Karpòs Magazine - Alimentazione e stili di vita - n. 1 - 2014

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KARPÒS ALIMENTAZIONE E STILI DI VITA

Anno III - N° 1 Gennaio 2014 - Copia gratuita online

W W W. K A R P O S M A G A Z I N E . N E T

PROSCIUTTO COTTO MELO AGRUMI VAL D’ORCIA MELANZANA VANNULO GIACOMO OGLIARI

LE NOVITÀ 2014 DI KARPÒS



EDITORIALE

LE NOVITÀ 2014 DI KARPÒS

Renzo Angelini Direttore editoriale

Arrivati al quindicesimo titolo di Karpòs, colgo l’occasione per ringraziare i nostri lettori, oltre 222.000 di cui il 10% stranieri, che con il loro consenso hanno voluto sancire la giustezza del nostro iniziale convincimento: rendere disponibile il grande patrimonio di conoscenze delle filiere agroalimentari e delle università, in modo semplice e coinvolgente, per arricchire la consapevolezza dei nostri lettori sui valori della alimentazione e degli stili di vita ad essa connessi. Tutto ciò lo abbiamo realizzato grazie ai nostri partner che hanno scelto di comunicare le loro proposte e distintività su Karpòs, riconoscendolo efficace per intercettare i propri gruppi target di riferimento. Tra le innumerevoli riflessioni che si potrebbero fare sui numeri della crescita della rivista mi piace ricordarne una su tutte: Karpos a mio avviso rappresenta un buon esempio del grande valore evocativo, percepito e simbolico del “Made in Italy”. Per garantire una comunicazione sempre più efficace e personalizzata, svilupperemo nel 2014 le seguenti innovazioni: Metteremo on line il nuovo sito web Karpos, con impostazione multilingua (inglese, spagnolo e successivamente portoghese, francese, tedesco e cinese) per permettere agli internauti stranieri una navigazione sulle pubblicazioni in italiano e, in futuro, nel proprio idioma. I nostri lettori internazionali avranno la possibilita’ di effettuare ricerche istantanee, attraverso parole chiave, su tutti gli articoli pubblicati e di condividere, scaricare e stampare singoli articoli o numeri interi attuali o arretrati.

Per rendere piu’ performante in nostro sito utilizzeremo la nuova piattaforma multicanale per email-marketing MagNews, sviluppata da Diennea. Questo software permetterà di gestire il flusso crescente di lettori e di garantire una consultazione ottimale di Karpòs da computer, smartphone e tablet anche nei momenti in cui si verificano picchi di accesso. Particolarmente utile sarà la possibilità di personalizzare la newsletter in relazione alle esigenze espresse dal lettore, mantenendo lo stile divulgativo e trasversale del nostro magazine, integrato di approfondimenti e specificità sugli argomenti trattati. Infine, rilanceremo la versione cartacea, per rispondere alle numerose richieste dei lettori che acquistavano Karpòs in edicola e di coloro che preferiscono il formato off line del magazine, sicuramente più premiante per la qualità iconografica e la flessibilità di lettura. Per realizzarlo invieremo a tutti gli iscritti un questionario per offrire ad essi l’acquisto tramite abbonamento postale, riservandoci di accettare l’impegno alla stampa dopo il raggiungimento di una tiratura economicamente sostenibile. In tal modo, il lettore avrà il vantaggio di trovare regolarmente Karpòs nella propria cassetta postale e, l’editore, eviterà la distruzione delle copie rese, con evidenti riflessi positivi per la comunità e l’ambiente. Per avere gratuitamente queste novità vi invitiamo a registrarvi nel sito entro il 31 gennaio 2014.

03 EDITORIALE RENZO ANGELINI


KARPÒS MAGAZINE GENNAIO 2014

Direttore editoriale Renzo Angelini

03 EDITORIALE Renzo Angelini

Direttore responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012 variazione in corso di registrazione Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) CF 04008690408 - REA 325872

30 IL MELO Silvio Pellegrino

12 PROSCIUTTO COTTO Giovanni Ballarini

52 GLI AGRUMI Paolo Inglese

Grafica Francesca Flavia Fontana Giulia Giordani Raccolta pubblicitaria Per contatti cell 335 6355354 pubblicita@karposmagazine.net

72

VAL D’ORCIA Davide Gobbi

@

Diffusione online Karpòs Magazine viene inviato gratuitamente a una community di oltre 200.000 destinatari; consumatori, università, istituzioni, industrie, Grande Distribuzione Organizzata, Ho.Re.Ca. fornitori di mezzi tecnici e servizi, associazioni, agroindustrie, produttori, tecnici e centri media.

www.karposmagazine.net

110 AZIENDA ZOOTECNICA “VANNULO” Redazione di Karpòs

92 MELANZANA Nicola Calabrese

130 GIACOMO OGLIARI Giacomo Ogliari


CALEIDOSCOPI

Per le fotografie: Unaproa: pagg. 26-27-28-29 Archivio Grandi Salumifici Italiani: pagg. 20-21-23 IVSI: pagg. 12-13-15-16-17-18-19-23 Cristiano Carli: pagg. 39-40-41-42-43-44-45-46-47-48 Davide Gobbi: pagg. da 72 a 86 Nicola Calabrese: pagg. 100-101-103-104-105-106 Massimo Bettiol e Oscar Mura: pagg. da 130 a 144 Gabriele Romagnuolo: pag. 144

10 PROSCIUTTO MODENA DOP 26 EVENTI CAMPAGNA UNAPROA

Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini In copertina: Bottone fiorale di melo © Renzo Angelini

50 “NOSTRO” HA PRESO IL VIA... 51 L’ORTOFRUTTA ITALIANA 88 GUSTO IN SCENA 89 WINE CLUB SELLA&MOSCA 90 MENTOS 91 MONTEPULCIANO 2010 108 FESTIVAL DEI GIARDINI

109 GRUPPO CEVICO 128 LATTIERO-CASEARIO BRUGNERA 129 ASSOLATTE 146 VALDOBBIADENE PROSECCO 148 IKEA 149 AMR CORPORATION 150 DERBY BLUE

Non si restituiscono testi, immagini, supporti elettronici e materiali non espressamente richiesti. La riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni è vietata senza espressa autorizzazione dell’editore in mancanza della quale si procederà a termini di legge per la quantificazione dei danni subiti. L’editing dei testi, anche se curato con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze, limitandosi l’editore a scusarsene anticipatamente con gli autori e i lettori. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo ha scritto e pertanto ne impegna la personale responsabilità. Le opinioni e, più in generale, quanto espresso dai singoli autori non comportano alcuna responsabilità da parte dell’editore anche nel caso di eventuali plagi di brani da fonti a stampa e da internet. Karpòs rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto che non è stato possibile identificare e contattare.


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PROSCIUTTO DI MODENA DOP, PRODUZIONE IN AUMENTO E NUOVE INIZIATIVE PROMOZIONALI

10

Modena, 3 dicembre 2013 - A meno di un mese dalla fine dell’anno, il Prosciutto di Modena Dop si avvia a chiudere il 2013 con risultati positivi. Gli ultimi dati ufficiali diffusi dal Consorzio del Prosciutto di Modena parlano di una produzione che, nei primi 10 mesi dell’anno, segna un + 45% rispetto all’analogo periodo del 2012. “Un traguardo importante – commenta Anna Anceschi, direttore del Consorzio – che insieme all’apprezzamento mostrato dai mercati nazionale e internazionale per il nostro prodotto, ci incoraggia a fare sempre meglio. L’impegno profuso in questi anni per la promozione sta dando i suoi frutti: nonostante il difficile momento congiunturale, il Prosciutto di Modena DOP registra una domanda crescente e ci fa guardare con ottimismo al futuro. Tra l’altro, il recente lancio del portale multilingue www. piaceremodena.it, dove si può acquistare direttamente online anche il nostro prodotto, ci apre inedite frontiere e mercati anche molto lontani”. Insieme alla produzione, aumentano anche le iniziative promozionali che coinvolgono il prodotto. Una nuova occasione per celebrare il gusto di questa specialità salumiera locale sarà sabato 7 dicembre in Piazza Grande a Modena, durante la festa dello Zampone di Modena Igp e del Cotechino di Modena Igp, dove si potrà degustare il Prosciutto di Modena DOP insieme alle altre eccellenze del territorio. Per l’occasione, sarà presente presso lo stand di Piacere Modena (il marchio della società Palatipico a cui aderiscono tutti i consorzi di tutela e delle DOP e IGP provinciali) un tagliatore professionista, che si esibirà nel taglio “a regola d’arte” e secondo la maniera tradizionale del prodotto. Le origini del Prosciutto di Modena risalgono a tempi antichissimi, probabilmente addirittura all’età del bronzo: i primi documenti noti sono dell’epoca dei Celti, che introdussero la pratica di conservare le carni col sale. I Romani, poi, amavano arricchire i loro banchetti con porchette, prosciutti e salsicce. I soldati romani partivano per le lunghissime campagne con rilevanti quantità di carne suina salata e prosciutti che provenivano dalla florida pianura del Po. L’areale modenese è da tempo considerato un riferimento per la lavorazione della carne suina proprio grazie all’antica e radicata tradizione salumiera e gastronomica. La zona di produzione del Prosciutto di Modena corrisponde alla fascia collinare e alle valli che si sviluppano attorno al bacino oro-idrografico del fiume Panaro, comprendendo anche territori delle province di Bologna e Reggio Emilia. www.consorzioprosciuttomodena.it


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ALIMENTAZIONE E CULTURA

PROSCIUTTO COTTO GIOVANNI BALLARINI

PROSCIUTTO COTTO, 13 SUCCESSO DI UN CAMALEONTE DELLA CUCINA

Si ottiene dalle cosce di suino disossate, sottoposte a salagione e quindi cotte. Originario della cucina austroungarica , dopo la seconda guerra mondiale, compare in Italia per merito di alcuni intelligenti maestri salumieri. Caratteristiche organolettiche e nutrizionali, comodità d’ uso e soprattutto la versatilità d’ impieghi, lo hanno rapidamente inserito tra i Camaleonti della Cucina, usato nelle pizze, nei ripieni, nelle farciture e tante altre preparazioni.Alimento “dietetico” è dimagrito negli ultimi venti anni, soprattutto in grassi saturi, colesterolo, sali e additivi! Giovanni Ballarini


S

ui quasi venti chilogrammi di salumi mangiati in media ogni anno dagli italiani, un quarto, circa cinque chilogrammi, sono Prosciutto Cotto. Quali i motivi del successo di circa quaranta milioni di prosciutti, nonostante alcune “ambiguità”, a iniziare dalla sua denominazione? Che il Prosciutto Cotto sia un salume non vi é dubbio, in quanto il sale, sia pure e giustamente in quantità correttamente limitata, entra nella sua preparazione, ma qualche obiezione potrebbe sollevare l’uso del termine “prosciutto”, perché la coscia di maiale non é “prosciugata”, come avviene per il prosciutto crudo. In questo caso, il termine prosciutto é usato con riferimento alla coscia di maiale, e non al modo di trattamento. Fenomeni linguistici analoghi non sono eccezionali, soprattutto in alimentazione e quando al bar si chiede un “caffè d’orzo”, tutti capiscono che si chiede un “infuso di orzo e non di caffè!” Sempre in tema di denominazione, sino a metà del milleottocento gran parte dei prosciutti salati e stagionati (quindi veramente prosciugati e “prosciutti”) era poi cotta, anche per dissalarli, e vennero poi denominati come “crudi” quando questa cottura scomparve e si diffuse l’uso dell’attuale Prosciutto Cotto. L’attuale Prosciutto Cotto ha una prima origine nelle cucine austroungariche e nella Italia nord orientale, dove le cosce di maiale fresche erano cotte, spesso leggermente affumicate, secondo una tradizione che si era consolidata soprattutto in Boemia, con il Prosciutto di Praga. Dopo la seconda guerra mondiale in Italia, per merito di alcuni intelligenti maestri salumieri, compare e si diffonde l’attuale Prosciutto Cotto. Partendo dalla coscia suina opportunamente disossata e rifilata, dolcemente salata aromatizzata e in seguito sottoposta a trattamento termico, si arriva a una gamma di prodotti distinguibili in base alla materia prima utilizzata, agli ingredienti e additivi usati e alle modalità di condizionamento, salagione e cottura impiegate. Innegabili motivi di successo del Prosciutto Cotto sono le sue caratteristiche organolettiche e nutrizionali, la comodità d’uso, ma soprattutto la versatilità d’impieghi che l’hanno rapidamente inserito tra i Camaleonti della Cucina. Camaleonti sono denominati in cucina quegli alimenti che rapidamente e con facilità possono assumere aspetti, sapori e gusti sempre nuovi, come il camaleonte, animale che adegua il suo colore a quello dell’ambiente. Camaleonti della cucina erano la carne di vitello, poi quella di tacchino e ora il Prosciutto Cotto, che per più della metà é usato in cucina nelle pizze, come componente di ripieni, farciture e tante altre preparazioni.

UNA TECNICA RAFFINATA DI PRODUZIONE Per la produzione del Prosciutto Cotto sono usate cosce di maiale di diverso peso. Sono preferite le cosce di maiali leggeri da macelleria, ma per particolari condizioni e preparazioni anche quelle di maiali pesanti da salumeria. Dopo il disosso, le cosce sono sottoposte a salagione a secco o in salamoia, ma più frequentemente per iniezione tramite siringatrice multiaghi. La salamoia é una soluzione acquosa in cui sono sciolti sale marino (per conferire sapore al prodotto) e aromi naturali (in genere rosmarino, aglio, coriandolo, ginepro, per esaltare il gusto). In talune categorie di prosciutti cotti nella salamoia si aggiunge glutammato (per esaltare la sapidità del prodotto), talvolta polifosfati e caseinati (per trattenere l’acqua durante la cottura: senza di essi il prodotto sarebbe stopposo), nitrati e nitriti (inibiscono lo sviluppo dei microrganismi, forniscono alla carne una colorazione rosata e migliorano la sapidità del prodotto evitando che questo assuma un gusto amaro), acido L ascorbico e zuccheri (favoriscono l’azione degli altri additivi). Le carni sono sottoposte a zangolatura. É questo un massaggio vigoroso e prolungato, che favorisce la distribuzione omogenea della salamoia nell’intera massa muscolare e facilita, durante la cottura, la coesione tra i diversi muscoli e pezzi di carne. Le carni, poste in appositi stampi di metallo, sono cotte per circa un’ora per ogni chilogrammo di prodotto. Con quest’operazione il prosciutto assume la forma dello stampo ed poi è estratto, raffreddato, rifilato e toelettato, ricoperto di una patina protettiva, confezionato sotto vuoto e pastorizzato. La qualità finale del Prosciutto Cotto dipende dalla materia prima (tipo di maiale e sua coscia), composizione della salamoia, e tecnologia di lavorazione (temperatura, tempi e modi di cottura). QUALITÀ E DIVERSITÀ DEI PROSCIUTTI COTTI Nei prodotti di alta qualità non vi sono polifosfati e le ossa sono asportate mantenendo inalterata l’integrità delle masse muscolari. Nei prosciutti di media qualità, privi di polifosfati, le ossa sono asportate incidendo le masse muscolari, mentre quelli di bassa qualità sono addizionati di polifosfati e caseinati. In commercio vi sono i Prosciutti Cotti con cotenna e grasso (in genere senza aggiunta di polifosfati e disossati manualmente) e i prosciutti sgrassati (formati non dalla coscia intera, ma da diversi pezzi di carne della coscia e ricompattati in un’unica forma e generalmente con aggiunta di polifosfati). Da un punto di vista nutrizionale il Prosciutto Cotto, secondo i diversi tipi, si qualifica per un buon livello di proteine nobili (15 / 20%), contenuto moderato di

14 PROSCIUTTO COTTO GIOVANNI BALLARINI


01 ALIMENTAZIONE E CULTURA GIOVANNI BALLARINI



grassi (3,5 / 12%), basso livello di colesterolo (circa 50 mg/100 grammi), apporto calorico di 100 – 200 kilocalorie per etto, e circa due grammi per etto di sale (cloruro di sodio). Il prosciutto cotto è quindi molto digeribile, grazie alla cottura, contiene pochissimo colesterolo e sale, é ricco di ferro, zinco e sali minerali. Queste caratteristiche giustificano il suo largo uso nella alimentazione della infanzia, della terza età e in molte diete.

Tre sono le denominazioni del prosciutto cotto, “prosciutto cotto” – “prosciutto cotto scelto” e “prosciutto cotto di alta qualità”, i consumatori potranno comprendere più facilmente la qualità del cotto che stanno acquistando. Prosciutto cotto Prodotto di salumeria ottenuto dalla coscia del suino eventualmente sezionata, disossata, sgrassata, privata dei tendini e della cotenna, con impiego di acqua, sale, nitrito di sodio, nitrito di potassio eventualmente in combinazione fra loro o con nitrato di sodio e nitrato di potassio. Nella produzione possono essere impiegati vino, inclusi i vini aromatizzati e liquorosi, zucchero, destrosio, fruttosio, lattosio, maltodestrine (sciroppo di glucosio), proteine del latte, proteine di soia, amidi e fecole nativi o modificati per via fisica o enzimatica, spezie, gelatine alimentari, aromi e gli additivi consentiti. Prosciutto cotto scelto È consentito integrare la denominazione «prosciutto cotto» con il termine

TIPI DI PROSCIUTTO COTTO Il termine di Prosciutto Cotto deve essere riservato alla coscia di maiale. Ambiguità da eliminare é quando si parla di prosciutto di spalla o di prosciutto cotto ottenuto da tagli di carne suina che non sono di coscia. Dal 2 gennaio 2006 (Decreto Ministeriale 21 settembre 2005) non è possibile chiamare Prosciutto Cotto altri prodotti meno nobili (come la spalla cotta) anche quanto utilizzati in un toast, sulla pizza, nei tortellini, eccetera.

17 PROSCIUTTO COTTO GIOVANNI BALLARINI


«scelto» se nella sezione mediana del prodotto, salvo quando utilizzato per la vendita preconfezionato affettato, sono chiaramente identificabili almeno tre dei quattro muscoli principali (semitendinoso, semimembranoso, quadricipite e bicipite femorale) della coscia intera del suino ed il tasso di umidità, su prodotto privato del grasso visibile e degli additivi (UPSD), sia inferiore o uguale a 78,5. Nella produzione del prosciutto cotto scelto è consentito utilizzare gli ingredienti impiegati per la produzione del prosciutto cotto. Prosciutto cotto di alta qualità È consentito integrare la denominazione «prosciutto cotto» con i termini «di alta qualità» se nella sezione mediana del prodotto finito, salvo quando il prodotto sia utilizzato per la vendita preconfezionato affettato, sono chiaramente identificabili almeno tre dei quattro muscoli principali (semitendinoso, semimembranoso, quadricipite e bicipite femorale) della coscia intera del suino e il tasso di umidità su prodotto sgrassato e deadditivato (UPSD) sia inferiore o uguale a 75,5. Nel prosciutto cotto di alta qualità è consentito aggiungere al sale solo i seguenti ingredienti: vino, zuccheri alla dose massima dell’1,5% sul prodotto finito, aromi naturali, spezie e piante aromatiche, acido ascorbico ed eritorbico e loro sali sodici glutammato monosodico lattato di sodio. Nel prosciutto cotto di alta qualità il trattamento di cottura deve garantire il raggiungimento di una temperatura a cuore del prodotto di almeno 69°C. Il prodotto raffreddato e confezionato è sottoposto a pastorizzazione superficiale.

PROSCIUTTO COTTO TRADIZIONALE Sono già sessanta anni che in Italia si preparano prosciutti cotti e quindi si sono compiuti i limiti di tempo per considerarli tradizionali. Di conseguenza alcune Regioni hanno già considerato e riconosciuto Prosciutti Cotti anche particolari, come quello Praga. É questo un prodotto tipico della salumeria mitteleuropea, che affonda le sue radici all’epoca dell’impero austro ungarico. La sua ricetta è rimasta un patrimonio tipico della città di Trieste. Il segreto della ricetta sta nella cottura, in speciali forni ad aria calda, e nell’affumicatura con legno di faggio a fine cottura, che conferisce il caratteristico aroma. La denominazione Prosciutto Cotto di Alta Qualità Affumicato identifica per legge i prodotti con un basso livello di umidità e senza aggiunta di amidi, fecole e proteine del latte, proteine di soia, gelatine alimentari e polifosfati.

PROSCIUTTI COTTI TRADIZIONALI Il prosciutto cotto è stato riconosciuto prodotto tradizionale su proposta delle seguenti regioni: Friuli - Venezia Giulia - Prosciutto cotto Praga Liguria - Prosciutto cotto Lombardia - Prosciutto cotto Piemonte - Prosciutto cotto

18 PROSCIUTTO COTTO GIOVANNI BALLARINI


ortaggi, e ricchi di nitriti e nitrati sono ad esempio i ravanelli, la barbabietola rossa, la lattuga crespa, le carote e gli spinaci, molti legumi. La terza via d’ingestione dei nitrati e nitriti è il loro uso come additivi alimentari, soprattutto per la conservazione dei salumi (fermentati o cotti). I nitrati (dai quali derivano i nitriti) sono usati nei salumi per controllare fermentazioni e inquinamenti batterici, indesiderati o pericolosi e mantenere il colore rosso della carne, che però scompare e passa al bruno dopo un prolungato contatto con l’ossigeno dell’aria. Da qui, la necessità di una conservazione dei salumi affettati sotto vuoto o in particolari atmosfere modificate. I nitrati e i nitriti, se sono ingeriti in quantità molto elevate, possono essere causa d’intossicazioni, che non è possibile avere quelli aggiunti ai salumi nelle dosi consentite. I nitrati si trasformano in nitriti, che a loro volta possono dare origine alle nitrosammine normalmente presenti in formaggi, pesce e carni. Essendo stata formulata l’ipotesi, suffragata da prove sperimentali sul gatto ed il topo, che siano cancerogene, le nitrosammine sono oggetto di particolare attenzione e di misure volte a ridurne la produzione e l’ingestione tramite gli alimenti. Per l’aggiunta di nitrati e nitriti al Prosciutto Cotto, bisogna rilevare che non solo sono strettamente regolamentati, a dosaggi molto bassi, ritenuti sicuri da tutte le organizzazioni sanitarie, considerando anche i loro effetti positivi (controllo del rischio di contaminazioni anomale), ma che al termine dei

POLIFOSFATI, NITRITI E NITRATI, GLUTAMMATO Nei Prosciutti Cotti sono aggiunte alcune sostanze che meritano qualche chiarimento. I polifosfati (spesso nelle etichette sono indicare con la sigla E 450) favoriscono l’assorbimento dell’acqua da parte delle fibre muscolari e impediscono la disidratazione della carne durante la cottura, la mantengono più morbida e succulenta, ma anche più ricca d’acqua. Possono essere usati nel Prosciutto Cotto a dosi ben determinate. Un prosciutto cotto contenente polifosfati ha di solito più acqua di uno senza polifosfati, ma se il primo è usato in cucina per un ripieno o su di una pizza, trattenendo meglio l’acqua, fornisce migliori risultati gastronomici. Da molti secoli si era visto che l’aggiunta alle carni conservate (salumi) di salnitro ne conservava il bel colore rosso ed evitava quello marrone e soprattutto riduceva in modo rilevante la loro alterazione. Da qui la consolidata tradizione salumiera di usare il salnitro, oggi sostituito da nitrati e nitriti, meglio controllabili, e sui quali sono opportune alcune precisazioni. I nitrati sono composti azotati che derivano dalla scomposizione delle sostanze organiche e possono arrivare nella alimentazione umana attraverso tre vie principali. La concimazione dei campi con concime organico (o biologico come oggi si usa dire) o chimico, soprattutto se abbondante, porta ad un aumento dei nitrati nelle acque potabili. Una seconda via d’ingestione dei nitrati e dei nitriti è costituita dagli

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Lavorazione coscia, verso la pastorizzazione e pastorizzazione completata.

Uscita dal forno, confezionamento affettati e teneroni di prosciutto cotto.

procedimenti di fermentazione non sono più reperibili, perché bloccati dal substrato del salume. Nitrati e nitriti, di sodio e di potassio, inibiscono lo sviluppo di batteri tossici e mantengono il colore rosso della carne. Nitriti e nitrati (indicati anche con le sigle dell’Unione Europea E 249, E 250, E 251. E 252) agiscono validamente

contro il Clostridium botulinum (botulino). Accurati e dettagliati studi, considerando anche il bilancio tra i due rischi (controllo del botulismo rischio tossico) indicano che a dosi opportune i vantaggi superano notevolmente i rischi. Il glutammato monosodico (E 621) è di largo uso nelle

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cucine orientali ed è entrato in quelle occidentali solo negli ultimi decenni e é un “esaltatore di sapidità”. A dosi regolamentate, può essere usato soltanto nei salumi cotti come il Prosciutto Cotto. Perché sembra possa indurre fenomeni d’intolleranza, è obbligatoria la sua indicazione in etichetta.

PROSCIUTTO COTTO AL PASSO CON I TEMPI E LE ESIGENZE MODERNE Il Prosciutto Cotto, come ogni altro alimento, cambia e si adegua ai tempi e quello d’oggi non é quello del passato. Negli ultimi vent’anni é “dimagrito”, ma soprattutto oggi ha meno grassi saturi, colesterolo,

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sale e additivi! Tutto questo per meglio soddisfare le esigenze del consumatore moderno che agli alimenti chiede meno energia e più nutrizione! Per i grassi e il colesterolo siamo a livelli inferiori a ogni “carne bianca”, ma quel che é importante é che non ha perso sapidità! Miracolo? Certamente no, ma solo saggi e sapiente scelta delle materie prime (carni di maiale sempre più magre) e tecniche appropriate!

CONSIGLI PER L’ACQUISTO E LA CONSERVAZIONE Per l’aspetto, il Prosciutto Cotto deve essere di colore rosa e non presentare nervi o cartilagini. Evitate i prosciutti di colore troppo acceso o troppo pallido, mentre se tendono al marroncino, possono essere un prodotto biologico e il particolare colore é la conseguenza di mancanza di additivi. Un buon prosciutto cotto ha la cotenna e uno spesso strato di grasso, completamente bianco. La fetta non deve essere troppo umida (l’umidità é sintomo di utilizzo dei polifosfati) né troppo secca (che potrebbe indicare un utilizzo della spalla e non della coscia). La commercializzazione di Prosciutto Cotto affettato, confezionato in atmosfera modificata, e conservato a temperatura opportuna agevola l’uso di un alimento che si presta al consumo diretto e, come ingrediente, a molte applicazioni gastronomiche, tradizionali e innovative. Se sulla superficie del prosciutto cotto, in trancio o fetta, conservato in frigorifero dovesse comparire una patina umidiccia e viscida, é la conseguenza di un inquinamento batterico e il prodotto non va mangiato! Il Prosciutto Cotto – tra i diversi salumi – é anche tra i più economici. Considerando ad esempio il suo contenuto in proteine, un etto di queste é venduto tra i 7 e i 10 Euro, contro i 10 – 12 Euro della mortadella e

PROSCIUTTO COTTO VARIAZIONI 1993 - 2011 1993 2011 VARIAZIONE % LIPIDI Prosciutto Cotto sgrassato (g/100 g)

4,4

3,5

-21%

ENERGIA (kcal/100 g)

215

138

-36%

GRASSI SATURI (g/100 g) 5,10

3,20

-37%

COLESTEROLO (mg/100 g) 62

49

-22%

SALE (mg/100 g)

2,3

2,1

-9%

NITRATI (ppm)

110

14,4

-87%

Fonte INRAN

Molto interessante é il confronto tra i diverse tipi di Prosciutto Cotto, che dimostra come riguardino anche le caratteristiche nutrizionali.

PROSCIUTTO COTTO COMPOSIZIONE PER 100 GRAMMI ACQUA g PROTEINE g LIPIDI g COLESTEROLO g CARBOIDRATI g ENERGIA Kcal ENERGIA Kj NaCl g Prosciutto Cotto

72,2

15,7

7,6

48,6

1,7

138

576

2,1

Prosciutto Cotto sgrassato (privato del grasso visibile)

74,7

17,0

3,5

-

1,9

107

446

2,1

Prosciutto cotto scelto

70,0

17,5

9,2

57,1

0,6

155

649

1,9

Prosciutto cotto scelto (privato del grasso visibile)

73,3

19,4

4,0

-

0,5

115

483

2,0

Prosciutto cotto alta qualità

66,8

18,0

11,9

50,3

0,8

182

761

1,9

Prosciutto cotto alta qualità (privato del grasso visibile)

71,8

19,5

5,0

-

0,9

127

531

2,0

Fonte INRAN - Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

22 PROSCIUTTO COTTO GIOVANNI BALLARINI


i 9 – 18 e anche 35 Euro per i diversi tipi di prosciutto crudo. Non può essere ritenuto Prosciutto Cotto quello ottenuto da tagli di carni che non sono quelli della coscia di maiale, come i cosiddetti (denominazioni vietate) prosciutti di spalla, nei quali carni suine di spalla sono trattati come si fa per ottenere il prosciutto cotto

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dai muscoli della coscia trattare ed in questi prosciutti di spalla non solo non vi è alcun prosciugamento, ma neppure la coscia di maiale. Proseguendo oltre, in modo particolare per le pizzerie, sono stati prodotti dei “prosciutti cotti” ottenuti da tagli carnei di maiale diversi e tra loro assemblati, ma non di spalla e tanto meno di coscia. Questo non costituisce pericolo o rischio sanitario per il consumatore, cambia invece la qualità gastronomica del prodotto e soprattutto il fatto incontrovertibile che ogni consumatore ha il diritto di sapere che cosa compra.

USI E GASTRONOMIA Per un certo periodo il Prosciutto Cotto é stato visto e usato come “alimento dietetico”, frequente nelle diete degli ospedali, e questo per la sua digeribilità e facilità di uso. Allo stesso modo, e per motivi analoghi, é stato “ghettizzato” come piatto sostitutivo o di emergenza per chi aveva delle intolleranze particolari. Oggi, invece, e non si spiegherebbero i quaranta milioni di prosciutti cotti mangiati dagli italiani, il Prosciutto Cotto é entrato a vele spiegate nella gastronomia. Se si esaminano i ricettari moderni, il prosciutto cotto si trova molto di frequente. In un ricettario presente in internet, ad esempio, vi sono ben 543 ricette nelle quali é presente questo ingrediente. Altrettanto vari sono i tipi di preparazione gastronomica dove figura il prosciutto cotto.

PREPARAZIONI GASTRONOMICHE CON PROSCIUTTO COTTO Antipasti alla italiana - Bigné salati - Budini salati - Brioche Cannelloni - Calzoni - Carni farcite - Carni ripiene - Condimenti per Paste - Condimenti per Risotto e risi in insalata - Cordon Bleu - Crepes - Crocchette - Crostoni - Fagottini - Focacce - Frittate - Frittelle - Girelle - Gratin - Insalate - Involtini Lasagne - Medaglioni - Minestre e minestroni - Mousse Muffin - Omelette - Pani conditi - Panini ripieni - Panzerotti Parmigiane diverse - Parigine - Paste al Forno - Pasticci diversi - Paté - Pizze - Polpette e polpettoni - Portafogli ripieni - Ragù - Ripieni per paste in brodo o asciutte - Rotoli pieni - Salse Saltimbocca - Sandwich - Scaloppine - Sfogliate e sfogliatine Sformati diversi - Sofficini - Soufflé - Spiedini - Tartine - Terrine - Timballi e timballini - Toast - Torte salate - Tramezzini - Uova farcite, al tegame o in altri modi - Verdure ripiene – Vol-au-vent

Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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EVENTI Eventi campagna Unaproa “Nutritevi dei colori della vita” Valorizzare le caratteristiche salutari di frutta e ortaggi, comunicare il ruolo strategico che il consumo di questi alimenti ricopre nella tutela del nostro benessere, infondere fiducia nel consumatore nei riguardi del prodotto ortofrutticolo garantito nella sua qualità e completamente tracciabile. Sono questi alcuni degli obiettivi della campagna “Nutritevi dei colori della vita” promossa da Unaproa (Unione Nazionale tra le Organizzazioni dei Produttori Ortofrutticoli, Agrumari e di Frutta in Guscio) con il cofinanziamento di Unione Europea e Stato Italiano (Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali). La campagna di durata triennale, dal 2012 al 2015, si propone di fornire inoltre indicazioni sulle proprietà qualitative e organolettiche di frutta e verdura, nonché

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Giffoni Film Festival

Giffoni Film Festival

Giffoni Film Festival


consigli sulla corretta alimentazione che prendono spunto dai colori dei prodotti. Infatti, sono proprio i colori di frutta e degli ortaggi i protagonisti della campagna : il rosso, il verde, il bianco, il giallo-arancio e il blu-viola, ovvero i “5 colori del benessere” che custodiscono un prezioso consiglio: consumando ogni giorno almeno 5 porzioni di frutta e verdura dei 5 colori possiamo ottenere una maggiore protezione del nostro organismo. Ogni colore corrisponde a sostanze specifiche ad azione protettiva per cui solo variando nell’arco della giornata alimentare il consumo di frutta e verdura potremo coprire tutti i fabbisogni dell’organismo. La campagna Nutritevi dei colori della vita, giunta al secondo anno, è articolata su più livelli di attività: si va

dall’advertising agli incontri con i consumatori all’interno dei punti vendita, dalla partecipazione ad eventi di grande richiamo alla realizzazione e diffusione di materiali di approfondimento. Tra le attività messe in atto per promuovere i prodotti ortofrutticoli nel corso del 2013 spicca la partecipazione ad eventi di grande richiamo pensati appositamente per raggiungere target molto sensibili, come ragazzi, sportivi, famiglie, opinion leader e stakeholder. Proprio nell’ottica di raggiungere un pubblico vasto e qualificato insieme , questa estate dal 18 al 28 luglio, “i cinque colori” hanno fatto tappa a Valle Piana, in provincia di Salerno, per il Giffoni Film Festival, partecipando a un

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Festa dei colori di Caprarola


EVENTI

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International Six Days of Enduro

appuntamento centrale della cultura cinematografica pensata per i più piccoli e le loro famiglie, che conta ogni anno centinaia di migliaia di presenze. A fine agosto è stata quindi la volta della “Festa dei colori” di Caprarola, occasione grazie alla quale la campagna Unaproa è approdata nella cornice agreste dei Monti Cimini. Diverse le attività realizzate, da animazioni e giochi a quiz con premi e omaggi per i più preparati a momenti di degustazione di piatti e assaggi a base di frutta e verdura di stagione.


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In autunno, poi, “i colori del benessere” e la loro energia si sono alleati con lo sport e a Olbia, dal 30 settembre al 5 ottobre, Unaproa ha presenziato attivamente alla centesima edizione dell’ISDE, l’International Six Days of Enduro, l’Olimpiade della moto che ogni anno assegna il titolo di Campione del Mondo di Enduro a squadre nazionali, coinvolgendo centinaia di migliaia di persone. In inverno, da ultimo, con “Nutritevi dei colori della vita” Unaproa è stata main sponsor del prestigioso evento annuale di presentazione del rapporto “Mercati frutta & verdura” di Mark Up Sole 24 Ore, nel 2013 alla quattordicesima edizione. Presentazione del rapporto Mark Up



AGRICOLTURA OGGI

IL MELO

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Davanti all’espositore della frutta, al supermercato o dal dettagliante, la mela 31 ci sorprende con i suoi colori e le sue forme.

Spesso sono composizioni curate, che hanno il pregio di guidarci nel riconoscimento delle varietà, giallo per le Golden, dal sapore equilibrato dolce-acidulo, rosso per le Delicious, dolci con polpa fondente, che a volte diventa farinosa, verde per Granny Smith, acidula con la polpa dura. Sappiamo che le Gala sono quelle rosse striate, che si fanno apprezzare da una larga fascia di consumatori per la polpa dolce, croccante e succosa. Un pò come Fuji, che però hanno forma cilindrica. Riconosciamo la Renetta del Canada per il suo aspetto antico: buccia rugginosa su fondo giallo-verde. È questa la composizione di base: 5 – 6 referenze, cui sempre più spesso si aggiungono nuove varietà, oppure qualche tipicità regionale.

Silvio Pellegrino


Le origini del melo Solo da poco si è avuta la conferma scientifica sull’origine del melo coltivato. È stata ottenuta da un network internazionale guidato dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. Dopo aver sequenziato il genoma del melo nel 2010, i ricercatori italiani hanno comparato le sequenze geniche delle varietà attuali con le diverse specie selvatiche. I test del DNA ci sono familiari se non altro per le indagini del RIS di Parma. Anche sulla mela è stato possibile fare il test di paternità, per scoprirne gli antenati. Il “padre di tutte le mele” è il Malus sieversii, la specie che cresce spontanea sulle montagne del Tian Shan, in Kazakhstan. La catena del Tian Shan, che significa “le montagne del cielo”, le “montagne celesti”, fa da corona ad Alma Ata, che è stata capitale fino al 1997. Il 4 settembre

1991 il celebre giornalista e scrittore Tiziano Terzani arriva ad Alma Ata pochi giorni dopo il fallito colpo di stato contro Gorbaciov. Le sue parole affacciandosi alla finestra dell’albergo: “Mi godo lo spettacolo delle Montagne del Cielo, come ritagli di carta blu mare contro un pallidissimo orizzonte appena rischiarato dal bagliore di un sole che ha ancora da sorgere: una straordinaria catena di vette forti e scoscese, alcune alte più di settemila metri, intorno ad una immensa valle ancora affogata nel buio”. Alma Ata in kazako significa “il padre delle mele”. Alma = mela non solo in kazako, ma anche in turco, ungherese e nelle altre lingue derivate dalle migrazioni dalle steppe della Mongolia e della Siberia e passate per l’Asia centrale. Tra queste, quella degli Unni, stanziatisi in Ungheria, e più tardi i Turchi e le orde mongole di Gengis Khan.

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Ad Alma Ata prosegue gli studi di Vavilov e dedica la propria vita a salvare il Malus sieversii dalle politiche forestali del regime sovietico, che aveva deciso di abbattere le “inutili” foreste di melo per far posto a essenze di legno pregiato. Nella sua battaglia per proteggere quella straordinaria riserva naturale di biodiversità, realizza una vasta collezione delle piante recuperate in anni di spedizioni scientifiche nelle valli del Tian Shan. Soprattutto riesce a impedire, tra mille traversie e rischiando il Gulag, la distruzione di quell’eden originario. Solo dopo la caduta del muro di Berlino e la disgregazione dell’Unione Sovietica nel 1991 si seppe di Djangaliev e delle sue ricerche. Phyl Forsline e i colleghi della Cornell University (NY) raggiunsero Djangaliev e organizzarono con lui nuove spedizioni scientifiche sul territorio. Le centinaia di selezioni recuperate sono oggi a disponibili presso il Plant Genetic Resources, la “banca mondiale del germoplasma del melo” di Geneva (NY, USA), dove

Le purghe di Stalin L’ipotesi corretta sull’origine del melo era stata avanzata dallo scienziato russo Nikolaj Vavilov. Aveva formulato la teoria sull’origine delle piante coltivate, sulla base della distribuzione della variabilità genetica. Nel 1929 dedica una campagna di studio all’Asia centrale, quando si rende conto che le foreste intorno ad Alma Ata sono l’epicentro della biodiversità del melo. Esemplari pluricentenari, che crescono fin quasi a 2.500 di altitudine. Riscontra tutta la gamma di forme, colori, sapori presenti nelle attuali varietà e candida il Malus sieversii, vero e proprio fossile vivente, a specie ancestrale del melo coltivato (Malus x domestica). Vavilov cadde poi in disgrazia, fu condannato da Stalin e morì in prigione nel 1943. Solo al crollo dell’Unione Sovietica è emerso il seguito della storia. Uno dei giovani allievi era il kazako Aymak Djangaliev. Nel 1945 torna in patria decorato come eroe di guerra.

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Shan, una delle propaggini a nord-est, separando l’Asia centrale dalla Cina, intrappolò una qualche specie ancestrale di melo in un territorio isolato e inaccessibile. La seconda risposta sono gli orsi. Mentre perlustravano le valli del Tian Shan per raccogliere innesti e semi dalle piante più interessanti, i ricercatori si accorsero di essere in competizione con gli orsi. Gli orsi sono ghiotti di queste gustose mele selvatiche e l’esame delle feci ha confermato che in autunno sono piene di semi di sieversii. Ecco quindi cosa può essere successo: la prima selezione, quella che ha fatto fare un salto di qualità alla mela-ciliegia e dato origine al Malus sieversii così come lo ha conosciuto l’uomo, l’hanno fatta gli orsi del Tian Shan, scegliendo i frutti più dolci e commestibili e disseminandoli con le feci. Nel corso dei millenni, le piante con i frutti più grossi e polposi hanno avuto un vantaggio competitivo diffondendosi sul territorio.

sono custodite tutte le varietà di melo, antiche e nuove, oggi conosciute. L’accesso alla specie delle origini sta riservando felici sorprese: fonti di resistenza non solo a malattie, come il “colpo di fuoco batterico”, ma anche a insetti. Le varietà del futuro attingeranno sempre più alla ricchezza del passato, anche quello remoto. All’inizio furono gli orsi… Perché proprio il Malus sieversii è l’antenato del melo domestico? In effetti i suoi frutti sono relativamente grandi (100 grammi e 5 cm di diametro), hanno polpa dolce e succosa, buona da mangiare; mentre la maggior parte delle specie selvatiche non raggiungono le dimensioni di una ciliegia. Cos’è accaduto nell’evoluzione del genere Malus? La prima risposta è nella tettonica a zolle. Circa 60 milioni di anni fa, sotto la spinta della placca indoaustraliana contro quella asiatica, si sollevarono le montagne dell’Himalaya. La catena del Tian

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latina e più a nord ai Celti e ai Germani. Furono probabilmente le grandi migrazioni indoeuropee a diffondere il melo dall’Asia centrale a tutto il mondo allora conosciuto. In epoca storica, da queste parti prosperava la civiltà sogdiana, con le favolose città di Samarcanda e Bukhara. Più tardi divenne parte dell’impero persiano, che si estendeva dalla Cina al Mediterraneo. Sulle strade costruite dai persiani si sviluppò la più grande via di comunicazione dell’antichità, la “via della seta”. Ottomila chilometri di strade che collegavano la Cina con l’occidente, portando la seta a Roma e a tutte le province dell’impero. Su quella via per secoli hanno viaggiato in entrambi i sensi le merci ma anche le nuove idee, le religioni… e i semi e gli innesti delle varietà di melo.

… Poi l’uomo Riassumendo, una specie di melo ancestrale rimane intrappolata in un territorio chiuso da una catena montuosa del massiccio himalayano. Gli orsi del Tian Shan selezionano le piante con frutti più grandi e commestibili. La domanda successiva è: quando l’uomo ha incontrato il Malus sieversii – il melo delle origini – e per quali vie lo ha diffuso in tutto il mondo conosciuto? L’area di origine del melo si trova all’incrocio delle repubbliche dell’Asia centrale: Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Oggi periferia del mondo, ma nel secondo millennio AC qui si svilupparono le civiltà che oggi chiamiamo indo-europee, perché invasero a sud l’India e la Persia, mentre a est colonizzarono l’Europa con ondate successive che diedero origine alle civiltà greca,

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Vendita di mele lungo le strade cinesi

Coltivaxione intensiva nello Yunnan, Cina

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LA COLTIVAZIONE SOSTENIBILE La sicurezza alimentare della frutta, e a maggior ragione quella della mela, è diventata un pre-requisito, al di sopra di ogni sospetto. La prevenzione e la cura delle malattie sono affidate ad agronomi specialisti in PI – Produzione Integrata, i protocolli dell’agricoltura sostenibile. Il tutto si traduce in rispetto, anzi valorizzazione dell’ambiente, e certificazione della sicurezza alimentare, la cosa che più sta a cuore al consumatore. Un pò come nella salute umana, si prescrivono agrofarmaci – spesso di origine naturale – solo quando strettamente necessari. Spesso non servono più. Ad esempio, gli insetti dannosi come il verme delle mele sono tenuti a bada con la “confusione sessuale”. Nei meleti si applicano stick che diffondono le scie odorose emesse dalle femmine per disorientare i maschi: niente accoppiamenti, niente vermi nelle mele. Il nuovo metodo Alt’Carpo utilizza invece barriere di rete che ostacolano il volo degli insetti. Un metodo meccanico che ha superato con successo la fase di sperimentazione e già si diffonde in pieno campo a partire dai frutteti piemontesi. È diventata concreta la possibilità di coltivare il melo senza insetticidi, un passo avanti anche rispetto agli insetticidi “naturali” utilizzati nell’agricoltura biologica. Per facilitare le cose, si guarda a varietà che non abbiano bisogno di tante cure, più rustiche e resistenti

alle malattie. Ci si è concentrati sulla ticchiolatura, la malattia fungina numero 1, ma oggi la ricerca è estesa a tutto campo, per riunire in un’unica varietà resistenze multiple, che proteggano il melo dalle più importanti patologie. Si tratta di lavori lunghi e complessi. E’ emblematico quello sulla ticchiolatura, iniziato nel secolo scorso, che proprio ora sta dando risultati apprezzabili. Nel 1945 il prof. Fred Hough dell’Università dell’Illinois, con un team di appassionati colleghi e collaboratori, iniziò un programma di incroci naturali tra un melo selvatico (Malus floribunda), che presentava un carattere di resistenza a ticchiolatura oggi noto come Rvi6, e una varietà di interesse commerciale. I frutti di Malus floribunda, come quelli di altre specie utilizzate in seguito, non raggiungono le dimensioni di una ciliegia e sono di sapore astringente, praticamente immangiabili. Ci sono voluti più di cinquant’anni e 6-8 generazioni per colmare il gap qualitativo, pur mantenendo la resistenza del melo selvatico. Oggi queste nuove varietà si stanno diffondendo in coltivazione: già alcune centinaia di ettari di Modì®, CrimsonCrisp, Choupette, Ariane, Story®, etc. Un programma scientifico che ha attinto alle origini del melo per costituire nuove varietà resistenti alle malattie.

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LE MELE RESISTENTI

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Cripps Pink. È stata la prima varietà rosa pastello, con forma cilindrica allungata, immediatamente riconoscibile. Le caratteristiche gustative sono altrettanto tipiche: polpa molto soda, succosa, dolce/ acidula, intensamente aromatica. Piace ai ragazzi, che hanno la dentatura adatta per gustarla a morsi.

Nuove varietà Tra le nuove varietà si sono affermate quelle più facilmente riconoscibili, che rimandano a una sensazione gustativa particolare. Una presenza costante è diventata Pink Lady® (www.melapinklady.com), il marchio commerciale della varietà

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Il network commerciale che l’ha portata al successo ha puntato sugli adolescenti, giocando con i loro turbamenti affettivi: la mela di San Valentino, il bollino a cuore e la confezione rosa. Sempre sul rosa se la gioca Ambrosia (www. ambrosiaapples.com/it/), che si presenta con forma

tronco-conica (quella di Golden, per capirci) e 5 umboni ben pronunciati. Anche in questo caso l’aspetto rimanda a un preciso profilo gustativo: la polpa è molto dolce, croccante senza essere dura, succosa: una varietà da dessert che incontra il gusto mediterraneo.


le superfici, che possono interessare territori diversi, si dà un disciplinare che consenta di selezionare rigorosamente la qualità. Il brand è la varietà stessa. Più è caratterizzata, più sarà facile posizionarla sui segmenti più remunerativi del mercato. Le varietà più interessanti che si stanno diffondendo con questa formula di brand varietali a filiera programmata sono Kanzi® (www.kanziapple. com), Jazz® (www.jazzapples.com), Modì® (www. modiapple.com), ma sono in arrivo Envy™ (www. envyapple.com), Isaaq® (www.isaaq-apple.com) e si sta lavorando a nuove varietà a polpa rossa.

Filiere controllate per il lancio di nuove varietà Per diffondere una nuova varietà si seguono le regole del marketing. Deve essere un prodotto innovativo, qualcosa che non c’è ancora sul mercato. Poi bisogna curare la comunicazione, programmare gli impianti e curare l’immissione sul mercato. Grandi sforzi, anche finanziari, che richiedono l’impegno di tutta la filiera: dai produttori agli operatori commerciali. Dietro alle storie di successo ci sono accordi di filiera (spesso si parla di varietà-club) in cui tutti gli attori sono impegnati a costruire il successo della nuova varietà. In forza dell’esclusiva brevettuale, il consorzio programma

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Le tipicità regionali Le varietà legate al territorio sono tante, anche se poche arrivano sugli scaffali. La Renetta è percepita come specialità regionale. Anche se il nome completo è Renetta del Canada ed è coltivata lungo tutto l’arco alpino, nell’immaginario dei consumatori italiani è “la Renetta del Trentino”. Merito della efficace comunicazione del consorzio Melinda. Una curiosità. La Renetta del Canada prodotta in Val di Non è di tipo semi-rugginoso: la “grana” rugginosa copre parzialmente (20 – 40%) il frutto, lasciando visibile il fondo verde chiaro, giallo a piena maturità. In Val d’Aosta, ma anche in Piemonte, si coltiva soprattutto la Renetta del Canada “grigia”. Il frutto è identico, ma ricoperto quasi per intero dalla rugginosità. Ne viene fuori un frutto dall’aspetto antico. Sarà perché ricorda le armature esposte nei castelli della Vallée, ma sembra che ci arrivi direttamente dal medio evo.

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Le nuove tendenze: colori e sapori L’innovazione varietale vive un suo momento d’oro. Tante nuove varietà che arrivano sul mercato, tanti prototipi ai blocchi di partenza e soprattutto tanti progetti. Sembra di essere in Formula 1 e non mancano le scuderie, nel nostro caso Consorzi di produttori e Editori che finanziano i progetti di ricerca per la creazione di nuove varietà e ne curano il lancio commerciale. Quali sono le nuove tendenze? Si fa a gara nell’interpretare i gusti del consumatore, quelli espliciti o anche quelli che potrebbero diventare di tendenza. Qualche esempio. Polpa croccante e succosa. E’ una tendenza che arriva dal Nord Europa, dove la mela si consuma soprattutto come snack, al di fuori o al posto di un pasto. La polpa fondente, soffice e farinosa funziona invece come dessert a fine pasto ed è (era?) il consumo tipico italiano e mediterraneo. La concorrenza tra dessert si è fatta spietata: se un tempo l’alternativa a fine pasto era tra frutta e dolce, oggi si sono fatti largo i preparati di un’industria agroalimentare che sa come promuovere i propri prodotti. Creme, yogurt, mousses, dessert a base di latte, tutti dolci e cremosi, magari ricoperti di panna e tempestati di palline colorate per conquistare l’attenzione dei più piccoli, hanno plasmato il gusto delle nuove generazioni, per le quali la frutta a fine pasto è diventata l’ultima delle opzioni. Per non parlare della fretta dei nostri pasti e della progressiva rarefazione dell’offerta di frutta fresca nella ristorazione. Insomma, le nostre varietà “tradizionali”, dalla fondente Red Delicious, alla stessa Golden, si trovano l’erba tagliata sotto i piedi.

Polpa croccante Lo snack a base di frutta è invece un consumo in crescita. Nella breve pausa pranzo dell’ufficio, un frutto è la soluzione leggera, gradevole e dietetica. Qui la spuntano le mele croccanti, da mangiare a morsi, preferibilmente con la buccia, sia perché è una seccatura sbucciarle, sia perché è passato il messaggio che nella buccia sono concentrate vitamine e antiossidanti, che è un peccato buttar via. Le varietà sode e croccanti finora disponibili sono talvolta dure, impegnative da masticare. E’ il caso di Granny Smith, ma anche di Pink Lady. La polpa giusta è quella che presenta una tessitura “cristallina”, che si rompe in bocca al primo morso sprizzando tutto il succo: croccante e succosa, non da rimasticare. E’ quella portata al successo da Fuji, da Honeycrisp negli Stati Uniti, e che troviamo nelle nuove Jazz, Kanzi, Envy (tutte e tre derivano dall’incrocio Gala x Braeburn). I ricercatori della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige hanno messo a punto uno strumento per misurare la croccantezza. C’è una componente meccanica, ma anche una acustica, così che lo strumento rileva anche le vibrazioni: il “croc” al morso. Nell’ambito del Progetto AGER – Qualità della mela, finanziato da tredici fondazioni bancarie che hanno investito in ricerca nel settore agroalimentare, il carattere “croccantezza” è stato associato a marcatori molecolari, che renderanno più rapida la selezione delle prossime varietà.

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prevenzione da ictus, cardiopatie e anche alcune forme tumorali, tutte le patologie che traggono origine dal danneggiamento delle nostre cellule. Insomma, la nutriceutica (lo studio di alimenti-farmaco) è uno dei punti di forza delle mele e in particolare delle mele a polpa e buccia rossa. Le vedremo nei prossimi anni sulle bancarelle.

Mele a polpa rossa Non sono ancora sul mercato, ma sono in prova presso le stazioni sperimentali e già si programmano i primi meleti. Nei prossimi anni vedremo una nuova generazione di varietà con polpa rossa. Facili da identificare, i primi acquisti saranno dettati dalla curiosità. I claim promozionali tenderanno a valorizzarne le proprietà salutistiche. La colorazione rossa è data dai flavonoidi, sostanze polifenoliche con forti proprietà antiossidanti. Neutralizzano i radicali liberi che si formano nelle nostre cellule e che sono i principali fattori di invecchiamento dei nostri tessuti. Svolgono un’azione anti-age, ma non solo. Spazzare via giorno dopo giorno i radicali liberi vuol dire

Silvio Pellegrino CReSO – Centro di ricerca e sperimentazione per l’ortofrutticoltura piemontese

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CALEIDOSCOPIO

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“NOSTRO” HA PRESO IL VIA... Un progetto gastronomico che sposa l’innovativa apertura h24 con forti radici territoriali: prodotti a km 0 e materia prima di qualità

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Difficile contenere “Nostro” in una definizione. Artigianalità, km 0, rapporto qualità-prezzo, spazio goloso aperto h 24, voglia di tornare alla tradizione lavorando al suo interno solo materia fresca locale, ma anche innovazione grazie ad una ventina di giovani artigiani che rivisitano, creano, utilizzano la migliore tecnologia per offrire qualità a costi contenuti. Dunque una forte etica imprenditoriale che sposa l’attenzione al territorio e l’innovazione dell’apertura ininterrotta, in un luogo in cui la carta dei vini non andrà oltre la grande provincia salernitana, con qualche eccezione per la regione. Vale lo stesso per la materia prima, proveniente essenzialmente dalla Piana del Sele, dal Cilento e dagli Alburni. I territori che si vedono e si toccano dalle grandi vetrate della moderna struttura. 5 i laboratori che producono nell’arco dell’intera giornata (e nottata) i prodotti che si consumano nella struttura polivalente, un ristorante pizzeria ed un bar. Un lavoro incessante, quello che svolgerà la famiglia Capasso, imprenditori di successo che non hanno dimenticato la propria terra e che - proprio per questo – in essa continuano ad investire. Resterà nella storia gastronomica campana la data del 7 dicembre 2013, la giornata inaugurale in cui Nostro ha aperto al pubblico per festeggiare ininterrottamente ad un progetto che guarda (finalmente) al luogo in cui nasce. Il modo più semplice per affrontare questo momento di crisi economica è agevolare le economie locali, dare spazio alle piccole imprese che fanno qualità, cogliere l’occasione per fare informazione. Quello che è stato fatto nei vari piccoli eventi che hanno costellato l’open day, dove la giornalista enogastronomica Antonella Petitti, assieme agli imprenditori Alfredo e Lucio Capasso, il fiduciario Slow Food Marco Contursi, ed i vari artigiani di Nostro, ha condotto gli intervenuti alla scoperta

delle lavorazioni artigianali che si svolgono all’interno dei laboratori della struttura. A qualunque ora sarà possibile fare colazione, merenda, pranzare, prendere un aperitivo, oppure comprare qualche prodotto locale – dai vini alle conserve – sapendo che scrupolosa è la selezione della materia prima. Merenda consigliata il gelato artigianale, ad accompagnare l’aperitivo una freschissima pasticceria salata: solo due esempi che lasciano comprendere lo spirito vivo ed intraprendente di questa nuova scommessa imprenditoriale. “C’è bisogno di qualità ed anche di contenimento dei costi, ma non è un’impresa impossibile”, spiegano i fratelli Capasso, “certamente bisogna rinunciare a qualcosa. Preferisco puntare su un gran sorriso e sulla gentilezza nel servizio, poi se non sempre si serve come da etichetta pazienza! Il gelato è una delle nostre eccellenze, avremo non oltre 12 gusti, la qualità ha bisogno di dedizione. Questo è quanto faremo, prediligere la qualità ad altri orpelli, e questo - siamo convinti - premierà Nostro. Un luogo aperto, flessibile e di condivisione”.


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Il Cso ha organizzato in questi giorni una missione commerciale in Cile ed in Peru’ per promuovere integrazione e scambi commerciali con due paesi in forte sviluppo produttivo. Vi hanno partecipato: Apofruit, Agrintesa, Salvi, Naturitalia, Jingold ,Unitec,Graziani, Maap Padova e Macfrut . Per quanto riguarda il Peru’ c’e’ un grande interesse a stringere accordi commerciali diretti con gli operatori italiani se si considera che fino ad ora i contatti erano mediati attraverso l’Olanda e la Delegazione Cso e’ stata la prima in dieci anni in visita ufficiale. Il Ministro dell’agricoltura peruviano ha confermato l’interesse ad organizzare una Missione in Italia nei prossimi mesi. In Cile, la missione Cso ha preso visione diretta delle importanti innovazioni tecnologiche applicate nella filiera produttiva, soprattutto a livello di automazione degli impianti di lavorazione della frutta ad alta tecnologia. Le imprese di produzione cilene hanno registrato negli ultimi anni una crescita vertiginosa del fatturato esportando il 100% dell’offerta all’estero. La delegazione italiana, guidata da Federico Milanese, Responsabile Internazionalizzazione di CSO, ha incontrato i vertici dell’Ambasciata, ASOEX E Federfrutta. L’iniziativa CSO in Cile si e’ conclusa con la visita a tre realta’ produttive leader in Cile per le ciliegie, Agricola Garces, Unifrutti e Frusan fortemente interessate alle tecnologie di lavorazione made in Italy.

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L’ORTOFRUTTA ITALIANA VOLA IN CILE E IN PERU’ CON L’INTERNAZIONALIZZAZIONE CSO

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AGRUMI: UN MONDO AFFASCINANTE E DI SALUTE PAOLO INGLESE

AGRICOLTURA OGGI

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Agrumi: un mondo affascinante e di salute. Nativi dell’Estremo Oriente, dalla Cina alle aree caldoumide pedemontane dell’Himalaya, sono i frutti più coltivati e venduti a livello planetario. La loro ricchezza di specie e varietà li ha resi parte della cultura alimentare, religiosa, artistica di ogni parte del mondo. Piante, e frutti, di grande forza ornamentale, apprezzati per l’estetica e davvero insostituibili per la ricchezza e varietà di essenze e profumi, sono la base per una dieta ricca di vitamine e antiossidanti. Paolo Inglese


Con il termine agrumi si intende un gruppo di diverse specie e varietà coltivate (arance, mandarini, clementini, pompelmi, limoni, cedri, pummeli, lime, bergamotti, tangeli, satsuma ecc.), destinati prevalentemente alla produzione di frutti per il consumo fresco o per la trasformazione industriale (succhi, essenze e derivati secondari), ma anche per scopi ornamentali. Appartenenti principalmente al genere Citrus, sono originari dell’ Estremo Oriente dove crescono come vegetazione spontanea in forma di alberelli o arbusti isolati, nelle aree di foresta tropicale, nelle vallate e nelle pendici esposte al sole del

sud della Cina e della penisola indocinese e del nord-est dell’India. Aree protette dai venti freddi e asciutti delle steppe o dei ghiacciai, esposte alle calde piogge dei monsoni estivi, con terreni fertili e ben drenati ma sufficientemente umidi per tutto l’anno, con assenza di basse temperature e venti forti. Pomelo (o pummelo), cedro e mandarino sono le tre specie vere esistenti nel genere Citrus: tutte le altre da loro derivano e sono ibridi naturali alla cui formazione spesso ha concorso l’uomo, con la diffusione e la concentrazione di individui raccolti da varie aree geografiche. Le più antiche testimonianze si hanno in Cina

54 AGRUMI: UN MONDO AFFASCINANTE E DI SALUTE PAOLO INGLESE


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da una raccolta di documenti del V sec. a.C., dove si indicano i kumquat, i mandarini e il pomelo. Il cedro si trova citato per la prima volta in sanscrito, in India in una collezione di testi sacri braminici di epoca precedente all’800 a.C. e successivamente nella letteratura cinese nel 304 d.C., menzionato insieme al mandarino. Arancio amaro e arancio dolce li troviamo nella letteratura cinese, durante la dinastia Han (202 a.C.-220 d.C.); a quei tempi gli agrumi in Cina erano simbolo di prosperità e di augurio, e si offrivano come dono. Di altre specie di agrumi, quali il lime, la memoria antica è meno nitida: si ritiene

che le lime si siano differenziate in Malesia e Indonesia. Gli agrumi hanno seguito l’uomo nelle sue migrazioni da Oriente a Occidente e soprattutto dove la civiltà occidentale prese avvio: la Mesopotamia, la terra fra 2 fiumi, il Tigri e l’Eufrate, dove i Sumeri e poi i Babilonesi inventarono l’ agricoltura e crearono i primi giardini a scopo ornamentale. Le carovane provenienti dalla Cina e dall’ India vi portarono il cedro e, con la conquista di Babilonia da parte dei Persiani e la liberazione degli Ebrei, venne portato in Palestina, dove entrò nel culto religioso di essere offerto al tempio in segno di ringraziamento nel gior-

Vendita di pummelo nella provincia di Guagxi, Cina

Pummelo (Citrus maxima)

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Limone

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no del Sukkot. L’espansione del cedro verso Occidente prosegue con i Greci che occuparono le terre costiere del Mediterraneo; il frutto non veniva mangiato mentre foglie e fiori si usavano per profumare la biancheria e il succo era considerato un antidoto contro molti veleni. Soprattutto è la mitologia a raccontarci del furto dei “pomi aurei” dal giardino delle Esperidi, ad opera di Heracle (Ercole per i latini). Anche i Romani conobbero il cedro, il limone e le lime (agrumi a buccia gialla), iniziando ad usare l’appellativo citrus usato indistintamente per chiamare sia il cedro che le conifere spontanee del Li-

bano (cedro del Libano) e del Marocco (cedro dell’ Atlante). Testimonianze del cedro si ritrovano nei mosaici di Pompei e nella Villa del Casale a Piazza Armerina. Sul finire del millennio, gli Arabi occuparono terre nel nord dell’Africa, dell’Italia e della Spagna: a loro si deve la introduzione dell’arancio amaro e posero le basi per la coltivazione e l’utilizzo di queste piante e frutti a scopo decorativo, alimentare, per le essenze e la cosmesi. In particolare usavano adornare i cortili e i giardini con aranci amari. Nel Medioevo gli agrumi si spostarono con le Crociate ed in questo periodo presero piede sulle coste del

PARTI DEL FRUTTO

ALBEDO

FLAVEDO

SEMI

LOGGE ASSE CENTRALE

VESCICOLE SEMI ABORTITI

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Clementine

Kumquat ovale (Fortunella margarita)

Pummelo, cedro e mandarino rappresentano le 3 specie originarie degli agrumi coltivati. Tutte le altre sono ibridi naturali.

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Mediterraneo e in particolare sulla Riviera ligure, nel Levante spagnolo, in Sicilia e a Creta. Ma è, soltanto, con l’arrivo del’arancio dolce dalla Cina (Citrus sinensis o chinensis), che inizia davvero la grande storia alimentare degli agrumi nel mondo occidentale e nelle sue colonie. L’arancio dolce conquista il mediterraneo e il termine “portuallo” o portukal” è comune a tutte le lingue e i dialetti dell’area, indicando nelle colonie portoghesi o nei mercanti portoghesi i responsabili della diffusione di un frutto destinato a diffondersi ovunque. Una colonia portoghese, il Brasile, divenne rapidamente il più importante produttore di arance del mondo e, ancora oggi, è leader nella produzione di succhi. In Brasile, poi, si originarono i “Navel”, il cui capostipi-

te, il Washington Navel è frutto di una mutazione di una varietà brasiliana, la “Selecta”. Gli agrumi seguirono poi gli Europei nei loro trasferimenti verso le Americhe e la diffusione iniziò da Haiti, al Messico, alla Florida, al Brasile, al Sudafrica, paesi che diventeranno grandi produttori e trasformatori a livello mondiale. Il limone, in particolare, divenne imprescindibile compagno delle traversate ocenaniche,per la sua capacità di limitare il diffondersi dello scorbuto, grazie al suo elevato contenuto di vitamina C. Altro momento storico per la storia degli agrumi in Europa è segnato dall’arrivo del mandarino, che, nei primi anni del XIX secolo inizia a diffondersi in Sicilia, diventandone un simbolo della sua cultura agraria e alimentare.

Frutti di agrumi pigmentati da sinistra Arancio Cara Cara, arancio Moro e pompelmo Star Ruby

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La Cina è il primo paese produttore di agrumi nel mondo, con oltre 2,2 milioni di ettari coltivati e 26,5 milioni di tonnellate.

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Il Guangxi è una delle maggiori provincie agrumicole della Cina ed in particolare per la produzione di arance.

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A sottolinearne lo straordinario valore paesaggistico, se non bastassero altre mille occasioni, occorre ricordare come per indicare il frutteto di agrumi, sia esso aranceto, limoneto o mandarineto, si usi il termine “jardinu” o giardino, come epr indicare, che esso è il luogo dove scienza e diletto si fondono e sensualità e tecnica vadano di apri passo. Dalla costiera amalfitana, alle ville rinascimentali della Toscana Medicea, dalle limonaie del Garda, alle Orangeries delle Corti europee più sofisticate, dai giardini andalusi, alle pendici dell’Etna e, certamente non ultima, nella Conca d’Oro, gli agrumi sono il centro di

una cultura del paesaggio di incomparabile bellezza, ovunque riconosciuta. Caratteristiche morfologiche Gli agrumi coltivati sono piante sempreverdi a portamento arbustivo ed arboreo, con apparato radicale fittonante. Nelle condizioni climatiche del Mediterraneo, le varietà commerciali di agrumi, ad eccezione del limone, entrano in dormienza (riposo) nel tardo autunno-inverno, anche se non perdono le foglie. In febbraio le gemme iniziano la loro attività ed il germogliamento avviene a marzo-aprile con la massima presenza di fiori. In estate e in autunno seguono altri germoglia-

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menti, con assenza o scarsa presenza di fiori e con foglie e germogli di maggiore dimensione. Il fusto porta numerose branche ramificate ed è ricoperto da una corteccia rugosa di colore verde chiaro, allo stadio giovanile, o grigio-chiaro, allo stadio adulto. I rami, spesso angolosi presentano frequentemente una spina per gemma e portano foglie alterne coriacee, di forma e dimensione variabili in relazione alla specie ed alla varietà. Possono essere presenti due espansioni marginali al picciolo più o meno ampie, dette alette. I fiori o zagare sono solitari o riuniti in infiorescenze, si formano sui rami dell’anno precedente,

sono profumati e di colore bianco o con sfumature violacee. L’ impollinazione, ad opera degli insetti, spesso non è necessaria, vista la elevata presenza di partenocarpia (sviluppo di un frutto senza semi, ovvero senza fecondazione degli ovuli) che si registra nelle varietà più diffuse. Il frutto degli agrumi è una bacca detta esperidio di forma sferica più o meno allungata o schiacciata ai poli, liscia o rugosa, divisa in segmenti o spicchi, corrispondenti alle logge ovariche. In esso si distinguono le seguenti parti: a)flavedo (epicarpo e mesocarpo esterno) inizialmente verde per la presenza di clorofilla, a maturazione il colore varia

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dal giallo all’ arancione, al rossastro; contiene gli otri entro i quali sono racchiusi gli oli essenziali. b)albedo (mesocarpo interno) è un tessuto spugnoso di colore bianco che, unitamente al flavedo, costituisce la buccia o scorza. c)endocarpo deriva dalla trasformazione dell’ovario ed è formato da spicchi, quante sono le logge contenenti le vescichette ricche di succo. Entro ogni loggia si possono trovare 4-8 ovuli che possono originare i semi (assenti o abortiti nelle varietà apirene).

Aspetti nutrizionali I frutti degli agrumi sono davvero straordinari, dal punto di vista nutrizionale: comunemente viene consumata la parte interna (endocarpo) di arance, mandarini, clementine, limoni e pompelmo sia freschi che per la preparazione di marmellate, conserve, succhi e sciroppi. La scorza viene utilizzata per la preparazione di canditi o di liquori. Gli agrumi sono apportatori di vitamina C, vitamine del gruppo B (acido folico detta anche B9) e

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Mercato nello Yunnan,Cina

di fibre insolubili e solubili, principalmente contenute nell’ albedo. Per i minerali si segnala il potassio. Le proprietà della vitamina C sono note fin dal tempo delle navigazioni transoceaniche per la prevenzione dello scorbuto, malattia causata dalla carenza di acido ascorbico (vitamina C); per questo venivano imbarcati arance e limoni, ricchi di questa sostanza. I mammiferi non sono in grado di sintetizzare l’ acido ascorbico che va quindi assunto tramite la dieta, principalmente tra-

mite il consumo di frutta e verdura cruda. La vitamina assorbita passa nella circolazione sanguigna e immagazzinata nei tessuti e negli organi come il fegato. Essendo idrosolubile la quota eccedente il fabbisogno viene eliminata con le urine. Potente antiossidante naturale combatte i radicali liberi dell’ ossigeno e rigenera l’ attività antiradicalica della vitamina E e stabilizza chimicamente la vitamina A, l’ acido folico e la tiamina. A livello gastrico riduce la formazione di nitrosamine,

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Il limone interdonato IGP

riconosciute composti cancerogeni. Il consumo quotidiano di agrumi copre totalmente il fabbisogno giornaliero di vitamina C. Le arance rosse sono ricche di antocianine, note per le loro proprietà antiossidanti e per influenzare l’ attività di enzimi e proteine coinvolti nella regolazione dei processi antinfiammatori e antitumorali. L’apporto energetico (kcal/100g) degli agrumi è modesto e dovuto prevalentemente alla presenza di glucidi solubili (limoni 11; pompelmo 26; arance e clementine 33; mandaranci 56; mandarini 71). Altri flavonoidi (polifenoli) sono presenti nei vari agrumi ed hanno manifestato attività antitumorale, antinfiammatoria e di protezione cardiovascolare. Infine i terpenoidi es.

il limonene, responsabile delle caratteristiche aromatiche degli agrumi, hanno potere antisettico contro i batteri e alcuni funghi ed hanno dimostrato un’ attività chemiopreventiva contro alcuni tipi di cancro (in particolare mammario e gastrico).

Paolo Inglese President of the Italian Society for Horticultural Science Dipartimento DEMETRA Università degli Studi di Palermo

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VAL D’ORCIA DAVIDE GOBBI

ARTE E PAESAGGIO

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Val d’Orcia

Irti cipressi, morbide colline, patrimonio Mondiale dell’Unesco Davide Gobbi


Pienza

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Te lo ritrovi lì davanti, dietro un’ ansa della Cassia, schierato come un manipolo superstite, in un mare di dune verdi; il boschetto di cipressi sembra voler affermare con verticale fierezza, il proprio compito di sorveglianza, e contribuire con un verde profondo al dipinto, di colline e cielo, che gli ruota intorno. Il cipresso, pur essendo una costante nel panorama italico, assume in questa terra di Toscana una valenza particolare; non è solamente un albero, una voce della botanica, ma assurge a vera e propria icona, una punteggiatura artistica nel lessico del panorama agrario; un “gesto grafico” elegante, austero, solenne, che accompagna, sottolinea ed esalta, le dolci colline , i casolari sparsi ed i borghi medievali.

Cattedrale di Pienza, pozzo della Cattedrale e mezza luna di Piccolomini

E’ certamente il più nobile contrappunto alle tante emergenze artistiche ed architettoniche di cui si può’ fregiare il territorio della Val d’Orcia. Non a caso infatti la Val d’Orcia è stata inserita nella “World Heritage List” dall’Unesco nel 2004, in virtù del suo meraviglioso paesaggio; un esempio straordinario di come possano coesistere arte e natura, e dove anzi quest’ultima ha visto vivere ed operare per generazioni genti che qui hanno vissuto nel rispetto dello spazio geografico e dell’ecosistema. I borghi medievali, le case sparse, le fortificazioni turrite si inseriscono armonicamente nelle morbide colline, unitamente ai vigneti, oliveti, faggeti, castagneti ed ai cipressi.


San Quirico

Castiglione d’Orcia


Montalcino

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Oltre alla produzione enogastronomica, che vanta eccellenze quali il Cacio Pecorino di Pienza, il miele, i salumi di Cinta Senese, nonché il Brunello di Montalcino, uno dei vini più famosi nel mondo, un’ ulteriore ricchezza di questa terra è costituita dai suoi elementi naturali: le acque termali che offrono benessere e salute, conosciute e sfruttate sin dall’antichità dagli etruschi e romani. Le sorgenti naturali sono alimentate dalle acque piovane che, penetrando nelle profondità terrestri, vengono a contatto con la residua attività vulcanica nella zona del Monte Amiata e riaffiorano arricchite di calcio e zolfo, creando spettacoli naturali di estrema bellezza, come quelli apprezzabili a Bagno Vignoni ed a Bagni San Filippo. Al centro del borgo di Bagno Vignoni, in luogo della piazza, si trova una vasca rettangolare cinquecentesca alimentata da una sorgente di acqua termale, calda e fumante, mentre nei dintorni sono visibili i resti delle antiche terme romane.

Cippo sulla sommità del Monte Amiata


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Abbazia di Sant’Antimo



Via dell’amore

Nella località di Bagni San Filippo, sulle pendici del monte Amiata, si trova, immerso nel bosco, un torrente alimentato da sorgenti di acqua calda che forma pozze e cascatelle in cui è possibile immergersi; alcune di queste sorgenti hanno originato formazioni calcaree sorprendenti, ispiratrici in passato di fantasiose leggende per la loro forma e dimensione; la più grande di queste è nota col nome di “balena bianca”. A tutela di questo territorio e per salvaguardarne i suoi magnifici tesori è stato istituito il Parco della Val D’Orcia, a cui aderiscono i comuni di Radicofani, San Quirico d’Orcia, Montalcino, Castiglione d’Orcia e Pienza. E’ soprattutto al periodo del Rinascimento che si deve la realizzazione delle opere artistiche più significative e che hanno fatto di questo territorio un autentico museo all’aperto. Un simbolo emblematico di questa operosità , un filo conduttore che possiamo trovare frequentemente, impresso e dipinto, su monumenti, affreschi, pavimentazioni, è costituito dalla “mezzaluna”: lo stemma di una importante e nobile famiglia, reso celebre dal suo componente più famoso, Enea Silvio Picco-

lomini, nato a Corsignano il 18 ottobre 1405, e divenuto Papa nel 1458 col nome di Pio II. Nel febbraio del 1459, durante il suo viaggio a Mantova, ebbe a visitare il borgo nativo, e decise di ricostruirlo per farne la sua dimora ideale. L’ incarico fu affidato all’architetto Bernardo Gambarelli, detto il Rossellino, il quale in poco più di tre anni, dal 1459 al 1462, progettò e realizzò un gruppo di edifici monumentali nel centro dell’antico borgo, la cattedrale, il palazzo Piccolomini, il palazzo Borgia ed il palazzo pubblico. Una delle soluzioni più geniali nel progetto del Rossellino fu senz’altro la particolare forma geometrica della piazza; la sua forma trapezoidale assolve a funzioni pratiche ma soprattutto prospettiche, che fanno risaltare da un lato la cattedrale, sullo sfondo luminoso della Val d’Orcia, rendendola più imponente, dall’altro tende ad allontanare il palazzo pubblico e far sembrare più ampia la piazza stessa. Così facendo, inoltre, il palazzo Piccolomini è visibile, percorrendo il corso centrale, sempre di spigolo; questa vista era considerata un vantaggio apprezzabile dai luminari del Rinascimento, tra i quali Leon Battista Alberti.

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Monte Amiata in localitĂ Bagni San Filippo


Bagno Vignoni

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Il pozzo a ridosso del palazzo rappresenta invece un parametro dimensionale, che aiuta il visitatore a leggere l’intero complesso. Ancora oggi la toponomastica delle vie del borgo affascina il passante, che si trova così a percorrere la via Buia, della Fortuna, dell’Amore, del Bacio. Fu proprio per il tentativo di realizzare un modello di vita e di governo ideale, costruendo una città in grado di appagare il desiderio di convivenza pacifica, che valse a Pienza l’appellativo di “città utopia”, vanamente inseguita dagli uomini sin dall’antichità. Purtroppo l’opera di Pio II e del Rossellino non fu immune da difetti e incidenti costruttivi, evidenziatisi quasi da subito e dovuti alla franosità del terreno nella zona dell’abside, a strapiombo sulla valle. Sono tuttora visibili ampie crepe nei muri e nel pavimento della cattedrale. Ancora la tradizione popolare vuole che nel palazzo l’ architetto avesse inizialmente dimenticato di costruire le cucine, le quali furono aggiunte solo in un secondo tempo. Ancora oggi gli anziani ricordano, con fare simpaticamente beffardo, come fosse nota e risaputa la vulnerabilità del terreno in quella zona e di aver provveduto già all’epoca ad informarne l’architetto. Pio II e Rossellino, legati da uno strano destino, morirono entrambi nel 1464 a distanza di due mesi.

Nei pressi di Castelnuovo dell’ Abate si trova un’autentica perla del romanico toscano: l’abbazia si Sant’ Antimo, un complesso monastico premostratense del XII° secolo, che la leggenda vuole fondato da Carlo Magno nell’anno 781. La chiesa a tre navate con archi a tutto sesto possiede colonne con capitelli in alabastro decorati con motivi geometrici, floreali e figure animali, sovrastate da imponenti matronei. Nelle pavimentazioni è impressa, ancora una volta, la mezzaluna dei Piccolomini. L’ intero complesso si staglia grandioso nel paesaggio della campagna circostante, la solitaria valle Starcia; esso emerge in virtù della colorazione cangiante della pietra di cui è costruito e dell’ articolata abside affiancata da un possente campanile quadrato, mentre un immancabile, gigantesco, cipresso sembra voler competere nella sua corsa verso il cielo.

Davide Gobbi Pittore e architetto

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Venezia 16,17,18 marzo 2014 Gusto in Scena: ecco la ricetta di Iginio Massari per mantenersi in forma anche durante le Feste

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Chi l’ha detto che il pranzo di Natale non possa coniugare gusto a leggerezza e attenzione alla salute? Per chi non vuole rinunciare al piacere di una cucina di alto livello durante le Feste ma anche in ogni altro momento dell’anno, Gusto in Scena mette sotto l’albero le ricette di alcuni grandi chef e pasticceri che hanno saputo sostituire, attraverso la ricerca e la creatività, ingredienti di cui spesso si abusa in cucina. I cuochi che sfideranno sul palco di Gusto in Scena (in programma dal 16 al 18 marzo 2014, alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista di Venezia) saranno infatti chiamati a interpretare la “Cucina del Senza”, tema proposto da Marcello Coronini per la sesta edizione della manifestazione da lui ideata e curata. Nel 2014 alcuni importanti nomi della ristorazione di alto livello e grandi pasticceri saranno infatti invitati a dare vita alla realizzazione di piatti “senza… grassi o senza… sale o di dessert senza… zucchero”. Tra coloro che si confronteranno durante Chef in Concerto - Il congresso di alta cucina - non poteva mancare un maestro della pasticceria come Iginio Massari. A lui Marcello Coronini ha chiesto di ideare, ispirandosi al tema di Gusto in Scena, una ricetta senza Zucchero, da proporre per le Feste natalizie. Massari, già straorinario interprete dell’edizione 2013, ha scelto di proporre agli appassionati gourmet “Cake all’olio d’oliva”, un dolce capace di rapire i palati più golosi, nonostante lo zucchero sia completamente assente. Non un plumcake qualsiasi bensì una dolcezza da concedersi in qualsiasi momento della giornata, dedicato a chi vuole mantenersi in forma, a chi fa sport, a chi non vuole rinunciare ai peccati di gola ma è attento alla salute. Una creazione che rispecchia gli obbiettivi di Gusto in Scena, che si propone di dare vita a un nuovo concetto di cucina italiana, attraverso un ulteriore sviluppo dell’importante studio avviato da Coronini sul tema “Cucinare con... cucinare senza...” Nel 2011, a Lugano, oggetto del tema sono stati i GRASSI. Il 2012 con Cucinare con…cucinare senza…SALE è stato l’anno dell’ottenimento del patrocinio del Ministero della Salute e un intervento di un suo rappresentante. Per il 2013 Gusto in Scena ha proposto il “Cucinare piatti “salati” con… Cucinare dessert senza... Zucchero”. Nel

2014 protagonista sarà la “Cucina del senza” e chiunque partecipi alla kermesse potrà avere per sé un ampio patrimonio di ricette di piatti senza sale, di proposte senza grassi e di dessert senza zucchero il tutto all’insegna del gusto. GUSTO IN SCENA RIPRONE LA FORMULA TRE EVENTI IN UNO Gusto in Scena propone tre grandi eventi in parallelo: Durante Chef in Concerto, il congresso di alta cucina, importanti nomi della ristorazione si confronteranno sul palco e condivideranno con la platea lo studio di piatti “senza… grassi o senza… sale o di dessert senza… zucchero”.. A I Magnifici Vini parteciperanno numerose cantine e si potranno degustare vini scelti tra le eccellenze italiane ed estere contraddistinti dal simbolo delle quattro categorie - mare, montagna, pianura e collina - a seconda dell’ambiente di produzione. Questa classificazione ideata da Marcello Coronini ha ottenuto il riconoscimento europeo. Seduzioni di Gola è invece una selezione di numerose specialità gastronomiche italiane e europee a cura di Lucia e Marcello Coronini, basata sulla ricerca di prodotti di grande qualità e sulla valorizzazione del territorio: sfizi gastronomici che faranno conoscere sapori rari e prodotti preziosi. Quest’anno Seduzioni di Gola si arricchisce ulteriormente includendo realtà di fama internazionale e di altissimo livello come i cioccolati di Domori e la frutta candita e le confetture di Agrimontana. www.gustoinscena.it


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Nasce il Wine Club Sella&Mosca: un progetto ideato per coinvolgere, stimolare e arricchire ancor più di ora gli appassionati dei vini Sella&Mosca; un progetto ideato per rendere ancora più intensa e stimolante l’esperienza di tutti coloro che giungono numerosi a visitare la cantina; un progetto ideato per andare incontro alle esigenze del consumatore moderno, che utilizza la rete per informarsi ma anche per fare i propri acquisti. Insieme al Wine Club Sella&Mosca sarà infatti attivata anche l’Enoteca online, vero e proprio Wine Shop virtuale dove si potranno acquistare tutte le produzioni della cantina di Alghero. Iscriversi al Wine Club significherà godere di un “trattamento privilegiato”. I vantaggi dei Soci si possono riassumere in tre aree fondamentali: Acquisto dei vini Sella&Mosca nell’Enoteca online e possibilità di usufruire di promozioni riservate solo ai Soci. Possibilità di prenotare online una visita aziendale, con degustazione riservata. Grandi Annate e Riserve storiche: i Soci potranno acquistare a prezzi vantaggiosi i vini di annate di pregio difficilmente reperibili sul mercato. Periodicamente i soci iscritti al Wine Club avranno la possibilità di usufruire di promozioni a loro riservate. Il Wine Club fa parte di un progetto Sella&Mosca più ampio e articolato che comprende anche l’apertura di un nuovissimo e moderno showroom dedicato ad eventi, degustazioni e visite. Inoltre, sia nello showroom sia in Enoteca i visitatori potranno usufruire al termine della visita aziendale di innovativi touch screen, che consentiranno loro di fare un tour virtuale dell’azienda, consultare le schede di tutti i vini, visionare video, approfondire le conoscenze sui vitigni e molto altro ancora oltre, ovviamente, a permettere di iscriversi anche in loco al Wine Club. Un progetto complesso, che dimostra ancora una volta lo spirito innovativo di Sella&Mosca, così come l’attenzione verso il consumatore finale che sempre più vuole essere aggiornato “in tempo reale” sui prodotti e sulle novità... con un semplice clic. www.sellaemosca.it

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CLICCA ED ENTRA NEL WINE CLUB SELLA&MOSCA Apre le sue porte il Club per gli appassionati dei vini Sella&Mosca. Tante proposte esclusive, un’area del sito riservata e la nuova Enoteca online saranno le prime novità dedicate ai soci del Wine Club. E per farne parte basta un clic!

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CALEIDOSCOPIO Per il lancio Perfetti Van Melle ha programmato attività di comunicazione ad ampio raggio con un filmato pubblicitario che andrà on air il prossimo anno, una campagna web e Facebook sulla pagina di Mentos Italia oltre ad eventi sul territorio. Mentos NOWmints è in vendita nei bar e nei supermercati al prezzo consigliato e convenientissimo di 1,30 Euro.

Mentos NOWmints è un marchio di Perfetti Van Melle.

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Perfetti Van Melle è il terzo Gruppo mondiale nel mercato confectionery (caramelle e chewing gum) presente con i suoi prodotti in oltre 130 paesi nel mondo. I marchi commercializzati in Italia sono tra i più noti e rinomati: Vigorsol, Air Action, Daygum, Brooklyn, Happydent, Vivident, Big Babol, Mentos, Frisk, Fruittella, Alpenliebe, Golia, Morositas, Chupa Chups. www.perfettivanmelle.it www.facebook.com/mentositalia

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NOW è ora

mints di freschezza! Sono arrivate, sono nuove, sono le Mentos NOWmints: piccoli confetti ricchi di xilitolo che regalano una straordinaria sensazione di freschezza. Sono un prodotto innovativo sotto tutti gli aspetti: di grande qualità e raffinatezza, le mini compresse dalla superficie molto liscia offrono una grande godibilità in bocca, sprigionando freschezza e gusto nelle quattro varianti: Menta forte, Menta dolce, Arancia e Fragola. Bianchi e tondi, questi confetti sembrano fiocchi di neve, perfetti per questa stagione. Le confezioni di metallo che contengono 36 pezzi sono molto eleganti, distintive e moderne. L’apertura rende facile la fruizione e la dimensione ridotta li rende comodi da portare in tasca, in borsa, in auto.


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Anche quest’anno Vinibuoni, primo ed indiscusso riferimento per i vini da vitigni autoctoni, premia Fontefico con il massimo riconoscimento della Corona: il nostro Montepulciano d’Abruzzo Classico 2010, in uscita a dicembre, è uno dei 366 “coronati” su una base di ben 25.000 vini degustati nel corso di quest’anno. Vinibuoni si distingue dalle altre guide anche per l’esclusiva iniziativa “Oggi le Corone le decido io”, che prevede ,alle finali di Buttrio per l’assegnazione delle Corone, la partecipazione di consumatori e operatori del settore, che possono degustare e valutare i vini in gara in contemporanea ai commissari di Vinibuoni d’Italia, obiettando o convalidando il parere dei coordinatori della guida. La provocazione nasce dall’acceso dibattito che investe altri concorsi enologici e soprattutto per dare la massima oggettività e trasparenza a quanto riportato in guida. La premiazione nazionale si è tenuta a Merano, durante la prestigiosa kermesse del Wine Festival. La consegna delle Corone è stata accompagnata da interventi autorevoli per fare il punto sul nostro settore primario ed in particolare sulla valorizzazione dei 1500 diversi vitigni autoctoni, patrimonio unico ed inestimabile del Bel Paese (basti pensare che la Francia, seconda nella classifica delle uve indigene, stima meno di 600 diverse varietà). Il dibattito durante la premiazione ha visto l’intervento dell’On. Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo, e di Oscar Farinetti, fondatore di Eataly. Si è parlato dell’importanza che il mondo del vino riveste per il Made in Italy all’estero e di quale concreto contributo esso potrebbe dare alla competitività del nostro Paese. A seguire hanno preso la parola Domenico Zonin, presidente dell’UIV, e Attilio Scienza, tra i massimi agronomi riconosciuti, premiato per l’impegno dimostrato nell’affermare i valori autentici della vitivinicoltura italiana con particolare valorizzazione dei vitigni autoctoni, ritenuti vincenti nella sfida della globalizzazione in quanto emblema della biodiversità. Andando sul sito potete leggere la lista completa dei vini premiati con la Corona 2014, e trovare la recensione su Fontefico presente in guida, la quale consigliamo vivamente a tutti gli appassionati dei “veri” vini italiani! www.fontefico.it

CALEIDOSCOPIO

IL MONTEPULCIANO 2010 DI FONTEFICO PREMIATO A MERANO

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MELANZANA NICOLA CALABRESE

AGRICOLTURA OGGI

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MELANZANA

Originaria del Myanmar si diffuse in Cina nel 500 d.C. e successivamente in Medio Oriente e nel bacino del Mediterraneo, ad opera degli arabi. L’Italia è il primo produttore europeo e la coltivazione è concentrata nelle aree meridionali, per il pieno campo, ed a Ragusa, Caltanissetta e Latina per la coltura in serra. Infine si distingue per il colore e la forma dei frutti. Nicola Calabrese


Produzione totale di melanzana nei primi 10 Paesi del mondo nel 2011 (Fonte FAOSTAT)

Cina 27.700 India 11.896 Repubblica Islamica di Iran

1.215

Egitto 1.166 Turchia 821,8 Indonesia 519,5 Iraq 452 Giappone 322,4 Italia 243,3 Filippine 208 MONDO 46.825

Attualmente la melanzana è coltivata nel mondo su una superficie di circa 1.900.000 ettari, con una produzione totale di 47.000.000 di tonnellate di bacche. In generale, l’interesse verso questo ortaggio è in aumento e nel corso degli ultimi quindici anni superficie coltivata, produzione complessiva e produzione per unità di superficie, hanno fatto registrare significativi incrementi, soprattutto nei principali Paesi produttori. La coltivazione della melanzana è largamente diffusa in Asia; in questo continente si concentra l’80% circa della superficie, seguito a notevole distanza dall’Europa e dall’Africa. Il principale Paese produttore è di gran lunga la Cina con 787.000 ettari e 27.700.000 tonnellate (pari al 60 % della produzione mondiale), seguita dall’India con 680.000 ha e 11.896.000 t), mentre a notevole distanza si collocano Iran, Egitto, Turchia e Indonesia. L’Italia rientra nei primi dieci Paesi produttori: con 243.300 tonnellate (9.058 ha di superficie coltivata) occupa la nona posizione nel mondo ed è al primo posto in Europa. La melanzana esprime le sue massime potenzialità produttive negli ambienti a clima temperato-caldo e tra tutte le Solanacee da orto è quella che manifesta le più elevate esigenze termiche in quasi tutte le fasi del ciclo di coltivazione. Per questo motivo l’areale di coltivazione in pien’aria in Italia è concentrato nelle regioni meridionali; infatti è maggiormente diffusa in Sicilia, Puglia, Campania e Calabria. Caserta (820 ha e 28.800 t), Foggia (700 ha e 17.500 t), Salerno (550 ha e 24.800 t) e Cosenza (561 ha e 14.600 t) sono le provincie in cui la produzione di melanzana

ORIGINE, DIFFUSIONE E IMPORTANZA ECONOMICA Il centro di origine della melanzana è situato in una vasta area tra l’India e la Birmania (l’attuale Myanmar), dove ancora oggi sono presenti forme selvatiche di questo ortaggio. La diffusione della coltura è avvenuta prima in Cina, intorno al 500 d.C. e molto più tardi in Persia e Medio Oriente da dove poi giunse nel bacino del Mediterraneo. Per questo motivo, la melanzana non era conosciuta dagli antichi Greci e dai Romani. La diffusione in Europa di nomi derivati dall’arabo e la mancanza di nomi antichi latini e greci indicano che fu portata nell’area mediterranea dagli arabi agli inizi del Medioevo. Alcune fonti riportano che a partire dal XII sec. furono viaggiatori veneziani, seguiti poi da genovesi a introdurre, con scarso successo, questo ortaggio in Occidente; a quell’epoca invece il consumo della melanzana era molto diffuso in Asia, dove il sapore amaro e pungente delle bacche ben si adattava alle preparazioni culinarie locali. In Italia i primi riferimenti all’uso in cucina della melanzana risalgono al XVI secolo da parte dell’agronomo toscano Pier Vettorio Soderini (1526-1596) che nel suo ‘Trattato della coltura degli orti e dei giardini’, fa riferimento a diverse modalità di preparazione in cucina dei frutti. Allo stesso periodo risalgono le indicazioni di Pier Andrea Mattioli e di Castore Durante; il primo nel 1568 dà notizia della presenza di una pianta con il nome di ‘melanzana’ in Lombardia e con il nome di ‘petronciana’ in Toscana; il secondo, ne segnala la presenza in Italia, Francia e Germania.

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riveste maggior importanza e assieme contribuiscono per quasi il 40% della produzione nazionale. La coltivazione in serra è localizzata prevalentemente in Sicilia, nelle provincie di Ragusa e Caltanisetta e nel

Lazio in provincia di Latina. La melanzana è comunque molto diffusa in nei piccoli orti, amatoriali e non, su tutto il territorio nazionale.

LA “MELANZANA” NEL MONDO Arabo: al-badingian Francese: Aubergine Inglese: Aubergine (USA): Eggplant Spagnolo: Berenjena Tedesco: Auberginefarben

Tabella . Produzione totale (t x 1.000) di melanzana in Italia e nelle principali regioni nel 2012 (Fonte Istat) Regione

%

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Campania

65,9

Puglia

46,4

Sicilia

41,2

Calabria

23,1

Vneto

19,8


IN ASIA SI CONCENTRA L’80% DELLA SUPERFICIE COLTIVATA A MELANZANA



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L’adattabilità alle caratteristiche fisiche del terreno è ampia. La coltura, tuttavia, assicura i migliori risultati per precocità e resa, nei terreni sciolti o comunque caratterizzati da elevata sofficità e capacità idrica. In condizioni opposte risultano significativamente compromesse la capacità produttiva e le caratteristiche esteriori ed organolettiche dei frutti. La melanzana preferisce i terreni a reazione neutra o sub-acida; tollera, più delle altre Solanaceae una elevata concentrazione della soluzione circolante e pertanto può essere coltivata in terreni moderatamente salini ed essere irrigata con acque salmastre.

ESIGENZE CLIMATICHE E ADATTAMENTO AMBIENTALE È una pianta annuale con ciclo in pieno campo, primaverile-estivo; le temperature più favorevoli per l’accrescimento e lo sviluppo si collocano tra 16 e 25 °C. La melanzana presenta una notevole capacità di adattamento a condizioni di fotoperiodo diverse; mal si adatta invece, alla ridotta intensità luminosa che può influenzare negativamente la fruttificazione soprattutto in alcuni varietà originarie delle latitudini più meridionali. La resistenza alla siccità della melanzana, sotto un profilo biologico, è più elevata che nelle altre Solanaceae da orto. Tale resistenza sembra sia dovuta non tanto ad una maggiore capacità di assorbimento da parte delle radici, ma da un più efficiente bilancio idrico dei tessuti derivante dal migliore controllo della traspirazione. Infatti in condizioni di stress idrico, gli stomi si chiudono gradualmente per cui la fotosintesi non subisce arresti repentini come si verifica, ad esempio, per il pomodoro. Tuttavia la pianta richiede un apporto idrico costante per via della elevata traspirazione specifica che caratterizza la fase di fruttificazione.

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CARATTERISTICHE DEL FRUTTO E PANORAMA VARIETALE Il frutto è una bacca di consistenza carnosa che presenta un lungo peduncolo (inserito sulle ramificazioni della pianta) che col tempo diventa legnoso, spesso ricoperto di spine come anche il calice che avvolge parte apicale del frutto; in alcune varietà la spinosità è pronunciata. Il colore esterno delle bacche è di solito violetto, con sfumature più o meno intense fin quasi al nero. Non mancano frutti di colore rosato, lilla o bianco avorio. Proprio a quest’ultima tipologia di frutti, spesso simili ad un uovo, si deve il termine americano ‘egg plant’. A completa maturazione la buccia cambia colore e mostra tinte variabili dal giallo all’ocra. All’interno della bacca i semi sono numerosi e di colore giallo paglierino; di recente sono state ottenute varietà apirene (senza semi), che ben si prestano alla trasformazione industriale per la produzione di sott’oli e surgelati. La raccolta si fa scalarmene quando i frutti sono ancora immaturi. In relazione all’antichissima coltivazione di questo ortaggio, il patrimonio varietale della melanzana è da ritenersi molto ampio. Le cultivar note rappresentano peraltro una quota minore dei numerosissimi tipi locali sui quali si basano le coltivazioni a carattere familiare in Italia e nel mondo. Numerosi studi hanno portato all’individuazione, soprattutto

in Cina, India e Turchia, di circa 500 tipologie che possono essere raggruppate in gruppi distinti sulla base di alcuni caratteri di tipo morfologico ed agronomico tra cui habitus vegetativo, pigmentazione del fusto, presenza di spine sulle foglie, colore del fiore, numeri di frutti per grappolo, dimensione, forma e colore delle bacche, vigore vegetativo, resistenza ai parassiti, lunghezza del ciclo colturale, produttività, epoca di fioritura. Con riferimento alle cultivar presenti in Italia, le denominazioni fanno riferimento principalmente alle dimensioni e alla forma della bacca (lunga, tonda, mezza lunga, a clava, tonda grossa, grossissima, ovale) e al colore (violetto, nero, rosa, bianco). La forma riveste importanza determinante ai fini della classificazione commerciale del prodotto. Le diverse tipologie di melanzana coltivate in Italia, hanno dato origine a numerose denominazioni (molte delle quali sinonimi); tra le varietà più di importanti ricordiamo: Violetta lunga: (sin. Lunga violetta, lunga di Romagna, lunga nera di Chioggia, Violetta di Rimini, Violetta lunga delle cascine, Violetta lunga di Napoli, Violetta lunga palermitana, ecc.). E’ tra le tipologie più largamente coltivate in Italia; presenta frutti allungati, lievemente clavati e falcati, colore violetto intenso uniforme; rare le striature verdastre. De Barbentane: (sin. Lunga violetta turgida).

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Bacche cilindrico-allungate, talvolta appuntite, di colore violetto intenso. Frutti allungati e di colore violetto producono anche numerosi tipi locali (di cui molti diffusi in Campania). Nell’ambito delle cultivar a frutto rotondeggiante piÚ diffuse e note sono: Violetta di New York: (sin. Gigante di Cina, Mostruosa di New York, Mostruosa di Sicilia, Nera gigante, Nera tonda di Pechino). Pianta vigorosa, con poche spine, frutti di forma ovale, molto voluminosi. Violetta di Firenze: (sin. grandissima violetta, grossissima violetta). Frutti ovoidali di colore violetto pallido. Alla forma ovoidale o lievemente a pera

sono riconducibili le bacche di numerosi tipi locali. Tonda comune di Firenze, con bacche di colore violetto pallido, con pochi semi, polpa tenera e compatta. Bianca mostruosa di New York: (sin. Bianca di New York, Bianca ovale, Scamorza). Frutti ellissoidali, di colore bianco. MELANZANA ROSSA DI ROTONDA DOP La Melanzana rossa DOP di Rotonda, con una forma simile ad un pomodoro, di colore rosso-arancione, polpa fruttata e un sapore leggermente piccante, appartiene ad altra specie.


La melanzana rossa (Solanum aethiopicum, L.) è una specie affine alla comune melanzana (Solanum melongena L.); le piante appartenenti alle due specie sono simili, mentre si differenziano notevolmente per la forma e soprattutto per il colore del frutto, che nel caso della melanzana rossa è caratterizzato da tonalità di arancio intenso, (spesso con leggere striature bruno-verdastre) che vira sul rosso a piena maturazione. Questa peculiarità rende la bacca della melanzana rossa molto simile a quella del pomodoro, tanto da essere spesso scambiata per quest’ultima. La coltivazione della melanzana rossa è piuttosto comune in Africa e in Asia dove trova ampie zone climatiche (calde e asciutte) ottimali per la sua crescita. In Italia la zona di produzione è limitata ad alcuni comuni della Basilicata nel comprensorio del parco del Pollino e nelle aree limitrofe in Campania e Calabria. La Melanzana rossa fu introdotta all’inizio del secolo scorso nel Comune di Rotonda (PZ) da alcuni reduci dalla guerra d’Africa, che portarono con se alcune bacche di questa particolare melanzana. Nel corso degli anni ha rischiato dapprima l’estinzione, ma successivamente, grazie alla passione di pochi agricoltori e all’opera di valorizzazione di alcuni operatori turistici ed enti istituzionali che ne hanno promosso il consumo e la coltivazione, la melanzana rossa di Rotonda ha ottenuto il riconoscimento come Presidio Slow Food e nel 2007, il marchio DOP. La zona di produzione comprende l’intero territorio dei comuni della provincia di Potenza di: Rotonda, Viggianello, Castelluccio Superiore, Castelluccio Inferiore. La Melanzana Rossa di Rotonda DOP è chiamata nel dialetto della zona di produzione ‘merlingiana a

pummadora’ (melanzana a pomodoro), per le sue dimensioni piccole e tondeggianti e per il colore arancio striato verde, tendente al rosso intenso quando è matura. Il disciplinare di produzione della DOP, definisce esattamente le caratteristiche delle bacche che devono avere una dimensione compresa tra 4 e 6 cm (sia per la lunghezza che per la larghezza) e un peso medio tra 50 e 160 g. La polpa ha consistenza carnosa e non annerisce dopo il taglio. Il sapore è gradevolmente piccante con retrogusto amarognolo. Tutte le sue caratteristiche qualitative sono esaltate nel suo ambiente naturale di coltivazione ubicato nel cuore del Parco Nazionale del Pollino. La Melanzana Rossa di Rotonda si differenzia dalle delle altre melanzane per il basso contenuto di acido clorogenico responsabile dell’imbrunimento della bacca. Il contenuto di acido clorogenico del-

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la melanzana comune risulta in media pari a 4300 ppm nettamente superiore al valore di quello della “Melanzana Rossa di Rotonda” che in media è pari a 800 ppm. Questa caratteristica è di notevole inte-

Composizione chimica e valore energetico per 100 g di parte edibile Parte edibile (%)

92

Acqua (g)

92,7

Proteine (g)

1,1

Lipidi (g)

0,4

Colesterolo (mg)

0

Carboidrati disponibili (g)

2,6

Zuccheri solubili (g)

2,6

Fibra totale (g)

2,6

Energia (kcal)

18

Sodio (mg)

26

Potassio (mg)

184

Ferro (mg)

0,3

Calcio (mg)

14

Fosforo (mg)

33

Tiamina (mg)

0,05

Riboflavina (mg)

0,05

Niacina (mg)

0,6

Vitamina C (mg)

11

resse per l’industria conserviera poiché dopo il taglio della bacca, la polpa rimane bianca per lungo tempo senza imbrunire. CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE E PROPRIETÀ NUTRIZIONALI La melanzana consumata cruda ha un gusto amaro che però sparisce con la cottura e per questo motivo la melanzana viene consumata preferibilmente cotta. Inoltre la cottura rende questo ortaggio più digeribile e ne esalta il sapore. La melanzana ha la capacità di assorbire molto bene i grassi alimentari, tra cui l’olio, consentendo la preparazione di numerose pietanze ricche e saporite. La bacca della melanzana è composta per oltre il 90% di acqua, per cui il suo apporto energetico è molto modesto: appena 18 Kcal/100 g di parte edibile. Scarso il contenuto di proteine (1,1 g) e ancor meno quello dei grassi (0,4); modesto il contenuto in fibra (2,6 g). Tra gli elementi minerali, spicca il contenuto di potassio pari a 184 mg per g di parte edibile. La bacche di melanzana hanno un contenuto di solanina di circa 10 mg/100 gr di peso fresco, valore ben al di sotto del limite ritenuto accettabile per gli ortaggi (20–25mg/100 gr di peso fresco).

Nicola Calabrese CNR - Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, Bari

Fonte INRAN

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CALEIDOSCOPIO

CALEIDOSCOPIO

FESTIVAL DEI GIARDINI 3° edizione - Ortogiardino 2014 “LUCE ED OMBRA IN GIARDINO”

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A grande richiesta e per dare maggior possibilità ai progettisti è stata prorogata l’iscrizione al bando di selezione per il 3° Festival dei Giardini di Pordenone Fiere, l’evento di punta della 35^ edizione di Ortogiardino, il più importante Salone dedicato al giardinaggio e alla floricoltura del Nordest, in programma alla Fiera di Pordenone dal 01 all’09 marzo 2014 e di riferimento per l’architettura del paesaggio. La selezione su scala nazionale ha lo scopo di mettere in risalto e competizione le migliori idee e realizzazioni in tema di piccoli giardini, uno stimolo indirizzato a progettisti e vivaisti per cercare una combinazione vincente di arte, paesaggio ed ambiente domestico. Il tema di Ortogiardino 2014, “Luce ed ombra in giardino”, vuole essere una riflessione su due concetti che entrano sicuramente in gioco nella realizzazione di un giardino e che creano, all’interno di esso, riflessi, contrasti e sfumature diversi. La progettazione potrà prendere spunto da suggestioni che possono rifarsi a temi metafisici o simbolici della nozione di luce e di ombra che si ritrovano nella storia del giardino, per arrivare agli elementi pratici coinvolti nella realizzazione dello stesso che vanno dai corpi illuminanti ai sistemi ombreggianti passando in generale per tutte le declinazioni che nel giardino hanno trovato il loro luogo specifico di attuazione, non da meno le stesse della natura, come le piante adatte alla luce o quelle usate per l’ombra. I progetti selezionati dalla giuria saranno realizzati e visitabili lungo un suggestivo percorso all’interno della prossima edizione di Ortogiardino, che affianca, nei 30.000 mq del quartiere fieristico, allestimenti di giardini a stand legati al tema del giardinaggio e dell’orticoltura. L’iniziativa vuole far crescere ulteriormente la manifestazione Ortogiardino, un evento che attira ogni anno più di 70.000 visitatori da tutto il Nordest e da Slovenia e Croazia (12%) e trasformarla in una vetrina delle migliori realizzazioni nell’ambito del verde e quindi in un imperdibile appuntamento per gestori del verde pubblico e privati cittadini alla ricerca di idee per rinnovare il proprio giardino. Le iscrizioni alla selezione sono state prorogate al 31 dicembre 2013 secondo le nuove modalità che si ritrovano anche sul sito. Finalità dell’evento è di individuare idee di

assoluta tendenza e novità che sappiano ben interpretare l’intrigante tema proposto nella relazione descrittiva. La consegna degli elaborati è fissata entro il 10 gennaio 2014. festivalgiardini@fierapordenone.it


CALEIDOSCOPIO

Festeggia l’anno del cinquantenario con un incremento in doppia cifra il Gruppo Cevico, presieduto da Ruenza Santandrea, che chiude il bilancio 2012/2013 con +17% del fatturato consolidato (Cevico, Le Romagnole, Cantina dei Colli Romagnoli, Le Romagnole Due, Due Tigli, Sprint Distillery, Winex e Tenuta Masselina), pari a 150,108 milioni (+24,658 milioni in più rispetto allo scorso anno) ed un patrimonio netto salito a 64,756 milioni di euro (63,966 milioni lo scorso anno). Dati analizzati dal DG Lauro Giovannini e dal Direttore Amministrativo Massimo Gallina all’Assemblea Generale dei soci tenutasi presso il Teatro Socjale di Piangipane (Ravenna). Una crescita che segna il successo di un modello, quello cooperativo, che nel caso di Cevico associa oltre 5000 viticoltori a conduzione diretta dei vigneti e che pone l’azienda lughese tra i primi dieci player del vino a livello nazionale. Il tutto per un grande vigneto di 6.700 ettari (dalle Colline Romagnole confinanti con la Toscana, fino ai terreni sabbiosi del parco del Delta del Po e al territorio di Rimini, sulla costa del mare Adriatico), con 1,3 milioni di quintali di uva lavorata. L’85% del vigneto è a Denominazione di Origine Controllata o a Indicazione Geografica Tipica. In crescita anche l’export che tocca quota 25,73 milioni di €, con un importante investimento proprio in questi giorni: l’apertura di nuovo wine bar a marchio Tot i de’ a Seul. L’apertura fa seguito alle due in terra nipponica, Tokio e Hiroshima, nate dalla filosofia di far conoscere le eccellenze enogastronomiche della Romagna in Asia, avvicinando la popolazione al vino come consumo giornaliero e non esclusivo, qual è oggi. Il Gruppo Cevico opera su due stabilimenti di confezionamento (Lugo di Romagna e Forli) con un terzo in appoggio (Rimini), su un’area complessiva di 136.000 metri quadrati e una capacità di stoccaggio di 615.000 ettolitri, mentre le associate “Le Romagnole” e “Cantina dei Colli Romagnole” operano su 18 cantine di vinificazione ubicate in tutto l’asse Romagnolo. Cevico rappresenta il 30% della produzione del vino in Romagna, il 17% del vino in Emilia Romagna e il 2,7% in Italia. Tutto corredato con certificazioni e adeguamenti alle numerose norme internazionali che consentono al Cevico oggi di esportare su tutti i mercati mondiali. Ben 23 i marchi gestiti, di cui uno dedicato alle produzioni biologiche, con un imbottigliamento annuo che supera i 650 mila ettolitri di vino. Punto di forza del Gruppo sono le diverse linee di produzione che coprono ogni segmento di mercato. Fra queste Romandiola (Antica Romagna) destinata al segmento HoReCa che ha messo in atto un progetto qualità attraverso il conferimento esclusivo delle uve da parte di 150 produttori selezionati di collina; Il Volli spumante brut Romandiola ha vinto la Medaglia d’oro al Concorso Mondiale di Bruxelles 2012 ed il Gran Premio Quotidiano” al concorso “Vino della cooperazione Gino Friedmann 2013“. La Tenuta Masselina, situata sulle colline di Castelbolognese (Ra), un po’ atelier, un po’ laboratorio del Gruppo per la sperimentazione e la realizzazione di vini top. Il brand Vigneti Galassi (‘Un sorso di Romagna”’ con il suo Sangiovese di Romagna D.O.C, miglior vino Emilia-Romagna 2011 secondo la Guida vini per il mass market ‘Berebene Low Cost’ di Gambero Rosso. La linea Gdo con il Sancrispino il vino in brik, che ha realizzato una nuova immagine televisiva sulle reti nazionali, attraverso uno spot emozionale che ha visto ‘attori per un giorno’ gli stessi viticoltori soci del Gruppo Cevico. Quest’anno Cevico ha dato vita, in Umbria, a una partnership commerciale con la Cooperativa Agricola Spoleto Ducale; i marchi oggetto della collaborazione sono Spoleto Ducale, Casale Triocco, Ducato del Sole, mentre i vini prodotti sono il Sagrantino di Montefalco DOCG il Sagrantino di Montefalco DOCG passito il Montefalco Rosso DOC il Grechetto Umbria IGT ed il Rosso Umbria IGT.

CALEIDOSCOPIO

GRUPPO CEVICO PRESENTA I RISULTATI DELLA GESTIONE 2012-2013 E DEL BILANCIO SOCIALE Crescono fatturato 150 milioni di euro (+17%), patrimonio netto (quasi 65 milioni) e soci viticoltori (oltre 5000). Si conferma tra i primi dieci player nazionali, produce il 2,7% del vino italiano. Terza apertura del Wine Bar Tot i de’ in Asia: dopo Tokio e Hiroshima è la volta di Seul

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AZIENDA ZOOTECNICA VANNULO

COVER STORY

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AZIENDA ZOOTECNICA “VANNULO”

Trecento bufale adulte allevate secondo le regole del “wellness” e una lunga tradizione garantiscono mozzarella di altissima qualità, conosciuta sulle migliori tavole d’ Europa. Dal 2001 nasce la yogurteria con l’ obiettivo di offrire i più elevati standard di qualità.


Dal 1600 si inizia ad avere notizia delle cosiddette “bufalare”: esse erano delle costruzioni in muratura di forma circolare dove veniva lavorato il latte di bufala producendo caciocavalli, burro, ricotta e , naturalmente, mozzarella. Il termine proprio di mozzarella lo ritroviamo nel XVI secolo, e precisamente nel 1570, citato in un libro di cucina scritto da Bartolomeo Scappi, cuoco della corte papale. Anche se dal 1500 si sente parlare di mozzarelle, non sembra che tale prodotto fosse ampiamente diffuso, infatti la diffusione aumentò solo grazie ad un episodio fondamentale, la costruzione di un impianto d’allevamento di bufale e di trasformazione del latte nella Tenuta Reale, meglio conosciuta come “Reggia di Carditiello”.La mozzarella compare nel mercato verso il 1720 per divenire ampiamente conosciuta a partire dal 1780. Iniziamo innanzitutto col dire cosa è la mozzarella. Essa viene classificata come formaggio a pasta filata di consistenza molle, e come saprete, è uno dei formaggi più famosi, reso ancora più famoso da molte preparazioni culinarie e soprattutto dalla pizza.

PRODUZIONE MOZZARELLA Dobbiamo innanzitutto dire che nel caseificio viene trasformato solo il latte proveniente dalla stalla aziendale, ove sono presenti circa 300 bufale adulte, pertanto la quantità di prodotto che è possibile ottenere è esigua. La mungitura delle bufale avviene in azienda due volte al giorno, alle 4 del mattino e alle 3 del pomeriggio e il latte arriva al caseificio circa un’ora dopo, quindi all’incirca alle 5 del mattino, trasportato tramite un apposito carro cisterna in acciaio inox, una volta arrivato viene immagazzinato in appositi recipienti che non ne modificano le caratteristiche organolettiche (tini in acciaio inox). Caratteristiche organolettiche: sono le caratteristiche di una sostanza percepibili direttamente coi sensi (colore, odore,ecc.) La lavorazione della mozzarella avviene in varie fasi.

STORIA La mozzarella ha una storia antichissima e un’origine incerta. Essenzialmente la sua storia è legata alla comparsa del bufalo in Campania, o più in generale, in Italia meridionale. Alcuni ritengono che tale animale fosse già conosciuto ai tempi dei Greci e dei Romani, e che fosse stato introdotto in Italia da Annibale, altri invece ritengono che fu introdotto nel VII sec. dai Longobardi. Tuttavia di ciò non abbiamo notizie storiche certe e pertanto la sicurezza assoluta non vi è. Notizie certe dell’esistenza di tale tipologia di prodotto però le ritroviamo più tardi , nel XII sec,da uno storico della Chiesa Metropolitana di Capua, Monsignor Alicandri, il quale in un documento ufficiale cita testualmente che presso il monastero di San Lorenzo in Capua i frati offrivano come ristoro ai pellegrini un pezzo di pane e una mozza o provatura. Da questa dicitura possiamo capire che in origine la mozzarella altro non era che un sottoprodotto della preparazione della provola (la mozzarella doveva restare nella salsa 24 ore mentre la provola 48), tuttavia essa era un sottoprodotto non per qualità, ma per la sua evidente difficoltà nel mantenere la freschezza durante il trasporto, condizione indispensabile per la mozzarella. Al contrario infatti la provola veniva affumicata in modo da poterla conservare più a lungo. Alle origini pertanto la mozzarella era destinata ad un mercato prevalentemente locale, data la sua deperibilità.

FILTRAGGIO Prima di essere lavorato il latte deve essere filtrato in modo da far scomparire tutte le eventuali impurità. Inoltre tale latte non viene pastorizzato, questo perché i controlli sanitari effettuati sugli animali, le regolate condizioni igieniche e l’alimentazione controllata ci permettono di poter garantire l’assenza nel latte di eventuali germi patogeni(l’allevamento è indenne da brucellosi e tubercolosi), e quindi ci permettono di lavorare il latte crudo, in modo da avere un sapore particolare della mozzarella. Pastorizzazione: operazione introdotta da Pasteur, che consiste nel riscaldare il latte tenendolo alla temperatura di 63° per circa mezz’ora o alla temperatura di 80-85° per pochi minuti, in modo tale che tutti i germi patogeni vengano neutralizzati senza che il latte

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subisca sensibili modificazioni nelle sue proprietà chimiche e organolettiche.

procede con la seconda rottura tramite un particolare attrezzo metallico, detto spino. Dopo la rottura la cagliata viene lasciata acidificare sotto siero per almeno 4 ore, in questa fase viene aggiunto, per favorire la maturazione della stessa,del siero innesto naturale (in pratica sono dei fermenti), ottenuto lasciando acidificare spontaneamente a temperatura ambiente il siero della lavorazione del giorno precedente. Questa fase della lavorazione (maturazione della cagliata) è fondamentale per la qualità del prodotto finale e la durata dell’acidificazione rappresenta un fattore che darà un contributo importante alle caratteristiche della mozzarella. La cagliata poi si pone su dei carrelli d’acciaio per favorire la sgocciolatura del siero e dove si completa la maturazione della stessa. Per capire se si è giunti al giusto grado di maturazione della cagliata, ossia al giusto livello di acidità si utilizza un phmetro, oppure si effettua la prova di filatura, essa consiste nel prendere circa 100 gr di pasta matura, farla fondere in acqua calda e farla filare con l’ausilio di un bastoncino. Se la pasta si allunga in filamenti di circa un metro senza spezzarsi, la mozzarella si può considerare pronta. Questa operazione, apparentemente semplice, richiede in realtà l’esperienza e l’abilità del casaro competente perché è una fase critica della lavorazione. Infatti una cagliata immatura o surmatura produrrà una mozzarella di bassa consistenza e un abbassamento nella resa della lavorazione. Una volta che la pasta è pronta viene tritata in un’apposita apparecchiatura, ed inizia la successiva fase. Il siero rimanente dalla lavorazione, ricco di proteine,

COAGULAZIONE Il latte viene riscaldato fino a raggiungere una temperatura di circa 36°-38°, anticamente tale riscaldamento era effettuato tramite aggiunta di latte bollente ma oggi avviene tramite getti di vapore. Una volta che il latte ha raggiunto tale temperatura si aggiunge il caglio. Caglio: sostanza acida, ricavata specialmente dall’ultima delle quattro cavità dello stomaco (abomaso) di ruminanti lattanti. Il caglio è essiccato e salato e si vende in polvere, tuttavia in commercio esso si trova anche liquido e in pasta. Il latte coagula e dopo circa un’ora e mezza si forma la cagliata, che è una massa gelatinosa (miscuglio di grasso e caseina) ottenuta dalla coagulazione della caseina nel latte. Caseina: è la più importante delle sostanze proteiche o azotate contenute nel latte, che serve a fare i formaggi (oltre alla lattoalbumina con cui si fa la ricotta). ROTTURA E MATURAZIONE DELLA CAGLIATA La fase successiva della lavorazione è la rottura della cagliata, che avviene in due fasi: la prima rottura riduce la cagliata in grosse parti e dopo una sosta si

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sarà utilizzato per la produzione della ricotta. Ricotta fresca: al siero di risulta dalla lavorazione della mozzarella viene aggiunto del latte crudo. Si aggiunge sale e successivamente, a mezzo di immissione di vapore, si porta il tutto ad una temperatura di circa 90°. A tale temperatura affiora la ricotta che, con apposite schiumarole, viene raccolta e messa nelle fuscelle. Dopo un breve periodo di sgocciolatura, la ricotta viene conservata in cella frigorifera ad una temperatura di 4°.

FORMATURA Essa è l’operazione che ci permette di determinare la porzionatura della pasta. Si prende la pasta filata e la si immerge in acqua fredda, a questo punto sono necessarie due persone che con gesti sapienti vanno a mozzare la pasta stringendola tra il dito pollice e l’indice, ottenendo i pezzi della grandezza desiderata. È proprio l’operazione caratteristica della mozzatura che dà il nome alla mozzarella. In questa fase nascono le varie forme di mozzarelle, tra cui la caratteristica forma di treccia, che si ottiene attorcigliando tre segmenti di pasta. Tutte queste operazioni vengono eseguite manualmente.

FILATURA Questa fase è quella che incide maggiormente sulla consistenza della mozzarella. Consiste nel prendere la pasta che abbiamo tritato con la sminuzzatrice, metterla in un mastello d’acciaio e farla fondere tramite aggiunta di acqua bollente a circa 100°. Poi, utilizzando strumenti tradizionali (bastone di legno) la cagliata è sollevata e tirata fino ad ottenere un impasto omogeneo dall’aspetto lucido, lasciando drenare il siero in eccesso.

SALATURA Tale fase consiste nell’immergere le forme di mozzarella in una soluzione salina al 10-18 %, detto liquido di governo. La permanenza della mozzarella in tale liquido permette l’insaporimento della stessa e la conservazione della mozzarella fino al consumo finale. Il liquido di governo è costituito da acqua di filatura, sale e siero acido diluito. La conservazione della mozzarella dipende dalla qualità della materia prima e dalla lavorazione. Generalmente si conserva nel liquido di governo per 3-4 giorni ad una temperatura di 10-15° senza perdere le sue caratteristiche, anche se essendo un prodotto fresco è consigliabile consumarla nel minor tempo possibile. Provola affumicata: ha la stessa lavorazione della mozzarella,solo che successivamente il prodotto viene affumicato con fumo ottenuto dalla combustione della paglia. Scamorza: ha la stessa lavorazione della mozzarella fino alla rottura della pasta, poi è effettuata una cottura delle stessa con acqua bollente al fine di amalgamare il tutto. Dopo un processo di acidificazione, viene effettuata la filatura e la pasta viene poi strizzata in modo da farle perdere il più possibile liquido. Poi viene formato il prodotto, che resta in salamoia per alcune ore e infine è conservato in una cella ventilata alla temperatura di 4 °C. Ricotta salata: ha la stesa lavorazione della ricotta fresca, solo che è ottenuta raccogliendo l’ultimo residuo che affiora dal siero, che non è adatto per essere consumato fresco, perché troppo asciutto. Dopo una fase di sgocciolatura di alcune ore, il prodotto è salato esternamente ed essiccato in maniera naturale. Formaggio fresco: il latte è portato ad una temperatura di circa 36°C, poi si aggiunge il caglio e il sale. Dopo circa un’ora affiora il formaggio che viene

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MUNGITURA

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raccolto, messo nelle apposite forme, e conservato in frigorifero a 4 °C.

temperatura di inoculo del fermento. Raggiunta tale temperatura, che è di circa 42°, vengono raggiunti manualmente i fermenti lattici.

Burro: esso è ottenuto scremando, in un apposito macchinario, l’acqua di filatura, ossia l’acqua calda che viene utilizzata per effettuare la fase di filatura della pasta della mozzarella, infatti questa acqua è molto ricca di grasso. Il prodotto ottenuto è confezionato in panetti di circa 200 gr. e conservato in cella frigorifera.

Fermenti lattici: sono dei microrganismi unicellulari, capaci di provocare la fermentazione, ossia la decomposizione di alcune sostanze, mediante la secrezione di particolari sostanze azotate, ossia enzimi,essi poi si comportano da catalizzatori, provocando la reazione ma senza prendere parte diretta alla stessa. Tali fermenti hanno azione solo se inoculati ad una determinata condizione di temperatura. Esistono vari tipi di fermenti, quelli responsabili della fermentazione del latte è il Bacillus acidi lactici che trasforma il lattosio presente nel latte in acido lattico.

PRODUZIONE YOGURT, GELATI, ECC. Lo yogurt è prodotto esclusivamente con latte aziendale. Il latte è innanzitutto introdotto in un particolare dispositivo, detto maturatore, dove avviene il processo di pastorizzazione, andando a riscaldare fino alla temperatura di 85-90° per un tempo di circa 30 sec.. Successivamente il latte viene raffreddato fino alla

Dopo aver aggiunto i fermenti si agita il tutto per favorire una buona miscelazione del latte col fermento, lasciando poi fermentare il tutto fino al raggiungimen-

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to del giusto grado di acidificazione, ossia PH 4,7-4,8, e ciò avviene dopo circa 11 ore dall’inoculo. Fatto ciò si procede al raffreddamento dello yogurt. A questo punto lo yogurt è pronto da confezionare, e tale operazione viene eseguita mediante una macchina automatica di riempimento dei vasetti in vetro. Su tale impianto avviene innanzitutto la sterilizzazione dei vasetti prima tramite una apparecchiatura detta soffiatrice, che getta sugli stessi soffi di vapore ad alta temperatura, e poi tali vasetti, che viaggiano su un apposito nastro trasportatore, vengono bombardati con raggi ultravioletti. Dopo la sterilizzazione i vasetti vengono riempiti e successivamente chiusi con capsule tipo “twist off ”. Durante il confezionamento si può introdurre frutta per l’aromatizzazione dello yogurt. Una volta confezionato esso è subito immesso nella cella frigorifera dove raggiunta la temperatura ottimale per la sua conservazione, che è di 4 °C. Una cosa molto importante da dire è che nello yogurt non viene aggiunto zucchero, e ciò dipende dalle caratteristiche stesse del latte di bufala. Il latte bufalino ha già di per sé un sapore dolce, e un PH che varia tra il 6,6-6,8. Vi è una grande differenza tra il latte di bufala e quello di vacca, soprattutto per quanto riguarda il contenuto in grassi e proteine. Nel latte di bufala i grassi sono dell’ordine del 7,5-9% e le proteine intorno al 4,6%, mentre nel latte vaccino si ha un 3,3% in grassi ed un contenuto del 2,7% in proteine. Quindi proprio perché il latte di bufala ha un sapore già di per sé dolciastro, per dolcificare lo yogurt basta già solo il fruttosio contenuto nella frutta. La frutta utilizzata per la produzione dello yogurt aziendale è proveniente esclusivamente da agricoltura biologica ed è controllata e certificata. I gusti che vengono prodotti sono principalmente a frutta, ossia: BIANCO, a volte è servito con marmellata di manda-

rinetti cinesi, sempre di produzione propria, perché è l’unico senza zucchero. MALTO D’ORZO,è l’unico dove viene aggiunto zucchero di canna ALBICOCCA, FRAGOLA, MIRTILLI, BANANA. BUDINO La produzione del budino è iniziata nel 2002 circa, e è stata un’ulteriore prova, diciamo così, per diversificare la produzione, in modo tale da offrire al cliente una più ampia scelta di prodotto. Tale scelta strategica è un punto fondamentale della politica aziendale, puntare al miglioramento continuo.Esso nasce dopo lunghe ricerche e sperimentazioni, dopo lunghe prove effettuate.Inizialmente gli sforzi erano rivolti al voler produrre il “cioccolatino Vannulo”, ma per ottenere i cioccolatini occorreva del latte disidratato, per avere il quale bisognava effettuare un lungo e macchinoso processo dai costi troppo elevati per essere giustificati, quindi dal progetto cioccolatino, diciamo così, si è passati al budino, è stato chiamato un grande esperto di cioccolato, che è rimasto in azienda per 10 giorni, e che ha sperimentato varie ricette al fine di ottenere quella definitiva, sia per quanto riguarda la preparazione, sia per quanto riguarda la scelta dei gusti poi da produrre. Per la preparazione del budino portiamo il latte ad alta temperatura, e la temperatura varia a seconda del gusto che vogliamo ottenere, raggiunta tale temperatura, aggiungiamo il cioccolato e l’addensante( che non viene aggiunto solo nel fondente), tale addensante utilizzato è del tutto naturale, si definisce PECTINA, ed è ricavato dalle alghe marine. I gusti prodotti sono: CIOCCOLATO BIANCO, CIOCCOLATO AL LATTE, CIOCCOLATO FONDENTE, CIOCCOLATO BIANCO E CAFFE’.

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co di caffè) CIOCCOLATO (la base è del tutto diversa,ed è fatta con uova intere) LIMONE (non si prepara la base,ma è fatto solo con latte freddo, spremuta di limone e zucchero) SORBETTO AGLI AGRUMI (è fatto senza latte, e sostanzialmente è una spremuta di arance, limoni e mandarini, con zucchero e bianco d’uovo)

GELATI Il gelato aziendale, prodotto esclusivamente con latte di bufala, è ottenuto senza l’uso di addensanti e stabilizzanti tradizionali. Il suo ottenimento prevede innanzitutto la preparazione della base. La base è costituita da latte e zucchero a cui, a seconda del gusto che vogliamo ottenere, viene aggiunto bianco o rosso d’uovo. La preparazione della base è fatta seguendo il seguente procedimento: si agitano innanzitutto gli ingredienti (latte e zucchero) e si portano alla temperatura di 50 °C, poi si raggiunge la temperatura di pastorizzazione( 85 °C) che viene mantenuta per qualche secondo, e successivamente si agita e si raffredda il tutto fino alla temperatura di 4 °C. Una volta ottenuta questa base possiamo poi aromatizzarla attraverso l’aggiunta di frutta a seconda del gusto previsto, miscelando poi il tutto in una apposita macchina, detta mantecatore. Le basi sono diverse a seconda del gusto che vogliamo ottenere, così come la preparazione, ad esempio per il gelato al gusto di cioccolato e per quello allo yogurt, l’aggiunta dell’ingrediente è fatta prima della pastorizzazione e del successivo raffreddamento. I gusti prodotti sono:

I VITELLI In questo settore dell’azienda troviamo i vitellini da 0 a 3 mesi. È questa una delle fasi più delicate dell’intero ciclo vitale della bufala, e questo sicuramente per vari motivi, tra cui il principale è legato alle caratteristiche dell’animale bufala, la bufala infatti non trasmette al feto le difese immunitarie, pertanto il vitellino dovrà acquistarle in seguito. Basta solo questo a farci capire la delicatezza di questa fase della vita. Già al momento della nascita il vitellino è separato dalla madre,questa è una scelta crudele ma necessaria perché altrimenti se il vitellino fosse nutrito direttamente dalla mamma, anche solo per una volta, questa nel momento in cui esso le venisse tolto, smetterebbe di produrre latte. Il vitellino pertanto è nutrito artificialmente, innanzitutto per i primi 5 giorni della sua vita, gli viene dato il colostro della madre, in modo tale da fargli acquisire le necessarie risorse immunitarie, successivamente viene nutrito con latte, non di bufala, ma di mucca, e il motivo è semplicissimo: sicuramente il latte di bufala è

FIOR DI LATTE (base con bianco d’uovo e vanillina) NOCCIOLA (base con rosso d’uovo) CAFFE’ (metà base col rosso d’uovo, metà con bianco, con aggiunta di nescafè liofilizzato e qualche chic-

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AREA BENESSERE

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molto più costoso e poi, è necessario per la produzione di mozzarella. Dovendo rispettare i canoni dell’agricoltura biologica, i vitellini non vengono vaccinati pertanto agli inizi la mortalità era elevatissima, addirittura del 70%. Questo problema era gravissimo e per porvi rimedio sono state considerate nel corso degli anni varie soluzioni. Innanzitutto si è pensato di isolare i vitellini in recinti singoli in modo tale che se qualcuno di essi avesse avuto dei problemi non si correva il rischio che potesse passarli anche agli altri, questa soluzione era però sicuramente contro natura, e non rispettava i canoni dell’agricoltura biologica, i quali sanciscono che è necessario rispettare anche e soprattutto l’equilibrio psicologico dell’animale, facendolo vivere non isolato, ma in sintonia con tutti i membri del gruppo. Il miglioramento delle condizioni igieniche, e una accurata alimentazione hanno poi permesso la diminuzione della mortalità, anche se questa resta comunque molto elevata, attualmente infatti resta intorno al 50 %. Un problema importante che si presentava era poi come alimentare efficacemente il vitellino, dovete sapere infatti che esso dovrebbe ricevere, per una corretta alimentazione, una razione di latte giornaliera pari a 7 litri. Il problema era come controllare che tutti i vitellini, che come vi ho detto, vivono insieme e non separati, avessero ricevuto la spettante razione giornaliera. Tutto ciò è stato risolto munendo i vitellini di un apposito chip ed utilizzando una particolare allattatrice automatica, questa, tramite il chip, riconosce il vitellino, e dispensa in modo frazionato la sua razione giornaliera.

perfezionate, evolute, e oggi l’allevamento delle bufale è un settore in grande espansione. Gli animali sono tenuti in una forma di allevamento tabulato e al posto delle paludi ci sono dei paddocks con laghetti artificiali e tettoie per proteggerli dalla calura estiva. Benché la produzione di latte di bufala si prolunghi per l’intero corso dell’anno, la sua distribuzione mensile varia: si nota infatti una maggiore disponibilità nei mesi autunnali ed invernali e una forte contrazione in quelli estivi. Questo fenomeno dipende dalle caratteristiche riproduttive della bufala, che trova le condizioni più favorevoli per la sua riproduzione nel semestre agostofebbraio. Poiché il periodo medio di gravidanza è di 310 giorni, risulta che i parti si concentrano prevalentemente, nel semestre giugno-dicembre, e ciò spiega l’aumento di disponibilità di latte nella stagione autunnale e invernale. Oggi esistono delle tecniche vantaggiose per operare la destagionalizzazione e garantire il parto di almeno il 20-30% delle bufale in primavera. AZIENDA E AGRICOLTURA BIOLOGICA L’azienda nasce agli inizi del ‘900, ed in principio era solo rivolta all’allevamento delle bufale. Nel 1988 si decise di trasformare in azienda il latte prodotto e così nacque il caseificio, a cui seguì poi nel 2000 l’apertura della yogurteria. Da sempre l’obiettivo primario della politica aziendale è stato la ricerca della qualità, andando a garantire un prodotto di standard molto elevato e in alcuni aspetti addirittura unico nel suo genere (in effetti il nostro prodotto è uno dei pochi che vanta della certificazione I.C.E.A.)

Nel corso dei secoli le tecniche di allevamento si sono

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Tutti gli sforzi aziendali sono rivolti a questo: garantire la massima qualità, per questo si trasforma in sede solo ed esclusivamente il latte aziendale, e perciò la quantità di prodotto che è possibile ottenere è limitata. Inoltre la vendita del prodotto stesso è effettuata solo al dettaglio e solo in azienda, questo in modo tale da controllarne la qualità in tutte le fasi del passaggio produttore-consumatore. Garantire un prodotto di qualità vuol dire sì controllare tutti gli aspetti della produzione, ma vuol anche dire sperimentare soluzioni innovative, ad esempio tecniche di allevamento innovative, sempre alla costante ricerca del miglioramento continuo. E da questo punto di vista la nostra azienda è stata quella che più di tutte ha sperimentato sull’animale bufala. L’agricoltura biologica è un sistema produttivo in sintonia con l’ambiente e le esigenze dell’uomo. Questo non vuol dire un ritorno all’antico o lasciare la natura a se stessa, come si potrebbe immaginare, e questo perché un’agricoltura in sintonia con l’ambiente e che tenga conto della salute delle persone comporta un bagaglio di conoscenze tutt’altro che datato. Infatti la realizzazione di sistemi agricoli biologici necessita di molta ricerca e di una costante sperimentazione che consenta di utilizzare al meglio i meccanismi e le risorse che la natura stessa mette a disposizione. Agricoltura biologica significa sviluppare un modello di

produzione sostenibile evitando di depredare le risorse naturali. Nell’azienda si è cominciato a fare agricoltura biologica dal gennaio del 1996, iniziando un processo di conversione che ha portato, dopo circa 2 anni, ad ottenere la dicitura di azienda biologica nel pieno senso della parola. L’azienda sotto questo punto di vista vanta anche la certificazione dei suoi prodotti (I.C.E.A. Istituto certificazione etica e ambientale). Per poter ottenere una certificazione del genere bisogna avere tutta una serie di requisiti, che la nostra azienda possiede, tali requisiti prevedono l’osservanza di particolari restrizioni per quanto riguarda la lavorazione dei campi, produzione e trasformazione, acquisti di materie prime, vendita del prodotto, ecc. Ad esempio la superficie aziendale è di circa 200 ettari, ed è stata anche ampliata per poter permettere un giusto equilibrio tra animali allevati e superfici coltivate. Tutta questa superficie è impiegata esclusivamente per la produzione di erbai che occorrono per l’alimentazione del bestiame. Le coltivazioni sono varie, e viene anche utilizzata la rotazione delle colture. Nei terreni aziendali troviamo: ERBA MEDICA, essa resta in coltura in un terreno per un periodo di 4 anni, non assorbe azoto N2 dal terreno ma solo dall’atmosfera, quindi è importante per la rigenerazione del terreno stesso, inoltre, poiché ha un apparato radicale abbastanza sviluppato, serve anche a controllare la presenza degli infestanti. È uti-


ché è più energetico, anche se si hanno delle restrizioni su quanto mais dare come razione giornaliera. Secondo i dettami dell’agricoltura biologica infatti, la dieta degli animali deve essere variata, inoltre non si può eccedere con la somministrazione di prodotti insilati ma la dieta deve essere accuratamente studiata e bilanciata in ogni suo elemento. Gli animali vengono curati solo ed esclusivamente con rimedi omeopatici, non vengono utilizzati ormoni, e le razioni alimentari sono soggette a numerose restrizioni nell’utilizzo di alcuni componenti, ad esempio gli insilati, che normalmente rappresentano la grossa percentuale nelle normali razioni, sono limitati nell’utilizzo ad una percentuale del 20% sulla razione giornaliera, ed inoltre è vietato l’uso di integratori vitaminici di origine non naturale. Inoltre un’altra delle caratteristiche dell’alimentazione aziendale è fornire alle bufale ogni giorno almeno 25 Kg di erba fresca in modo tale da dare al latte il giusto aroma. Per la concimazione dei terreni poi non può essere utilizzato alcun prodotto chimico di sintesi, ma solo prodotti naturali come ad esempio il letame. Non si utilizzano diserbanti (è praticata la zappettatura del terreno), né pesticidi. Per risolvere i problemi pertanto vengono utilizzati solo metodi naturali, a tal pro una cosa interessante e curiosa è farvi notare come nell’azienda sia stato risolto in modo brillante il problema delle mosche. Le mosche adulte vengono catturate ed eliminate tramite trappole sessuali, le quali hanno una forma ad imbuto tale da attirare la mosca al loro interno non permettendole più di uscire; mentre l’eliminazione delle larve si è ottenuta tramite l’utilizzo di insetti utili, detti imenotteri. Essi sono piccoli insetti assolutamente non dannosi né fastidiosi per gli animali e per l’uomo, i quali depongono le loro uova all’interno delle uova di mosca, andandole a distruggere.

lizzata come erba fresca, che viene data alle bufale per migliorare il sapore della mozzarella per il fieno LOIETTO In altri terreni invece si coltiva: MAIS da maggio a fine settembre, ORZO, AVENA da fine ottobre a maggio, TRITICALE Questi ultimi vengono dati agli animai in asciutta come insilato. Il mais, invece, è dato agli animali in produzione per-

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CALEIDOSCOPIO

CALEIDOSCOPIO

LATTIERO-CASEARIO STRATEGICO IN VENETO BRUGNERA: RIDARE DIGNITA’ AI PRODUTTORI Il presidente di Latteria di Soligo, Lorenzo Brugnera: “La vicenda Quote Latte ha a lungo diviso i produttori, ora è tempo di andare oltre: unire, anche attraverso accordi strategici tra cooperative, ma soprattutto ridare dignità al lavoro dei nostri allevatori”.

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In una affollata sala riunioni, presso la sede dell’Associazione Regionale Produttori del Veneto a Villorba, si è tenuto stamane l’importante incontro che Latteria Soligo ha voluto organizzare sul tema caldo del dopo Quote Latte: dal 1 Aprile 2015, con il superamento del sistema di assegnazione delle quote in ambito comunitario, si andrà verso una liberalizzazione del mercato che spaventa non poco un comparto già in difficoltà. Punto di partenza per la riflessione, il corposo lavoro di studio presentato da Vasco Boatto, Professore di Economia e Politica Agraria dell’Università di Padova, che ha fotografato lo stato dell’arte della zootecnia e cercato di tracciare gli scenari futuri. “Un settore che in Italia è ingiustificatamente sotto attacco – lo ha definito lo stesso Boatto. Un vero pregiudizio ideologico, che non ha rispondenze in altri paesi europei, pesa sull’allevamento, sia sul fronte dell’impatto ambientale che della salubrità dei prodotti. Di certo bisognerà fare una grossa operazione di recupero d’immagine positiva verso un settore che è strategico, non solo per garantire una alimentazione di qualità ma anche per la salvaguardia del territorio”. Sicuramente, la complessa vicenda quote latte ha inciso negativamente sull’opinione pubblica: “Le Quote Latte non hanno fatto altro che dividere gli allevatori – ha proseguito il Presidente di Latteria Soligo, Lorenzo Brugnera – e ora ci troviamo a dover ripartire dalla base: dal ridare dignità al lavoro di chi sta nelle stalle, lavoro che nemmeno i nostri figli vogliono portare avanti”. E non è solo una questione di redditività, che resta il tasto dolente per gli allevatori che, a fronte di un prezzo del latte rimasto quasi invariato, hanno assistito a un continuo aumento dei costi di produzione, con un conseguente indebitamento delle aziende. Si tratta di riaffermare la strategicità di un settore che, solo con il comparto della trasformazione lattierocasearia, rappresenta un fatturato di 424 milioni di euro, pari all’8% del settore agricolo veneto. I DATI - L’attuale crisi di settore ha inciso profondamente sulle dimensioni aziendali, e la fotografia mostrata dal Professor Boatto ha avuto anche tratti impietosi: -11,9% il numero delle aziende (2009/2012) dalle 4.413

aziende produttrici di latte nell’annata 2009/2010, si è passati alle 3.833 dell’annata in corso. Il patrimonio bovino lattifero è sceso in Veneto del 6,25% contro il 4% delle media nazionale (passando da 203mila capi a 191mila), la produzione del latte in Veneto è calata dell’1,4% dal 2009. Certo, è avvenuto un ridimensionamento: la produzione media per stalla è cresciuta del 23% (2007/2013), gli allevamenti sono quindi diventati meno ma più grandi (sono praticamente raddoppiati – da 437 a 836 – gli allevamenti tra 100 e 500 capi). Per quanto riguarda la situazione provinciale è la provincia di Padova ad aver visto la contrazione maggiore nelle consegne di latte (-5.93%), seguita da Treviso (-2,79%) e Verona (-2,5%). Anche il comparto della trasformazione lattierocasearia ha subito una importante trasformazione: meno caseifici in Veneto, in un decennio si sono perse 44 unità produttive (da 263 a 219) e tuttavia, a testimonianza di un riposizionamento del settore, sono cresciuti gli addetti (+283 unità in un decennio, da 3.051 occupati a 3.334). LA POLITICA REGIONALE - “Dobbiamo costruire i presupposti perché le nostre aziende agricole siano più competitive – ha affermato l’Assessore Regionale all’Agricoltura, Franco Manzato – lo faremo anche attraverso un diverso accesso al credito con Veneto Sviluppo (per sostenere investimenti in conto capitale e fondi di garanzia) ma anche tramite assicurazioni sul reddito, già sperimentate ambito agricolo. Da qui a maggio, la Regione sarà chiamata a mettere in campo un pacchetto di misure per il nuovo PSR (Piano di Sviluppo Rurale, ndr.) con misure che spingano verso l’aggregazione e la cooperazione per riuscire a stare sui mercati internazionali”. Inoltre, la Regione ha in programma azioni di in-coming per portare buyers e giornalisti internazionali a conoscere le realtà produttive venete, oltre ad un progetto di collaborazione istituzionale con la Fondazione Italia Cina.


CALEIDOSCOPIO

Assolatte: gli studi più recenti rivelano che i prodotti lattierocaseari proteggono dall’aumento del peso corporeo e della circonferenza vita sia nel breve che nel lungo periodo. Un argomento di grande attualità approfondito nell’ultimo numero della newsletter L‘Attendibile. E’ tempo di sfatare il mito che i latticini facciano ingrassare. Dalle ultime ricerche emerge semmai il contrario: i maggiori consumatori di latte e derivati sono quelli che mostrano il minor aumento di peso e di circonferenza vita, sia nel breve che nel lungo periodo. A questa conclusione sono giunti differenti studi, che vengono riepilogati e commentati sull’ultimo numero della newletter nutrizionale L’Attendibile. “Latte&derivati: effetto protettivo ‘nel tempo’ sul peso corporeo” fa il punto sulle ultime evidenze scientifiche relative al ruolo anti-obesiogeno dei prodotti lattierocaseari, analizzandone anche i numerosi meccanismi che sono alla base di questi fenomeni. Secondo i ricercatori, infatti, le motivazioni vanno identificate nel fatto che il latte e i suoi derivati sono in grado di ridurre l’assorbimento dei grassi, di aumentare la lipolisi e di migliorare il meccanismo di insulino-resistenza. Senza dimenticare il ruolo importante che rivestono nel controllo del peso: come indicano i risultati di alcuni studi recenti, i prodotti lattiero-caseari sembrano riuscire a regolare la voglia di cibo e il suo consumo. Infatti, grazie al maggior potere saziante delle proteine e probabilmente anche del calcio, bere latte intero a colazione o mangiare uno snack a base di formaggio procura un buon senso di sazietà e spinge, quindi, a stare più leggeri nel pasto successivo. Inoltre l’aggiunta di latte alla dieta ha dimostrato di facilitare il controllo dell’appetito in donne obese sottoposte a diete ipocaloriche. Il messaggio sul ruolo anti-obesiogeno di latte e derivati va comunicato soprattutto ai giovani, e in particolare alle ragazze, che tendono a mettersi spesso a dieta e quindi a ridurre i consumi di questi alimenti. Con la conseguenza di esporsi a inadeguati apporti di calcio, come hanno rilevato diversi studi. Una scelta sbagliata e inutile, visto che le ricerche condotte sugli adolescenti hanno evidenziato che i prodotti lattiero-caseari possono essere consumati senza che questo comporti un aumento di peso o di massa grassa. Anzi, in alcuni casi un consumo più elevato di latticini si

associa a un ridotto rischio di essere sovrappeso o obesi. Per saperne di più consulta il nuovo portale www. lattendibile.it: una fonte informativa privilegiata, con notizie di pubblica utilità che aiutano a migliorare l’approccio all’alimentazione, a nutrirsi in modo corretto e soprattutto consapevole. Nato per informare e aggiornare la classe medica, i giornalisti e i consumatori sui vantaggi di un’alimentazione equilibrata e sul ruolo di latte yogurt formaggi e burro, www.lattendibile.it propone tutti gli articoli pubblicati su L’Attendibile dal 2007 ad oggi, catalogati per patologia/tematica e per prodotto. www.assolatte.it

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ASSOLATTE: LATTE&DERIVATI RIDUCONO L’AUMENTO DI PESO E DI GIROVITA DETTATI DALL’ETA’

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Ford Fiesta R5 Monza rally Show 2013


VITA DA CAMPIONE GIACOMO OGLIARI

STILI DI VITA

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VITA DA CAMPIONE

La storia del campione di rally ed il suo rapporto con il cibo. Una sana alimentazione ed un regolare stile di vita migliorano le doti e le prestazioni in ambito sportivo e di ognuno che voglia prendersi cura del proprio corpo e della propria mente! Giacomo Ogliari


Ford Fiesta R5 Monza rally Show 2013

Inizio questo mio racconto, parlando di me, per presentare a Voi, cari Lettori, la mia storia. Mi chiamo Giacomo Ogliari, per i miei amici e tifosi “Jack”, e sono nato nel 1964 a Milano ove vivo tutt’ora e dove sono titolare del mio studio professionale. Il Presidente della Repubblica Italiana mi ha insignito della massima onorificenza che può essere conferita ad un cittadino del nostro paese e, pertanto, sono Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. Fin da bambino sono sempre stato affascinato ed attratto da tutto ciò che funzionava a motore e, in particolare, dalle automobili. Ho passato tantissime ore della mia infanzia in auto con i miei genitori, guardando tutto ciò che faceva mio padre per condurre l’autovettura ed ho imparato a leggere a soli quattro anni proprio grazie alla rivista “Quattroruote”! La mia cara mamma, infatti, pressata dalle mie continue richieste di lettura di articoli giornalistici riguardanti auto, gare e motori, molto pragmaticamente mi ha detto: “…Ti insegno a leggere così poi lo farai da solo…”.Quando ho compiuto 14 anni ho cominciato a gareggiare in motocicletta ed a partecipare a molte gare di motocross.


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La scelta è ricaduta su questa disciplina perché non avevo ancora l’età per correre nei rally automobilistici (in quanto serviva essere in possesso della tanto agognata patente di guida) ma allo stesso tempo mi dava la possibilità di gareggiare, di correre e di stare a contatto coi i motori e con il mondo delle competizioni sportive! Ho corso per quattro anni nella specialità del motocross arrivando a vincere un campionato junior nazionale e, grazie a questo importante successo, mi fu proposto di correre nel campionato europeo di moto cross ma, ormai, avevo ottenuto la patente di guida e l’età per poter correre nei rally automobilistici e quindi ho sostituito la moto con l’automobile proprio perché il mio sogno erano le quattro ruote. In trent’anni di carriera ho ottenuto molteplici vittorie nei campionati italiani ed europei e raggiunto risultati importantissimi a livello mondiale.

Rally Mondiale Monte Carlo 2011 Mitsubishi lancer evo 9

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ariivo sul podio Rally Mondiale Monte Carlo 2011 Mitsubishi Lancer evo 9


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Giacomo Ogliari Johann Zoller Ford  Fiesta R5

Rally mondiale Monte Carlo 2011 Mitsubishi Lancer evo 9


Rally mondiale Monte Carlo 2009 Mitsubishi Lancer evo 9

Giacomo Ogliari e Johann Zoller nell’abitacolo della Ford Fiesta R5


premiazione Monza Rally Show 2013

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Tutt’ora partecipo nei campionati e, da pochi mesi, gareggio per la Ford ed ho portato al debutto mondiale in gara, nel mese di luglio 2013, la nuovissima Ford Fiesta R5, prima vettura della appena nata categoria R5, che andrà a sostituire la massima categoria delle vetture nel mondiale rally e di conseguenza in tutti i campionati sia europeo che delle singole nazioni del mondo. Lo sport che adoro e che è sempre stato il mio mestiere è sicuramente difficile e riserva “gioie e dolori” veramente intensi; è sicuramente un sport rischioso e la concentrazione è la chiave principale per poter ottenere risultati oltre, ovviamente, alla tecnica, al coraggio e all’istinto per la velocità. Sono ormai 15 anni che sono istruttore ed esaminatore federale CSAI (Commissione Sportiva Automobilistica Italiana), per tutti coloro che hanno intenzione di diventare piloti. Ogni anno esamino decine e decine di allievi sia neofiti che più esperti, i quali devono ottenere il passaggio di categoria della propria licenza per poter gareggiare a livelli internazionali. Con profondo orgoglio, è già da qualche anno che mi dedico anche ai giovanissimi che, grazie ad una deroga ai


regolamenti internazionali, possono intraprendere la loro carriera di pilota dal compimento del sedicesimo anno di etĂ ; proprio pochi giorni fa, ha debuttato una ragazza sedicenne nel Rally Ronde di Monza da me istruita ed esaminata. Durante lo svolgimento delle gare sono seguito da uno staff medico che cura sia la mia alimentazione che il fisico sotto tutti i punti di vista. L’alimentazione è importantissima, sia durante la preparazione delle gare che durante lo svolgimento delle stesse che, nel mondiale, possono durare anche quattro o cinque giorni. La mia esperienza personale mi ha insegnato quanto sia importante scegliere i prodotti giusti ed i fattori nutrizionali ideali per il nostro organismo. Credo sia importante la scelta delle materie prime che deve avvenire, per quel che mi riguarda, esclusivamente all’interno di prodotti biologici e da allevamenti non intensivi. Durante le gare prediligo prodotti sani ma energetici,

Rally Mondiale Monte Carlo 2011 Mitsubishi Lancer evo 9

142 VITA DA CAMPIONE GIACOMO OGLIARI


Giacomo Ogliari Johann Zoller Ford  Fiesta R5

Rally mondiale Monte Carlo 2011 Mitsubishi Lancer evo 9

Giacomo Ogliari Johann Zoller Ford  Fiesta R5


Giacomo Jack Ogliari nell’abitacolo dell’auto

pasta di farro al sugo, formaggio parmigiano reggiano e cioccolato! Durante la mia preparazione di tutti i giorni, invece, curo molto l’attività fisica, allenandomi tutti i giorni in palestra attraverso sessioni di attività aerobica accompagnate da potenziamento muscolare. Quando non sono in gara a colazione bevo un cappuccino con fette biscottate, marmellata e, a volte, delle noci. Prima del pranzo mi reco in palestra. Tutti i giorni. Al termine dell’attività fisica preferisco un buon piatto di pasta di farro o tradizionale, con pomodorini freschi, poi del formaggio accompagnato da verdure cotte o crude. A merenda prediligo una buona mela, una pera o una banana. Per cena un sano passato di verdure seguito da carne di vitello o di pollo, più raramente manzo. Idratarsi è importante, infatti bevo circa 2 litri di acqua naturale al dì. Di tanto in tanto mi permetto una Coca Cola. Durante le gare alla colazione aggiungo una porzione di cioccolato al latte. Se la gara si protrae anche di notte, a pranzo e cena, mi nutro con pasta al ragù,

pane, grana padano e cioccolato al latte. Se la gara è terminata, mi concedo una semplice cena sopra descritta. Sono astemio dalla nascita e, ovviamente, non ho mai fumato. In conclusione, sono convinto che una sana alimentazione ed un regolare stile di vita, aiutino a migliorare la proprie doti e prestazioni in ambito sportivo, ma sono altrettanto convinto che queste siano delle ottime regole di vita per chiunque voglia prendersi cura del proprio corpo e della propria mente!

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Giacomo Ogliari Pilota di rally



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CONEGLIANO VALDOBBIADENE PROSECCO SUPERIORE DOCG: DA PRODOTTO A SIMBOLO DI UN TERRITORIO In crescita export e occupazione, salita l’attenzione per l’ambiente Auditorium di Villa Brandolini a Solighetto di Pieve di Soligo (TV)

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Esportazioni in crescita, ma anche occupazione giovanile, marketing e attenzione per l’ambiente hanno dimostrato come il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore sia sempre di più occasione di traino e di business per il territorio locale ed internazionale. Dopo la presentazione a Roma del Rapporto Annuale del Centro Studi del Distretto che si è svolta, l’11 dicembre, nei bellissimi spazi de Il Palazzetto, proseguita sabato 14 dicembre all’auditorium di Villa Brandolini a Solighetto di Pieve di Soligo (TV), alle 9.30, dove si è parlato del ruolo e delle nuove frontiere di questo prodotto divenuto icona di un intero territorio nel mondo. “Quello del Conegliano Valdobbiadene è ormai un vero e proprio case history, ha spiegato Innocente Nardi, presidente del Consorzio. In questo piccolo territorio collinare si è realizzata una perfetta combinazione tra la vocazione naturale e la cultura dello spumante, che nasce nel 1876 con la fondazione della prima Scuola Enologica d’Italia a Conegliano. Grazie alla determinazione dei nostri produttori si è originato il successo di un vino che è oggi divenuto ambasciatore dell’Italia nel mondo ma che è anche un simbolo. Il suo valore non si limita a criteri esclusivamente economici ma tocca aspetti sociali e storici con importanti ricadute economiche ed occupazionali”. In questo senso è da sottolineare che circa il 30% delle oltre 5000 persone che lavorano per il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore ha meno di 40 anni e spesso occupa posizioni di alto profilo. Il tutto partendo da una realtà fatta di cantine piccole, medie e grandi; molte di queste sono di dimensioni limitate (l’85% delle imprese non arriva a 10 addetti). Tra di esse si è creata una positiva competizione sinergica che ha portato questo piccolo territorio, che comprende appena 15 comuni e conta circa 6mila ettari di superficie vitata, a confrontarsi in termini di fama e di qualità con i più importanti colossi del mondo vitivinicolo. “Grazie ad una struttura produttiva realmente organizzata su base distrettuale, ha puntualizzato il Professor

Vasco Boatto, direttore del Cirve e curatore del Rapporto, con un mix di aziende di dimensioni diverse, che creano un sistema collaborativo competitivo, il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore ha dato origine ad un modello vincente. In questi anni ha, infatti, dimostrato una forte capacità di penetrazione nel mercato, sia in Italia che all’Estero, con una costante crescita in valore e volumi, in particolare nei Paesi emergenti”. “Siamo presenti in oltre 80 Paesi, ha sottolineato Giancarlo Vettorello, direttore del Consorzio, con una crescita importante; l’export copre il 45% della nostra produzione con oltre 28 milioni di bottiglie. Ma a mio giudizio è essenziale rilevare l’exploit in termini di valore con un record di quasi 132 milioni di euro che fa segnare un 14,8% in più rispetto all’anno precedente. In sintesi diciamo che era, per noi, importante la sfida del posizionamento delle nostre etichette e l’obiettivo di dare un giusto valore al nostro prodotto”. Ed uno dei modi più efficaci per fare comprendere la differenza qualitativa è certamente la visita al territorio di produzione, le colline di Conegliano Valdobbiadene, un paesaggio culturale straordinario inserito nella Tentative List dei patrimoni Unesco. Non a caso, è in constante crescita il fenomeno dell’enoturismo. Conegliano Valdobbiadene, così come in precedenza altri celebri territori, è diventato un punto di riferimento essenziale per i winelovers di tutto il mondo. Come confermano i dati del Rapporto, il numero complessivo dei visitatori delle cantine del Conegliano Valdobbiadene è cresciuto del 25,6% arrivando a quasi 300.000 presenze. Più del 33% delle aziende ha avuto tra le 1000 e le 10.000 visite, con una presenza di stranieri che conferma appunto l’appeal del quale il Prosecco Superiore Docg gode anche all’estero. Un prodotto che dal 2009 può fregiarsi della docg e questo plus ha dato impulso a tutta una serie d’iniziative, non ultima quella che vede tutti i consorziati coinvolti in un’attività di forte attenzione nei confronti dell’ambiente, altro fiore all’occhiello del distretto di Conegliano Valdobbiadene, ennesimo elemento che contraddistingue il lavoro del Consorzio e dei produttori che ne fanno parte. L’adesione a sistemi di eco-certificazione e l’utilizzo di tecniche rispettose dell’ambiente, come pure quelle del riciclo dei materiali naturali prodotti in vigneto o del riciclo e riutilizzo di quelli generati in cantina, e nella filiera di


“Un valore aggiunto percepito dai consumatori, ha concluso Giancarlo Gramatica, client service director IRI, dall’indagine da noi compiuta risulta che ben il 71% degli acquirenti di prosecco negli ultimi 6 mesi riconosce al prodotto una specifica area di provenienza ed uno su due riconosce Conegliano Valdobbiadene come l’eccellenza. Ed anche il Natale sarà un’occasione ideale per il consumo di questo vino, sebbene le vendite lo confermino come lo spumante più destagionalizzato nei consumi. Le festività, infatti, pesano per la categoria Prosecco solo per il 23% delle vendite (il 24% per la docg Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, il 21% per la doc Prosecco), contro una percentuale del 60% delle altre bollicine”.

I NUMERI DEL RAPPORTO • La superficie vitata del Conegliano Valdobbiadene è di 5.896 Ha. • Nel 2012 sono state prodotte 68,8 milioni di bottiglie (+74,3% rispetto al 2003). • In Italia nel 2012 sono state vendute 34,4 milioni di bottiglie (+56,4% rispetto al 2003). • 28,3 milioni di bottiglie sono state vendute all’estero nel 2012 (erano circa 10 milioni nel 2003). • L’export copre oltre il 45% della produzione con oltre 28 milioni di bottiglie presenti in oltre 80 Paesi con un record in termini di valore di quasi 132 milioni di euro, che fa segnare un 14,8% in più rispetto al 2011. I primi mercati sono Germania, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti. • Il valore al consumo è di 450 milioni di € annui. • 5.000 persone lavorano per il Prosecco Superiore, di queste il 30% è under 40. • L’enoturismo nel 2012: il numero complessivo dei

visitatori

delle

cantine

del

Conegliano

Valdobbiadene è cresciuto del 25,6% arrivando a quasi 300.000. Più del 33% delle aziende ha ricevuto tra le 1000 e le 10.000 visite. • Il 56% delle aziende ritiene la qualità del paesaggio

una

componente

prodotto.

www.prosecco.it

significativa

del

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commercializzazione, hanno una ricaduta positiva sulla sostenibilità dell’ecosistema agrario, della filiera enologica e del paesaggio. Quasi il 90% dei produttori guarda, infatti, a quest’ultimo come un valore aggiunto estremamente significativo ai fini di una commercializzazione più efficace. Prodotto, paesaggio, cultura, rispetto per l’ambiente sono quindi gli elementi che rendono Superiore il Conegliano Valdobbiadene.

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IKEA PARTNER STRATEGICO DELL’UNIVERSITA’ DI SCIENZE GASTRONOMICHE DI POLLENZO

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IKEA ha deciso di supportare l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo mediante l’adesione al Club dei Partner Strategici dell’Ateneo piemontese, costituito da una ristretta cerchia di aziende di eccellenza e da alcune importanti istituzioni. Il Club partecipa attivamente alla vita dell’Ateneo supportando le attività di ricerca e condividendo l’impegno e le strategie per costruire nuovi scenari sostenibili di produzione e di consumo del cibo. L’obiettivo è quello di creare un centro internazionale di formazione e di ricerca, al servizio di chi opera per un’agricoltura rinnovata, per il mantenimento della biodiversità, per un rapporto organico tra gastronomia e scienze agrarie (per maggiori info: www.unisg.it).

IKEA Food, il ramo d’azienda che si occupa della gestione e dell’approvvigionamento dei Ristoranti, Bar e Botteghe Svedesi, benché presente solo all’interno dei 20 punti vendita IKEA presenti in Italia, è una delle realtà più importanti nel mercato della ristorazione commerciale italiana.

Negli ultimi 3 anni, tramite una continua crescita dell’offerta bio nei suoi Ristoranti, IKEA Italia ha potuto favorire le imprese agricole italiane che s’impegnano a preservare la qualità della terra, rifiutando l’uso di concimi chimici e antiparassitari. In particolare, con acquisti che hanno superato nell’ultimo anno i 5 milioni di euro, IKEA è uno dei principali acquirenti di prodotti biologici italiani. “Siamo contenti di sostenere l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche in qualità di Partner strategico” ha detto Dino Maldera, Country IKEA Food Manager per l’Italia “Questo Ateneo rappresenta un’eccellenza nel quadro delle Università italiane e questa collaborazione si aggiunge ad altre importanti collaborazioni che IKEA ha già attivato in Italia con partner come WWF, organizzazione per la salvaguardia della natura, Compassion in World Farming, organizzazione che si occupa del benessere degli animali e ICEA, l’Istituto di certificazione Etica e Ambientale. Tutto questo con l’obiettivo di servire in tutti i nostri negozi cibo di alta qualità, controllato, sano e prodotto nel rispetto dell’ambiente”.


AMR CORPORATION E US AIRWAYS GROUP SI UNISCONO PER FORMARE LA NUOVA AMERICAN AIRLINES Il processo di fusione è completato; AMR esce dalla ristrutturazione con un piano di recupero completo verso i propri creditori. I passeggeri godranno nel tempo di maggiori benefici e di un network globale potenziato; Non sono previsti cambi immediati nell’operatività I dipendenti beneficeranno di una maggior sicurezza del posto di lavoro e di opportunità di crescita AMR Corporation e US Airways Group, Inc. hanno annunciato oggi il completamento del piano di fusione che porterà alla formazione di American Airlines Group Inc. (NASDAQ: AAL) e alla costruzione della nuova American Airlines. La nuova American ha un solido network globale con circa 6.700 voli giornalieri verso più di 330 destinazioni in oltre 50 paesi e più di 100.000 dipendenti a livello mondiale. A seguito della fusione la compagnia ha la dimensione, l’ampiezza e la capacità di competere con maggiore efficienza e profitto sul mercato globale. Da questa fusione i passeggeri trarranno maggiori benefici e godranno di più servizi grazie ad un network mondiale ancora più grande e al potenziamento dell’alleanza oneworld®. US Airways uscirà da Star Alliance il 30 marzo 2014 per entrare subito dopo, il 31 marzo 2014 in oneworld. Grazie all’ampliamento del network globale e a forti basi finanziarie la nuova American garantirà benefici significativi ai consumatori, alle comunità, ai dipendenti e agli stakeholders. “I nostri collaboratori, i clienti e le comunità che serviamo in tutto il mondo erano in attesa dell’arrivo della nuova American” ha commentato Doug Parker, CEO di American Airlines. “Abbiamo preso il meglio di US Airways e di American Airlines per dare vita ad una formidabile compagnia, meglio posizionata per apportare benefici a tutti i nostri stakeholders. Stiamo lavorando per integrare velocemente ed efficacemente le nostre compagnie al fine di realizzare definitivamente quei benefici significativi che deriveranno dalla fusione.” I passeggeri godranno nel tempo di maggiori benefici e di un network globale potenziato. Non sono previsti cambi immediati nell’operatività. Sebbene American e US

CALEIDOSCOPIO Airways siano da ora un solo soggetto, il processo per operare come compagnia unica necessita approssimativamente di un lasso di tempo fra i 18 e i 24 mesi. Nel frattempo i passeggeri potranno continuare a volare con la compagnia da cui hanno acquistato il volo prima della fusione. In poche parole: “business as usual.” I due siti, www.aa.com e www.usairways.com, i due sistemi di prenotazione e i loyalty programs resteranno separati durante il processo di integrazione. I benefici per i consumatori derivanti dalla transazione saranno nel tempo i seguenti: un accordo di codeshare fra American e US Airways che creerà un accesso più conveniente al network della nuova compagnia Più scelta e più collegamenti con 9 hub negli Stati Uniti Accesso globale ad un’alleanza oneworld più forte – con collaborazioni più strette con British Airways, Iberia e Finnair attraverso l’Atlantico e con Japan Airlines e Qantas attraverso il Pacifico – che offrirà maggiori opzioni di viaggio e benefici per voli nazionali e internazionali Reciprocità nel godimento dei benefici degli American Admiral’s Club e degli US Airways Club Reciprocità nell’ upgrade Consolidamento dei loyalty programs, maggiori opportunità di guadagnare e redimere miglia grazie al nuovo network combinato Piena integrazione delle politiche, dei siti, dei chioschi e delle tecnologie rivolte ai passeggeri per assicurare una sempre migliore e costante esperienza di viaggio nel mondo Unificazione delle biglietterie e dei gate nei mercati principali Con l’ordinazione definitiva di oltre 600 aeromobili da parte delle due compagnie principali, la nuova American avrà una delle più moderne ed efficienti flotte dell’aviazione e solide basi per ulteriori investimenti in tecnologie, prodotti e servizi. I nostri clienti cominceranno a vedere dei miglioramenti a partire da gennaio compresa la possibilità di guadagnare e redimere miglia volando sia con American Airlines sia con US Airways e di godere reciprocamente dei vantaggi degli American Admiral’s Club e degli US Airways Club. Le due compagnie combinate prevedono di fornire ulteriori dettagli sui principali vantaggi per i consumatori all’inizio del nuovo anno. Durante il processo di integrazione il nuovo sito di American “Find Your Way” aa.com/findyourway fornirà ai passeggeri tutte le informazioni relative al processo di fusione. Inoltre i consumatori potranno continuare a navigare sui siti aa.com e usairways.com che continueranno ad essere aggiornati regolarmente con novità e relative modifiche.

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Doug Parker

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CALEIDOSCOPIO TUTTE LE NOVITÀ DEI SUCCHI DI FRUTTA DERBY BLUE Nuovi formati, nuovi packaging, nuovi gusti e nuove ricette: così si rinnova la gamma dei succhi Derby Blue, marca giovane e innovativa

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Tante le novità con le quali Derby Blue, marca giovane e innovativa, capace di captare le esigenze evolutive dei consumatori più moderni, rinnova la propria gamma di succhi di frutta di alta qualità. Le novità riguardano sia i formati, sia il packaging di alcuni prodotti, sia l’inserimento di nuovi gusti e sia la ricettazione di alcune referenze.

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I grandi formati Il nuovo formato dei succhi di frutta Derby Blue da 750 ml viene proposto con il packaging in Tetra Gemina, pratico e funzionale, meglio gestibile in termini di spazio sia per la distribuzione che per il consumatore. La grafica è stata rinnovata ed è stata resa più efficace e impattante. Le ricette preesistenti sono state sostituite da ricette più dissetanti e gustose. Per quanto riguarda i gusti, sono stati confermati quelli già presenti nell’assortimento – vale a dire Frutta e Fibra, Multivitamine, Arancia rossa e Ananas – con l’aggiunta del nuovo Frutti rossi composto da uva rossa, arancia, melograno e sambuco. Ogni gusto Derby Blue nel formato 750 ml sarà disponibile nella grande distribuzione a partire dalla fine del mese di novembre 2013 con un prezzo consigliato al pubblico di 1,29 euro cadauno.

Vetro I succhi di frutta Derby Blue nella confezione in vetro da 6 bottiglie per 125 ml – nei classici gusti Pera, Pesca e Albicocca – sono proposti nelle classiche ricette succo e polpa che sostituiscono le vecchie ricette. Disponibili nella distribuzione moderna a partire dal mese di dicembre 2013, i succhi in vetro saranno venduti al pubblico al prezzo consigliato di 2,19 euro a confezione (6x125ml). Brik Novità anche per i succhi di frutta Derby Blue in brik che vengono proposti nel nuovo formato 3x125 ml nei gusti Pera, Pesca, Albicocca, ACE, ACE rosso e Multivitamine. Anche in questo caso le classiche ricette succo e polpa hanno sostituito le vecchie ricette. Disponibili in commercio nella moderna distribuzione a partire da gennaio 2014, i succhi in cluster saranno venduti al pubblico al prezzo consigliato di 1,09 euro a confezione (3x125 ml). www.derbyblue.it


“TMTD è un principio attivo contenuto in diversi formulati autorizzati dal Ministero della Salute (Pomarsol 80 WG, Silfur WG, Tetrasol 80, Thianosan 80 WG, TMTD 50 SC, Tetrasol Liquido, TMTD 50 L …). Usare i prodotti fitosanitari con precauzione. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto”.



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