraviglie, celebre serie di documentari sugli animali durata fino al 1960, nota in originale come True Life Adventures; da allora questo neologismo ha iniziato ad essere usato parecchio (a volte anche impropriamente). Particolarmente legato al concetto di Educational Game, può facilmente collegarsi a quello di Experience e, come si può facilmente dedurre, è il risultato dell’unione di due parole: education ed entertainment. Si tratta di una forma di intrattenimento progettata per educare e allo stesso tempo divertire; cerca solitamente di istruire la sua audience inserendo lezioni ed insegnamenti all’interno di qualche forma famigliare di intrattenimento: programmi televisivi, giochi per il PC, film, musica, siti web, software multimediali, etc.

Alcuni di questi centri sono il PlayWise Kids in Columbia (MD), il Talents Center in Arabia Saudita, lo Strong National Museum of Play in Rochester (NY) e la Città dei Bambini e dei Ragazzi di Genova (che approfondiremo in seguito). Experimenta, spazio dedicato alla scienza all’interno del Parco Michelotti, nel settembre del 2008 ha realizzato un vero e proprio evento di intrattenimento e cultura scientifica chiamato “La Notte dei Ricercatori” in Piazza Vittorio Veneto. La presenza di diversi stand sparsi per tutta la piazza dava la possibilità alle persone di esplorare argomenti scientifici diversi; così i bambini si sono ritrovati a correre su una sostanza liquida all’interno di una vasca che, con la forza sprigionata dalla corsa diventava solida, permettendo l’attraversamento, tra grida generali di stupore e approvazione! Si potevano mangiare banane imbevute nella panna e “cotte” nell’azoto liquido, sperimentare installazione interattive, prendere un palloncino e vedere cosa accadeva quando si aspirava l’elio in esso contenuto,

Un esempio potrebbe essere una visita guidata nella natura: intrattiene i partecipanti, ma allo stesso tempo li educa sulla vita degli animali e sul loro habitat; oppure un videogioco che insegni al bambino a risolvere problemi critici. Quindi si sposa perfettamente con gli obbiettivi educativi legati al periodo infantile e adolescenziale, permettendo vie alternative d’insegnamento efficaci quanto quelle tradizionali. Molto spesso viene usato per istruire su uno o più argomenti particolari, o per cambiare un comportamento suscitando specifiche attitudini socioculturali; quest’ultimo caso lo si può riscontrare in alcune scuole inglesi, per la condotta degli studenti.

Lo Strong National Museum of Play di NY propone molte attività ai bambini, dal Butterfly Garden ad Adventureland, e molto altro.

Sia negli U.S.A. che nel Regno Unito è stato utilizzato l’edutainment per toccare temi sociali e legati alla salute come l’abuso di sostanze stupefacenti, la gravidanza nelle adolescenti, l’HIV e il cancro. Pertanto il campo dell’Entertainment-Education (EE), combina teorie della comunicazione e dell’educazione con arti comunicative per consegnare messaggi legati anche allo sviluppo sociale. Un’esperienza di edutainment di successo si nota dal fatto che l’apprendimento diventa divertente e gli insegnanti o gli animatori, educano un audience in modo coinvolgente e simpatico. Sempre più spesso si lega non solamente a forme 103


oppure assaggiare diversi minerali dai gusti inaspettati, o ancora fare giochi di abilità mentale assistiti da ricercatori volontari. Infine, su di un palco, un ricercatore travestito da mago mostrava ai bambini le magie possibili con la scienza, risultando molto simpatico…soprattutto per il finto inglese con cui tentava di parlare! Insomma una vera dimostrazione di intrattenimento educativo, che ha coinvolto bambini e adulti nella scoperta di concetti scientifici spesso poco amati o capiti se messi per iscritto. Per questo motivo esempi di edutainment si trovano sempre più spesso anche all’interno di musei, per far in modo di dare a tutti, adulti ma soprattutto bambini, una fruizione del contenuto sotto forma ludica e didattica, e motivando particolarmente gli insegnanti a scegliere questi posti come mete per gite durante la scuola dell’infanzia e primaria. Per guidare la programmazione dell’esperienza, l’edutainment si serve di una miscela delle principali teorie della comunicazione e della pedagogia dell’apprendimento, tra cui la Teoria della Persuasione (le caratteristiche psicologiche influenzano la risposta delle persone al messaggio), la Teoria dell’Azione Ragionata (le influenze sociali forzano i comportamenti, incluse le credenze e le norme sociali percepite), la Teoria dell’Apprendimento Sociale (le persone imparano osservando gli altri e le conseguenze dei loro comportamenti) e la Teoria della Diffusione (i comportamenti si diffondono attraverso la comunità lungo un periodo di tempo). Mentre tra gli assunti pedagogici adottati troviamo la Rilevanza (l’apprendimento è più gradito quando le persone possono vedere l’utilità della conoscenza che gli viene trasmessa), l’Apprendimento Incrementale (l’apprendimento è più efficace quando le persone imparano seguendo il loro passo) e l’Apprendimento Distribuito (diverse persone imparano in diversi modi lungo diversi periodi di tempo, quindi è importante presentare le informazioni in modo vario così che le persone le possano assorbire).

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BEST PRACTICES

Rizzo, in tre tipologie: il design reattivo, il design proattivo e il design di esperienze.

All’interno del lavoro di ricerca è essenziale individuare progetti già esistente che si siano dimostrati efficaci o innovativi all’interno dell’ambito nel quale si vuole sviluppare il proprio progetto. Tramite le best practices si individuano le soluzione già adottate, le possibilità già esistenti, quello che insomma è già stato fatto e che ha ottenuto dei buoni risultati, e che quindi può essere adottato come un buon esempio da seguire e da cui prendere spunto.

Il design reattivo è la semplice riprogettazione di un’interfaccia, la modifica di colori o forme che non ha nessun impatto sul tipo di attività che viene realizzata con l’oggetto/prodotto, l’attività resta la stessa. Il design proattivo invece ha un impatto sull’attività realizzata, un esempio tipico è Amazon che ha cambiato il modo di fare e-commerce tramite il suo metodo di vendere libri on-line; ha creato degli ambienti di condivisione, ha cercato di creare la libreria e al contempo la biblioteca all’interno di uno spazio virtuale, quindi ha cambiato proprio l’attività delle persone che si sono così abituate a comprare on-line con la possibilità ad esempio di controllare pareri e commenti di altre persone.

Per quanto concerne questo progetto in particolare, i due ambiti che si sono rilevati fondamentali all’interno della ricerca sono la creazione di esperienze, tramite l’Interaction design o tramite la creazione di spazi ed eventi specifici, e l’alimentazione, quindi ciò che già è stato fatto per introdurre e sviluppare l’educazione alimentare nei bambini.

Il design d’esperienza invece parte da zero, parte cioè da un obiettivo molto generico, come nel caso di POGO. La Comunità Europea mette di solito dei Bandi a disposizione per progetti di ricerca europei, questo concorso in particolare era all’interno del Network Icube e noi vi abbiamo partecipato come Università di Siena insieme all’Università di Liegi, alla Domus Academy di Milano, alla Philips Design e alla Raventzburger. Abbiamo proposto questo progetto nel quale non era ancora definito che cosa saremmo andati a creare, ma era definito un obiettivo: utilizzare la tecnologia nel miglior modo possibile per creare un mondo semivirtuale che aiutasse a sviluppare le capacità narrative dei bambini. Era quindi un progetto molto aperto, senza vincoli di scelta previamente definiti, dovevamo creare da zero l’esperienza dei bambini, e poteva essere qualsiasi cosa!

Di seguito si riporteranno tre esempi per ognuno di questi ambiti, partendo da ciò che ci può interessare sotto un punto di vista di strumenti interattivi, utilizzati per lo sviluppo delle facoltà e della conoscenza dei più piccoli, quindi con chiari obbiettivi didattici. Pogo1 È un progetto di Interaction Design molto interessante, che sviluppa soluzioni interattive per sostenere le attività narrative dei bambini, fornendogli strumenti interessanti da utilizzare e manipolare per creare vere e proprie storie. Per scoprire qualcosa di più su POGO e soprattutto su qual’è stato il processo che ha guidato i designer verso le scelte che hanno poi definito il prodotto finale, mi sono recata a Modena per intervistare uno dei ragazzi che ha partecipato alla progettazione di POGO per tutto l’arco di tempo che è stato necessario al suo sviluppo.

Come avete proceduto nella realizzazione del progetto? In questa tipologia di processi di design la fase di analisi è fondamentale e dev’essere la più consistente. Noi abbiamo seguito un processo di design che si chiama “co-evolutivo” il che significa che la fase creativa di realizzazione dei concept e la fase di analisi hanno proceduto in parallelo senza toccarsi per tutta la parte iniziale. Quindi dopo aver creato una visione comune e aver stabilito quali sarebbero stati i confini da seguire abbiamo proceduto in divergenza totale, abbiamo detto: “voi designer ragionate per conto vostro, fate i concept, fate ciò che volete, noi intanto andiamo nelle scuole e andiamo a vedere nei libri!”. Le due università si sono concentrate sulla fase

Di seguito si riporta per intero l’intervista a Gabriele Molari, User Experience Designer e User Interaction Specialist. Come nasce il progetto POGO? Il progetto POGO rientra nella categoria definita di progettazione di esperienza. I progetti di design si possono suddividere, seguendo la classificazione fatta dal Prof. 1

www.saul.unisi.it/pogoon 105


di analisi, la Philips Design è stata coinvolta nella parte creativa mentre Raventzburger avrebbe dovuto occuparsi dell’analisi dei contenuti, ma non è stato possibile poichè si è tolta dal progetto non approvando il metodo molto lungo che avevamo scelto, loro volevano arrivare il prima possibile ad un oggetto mentre il processo è durato per ben 5 anni.

in contatto l’analisi con il design così che quest’ultimo sia libero di creare partendo da altri basi; loro utilizzavano come fonti d’ispirazione qualsiasi cosa, dalla letteratura di Munari alla televisione, oppure giocattoli realmente esistenti, film di successo,ecc. mettendo insieme alcuni concetti. Ad un certo punto abbiamo dovuto incontrarci e sulla base delle nostre chiacchierate con le insegnanti e tutto ciò che avevamo fatto,abbiamo messo giù una specie di mappa di quelli che secondo noi, a quel punto, dovevano essere gli obiettivi un po’ più specifici del progetto da perseguire, e successivamente, sulla base di questi obiettivi, abbiamo mappato i concept che erano venuti fuori. La fase di analisi preliminare prima di questo incontro era durata più di un anno, con un team dedicato di ricercatori e professori.

Noi in quanto università siamo andati a leggere e siamo andati nelle scuole, inizialmente sia elementari sia materne non avendo chiaro il target al quale rivolgerci; poi abbiamo ristretto il campo dai 6 ai 9 anni perché abbiamo capito che alcune potenzialità potevano essere ottimizzate e sviluppate meglio con bambini di quell’età. In seguito abbiamo sviluppato dei documenti, come il Narrative and Learning, dove abbiamo sommato l’osservazione sul campo a ciò che avevamo letto. Durante l’osservazione abbiamo cercato di concentrarci su quelle che abbiamo chiamato le “attività di successo”. Abbiamo infatti intervistato le maestre, i genitori e abbiamo fatto dei focus group con loro per cercare di capire insieme quale potesse essere non tanto il processo metodologico, ma le attività più utili da osservare, ne abbiamo identificate una serie e siamo andati volta per volta nelle scuole a riprendere.

Quindi voi eravate gli unici ad avere contatti con l’utenza finale, ad avere uno scambio iterativo, mentre loro si concentravano sul creare idee e proposte, senza ancora fare mock up o prototipi? C’è stata una fase di validazione dei concept, o concept testing, dopo questa prima scrematura, con mock up di carta che a volte erano solo delle idee, non erano ancora degli oggetti.

È stato molto interessante capire come si comportano i bambini in classe, inizialmente erano condizionati dalla nostra presenza, ma dopo la terza o la quarta volta eravamo ormai ”parte della famiglia” o “pezzi d’arredamento”, non si accorgevano neanche più della nostra presenza così che l’osservazione potesse essere efficace a tutti gli effetti. In qualsiasi studio etnografico infatti devi entrare a far parte dell’ambiente, che tu sia percepito come un soprammobile o come un compagno di classe l’importante è che tu sia percepito come parte integrante dell’ambiente, perché altrimenti quando vieni visto come un estraneo l’effetto è problematico per la rilevanza dei dati raccolti: i bambini vogliono fare bella figura, fanno i simpatici e questo non ci permette di capire come si comportano normalmente.

Effettivamente abbiamo fatte due macrofasi di mock up testing: una in questa prima parte e una in una fase di developing successiva. Quest’ultima è stata fatta su 3 livelli: un primo mock up sui concept, un secondo mock up in cui già stavamo testando lo sviluppo del prototipo che stava venendo fuori e poi il prototipo realmente funzionante. A livello micro siamo invece andati anche nelle scuole a fare dei test su piccole attività o piccoli livelli d’interazione, cose molto di dettaglio. Durante la fase di concept testing siamo andati a testare i concept sulle attività che realmente i bambini facevano a scuola, le “attività di successo” che avevamo identificato in precedenza; queste avvenivano in un certo modo ed avevano successo per determinati motivi, ci siamo quindi chiesti : “riusciamo ad utilizzare i nostri tools per renderle ancora più di successo oppure per aggiungere degli elementi che adesso non ci sono?”. Attività importanti si realizzano ad esempio con la carta, con la quale si può ritagliare, giocare, colorare; andare a sostituire un’attività del genere non avrebbe avuto molto senso, proporre degli strumenti alternativi non era ciò che ci proponevamo di

Quindi pian piano avete capito la “metodologia” che seguono i bambini nella narrazione e questo vi ha permesso in seguito di creare i tools di POGO? Esatto! Nel frattempo i nostri colleghi designer andavano avanti con delle idee partite da tutto un altro punto di vista, perché la fase di divergenza volutamente non mette 106


fare, se ci fosse piuttosto qualcosa che riprende, raccoglie, registra, cattura l’attività realizzata, così che dopo, tornati in classe, si possa riutilizzare un’altra volta, trasformando le cose, in questo modo utilizzi del materiale che hai raccolto grazie alla tecnologia per ricreare e rivedere, e qui la teoria si è sposata con la pratica!

fino alla fine diventando un tool, è stato ispirato ad una palla, che è un gioco molto comune e conosciuto tra i bambini; girando questa semi-palla, che oltretutto non si ribaltava mai, i bambini potevano far apparire delle cose o muovere qualcosa sullo schermo.

Dalla teoria avevamo tirato fuori un modello, che si chiama Narrative Activity Model (N.A.V.) e riassumeva in 4 fasi principali la creazione di queste attività narrative ed inoltre avevamo detto che l’obbiettivo vero di questo progetto era di arricchire queste attività, di aggiungere delle cose e lì è nata l’idea di aggiungere degli elementi di iterattività, di arricchimento magico, un elemento che mi aiuti a trasformare quello che faccio, arricchendo l’esperienza senza sostituirsi all’attività. La fase di mock up è stata proprio volta a questo: abbiamo inserito questi elementi (ad es. il torch) in attività preesistenti.

Quindi riprendere degli oggetti con cui loro hanno già confidenza per facilitarne l’utilizzo? Questo è fondamentale, si può creare un mondo non preesistente, ma è molto rischioso, soprattutto quando non è l’oggetto in sé l’obbiettivo. Noi abbiamo avuto un piccolo problema creando un linguaggio basato su dei token: gettoni di plastica molto belli, fin troppo, tanto che i bambini si concentravano su quelli, quando invece avrebbero dovuto essere dei mediatori di conoscenza, dei gettoni su cui loro registravano o catturavano degli elementi con i quali giocare all’interno di quest’ambiente. Il problema quindi era che avevamo creato un oggetto troppo bello e per questo era diventato lui l’obiettivo, non era più un mediatore ma l’oggetto centrale. In questo caso creare qualcosa di nuovo, di bello, innovativo, particolare aveva creato un problema, invece entrare in un mondo dove già è tutto nuovo però con alcune cose hai già confidenza probabilmente aiuta a focalizzare l’attenzione sull’attività piuttosto che sull’oggetto e per noi l’obiettivo era sviluppare delle attività, non fargli piacere l’oggetto, non stavamo vendendo niente, era funzionale!

Per quanto riguarda la progettazione invece siete stati condizionati anche nella scelta dei materiali o delle forme dall’osservazione che avete fatto? Si, diciamo che in questo caso la Philips Design ha peccato, nel senso che nella trasformazione dei progetti in prototipi hanno utilizzato delle tecnologie e dei materiali compatibile con le loro conoscenze. Loro erano addetti al prototipo, se noi gli chiedevamo qualcosa ad esempio in gomma loro la gomma non la conoscono, conoscono la plastica, quindi le cose in gomma sono diventate immediatamente delle cose in plastica. È ovvio che succeda una cosa del genere, non si ha a disposizione un pozzo inesauribile di conoscenze e di esperienze, però si, compatibilmente con questi limiti si, tutto è stato fatto con una plastica particolare, con delle forme particolari in funzione dell’osservazione e in funzione di alcuni elementi. Ad esempio, nonostante sia stato bocciato in seguito per una questione di fattibilità tecnica, avevamo osservato che i bambini di 10-11 anni, soprattutto in Olanda, andavano a scuola con lo skateboard e dentro alla scuola utilizzavano lo skate, quindi avevamo pensato di utilizzarlo come modalità di interazione, e abbiamo introdotto uno skate virtuale (la Wii recentemente ne ha rifatto uno molto simile): loro navigavano all’interno di quest’ambiente muovendosi sullo skate avanti e indietro. Per questioni tecniche era troppo difficile trasformare in prototipo funzionante questa idea ed è stato scartato. Un altro elemento d’interazione, che invece si è sviluppato

Avete chiesto dei “consigli” ai bambini, per i colori o i materiali? Per i materiali c’è stata una sessione apposta, ci sono anche dei video interessanti dove abbiamo ripreso i bambini messi di fronte a pezzi di plastilina, pezzi di gomma e altri materiali. Loro già lo fanno, nelle scuole elementari vengono messi di fronte a dei materiali a occhi chiusi e gli viene chiesto che cosa pensano, che cosa sentono, quindi noi abbiamo utilizzato queste attività che abbiamo visto fare per metterli di fronte a piccole possibili alternative che avevamo in testa. Come detto la gomma è risultato uno dei materiali più apprezzati perché ha l’aspetto della solidità e allo stesso tempo è gommoso che è una cosa piacevole al tatto, però alla fine non abbiamo potuto metterla davvero in pratica. La plastilina o il dash sono elementi ugualmente interessanti da esplorare però hanno la caratteristica di non essere prevedibile nel loro 107


utilizzo e quindi difficili da inserire in una tecnologia o in combinazione con una tecnologia.

lo responsabilizzi e da un altro non si sente preso in giro e prende seriamente il tutto. Non possiamo dire quanto per questi bambini il gioco fosse intuitivo o quanto invece fossero ormai avvezzi ad un certo modo di pensare e di agire che noi avevamo un po’ impostato. Ti posso dire che nello showcase all’interno di Philips con i bambini olandesi, che non avevano mai visto il giocattolo, hanno capito perfettamente come si utilizzava, anche perché era abbastanza semplice, grazie all’affordance e ai constraints: c’erano dei gettoni che entravano solamente in certe cavità, pasticciando si rendevano subito conto che accadeva qualcosa, e del resto era questo l’obiettivo del progetto, se avessimo avuto bisogno delle istruzioni avremmo fallito completamente! Mentre l’obiettivo era creare qualcosa che i bambini lasciati da soli potessero utilizzare in un modo, mentre guidati dalle maestre potessero utilizzare in un altro, con obiettivi didattici ben strutturati.

Gli utenti che avete contattato sono rimasti gli stessi per tutto il processo? Devo dire che a livello di metodo noi abbiamo preso contatto con una scuola e con quella siamo rimasti, quindi i bambini che abbiamo preso in prima elementare li abbiamo portati fino alla terza, diciamo che ce li siamo portati fino alla fine del progetto, anche per una questione di soddisfazione, per fargli vedere come si sono evolute le cose e come, grazie al loro aiuto, eravamo arrivati a qualcos’altro. A volte è importante portarsi dietro lo stesso utente all’interno di tutto il processo di design, per coinvolgerlo e per capire anche le differenze, ma allo stesso tempo limita, perché c’è l’aspetto affettivo, questi bambini ad un certo punto ci volevano bene. La confidenza con gli strumenti che gli proponevate non ha magari reso poi più facile capire il funzionamento del prototipo, impedendovi di valutare quanto fossero o meno intuitivi i tools?

POGO si è fermato alla fase progettuale o è continuato anche su un piano produttivo? Il progetto è stato apprezzato e promosso dall’Unione Europea, ma non siamo riusciti ad essere nuovamente finanziati per un POGO 2.

Più che altro la confidenza l’avevano con noi, perché il prototipo finale in realtà era qualcosa di davvero molto diverso rispetto, ad esempio, al prototipo intermedio in cui abbiamo comunque usato la carta; facevamo volutamente delle cose con poco appeal e molto pratiche proprio per essere il più distanti possibile dal risultato finale, pur avendo già visto come sarebbe potuto essere. Però erano avvezzi a noi, al nostro metodo, sapevano già più o meno quello che saremmo andati a chiedergli, quindi erano diventati più “buoni”!

Ad un certo punto si parlava di un probabile acquirente giapponese (per quanto possa sembrare una leggenda metropolitana) che aveva contattato Philips per poter sviluppare POGO in Giappone, dove le scuole evidentemente utilizzano la tecnologia a certi livelli per l’insegnamento, però ho personalmente perso i contatti, quindi non saprei.

In realtà i bambini sanno essere cattivissimi, però quando entri in confidenza, quando si sentono responsabilizzati, questo è importante, diventano seri. Quello che conta è essere sempre molto onesti con i bambini, perché sono furbissimi! Noi nella seconda fase di testing abbiamo usato la tecnica del Mago di Oz che è simulazione totale di qualcosa che in realtà non è completamente funzionante, in pochi minuti questo un bambino lo capisce, allora non vai lì e simuli, vai lì, e questo è importante a livello di processo, e chiedi la collaborazione del bambino spiegandogli che si farà finta di fare qualcosa, e i bambini sono bravissimi a fare finta, molto più degli adulti. In questo modo il bambino fa parte del gruppo, da un lato

Si sarebbe potuto magari creare delle versioni più “soft” a livello tecnologico per poterle inserire nel mercato? Forse siamo stati un po’ troppo “futuribili” a livello d’implementazione, era un prototipo che costava molto, ai tempi furono spesi circa 600.000.000 di lire per farlo. Adesso che la tecnologia è andata avanti magari alcune cose sarebbero già desuete, quindi dovremmo di nuovo metterci le mani sopra per renderlo meno “futuribile” e più applicabile, più moderno, alcune tecnologie che abbiamo usato al tempo adesso sono superate, anche se in termini concettuali siamo stati molto visionari.

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Questa cosa l’abbiamo simulata nella fase del Mago di Oz ed è stata veramente divertente! Abbiamo fatto due tipi di attività, una strutturata con le maestre in cui queste dicevano ai bambini ciò che dovevano fare ed un’altra dedicata alla “fase espressiva” che semplicemente voleva dire: “fate quello che volete!”. Bisogna premettere che sulla parte dei suoni la tecnologia del mock up era abbastanza alta. I bambini inserivano, ad esempio, il gettone percussioni e vedevi delle cose pazzesche, ce n’è stato uno in particolare che suonava contemporaneamente tutte le aree! Erano sei zone sensibili e questo bambino voleva suonarle tutte, quindi ne attivava una con una mano, una con l’altra, altre due con le ginocchia e infine usava la testa! Guardarlo, da completo asociale oltretutto, nel senso che non voleva che nessuno intervenisse, giocare e muovere la testa era fantastico! In quei momenti capisci veramente tante cose che non puoi prevedere, non puoi sapere che accadrà una cosa del genere, quindi finché non vedi i bambini “pacioccare” le cose non puoi immaginare. Ovviamente l’aspetto della morbidezza del tappeto, il fatto di dare delle aree sensibili, lo rendevano molto “appetibile”…tutte cose che sono venute fuori un po’ dall’osservazione un po’ dalle interviste con loro e un po’ dalle idee dei creativi, tutto uno sintesi di questa gente che ha lavorato in parallelo!

Potresti spiegarmi alcuni dei tools, ad esempio il CARPET SOUND? Dopo una serie di selezioni relative ai concept e tramite i mock up test siamo arrivati al primo prototipo funzionante: il POGO WORLD. Consisteva in un camera table dove si potevano posizionare oggetti, disegni oppure, grazie alla vaschetta presente, si potevano ricreare degli ambienti in 3d e poi, sui token, registrare come una fotografia quello che c’era tramite quella che i bambini chiamavano “la doccia” (per la sua forma simile ad un doccino). I token invece erano i gettoni di cui ti ho già parlato, di plastica trasparente, molto carini; poi avevamo il basket, dentro il quale i bambini mettevano i token facendo apparire sullo schermo quello che avevano catturato e creando così il background. Il torch invece faceva apparire l’immagine in foreground così che si potesse sovrapporre a quella proiettata dal basket, bastava appoggiando il token sulla torcia. Se non sbaglio è stata fatta una task analysis su questo e poi un elenco dei pregi e difetti dei tools che avevamo sviluppato. Infine avevano un carpet sound dove inizialmente i bambini avrebbero dovuto proiettare delle immagini, sia con un proiettore verso il carpet, sia con uno verso il muro, che facessero vedere la stessa cosa. Questo “tappeto” aveva delle taschine in cui loro inserivano dei “gettoni” un po’ diversi dai token, quest’ultimi infatti erano dei gettoni con cui gestivano le immagini mentre quelli per il carpet erano per i suoni e avevano proprio una forma diversa, più allungata. Quindi inserendo questi gettoni allungati veniva fuori il suono. La cosa interessantissima è stata la creazione di questo concept sul suono che è stato veramente bellissimo, ho ancora dei video di quella fase di testing perché i bambini con i suoni, quasi più che con le immagini, creano in una maniera pazzesca. Noi l’avevamo pensato con delle specie di tamburi elettronici sotto: pigiando su delle parti sensibili si creavano i suoni, ed erano dei suoni che cambiavano a seconda del gettone che veniva messo dentro. Mettendo il gettone percussioni ogni area sensibile era una percussione, col gettone jungla ogni area era un suono della jungla, quindi il gettone creava un suono di background, un tema. C’era poi un microfono nel quale i bambini potevano parlare, anche questo si adeguava al tema di background che si era scelto tramite il gettone, cambiando la voce con un filtro.

La Città Dei Bambini e dei Ragazzi – Giocando s’impara2 Situata nel Porto Antico di Genova (Magazzini del Cotone) è la più grande struttura in Italia dedicata a gioco, scienza e tecnologia, per bambini e ragazzi tra i 2 e i 14 anni d’età, aperta a famiglie, gruppi e scuole. Inaugurata nel 1997, con oltre 100.000 visitatori annui si conferma essere la struttura nel suo genere più visitata in Italia. La città dei bambini e dei ragazzi si estende su tremila metri quadrati, pensati e realizzati “a misura di bambino”. Due grandi spazi rispettivamente per i bambini di 3-5 e per i ragazzi di 6-14 anni, un’area dedicata ai piccoli di 2-3 anni, 11 isole tematiche e 96 exhibit multimediali permettono di fare “piccole e grandi” scoperte utili a soddisfare la propria voglia di sapere e ad avvicinarsi alla scienza e alla tecnologia in modo divertente. Il gioco diventa così strumento educativo e di divulgazione scientifica; conoscenza e apprendimento sono stimolati attraverso la manipolazione, l’errore e il dubbio, nella 2 109

www.cittadeibambini.net


certezza che l’esperienza diretta sia il modo migliore per fare proprio il sapere. Numerose postazioni multimediali e interattive, dalle semplici interfaccia grafiche “a portata di bambino”, aumentano la ricchezza e la varietà degli stimoli offerti, in modo accattivante e coinvolgente. Inoltre i genitori sono invitati a condividere insieme ai propri figli il piacere della scoperta e la conquista di nuove conoscenze e abilità. Il bambino può scegliere con libertà il proprio percorso di visita all’interno dell’ambiente progettato “su misura” per lui, sentendosi sicuro e a proprio agio. Ogni fine settimana, ad orari fissi, il pubblico può partecipare alle speciali animazioni scientifiche su svariati temi e divise per le fasce d’età; le animazioni, che variano ogni mese, sono studiate per sollecitare il senso critico e per incoraggiare a formulare ipotesi che spieghino il perché dei fenomeni osservati. Le attività di gioco propongono tematiche sempre attuali, istruttive e divertenti.

telecamere e regia. I ragazzi, guidati da un animatore e divisi per compiti, si cimentano nella progettazione e realizzazione di un telegiornale. Chi vuole fare il regista deve montare le immagini trasmesse dalle due telecamere, inserire immagini fisse e sottotitoli; per chi vuole cimentarsi con le previsioni meteo invece, c’è da sistemare sulla cartina d’Italia i magneti con nuvole, sole o pioggia.

Molto interessante è l’ultima sala dedicata alla fascia d’età 6-14 anni; è all’interno di questo spazio che si sviluppa maggiormente un discorso legato all’interattività e alla tecnologia per supportare la scoperta e l’apprendimento. Di seguito si riportano le varie attività proposte, e che vengono presentate all’interno di isole tematiche distribuite nell’ambiente che i bambini vanno esplorando.

Le attività così proposte diventano un gioco 'aperto' che consente di capire alcuni problemi relativi al lavoro sul set e la connessione tra la progettazione, la realizzazione e il risultato di una sequenza cinematografica.

Il Vivente

Tu e gli altri

Vi si osservano gli animali presenti, formiche e testuggini, per conoscerne forma e abitudini di vita. Il microscopio binoculare e quello elettronico della sezione Zoologica consentono di vedere l’invisibile, osservando le caratteristiche di alcuni animali. Nel formicaio i bambini possono spiare la vita delle formiche rosse Rufa rufa, la loro organizzazione sociale ed il comportamento, da diversi punti di vista.

All’interno di questa zona troviamo L’isola dei 5 sensi e La carta d’identità; nel primo caso, in una scenografia che riproduce un’isola, 5 enigmi da risolvere mettono alla prova i sensi e le capacità personali dei bambini, guidandoli in un caccia al tesoro: riconoscere un suono, individuare un oggetto sfiorandolo, percepire un odore, assaporare un gusto ed osservare un paesaggio. La carta d’identità invece, è costituita da alcune postazioni che affrontano il tema del patrimonio genetico: semplici domande aiutano il bambino a compilare la propria carta d’identità, come il colore degli occhi, dei capelli, la forma del lobo dell’orecchio o ancora il saper arrotolare la lingua, facendo riflettere sui concetti di “unicità” e “uguaglianza”.

Due distinte vasche, circondate da vegetazione nostrana, come piante acquatiche della famiglia dei papiri e capelvenere, accolgono 5 esemplari di due diverse specie, la testuggine palustre di Albenga (Emys orbicularis ingauna) e quella americana dalle orecchie rosse (Trachemys scripta elegans). Lo studio TV

Le meraviglie della fisica

Si tratta di uno studio televisivo, piccolo ma completo di postazione giornalistica, scenografia, carta meteo,

Specchi deformanti e parabolici, un caleidoscopio, un 110


raggio laser per disegnare, computer e giochi-esperimenti sui vari tipi di luce esistenti conducono alla scoperta delle leggi che governano i fenomeni fisici, dimostrando quanto una scienza “seria” come la fisica possa in realtà essere divertente.

dal corpo opaco è in grado di interagire con la sabbia come se avesse le caratteristiche di un corpo “reale”. La tecnologia utilizzata in questo tipo di installazioni digitali, amplia le forme del divertimento e trasforma il visitatore in protagonista attivo, solleticandone l’innato senso del divertimento. Come accade per gli altri giochi de La città dei bambini e dei ragazzi, è un’occasione per entrare in contatto, divertendosi, con tecnologia e scienza: la tecnologia diverte, divulga se stessa e incuriosisce sui segreti di questo sorprendente gioco. Ma allo stesso tempo, riproducendo fenomeni fisici, offre lo spunto per introdurre bambini e ragazzi ad alcuni principi scientifici; ad esempio, si potrà porsi domande su quali corpi siano in grado di creare un’ombra e per quale ragione, sul principio della gravità, e sulle caratteristiche della sabbia, sostanza che si comporta come un liquido, ma è cumulabile come un solido.

All’interno di quest’area è presente anche La cascata di sabbia, postazione di gioco educativo che da settembre 2005 è a disposizione di bambini e ragazzi. Si tratta di una installazione digitale interattiva, sintesi di tecnologia e scienza, in cui gli algoritmi permettono al visitatore di interagire, attraverso l’ombra del proprio corpo, con la rappresentazione virtuale di una cascata di sabbia colorata. Passando davanti allo schermo, il visitatore attiva una caduta “virtuale” di sabbia colorata. Da soli o in compagnia, si possono creare giochi di ombre, semplici o complesse, per fermare e raccogliere la sabbia, utilizzando sia oggetti sia il proprio corpo. Ma si può anche versarla da una mano all’altra, farla rimbalzare o estrarne i colori e mescolarli tra loro. I colori rimangono presenti sullo schermo come fossero “aloni” e per cancellarli è sufficiente usare la mano come fosse una gomma, senza bisogno di toccare lo schermo.

Sala @peiron – la comunicazione E’ lo spazio multimediale che introduce al “dietro le quinte”del mondo della televisione e della comunicazione. Partendo da un numero fisso di frammenti video, i ragazzi costruiscono la propria sequenza di montaggio, inseriscono la colonna sonora o i dialoghi, raggiungendo un'ampia varietà di risultati nel linguaggio del documentario, dello spot e del cartone animato, il tutto della durata di 30 secondi.

Questa rappresentazione virtuale è resa possibile da un processore centrale, una telecamera e un proiettore. La telecamera rileva la presenza di corpi opachi nel proprio “campo visivo” e invia i dati al computer; questo acquisisce il profilo dell'ombra e la proietta sullo schermo insieme ad una cascata di sabbia virtuale che si comporta come fosse una vera cascata di sabbia. L’ombra generata sullo schermo

Il Transatlantico Un vero e proprio transatlantico in miniatura, sul quale è possibile salire per scoprire l’attrezzatura di bordo e le principali rotte di navigazione; si può calcolare l’azimut, cimentarsi a fare i principali nodi marinari, mandare messaggi dalla postazione Morse oppure usando il linguaggio delle bandiere di segnalazione, giocare con i timoni e il telegrafo, comunicando da una postazione all’altra della nave. Digiwall – La parete digitale Questo gioco abbina le caratteristiche di una parete d’arrampicata e la tecnologia tipica dei giochi per computer, per mettere alla prova tutti i sensi. È un muro computerizzato da affrontare come veri scalatori: si imposta uno dei possibili giochi e le luci guidano le vie da seguire, i suoni e la musica creano l’atmosfera, mentre il 111


è ripercorrere esattamente la stessa traccia lasciata del primo, senza toccare le prese spente. • Uova strapazzate Quando il gioco inizia le “uova” (le prese luminose) cominciano a cadere lungo il muro. L’obiettivo è evitare che queste tocchino il suolo. Quando un uovo viene “salvato” (toccato), si spegne e nuove uova vengono visualizzate in modo casuale sulla parte superiore del muro. • Afferra la presa Il gioco comincia con una sola presa illuminata. L’obiettivo è toccare la presa il più velocemente possibile per spegnerla. Quando la prima presa sparisce, una seconda presa si accende e così via, per 60 secondi. Allo scadere del tempo si viene informati del numero di prese afferrate. • Memory sonoro Sul muro appaiono contemporaneamente 14 prese illuminate. L’obiettivo è di individuare le coppie di prese che emettono lo stesso suono. Il giocatore deve toccare le prese illuminate e ascoltare il suono che ognuna di esse riproduce. Quando viene individuata una coppia di prese, la loro luce si spegne.

muro risponde alle azioni di chi lo sta scalando. Questa novità 2009 è costituita da una parete di 4 metri di larghezza e 2,4 metri di altezza con un totale di 96 prese di arrampicata. Ogni presa ha un sensore che reagisce quando si tocca con una qualsiasi parte del corpo e ad ogni presa è collegata una luce rossa che può essere attivata o disattivata.

Infine è possibile giocare liberamente sulla parete digitale: quando il muro non è utilizzato produce una composizione casuale di suoni e luci, se qualcuno inizia a scalare la parete, le prese toccate si illuminano e producono suoni differenti.

Giochi, gare, sfide e vari tipi di esperienze creative sono possibili con la parete di arrampicata; sono tutti giochi di facile comprensione e apprendimento, che stimolano l’attività fisica e la velocità. È possibile competere o collaborare. I vari giochi sono progettati per impiegare in modo equilibrato i sensi e le capacità: vista, udito, forza, equilibrio, sono i principali ingredienti della esperienza proposta dal muro digitale. Oltre all’attività fisica, i giochi accentuano il controllo del proprio corpo, la flessibilità e la tattica e durante lo svolgimento si è liberi di circolare lungo tutto il muro.

La città dei bambini e dei ragazzi è stata realizzata da Porto Antico Spa e dal 2003 è gestita da Costa Edutainment, azienda leader nella gestione di grandi strutture turisticoculturali, in collaborazione con Agorà Consorzio Sociale di Genova. In particolare Costa Edutainment SpA, costituita a Genova nel 1997 come iniziativa imprenditoriale della famiglia genovese, si sta affermando in Italia come gestore di strutture pubbliche e private dedicate ad attività ricreative, culturali, didattiche, di studio e di ricerca scientifica. La parola stessa edutainment presente nel nome ne definisce l’obiettivo: rispondere alla crescente domanda d’uso qualitativo del tempo libero, coniugando esperienze culturalmente ed educativamente significative con la spettacolarità dell’ambientazione e l’immediatezza della proposta.

Ecco le principali attività che si possono svolgere sul Digiwall: • Pong Il gioco è ispirato ad uno dei primi videogiochi commercializzati che portava lo stesso nome e simulava una partita a ping-pong. I giocatori con il proprio corpo rappresentano le racchette. Il Digiwall lancia una “pallina” (le prese si illuminano in successione per simulare la traiettoria della pallina) e ha inizio la partita di ping-pong. • Segui il leader Un giocatore crea una pista sul muro, scalandolo. Tutte le prese della pista tracciata rimangono accese. Il compito del secondo giocatore 112


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gioco che viene proposto MUBA capovolge i confini del tema e il bambino, da semplice ascoltatore (come di solito avviene), viene posto al centro del processo di narrazione, gettato in un vero e proprio mercato, con cantastorie, banchi e venditori, cassette colme di oggetti e suggestioni.

Nato nel 1995 con l’obbiettivo della realizzazione di un Museo dei Bambini a Milano, è il primo gruppo che ha proposto con successo mostre di grande rilievo per bambini, in Italia e all'estero, uniche per ampiezza e numero di visitatori. Dal 1998 MUBA presenta le proprie mostre presso la Triennale di Milano, tappa di partenza per la successiva itineranza in altri musei italiani; quindi opera in modo continuativo su un territorio non solo locale, con proposte culturali ed educative fortemente caratterizzate. Da febbraio 2007 MUBA è anche una Fondazione e ospita la sede dell'associazione europea dei musei dei bambini, Hands On! Europe. Tramite la Fondazione, MUBA promuove e diffonde iniziative culturali ed educative dedicate all'infanzia che intendono favorire il pensiero creativo, conferendo maggiore rilevanza istituzionale e giuridica alle attività. I soci della fondazione sono invitati ad apportare il know how e le risorse necessarie per promuovere grandi progetti con continuità, in modo da avere la possibilità e le capacità necessarie per sviluppare le attività che rispondono alla grandissima domanda di percorsi culturali innovativi per i bambini.

Sono i bambini che creano e narrano agli altri una propria storia, costruendola in prima persona con gli elementi in vendita all’interno del Mercato delle Storie; attraverso l’utilizzo di oggetti e suggestioni infatti, il bambino dà una forma “fisica” alle storie, questi lo aiutano a costruire un percorso narrativo che diventerà merce di scambio con gli altri bambini. Attraverso il gioco esplora e scopre il processo creativo da cui nascono quelle storie, racchiuse nei libri, che ama leggere e ascoltare. Altra manifestazione interessante è GIOCACOMEMANGI, tenutasi durante il Festival Internazionale dell’Alimentazione, avvenuto a Milano nell’ottobre 2008. L’installazione, con la sua filosofia leggera e divertente, mirava a dare ai bambini gli strumenti per arrivare alla consapevolezza di cosa ci sia all’interno dei piatti che mettiamo in tavola; il cibo non rappresenta solamente il carburante per far crescere e funzionare il nostro corpo, ma anche la cultura del nostro Paese, i suoi paesaggi e la sua storia.

L’adesione alla Fondazione è dedicata sia a singoli, che ad aziende ed istituzioni, e permette di avviare una collaborazione di lungo periodo con una maggiore intensità di partecipazione e di contenuto, contribuendo alla definizione delle strategie e alla loro implementazione. La missione che MUBA si prefigge è lo sviluppo e la diffusione dell'educazione non formale, al fine di promuovere una cultura innovativa per l'infanzia che pone al centro dell'esperienza i bambini, secondo il metodo pedagogico dei Children's Museums, ai quali MUBA è strettamente legato.

Quindi i bambini venivano invitati a cercare i componenti originari di “piatti tipici” a loro famigliari, nel paesaggio grafico, nelle dispense e nei frigoriferi che avevano intorno.

Tra le mostre e le attività ludico-educative realizzate dal MUBA troviamo “Il Mercato delle Storie” svoltosi presso la Triennale di Milano dal 21 novembre 2008 al 29 marzo 2009, e realizzato in collaborazione con Mondadori.

MUBA è un esempio importante di come sia possibile organizzare e creare manifestazioni e attività per bambini: facendo proprio un tema importante e seguendolo, danno la possibilità ai più piccoli di vivere in modo diverso, dinamico e creativo l’apprendimento.

Le storie come si è già visto, hanno un grande valore nel mondo infantile, poiché portano con sé le avventure, i pensieri e i sentimenti del narratore. Nel percorso di 3 www.muba.it 4 Nonostante siano stati contattati più volte dalla sottoscritta e dalla docente Barbara Corti, e nonostante avessero dato la disponibilità per un’intervista, non è stato possibile raccogliere alcun materiale a causa della loro irreperibilità! 113


Le ricette di Arturo e Kiwi5 « La RAI - Radiotelevisione Italiana è lieta di presentare "Le ricette di Arturo e Kiwi" Godi, popolo! Pasta al forno, calamari Fritto misto, gusti rari Carbonara, amatriciana Ahio ahio ahio Vacci piano! Pomodoro, pepperoni, frutta mista di stagione Trofie al pesto, tortellini Vin Santo e cantuccini!

“La Cucina Ginese”, che però vedeva come protagonista Gino il Pollo.

Occhio al cibo artificiale Se lo mangi poi stai male

All’interno de “Le ricette di Arturo e Kiwi” troviamo due personaggi, con lo stile del duetto comico. Il primo è Arturo, il cuoco, un burbero mastino napoletano che, come dice lui stesso, ha lasciato il cuore nella città partenopea. È uno chef molto raffinato e preparato, il suo ruolo è quello di introdurre ed illustrare le ricette, dando istruzioni al suo assistente per realizzarle.

Sia per grandi che piccini Solo cibi genuini!» “Le ricette di Arturo e Kiwi” è una serie animata, improntata in modo comico, ma con valenza didattica, che illustra in quattro minuti svariate ricette, tipiche della cucina regionale italiana. È nata nel 2006 per mano di Andrea Zingoni, un pionere della rete; quest’ultimo ha esordito come fondatore e anima dei GMM (Giovanotti Mondani Meccanici), il gruppo storico della video e computer art italiana che oltre vent'anni fa ha realizzato il primo computer-comics della storia del fumetto.

Quando espone una ricetta ne indica il livello di difficoltà adottando un metro chiamato “Grado Kiwi” con valori a partire da 1 (facilissimo) a 7 (impegnativo); la maggior parte dei piatti ha un livello di difficoltà tra 2 e 3.5 kiwi, mentre il Caciucco alla Livornese ha raggiunto il livello massimo di 7 kiwi. Spesso la cucina dove si muove con il suo assistente, cambia alcuni dettagli d'arredo, per adattarsi alla regione o città del piatto presentato.

Zingoni ha progettato e realizzato video, computer art, installazioni virtuali e interattive, ambienti, opere multimedia, ma anche libri, dischi, performance e altro ancora, primo caso italiano di autore, artista e regista a tutto campo. Tutt’ora sta ultimando la terza stagione della serie animata dal titolo "Arturo e Kiwi - Cucina per i cuccioli". Le prime due serie sono andate in onda al sabato all'interno del programma televisivo "La prova del cuoco" su Rai Uno nella stagione 2007-2008, e del programma televisivo per ragazzi Trebisonda, in fascia pomeridiana su Rai Tre. È stato coprodotto da Rai Fiction, my-tv e Rai Tre, mentre l’animazione è stata realizzata da Cartobaleno.

Arturo, che porta sempre il tipico cappello da chef, sfoggia spesso un grembiule che riporta la scritta “Italians do it better” e talvolta uno con su scritto “We are the Champions” e lo sfondo del tricolore italiano. Al suo fianco è sempre presente Kiwi il suo assistente, “colui al quale non affidereste nemmeno la cottura di un fagiolo secco!”. Si tratta di un kiwi neozelandese, un simpatico pennuto dal becco stretto e lungo, che non può volare. Lo stralunato esserino ha il ruolo di preparare materialmente le ricette seguendo le indicazioni di Arturo, che molto spesso è costretto a riprenderlo. È una buona forchetta e ha la passione per i vini e gli alcolici pregiati: quando una ricetta ne contiene qualcuno lui cerca sempre di berselo nonostante le minacce dello chef.

La serie è un'evoluzione di alcuni cartoni animati realizzati anni prima da Zingoni ed Held e andati in onda sul portale internet my-tv; un esempio è la serie intitolata 5

www.arturoekiwi.rai.it 114


Le sue entrate in scena sono un “avanspettacolo” dove si presenta con dei curiosi costumi e, una volta tolti, attacca con il solito motivetto “Kiwi, kiwi alleluia!” finché Arturo non lo ferma, a volte con una padellata sul becco! Queste entrate in scena, i fraintendimenti linguistici con Arturo su alcuni termini (mortaio, cacciatora, verace, beccafino, etc.), il tono di voce e l’aspetto da pulcino, lo rendono la componente comica del duetto.

Protagonisti del kit sono i Nutrikids: c’è Mario, appassionato di videogames e amante degli animali, ma sedentario; Steve e Mitsuko sono supersportivi; Elena, al contrario, è appassionata di musica classica, suona il piano, ma fa pochissima attività fisica; Anna, la modaiola, è più attiva, come Naomi, fanatica dell’hip hop; infine Davide, intellettuale e asso dell’informatica, è un altro tipo piuttosto sedentario.

L’obiettivo della serie animata è quello di divertire i bambini insegnandogli la provenienza dei piatti e degli alimenti della tavola italiana, oltre ad istruirli su nozioni semplici di cucina e sul comportamento corretto da assumere davanti ai fornelli, per non bruciarsi come fa sempre Kiwi. Le ricette vengono spiegate rapidamente, ma in modo dettagliato, partendo dall’elenco degli ingredienti fino ad arrivare alla presentazione del piatto finale, proprio come in un normale programma di cucina. All’interno di tutta la spiegazione vengono diluite le battute e i battibecchi tra i due personaggi che diventano un po’ lo Stanlio e Olio della situazione, facendo divertire i bambini.

I ragazzi hanno la stessa età, gli stessi hobby e le stesse passioni dei giovani destinatari dell’iniziativa, dando la possibilità agli alunni di identificarsi con un personaggio, per andare insieme alla scoperta delle caratteristiche e dei segreti degli alimenti. L’iniziativa è stata lanciata durante l’anno scolastico 2008/2009 e visto il successo e la partecipazione riscontrati, Nestlé Italia e Giunti Progetti Educativi hanno deciso di rilanciare anche quest’anno il progetto. A partire da settembre 2009 le classi quinte delle scuole primarie della Provincia di Milano e dei comuni di Genova, Roma e Bari riceveranno gratuitamente il kit didattico. Il kit include un libro illustrato per i bambini, all’interno del quale spiegazioni illustrate legate al cibo, si alternano ad esercizi legati alle sensazioni e agli alimenti; una guida insegnanti, con altrettante spiegazioni e attività da fare tutti insieme in classe; ed infine un dvd che vede i Nutrikids impegnati in un’avventura alla scoperta del tesoro nascosto in un’antica piramide.

Tra le battute e i motivetti più frequenti abbiamo: “Cu stù piattu vai sicuru, te lu dicun… Kiwi e Arturo!” detto da Kiwi come slogan di chiusura di ogni puntata; “Mangia piano, mangia lento, poi vedrai che sei contento!”; e ogni qual volta che Kiwi si scotta perché non usa le dovute precauzioni in cucina il dialogo si svolge quasi sempre a questo modo:

L’antefatto del cartone animato è una notizia apparsa sui giornali, sull’esistenza di una misteriosa piramide nel deserto egiziano, dove si nasconde un tesoro: un cibo magico che regala energia e lunga vita. Gli amici decidono

K: Brucia, brucia! A: Cosa si fa quando ci si brucia? K: Si soffre. A: E come si soffre? K: In silenziuu!sssss…! Nutrikid6 La Nestlé, una delle multinazionali leader mondiali nell’alimentazione, si impegna costantemente a promuovere una corretta alimentazione come elemento fondamentale per la salute e il benessere. Nella convinzione che un corretto stile di vita s’impari fin da piccoli, Nestlé Italia ha sviluppato in collaborazione con Nutrition Foundation e Giunti Progetti Educativi un kit didattico di successo “I nutrikids e i segreti degli alimenti”. 6

www.nestle.it/nutrikids/default.aspx 115


di partire alla sua ricerca. Dopo un lungo viaggio, trovano la piramide, ma scoprono che il cibo magico è custodito da una sfinge. I ragazzi dovranno esplorare le sette stanze della piramide, ognuna corrispondente ad uno strato della piramide alimentare, per risolvere l’enigma della sfinge e accedere al tesoro, in un percorso disseminato di trabocchetti e sfide di ogni genere. Alla fine, i ragazzi scopriranno che non esiste un singolo alimento magico. È l’alimentazione corretta che, nella sua globalità, apporta all’organismo gli elementi nutrizionali necessari.

Per questo motivo voglio parlarvi dell’Appleton Central High School, una scuola nata nel 1996 in alternativa alle scuole tradizionali; si tratta di un istituzione educativa e creativa progettata per servire i giovani dell’Appleton con problemi che non possono essere gestiti tramite i metodi di una scuola tradizionale, quindi ragazzi con problemi comportamentali, di aggressività o di rendimento scolastico e di studio. Questa scuola propone un metodo alternativo per continuare l’apprendimento in un’atmosfera sensibile e soddisfacente per lo sviluppo delle capacità intellettive, fisiche e sociali degli studenti; tutto questo viene raggiunto all’interno di un ambiente salutare, sicuro, fidato, curato e stimolante.

Ogni personaggio ha pregi e difetti, proprio come i diversi cibi, che possono fare bene o male a seconda di come vengono consumati. Il messaggio che emergerà alla fine del percorso è che sono possibili diversi modi di nutrirsi, tutti validi. Una corretta alimentazione deve anche essere piacevole e non essere impostata in modo troppo rigido.

In particolare la popolazione dell’Appleton Central High School è costituita da studenti con problemi di salute mentale, studenti a rischio di essere coinvolti all’interno di crimini o di atteggiamenti rischiosi, adolescenti che sono diventati genitori, ragazzi con un solo genitore o che arrivano da situazioni famigliari problematiche, con dipendenze da sostanze chimiche; studenti handicappati o con tutta una serie di problemi di salute come asma, allergie, depressione, disordini ossessivo compulsivi e dipendenza da droghe; infine studenti con problemi di rendimento scolastico che hanno bisogno di recuperare gli studi.

Alla fine del percorso, gli allievi sono invitati a inventare la loro campagna pubblicitaria a favore di una corretta alimentazione, per convincere anche i loro coetanei a mangiare in modo sano. Le classi possono così partecipare ad un vero e proprio concorso, dove presentare la loro pubblicità e dove una giuria di esperti si occupa di selezionare gli elaborati e distribuire premi alle prime tre classi vincitrici. L’intero progetto dei Nutrikid si è aggiudicato, il 14 maggio 2009 a Milano, il premio Nutrigold per la Miglior Comunicazione Nutrizionale, nell’ambito delle Giornate Nazionali di Nutrizione Pratica (NutriMi). Oltre 800 professionisti, presenti all’appuntamento milanese con i massimi esperti italiani e internazionali della nutrizione e della salute, hanno votato l’iniziativa di Nestlé e l’impegno a supportare e a incoraggiare uno stile di vita sano.

Per conseguire il successo degli studenti si cerca di “curare” la loro situazione con l’alimentazione! Oltre ai programmi di studio ed insegnamento infatti, l’Appleton Central High School ha un programma di alimentazione per i suoi studenti per aiutarli nei loro problemi, servendo solamente cibi non lavorati chimicamente, con un basso contenuto di grassi, sale, zucchero; mentre frutta e verdura sono alla base del programma e l’acqua fresca è sempre disponibile per i ragazzi durante tutto l’arco della giornata. Gli obiettivi del programma includono il raggiungimento da parte degli studenti della consapevolezza dell’importante ruolo che una dieta sana gioca nel mantenimento del corpo e della mente e nella prevenzione dei problemi di salute.

Il progetto, nella sua edizione per l’anno scolastico 2008/2009, aveva visto il coinvolgimento di circa 11.000 bambini delle classi IV e V elementare delle scuole milanesi. L’obiettivo per i prossimi anni è di estendere il progetto a livello nazionale per raggiungere il maggior numero possibile di bambini. Appleton Central High School

Molte scuole cercano costantemente nuove strade per migliorarsi, ma spesso tralasciano l’importanza che la buona nutrizione ha sull’insegnamento. La connessione tra alimentazione, problemi cronici e apprendimento è stabilita da studi scientifici: è chiaramente risaputo che

All’interno di questa sezione di best practices mi è parso interessante inserire un esempio che, nonostante si sleghi molto dagli altri casi presentati e non sia particolarmente utile ai fini del progetto, dimostra quanto possa essere importante e utile una corretta e sana alimentazione. 116


cibi inadeguati limitano l’abilità dei bambini e dei ragazzi di imparare il mondo che li circonda.

problemi fisici comuni come mal di testa, mal di stomaco e malesseri generali, è diminuita la sensazione di fame a metà mattina o a metà pomeriggio ed è aumentata la pratica di una corretta alimentazione al di fuori dell’ambito scolastico.

L’Appleton Central High School invece, vede l’alimentazione come una priorità per estendere e facilitare la principale missione che si sono preposti: l’educazione. Rendendosi conto che il metodo più produttivo per gli adolescenti di apportare cambiamenti nel loro stile di vita che possano migliorare la loro salute, è migliorare la loro dieta e praticare un’adeguata attività fisica, l’Appleton Central High School insieme alla Aramark mantengono un programma nutritivo che sproni il miglioramento della conoscenza e delle abilità che affettano le scelte alimentari e l’attività fisica degli adolescenti a rischio. Questa scuola basata sulla nutrizione e su programmi salutari promuove stili di vita positivi e lo sviluppo di effettive capacità decisionali.

Questo fa capire come l’Appleton Central High School sia stato in grado di adottare un programma efficiente ed efficace per i loro studenti, dimostrando quanto può rivelarsi importante ed essenziale la corretta alimentazione all’interno della crescita, per sostenere lo sviluppo fisico degli studenti, ma anche lo sviluppo di capacità intellettive e decisionali che aumentino la responsabilità all’interno delle scelte da prendere lungo il percorso di crescita e oltre.

I membri dello staff, comportandosi come modelli positivi, hanno creato un ambiente scolastico di totale supporto ad un’alimentazione sana. La nutrizione è integrata all’interno di tutte le aree scolastiche: i servizi vanno oltre l’aula d’insegnamento, alterando l’ambiente scolastico, includendo colazioni e pranzi salutari e nutrienti e l’assenza di alimenti competitivi (ad esempio non sono presenti macchinette di snack e bevande gassate). Gli studenti sono incoraggiati a esplorare le influenze sociali, culturali e personali sulle loro scelte alimentari. Il programma alimentare è uno degli aspetti del totale programma educativo adottato all’interno del Central High School e dell’Appleton Community Learning Center. Insieme a questo loro programma alimentare sono state introdotte lezioni più corte, un numero minore di studenti per classe, un terapista professionista a tempo pieno, lavori sociali all’interno della scuola e una Polizia Scolastica. I membri dello staff conoscono ogni studente ad un livello personale e questo gli permette di differenziare il loro approccio per incontrare meglio le loro necessità sociali, accademiche e di comportamento. I pasti vengono serviti in un ambiente piacevole e lo staff socializza e mangia con i ragazzi. Osservando gli studenti è stato notato che il programma educativo adottato li ha assistiti nel dimostrare una crescente capacità di concentrazione all’interno delle attività scolastiche, prestazioni maggiori, minor provvedimenti disciplinari, minori cambiamenti di umore e più tranquillità, maggior abilità di pensare chiaramente, oggettivamente e razionalmente; inoltre sono diminuiti i 117


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IL PROGETTO “To see something, you have to be able to not see something else” Harry West

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DESIGN PROCESS

Analisi Come si è già detto qualsiasi lavoro di progettazione deve partire da una buona fase di ricerca, per gettare le basi dalle quali estrapolare obiettivi e linee guida. È necessario conoscere in modo approfondito tutti gli aspetti che vanno a concorrere nel design finale, sia da un punto di vista materiale (realizzazione e utilizzo di spazi, strumenti e linguaggi) sia da un punto di vista dei contenuti.

Ogni qual volta si inizi un progetto è necessario prestabilire un piano di lavoro che identifichi le fasi di progettazione alle quali attenersi, bisogna cioè avere ben chiaro il cosiddetto Design Process, ciò che struttura l’intero lavoro e lo guida attraverso le tappe più importanti. Il Design Process chiama a sé diverse attività, tra cui la coordinazione (fra tutte le risorse che il design mette a disposizione), la risoluzione di problemi, l’attività culturale, sistemica e l’attività di creazione. È quindi un processo complesso che richiede compromessi, per ricercare l’equilibrio giusto tra obiettivi e bisogni spesso in antitesi, ma anche combinazioni tra molte soluzioni possibili e soprattutto creatività, per realizzare ciò che ancora non c’è!

Tutto ciò che è stato presentato precedentemente fa riferimento a tre macroargomenti, le discipline e gli strumenti, l’alimentazione, i bambini; insieme vanno a costituire gli ambiti di ricerca che interessano il progetto: Contesto, People Focused, Discipline e campi d’interesse, Best Practices. All’inizio di un progetto, in particolare quando si tratta di design emergente come in questo caso, per quanto siano già stati fissati gli obiettivi e alcuni dei presupposti relativi al risultato finale che si vuole ottenere, non si è ancora certi delle possibilità e delle scelte ottimali, soprattutto quando si vanno a toccare argomenti delicati come l’alimentazione e l’infanzia. La conoscenza di tutto quanto sia correlato al progetto lo guida individuando proposte interessanti, strumenti inaspettati, sviluppando una successiva fase di brainstorming più ricca e producente, evitanto errori in grado di compromettere l’artefatto. È una fase molto importante, inclusa e valorizzata sia dalla metodologia del design dell’interazione sia da quella dell’User Centered Design.

All’inizio si è visto come l’Interaction Design, insieme allo User Centered Design e al Design Thinking, forniscano una metodologia di lavoro accurata e complementare in grado di seguire la progettazione in ogni sua fase, evidenziando gli aspetti più importante alla riuscita del lavoro. A traduzione di questa metodologia precedentemente analizzata si è seguito un Design Process diviso in tre step: Analisi, Concept & Idea e Design & Solutions. Si tratta di un processo di lavoro abbastanza comune all’interno delle agenzie e permette di partire da una vasta quantità di informazioni che, restringendosi alle nozioni più importanti, mettono in evidenza gli aspetti fondamentali da considerare all’interno della progettazione; quest’ultima partirà dall’ideazione di un concept che guiderà tutta la creazione a seguire, definendone l’inflessione; di seguito si spiegheranno le varie fasi più accuratamente.

Il contesto include tutto ciò che concerne l’alimentazione: la situazione odierna nel mondo, ma soprattutto in Italia, paese ospite dell’EXPO; il concetto di corretta alimentazione, di disturbi alimentari più frequenti in età infantile, di influenza ed interessamento dimostrato dai mass media e dagli enti, nazionali e mondiali, coinvolti nell’argomento. Inoltre il contesto abbraccia anche tutte le conoscenze che girano attorno all’utenza finale, in grado di spiegarne indirettamente comportamenti e processi cognitivi interessanti alla creazione dell’esperienza: la

Il processo: dall’analisi alla soluzione finale. 120


pedagogia, l’insegnamento, la famiglia e la situazione attuale vissuta dai bambini d’oggi in Italia. Tutto ciò crea una panoramica vasta ed esauriente dalla quale prendere spunto e fare riferimento per capire “dove” il progetto cercherà di muoversi.

BRAINSTORMING “The best way to get a good idea is to get a lot of ideas” Linus Pauling

La parte relativa al people focused consiste invece nell’osservazione e nella raccolta d’informazioni provenienti direttamente dai bambini d’oggi per cercare di capire meglio cosa li guidi nelle scelte, cosa li interessi veramente e per permettere uno sguardo introspettivo ed un approccio sensibile alla tipologia di utente.

1. Be visual 2. Defer judgement 3. Encourage wild ideas 4. Build on ideas of others 5. Go for quality

Si è fatto riferimento a ricerche quantitative e si sono realizzate raccolte dati qualitative largamente utilizzate nell’ambito dell’Interaction Design per immedesimarsi e guidare la progettazione da un punto di vista più vicino a quello infantile, per sapere cioè “come” muoversi.

6. One conversation at a time 7. Stay focused on the topic IDEO

L’ambito relativo alle discipline e ai campi d’interesse si occupa di rilevare tutte le nozioni, gli strumenti, le linee guida appartenenti a qualsiasi disciplina o campo di studio che si riveli compatibile ed interessante rispetto al risultato progettuale che si vuole ottenere. Le conoscenze che si sommano all’interno del design dell’interazione sono relative a discipline accademiche, professioni del design e settori interdisciplinari e possono rivelarsi utili a fornire consigli ed informazioni da seguire all’interno delle successive fasi di lavoro.

interessante si lega ai presupposti progettuali che si sono precedentemente individuati. È importante possedere un’idea concettuale valida, esprimendola tramite delle parole chiave o tramite uno statement, poiché il concept guida il design delle soluzioni finali, le inflessioni di tono, i contenuti e i formati. Crea i presupposti da seguire, definisce l’esperienza d’uso, i valori che verranno trasmessi ed il linguaggio da adottare per fornire al progetto la base dalla quale nascerà la coerenza e la consistenza che lo renderanno uniforme e facilmente comprensibili in tutte le sue espressioni.

Infine un ulteriore campo di ricerca tenuto in considerazione sono le best practices, esempi positivi che presentano componenti legati all’educazione, all’intrattenimento, all’alimentazione o all’Interaction Design, quindi affini al lavoro che si sta realizzando. Questi esempi ci permettono un confronto con qualcosa che è già stato creato e viene utilizzato con buoni risultati, dimostrandoci la validità di alcune soluzioni e strumenti che potrebbero così essere inclusi all’interno del progetto.

Design & Solutions Dopo l’identificazione del concept adeguato si prosegue con l’ultima fase: la realizzazione di una proposta progettuale e di soluzioni coerenti a tutto ciò che si è detto e agli obiettivi ai quali ci si rivolge.

Concept & Idea

Il design dell’esperienza deve in primo luogo fornire un’identità che comunichi i valori ed il linguaggio scelti; quindi si individuerà un nome e si realizzerà una soluzione grafica che siano rappresentativi dell’evento e che traducano i componenti dell’esperienza. L’aspetto comunicativo permette di creare un’idea più chiara alla quale fare riferimento e fa si che l’evento esista veramente su un piano concettuale, ne sancisce la nascita e lo traduce

Il successivo step parte da una fase di brainstorming dalla quale far scaturire la creazione di un concept che soddisfi gli obiettivi progettuali e che procuri il “tono di voce” adeguato a definire tutti i componenti dell’esperienza, dalla comunicazione alla realizzazione degli strumenti. Infatti dopo aver fatto nascere molteplici proposte si ricerca, tramite il compromesso e la combinazione delle idee nate, quella che in maniera più efficace ed 121


ANALISI

in una forma facilmente trasmissibile e riproducibile. Per quanto riguarda invece la nascita dell’esperienza su un piano materiale, si proporrà una soluzione spaziale che la collochi e che gli dia una forma precisa, definendo un percorso che guidi in modo corretto i piccoli visitatori. La gestione dello spazio e il movimento dell’utente in esso devono essere valutati e controllati in modo da ottenere una scelta coerente con i risultati esperienziali che si vogliono raggiungere e per creare un collegamento tra tempo, percorso e contenuto che si riveli significativo e comprensibile.

Questa prima fase di lavoro ha portato ad una conoscenza approfondita degli ambiti previamente introdotti; si è così parlato di alimentazione, si è visto in cosa consistono le corrette abitudini e perché è importante seguirle, inoltre è stata fatta un’introduzione al mondo che gira attorno al cibo, dai film alla pubblicità, fino ad arrivare alle scuole e al servizio ristorazione che ogni giorno viene proposto a milioni di bambini. Si sono considerate discipline quali la pedagogia, l’Experience design, l’Interaction design e molto altro, cercando di raccogliere le opinioni degli esperti e gli esempi di successo più rappresentativi. Infine si è cercato un contatto diretto con l’utenza, con i loro pareri e con le loro preferenze e si è cercato di capire qual è la vita dei bambini d’oggi.

Infine si creeranno i contenuti stessi dell’esperienza, traducendo gli obiettivi, l’idea concettuale e l’implementazione tecnologica in proposte progettuali e componenti interattivi che guidino l’esperienza dell’utente attraverso una o più attività; saranno fondamentali il coinvolgimento, l’esperienza d’uso e gli obbiettivi didattici per far si che le soluzioni progettuali si rivelino valide ed efficaci.

Tutte le informazioni raccolte hanno portato ad un processo di divergenza totale, aprendo la progettazione a molteplici possibilità. Per far in modo che una tale quantità di dati sia utilizzabile come punto di partenza per la fase di concept e di design è necessario che venga tradotta in un numero preciso di linee guida utili a fornire requisiti, consigli ed obiettivi e ad avviare il successivo processo di convergenza che porterà ad una soluzione finale ottimale. Pertanto per ogni aspetto della ricerca è stato redatto un deliverable dal quale sono stati successivamente estrapolati i punti più importanti da considerare alla guida del lavoro; sono così nate 8 linee guida per ognuno degli ambiti di analisi tra cui, per tre di essi, è stato incluso un consiglio significativo ottenuto dagli esperti intervistati. Queste linee guida hanno contribuito a dare una forma

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più precisa e ad indirizzare più facilmente la creazione di proposte progettuali, chiarendo gli aspetti e i contenuti da includere e mettendo in evidenza metodi e strumenti da utilizzare per rendere più gradito ed efficace il risultato finale.

dando importanza all’aspetto sociale e di condivisione del vissuto. Questo permette di interiorizzare la propria esperienza per poi condividerla e far nascere un confronto con gli altri. People focused

Contesto

Nel seguente ambito di ricerca sono emerse altre linee guida interessanti:

All’interno del contesto la ricerca ha fatto affiorare le seguenti linee guida:

1. I bambini preferiscono i cibi semplici: i piatti più comuni sono quelli più graditi e consumati, dove si ritrovano sapori e gusti facilmente riconoscibili;

1. Seguire i consigli legati alle corrette abitudini alimentari: esistono delle vere e proprie “regole d’oro” per uno stile di vita corretto che dovranno essere tenute in considerazione all’interno dei contenuti e degli obiettivi didattici;

2. Ai bambini piace capire cosa c‘è nelle pietanze che consumano: i più piccoli vogliono sapere e conoscere ciò che gli sta attorno, pertanto gradiscono meno sperimentare piatti di cui non sanno gli ingredienti;

2. I genitori vanno coinvolti: le figure famigliari sono molto importanti nella vita dei più piccoli ed è giusto che questi condividano le loro esperienze e i loro pensieri con i propri genitori, coinvolgendoli e sensibilizzandoli;

3. Valorizzare frutta e verdura: sono due categorie alimentari molto penalizzate dalle scelte di piccoli e grandi poiché non vengono adeguatamente presentate e rivestite della giusta importanza;

3. Non usare il cibo come premio: questo tipo di comportamento tende a far sviluppare una componente emotiva e a legarla solamente ad alcuni alimenti, soprattutto i dolci, valorizzandoli rispetto ad altri;

4. Un’alimentazione varia migliora l’esperienza del pasto: l’alimentazione viene vissuta più serenamente se è più dinamica, permettendo ogni giorno un approccio diverso verso piatti e gusti; 5. È importante mangiare in compagnia di famigliari e amici: i bambini sono abituati a condividere il momento del pasto con persone che conoscono e che fanno parte della loro vita quotidiana;

4. Usare strumenti psicologici per indurre il bambino a riflettere: creare delle situazioni che inneschino processi cognitivi inducendo riflessioni interessanti nel bambino;

6. Dare diversi input sprona la creatività dei bambini: fornire molti inneschi di diversa natura, per coinvolgere l’immaginazione e la partecipazione, rendendo l’esperienza più fruttuosa;

5. La narrazione è uno strumento di comprensione e memorizzazione: la possibilità di porre il proprio vissuto sotto forma narrativa rende più facile ricordarlo per poter successivamente rifletterci sopra e condividerlo;

7. Lasciare libertà decisionale indirizzata verso un obiettivo preciso: permettere libertà di azione e di scelta puntando sempre verso il raggiungimento di un risultato preciso, incanalando così la creatività dei bambini e dando un senso alle loro azioni;

6. L’approccio pratico velocizza e valorizza l’apprendimento: sperimentare direttamente le conoscenze da acquisire permette una comprensione più immediata e una manipolazione più dinamica;

8. L’esperto consiglia: tutta la sfera della sensorialità è coinvolta nella scelta dei cibi, creando richieste alimentari precise da conciliare con le caratteristiche nutritive. È necessario ricercare un compromesso ottimale per soddisfare tutti gli aspetti d’interesse, dall’appagamento del gusto al giusto apporto nutritivo e calorico.

7. È utile lasciare qualcosa da portar via, per ricordare e ricostruire l’esperienza: il ricordo andrebbe sempre aiutato tramite un supporto che lo veicoli attraverso il tempo e che lo richiami facilmente; 8. L’esperto consiglia: alternare una fase personale, di sperimentazione individuale, con una fase di gruppo, 123


Discipline e campi d’interesse

consistenza, la comprensione e fare in modo che si svolga correttamente, comunicando in modo adeguato rispetto all’utenza e al contenuto che si vuole veicolare.

Anche in questo caso si è cercato di tradurre le molteplici fonti d’interesse in 8 linee guida da considerare in seguito; a differenza degli altri ambiti però nessuna di queste è legata ad un esperto, poiché non sono state realizzate interviste relative a questo argomento di ricerca.

Best practices Infine sono presenti le linee guida nate dall’analisi di progetti ed esperienze significative legate al lavoro che si sta eseguendo:

1. Obiettivi di usabilità: tutto quanto concerne l’utilizzo degli strumenti che verranno proposti in fase progettuale dovrà essere accuratamente valutato per impedire problemi di efficacia, efficienza, sicurezza o facilità di apprendimento;

1. È utile individuare “attività di successo”: trovare o ideare attività che siano efficaci da un punto di vista didattico e che invoglino e semplifichino l’apprendimento in modo naturale o addirittura giocoso;

2. Obiettivi di esperienza d’uso: dovranno essere ricercati risultati piacevoli, soddisfacenti, utili e divertenti che derivino dall’esperienza e dall’utilizzo dei componenti interattivi e dalle attività da essi proposti;

2. Non creare oggetti che distraggano dall’obbiettivo finale: non è consigliabile rendere alcuni degli strumenti interattivi troppo interessanti poiché questo potrebbe isolarli dall’attività e farli diventare protagonisti, senza permettere il raggiungimento dell’obiettivo preposto;

3. Principi di usabilità: esistono ulteriori linee guida a cui far riferimento per agevolare le attività e l’interazione con gli oggetti e per prevenire errori e problemi di incomprensione; 4. Usare una gestualità naturale per facilitare l’interazione: cercare di riprodurre gesti e movimenti che risultino facili ed intuitivi per rendere l’interazione con i componenti più piacevole ed immediata;

3. Concedere una “fase espressiva” per mettere in pratica ciò che si è appreso: dedicare uno spazio temporale al bambino, lasciandolo libero di fare ciò che vuole con le conoscenze che gli sono state fornite;

5. Teoria dell’Apprendimento Sociale: l’assimilazione di concetti non passa solamente attraverso un processo individuale ed isolato, le persone imparano anche dall’osservazione degli altri e delle conseguenze dei loro comportamenti;

4. Dubbi e domande guidano il bambino alla scoperta della realtà: porre i più piccoli davanti a questioni da risolvere e districare li stimola a ricercare spiegazioni e li guida verso la comprensione, tramite un processo intuitivo, personale ed interiore;

6. Il gioco sviluppa abilità, competenze e conoscenza: è uno dei principali stimoli all’apprendimento e all’allenamento di alcune facoltà mentali durante l’infanzia, oltre a invogliare il movimento e la socialità;

5. Richiedere un coinvolgimento fisico: è importante valorizza il corpo nella sua interezza ed includerlo per un’interazione più completa e coinvolgente; 6. Filastrocche e ritornelli facilitano l’assimilazione di concetti: manipolano e trasformano le conoscenze facendole diventare storie o aneddoti divertenti e più facili da ricordare;

7. L’ambientazione e la strumentazione guidano verso la scoperta: è importante predisporre lo spazio e ideare i componenti in modo da invogliare l’esplorazione e la ricerca e guidare i visitatori verso l’acquisizione di concetti e conoscenze;

7. Adattare il linguaggio al pubblico: la comunicazione in ogni sua manifestazione, non solamente quella verbale, deve essere in sintonia con l’utenza per creare uno scambio più fluido e una ricezione più attiva;

8. Curare tutti i componenti di un’esperienza (braedth, intensity, duration, triggers, interaction, significance): l’esperienza dove essere definita sotto ogni aspetto per ottenere un risultato preciso, per garantirne la

8. L’esperto consiglia: i bambini devono sentirsi 124


responsabilizzati per affrontare seriamente un’attività, bisogna essere sempre molto onesti con loro e non sottovalutare mai le loro capacità, solo in questo modo si potrà ottenere il massimo e talvolta anche l’inaspettato! Tutte queste linee guida sono andate a formare quattro schede di lavoro da includere nella successiva fase progettuale come guida alle scelte e alle proposte da realizzare e per tradurre la fase di brainstorming in soluzioni concrete ed utilizzabili.

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GLI INGREDIENTI DEL CONCEPT La fase di concept è molto importante per definire il punto dal quale scaturirà l’intera proposta progettuale, in tutte le sue forme. Mantenendo come base di riferimento le schede lavoro create si è passati ad una fase di brainstorming per far nascere concetti ed idee interessanti da considerare all’interno del processo di design. I risultati ottenuti sono stati elaborati ed affinati per far fiorire delle parole chiave legate a specifici concetti; sono così nati gli ingredienti del concept : Esplorazione, Gioco, Movimento, Socialità e Memorabilità. Delineano e traducono il concept in un’idea precisa, creano un punto di partenza, concretizzano e definiscono gli elementi che faranno parte dell’esperienza e che guideranno la nascita degli strumenti e delle attività.

le loro azioni e le conseguenze che ne scaturivano, così come abbiamo imparato tramite la sperimentazione ed i tentativi. Esplorare il mondo che ci circonda è il primo passo per capire in cosa consiste, per stimolare il nostro intelletto ed invogliare la nostra conoscenza, vivacizzando i processi cognitivi. L’esplorazione include la curiosità e l’avventura, ci porta attraverso strade inaspettate, diventa un viaggio continuo e costante che affianca la nostra vita e che ci conduce ogni volta verso una scoperta diversa.

Proprio come per una ricetta ognuno dei cinque ingredienti andrà a comporre e a dare forma all’evento in tutti i suoi aspetti, influenzandone fortemente il risultato finale ed il vissuto esperienziale dei bambini. Ognuno di essi rappresenta una componente fondamentale carica di significati e concetti che va a formare un piccolo emisfero dentro il quale potersi muovere, un piccolo mondo con le sue regole e la sua lingua.

Naturalmente esistono degli strumenti, dei percorsi, dei metodi che indirizzano l’esplorazione, ma il solo fatto di conoscere qualcosa perché la si è ricercata diventa una sorta di ricompensa, assume un valore ed un sapore diverso, un premio per la strada percorsa ed una prova delle nostre capacità; infatti sono le abilità richieste a rendere più o meno importante il risultato che si ottiene.

Ciascun ingrediente verrà trattato in modo esauriente e verrà posizionato rispetto all’esperienza che si vuole ottenere, cioè si tratteranno gli aspetti ed i significati che tale parola chiave apporterà all’esperienza dandogli sostanza.

Quindi la parola esplorazione racchiude in se un universo di possibilità alle quali l’essere umano è naturalmente proteso da sempre, per capire, migliorarsi e superarsi costantemente ed è il primo metodo utilizzato per comprendere gli oggetti, le persone e gli eventi; racchiude emozioni e sensazioni, verità e delusioni, ma soprattutto è pieno di aspettative e di creatività, pronta a saltar fuori, a dischiudersi per creare il cammino sul quale condurre i nostri pensieri e le nostre gambe.

Esplorazione L’esplorazione conduce alla scoperta e alla conoscenza del mondo. Incuriosisce, intrattiene e guida l’apprendimento richiedendo abilità e osservazione. Esplorare, osservare, trovare, scoprire sono tutte attività correlate e tutte conducono alla conoscenza e all’apprendimento tramite un metodo pratico, efficace ed interessante. Noi tutti, sin da piccoli, abbiamo appreso il funzionamento di ciò che ci circondava osservando gli altri, 126


È un ingrediente che domina lo spazio e la forma dell’esperienza e porta con sé un bagaglio pieno di strumenti e linguaggi pronti per essere considerati ed applicati. Gioco Il gioco intrattiene e diverte, sviluppando abilità motorie e intellettive alternative alle discipline classiche. È l’attività più importante del periodo infantile. Giocare significa prima di tutto portare un pizzico di divertimento e di spirito nella nostra vita, un ingrediente che dovrebbe accompagnarci lungo il nostro cammino in tutte le sue forme, soprattutto durante l’età infantile. Questo perché stimola l’immaginazione, intrattiene e coinvolge tutto il nostro essere,proponendoci sfide e scoperte, allenando le nostre capacità, la nostra mente ed il nostro corpo senza che questo ci costi alcuno sforzo o per meglio dire: qualsiasi sforzo è accettabile pur di avere la possibilità di giocare! Non si tratta di lavoro, non si tratta di un impegno ma di pura distrazione, quasi un privilegio che oltre a stimolarci e a far passare il tempo in modo piacevole, ci allena, sviluppa il nostro linguaggio, la nostra motricità, il nostro ingegno e la nostra creatività; infatti spesso simula esperienze vere e ci chiede di fingere per poterci preparare alla vita, a situazioni future facendoci scoprire i nostri punti di forza, le nostre inclinazioni o i nostri veri interessi. Ogni attività si trasforma in qualcosa di piacevole e simpatico se vista attraverso gli occhi del gioco!

solamente nell’essere umano, bensì in moltissime specie animali, che con il gioco imparano a difendersi, a cacciare, ma anche a dimostrare il proprio affetto. Stimola i rapporti interpersonali e la componente sociale di modo che possano essere affinati in seguito; inoltre il linguaggio che adotta permette di gestire tutti questi aspetti come secondari, poiché il vero obiettivo proposto al giocatore non è l’apprendimento o la semplice acquisizione di nozioni in modo passivo, al primo posto vi è la vittoria, la soddisfazione della propria curiosità tramite la scoperta e il divertimento, tutte motivazioni forti per far si che il gioco diventi l’attività prediletta di ogni bambino. Questo ingrediente influisce sul modo in cui viene presentata l’esperienza ed il linguaggio da adottare: la componente ludica richiede un’esposizione dei contenuti ed un tono di voce che la sostengano e che la mettano tra gli aspetti più evidenti ed “appetitosi” dell’esperienza!

È una componente così importante per preparare il bambino alla crescita e alla vita, che è presente non

Movimento Il movimento è interazione fisica, porta al totale coinvolgimento della mente e del corpo, permette di sperimentare e percepire nuove sensazioni. Il movimento, oltre ad aiutare il mantenimento della nostra salute fisica, è alla base di qualsiasi attività e comanda il ciclo di energia 127


libertà d’interazione alterando momenti di tensione con momenti di tranquillità, permettendo cioè di seguire un ritmo più dinamico e vario e riducendo la possibilità di annoiarsi, mentre corpo e mente lavorano all’unisono diventando l’uno l’espressione dell’altro. presente nel nostro corpo: invoglia l’utilizzo di energia dandoci la possibilità di sfogarci, per poi riformarne di nuova.

Socialità La socialità porta al confronto e alla crescita. Aiuta a stabilire dei rapporti con la collettività, sviluppando la responsabilità morale e la conoscenza del mondo.

Il movimento significa vita, sprigiona emozioni e rapisce la nostra mente perché possa accompagnare e sostenere il coinvolgimento totale della nostra persona. È sport, è arte, richiede l’impiego di tutti noi stessi per il raggiungimento di un risultato ed espande completamente la nostra presenza fisica, la dissolve e la fonde con l’ambiente circostante, ci permette di sentirci parte di un tutt’uno e di far nascere sensazioni sempre nuove.

L’essere umano da sempre condivide la propria vita con gli altri e per questo motivo è stato spesso definito un “animale sociale”: è fondamentale sentirsi parte di un gruppo, di una famiglia o di un clan, poiché le persone hanno bisogno di visualizzare la propria immagine rispetto a chi li circonda, trovare un grado di appartenenza che li definisca. La socialità serve al confronto, alla costruzione di un’identità collettiva, diventa un metro di valutazione di noi stessi sia per come appariamo, sia per ciò che pensiamo. È un ingrediente naturale ed istintivo che aiuta a costruire amicizie e relazioni; ci insegna ad amare, sopportare, discutere, ma soprattutto ci guida verso la conoscenza degli altri, dei loro comportamenti, delle loro reazioni, sviluppando il nostro spirito interpretativo e critico.

Correre, danzare, passeggiare o abbracciare una persona, sono tutte azioni che includono fortemente il movimento e l’utilizzo di noi stessi, ma che soprattutto racchiudono dei significati, poiché spesso la maniera che abbiamo di muoverci diventa parte del linguaggio non parlato e la comunicazione del corpo sovente risulta più sincera e naturale di qualsiasi parola. Il ritmo del nostro cuore, della musica o del flusso dei nostri pensieri guida il movimento, lo fa diventare una valvola di sfogo, un’espressione, un ingrediente che domina il tempo e l’interazione all’interno dell’esperienza rendendola più totale e dinamica. Quando un’attività richiede il coinvolgimento di tutto il nostro corpo, inclusi i nostri sensi, tutto diventa più interessante, più istintivo e soprattutto più espressivo, poiché si raggiunge totale

L’aspetto sociale fa parte della nostra vita sin dalla

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Memorabilità La memorabilità è ricordo, ci lega al nostro passato e al nostro vissuto. Le esperienze e le persone importanti si trasformano in oggetti, immagini e pensieri da custodire. nascita e contribuisce alla formazione del nostro carattere e della nostra personalità, è la componente attraverso cui vengono stimolati i processi cognitivi alla base dell’apprendimento, poiché ci permette di osservare gli altri, di considerarne i pensieri ed i pareri mettendo in discussione noi stessi. La socialità richiede spesso la capacità di assumersi delle responsabilità per poter continuare ad interagire con gli altri, può diventare un passatempo divertente come un impegno vero e proprio, nasce dalla necessità ed è la base di ogni relazione.

Nella nostra mente è racchiusa la nostra storia, le nostre esperienze e la nostra vita; il ricordo è un mezzo al quale ci aggrappiamo spesso, per nostalgia, per necessità, per rivivere momenti speciali o semplicemente per avere un termine di confronto con il nostro presente e quello che vorremmo fosse il nostro futuro. Gli eventi importanti e le persone che contano lasciano un segno, cambiano qualcosa di noi o della nostra esperienza del mondo e spesso siamo così interessati a mantenerne vivo il ricordo che lo immortaliamo in una fotografia, oppure lo racchiudiamo in un oggetto, che diventa rappresentativo di qualcosa di più rispetto al suo semplice valore materiale.

Guida verso la cooperazione e la capacità di discernere il comportamento altrui, sviluppa l’interpretazione e l’intuito, insegna la negoziazione e la competitività, getta cioè le basi per tutte quelle facoltà che saranno necessarie per compiere scelte e confrontarsi con la vita.

In verità spargiamo pezzi di memoria attorno a noi, dentro gli oggetti che popolano la nostra vita quotidiana, dentro una canzone, un album fotografico o un diario personale, perché questi mezzi ci sostengono e ci rammentano quello che non vogliamo dimenticare anche dopo molto tempo. A volte può sembrare ridicolo o eccessivo quanto le persone cerchino di testimoniare tutti i momenti che attraversano, quelli divertenti quanto quelli strani o inaspettati, tutto ciò che ritengono “memorabile” e che non vogliono dimenticare per i significati racchiusi, per la

Quest’ingrediente condiziona la forma dell’esperienza e la sua riuscita da un punto di vista di crescita personale, influendo sul design dei componenti interattivi e delle attività che verranno proposte. Inoltre abbraccia uno degli obiettivi principali dell’Interaction design: mettere in contatto le persone aiutandole a coltivare l’interazione interpersonale, piuttosto che a fermarsi alla sola componente tecnologica.

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particolare carica trasmessa, per l’interpretazione nata, perché li hanno fatti ridere o piangere! Diventa un ingrediente importante per non perdere ciò che si è acquisito, nei sentimenti e nelle conoscenze, per poter possedere appieno il nostro vissuto, distillarlo in un ricordo vivo da poter raccontare, trasmettere e condividere, mostrandolo sotto forma concreta e tangibile. Rivisitare le esperienze che viviamo ci permette inoltre di vederle sotto un’altra luce, di rielaborare il contenuto di un evento o il comportamento di una persona notando aspetti che prima ci erano sfuggiti, capire nuove cose e rivalutarne altre, e se qualcosa ci ha colpito fortemente e ci ha regalato un momento che vale la pena conservare, allora forse varrà anche la pena riviverlo! Si tratta di ingredienti complessi, che portano con sé molti significati, strumenti e linguaggi. Vanno a formare un’idea concettuale che trasmette un tono, una particolare inflessione all’esperienza, inoltre sono fortemente compenetranti: si contaminano a vicenda e vivono l’uno nell’altro e questo li rende più facilmente “assemblabili”, assicura una coerenza che sarà alla base di una corretta trasmissione esperienziale.

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DESIGN & SOLUTIONS

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LA COMUNICAZIONE

la leggibilità. Allo stesso modo è stata trattata la parte grafica, trasformando le quattro attività esperienziali in rappresentazioni stilizzate facilmente distinguibili e racchiuse dentro dei “bollini”; questo permette al logo di trasformarsi giocando con i propri colori e segnalando ogni volta un’attività diversa, diventando uno strumento comunicativo anche all’interno del percorso esperienziale.

La comunicazione è un aspetto fortemente significativo perché crea un’identità da legare all’evento e ne sancisce in qualche modo l’esistenza, oltre alla possibilità di trasmetterlo facilmente. Si è cercato di individuare un nome e un logo che fossero rappresentativi di ciò che si voleva trasmettere e che spiegassero a sufficienza in cosa avrebbe consistito l’esperienza finale. In primo luogo è stato fatta una sessione di brainstorming per tirare fuori tutte le parole interessanti e possibili, legate ai contenuti e al tipo di esperienza realizzata (mangiare, giocare, buono, giusto, sapore, nutrimento, imparare, mente, MangioGiusto, Buono&Bello, Giomangioco, Labirimangio, etc.). Il nome nato alla fine di questa ricerca è “NutriMente”, che riprende direttamente l’obiettivo dell’esperienza: “nutrire la mente”, guidare l’apprendimento tramite nozioni ma soprattutto attraverso l’uso del cibo, nutrire in senso figurato e materiale sia mente che corpo. Il nome completo include un claim che spiega ulteriormente il carattere dell’esperienza, in particolare la componente ludica che si vuole includere. Il risultato finale è: “NutriMente, l’appetito vien giocando”, un nome semplice e diretto che richiama l’apprendimento, l’alimentazione e il gioco, ma tuttavia svela solo in parte in cosa consiste l’evento, lasciando spazio alla curiosità e alla scoperta. In seguito si è considerata la componente grafica, quindi la creazione di un logo che potesse accompagnare l’immagine dell’esperienza. Sono state fatte molte prove relative a font, colore e grafica cercando di ottenere un risultato chiaro ed efficace; era interessante la possibilità di utilizzare un carattere che richiamasse la scrittura a mano, qualcosa di naturale e molto vicino all’infanzia, e la possibilità di includere i componenti dell’esperienza per creare una connessione ancora più forte con la struttura stessa dell’evento. Ne è scaturito un logo semplice e genuino, dalle linee e dai colori vivaci, caldi e naturali, proprio come una pietanza fatta in casa! Riunisce al suo interno il nome ed il claim e presenta i quattro simboli rappresentativi delle attività cardine che formano l’esperienza e che verranno spiegate ed approfondite in seguito. I caratteri utilizzati sono chiari e puliti, richiamano una scrittura naturale senza compromettere la semplicità e 134


Prove logo

Nu

nutrimente nutrimente

nutrimente Prove font

Prove colore

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triMente


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Logo finale (colore su bianco, colore su nero e b/n).

Giocando con la grafica del logo è possibile evidenziare le attività in modo alternato (il logo diventa un indicatore).

Caratteri e colori. N : Toon Town Industrial C : 11 M : 92 Y : 73 K : 0 PANTONE 711 C

S

C : Kronika C : 30 M : 1 Y : 77 K : 0 PANTONE 583 C 137


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LO SPAZIO

che incuriosisce, crea aspettative e che invoglia alla scoperta, poiché qualsiasi labirinto viene costruito per racchiudervi qualcosa e l’unica cosa che chiede è di essere esplorato! Ma non è solamente un incentivo a visitare NutriMente, è molto di più: il labirinto è pensato per predisporre diversi percorsi tra i quali i visitatori possono destreggiarsi, così da rendere l’esperienza più dinamica; inoltre fornisce uno spazio all’interno del quale distribuire le attività come fossero “isole” , lasciando che si dischiudano inaspettatamente tra un corridoio e l’altro. Crea degli ambienti chiusi particolarmente adatti all’uso dei componenti interattivi, come le proiezioni, definisce temporalmente l’esperienza poiché ne sancisce l’attraversamento e “diluisce” le attività predisponendo pause, momenti di passaggio, senza che si debba “saltare” da una all’altra. Rappresenta un cammino, una specie di viaggio metaforico da svolgere per poter raggiungere l’uscita, guadagnare nuove conoscenze e vivere una piccola avventura.

L’ambientazione dell’esperienza all’interno dell’EXPO necessita che venga definito uno spazio all’interno del quale poter creare un percorso da seguire o più percorsi tra cui scegliere, per indirizzare i piccoli visitatori. Ovviamente non si tratta solamente di creare aree dedicate alle quali poter accedere liberamente, è necessario dare una forma al percorso che, oltre al movimento nello spazio e nel tempo, invogli a confrontarsi con l’intera esperienza. Da sempre l’esplorazione, il gioco, il movimento si fondono con il mistero per descrivere la forma mitica del labirinto! Ed è proprio un labirinto multiviario quello che racchiuderà l’esperienza, ne definirà lo spazio e creerà percorsi alternativi tra cui scegliere, per scoprire poco alla volta le attività che vi si celano. Si tratta di una forma che evoca diverse metafore, come la capacità dell’uomo di controllare il proprio destino,

Come si può vedere all’interno dello schema, la struttura non è molto complessa per non complicare l’attraversamento del labirinto (poiché non è questo l’obiettivo dell’esperienza): è presente un’entrata con diverse vie tra cui scegliere per sperimentare una ad una tutte le attività, l’ultima delle quali è necessario attraversare per poter uscire finalmente dal labirinto. I percorsi possibili sono molti e ognuno potrà costruirsi la sua personale esperienza vivendo in modo diverso l’evento: cambiando l’ordine delle attività cambierà di conseguenza la percezione totale d e l l ’e s p e r i e n z a , l’interpretazione e l’impressione finali.

Due possibili percorsi. 139


LE ATTIVITA’

C’era una volta…il pane! All’interno di quest’isola i bambini avranno la possibilità di scoprire come nasce uno degli alimenti più semplici, antichi e genuini cucinandolo loro stessi! Saranno disponibili delle postazioni alle quali sedersi per poter “cucinare” il pane interagendo con un particolare touchscreen.

All’interno del labirinto verranno presentate quattro “isole” ed ognuna racchiuderà una particolare attività. La possibilità di fornire diverse attività permette di raggiungere differenti obiettivi didattici ed affrontare in modo più completo il concetto dell’alimentazione, ma soprattutto rende l’esperienza più varia, in grado di raccogliere un consenso più ampio da parte dei piccoli visitatori: fornire una scelta fa si che non si concluda tutto con un unico approccio e che ognuno sia in grado di esprimere le proprie preferenze. Concedere cambiamenti all’interno dell’esperienza permette che il livello d’attenzione dei bambini venga continuamente riattivato assicurando un coinvolgimento costante lungo tutto il percorso; stimola la curiosità e l’aspettativa verso ciò che verrà dopo.

Obiettivi didattici Percorrendo passo passo la preparazione del pane il bambino apprenderà come nasce realmente un alimento, gli ingredienti e i colori che lo compongono ed il processo che permette di arrivare al prodotto finito. In questo modo impara il valore del cibo, di come ogni cosa che appare sulla sua tavola debba essere creata partendo da materie prime grezze, richiedendo attenzione, lavoro ed impegno e di come sia importante il risultato che si ottiene.

Ogni attività implicherà un periodo di coinvolgimento che andrà dai dieci ai venti minuti massimi, lasciando al bambino la scelta di ricominciare o di passare ad un’altra “isola”. Per una durata di circa un’ora l’esperienza si snoderà lungo queste quattro attività cardine che presenteranno temi, coinvolgimenti e metodi d’interazione molto diversi tra di loro per toccare interessi vari ed alternare le parti coinvolte (mente e corpo). Sarà inclusa la presenza di coordinatori all’interno dell’esperienza per assicurarsi che le attività si svolgano correttamente e per soddisfare qualsiasi necessità si presenti.

Framework tecnologico Quest’attività utilizza ySense disponendolo all’interno della postazione-tavolo come illustrato nei disegni. Prodotto dalla yDream, azienda portoghese che si occupa anche di media interattivi, ySense è uno schermo con cui si può interagire attraverso il tatto, il battito delle mani o soffiando sullo schermo. È un media molto ludico, crea divertimento nelle persone con cui si rapporta, catturandone l’attenzione e stupendo; inoltre trasmette emozioni: l’utente, come si vede all’interno dell’attività, viene coinvolto dalla possibilità di utilizzare diverse gestualità molto naturali per interagire con il media, che si trasforma in un gioco vero e proprio.

Di seguito si presentano le quattro “isole tematiche”: un breve scenario accompagnato da schizzi ne illustrerà dettagli, metodo d’interazione e contenuti, inoltre si evidenzieranno gli obiettivi didattici ed il framework tecnologico che accompagna l’attività.

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1.

Sul tavolo saranno visualizzati gli ingredienti principali del pane: acqua, lievito e farina.

4.

In seguito verrà lasciato lievitare sotto il soffio del bambino, che così vedrà l’impasto gonfiarsi e assumere sempre più la forma finale del pane.

2.

Il bambino potrà mischiarli fino ad ottenere una miscela uniforme.

5.

Infine sfregando la mano sul tavolo si creerà il calore necessario per cuocere il pane al punto giusto!

3.

Una volta creato, l’impasto potrà essere raccolto in una forma precisa.

6.

Dopo averne sperimentato la nascita, al bambino verrà lasciata una pagnottina da portarsi via come risultato dell’esperienza!

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Il laboratorio delle buone abitudini Si tratta di un piccolo laboratorio virtuale all’interno del quale i bambini possono sperimentare le proprie scelte quotidiane per capirne le conseguenze e migliorarle: attraverso un avatar giocano con le loro abitudini alimentari e non solo, scoprendo cambiamenti e reazioni nella loro piccola “cavia”!

Obiettivi didattici Tramite la sperimentazione pratica e la visualizzazione immediata delle conseguenze di alcune abitudini rispetto ad altre i bambini vengono consapevolizzati su cosa comportano le decisioni che prendono ogni giorno. Il linguaggio adottato è leggero, immediato e divertente, stimola in modo indiretto e secondario le riflessioni del bambino, ma cerca comunque di innescare i processi cognitivi e l’assimilazione di concetti legati all’approccio pratico e all’osservazione (Teoria dell’Apprendimento Sociale).

1.

Tramite una postazione touchscreen il bambino avrà la possibilità di creare e personalizzare l’avatar che lo accompagnerà attraverso l’esperienza, scegliendone il sesso e le caratteristiche fisiche.

2.

Una volta creato l’avatar secondo le proprie preferenze verrà rilasciata una card contenente tutte le informazioni necessarie a descriverlo.

Framework tecnologico Quest’isola utilizza due dispositivi interattivi: per la scelta dell’avatar viene impiegata una postazione touchscreen, una tecnologia abbastanza comune e già fortemente diffusa e conosciuta; mentre la postazione-tavolo si presenta come una videoproiezione interattiva, costituita da una telecamera per il rilevamento dei movimenti ed un proiettore per la creazione delle immagini: reagisce sulla base dei gesti realizzati dai bambini, trasformando una normale superficie in uno strumento di comunicazione coinvolgente ed interattivo. Si tratta di una tecnologia molto “duttile”, poiché è applicabile a qualsiasi superficie, senza richiedere forme o grandezze predefinite e permette un metodo d’interazione molto ludico, stimola la curiosità e la sperimentazione.

142


3.

4.

5.

La forma della card cambierà leggermente seguendo il sesso dell’avatar.

6.

La piccola “cavia” virtuale reagirà ad ogni scelta del bambino dimostrando emozioni e cambiamenti fisici: ingrasserà se gli verranno date troppi alimenti ricchi di grassi, si annoierà se starà troppo davanti alla televisione, diventerà muscolosa e atletica se farà molto sport, etc. dimostrando un comportamento genuino, simpatico e un po’ irriverente.

7.

La postazione-tavolo è di forma circolare ed è pensata in modo da ospitare quattro bambini contemporaneamente, così da creare un ambiente di condivisione che stimoli maggiormente l’aspetto sociale, permettendo ai bambini di giocare assieme o di vedere cosa viene fatto dai loro coetanei, confrontarsi e fare amicizia.

Inserendo la card nell’apposita fessura della postazione-tavolo sarà possibile accedere al laboratorio e giocare con l’avatar creato.

Il bambino potrà mano a mano costruire la routine del suo avatar scegliendo i pasti e le attività della giornata. 143


I sapori delle stagioni

per descrivere le caratteristiche dei prodotti; si lega a qualsiasi tipo di supporto e si presenta sotto forma di etichetta contenente un microchip ed un’antenna, mentre il reader è il dispositivo, fisso o portatile, deputato alla lettura del tag Esempio di reader. Rfid, in grado di convertire le onde radio del tag in un segnale digitale che può essere trasferito su un computer. Anche in questo caso si tratta di una tecnologia dall’uso molto versatile, che permette di utilizzare qualsiasi supporto o di crearne ad hoc, per un risultato stimolante ed accattivante, che invogli l’interazione ed il gioco.

All’interno di quest’attività i bambini potranno, attraverso un tappeto interattivo, esplorare la stagionalità di frutta e verdura, scoprirne i colori e le forme giocandoci assieme. Un ambiente dove saltare, correre, utilizzare tutto il proprio corpo per sperimentare sensorialità diverse e nuove conoscenze.

Obiettivi didattici Giocando e divertendosi i bambini imparano la stagionalità di frutta e verdura: per poter attivare il tappeto interattivo dovranno scoprire la stagione giusta per ogni alimenti ed indirettamente ne memorizzeranno la combinazione. Inoltre trasformare una tipologia di alimento poco gradita dai più piccoli in un gioco dinamico e coinvolgente, aiuta a rendere la frutta e la verdura più “simpatiche”, quindi meno odiate dai bambini all’interno della loro alimentazione, facendogli scoprire in modo alternativo alimenti poco conosciuti. Framework tecnologico Il tappeto e gli alimenti di peluche sono le due componenti interattive che, comunicando tra di loro, permettono la riuscita dell’esperienza: quando il bambino salta sopra il tappeto il suo movimento viene rilevato da semplici sensori presenti al suo interno, mentre un reader riconosce il tag Rfid (Radio Frequency identification) presente all’interno del peluche ed il tappeto (o meglio il computer ad esso collegato), combinando i due fattori, reagisce alla scelta effettuata ed innesca il feedback adeguato. L’Rfid è una tecnologia sempre più disponibile grazie alla sua ampia diffusione, soprattutto all’interno di negozi, dove viene utilizzata al posto del comune codice a barre

Tag Rfid con microchip ed antenna per l’archiviazione e la trasmissione di informazioni. Solitamente come supporto viene utilizzata una pellicola o un film. 144


1.

L’isola presenterà diversi tappeti interattivi di forma circolare con raffigurate le quattro stagioni; frutta e verdura di peluche riempiranno completamente l’ambiente circostante, appoggiati su particolari espositori e sparsi ovunque per terra.

3.

Continuando a tenere il peluche con sé, attiverà il tappeto interattivo saltando su quella che secondo lui è la stagione giusta.

4.

Se la scelta è corretta il bambino riceverà un immediato feedback: un getto d’aria uscirà dai lati del tappeto colpendolo!

La temperatura dell’aria, come la tattilità stessa del tappeto, cambierà a seconda della stagione, coinvolgendo maggiormente i sensi. 2.

Nel caso in cui la scelta si riveli sbagliata non accadrà nulla, lasciando il bambino libero di cambiare la sua scelta continuando a provare.

Il bambino potrà scegliere tra gli alimenti presenti quello che più lo interessa.

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Prendi e porta via! Si tratta dell’isola che concluderà l’esperienza: un mercato dove i bambini diventeranno veri e propri adulti e sceglieranno loro stessi gli alimenti da portarsi a casa. Però non saranno soli: filastrocche, storie e ritornelli li guideranno alla scoperta dei diversi cibi, informandoli sulle loro scelte e preferenze!

Obiettivi didattici Tramite la possibilità di mettere in pratica alcune delle cose che ha appreso durante il suo percorso e sperimentare direttamente gli alimenti,il bambino scopre e ricorda qualcosa di più su ognuno di essi. Inoltre i concetti sono più facilmente assimilabili, più piacevoli e divertenti da apprendere se vengono presentati sotto forma narrativa, come in questo caso con filastrocche e racconti in rima.

1.

Vere e proprie bancarelle con sopra diversi generi alimentari permetteranno ai bambini di curiosare, annusare, toccare e scoprire cibi che conoscono o meno.

2.

Ogni qual volta il bambino compirà una scelta si visualizzerà un’animazione dove l’alimento stesso parlerà di sé, delle sue caratteristiche, delle sue origini o dei piatti che compone, tramite brevi filastrocche e ritornelli divertenti.

Il podio alimentare invece non è solamente un modo diverso di presentare ciò che si è scelto per poterlo fotografare e conservarne il ricordo, cerca d’invogliare il bambino alla riflessione per capire la sua scelta e le sue preferenze, un innesco che stimoli una migliore conoscenza di se stessi, mettendosi in discussione e giudicandosi anche a distanza di tempo, notando i cambiamenti avvenuti. Framework tecnologico Quest’isola utilizza la stessa tecnologia presente nell’Interactive Wallpaper, dove una videoproiezione interattiva a muro reagisce in funzione del comportamento delle persone che si trovano di fronte grazie alla combinazione di sensori e proiettori. In questo caso si attiveranno animazioni e suoni che cattureranno l’attenzione del bambino pervadendo parte dell’ambiente che lo circonda; la comprensione sarà immediata e la curiosità permetterà di coinvolgere velocemente il bambino all’interno del gioco, invogliandolo a cercare nuovi input che stimolino le diverse reazioni della componente interattiva.

146


3.

Infine si chiederà al bambino di creare un podio alimentare con le scelte realizzate (tre al massimo) e di immortalarlo in una foto.

4.

Oltre agli alimenti il bambino porterà via con sé anche la fotografia del podio a testimonianza della sue preferenze e della sua partecipazione all’attività.

147


IL RICORDO

da raccontare; un modo per riflettere ed interiorizzare l’esperienza facendola propria, poiché rielaborare il proprio vissuto in un secondo momento permette di stimolare nuovi processi cognitivi ed approfondire l’apprendimento.

Si è parlato di quanto sia importante trasformare le proprie esperienze ed il proprio vissuto in un ricordo forte da poter portare con se tutta la vita e di come si cerchi di facilitare questo compito riservandolo ad oggetti, foto e diari in nostro possesso. È così che l’ingrediente della memorabilità si manifesta nella sua completezza alla fine dell’esperienza, nel momento in cui si raccolgono le impressioni, le storie e le emozioni, tramite un giornaletto che verrà lasciato ai bambini una volta terminato il loro percorso. Un “diario di viaggio” per aiutare il ricordo e per rivivere l’evento e dargli valore nel tempo.

Si tratta di un giornaletto di piccole dimensioni contenente percorsi e mappe dell’esperienza che il bambino potrà personalizzare, parti libere dove potrà raccontare ed annotare ciò che ha fatto, visto o imparato, disegnando ed appiccicando cose. Poster da staccare e sezioni dedicate permetteranno di approfondire le attività svolte fornendo ulteriori informazioni su ciò che si è sperimentato. Nasce così un resoconto dell’esperienza da conservare per non perdere nulla di quello che, si spera, NutriMente è riuscita a regalare!

Tutto ciò che il bambino avrà conservato dell’esperienza, disegni, impressioni, foto, card e stickers fornitegli, andranno a decorare il diario, a ricostruire quello che avrà vissuto diventando una prova da conservare. Un supporto che aiuti a trasmettere e condividere ciò che si è sperimentato per confrontarsi con amici e parenti e per coinvolgerli, trasformando l’evento in una storia

Una volta a casa il bambino potrà prolungare l’esperienza e riviverla inserendo disegni e impressioni all’interno del suo giornaletto. 148


CONCLUSIONI

La ricerca, ma soprattutto la comprensione dell’utente permette di trovare soluzioni su misura che si dimostrino realmente adattabili ed utilizzabili, realizzando qualcosa di nuovo e di unico.

Al finale di questa tesi la prima cosa che devo dire è che non è stata facile, ma che indubbiamente mi ha regalato molto dandomi nuove conoscenze e competenze. “L’esperienza può essere più significativa del prodotto” dice Saunders ed è vero! Il cammino per arrivare a tutto questo è stato ricco e stimolante, la possibilità di creare un’esperienza per bambini si è trasformata lei stessa in un’esperienza, rendendomi infinitamente felice di esserne stata la protagonista.

NutriMente, con il suo spazio, le sue isole, la sua immagine, il suo nome, diventa un mondo dove tecnologia, infanzia e una delle più antiche passioni dell’uomo, il cibo, s’incontrano. Crea un ponte collegando tre grandi universi che raramente vanno d’accordo e li unisce per il solo scopo di regalare un’esperienza, qualcosa di astratto, che spesso non siamo nemmeno in grado di descrivere o definire a parole, ma che è reale e per questo entra nel nostro mondo, tocca il nostro immaginario, stimola le nostre emozioni per diventare parte della nostra vita.

L’obiettivo preposto credo sia stato raggiunto, le attività create hanno tutte qualcosa da insegnare e trasmettere ai bambini, stimolando le loro conoscenze in campo alimentare invogliandoli ad approfondire l’argomento anche dopo NutriMente. L’alimentazione sta veramente diventando un problema e poter regalare qualcosa alle future generazione per migliorare la loro vita e sostenere le loro scelte dovrebbe essere uno dei presupposti del design. Come ho cercato di dimostrare l’Interaction design può rivelarsi uno strumento davvero versatile, accattivante, ma soprattutto può essere applicato per raggiungere specifici risultati che vanno più in là del semplice intrattenimento. Si tratta di una disciplina che sta sperimentando ancora molto e che spesso crea formati d’interazione che vengono interpretati come fini a se stessi, legati a risultati estetici per stupire e catturare l’attenzione delle persone. Sovente però si vedono anche esempi incredibili di Interaction design, che creano realmente nuovi metodi d’interazione, nuovi modi di conoscere e vedere il mondo che ci circonda e sono questi esempi che tracciano la strada da seguire per proporre sempre nuove soluzioni legandole ad obiettivi che ne validino l’esistenza! L’alimentazione ed i bambini sono entrambe argomenti delicati poiché sono spesso imprevedibili; la prima per i significati che racchiude e per la sua componente fortemente istintiva, i bambini perché sono come tante scatole pronte ad esplodere! Racchiudono così tante potenzialità, così tanti futuri possibili e basta lo stimolo giusto per riuscire a far scaturire un mondo di fantasia e divertimento. Mettere insieme questi due mondi significa realizzare un’esperienza che può rivelarsi davvero forte, basta non avere paura di tentare e crearsi valide basi da cui partire. 149


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BIBLIOGRAFIA D. Norman, “Il Design del Futuro” (Apogeo, 2008) Preece, Rogers e Sharp, “Interaction Design” (Apogeo, 2002) Lev Manovich, “Il linguaggio dei nuovi media” (The MIT Press. Ed. Olivares, 2002) Bill Morridge, “Designing Interactions” (The MIT Press, 2006) Garrett Jesse James, “The Elements of User Experience: User-Centered Design for the Web” (New Riders Press, 2002) P. Marti e A. Rizzo, “Levels of design: from usability to experience”, (Proceedings of HCI International ‘03, In C. Stephanidis (Ed.) Universal Access in HCI. Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates, 2003) F. Celaschi e A. Deserti, “Design e innovazione” (Carocci Editore, 2007) B. Joseph Pine II e James H. Gilmore, “The Experience Economy: Work Is Theatre & Every Business a Stage”(Harvard Business School Press, Boston, 1999) D. Norman, “Emotional Design” (Apogeo, 2004)

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DOCUMENTI UFFICIALI E ARTICOLI Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, “Rapporto Osservasalute 2008” (Università Cattolica di Roma, 2009) FOOD TODAY, “Perchè mangiamo quello che mangiamo: la scelta degli alimenti, un comportamento complesso” (2005) Centrale del Latte di Torino, “A tavola di tutti i colori” Seminario di Formazione per Insegnanti 2008 Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), “LARN: Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati di Energia e Nutrienti per la popolazione italiana” (revisione 1996) Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), “Linee Guida per una sana alimentazione italiana” (revisione 2003) Consumers International (CI), “The Junk fod generation: a multi-country survey of the influence of television and advertisement on children” (City Reprographic Services, 2004) FOOD TODAY, “Dipendenza da cibo o voglia di cibo?” (2008) FOOD TODAY, “Sovrappeso nell’infanzia e nell’adolescenza” (2008) Iaso, Consumers International e International Obesity Taskforce, “Proposta per un Codice Internazionale sulla Commercializzazione ai bambini di alimenti e bibite analcoliche” (2008) Altroconsumo, “La scuola che avanza” (2008) Ministero della Solidarietà Sociale, Cetro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza, Istituto degli Innocenti di Firenze e Istat, “Come cambia la vita dei bambini: indagine statistica multiscopo sulle famiglie” a cura di Ermenegildo Ciccotti e Linda Laura Sabbadini (2007) POGO, “Narrative and Learning” (1999) Gaver W., Boucher A., Pennington S. and Walker B., “Interactions” Volume XI.5, “Cultural Probes and the value of uncertainty” (2004). Jesper Kjeldskov, Martin R. Gibbs, Frank Vetere, Steve Howard, Sonja Pedell, Karen Mecoles, Marcus Bunyan (The University of Melbourne Australia, Aalborg University Denmark e Charles Sturt University Australia), “Using cultural probes to explore mediated intimacy” (2004) Shanthi Robertson (PhD Candidate, RMIT University), “Cultural Probes in Ethnography: Pitfalls and Possibilities” (2006)

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SITOGRAFIA www.milanoexpo-2015.com

www.arturoekiwi.rai.it

www.designmethods.org

www.nestle.it/nutrikids/default.aspx

www.adaptivepath.com www.frogdesign.com www.ideo.com www.stanford.edu/group/dschool www.wikipedia.org www.centralelatte.torino.it www.eufic.org www.sinu.it www.nestle.it www.inran.it www.junkfoodgeneration.org www.consumersinternational.org www.positivepress.net/aidap www.edf.org.au www.ministerosalute.it www.barillacfn.com/it www.altroconsumo.it www.ted.com www.nathan.com www.nobelprize.org www.playwisekids.com www.museumofplay.org www.saul.unisi.it/pogoon www.cittadeibambini.net www.muba.it 155


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RINGRAZIAMENTI

paterna che ho avuto in questi ultimi anni.

Giunta alla fine vorrei porre alcuni ringraziamenti alle persone che mi hanno aiutata e sostenuta nella realizzazione di questo progetto e senza le quali forse non ce l’avrei fatta ad arrivare fin qui!

Un ringraziamento sentito a Barbara per avermi seguita e consigliata lungo questo cammino; per aver messo a disposizione le sue conoscenze professionali e materne indirizzando accuratamente i miei passi senza che io nemmeno me ne accorgessi! Sei stata una relatrice attenta, paziente e disponibile. Grazie per avermi aiutata a realizzare esattamente ciò che volevo. Credo che tu sia la miglior figura che potessi chiedere per sostenere la creazione di questo piccolo progetto!

La prima persona che voglio ringraziare è mia sorella Diletta: sei un pezzo del mio cuore e della mia vita, forse la persona a cui tengo di più in assoluto e so che, nonostante le scaramucce e l’apparente incompatibilità dei nostri due caratteri, ci staremo accanto per tutta la vita. Non ho mai avuto una migliore amica, non ne ho mai avuto bisogno, perché ho sempre avuto te! Grazie perché mi sopporti, quando sono nervosa o arrabbiata. Grazie perché mi ascolti e perché hai accettato di prendere tutto ciò che ti ho voluto trasmettere ed insegnare e che spero abbia contribuito a renderti quello che sei. Grazie per avermi aiutata e sostenuta anche per questa tesi come per tutto! Dal giorno che sei entrata nella mia vita ho capito che nulla sarebbe più stato uguale e chissà come siamo riuscite a costruire qualcosa di stupendo..un castello di sogni da far volare..insieme.

Un grazie anche a Gabriele per il suo tempo e la sua disponibilità, per l’intervista che mi ha concesso ed il materiale che mi ha fornito, che sono stati di grande aiuto per questo lavoro. Poi devo un ringraziamento ai miei più cari amici, in particolare ad Alida, che mi è stata vicina quando mi sentivo davvero giù e ha sopportato i miei sbalzi di umore pazientemente, per i nostri lunghi discorsi e le nostre “brevi” uscite notturne che mi hanno aiutata a distrarmi e a capire che non ero sola. Grazie Ali perché sei sempre così spensierata e piena di sogni e perché sei riuscita a trasmettermi un po’ della tua “svampitaggine” per prendere la vita con un po’ più di leggerezza!

La seconda persona alla quale voglio dire grazie è mia madre, per tutto quello che ha fatto per me, per i sacrifici che ha sopportato per farmi star bene, perché è una donna stupenda e mi ha insegnato moltissimo. Grazie per tutta la forza che hai dimostrato di avere, perché mi hai fatto capire quanto sia importante andare sempre avanti, mi hai fatto capire che una donna non deve mai permettere di essere trattata in modo diverso, che quando una persona vale non ha bisogno di nessuno per dimostrarlo e che il rispetto di me stessa e dei miei diritti è la prima forma di onestà e coerenza che possiedo! Grazie per essermi stata vicina sempre, per aver messo al primo posto la sincerità e per non essere mai stata una mamma come le altre!

Grazie anche a tutti quelli che festeggeranno con me questo momento e che verranno da lontano, con treni, aerei, auto e qualsiasi altro mezzo, per stare qui con me. La vostra Juju non vi deluderà! Ed infine un piccolo ringraziamento alla Ceres, che mi ha accompagnata lungo questa tesi, come già fece con la tesina di quinta liceo: nulla come una doppio malto può aiutare a prendere positivamente un lavoro, e se qualcuno penserà che questa sia una non troppo velata dichiarazione di alcolismo, mi dispiace che non abbia mai capito il valore di una birra sorseggiata con calma, mentre si lasciano scorrere i pensieri e le parole.

Un grazie ai miei zii che mi hanno sempre dato tutto quello che una nipote può desiderare, che si sono sempre interessati a me e hanno preso parte alla mia vita attivamente. A mia zia per aver messo a disposizione le sue competenze a contributo di questa tesi e per avermi sostenuta in quello che stavo cercando di creare. A mio zio per essere stata la persona più vicina ad una figura

Un piccolo grazie a Davide, che nonostante tutto quello che è successo, continuo ad amare moltissimo!

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