KARPOS
KARPÒS ALIMENTAZIONE E STILI DI VITA
Anno II - N° 5 Luglio 2013 - Copia gratuita online
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COVER STORY
LAMBRUSCO D’ARAPRÌ
AGRICOLTURA OGGI
ALBICOCCO MELONE
I PARCHI DEL WEST
LA SECONDA PARTE
STILI DI VITA
LACOSTE
CROLLANO I CONSUMI ALIMENTARI E IL BENESSERE!
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EDITORIALE
CROLLANO I CONSUMI ALIMENTARI E IL BENESSERE! Renzo Angelini Direttore editoriale
A
ssistiamo da mesi al crollo delle vendite al dettaglio, con una diminuzione nel mese di aprile, rispetto all’ anno precedente, del 4,5% dei prodotti alimentari rispetto all’ 1,9% dei non alimentari. La grande distribuzione, dove si moltiplicano promozioni e sottocosto, segna uno storico -3,9%, addirittura superiore a quello dei piccoli esercizi, mentre ad aumentare sono solo i discount alimentari. Questo è il drammatico risultato della spending review a cui, a causa del crollo del potere d’acquisto, sono state costrette in Italia ben sette famiglie su dieci. Sono stato invitato a partecipare al Forum Nazionale “Rimini in_forma - Medicina Moderna e Alimentazione Funzionale”. Le aree tematiche affrontate riguardavano sovrappeso/obesità, di cui l’Italia vanta il triste record mondiale, ipertensione, allergie dei bambini, patologie androurologiche, menopausa, disturbi del sonno, umore, vascolari e osteoarticolari, antiaging (aumento della aspettativa di vita a cui non corrisponde un rapporto equilibrato della qualità della vita). Queste hanno in comune la causa legata ad una alimentazione non corretta. L’ utilizzo degli integratori alimentari-secondo la legislazione considerati in tutto e per tutto alimenti- è un fenomeno in costante espansione sia in termini di utilizzatori finali (clienti/ pazienti), sia nell’impiego nutrizionale e in condizioni di scompenso “fisiologico”. Secondo i dati emersi dalla ricerca di Nielsen Market Track Healthcare per FederSalus, relativi al periodo marzo 2012-febbraio 2013, sono state vendute in Italia 142 milioni di confezioni (+4,2% rispetto all’ anno precedente) per un valore complessivo pari a 1.926,9 milioni di euro. Secondo il rapporto GFK Eurisko, 2 italiani su 3 ritengono utili gli integratori e il 75% degli intervistati afferma di aver fatto ricorso ad almeno uno di essi negli ultimi 12 mesi. Gli integratori alimentari sono prodotti specifici volti a favorire l’assunzione di determinati principi nutritivi non presenti negli alimenti di una dieta-non-corretta. Sono preparazioni multicomponente, possono infatti associare vitamine, amminoacidi, estratti vegetali, fermenti, enzimi ecc. Laddove il regime alimentare
non sia sufficiente a raggiungere la razione necessaria alla fisiologia dell’organismo, essi assumono un ruolo importante nel caso di alimentazione spinta verso un eccesso di calorie, grassi e proteine e con ridotto consumo di frutta e verdura, che può coincidere con una grave malnutrizione, con conseguenze sulla salute. In attesa che la politica stabilisca regole che facciano chiarezza tra i compiti e le ragion d’essere di organizzazioni nate per intercettare risorse pubbliche e non per rispondere al mercato, il mondo della produzione dovrebbe approfittare di questo momento di spending review per rinnovare le proprie strutture di interfaccia con il mercato, incapaci di fare sistema e di cogliere la grande e irripetibile opportunità che ci offre questa congiuntura. I nuovi scenari che hanno caratterizzato l’ evoluzione dei settori della salute e del benessere nella società moderna fanno emergere con sempre maggiore consapevolezza l’esigenza di ricercare in una alimentazione corretta ed equilibrata le risposte adeguate alla ricerca del benessere psico-fisico finalizzato al mantenimento della salute. Una condizione che non si identifica più solo con l’assenza di malattia, bensì con una esigenza di prevenzione e di riequilibrio, capace di migliorare la qualità della vita. Il concetto stesso di alimento sta subendo una profonda trasformazione: dal soddisfacimento di un bisogno primario siamo giunti ad un concetto di cibo come promessa di salute intesa come prevenzione e assenza di malattia, in breve wellness. La coincidenza virtuosa tra economia, salute ed etica ha creato una grande domanda di “benessere” e di consapevolezza; sarebbe sconcertante ed irresponsabile se ad intercettarla fossero solo i “visionari strategici” che ci alimenteranno con pillole, compresse e tavolette a base di componenti che troviamo nella Dieta Mediterranea e nelle oltre 250 DOP e IGP italiane! Dietro ai discorsi che mirano a non riconoscere il mercato come driver di sviluppo, troppe figure continuano a nascondere la loro mancanza di professionalità o addirittura inutilità contribuendo a portare il Paese ad una condizione inaccettabile ed in contrasto con la potenzialità “unica” di offerta di alimentazione, territorio e cultura.
03 EDITORIALE RENZO ANGELINI
KARPÒS MAGAZINE LUGLIO 2013
Direttore editoriale Renzo Angelini Direttore responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012 variazione in corso di registrazione Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) CF 04008690408 - REA 325872 Grafica Francesca Flavia Fontana Raccolta pubblicitaria Per contatti cell 335 6355354 pubblicita@karposmagazine.net
03 CROLLANO I CONSUMI ALIMENTARI E IL BENESSERE! EDITORIALE Renzo Angelini
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ALBICOCCO AGRICOLTURA OGGI Carmelo Mennone
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08 IL LAMBRUSCO COVER STORY Ermi Bagni
54 I PARCHI DEL WEST (SECONDA PARTE)
PAESAGGIO Renzo Angelini
IL MELONE AGRICOLTURA OGGI Nadia Ficcadenti
114 LACOSTE STILI DI VITA Lamberto Cantoni
130 D’ARAPRÌ COVER STORY Ulrico Priore
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Diffusione online Karpòs Magazine viene inviato gratuitamente a una community di oltre 200.000 destinatari; consumatori, università, istituzioni, industrie, Grande Distribuzione Organizzata, Ho.Re.Ca. fornitori di mezzi tecnici e servizi, associazioni, agroindustrie, produttori, tecnici e centri media.
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CALEIDOSCOPI
Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi da pag. 8 a pag. 20 Carmelo Mennone pagg. 26-27-28-29 e da pag. 35 a pag. 44 Nadia Ficcadenti da pag. 88 a pag.104 © Lacoste da pag. 114 a pag. 125 D’araprì da pag. 130 a pag. 140
SYNGENTA
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CONAD
24 ORTOROMI 46 48
ASPARAGO FOGGIANO
GOLDEN BIO VAL VENOSTA
50 52
SIPO
OPO VENETO - CILIEGIE
Per le fotografie:
Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini
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In copertina: Lambrusco © Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi
CIRIO
84 PAGO 85 T18 86 CON I PIEDI PER TERRA 87 MIONETTO 106
ASSOLATTE
108 ACQUA DOLOMIA 109 DEL MONTE 110 TURCHIA 111 AGCO-FENDT 112 ANGURIA DI RIJK ZWAAN 113 CANTINA TOLLO 126 128
CREMA & CIOCCOLATO
GIORNATA NAZIONALE PARKINSON
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BIRRA CASTELLO
142 144
BONDUELLE
PASSION NATURE
145 146
HANS&GRETA
eUNIT KITCHEN
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CALEIDOSCOPIO
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SYNGENTA: EVOLUZIONE CONTINUA, ANCHE SU WEB
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Syngenta lancia il nuovo sito web, condensandovi la molteplicità di informazioni, servizi e documenti utili a tutti gli operatori agricoli professionali. 200 varietà di sementi e 110 agrofarmaci per coltivare e proteggere al meglio oltre 60 colture differenti, ma anche 20 specie di insetti utili e, infine, specifici servizi ad alto valore aggiunto e ben 15 progetti specificatamente dedicati alla grande sfida dell’agricoltura responsabile. Syngenta ha cioè posto tutta se stessa nel suo nuovo sito web, nel quale è stato condensato e reso disponibile tutto lo scibile tecnico dell’unica società al mondo dedicata unicamente all’agricoltura. Per soddisfare le crescenti esigenze del mondo agricolo che opera in rete, Syngenta ha infatti ridisegnato il proprio sito internet, ottimizzandone l’immediatezza e l’intuitività della navigazione. In accordo con la nuova struttura aziendale, razionalizzata per raggruppamenti colturali, anche il sito Syngenta è organizzato sulla base di specifiche aree tematiche per coltura, nelle quali si possono consultare e scaricare le documentazioni relative ai diversi cataloghi di sementi e mezzi per la difesa, opportunamente filtrati per coltura. Oltre a ciò, Syngenta ha trasferito su web anche le diverse componenti della propria progettualità strategica, come per esempio le piattaforme tecnologiche CerealPlus, Mais Expert, Sinergie e Innovazione, rispettivamente sviluppate per rafforzare l’importanza e la redditività degli agricoltori all’interno delle filiere agroalimentari dei cereali, del mais, delle colture orticole, frutticole e viticole. www.syngenta.it
IL LAMBRUSCO ERMI BAGNI
COVER STORY
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IL LAMBRUSCO Vino rosso frizzante o spumante, è
nato a Modena per poi diffondersi sui mercati nazionali ed esteri.
La scelta dei produttori modenesi di distinguere le produzioni con quattro DOP - Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Salamino di Santa Croce, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro e Lambrusco di Modena significa cultura, identità e passione; in altre parole, un atto di lealtà e di trasparenza verso il consumatore. Ermi Bagni
Modena, i 7.600 ettari di superficie vitata, l’azienda vinicola più antica della regione Emilia-Romagna, la presenza della cantina sociale più antica d’Italia in attività, tre cantine sociali che hanno festeggiato il centenario della loro fondazione ma, soprattutto, il fatto che la vitivinicoltura a Modena significa “Lambruschi DOP”, ovvero vini a Denominazione di Origine Protetta.
MODENA, LA CULLA DEL LAMBRUSCO La storia del Lambrusco parte da lontano e racchiude dentro di sè il fascino delle prime testimonianze dei poeti e degli scrittori del’età classica (Virgilio, Catone, Varrone) che nelle loro opere raccontano di una “Labrusca vitis”, ovvero un vitigno selvatico che produceva frutti dal gusto aspro e che soleva crescere ai margini delle campagne. Già, perché Modena è la culla di origine del Lambrusco, come testimonia l’ampia raccolta di documenti storici tra i quali emerge quello di Girolamo Molon, il più insigne ampelografo italiano che nella pubblicazione “Ampelografia” sintetizza ed integra con le proprie esperienze i lavori degli autori del 1800, egli afferma che: “il termine Lambruschi dovrebbe essere riservato soltanto per indicare un gruppo di varietà diffuse in provincia di Modena e nelle contermini”. Il Lambrusco, un vino rosso che può essere frizzante o spumante, il colore rosso rubino brillante, da servire a 12-14 °C per cogliere appieno fragranze e profumi, è nato a Modena e da qui si è diffuso sui mercati nazionali ed esteri. Il Lambrusco si fa condurre dal suo istinto quando con movenze feline esprime la sua vitalità nel momento in cui viene versato nel calice: dalla spuma evanescente si sprigionano una moltitudine di emozioni nelle quali riconosci la maestosa bellezza della natura. Modena va a braccetto con il Lambrusco, di certo sono fatti l’uno per l’altro: nella trasparente esuberanza del Lambrusco trovi la simbologia del territorio che partendo dallo stile semplice e asciutto delle chiese romaniche, attraversa la succulenza dei cibi per arrivare al glamour elegante delle autovetture sportive. Diversi sono gli elementi dai quali si coglie l’importanza storica che ha la vitivinicoltura a
LA FAMIGLIA DEI LAMBRUSCHI DOP Alcuni prodotti hanno più cose da raccontare di altri: da dove provengono, come vengono lavorati, quali sono le caratteristiche e le peculiarità che li differenziano e li rendono davvero unici. La scelta dei produttori modenesi di scegliere la D.O.P. non è casuale e non si limita ad essere uno strumento per valorizzare il prodotto e promuovere un territorio ma per il fatto che il Lambrusco per i modenesi significa cultura, identità, passione, che diventa un atto di lealtà e di trasparenza per garantire al consumatore l’origine e la tradizione produttiva che si sprigionano spontanee in un calice di Lambrusco. Come tutte le cose davvero importanti anche il Lambrusco, il vino rosso frizzante più famoso nel mondo, non poteva sottrarsi alla regola della Denominazione di Origine, del legame con il territorio, per cui ecco che i produttori modenesi hanno scelto e ottenuto il riconoscimento di quattro Lambruschi DOP: il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Salamino di Santa Croce, il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, il Lambrusco di Modena. Sono tutti fratelli, ovviamente, nel senso che appartengono alla grande famiglia del Lambrusco e quindi hanno determinati attributi comuni, ma ciascuno presenta una propria fisionomia distinta, che deriva innanzitutto dalle differenti caratteristiche
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Rosone del Duomo di Modena.
naturali dei vitigni, dalle peculiarità delle zone di origine e dal lavoro dell’uomo.
abbinamenti. Sono vini completi che, serviti freschi, sono adatti per molte occasioni di consumo, come testimoniano i successi ottenuti in Italia e nel mondo. Tutte queste caratteristiche concorrono a far sì che il Lambrusco sia un vino “per tutti”, apprezzato non solo dagli abituali consumatori di vino, ma anche dai giovani, dalle donne e da tutti coloro che desiderano avvicinarsi ad un vino fresco, fragrante, non eccessivamente impegnativo, ma che al contempo ricercano l’assoluta qualità e la salubrità del vino rosso. Tranne qualche eccezione, è di dodici mesi il ciclo di
I Lambruschi DOP sono vini moderni con spiccate caratteristiche organolettiche, dal carattere fresco e fruttato, allegri, invitanti, moderatamente alcolici peculiarità che vengono esaltate e armonizzate dalla caratteristica principale, ovvero l’essere naturalmente frizzanti o spumanti. Il profumo intenso e fruttato, il gusto ricco e sapido li rendono gradevoli, versatili e generosi negli
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Irrigazione a pioggia.
vita standard che consente a questo vino di preservare le sue caratteristiche di freschezza e le note olfattive floreali e fruttate.
Ravarino, San Cesario sul Panaro, San Prospero e Soliera, tutti all’interno della provincia di Modena. La gradazione alcolica minima deve essere di 10,5° per la tipologia frizzante e di 11° per la tipologia spumante. Le caratteristiche organolettiche maggiormente distintive sono il colore da rosato a rosso rubino chiaro ed una spuma vivace dai toni rosei, delle note olfattive intense e di buona finezza fra le quali si possono riconoscere la violetta ed i frutti come il ribes, mentre al palato il sapore è fresco e delicato, di corpo non molto pronunciato. E’ sicuramente insuperabile nell’accompagnare i piatti più succulenti della cucina emiliana come i tortellini in brodo, il cotechino, lo zampone, i formaggi stagionati a pasta dura, senza rinunciare agli abbinamenti con la cucina moderna e internazionale.
Dai vigneti della pianura si producono uve dall’energia dirompente ricche di sali minerali che si esaltano con profumi netti, puliti e nel sapore asciutto. I vigneti della zona collinare e subcollinare a sud della via Emilia sono posati, riflessivi, producono uve che poi esprimono nei vini note olfattive vinose ed una spuma evanescente con orli violacei. LAMBRUSCO DI SORBARA Noto anche come Lambrusco della viola per il suo caratteristico sentore floreale, era già compreso nell’élite dei vini italiani e faceva bella mostra di sè nelle liste dei nettari pregiati che tanto andavano di moda nell’Ottocento. Il disciplinare di produzione stabilisce che i vini D.O.P. Lambrusco di Sorbara devono essere prodotti con uve provenienti dai vigneti aventi la seguente composizione ampelografica: Lambrusco di Sorbara minimo 60%, Lambrusco Salamino massimo 40%; altri Lambruschi, da soli o congiuntamente fino a un massimo del 15%. Il vitigno lambrusco di Sorbara ha fiore femminile e necessita di altro vitigno impollinante. La coltivazione delle viti deve avvenire nella zona di produzione compresa nei comuni di Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Camposanto, Carpi, Castelfranco Emilia, Modena, Nonantola,
LAMBRUSCO SALAMINO DI SANTA CROCE Il vitigno Salamino è senza dubbio il Lambrusco più coltivato del modenese, e questo per vari motivi. Se da un lato infatti è considerato il partner ideale del Sorbara, data la scarsa attitudine alla fecondazione di quest’ultimo, dall’altro possiede un’ottima vigoria e fornisce una produzione copiosa e costante vendemmia dopo vendemmia. Il disciplinare di produzione stabilisce che i vini D.O.P. Lambrusco Salamino di Santa Croce devono esseri prodotti con almeno l’85% delle uve dell’omonimo vitigno, mentre per il rimanente 15% si possono utilizzare altri Lambruschi, Ancellotta e Fortana. La
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abbondante, ma di buona qualità, con caratteristiche molto marcate. Il disciplinare di produzione stabilisce che i vini DOP Lambrusco Grasparossa di Castelvetro devono essere prodotti con uve di Lambrusco Grasparossa almeno per l’85%, e per il resto con altri Lambruschi, Fortana e Malbo Gentile. La gradazione alcolica minima per la tipologia frizzante è di 10,5° mentre per la tipologia spumante è di 11°. La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini DOC Lambrusco Grasparossa di Castelvetro è stabilita all’interno dei comuni di Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone, Castelvetro, Fiorano, Formigine, Maranello, Marano sul Panaro, Modena, Prignano sul Secchia, Spilamberto, Sassuolo e Vignola, tutti territori situati in provincia di Modena. Il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro si presenta elegante ed armonico, con un corpo più sostenuto rispetto alle altre tipologie di Lambrusco.E’di colore rosato oppure rosso rubino intenso con sfumature violacee e spuma di media persistenza, mentre all’olfatto manifesta note vinose e di frutta fresca. Al palato offre sensazioni fresche e piacevolmente acidule. Si abbina splendidamente ai primi piatti conditi con carne, paste al forno, arrosti, salumi stagionati, formaggi anche a pasta fermentata. La tipologia amabile ha profumo intenso e si sposa con dolci e biscotti a pasta morbida senza ripieno da intingere nel vino.
Castelvetro.
gradazione alcolica minima è fissata a 10,5° per la tipologia frizzante e di 11° per la tipologia spumante. La zona di produzione è compresa nei comuni di Campogalliano, Camposanto, Carpi, Cavezzo, Concordia sul Secchia, Medolla, Mirandola, Novi di Modena, San Felice sul Panaro, San Possidonio e Soliera, tutti in provincia di Modena. Le caratteristiche organolettiche che distinguono il Lambrusco Salamino di Santa Croce sono il colore rosato o rosso rubino carico con toni che virano al viola ed un’effervescenza abbastanza persistente che accompagna fuori dal bicchiere note olfattive vinose e fruttate. In bocca è fresco, sapido, armonico e moderatamente tannico, caratteri che lo rendono piacevole e ideale per accompagnare la tipica pasta asciutta della cucina emiliana ma anche le pietanze e gli arrosti di carne di maiale.
LAMBRUSCO DI MODENA L’origine storica della menzione “Modena” o “di Modena” era sicuramente nota nella metà del 1800 grazie alla metodologia produttiva che consisteva in un uvaggio dei vari lambruschi tradizionalmente coltivati in provincia di Modena. Il vino ottenuto veniva denominato “Lambrusco di Modena” in quanto nome della città capoluogo di provincia. I consistenti e significativi risultati commerciali,
LAMBRUSCO GRASPAROSSA DI CASTELVETRO Il Lambrusco Grasparossa era già conosciuto ed apprezzato nel secolo scorso, come provato da numerosi documenti giunti fino a noi. Si coltiva nei terreni della pianura a sud della via Emilia e della collina modenese. Qui il Lambrusco Grasparossa riesce a dare una produzione non
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IL LAMBRUSCO E LE STAGIONI
PRIMAVERA
14 IL LAMBRUSCO ERMI BAGNI
ESTATE
AUTUNNO
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INVERNO
consolidatisi in oltre un secolo di attività, hanno reso il “Lambrusco di Modena” un vino rappresentativo e qualificati nel panorama enologico provinciale. Il disciplinare di produzione stabilisce che i vini D.O.P. “Modena Lambrusco” o “Lambrusco di Modena” devono essere prodotti con uve Lambrusco grasparossa, Lambrusco salamino, Lambrusco di Sorbara,;Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco, Lambrusco Oliva, Lambrusco a foglia frastagliata, da soli o congiuntamente, nella misura minima dell’85%. Possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni Ancellotta, Malbo gentile, Fortana, fino a un massimo del 15%. La zona di coltivazione dei vigneti comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di: Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Camposanto, Carpi, Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Cavezzo, Concordia sul Secchia, Finale Emilia, Fiorano Modenese, Formigine, Guiglia, Maranello, Marano sul Panaro, Medolla, Mirandola, Modena, Nonantola, Novi di Modena, Prignano sul Secchia, Ravarino, S. Cesario sul Panaro, S. Felice sul Panaro, S. Possidonio, S. Prospero sul Secchia, Sassuolo,Savignano sul Panaro, Serramazzoni, Soliera, Spilamberto, Vignola, tutti in provincia di Modena. La gradazione alcolica minima per la tipologia frizzante è di 10,5° mentre per la tipologia spumante è di 11°. Le varietà di Lambrusco indicate nel disciplinare
riescono a conferire al Lambrusco di Modena una buona componente tannica e note olfattive eleganti, floreali o fruttate. Il Lambrusco di Modena si abbina in modo spontaneo alla cucina emiliana, ai formaggi stagionati a pasta dura, ed ai piatti della cucina moderna. IL LAMBRUSCO E LA CUCINA Il Lambrusco DOP è l’accompagnamento ideale per i cibi della cucina modenese, famosa in Italia e in tutto il mondo per i suoi piatti ricchi, delizia degli occhi e del palato: una cucina opulenta, fastosa, capace di evocare ancora sensazioni altrove da tempo perdute, e allo stesso tempo genuina e casalinga. E’ difficile stabilire se sia nata prima la cucina modenese nelle forme consolidate della tradizione e pervenuteci fino a oggi o il Lambrusco. Dalle poche notizie storiche a disposizione dobbiamo dedurre che vi fu un’evoluzione parallela, perché il nostro vino si fece spazio tra tutte le altre produzioni enologiche della zona, in gran parte soppiantandole ed arrivando ad essere il vino di Modena per eccellenza, grazie alla sua insuperata capacità di abbinarsi agevolmente con i piatti locali. “Affinità elettive” – quelle tra il Lambrusco e i prodotti dell’arte culinaria modenese e più in generale della gastronomia emiliana – tra le più valide e riuscite, tanto da essere promosse a pieni voti, anche secondo i canoni più severi adottati oggi dai sommeliers.
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Lambrusco di Sorbara.
Lambrusco Grasparossa.
Lambrusco Salamino.
17 IL LAMBRUSCO ERMI BAGNI
DALLA VENDEMMIA ALLA CANTINA
Si tratta prevalentemente di abbinamenti “per contrasto”, in cui al gusto e ad altre caratteristiche vengono contrapposte quelle del vino: nel nostro caso, a piatti sostanziosi, ricchi di grassi e calorie si contrappone un vino di elevata freschezza e acidità, rinforzata dalla caratteristica di essere “frizzante” o “spumante”, e di moderato tenore alcolico, ma tuttavia “tonico” per la presenza del tannino (è un vino rosso!) e fortemente coadiuvante la digestione. Non mancano, pure, alcuni abbinamenti “per similitudine”, ad esempio il Lambrusco amabile con i dolci, ma che comunque possono essere meglio definiti di “consonanza e di contrasto” insieme. Infatti, anche nella versione amabile, il Lambrusco mantiene quelle caratteristiche tipiche di freschezza, acidità e vivacità che sanno “temperare” il sapore del cibo. Ma confinare il Lambrusco DOP unicamente ai piatti della gastronomia modenese o più genericamente a quelli emiliani è assai riduttivo: è limitarsi a constatazioni ovvie, quando invece il Lambrusco DOP, per il suo carattere schietto ed esuberante, la sua vivacità e leggerezza è protagonista ideale ogni qual volta ci sia il desiderio di bere leggero, perché è in grado di giocare a tutto campo, sposandosi magnificamente sia con i piatti tradizionali che con quelli di più recente ideazione.
programmazione di iniziative promozionali. Il Lambrusco viene apprezzato dal consumer straniero soprattutto nella tipologia amabile che lo acquista nei punti vendita della GDO. Oltre a consolidare le quote di mercato, le imprese vinicole si stanno impegnando per creare nuove opportunità commerciali nel segmento horecaristorazione proponendo il Lambrusco nelle tipologie “secco” e “semisecco” che caratterizzano la tradizione del territorio d’origine. I principali mercati del lambrusco nel mondo: Unione Europea: Germania, Spagna, Francia, Scandinavia, UK Paesi extra UE: Brasile, USA, Russia, Giappone e Korea, Messico, Canada. La consistenza del successo del Lambrusco emerge anche dalla media produttiva degli ultimi cinque anni che si è attestata sui 35 milioni di bottiglie di Lambrusco DOC. Un risultato mai raggiunto in passato che sicuramente darà grandi stimoli alle aziende del settore vinicolo per raggiungere traguardi sempre più prestigiosi.
Si direbbe che questo “nettare” sia stato baciato in fronte dalla fortuna: infatti possiede tutti i lati positivi del vino senza appesantirsi di quelli negativi: fresco, profumato, tonico, leggermente tannico, estremamente digeribile perché moderatamente alcolico, piacevole senza mai essere troppo impegnativo, è un vino che si beve con disinvoltura e senza problemi. Si gusta al meglio giovane e non ha bisogno di alcuna coreografia particolare per essere apprezzato. Sicuramente intrigante, il Lambrusco DOP sembra quasi consigliare al commensale di provarlo anche negli abbinamenti gastronomici più inusuali: il risultato, inaspettato, sorprenderà tutti, dai cultori più appassionati ai semplici curiosi di provare le esperienze olfatto-gusto di questo vino inimitabile. PROTAGONISTA DEL PANORAMA ENOLOGICO ITALIANO Il Lambrusco è il vino italiano più commercializzato sui mercati nazionali ed esteri un traguardo che dà un’immagine di prestigio al nostro territorio e premia il lavoro e i considerevoli investimenti effettuati da tutte le imprese vitivinicole. Negli ultimi 10 anni si è infatti assistito alla ristrutturazione dei vigneti e al profondo rinnovamento degli impianti nelle aziende di prima trasformazione e nelle aziende di imbottigliamento. Le imprese vitivinicole modenesi per divulgare la conoscenza e l’informazione sul Lambrusco hanno costituito due soggetti giuridici distinti: il Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena che si occupa di vigilare sulle nostre DOP difendendole dai numerosi tentativi di imitazione e il Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi che si occupa del controllo qualità del Lambrusco DOP prodotto dalle aziende consorziate, della comunicazione e della
Ermi Bagni Direttore Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi
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CALEIDOSCOPIO
CALEIDOSCOPIO
50 ANNI DI CONAD CENTRO NORD, NEL 2012 IL FATTURATO CRESCE DEL 13,5% A 1.063,3 MILIONI DI EURO. ENTRO FINE ANNO TANTE NUOVE APERTURE
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Nel 2012 i consumi sono crollati: la spesa dei consumatori è diminuita del 3,2 per cento, come non accadeva dal dopoguerra e, alla fine, hanno ceduto anche i consumi alimentari. Complici le persistenti difficoltà sul mercato del lavoro e la debolezza dei redditi, si è speso meno per pasta, carne, frutta e bevande tagliando tutto ciò che un anno prima ci si riusciva ancora a concedere, magari con qualche sacrificio. In questo scenario Conad Centro Nord, che festeggia nel 2013 i 50 anni di attività, ha sviluppato un fatturato di 1.063,3 milioni di euro, in crescita di 126,2 milioni di euro rispetto all’anno precedente (13,5 per cento), con 451 imprenditori associati e 4.153 dipendenti, dei quali 197 lavorano nella sede centrale di Campegine (Reggio Emilia) e 3.956 nella rete di vendita. Il fatturato all’ingrosso è di 718 milioni di euro cresciuto di oltre il 14 % rispetto al 2011. La quota di mercato è stimata in crescita al 6,2 per cento dal 5,3 per cento del 2011. Il patrimonio netto passa da 140 milioni a 156,3 milioni di euro (+11,6 per cento). L’utile di esercizio per il 2012 ammonta a 15.130.017 euro. Conad Centro Nord conta 231 punti di vendita (202 nel 2011) per una superficie complessiva di 161.547 mq (134.311 mq nel 2011), in crescita del 20,3 per cento (27.236 mq): 17 Conad Superstore, 104 Conad, 45 Conad City, 65 Margherita Conad. “I risultati ottenuti in un anno difficile sono il migliore riconoscimento al nostro impegno per dare risposte concrete alla domanda di convenienza delle famiglie, perché ormai la spesa è un lusso per sempre più persone e noi abbiamo il dovere di offrire l’abituale qualità Conad al prezzo più conveniente possibile, dichiara il direttore generale di Conad Centro Nord Ivano Ferrarini. Il 2013 si presenta estremamente incerto, ma puntiamo a far crescere il fatturato di oltre il 6 per cento. Punteremo a contenere i margini commerciali, ridurre i costi generali, raggiungere un buon utile di bilancio per consentire alla cooperativa di sostenere gli investimenti effettuati per lo sviluppo e per la ristrutturazione della rete di vendita. Non meno importante sarà sostenere la politica commerciale, la pressione promozionale e la competitività dei nostri punti vendita sul mercato per il futuro”. La cooperativa ha contrastato il caro vita impegnandosi a dare risposta ai nuovi modelli di consumo e alle esigenze di una clientela che ha come obiettivo primario di risparmiare ormai anche sulla spesa quotidiana. Nel 2012 sono state sviluppate 27 iniziative promozionali alle quali si aggiungono varie operazioni che rappresentano, comunque, un’occasione di risparmio (sconti in media nell’ordine del 30-50 per cento). L’incidenza delle promozioni è stata del 23 per cento sul fatturato e del 33
per cento sul numero di prodotti venduti. Significativo il sostegno alle economie locali: con 612 fornitori locali la cooperativa ha sviluppato un fatturato di 191,3 milioni di euro, con un incremento del 13,9 per cento. A fine 2012 si contano 654.961 carte fidelity attive. Nel piano di sviluppo per il 2013 sono previsti investimenti per 60 milioni di euro finalizzati, tra l’altro, all’apertura di 7 punti di vendita, di cui 3 in Emilia, e del nuovo format Sapori&Dintorni Conad nella stazione ferroviaria di Milano Centrale. “Al governo in carica Conad chiede un impegno più puntuale e scelte incisive nella lotta al carovita, dando spazio alle liberalizzazioni, alla creazione di nuova occupazione, all’abbassamento dei costi energetici, al congelamento dell’Iva, aggiunge il direttore generale di Conad Francesco Pugliese. Occorre creare le condizioni per rimettere in moto l’economia italiana. Non sarà facile, né indolore. Conad è pronto a fare la propria parte, ad assicurare ai cittadini convenienza e ai soci le migliori opportunità per fare sviluppo in un circolo virtuoso che produce ricadute economiche positive anche sulle comunità locali”. Per assicurare convenienza e servizio ad un numero crescente di persone, per il 2013 Conad Centro Nord ha in programma l’apertura di 3 Conad Superstore a Poviglio (Reggio Emilia) – già inaugurato –, Fornovo (Parma) e Sant’Ilario (Reggio Emilia), un Conad City nel centro storico di Parma e un Conad City a Viano (Reggio Emilia) per una superficie complessiva di vendita di 6.600 mq e 94 nuovi posti di lavoro. 50° anniversario di Conad Centro Nord Nel 2013 Conad Centro Nord festeggia i 50 anni di attività. “La storia di Conad Centro Nord – ha dichiarato il presidente Marzio Ferrari - affonda le proprie radici nello sforzo collettivo e della rinascita del dopoguerra. E’ lo stesso impegno necessario oggi per superare la crisi economica e riportare il Paese a competere. I 50 anni di Conad Centro Nord sono un’occasione importante per sottolineare la validità di un modello cooperativo capace di creare nuova occupazione anche per le generazioni future. Dobbiamo investire sempre più in qualità e competitività, per crescere, permettendo ai soci e alla cooperativa di raggiungere ambiziosi traguardi, e per valorizzare quelle specificità che ci rendono distintivi nel panorama della grande distribuzione”. www.conad.it
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ALBICOCCO CARMELO MENNONE
AGRICOLTURA OGGI
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ALBICOCCA, UNA PICCOLA DRUPACEA CHE STA CRESCENDO
Considerata una drupacea minore è l’unica in crescita in termini produttivi, supportata da un’innovazione varietale che ha suscitato interesse nei consumatori, bisogna migliorare la presentazione del prodotto Carmelo Mennone
la produzione a livello mondiale è stato registrato un aumento del 43%, a livello continentale il maggiore incremento si è avuto in Africa con 57%, a seguire l’Asia con il 51% e l’Europa con il 33%. Osservando la distribuzione tra i diversi continenti si nota come l’Asia è il continente con maggiore produzione, seguita dall’Europa e dall’Africa. La maggiore incidenza produttiva dell’Europa è dovuta alle rese medie superiori rispetto a quelle degli altri continenti, anche se inferiore a quelle americane. Questo a testimonianza di una gestione colturale più intensiva che consente queste performance produttive. Considerando i primi dieci Paesi produttori a livello mondiale, in termini di superficie e produzione prevalgono la Turchia, seguita dall’Iran, al terzo posto si colloca l’Uzbekistan. L’Italia è al 7° posto per le superfici e al 4° posto per le produzioni, determinato da una maggiore resa media. A livello Europeo l’Italia è al 1° posto tanto per le superfici (18%) che per la produzione (28%). Segue la Spagna con un’incidenza del 18% anche se in termini produttivi è terza dopo la Francia che ha un’incidenza del 17% contro il 9% della Spagna. In Francia le regioni interessate sono Drome, le province del Gard e del Delta del Rodano. In Spagna la produzione si concentra per buona parte
ORIGINE L’albicocco, secondo Vavilov, ha avuto origine da 3 grosse aree la cinese, la centro-asiatica e la irano-caucasica. La prima zona di diffusione sarebbe quella dell’Asia centrale tra la Cina e la Russia. É certo che dei nòccioli di albicocco sono stati rinvenuti in Armenia in scavi archeologici del periodo neolitico (circa 6000 anni fa), mentre alcuni scritti cinesi riportano la coltivazione già a 2600 anni fa. Dall’Armenia l’albicocco è stato diffuso in Grecia e Italia nel I sec. a. C. ad opera dei romani, mentre gli arabi lo diffusero in Spagna nel VII secolo. Solo nel periodo rinascimentale questa specie si è diffusa in Europa continentale. PRODUZIONE MONDIALE, EUROPEA ED ITALIANA Nell’ultimo decennio la superficie mondiale di albicocco è incrementata del 23%, il maggiore incremento è stato registrato in Oceania, seguita dall’Africa con il 40% e dall’ Asia con il 36%. Un decremento delle superfici coltivate si è avuto in America, con una flessione del 30% ed in Europa con una flessione del 5%. L’Asia sulla superficie totale incide per il 60%, segue l’Europa con il 22 seguita dall’Africa con il 15. Il 90% della superficie si concentra nell’emisfero boreale. Osservando invece
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INCIDENZA CONTINENTALE SULLA SUPERFICIE MONDIALE (Dati Fao-stat, 2012)
Stato Sup. (ha) Turchia 59.696 Iran 50.177 Uzbekistan 36.500 Algeria 32.000 Pakistan 29.634 Cina 24.000 Italia 19.595 Spagna 18.727 Giappone 16.600 Francia 13.902 Siria 13.746 Marocco 12.678 Tagikistan e Russia 11.000 Tunisia 10.028 Bulgaria 6.686 Grecia 6.000 Serbia Ungheria Romania Polonia Repubblica Ceca
4600 4306 2547 1692 1276
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INCIDENZA PRODUZIONE REGIONI (Dati Istat, 2012) Regione
Sup. (ha)
Piemonte 1.040 Liguria
60
Lombardia 46 Veneto
486
Friuli
8
Trentino
90
Emila-Romagna 4.942 Nord
6.672
Toscana
268
Umbria
35
Marche
178
Lazio
152
Centro
633
Abruzzo
344
Molise
124
Campania 4.801 Puglia
700
Basilicata 4.763 Calabria
541
Sicilia
692
Sardegna 415
INCIDENZA SUPERFICIE NORD CENTRO SUD
Sud e Isole
12.380
ITALIA
19.685
INCIDENZA PRODUZIONE NORD CENTRO SUD
(Dati Istat, 2012)
(Dati Istat, 2012)
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nella Comunità Murciana e Valenciana. Le maggiori rese sono appannaggio della Grecia con 13,8 t/ha seguita dall’Italia, basse sono quelle spagnole, a testimonianza del fatto che la produzione ha una destinazione all’agroindustria e non al mercato del fresco. In Italia nel 2011 la superficie coltivata è di 19.595 ha, con una produzione di 263.132 tonnellate ed una resa media di 13,43 t/ha. Come per tutte le specie frutticole anche per l’albicocco si è avuta una meridionalizzazione della coltivazione, difatti circa il 63% della superficie è concentrata al sud, il 34% al nord e il 3% al centro; dato confermato anche a livello produttivo. A livello regionale la superficie e la produzione si concentra per il 75% in 3 regioni precisamente Emilia-Romagna, Campania e Basilicata, segue il Piemonte con circa 1000 ha.
Le maggiori importazioni si hanno dalla Francia seguita dalla Spagna; il periodo in cui si raggiunge il picco è nel mese di agosto, quando è scarsa la produzione nazionale. Il rinnovato e mutato interesse verso l’albicocco è stato dettato dalle mutate condizioni del mercato, rivenienti dalle esigenze di un consumatore sempre più attento alle caratteristiche del frutto. Difatti, questi, richiede garanzie igieniche e sanitarie, rintracciabilità, conservabilità, certificazioni (come Global Gap), inoltre il consumatore vorrebbe acquistare un prodotto attraente, di buon sapore e consistenza ed una discreta shelf life. Ciò scaturisce dal fatto che il consumatore lamenta spesso che i frutti di albicocco sono troppo consistenti o troppo molli o farinosi, in quanto non raccolti al giusto grado di maturazione, invece desidererebbe un’albicocca buona e profumata, succosa e zuccherina. Per conseguire tali obiettivi resta fondamentale inserire nel processo produttivo una serie di innovazioni varietali che vadano incontro a tali esigenze. I breeders, soprattutto francesi, spagnoli ed italiani, nel corso degli anni hanno proposto varietà che hanno rivoluzionato la tipologia di prodotto, consentendo di soddisfare al meglio le esigenze del mercato. La diffusione delle innovazioni non è stata sempre positiva in quanto l’albicocco è una specie che presenta una serie di problematiche come la auto-incompatibilità, il fabbisogno in freddo ed in caldo, che rendono difficile l’adattamento alle differenti condizioni ambientali colturali. Difatti le nuove varietà coltivate
IL CONSUMO É stato stimato che circa il 38% delle albicocche italiane è destinato alla trasformazione industriale, per la produzione di purea per l’ottenimento di succhi; la restante parte è destinata al consumo fresco soprattutto sui mercati nazionali e solo il 6-7% viene esportato. L’esportazione riguarda Paesi europei come Austria, Germania, Slovenia e Svizzera; d’altro canto, invece, rilevante è la quantità di albicocche importate con oltre 25.000 t/anno; tale dato fluttua in base alle incostanti annate produttive, che possono determinare una richiesta di prodotto nelle annate di scarso carico.
COMPOSIZIONE PER 100 GRAMMI DI PARTE EDIBILE Parte edibile (%)
94
Sodio (mg)
1
Acqua (g)
86,03
Potassio (mg)
320
Proteine (g)
0,04
Ferro (mg)
0,05
Lipidi (g)
0,01
Calcio (mg)
16
Colesterolo (g)
0
Fosforo (mg)
16
Carboidrati disponibili (g)
06,08
Magnesio (mg)
-
Amido (g)
0
Zinco (mg)
-
Zuccheri solubili (g)
06,08
Rame (mg)
-
Fibra totale (g)
01,05
Selenio (µg)
-
Fibra solubile (g)
0,049
Tiamina (mg)
0,03
Fibra insolubile (g)
0,058
Riboflavina (mg)
0,03
Alcol (g)
0
Niacina (mg)
0,05
Vitamina A retinolo eq. (µg)
360
Energia (kcal)
28
Vitamina C (mg)
13
Energia (kJ)
117
Vitamina E (mg)
-
Fonte INRAN - Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
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FASI FENOLOGICHE
Rottura gemme, gemma ingrossata, bottoni rosa.
Fruttificazione, frutticini, ingrossamento dei frutti.
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DELL’ALBICOCCO
Fioritura, caduta petali, scamiciatura.
Frutti sviluppati, maturazione, caduta foglie.
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devono possedere una serie di caratteristiche come: l’autocompatibilità, l’adattabilità ai diversi ambienti produttivi, colore della buccia arancio, sovraccolore rosso vivace, sapore dolce e aromatico, forma del frutto rotondeggiante, assenza di fenomeni di imbrunimento del frutto, albero di vigoria e portamento medio, produttività elevata.
In considerazione dei diversi fattori produttivi le varietà veramente affidabili, che riuscissero a soddisfare tutte le esigenze del frutticoltore, sono veramente poche. In quanto se da un lato soddisfano in termini di produzione quantitativa dall’altro presentano limiti gustativi (es. Tirynthos, ed in misura minore Ninfa). Lo standard attuale vede primeggiare: - Aurora*, precocissima, che non sempre ha dato risultati interessanti in termini produttivi, ma che rappresenta comunque una delle prime varietà commercializzate; - Ninfa*, diffusa soprattutto al sud, precoce ma di medio sapore, molto flessibile per la forzatura e la conduzione; - A. Errani, poco impiantata negli ultimi anni, ottima per la qualità dei frutti, ma con incertezze produttive; - Bora*, resistente a Sharka, con produttività buona e costante, caratteri del frutto soddisfacenti; - Bella di Imola, Bella d’Italia e Precoce di Imola con frutti interessanti per aspetto e sapore; - Orange rubis® Couloumine*, la più impiantata degli ultimi anni, con frutti sovraccolorati e di buon sapore, anche se va gestita bene la raccolta, in quanto tende a macchiarsi; - Goldrich-Sungiant, cv di tipo tradizionale poco sovvraccolorata; - il gruppo delle napoletane come Cafona, S. Castrese, Palummella, Portici, Pellecchiella, Boccuccia di buon sapore, ma con caratteri estetici tradizionali non molto apprezzati dal mercato;
DALLE GIALLE ALLE ROSSE Con l’introduzione delle nuove varietà si è passati da frutti con caratteri tradizionali, buccia gialla, poco o assente sovraccolore, di tenuta media o scarsa, a frutti con i caratteri precedentemente considerati. Questo, se da un lato ha consentito un miglioramento dello standard qualitativo dell’offerta, dall’altro ha portato una serie di problematiche di campo, creando non pochi problemi al produttore soprattutto per la medioscarsa produttività. Il calendario di produzione fino a qualche anno fa era incentrato sulle varietà rivenienti dal germoplasma autoctono campano, che limitava il periodo commerciale fino alla prima decade di luglio Questa “corsa” alle varietà ha scontato una serie di insuccessi riconducibili tanto ad una minore offerta varietale quanto alla disponibilità di varietà selezionate in areali molto differenti da quelli di coltivazione. Questo ha determinato una serie di introduzioni non controllate nei campi commerciali, con una serie di insuccessi produttivi e un rilevante aggravio di costi per l’impresa agricola, che ha l’esigenza di rientrare quanto prima dai costi dell’investimento. Bora allevata a vaso libero, resistente a Sharka.
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Portici, varietĂ del germoplasma campano ancora diffusa nei campi commerciali, particolarmente interessante per la trasformazione industriale.
- Kioto*, autofertile, che presenta frutti molto sovraccolorati ma di sapore discreto. Negli ultimi anni si sta avendo un certo interesse nei confronti di varietà resistenti a Sharka. LE NUOVE INTRODUZIONI La forte spinta varietale degli ultimi anni ha determinato diverse introduzioni sia in campi sperimentali che commerciali. Molte delle nuove introduzioni sono autoincompatibili, per cui si rende indispensabile l’abbinamento di adeguati impollinatori, che possono variare tra le diverse zone di coltivazione. Rispetto alle esigenze in freddo, negli ultimi anni sono state introdotte nel Sud Italia varietà a basso e/o ridotto fabbisogno (Mogador, Margotina, Colorado, Flopria, ecc.) con fioriture precoci, da coltivare in ambienti non soggetti a ritorni di freddo o in coltura forzata. Passando in rassegna le nuove introduzioni per la precocità e la discreta produttività si è distinta Wondercot*, autoincompatibile, con frutti dolci e aromatici, tra i punti deboli si riscontra la maturazione all’apice del frutto, la cascola preraccolta e il cracking (spaccature) nelle annate piovose. A seguire si raccoglie Spring Blush® EA3126 TH*, autoincompatibile, che presenta frutti molto consistenti, mediamente sovraccolorati, con caratteristiche organolettiche buone se raccolti al giusto grado di maturazione, con produttività ancora da valutare. Sempre nella fase precoce si è diffusa Luna®, autoincompatibile, che matura qualche giorno dopo Aurora, rustica, molto produttiva, con frutti di buone caratteristiche qualitative Nei campi commerciali è di recente l’introduzione dell’autofertile Flopria, selezionata a Murcia in Spagna, le prime indicazioni sono positive per la produttività, discrete per il sapore dei frutti, che presentano una leggera rugginosità. Successivamente matura Sweet cot® Toyuda*, autoincompatibile, con frutti poco sovraccolorati, buoni per pezzatura e sapore, anche se la produttività è a volte incostante, soprattutto nelle annate con poche ore di freddo accumulate. Per gli aspetti produttivi è stato riscontrato un comportamento positivo per Flavor Cot® Bayoto*, interessante per le caratteristiche organolettiche dei frutti, che la rendono una delle migliori varietà attualmente in valutazione. La disponibilità di varietà tardive è interessante in quanto potrebbe consentire a questa specie una diffusione e commercializzazione impostata su più mesi. I primi risultati interessanti sono stati osservati su Pieve, anche se di piccola pezzatura ma di ottime
Frutti di Pinkcot*®, interessanti per le caratteristiche estetiche, molto sovraccolorati e di buon sapore.
Kioto*, autofertile, molto produttiva inserita nei campi commerciali negli ultimi anni.
caratteristiche organolettiche, con maturazione a cavallo tra giugno e luglio. Di particolare interesse è la produzione molto tardiva (serie Far e Augusta), si parte dai primi di luglio con Faralia*, con frutti di sapore interessante, a seguire dopo circa tre settimane si raccoglie Farbaly*, con frutti di bell’aspetto e di discreto sapore, a questa seguono le Augusta 2 e 3, caratterizzate da frutti di piccola pezzatura e un po’rugginosi, chiudono questa fase Fardao*, Farclo* e Farius*, accomunate da frutti di buon sapore più o meno sovraccolorati, particolarmente resistenti alle temperature estive che consentono
una buona tenuta sulla pianta. PORTINNESTI Per quanto riguarda i portinnesti non vi sono stati notevoli cambiamenti nell’ultimo decennio. Anche per l’albicocco è stato necessario effettuare i primi reimpianti con cui sono stati introdotti nuovi portinnesti, che consentissero di impostare il secondo ciclo colturale, superando la fase di stanchezza dei terreni. É stato abbandonato, almeno nei ristoppi, il pesco, utilizzato nei primi impianti, attualmente il portinnesto più diffuso è il Mirabolano 29C. Diversi sono stati i soggetti utilizzati, tra questi l’uso
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Farbaly®, autofertile tardiva e di buon sapore.
del GF-677 con intermedio pesco, i risultati non sono stati sempre positivi, dato che le nuove varietà hanno manifestato affinità variabile con il pesco. Rispetto ai sistemi di impianto in questo decennio si è confermata la forma di allevamento a vaso, passando da una forma molto rigida ad una più libera e dinamica. Questo ha consentito anche uno sgravio in termini di strutture di supporto nei primi anni con l’impostazione su 3-5 branche, che ha determinato l’abbandono di pali e canne per la costituzione della struttura della pianta. Le distanze più utilizzate sono il 5x5 o 6x4 m, con un investimento di 400-450 piante per ha. Abbandonata la forma di allevamento a palmetta, resta attuale ancora l’Y trasversale per la coltivazione sotto tunnel per l’anticipo della raccolta. La forte specializzazione e le competenze maturate da parte degli imprenditori agricoli hanno consentito la realizzazione della forma di allevamento a V, che con particolari tecniche di potatura consente una precoce entrata in produzione, un anticipo della raccolta ed una produzione quantitativa soddisfacente. Le tecniche Faralia®, autofertile interessante per il sapore del frutto e l’epoca di maturazione
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Frutti di Orange rubis® Coloumine*, varietà maggiormente diffusa negli areali meridionali nell’ultimo decennio.
di allevamento consentono un’altezza abbastanza contenuta intorno ai 2-2,5 m, in modo che tutte le operazioni colturali vengano eseguite da terra.
Flavorcot® Bayoto*, autofertile, particolare della produzione, il frutto non dà sintomi di Sharka
ATTENZIONE AGLI IMPOLLINATORI Tranne che per le cv autocompatibili, per cui si possono effettuare appezzamenti monovarietali, bisogna prevedere la consociazione di due varietà per consentire l’impollinazione. Solitamente i costitutori indicano degli impollinatori idonei per le varietà licenziate. Grazie anche a studi specifici che rilevano i geni di compatibilità tra le diverse varietà, da cui emergono altri impollinatori oltre a quelli indicati dai costitutori. In campo è importante, inoltre, la dislocazione e la densità degli impollinatori (2/1 o 1/1) dipendente dal grado di autoincompatibilità varietale. Per facilitare il processo risulta importante inserire dei pronubi, 4-5 arnie per ettaro. La gestione della coltivazione è praticata sottoforma integrata anche se l’albicocco è la specie più coltivata con il metodo biologico. Questa produzione, oltre alla quota storica destinata all’industria di trasformazione, vede una parte importante destinata al consumo fresco. Da un punto di vista tecnico la gestione biologica pone una serie di problematiche in relazione ai parassiti che ancora oggi non sono sempre totalmente controllabili, con ripercussioni negative sulla conduzione dell’albicoccheto. Queste si acuiscono con le nuove varietà che presentano a volte una sensibilità maggiore ai parassiti in particolare alla Monilia. Per questo parassita i danni sono particolarmente gravi nel periodo della fioritura, con disseccamenti fiorali e cancri rameali,
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Ninfa*, sottoserra, coperta per l’anticipo allevata a V, che ottimizza la produzione e consente un anticipo della raccolta.
Ninfa* allevata a Y trasversale.
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Wondercot, varietà autoincompatibile attualmente insieme a Ninfa è la varietà più precoce coltivata nei campi commerciali.
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Aurora*, particolare della produzione, varietà che ha dato problemi di adattamento e produttività soprattutto nelle regioni meridionali
con notevole perdita di potenziale produttivo. Decorsi climatici particolarmente umidi e piovosi, la collocazione dei campi in aree non vocate, favoriscono l’insorgere di più cicli infettivi. Per quanto riguarda altri parassiti come il Corineo si effettuano interventi autunnali ed invernali, mentre danni di mosca della frutta, si verificano per le varietà tardive.
ha favorito un forte rinnovamento varietale volto al soddisfacimento delle esigenze del consumatore, molto più attento agli aspetti qualitativi del frutto. Questo ha comportato una serie di problematiche da gestire in campo, come l’ampliamento del calendario di produzione e l’introduzione di nuove varietà, con risultati non sempre soddisfacenti. Con l’introduzione di varietà selezionate in condizioni ambientali simili alle nostre, sono stati conseguiti risultati produttivi interessanti.
QUANDO DI PRODUCE Il passaggio da una coltura con prevalente destinazione all’industria ad una per il mercato fresco ha determinato un cambiamento nei mercati di riferimento. Le nuove varietà e le tecniche per la forzatura consentono una commercializzazione sui mercati, non più per 30 giorni come in passato, ma almeno per 60.
Carmelo Mennone Direttore A.A.S.D. Pantanello, Alsia - Regione Basilicata
In conclusione si conferma che nell’ultimo decennio la coltivazione dell’albicocco ha avuto un forte impulso grazie al passaggio al mercato fresco, che
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IL FATTURATO ALLA PRODUZIONE TOCCA QUOTA 30 MILIONI DI EURO
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Importante riscontro di pubblico per il Convegno: “Quale futuro per l’agricoltura italiana”, organizzato da Confcooperative Foggia nell’ambito della XIII Sagra dell’Asparago, tenutosi domenica 9 giugno presso Villa Jamele ad Orsara di Puglia. Dopo i saluti istituzionali è stato Giorgio Mercuri, presidente di Confcooperative Foggia e vice presidente di Fedagri nazionale, ad aprire l’appuntamento convegnistico dichiarando: “Oggi l’asparago per il nostro territorio rimane una delle colture più prestigiose ed importanti, sia per l’occupazione che per l’economia locale. I dati parlano da soli - prosegue Mercuri - la nostra provincia ha 2.200 ettari di impianti produttivi di cui 300 nuovi, praticamente un terzo dell’intera produzione italiana. La produzione totale dell’area foggiana è pari a 15 milioni di kg, di questi 5 milioni sono destinati export. Il valore totale della produzione è pari a 30 milioni di euro”. “L’intervento annuo dell’OCM ortofrutta sui piani operativi - ha aggiunto Mercuri - è di 1.230.000 euro. Centottantamila le giornate lavorative impegnate con oltre 3.500 lavoratori occupati, per circa 50 giorni. Mentre il valore ridistribuito ai produttori è di oltre 15 milioni di euro, di cui 10 milioni per la manodopera e 5 milioni per condizionamento e trasporto”. Mercuri ha infine insistito sulla opportunità di rafforzare il marcato dell’asparago locale, garantendogli una IGP che dia una nuova linfa economica a livello nazionale e mondiale. È stata Fabiola Di Loreto, direttore di Fedagri nazionale, a intervenire sul quesito posto dal titolo del convegno: “Quale futuro per l’agricoltura italiana”. “Noi l’esempio oggi lo abbiamo qui davanti ai nostri occhi, ha detto Di Loreto: due cooperative come Giardinetto e La Croce Farascuso hanno deciso grazie all’impegno dei propri amministratori di perseguire politiche di crescita dimensionale per poter, da un lato, remunerare al meglio i propri soci e, dall’altro, proporre sul mercato un importante prodotto dell’agroalimentare italiano”. L’assessore regionale, Elena Gentile, ha chiuso i lavori con la promessa di portare avanti un discorso che premi maggiormente il territorio della provincia di Foggia, che dal punto di vista agricolo e agroalimentare rimane un “fiore all’occhiello” del sistema economico pugliese.
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GOLDEN BIO VAL VENOSTA CONSIGLIA: FAI UN PO’ DI SPORT REGOLARMENTE
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Mela Val Venosta continua il viaggio nei “Croc del benessere”, i 5 croc di Mela Val Venosta per sentirsi bene ed essere felici. Il 4° Croc suggerisce che per mantenersi sani e in forma è fondamentale svolgere un’attività fisica moderata ma regolare. Fare un po’ di movimento tre volte la settimana, per almeno mezz’ora, costituisce un ottimo metodo per mantenere in forma non soltanto il proprio corpo, ma anche la propria mente. Praticare sport infatti allevia la tensione accumulata durante il giorno e, dopo lo sforzo, procura una piacevole sensazione di rilassatezza che ha effetti positivi sull’umore, sulla vita sociale e sul riposo notturno. Golden Bio Val Venosta, fresca e leggera, rappresenta lo snack ideale prima di un impegno fisico, perché sazia senza appesantire, dando al corpo umano tutta l’energia di cui ha bisogno. Una mela contiene infatti più di 30 sali minerali, tracce di oligoelementi e un alto contenuto di vitamina C, tutti elementi che la rendono un alleato perfetto per un corpo scattante e in salute. Bella, buona e saporita, la Golden Bio è la varietà nella quale si esprimono al meglio tutta la naturalità e il rispetto per l’ambiente delle mele della Val Venosta. Il marchio BIO Val Venosta contraddistingue la produzione biologica realizzata dai soci VI.P (Associazione delle Cooperative Ortofrutticole della Val Venosta) che utilizzano nei proprio meleti solo tecniche di coltivazione naturali, come la concimazione organica e le rotazioni colturali, evitando tassativamente l’uso di sostanze chimiche di sintesi. Le Golden Bio sono quindi mele sane e prive di residui chimici, particolarmente ricche di macro e micronutrienti. Dal sapore dolce e aromatico, Golden Bio ha inoltre un perfetto equilibrio tra zuccheri e acidità: un alto contenuto zuccherino contrapposto ad un relativamente alto contenuto acido. Prova Golden Bio Val Venosta nel “Centrifugato di mele, carote e kiwi”, una ricetta ideale per una ricarica di energia prima o dopo l’attività fisica. www.melavalvenosta.com
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SIPO PRESENTA LE INSALATE BIOLOGICHE CON IL NUOVO BRAND SI BIONDA
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Con oltre 15 anni di esperienza nel comparto biologico, SIPO lancia la linea di insalate biologiche SI Bionda, il nuovo brand che si fonda sull’etica e sul rispetto della natura, di chi lavora e di chi consuma il prodotto. A formare la nuova gamma sono circa 20 referenze suddivise in due linee di prodotto: insalate lavate e pronte all’uso di IV gamma in busta antifog e baby leaf in vassoio flow pack per esposizione fuori frigo senza data di scadenza. Le insalate sono inoltre disponibili in formati da 80 gr a 150 gr. per assecondare le esigenze di consumo dei diversi nuclei familiari. “Siamo convinti che i prodotti biologici - ha sottolineato Massimiliano Ceccarini, Development Manager di SIPO - debbano essere disponibili per un pubblico di consumatori sempre più ampio, indipendentemente da dove vivano, dal punto vendita in cui acquistano e dal prodotto che stanno cercando. Da qui la nostra scelta di entrare sul mercato estero con un pack internazionale innovativo e di forte impatto a scaffale, che pone l’attenzione sul made in Italy”. La progettazione del naming e del nuovo brand nasce da uno studio dell’agenzia GO.it di Rimini che ha individuato nel gioco di parole BIO-ONDA da un lato la naturalezza e la genuinità dei prodotti da agricoltura biologica (BIO) e dall’altro la loro sempre più ampia diffusione (ONDA). Anche in questo caso, come per gli altri brand dell’azienda, le iniziali SI di SIPO diventano un’ulteriore affermazione di garanzia e qualità. La nuova linea completa l’offerta di verdure di I e di IV gamma Sapori del mio Orto e sarà commercializzata nelle strutture della grande distribuzione estera. La società ha avviato infatti un processo di internazionalizzazione per valorizzare i prodotti italiani in aree con un elevato potere di acquisto e una forte richiesta di prodotti agricoli di importazione di qualità, in particolar modo i Paesi Nord-Europei e dell’area Baltica. L’obiettivo è infatti quello di presentarsi sul mercato internazionale come specialista di prodotto, soprattutto per categorie merceologiche di nicchia. www.sipo.it
SI Bionda, insalata biologica IV gamma
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CILIEGIE VENETE: “QUANDO IL GIOCO SI FA DURO I DURONI COMINCIANO A GIOCARE”
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Sergio Tronchin responsabile commerciale di OPO Veneto, usa una classica metafora del rugby, di cui è appassionato, per definire la speranza dei produttori di ciliegie nella fase ormai terminale della stagione: “Quando il gioco si fa duro, i duroni cominciano a giocare”. I duroni, nel nostro caso, sono i duroni, chiamati anche durone (genere femminile) o duracine, le ciliegie tardive delle colline vicentine e in generale venete. Così sono indicate, senza distinzione, le varietà tardive. Ad essi si affidano, come ultima chance, i produttori ormai al termine di una stagione che peggiore non poteva essere. Non c’è memoria di tante piogge e di tanti danni. Il raccolto 2013 delle precoci e delle medio precoci è stato scarsissimo: le perdite sono arrivate a superare anche l’80 per cento sulle colline vicentine, veronesi, trevigiane. Un disastro. I duroni sulle piante sono belli, sani e grossi, e solo adesso, con grande ritardo, stanno rosseggiando sulle colline. Promettono bene, sempre che non persista la pioggia, che è caduta anche nell’ultimo fine settimana. I cerasicoltori, a questo punto, fanno tutti i possibili scongiuri per poter recuperare con le tardive un po’ di reddito, confidando nella tenuta delle quotazioni, sempre che si possa avere un raccolto buono, se non proprio eccellente. Nella zona di Marostica e sulle colline vicentine, si è riusciti in qualche modo, facendo miracoli, a organizzare le feste delle ciliegie e i relativi concorsi. Ha detto, molto in sintesi, Giuseppe Zuech, presidente del Consorzio di tutela della ciliegia di Marostica IGP, la prima in Italia a ottenere questo riconoscimento: “Dobbiamo lavorare per il futuro, al di là della delusione di quest’anno”. Egli ha parlato di proposte innovative e di impianti che prevedano la protezione dalla grandine e dalla pioggia. Proprio alla luce di un’annata pessima come questa, i progetti in tale direzione vengono accelerati, sono più largamente condivisi e si gettano le condizioni per la loro attuazione. Sempre festose le mostre dedicate alle ciliegie, organizzate sulle colline venete, in particolare nel Vicentino (a Pianezze, Marostica, Molvena, Mason Vicentino) e a Maser nel Trevigiano. Poche ciliegie, ma tantissimi visitatori e tanta allegria. Si sono tenuti regolarmente i concorsi, con giudizi e graduatorie che sono stati espressi tenendo conto del cattivo andamento climatico e della resa. Il commento di Sergio Tronchin, che ha partecipato ad alcune degustazioni: “Parliamo delle precoci dell’area di Marostica: con il colore e la pezzature ci eravamo anche; ma con il gusto eravamo ben distanti dall’eccellenza tipica di queste ciliegie. Ma quest’anno sarebbe stato velleitario cercare il top”. www.ortoveneto.it
Fabio Crestani, tecnico cerasicolo OPO Veneto; Giuseppe Zuech, presidente del Consorzio di tutela; Giacinto Tramonte, istruttore direttivo del Mercato ortofrutticolo di Bassano del Grappa; Federico Corradin, responsabile centro raccolta c/o stand OPO Veneto al Mercato ortofrutticolo di Bassano del Grappa; Sergio Tronchin e Cesare Bellò, OPO Veneto.
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PARCHI NAZIONALI 2
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I GRANDI PARCHI NAZIONALI DEL WEST
Dop aver ammirato la spettacolaritĂ dei Parchi Nazionali dello Utah, trattati nel numero precedente, il viaggio prosegue in Arizona e Colorado. Renzo Angelini
le truppe americane, guidate dal colonnello Kid Carson, entrarono nel Canyon e distrussero i villaggi ed i loro raccolti tra i quali un frutteto di pesche, orgoglio dei Navajo. I superstiti vennero confinati in una riserva situata ad oltre 500 km di distanza, in New Messico, dove restarono per cinque anni. Nel 1868, con la firma del trattato con il governo americano, venne assegnato loro un territorio tra Arizona e New Messico che comprendeva il Canyon de Chelly e che oggi costituisce la Nazione Navajo. Il Canyon si trova ad una altitudine di 1600 metri s.l.m., è scavato nella roccia di arenaria, con pareti verticali alte 300 metri ed è attraversato dal fiume Wiskey Creek.
CANYON DE CHELLY NATIONAL PARK Area naturale protetta che si trova nella parte nordoccidentale dell’ Arizona, nella contea di Apache. Ampia 340 kmq è diventato Monumento Nazionale degli Stati Uniti nel 1931 ed è interamente all’ interno della Riserva indiana Navajo. I reperti archeologici testimoniano la presenza dell’ uomo dal 2500 a.C. ad opera di gruppi nomadi che sfruttavano le grotte naturali, di cui la zona è ricca, come rifugi per incursioni di caccia o per la raccolta di cibo. In seguito si insediarono stabilmente praticando l’ agricoltura. Dal 750 d. C. arrivarono gli Anasazi le cui abitazioni vengono costruite in muratura addossate le une alle altre e prendono il nome di pueblo. La maggior parte dei villaggi sono eretti ai piedi di scogliere a strapiombo: si coltivano cereali e si usano l’ arco e le frecce per la caccia, ed inizia la produzione di ceramiche. Alla fine del 1300 gli Anasazi lasciarono la zona, probabilmente per una grande siccità che aveva compromesso i raccolti, o forse per contrasto con le popolazioni vicine. Nei secoli successivi gli Hopi utilizzarono il Canyon per la coltivazione dei cereali o per la caccia. Nel 1700 venne occupato stabilmente dai Navajo che ne fecero anche la base per le loro razzie ai danni degli altri pueblo e dei coloni spagnoli stanziati nella valle del Rio Grande, nel New Messico settentrionale. Le scorribande dei Navajo terminarono nel gennaio del 1864 quando
Spider Rock, la doppia torre di arenaria alta 240 metri che si erge alla congiunzione tra il Canyon de Chelly ed il Monument Canyon.
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White House (casa bianca): rovine di un insediamento abitativo realizzato dagli Anasazi, nell’era del Pueblo, composto da due parti; una ai piedi della falesia e l’ altra sopra una grande insenatura naturale nella roccia.
Pittogrammi nelle rocce.
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Il Canyon de Chelly visto dal plateau, con le caratteristiche pareti verticali alte 300 metri ed il fiume Wiskey Creck.
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Hogan era la tradizionale abitazione degli indiani Navajo.
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Abitazione degli attuali Navajo.
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Antelope Ruins sono le rovine di un Pueblo Anasazi e prendono il nome da alcuni pittogrammi disegnati sulla roccia che rappresentano antilopi e scene di caccia.
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GRAND CANYON NATIONAL PARK E’ una immensa gola creata dal fiume Colorado nell’ Arizona nord-occidentale. Lungo 446 km, profondo 1600 metri e con una larghezza che può raggiungere i 27 km, è il più spettacolare tra i fenomeni naturali che si possono osservare nei deserti di tutto il mondo. E’ il prodotto di dieci milioni di anni di erosione del fiume Colorado, che lo attraversa, erodendo la roccia con una velocità incredibile, sprofondando sempre di più all’ interno di essa. Questa azione erosiva fu facilitata dalle particelle solide messe in moto dal grande volume d’ acqua, che agirono come uno scalpello sul letto del fiume: le rocce più dure vengono erose più lentamente ma quelle più tenere, come l’ arenaria, vengono rapidamente intagliate con la formazione di precipizi verticali. Diecimila anni fa, alla fine dell’ ultima glaciazione, i torrenti di acqua di fusione carichi di enormi quantità di pietrisco contribuirono in modo determinante ad intagliare il Grand Canyon. Anche i canyon periferici, in cui scorrono gli affluenti del Colorado, sono immensi ed è solo la presenza del canyon principale ad oscurare la loro fama. La straordinaria profondità del taglio di roccia mette allo scoperto l’ incredibile successione di formazioni geologiche: rocce scistose, calcari, arenarie e graniti si susseguono dalle profondità
Colorado Plateau e la grande faglia del Grand Canyon vista da lontano.
alle cime. Le pareti del Canyon sono pressochè completamente verticali, presso il fondo, mentre più in alto l’ erosione del vento ha in parte mascherato l’ antica azione del fiume e dei detriti da esso trascinati. La parola “colorado” significa rosso in lingua spagnola. Il fiume oggi appare verdastro ma, in effetti, i primi esploratori spagnoli che lo percorsero lo chiamarono così con ragione, impressionati dalla grande quantità di limo rossastro che veniva trasportato dalle acque. La costruzione della diga di Glen Canyon ha completamente bloccato il flusso di limo e oggi le acque appaiono verdastre. Questo
colore lo troviamo ancora negli affluenti del fiume Colorado. La grandezza e la maestosità del paesaggio, essenzialmente minerale, aspro, duro e disumano, che sembra uscito da qualche visione apocalittica, potenziato dal sole a picco che accentua la severità della morfologia naturale, fanno si che questo possa apparire dolce, riposante e calmo allo sguardo. In questo ambiente l’ uomo può sentirsi schiacciato dalla massa delle rocce, ma anche rassicurato e confortato. Il grande squarcio ci dà una delle più belle lezioni di geologia, ci consente di capire la durata e la portato dei fenomeni morfologici, ci mette alla
Vista della grande faglia del Grand Canyon e del fiume Colorado sullo sfondo. Il fiume dopo un percorso di 2600 km, attraverso otto stati nordamericani e due messicani, sfocia nel Golfo di California. Noto per le piene periodiche, incise nel tempo sulla costituzione arenacea dell’ altopiano provocando una profonda erosione in direzione verticale con l’ escavazione di grandi gole come il Grand Canyon.
presenza dei principali avvenimenti della storia della Terra. Il Grand Canyon fu precocemente abitato dagli indiani Hopi, che vi formarono vere e proprie comunità con riti e costumi originali. Nel XV secolo, i conquistadores spagnoli scoprirono la regione che fu poi percorsa dalle missioni evangeliche. Solo nel 1869, però, una spedizione scientifica guidata dal maggiore John Wesley Powell esplorò il canyon scendendo il corso del fiume in barca. Fu il primo a dimostrare, contrariamente a quanto si credeva allora, che il rilievo è interamente dovuto all’ erosione del fiume e all’ incisione delle gole: le rocce su entrambi i lati della valle appartengono a un corso continuo e la loro separazione non è il risultato di alcun cataclisma. Foto accanto: gli affluenti del fiume Colorado mantengono la colorazione rossa dovuta all’ enorme quantità di limo rossastro trasportato dalle acque. Foto sotto: a nord-est del Grand Canyon torna a dominare il deserto. E’ la terra degli altopiani ricoperti da enormi massi di roccia, un paesaggio tipico della Monument Valley e dei canyon a labirinto dell’ Utah meridionale. Qui nella Canyonlands, il clima è estremo: le temperature possono scendere a -34°C in inverno e risalire a +43°C in estate, con escursioni termiche durante la giornata di ben 40°C: alla scarsità di vegetazione fa però riscontro una straordinaria varietà di forme e colorazioni delle rocce.
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Il Colorado si è incassato nel Quaternario, mettendo in luce la sedimentazione della roccia. Calcari marini e arenarie continentali formano l’ altopiano, mentre sui versanti appaiono arenarie rosse e falde argillose.
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Una veduta del Grand Canyon del fiume Colorado in Arizona. Profondo fino a 1600 metri, largo alla sommità da 7 a 30 km e lungo quasi 350 km, è uno spettacolare fenomeno geologico considerato una delle meraviglie naturali del mondo. Il Colorado che lo ha originato, raccoglie le acque di numerosi affluenti che scendono dalle cime innevate delle montagne dello Utah e del Colorado.
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Aspetto fantastico del paesaggio caratterizzato da una boscaglia di yucca, che si riconosce da un ciuffo apicale di foglie strette e acuminate.
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ricchi di silice provenienti dalle ceneri acide dei vulcani. La silice penetrò nelle fibre del legno e, in periodi più aridi, l’ acqua evaporò lasciando la silice cristallizzarsi all’ interno dei tronchi e dei rami degli alberi ed assumere, in presenza di ossidi di ferro e di manganese, varie gradazioni dal rosso al giallo. La successiva erosione da parte della pioggia e del vento ha consentito la completa asportazione delle arenarie che avvolgevano i tronchi, riportando così alla luce gli alberi fossilizzati. Particolarmente suggestive sono la Jasper Forest, valle ricoperta di tronchi fossilizzati di gingkobiloba, e la Blu Mesa.
PETRIFIED FOREST NATIONAL PARK Situato nella parte orientale dello stato dell’ Arizona, il parco si estende su un altopiano e costituisce l’ elemento più colorato del Painted Desert ( deserto dipinto ) così chiamato per le varie colorazioni delle arenarie che formano il paesaggio. Circa 200 milioni di anni fa, questo altopiano era percorso da numerosi corsi d’ acqua ed il clima favorevole unito ad una forte umidità agevolarono una vegetazione prevalentemente composta da felci e conifere. In questo ambiente molto umido, gli alberi giganteschi, quando cadevano, venivano inghiottiti da fanghi alimentati da corsi d’ acqua
Vista panoramica della Valle di Blue Mesa, disseminata di formazioni a cupola, striate da mille rivoletti dì acqua, sono resti di una sedimentazione che un tempo ha seppellito una vegetazione lussureggiante. Argille, arenarie e ceneri vulcaniche, tinteggiate dai sali minerali, furono portate alla luce grazie all’ azione degli agenti atmosferici.
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Painted Desert.
L’ acqua carica di silice è penetrata all’ interno di un tronco e l’ evaporazione ha provocato la cristallizzazione del minerale contenuto nel legno: bianca o grigia, la silice è colorata di giallo e arancione dagli ossidi di ferro, di azzurro o di nero dagli ossidi di manganese.
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Tronchi pietrificati di conifere nella Jasper Forest.
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MESA VERDE NATIONAL PARK Parco nazionale dal 1906, il secondo ad essere istituito dopo Yellowstone, e Patrimonio dell’ Umanità dell’ Unesco dal 1978, è situato nel sudovest del Colorado nella contea di Montezuma. Il parco si eleva da 1860 a 2560 metri s.l.m. e copre una superficie di 211 kmq. Comprende un’ area in cui sono presenti numerosi insediamenti degli antichi Anasazi, che costruirono villaggi all’ interno delle rientranze della roccia, denominati “cliff dwellings”, il più noto dei quali è Cliff
Palace. Gli insediamenti più antichi risalgono a 800 anni fa e degli Anasazi non si conoscono le origini, ma vivevano in abitazioni a pozzo formanti piccoli villaggi. Nell’ arco di 500 anni affinarono le loro abilità costruttive realizzando grandi insediamenti con edifici su più livelli costruiti in fango e pietre, chiamati pueblo, dove sono presenti edifici ad uso abitativo e magazzini ed anche costruzioni comunitarie ad uso cerimoniale dette kivas. I reperti archeologici consentono di avere un’ idea abbastanza chiara sul loro stile di vita e
Abitazioni trogloditiche a Cliff Palace. Sono case a vari piani chiamate Pueblo e testimoniano la vita sedentaria di antichi indiani nomadi venuti dalle valli per cercarvi rifugio. Verso il VI secolo vi si stabilirono e dissodarono le foreste per coltivare la terra. L’ abbandono avvenne per cause ignote, probabilmente per la siccità .
sulla loro cultura. Essi raggiunsero notevole abilità nel realizzare manufatti in terracotta ed anche canestri intrecciati con fibre vegetali. Si ritiene che queste attività artigianali fossero praticate, soprattutto dalle donne, che si tramandavano le conoscenze tecniche di madre in figlia. Gli Anasazi praticavano l’ agricoltura coltivando prevalentemente mais e legumi. L’ abbandono di questi insediamenti non è stato ancora chiarito: tra le ipotesi la scarsità di risorse tali da impedire la sopravvivenza in quei luoghi, dovute a mutamenti del clima, oppure il verificarsi di forti tensioni a livello sociale. Dopo l’ abbandono dei loro abitanti originari i villaggi costruiti nella roccia caddero in uno stato di abbandono e furono riscoperti nel XVI secolo dalle popolazioni Navajo.
Particolare di un pueblo.
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La Mesa Verde è un vasto altopiano di rocce arenarie dove, nelle pareti dei canyon, si trovano molti ripari nelle rocce. Sono stati scavati dall’ azione combinata del vento e delle acque. La forza dell’ erosione ha consentito, nel corso degli anni, di modellare l’ arenaria.
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CALEIDOSCOPIO CIRIO PRESENTA LE MONOPORZIONI Dallo “specialista del pomodoro” i nuovi sughi pronti in formato monodose.
CALEIDOSCOPIO
Il vivere moderno crea esigenze alimentari tra i consumatori: per i single porzioni adeguate ad evitare sprechi, per le famiglie con orari e ritmi differenti la possibilità di scegliere ciascuno un prodotto diverso. E il poco tempo a disposizione richiede rapidità in cucina, senza rinunciare al gusto e alla qualità. Ecco allora che da CIRIO, lo “specialista del pomodoro”, arrivano Le Monoporzioni, la nuovissima gamma di sughi pronti nel formato monodose per le moderne abitudini di consumo. Studiate in particolare per un target giovane e moderno, Le Monoporzioni CIRIO offrono tutto il sapore autentico del pomodoro di alta qualità in 3 ricette della tradizionale cucina mediterranea, amate da tutti e subito pronte in soli 2 minuti, saltate rapidamente in padella. • SUGO CLASSICO AL POMODORO • SUGO DI POMODORO AL BASILICO • SUGO DI POMODORO AL PEPERONCINO
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CLASSICO
Sugo al pomodoro con olio extravergine di oliva 2% Ingredienti: passata di pomodoro CIRIO “La Rustica” 70%, concentrato di pomodoro, olio extravergine di oliva 2%, cipolle, carote, sedano, sale, zucchero, basilico, aglio, correttore di acidità: acido citrico
Energia (kcal)
71
Energia (kJ)
297
Grassi di cui saturi
2,2 0,5
Carboidrati di cui zuccheri
8,0 7,5
Fibre alimentari
3,4
Proteine
2,6
Sale
1,5
BASILICO
Sugo di pomodoro al basilico con olio extravergine di oliva 2%. Ingredienti: passata di pomodoro CIRIO “La Rustica” 71%, concentrato di pomodoro, olio extravergine di oliva 2%, basilico 2%, cipolle, sale, zucchero, aroma naturale di basilico, correttore di acidità: acido citrico
67
Energia (kJ)
281
Grassi di cui saturi
2,2 0,5
Carboidrati di cui zuccheri
7,0 6,3
Fibre alimentari
2,7
Proteine
3,0
Sale
1,0 CALEIDOSCOPIO
La confezione è un’esclusiva coupelle proposta in cluster da 2 monodosi. Il formato è innovativo e offre una monoporzione da 110 grammi, ideale per condire un piatto di pasta ricco. L’apertura è moderna e pratica con sistema Easy Peel.
Energia (kcal)
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PEPERONCINO
Sugo di pomodoro al peperoncino con olio extravergine di oliva 2%. Ingredienti: passata di pomodoro CIRIO “La Rustica” 73%, concentrato di pomodoro, olio extravergine di oliva 2%, peperoni rossi, sale, aglio, prezzemolo, zucchero, peperoncino 0,16%, correttore di acidità: acido citrico
Energia (kcal)
69
Energia (kJ)
288
Grassi di cui saturi
2,3 0,4
Carboidrati di cui zuccheri
6,5 6,3
Fibre alimentari
3,3
Proteine
3,4
Sale
1,0
Il tempo medio di conservazione delle Monoporzioni è di 24 mesi. Il prezzo al pubblico è di 1,99 € per ogni variante e per ogni confezione in cluster da 110gx2. Sul punto vendita Le Monoporzioni si presentano in un vassoio espositore da 8 cluster. Le Monoporzioni CIRIO sono in vendita nella GRANDE DISTRIBUZIONE
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UNITED FRUITS OF AMERICA DA PAGO IL NUOVO GUSTO CHE RACCONTA L’AMERICA
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Pago, specialista assoluto nei succhi di frutta premium, amplia la sua linea World of Nature, ispirata alle diverse regioni del mondo, inserendo il nuovo gusto Pago America per evocare attraverso la frutta, nuove terre lontane e regalare sapori esotici, questa volta quelli degli States! Pago ha quindi messo in bottiglia il succo della frutta migliore e più ricca di sostanze benefiche del continente americano unendo Pompelmo rosa, Cranberry, Mirtilli, Uva rossa, Fico d’India e Mela, ingredienti unici e innovativi ispirati ai sapori di questa Regione in un mix originale, in cui l’impronta locale e i sapori dei diversi frutti si fondono per dare vita a un blend armonioso, aromatico e morbido al palato, senza aggiunta di ingredienti artificiali. Nei quattro gusti World of Nature (Pago Amazon, Pago Asia, Pago Africa e Pago America), il sapore di base è fornito da un frutto “classico” che nel caso di Pago America è il cranberry, frutto che cresce esclusivamente in Massachusetts, New Jersey, Oregon, Washington, Wisconsin e in alcune zone del Canada, che viene sapientemente affinato accostandolo in modo creativo a frutta prettamente locale. Un gusto che rappresenta l’America in tutte le sue sfaccettature, un’ulteriore proposta innovativa da Pago che da sempre offre prodotti premium continuando nella ricerca e nella produzione di mix originali dimostrando come sia possibile ottenere risultati brillanti e straordinariamente godibili usando esclusivamente ciò che offre la natura. Il nuovo gusto segue la tradizionale filosofia dell’azienda: 100% naturale, 100% frutta senza zuccheri aggiunti per offrire tutti i benefici salutari che si possono trovare in natura. Pago World of Nature America sarà presente sugli scaffali dei migliori supermercati e ipermercati a partire da Aprile nel formato PET da 750 ml. www.pagoitalia.it
Le vitamine Pompelmo rosa Ricco di vitamine A, B e C e soprattutto flavonoidi, potenti antiossidanti. Cranberry È provato che le molecole presenti nel mirtillo rosso modificherebbero l’adesione del batterio Escherichia Coli (principale causa delle cistiti) e diminuirebbe così il numero e la frequenza delle infezioni urinarie. Mirtilli Contengono vitamina B9, i tannini e grande quantità di antocianine che rendono i tessuti capillari più forti ed elastici. Uva rossa Nella sua buccia contiene lo resveratrolo che ha proprietà benefiche per il nostro organismo. Fico d’india Si contraddistingue per il suo elevato potere dissetante e contenuto di fosforo, calcio e vitamina C; la polpa interna, inoltre, è ricca di saccarosio, glucosio e fruttosio. I suoi benefici però si devono anche alle sue virtù come diuretico e per la sua capacità di eliminare i calcoli renali.
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Nelle prossime settimane l’eccellenza della produzione ortofrutticola del Gruppo T18 incontrerà i green di Torino e dintorni: T18 sarà infatti partner tecnico di diverse gare golfistiche sul territorio. Il 15 giugno si inizia con la tappa torinese del circuito AXA Golf Cup, che si terrà presso il Circolo I Roveri di Fiano. In contemporanea, il 15 e 16 giugno, si svolgerà la gara singola di Circolo al Golf Club Stupinigi, storico golf cittadino con 9 buche. Il 5 luglio T18 raddoppierà nella stessa location del Circolo Stupinigi insieme ad un’altra eccellenza torinese, quella del Caffè Costadoro con una gara PGA a squadre. Sono attese ben 30 squadre, composte da un professionista e tre dilettanti. Il 13 luglio, infine, T18 parteciperà come partner al torneo Magic for Children organizzato dalla Marco Berry Onlus al Golf Club I Ciliegi di Pecetto, in cui tutti i proventi andranno a favore del progetto “Doctor Magic - Maghi in corsia” all’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino. www.t18.it
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T18 & IL GOLF: SALUTE E GUSTO SI INCONTRANO CON LO SPORT
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www.conipiediperterra.com Il quotidiano online su agricoltura, nutrizione, territorio
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Con i piedi per terra”, “Antenna Verde” e “Agrinews Tris vincente per l’agricoltura che si racconta in tv
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“Con i piedi per terra” Una stagione in ritardo, comunque da raccontare in ogni versante: dalla situazione vitivinicola dei vitigni della verde Iripinia alle doc Romagna da valorizzare, dalle giornate del miele di Castel San Pietro terme, alle strategie dei consorzi agrari, dalla promovalorizzazione attraverso l’engastronomia di qualita’ alle botteghe di vendita diretta che
CON I PIEDI PER TERRA La trasmissione settimanale e’ visibile su tutto il territorio nazionale sul circuito Odeon tv e Odeon sat (sky 914) il lunedi’ alle 20.30, sul web www.conipiediperterra. com, in ambito regionale su Telesanterno il sabato alle 12.30 e il martedi’ alle 21, e sul canale tematico Antenna Verde ogni giovedi’ (656 in Emilia Romagna, 288 per veneto e Friuli)
crescono nelle campagne italiane. Questi i principali temi che si uniscono ad una valutazione in campo sulle specie frutticole di maggiore importanza per i bacini regionali. Per l ‘Emilia Romagna in particolare, le pere nel Ferrarese e le pesche nel ravennate. Un pasaggio tra le razze equine da salvaguardare (dal cavallo murgese a quello bardigiano) per poi arrivare nel pieno della mietitura.
DEGUSTAZIONE LUXURY NELLO STAND MIONETTO AL VINITALY La storica cantina di Valdobbiadene premiata sul mercato internazionale per la sua attenzione al mercato della ristorazione
Coinvolgimento totale dei sensi nel cuore dello stand Mionetto al Vinitaly. Una nuova esperienza di Design del Gusto che la storica cantina di Valdobbiadene ha cercato di incarnare anche nelle linee architettoniche e nelle trasparenze dei materiali del nuovo stand per ricreare visivamente tutta l’eleganza e la raffinatezza che si può sperimentare nel palato quando si degustano le bollicine Mionetto. Protagoniste assolute le quattro pregiate proposte della nuova Luxury Collection: Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, Prosecco Doc Treviso, Cuvée Sergio 1887 e Sergio Rosè, una nuova linea di prodotti di estrema eccellenza dedicata esclusivamente alla ristorazione come omaggio alla storia e alla tradizione di questa cantina che deve molto al terroir distintivo della sua produzione. <Siamo stati spinti a creare questa nuova linea top - afferma Paolo Bogoni, Direttore Marketing & Comunicazione Mionetto – dalla volontà di confermare il mondo Horeca come nostro partner privilegiato. La ristorazione sta vivendo un momento difficile e noi che operiamo quotidianamente al loro fianco vogliamo così sostenere il loro business con un progetto ambizioso che offre loro tutto il plus del nostro brand e la garanzia di massima qualità di prodotto e di immagine>. Alle cromie dominanti del nero e del bianco, caratteristiche dell’immagine Mionetto, si aggiunge nella nuova veste dello stand la delicatezza del legno che esalta la perfezione della natura capace di innestare in un chicco d’uva la sorgente di un piacere smisurato, un’emozione che la cantina ha cercato di descrivere coinvolgendo tutti i sensi, dal palato alla vista al tatto, in un percorso che conduce il visitatore fin all’interno del cuore pulsante dello stand Mionetto al Vinitaly 2013.
Qui gli ospiti potranno vivere un’esperienza esclusiva elevata al cubo aiutati dalle originalissime proposte dello chef Riccardo de Pra del Ristorante Dolada di Plois d’Alpago (1 stella Michelin) che esalteranno i profumi e gli aromi degli spumanti Luxury i quali stupiranno il palato quanto l’olfatto, la vista e il tatto. Una presenza sempre distintiva quella di Mionetto alla Fiera Internazionale Vinitaly, che di anno in anno impone sempre più la sua presenza nel mercato internazionale. La storica cantina, immersa tra le colline che sono il cuore pulsante della Docg ConeglianoValdobbiadene, è infatti oggi uno dei brand di bollicine leader nel mondo con un fatturato consolidato che nel 2012 ha superato i 56 milioni di euro e una crescita del +7,6% sull’anno precedente. In crescita la presenza in Europa con l’apertura di nuovi promettenti mercati quali i Paesi del Nord (Norvegia ed Irlanda) e il rafforzamento della presenza in Germania, ma anche in Sud America oltre che negli USA dove è leader indiscussa nel mercato del prosecco e dove ha conquistato per il quarto anno consecutivo l’ambito riconoscimento “Hot Brand Award” assegnato dalla celebre rivista economica Impact-MARKET WATCH, a quei brand che negli ultimi 5 anni hanno registrato nel mercato Usa una crescita a due cifre e raggiunto un minimo di un milione e duecentomila bottiglie vendute. Management rigorosamente italiano, anche dopo l’acquisizione da parte del Gruppo tedesco Henkell International GmbH, uno dei maggiori produttori europei di bollicine, l’azienda è oggi gestita da un Comitato di Gestione composto da Alessio Del Savio (Enologo, Direttore Tecnico e Portavoce), Paolo Bogoni (Direttore Marketing e Comunicazione), Robert Ebner (Direttore Vendite) e Marco Tomasin (CFO). www.mionetto.com
Nella foto i membri del Comitato di Gestione di Mionetto Spa. Da sinistra Marco Tomasin, C.F.O.; Paolo Bogoni, Direttore Marketing & Comunicazione; Robert Ebner, Direttore Vendite; Alessio Del Savio, Enologo, Direttore Tecnico e Portavoce.
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IL MELONE
Originario del continente africano, si diffuse in Asia e nel bacino del Mediterraneo dove, oggi, è la seconda orticola dopo il pomodoro. Nelle regioni meridionali e insulari i meloni vernini sono preferiti a quelli estivi, maggiormente diffusi al centro e al nord. Esplica un’ azione dissetante e rinfrescante, oltre che nutrizionale per l’ elevato contenuto di calcio, fosforo e potassio (ottimo alleato delle ossa), indicato per chi soffre di anemia, per il discreto contenuto in ferro. Ricco di antiossidanti come caroteni e vitamina C, aiuta a proteggere gli occhi e i microvasi durante i giorni più caldi dell’anno. Nadia Ficcadenti
seconda solo al pomodoro (ISTAT, 2012). Il C. melo è una specie allogama e l’espressione del sesso determina la differenziazione tra le varietà coltivate, che possono essere distinte in piante ginoiche (solo fiori pistillati), monoiche (fiori con stami e pistilli) e andromonoiche (fiori ermafroditi e fiori maschili); queste ultime rappresentano le varietà più coltivate. Il frutto del melone deriva dall’ingrossamento dell’ovario a seguito della fecondazione degli ovuli. Dalla fecondazione alla maturazione commerciale intercorrono da 30 a 60 giorni a seconda della varietà. Il frutto è una bacca corticata di tipo speciale, detta peponide, formata da epicarpo, mesocarpo ed endocarpo. L’epicarpo è la parte esterna della bacca, il mesocarpo è formato da una parte esterna che costituisce, con l’epicarpo, la scorza. L’endocarpo è la polpa edule, poco differenziata dal mesocarpo, che comprende anche lo strato interno placentare in cui sono inseriti i semi. I semi di colore giallo o bianco latte, sono presenti in numero da 400 a 1.500 per frutto, a seconda della varietà botanica. Il peso di 1000 semi è variabile da 20 a 70 g. I semi sono edibili e le radici possono essere impiegate in medicina. La specie comprende una vasta gamma di varietà botaniche coltivate, tre delle quali sono maggiormente diffuse in Italia: reticulatus, inodorus e cantalupensis. I frutti del C. melo varietà reticulatus sono di media grandezza e presentano una buccia sottile e corrugata, che dà origine ad una specie di reticolo; la polpa è di
MELONE: ASPETTI AGRONOMICI, GENETICI E QUALITATIVI Il melone (Cucumis melo L.), appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae, è una delle specie ortive più apprezzate, soprattuto per il polimorfismo dei suoi frutti (Kirkbride, 1993) che, oltre ad essere consumati crudi a maturazione, possono essere utilizzati cotti in zuppe oppure canditi o conservati sotto sale o aceto. Proprio in virtù di questi suoi diversi impieghi, il melone è una delle piante ortive più coltivate in molti paesi europei (Spagna, Italia, Francia e Grecia) ed extraeuropei (Turchia, Iran, India, Cina, Medio Oriente). Il luogo di origine del melone non è stato ancora ben accertato. La sua forma ancestrale, come per la maggior parte delle cucurbitacee, sarebbe originaria del continente Africano, da dove in seguito si sarebbe diffusa dapprima in Asia (India, Cina) e successivamente in Medio Oriente ed in tutto il bacino del Mediterraneo (Robinson e Decker-Walters, 1997). Il primo produttore è il continente asiatico in cui si ottiene quasi il 60% della produzione mondiale, superiore per quantità ai 12 milioni di t; al secondo posto, con il 20% si colloca l’Europa, in cui si registrano le più elevate produzioni unitarie del mondo, soprattutto in Spagna, Italia, Francia e Grecia. In Italia è coltivato su una superficie di 26000 ha pari al 5,6% dell’intera superficie orticola nazionale di cui 22.500 ha in pien’aria e 3.500 ha in coltura protetta. La specie, per espansione territoriale, è
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colore giallo-arancio e risulta essere molto dolce ed aromatica. I meloni appartenenti alla varietà botanica inodorus possono avere forma ovoidale o ellittica, con buccia sottile, liscia o rugosa, e una polpa di colore bianco o verdognolo, scarsamente profumata. I meloni appartenenti alla varietà botanica cantalupensis sono comunemente conosciuti con il nome di Cantalupi e sono caratterizzati da frutti di media grandezza, dalla buccia liscia con costolatura evidente, di colore grigio-verde tendente al giallo e dalla polpa di colore intermedio fra rosa e salmone. Sono denominati in questo modo perché furono portati nel XV secolo da missionari provenienti da lontani paesi asiatici a Cantalupo, castello pontificio situato nelle vicinanze della città di Roma. I tipi cantalupensis e reticulatus sono definiti meloni estivi e sono disponibili sul mercato nel periodo compreso tra Aprile e Settembre. I frutti sono caratterizzati da un’elevata precocità e da una scarsa conservabilità, poiché frutti definiti climaterici. I tipi inodorus, invece, sono chiamati meloni d’inverno e sono caratterizzati da una ritardata epoca di maturazione e lunga conservazione dei frutti, fino al periodo autunno-vernino. Tale caratteristica è dovuta all’assenza di climaterio e, quindi, alla ridottissima emissione di sostanze volatili tipiche dei processi di sovramaturazione.
ESIGENZE CLIMATICHE E PEDOLOGICHE Questa cucurbitacea è originaria dei Paesi caldi e, quindi, per un normale svolgimento del ciclo biologico necessita di temperature relativamente alte e di bassa umidità. Lo sviluppo della pianta (germinazione, fioritura e fruttificazione) pertanto, oltre ad essere condizionato da caratteri ereditari, è legato a fattori ambientali tra i quali predominano quelli climatici. Ove non si verifichino queste condizioni, la coltura è possibile solo in coltivazione semiforzata (tunnel) o protetta (serra). La germinazione del seme ha inizio quando la temperatura del terreno è di 13-15°C, al di sotto della quale si ha l’arresto della vegetazione per il blocco dell’assorbimento degli elementi nutritivi. Per le successive fasi vegetative della pianta le temperature ottimali dell’aria sono comprese tra 18 e 20°C per quella notturna e tra 24 e 30°C per quella diurna. Temperature troppo elevate, attorno ai 35-40°C, associate ad alti valori di umidità relativa, incidono negativamente sullo sviluppo delle piante e sulla qualità dei frutti, provocando un precoce invecchiamento degli stessi con conseguente peggioramento dei caratteri qualitativi come sapore, colore e consistenza della polpa. Il melone si adatta con facilità ai differenti tipi di tessitura del terreno. Tuttavia, i migliori risultati produttivi si ottengono nei terreni profondi, argilloso-
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limosi, ben drenati e nei quali siano esclusi rischi di asfissia, fertili e, soprattutto, ricchi oltre che in elementi primari, anche di oligoelementi (magnesio, calcio, molibdeno, boro e ferro).
(capacità della pianta di ridurre fortemente la traspirazione chiudendo gli stomi nelle ore più calde della giornata) è coltivato in pieno campo sia in asciutto, soprattutto nelle aree collinari dell’Italia meridionale, sia con limitati apporti idrici. Tuttavia, le carenze idriche potrebbero rallentare l’accrescimento delle piante con effetti negativi sull’allegagione, sulla qualità e sulla pezzatura dei peponidi. L’irrigazione consente un incremento delle produzioni necessario a rendere economicamente valida la coltivazione di questa specie. In molti casi un paio di adacquate, eseguite prima dell’ingrossamento dei frutti, sono sufficienti per il conseguimento di considerevoli aumenti produttivi. Gli eccessi idrici, comunque, determinano riduzione della sintesi di saccarosio, acido ascorbico e solidi riduttori, nonché spaccature dei frutti e, spesso, danni dovuti all’instaurarsi di fitopatie con conseguente riduzione della produzione e peggioramento della qualità.
ESIGENZE NUTRIZIONALI Il melone è una coltura abbastanza esigente e la concimazione deve mirare all’esaltazione delle potenzialità produttive e qualitative dei frutti nel rispetto dell’ambiente. E’ una pianta potassofila: infatti, il potassio è l’elemento primario tra quelli di cui la coltura necessita. In ordine prioritario gli altri elementi sono: calcio, azoto, magnesio e fosforo. Per produrre 10 t di frutti la coltura asporta circa 32 kg di azoto, 5 kg di fosforo, 52 kg di potassio, 50 kg di calcio e 5 kg di magnesio. Il 70% dell’azoto, del fosforo e del potassio asportato dal terreno, si ritrova nei frutti e solo il 30% nelle foglie e negli steli. Gli elementi fertilizzanti possono essere somministrati con la fertirrigazione, che consente la regolazione dell’apporto nutritivo in conformità con le necessità della coltura. La fertilizzazione localizzata (riguardante solo la zona radicale) evita le perdite degli elementi dovute alla dispersione in aree non sfruttate dalla pianta.
VARIETÀ DISPONIBILI E CRITERI DI SCELTA Il melone, come altre cucurbitacee, è ricco di forme coltivate con denominazioni diverse, spesso rispondenti a quelle dei luoghi di antica tradizione colturale. Le popolazioni hanno quasi sempre caratterizzato le produzioni delle regioni meridionali ed insulari ove i meloni vernini (Cucumis melo var. inodorus) vengono tuttora preferiti ai meloni estivi, i quali, solitamente
ESIGENZE IDRICHE Il melone per le sue caratteristiche strutturali (un apparato radicale ampio e profondo) e fisiologiche Fiore maschile e fiore ermafrodita.
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ascrivibili alle varietà botaniche cantalupensis e reticulatus, risultano invece maggiormente diffusi nelle regioni del centro e del nord Italia come ibridi F1. Negli ultimi anni, i profondi cambiamenti nello scenario agricolo italiano e l’introduzione di monocolture intensive di moderni ibridi F1 hanno portato alla perdita di numerose varietà locali che, pur pregevoli per alcune caratteristiche di interesse agronomico, non potevano ritenersi adeguate alle esigenze della produzione e dei consumatori. La tendenza poi ad un maggiore domanda dei mercati interni ed esteri ha determinato un’ulteriore espansione ed intensificazione della coltura anche in zone non tradizionali. Inoltre, le richieste del prodotto fuori stagione hanno stimolato la ricerca di varietà dotate di peculiari caratteri quanti-qualitativi da diffondere in coltura forzata e semiforzata per arricchire in prospettiva una migliore distribuzione temporale del prodotto. Il lento ma progressivo abbandono dell’assortimento varietale
indigeno ha riguardato prevalentemente quasi tutte le popolazioni a maturazione estiva, non comprese nella categoria dei cosiddetti meloni d’inverno, ancora numerosi, diversificati per caratteri morfologici, fisiologici e merceologici di notevole interesse economico e, pertanto, meritevoli di conservazione poichè costituiscono delle valide risorse genetiche come fonti di geni per importanti caratteri della pianta e per resistenza a malattie. Queste accessioni hanno un elevato valore culturale perché legate agli usi e ai costumi delle popolazioni presenti nei territori vocati alla loro coltivazione e rappresentano preziosi serbatoi di risorse genetiche che vanno salvaguardate dall’erosione. La situazione varietale appena delineata suggerisce l’urgenza di una tutela delle risorse genetiche così ricche di variabilità naturale utile ai fini del miglioramento della specie e del suo adattamento alle differenziazioni climatiche. Attualmente esiste un rinnovato interesse verso le varietà tradizionali di
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assistito ad una progressiva concentrazione dell’attività di miglioramento genetico presso poche società sementiere, che dispongono di elevati investimenti finanziari anche per sovvenzionare ricerche di genetica molecolare. Per le specie allogame l’interesse è quasi esclusivamente rivolto alla costituzione di ibridi economicamente più convenienti. L’aggiornamento varietale è uno degli aspetti più importanti della moderna agricoltura, poiché influenza direttamente l’accettabilità del prodotto da parte del consumatore e di conseguenza il reddito del coltivatore. E’ sempre più privilegiata la qualità sia intrinseca che estrinseca e, attualmente, è particolarmente sentita la necessità di costituire nuove varietà dotate di resistenza genetica a malattie e tolleranza a stress abiotici (caldo, freddo, siccità, sale), al fine di ridurre gli apporti di fitofarmaci con conseguente riduzione dell’impatto ambientale e miglioramento della salute umana ed animale. L’attività di miglioramento genetico è pertanto definibile come un processo costante e continuativo per lo sviluppo di nuovi materiali genetici. Gli obiettivi possono essere conseguiti impiegando metodologie classiche (genetica e miglioramento genetico) ed innovative (biotecnologie). La scelta varietale rappresenta un momento estremamente delicato dell’intero processo produttivo in quanto da essa può dipendere in larga parte il successo finale della coltivazione. Occorre in definitiva poter disporre di varietà che si adattano alle condizioni pedoclimatiche degli ambienti di
pregio che permettono di diversificare la tipologia del prodotto offerto, soprattutto se protetto dai marchi comunitari DOP ed IGP. L’adozione di nuove “varietà” allo stato attuale appare, ormai, inevitabile ed occorre un’adeguata attività di ricerca capace di produrre innovazioni sia di interesse scientifico che pratico. La quasi totale assenza di programmi di miglioramento genetico in Italia, sia nel settore pubblico che in quello privato, ha determinato la progressiva sostituzione del germoplasma autoctono con nuove varietà, soprattutto ibride, ottenute all’estero, migliori per produttività, resistenza a malattie, conservabilità, resistenza ai trasporti ed alle sollecitazioni meccaniche, ma non sempre rispondenti alle richieste del consumatore sotto l’aspetto qualitativo. Durante gli ultimi anni si è
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coltivazione (pien’aria e protetto) dotate di fattori di resistenza, di cicli colturali diversificati e di peculiari caratteri quantitativi, qualitativi e di conservabilità del prodotto (long shelf-life), che possano contribuire ad una migliore distribuzione temporale della produzione e ad una possibile linearizzazione dell’offerta. Pur essendo diversi i criteri di scelta delle varietà è generalizzata la convinzione che il melone può essere convenientemente coltivato, consumato e commercializzato se possiede almeno le seguenti caratteristiche: pianta con flessibilità di adattamento alle condizioni pedoclimatiche degli ambienti di coltivazione, in pien’aria e protetto; produttività costante ed epoca di maturazione; frutti serbevoli di buona consistenza, resistenti alle spaccature e con qualità gustative gradite in ordine alle differenti destinazioni del prodotto; frutti di forma regolare ed omogenei per classi di calibro; resistenza alle malattie fungine e virali; resistenza ai nematodi galligeni. In Italia, vengono coltivate quasi tutte le sottospecie di Cucumis melo con le loro diverse tipologie; questa segmentazione varietale rappresenta uno dei fattori di debolezza del mercato italiano, che contrasta con la specializazione dei produttori francesi per la tipologia Charentais e spagnoli per i tipi Galia. Questi due Paesi, insieme al Marocco, rappresentano i principali concorrenti del prodotto italiano sui mercati esteri ed interni, sovrapponendosi alle produzioni nazionali di maggio-giugno e dicembre-aprile. La scelta varietale
del melone in agricoltura biologica, come per altre orticole, incontra diverse difficoltà. Infatti, attualmente il miglioramento genetico finalizzato alla costituzione di varietà specifiche per questo metodo di coltivazione è limitato a poche specie e sono poche le case sementiere che se ne occupano. Qualora le scelte varietali dovessero ricadere, per la coltivazione, su seme di accessioni non certificate per l’agricoltura biologica rimane come unica alternativa il ricorso all’esercizio della deroga che viene concessa a condizione che il seme sia stato trattato solamente con sostanze attive consentite dal regolamento. RACCOLTA E CONSERVAZIONE L’epoca di raccolta dipende dal ciclo colturale della cultivar impiegata e dalla tecnica agronomica adottata, in pien’aria o in coltura protetta. Generalmente inizia 90-95-105 giorni dopo la semina e circa dopo 40-4555 giorni dall’allegagione, rispettivamente per i meloni retati, cantalupi ed invernali. La raccolta si protrae per 10-15 giorni per le tipologie estive e per oltre un mese per quelle invernali. La maturazione si evidenzia con il naturale distacco del peduncolo dal frutto (o alla minina tensione) nei retati e con screpolature circolari attorno al peduncolo nei cantalupi e negli invernali. Il momento della raccolta è particolarmente importante perché influenza la qualità del frutto. La qualità è determinata da una complessa rete di pathways
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metabolici che si attivano durante la maturazione dei frutti. In questi ultimi si accumulano zuccheri solubili, acidi organici, metaboliti secondari e sostanze volatili in quantità variabili. La frazione degli zuccheri solubili è costituita da saccarosio, glucosio e fruttosio. Il saccarosio è la variabile più importante nel determinare la qualità del frutto. Esso, quasi assente nelle fasi precoci di sviluppo, viene accumulato progressivamente fino alla raccolta. Invece, bassi livelli di fluttuazioni si riscontrano nell’accumulo di glucosio e fruttosio durante le fasi di accrescimento e maturazione dei frutti stessi. La consistenza del frutto è un altro importante fattore che influenza, oltre la qualità, anche il periodo di conservabilità (shelf-life). Tradizionalmente le tipologie di melone retato e cantalupo mostrano una rapida perdita di consistenza della polpa durante la maturazione dei frutti per cui vanno raccolti allo stadio ottimale di maturazione e consumati entro pochi giorni. Il miglioramento genetico ha consentito, tuttavia, di
selezionare delle varietà di diverso ciclo colturale capaci di allungare il periodo di conservazione dei frutti (Long Shelf Life). Per contro, tali varietà presentano una più bassa qualità sensoriale dovuta ad una sostanziale riduzione dei componenti aromatici. I meloni invernali vanno raccolti 10-20 giorni prima della maturazione completa e possono essere consumati fino a 4-5 mesi dalla raccolta senza l’ausilio di frigoconservazione. Tale caratteristica è dovuta essenzialmente all’assenza di climaterio e, quindi, alla mancata emissione di etilene, sostanza maturante, a cui si deve il profumo del frutto. La conservabilità per i meloni inodorus è maggiore in quelli ottenuti in regime asciutto. TRASFORMAZIONE DEL PRODOTTO Le diverse tipologie di melone, invernali ed estivi, consumate allo stato fresco esplicano un’azione dissetante, diuretica e rinfrescante, oltre che nutrizionale per l’elevato contenuto zuccherino. In cucina, il melone
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PRINCIPALI POPOLAZIONI ITALIANE DI CUCUMIS MELO VAR. INODORUS SICILIA
BASILICATA
PUGLIA
CALABRIA
CAMPANIA
Giallo di Joppolo
Amarillo
Brindisino allungato
Rognoso calabrese
Capuaniello
Giallo di Recattivo
Casaba
Brindisino di Castellaneta
Rugoso di Cosenza giallo
Gialletto Napoletano
Verde di Ustica
Honey dew 1
Brindisino a polpa rosa
Rugoso di Cosenza verde
Napoletano Giallo
Verde di Alia
Honey loupe
Brindisino sferico
Napoletano Verde
Giallo di Castronovo
Rognoso giallo
Brindisino rezzato
Tendral Tardivo
Giallo di Valledolmo
Brindisino a pera
Casaba
Rognoso Capuano
Giallo di Prizzi
Rognoso bianco lungo
Fedde Fedde
Giallo di Sutera
Rognoso verde di Calabria
Fior di fava
Cartucciarù
Giallo Sfilato
Locale di Castellaneta
Giallo di Paceco
Verde quasi rotondo
Melone di Gallipoli
Giallo liscio di Partinico
Alsia
Rognoso bianco
Licata
Alsia Fascista
Rognoso giallo
Purceddu
Rognoso verde scuro
Ribera
Locale di carovigno Locale di Laterza
Fonte USDA nutrient database
può assumere diversi ruoli, infatti, viene impiegato come antipasto in abbinamento al prosciutto, ma anche come ingrediente di macedonie, dolci, gelati e frullati. I semi possono essere utilizzati per la preparazione di tisane con proprietà emollienti e sedative della tosse. CONSERVAZIONE E TRASFORMAZIONE Nelle regioni meridionali ed insulari rivestono molto interesse i meloni inodorus, particolarmente apprezzati per il loro più lungo periodo di conservazione. A differenza di quelli invernali, i meloni estivi presentano frutti climaterici e, quindi, sono dotati di un intenso metabolismo cellulare, che alla temperatura di 20 °C innesca nel giro di pochi giorni fenomeni di sovramaturazione e di senescenza. La conservazione dei meloni estivi ad una temperatura compresa tra 0 e 5 °C provoca una significativa riduzione del metabolismo cellulare, che si traduce in un sensibile prolungamento della shelf-life dei frutti. La migliore tecnica di conservazione domestica deve prevedere una temperatura di regime non inferiore a 4 °C e un periodo di mantenimento non superiore ai 6 giorni. In caso contrario frequente è la comparsa sui peponidi di macchie rossastre contraddistinte da cedevolezza dei tessuti avviati ad un processo di marcescenza. Una tecnica di trasformazione del melone è quella che porta ai prodotti di IV gamma o minimally processed.
Le lavorazioni minime, atte a rendere i frutti pronti al consumo, in genere consistono in lavaggi, taglio e confezionamento in vaschette o in bags di materiale plastico a permeabilità selettiva per i gas (generalmente polietilene), a cui si accompagna la conservazione in atmosfera modificata. In tal modo, il prodotto può avere una shelf-life di gran lunga maggiore rispetto al medesimo prodotto commercializzato allo stato naturale. I prodotti di IV gamma attualmente in commercio prevedono l’impiego del solo melone tagliato a fettine oppure in miscellanea con altri frutti per la preparazione di macedonie o creme vegetali. Ad oggi non sono state definite per il melone idonee tecniche di conservazione capaci di favorirne una conveniente trasformazione. QUALITÀ ALIMENTARE E NUTRACEUTICA La qualità di un alimento è l’insieme delle caratteristiche di un prodotto, in grado di soddisfare le esigenze espresse e non espresse del consumatore. Essa è data dalla somma delle qualità parziali, tra le quali quella alimentare e nutraceutica (definizione ISO). La qualità alimentare esprime la composizione chimico-fisicoorganolettica di un alimento e, nel caso del melone invernale ed estivo allo stato fresco, conservato e trasformato, viene espressa dalla misura dell’acidità totale libera, degli zuccheri solubili (glucosio, fruttosio e
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saccarosio), dei solidi solubili, degli acidi organici (acido citrico e malico), dalla consistenza al penetrometro, e mediante valutazioni sensoriali e della colorazione dell’epicarpo. Un altro test importante, che può essere utilizzato per la valutazione della qualità alimentare, è quello della stima del contenuto in sostanze volatili dei frutti, che influenzano direttamente l’odore, l’aroma ed il sapore. Il valore energetico del melone risulta nel complesso piuttosto modesto in rapporto al basso contenuto proteico ed in acidi grassi, caratteristiche che lo rendono uno spuntino perfetto anche nelle diete ipocaloriche e per soggetti diabetici. Il valore nutrizionale, invece, è considerato elevato per la presenza di zuccheri diversi e per l’apprezzabile contenuto di vitamine e sali minerali. E’ anche ricco di fibre, solubili ed insolubili, che contribuiscono a regolarizzare le funzioni intestinali, fornendo un valido aiuto contro la stitichezza. La qualità nutraceutica si identifica, invece, con il contenuto in molecole bioattive, presenti generalmente in piccole quantità negli alimenti, che hanno la capacità di influenzare positivamente processi metabolici dell’organismo, esplicando in questo modo un’azione benefica sulla salute umana. Il melone presenta un elevato contenuto in potassio e b-carotene (melone estivo). Per il contenuto in acido ascorbico (vitamina C) è secondo soltanto a fragola ed
agrumi. E’ povero in sodio ed il contenuto di colesterolo è praticamente nullo. Il ricco contenuto in antiossidanti, come caroteni e vitamina C, lo rendono un alleato per la salute degli occhi e un frutto ideale per proteggere i microvasi, soprattutto nei giorni più caldi dell’anno. La vitamina C, oltre alle ben note influenze su vari metabolismi cellulari come antiossidante ed antiradicalico, può ridurre il rischio di arteriosclerosi, malattie cardiovascolari ed di alcune forme di cancro. La presenza di fosforo e calcio rende il melone un ottimo alleato delle ossa e risulta anche indicato a chi soffre di anemia per il discreto contenuto in ferro. I frutti non contengono glutine, perciò il melone può entrare a far parte della dieta di soggetti celiaci (dato fornito da AIC: Associazione Italiana Celiachia). Infine, secondo recenti studi condotti negli Stati Uniti, il melone è prezioso anche per il suo contenuto di adenosina, un anticoagulante del sangue utile per chi soffre di vene varicose e ristagni circolatori.
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Nadia Ficcadenti Senior Scientist CRA-ORA Research Unit for Vegetable Crops
CALEIDOSCOPIO
PANNA: IL PIACERE CHE UNISCE IL PAESE E CHE CONQUISTA I GIOVANI
CALEIDOSCOPIO
Godimento, gioia, allegria, sapore, amore, passione: sono i valori che gli italiani associano alla panna, un alimento che aumenta la sua penetrazione tra i 15-34enni. Lo rivela il Monitor biennale condotto per Assolatte da AstraRicerche.
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Nel nostro paese può contare su oltre 29 milioni di consumatori, pari al 66,9% della popolazione adulta. Per 1 italiano su 4 è irresistibile e per 1 giovane su 2 è una vera goduria: la panna si conferma il più edonistico dei prodotti lattiero-caseari e anche il più adorato dai giovani, come emerge dal monitor biennale che AstraRicerche conduce per conto di Assolatte e che è arrivato alla sua quinta edizione. „Il trend più evidente è il progressivo ringiovanimento degli users di panna, che è iniziato col nuovo millennio e che prosegue anche negli ultimi due anni - esordisce il ricercatore sociale Enrico Finzi, che ha curato il Monitor - Per i 15-34enni la panna è un must, tanto che 1 su 2 la considera piacere allo stato puro”. Il successo crescente della panna presso i consumatori più giovani si spiega con il sempre più forte insediamento di questo prodotto nell’area del piacere, come si evince dall’analisi del suo profilo d’immagine. La panna viene associata al godimento (43%), alla gioia e all’allegria (34%), all’amore e alla passione (18%), alla nostalgia dell’infanzia (15%), al relax (14%) e alla serenità (13%). Gli heavy user di panna non sono solo i 15-34enni: sono anche gli uomini, i residenti nel nord-ovest e, soprattutto, quelli del sud. Dunque, questa cremosa dolcezza mette d’accordo tutta l’Italia, dal Piemonte alla Sicilia, e si conferma un prodotto vitale e trasversale, che aiuta a stare e sentirsi meglio. Lo conferma anche il dato sulla salute che vede i forti consumatori di panna al top per benessere psicofisico e per la capacità di godersi la vita di ogni giorno. Ma sulla panna non mancano alcune ombre: quelli che meno la apprezzano la collegano alla sensazione di ingrassare (42%), o a eventuali intolleranze alimentari (9%), mentre coloro che la amano la considerano un piccolo ed innocente peccato di gola che regala un tocco di dolcezza alla vita di ogni giorno. www.assolatte.it
CALEIDOSCOPIO
ACQUA DOLOMIA CONQUISTA TRE STELLE INTERNAZIONALI
CALEIDOSCOPIO
L’acqua che sgorga all’interno del Parco Naturale delle Dolomiti ha ricevuto la valutazione d’eccellenza dall’International Taste&Quality Institute di Bruxelles
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Tre stelle d’oro del Superior Taste Award 2013 che decretano l’eccellenza di Acqua Dolomia. È questa la valutazione assegnata dall’International Taste&Quality Institute, l’Istituto Internazionale del Gusto e della Qualità con sede a Bruxelles, che promuove e valuta prodotti di qualità superiore da tutto il mondo. Una giuria di oltre 120 chef e sommelier provenienti da tutto il mondo, scelti tra le più prestigiose associazioni culinarie europee e di sommellerie, ha attribuito a Dolomia la valutazione massima prevista dalla scala di giudizio del Premio, frutto di un rigoroso processo di analisi sensoriale, finalizzato alla valutazione di criteri organolettici come l’aspetto visivo, l’aroma, la consistenza e il sapore del prodotto. «Siamo orgogliosi di questo importante giudizio internazionale che valorizza la nostra acqua. – dichiara l’amministratore delegato Gilberto Zaina Dolomia si contraddistingue per essere a livello europeo una tra le più leggere e basiche acque oligominerali, grazie a un residuo fisso pari al 108 mg/l e a un PH pari ad 8,2, oltre che per la bassissima e pressoché inesistente presenza di sodio, pari a 0.16 mg/l. Si tratta di un’acqua minerale che può essere utilizzata per la preparazione degli alimenti dei lattanti, come stabilito dal Ministero della Salute. Questo è un altro traguardo raggiunto da Dolomia nel 2013 che si sta dimostrando un anno particolarmente significativo per la nostra azienda, in costante crescita» conclude Zaina. Dolomia, infatti, è stata l’acqua ufficiale del Giro d’Italia 2013 e ha accompagnato i campioni per oltre 3000 chilometri in tutta Italia, da Napoli a Brescia. L’esperienza sportiva ha dato simbolicamente inizio a una fase di diffusione del prodotto in nuovi mercati nazionali, come quello toscano, dove i maggiori marchi della GDO hanno stretto importanti accordi per la distribuzione dell’acqua minerale naturale a marchio Dolomia. Sorgente Valcimoliana è l’unica azienda italiana che imbottiglia l’acqua che sgorga all’interno del Parco Naturale delle Dolomiti, Patrimonio Naturale dell’Umanità per l’Unesco. Nel 2012 ha conseguito ricavi per 5,5 milioni di euro e prodotto oltre 40 milioni di bottiglie, con un incremento superiore al 50% nell’ultimo triennio. www.acquadolomia.it
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Del Monte ha presentato una nuova linea di dessert, innovativa e versatile, a base di frutta. Questa gamma propone ananas di qualità Premium proveniente dal Kenya con sciroppo naturale aromatizzato alla frutta. E’ uno spuntino o un dessert a base di frutta, allettante, fresco e senza grassi ideale in qualsiasi momento della giornata. Per intercettare i gusti di tutte le famiglie, questi deliziosi e succosi pezzetti di ananas premium sono disponibili con una ricca scelta di sciroppi aromatizzati con gusti esotici: mandorla amara, noce di cocco, zenzero, limone, mango e vaniglia. Con la nuova linea di ananas Del Monte diventa facile inventare il proprio dessert: infatti può essere mangiato semplice o in combinazione con gelato, topping, oppure può essere la base per altre ricette. Questa versatile gamma di referenze può essere consumata in casa o in viaggio. E’ disponibile nei reparti dei supermercati dedicati alla frutta confezionata e lavorata; non va conservato in frigorifero. In commercio è distribuito in due formati: confezione monodose da 235 grammi, o la confezione doppia (2 x 235 grammi). Del Monte seleziona solo frutta e verdura della miglior qualità, quando è più matura e succosa: la prova è nel gusto. www.delmonteeurope.com
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DEL MONTE LANCIA LA NUOVA LINEA DI ANANAS AROMATIZZATO IN SCATOLA
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CALEIDOSCOPIO PADIGLIONE TURCHIA 55a ESPOSIZIONE INTERNATIONALE D’ARTE. LA BIENNALE DI VENEZIA
Ali Kazma
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Artiglierie dell’Arsenale 1 giugno - 24 novembre 2013
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Il Padiglione della Turchia alla 55a Esposizione Internazionale d’Arte alla Biennale di Venezia, dal 1 giugno al 24 novembre 2013, presenterà il nuovo progetto video dell’artista Ali Kazma (Istanbul, 1971) dal titolo Resistenza. In questa nuova serie di video, l’artista si propone da un lato di esplorare le metodologie per disciplinare e controllare il corpo umano, dall’altro di indagare quest’ultimo come prodotto di interventi, processi e tecnologie progettati per resistere e, laddove possibile, travalicare le regole e i limiti della società, della cultura, della fisica, della genetica. Si tratta di un’installazione video multi-canale, frutto di riprese durate circa un anno, tra un set di un film a Parigi, una prigione nella regione turca di Sakarya, una scuola e una sala operatoria ospedaliera ad Istanbul, un’università a Berlino, un laboratorio per la ricerca medica a Losanna, un tattoo studio a Londra, un teatro a New York.
Emre Baykal
Curato da Emre Baykal, il Padiglione della Turchia si trova alle Artiglierie dell’Arsenale, nella sede principale della Biennale. Il Padiglione della Turchia è organizzato dalla IKSV – Istanbul Foundation for Culture and Arts, sponsorizzato dalla FIAT e realizzato con il sostegno del Ministero per gli Affari Esteri e del Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia, con il contributo del Fondo di Promozione del Primo Ministro di Turchia. Durante la conferenza stampa di presentazione, Emre Baykal (che ha collaborato con Ali Kazma per molte mostre e progetti fin dalla 7ma Biennale d’Arte di Istanbul nel 2001), al fine di evidenziare la linea di continuità rispetto al progetto per la Biennale, ha voluto proiettare uno dei video della precedente serie di Kazma, Ostacoli: il video in questione, uno dei sedici della serie
realizzata dal 2005, è “Jean Factory”, girato nel 2008 in una fabbrica di jeans in Turchia, nel quale il corpo umano è presentato come un’entità produttrice, instancabile, meccanica, infallibile. Nato quindi dalla precedente produzione Ostacoli, dove la ricerca era giocata tra l’equilibrio nei dualismi ordinecaos/vita-morte e negli sforzi dell’essere umano per tenere insieme un mondo incline alla disintegrazione e distruzione, Resistenza esplora il corpo come una forza creativa che si applica direttamente sul corpo stesso, produttore e prodotto, dove la forma si unisce alla sua materialità. Ali Kazma ha spiegato che il lavoro mirerà ad esplorare la lotta dell’essere umano per rompere le classi sociali, i codici culturali, le barriere fisiche e genetiche del corpo umano, così come i processi che trasformano il fisico nel tramite per nuovi simboli e significati. Un nuovo appuntamento italiano per l’artista turco, che non tradisce, a livello teorico, l’immensa idea di un “Palazzo Enciclopedico”. Un catalogo accompagnerà la video-installazione di Ali Kazma. Pubblicato dalla casa editrice Yapı Kredi, il catalogo è progettato da Esen Karol, che ha anche progettato tutti i materiali della comunicazione. Il catalogo sarà disponibile all’apertura del Padiglione in due edizioni separate (in turco e in inglese) e sarà poi venduto nelle librerie principali. Il Padiglione della Turchia è stato inaugurato il 30 maggio 2013 con una cerimonia d’apertura (su invito) e resterà aperto al pubblico a partire dal 1 giugno 2013. Info: http://pavilionofturkey.iksv.org/
CALEIDOSCOPIO SPECIALISTI IN CAMPO Lo scorso Sabato 8 Giugno presso la Tenuta San Leone di Salionze dei Fratelli Rizzi a Valeggio sul Mincio (VR), Fendt e Massey Ferguson hanno mostrato le soluzioni innovative per la cura del frutteto e del vigneto. La giornata si è aperta con un saluto ai numerosi ospiti (circa 400) da parte di Lido Tedeschi, Country Manager di AGCO Italia S.p.A., di Gianluca Gherardi, National Sales Manager MF e Johann Planatscher, National Sales Manager per Fendt. La serie 3600 V/S/F di Massey Ferguson, è stata presentata da Massimo Drago, Area Sales Manager MF e a seguire Paolo Leonardi, Product Specialist Fendt, ha illustrato le caratteristiche della gamma 200 Vario V/F/P. L’evento ha visto la collaborazione e la presentazione delle attrezzature dei numerosi partners: Arrizza, Binger Seilzug, Clemens, Ero, D’Eusanio, Fischer, Friuli, Nobili, SAE Turbomatic, Tanesini e Zuidberg. Gli specialisti sono poi entrati in azione nei filari, dove si sono mostrati agili nella cimatura e in altri numerosi trattamenti. La giornata ha visto anche l’approfondimento di un tema quale la sostenibilità nell’uso dei fitofarmaci, tenuto dai tecnici Claudio Rizzi e Daniel Bondesan dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige.
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www.fendt.it
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PRESENTAZIONE E GUSTO: LE CARTE VINCENTI DI ONEIDA RZ F1, L’ANGURIA PERFECT SIZE DI RIJK ZWAAN Rijk Zwaan Italia, filiale dell’omonima multinazionale olandese, leader nella ricerca, produzione e commercializzazione di sementi orticole di qualità, incontra sempre più apprezzamento nel mercato dell’anguria Crimson Sweet grazie alla varietà Oneida RZ F1. Quest’anguria, dal frutto tondo, del peso di circa 6-8 kg, si caratterizza per la pezzatura e la forma molto regolari e la buccia di colore brillante, di buon spessore. Ne deriva una presentazione accattivante che la rende ideale anche per il confezionamento in box e in cartone. Un ulteriore punto di forza è senz’altro la polpa, dalle tonalità rosso intenso e con pochi semi di piccole dimensioni. L’alta qualità di questo prodotto è data anche dall’elevato grado zuccherino che conferisce a Oneida RZ F1 un sapore unico, per la gioia del palato dei consumatori. Il Sig. Alfonso Nocera, che insieme ai suoi fratelli (Carmine, Roberto e Gianni) è titolare di AGRINOCERA S.S., è stato tra i primi a credere nel potenziale di Oneida RZ F1. Agrinocera S.S. è tra le aziende orticole più importanti dell’Agro Pontino ed appartiene alla Cooperativa AGRIEUROPA con sede a Terracina. I fratelli Nocera da più di 30 anni coltivano anguria per il mercato fresco, esportandola poi soprattutto in Germania. “Ho scelto Oneida RZ F1” dichiara il Sig. Nocera “poiché dalla prima volta in cui ho visto alcune piante in uno screening, nel 2007, ho subito intuito che potesse essere una varietà di pezzatura ideale per l’esportazione, per realizzare una confezione con
quattro angurie in una cassetta. Oggi il mercato sta andando verso pezzature più contenute poiché il consumatore vuole un prodotto d’alta qualità che sia più facile da trasportare e da conservare in frigorifero. Oneida RZ F1 in effetti possiede tutti questi requisiti.” “Il mercato sta andando infatti verso una pezzatura media che varia dai 5 agli 8 kg e Oneida RZ F1 ha queste caratteristiche” continua il Sig. Nocera. “Ha inoltre un’ottima produttività ed omogeneità. Molto importante è anche la facilità che ha la pianta di allegare anche in condizioni difficili, nonché la sua precocità che permette una raccolta circa 10 giorni prima rispetto alle varietà che vengono coltivate in zona. Oneida RZ F1 viene apprezzata dal mercato soprattutto per la forma, il colore esterno del frutto e la “croccantezza” ma anche per il colore della polpa, il sapore e l’elevata conservabilità”. Oltre ad essere il giusto prodotto da inserire nei carrelli del supermercato, essendo molto gradita dalle famiglie in genere, Oneida RZ F1, nel segmento delle angurie di pezzatura media, rappresenta la giusta risposta alle esigenze della Grande Distribuzione Organizzata e dell’export. www.rijkzwaan.it
Nella foto: Varietà Oneida RZ F1
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“Unire per il secondo anno consecutivo il marchio Cantina Tollo a una eccellenza e peculiarità abruzzese come il Pescara Jazz Festival è una scelta che ci onora e che nobilita non solo i nostri vini, ma anche il nostro territorio, facendo crescerne la conoscenza, il turismo e di conseguenza l’economia” è il commento di Tonino Verna, Presidente di Cantina Tollo in occasione della presentazione del cartellone Pescara Jazz Festival. E aggiunge: “Il Festival è una grande ricchezza dell’Abruzzo, che aiuta Cantina Tollo a far parlare di sé anche a livello internazionale dove, nonostante la competizione enologica sia molto alta, i nostri vini sono sempre più presenti e apprezzati, come dimostra l’ultimissimo riconoscimento ottenuto al concorso mondiale dei vini di Bruxelles. Qui Cantina Tollo ha vinto diverse medaglie, tra cui quella d’oro con l’Aldiano Montepulciano Riserva”. Ecco dunque che il vino diventa un vero e proprio strumento di comunicazione, anche oltre i nostri confini, che valorizza i patrimoni culturali ed ambientali del territorio abruzzese, come “la costa dei trabocchi” e gli “Eremi”, a cui Cantina Tollo ha dedicato alcuni suoi vini. La sinergia vincente tra Il Pescara Jazz Festival e Cantina Tollo ha dato vita ai vini del jazz, due rossi dedicati alla rassegna musicale, che ben sanno raccontare il gusto del territorio abruzzese. Sono il Rosso 409 e il SEI%, pensati e ideati per il consumatore moderno che vuole trovare anche nei vini rossi piacevolezza e bevibilità associate a un’alta qualità, come nel caso del Rosso 409 (uno dei primi vini rossi abruzzesi a fregiarsi della nuova Dop regionale Abruzzo) e freschezza, gusto leggero e moderno accompagnato da una gradazione alcolica molto bassa, come nel caso del SEI% che già nel nome indica la propria gradazione. L’edizione 2013 del Pescara Jazz Festival sarà una ricca passerella di nomi internazionali del jazz che avrà come madrina d’eccezione l’artista Simona Molinari, abruzzese d’origine, che porterà il nome della manifestazione in giro per il mondo, in particolare a New York dove oltre alla cantante italiana saranno protagoniste le eccellenze territoriali tra le quali spiccano i vini di Cantina Tollo. Ad arricchire il già intenso programma musicale, ci saranno diverse iniziative in tutta la città compresa la spiaggia che in occasione del Festival ospiterà giovani musicisti emergenti. Cantina Tollo e il Pescara Jazz Festival, la più antica rassegna jazzistica italiana, costituiscono un binomio di qualità e garanzia a tutela del territorio e della cultura della Regione Abruzzo. Pescara Jazz Festival 8-28 luglio www.pescarajazz.com
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CANTINA TOLLO RINNOVA IL SOSTEGNO AL PESCARA JAZZ FESTIVAL
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La leggendaria polo creata da Rene’ Lacoste nel 1933 compie ottanta anni. Nata per offrire ai tennisti un capo d’abbigliamento piu’ performante rispetto l’allora tradizionale camicia nel corso del tempo si e’ trasformata in un capo d’abbigliamento capace di dialogare con tutto il guardaroba maschile, persino con i capi piu’ formali da indossare in situazioni dove l’eleganza sembrerebbe fuori discussione. Lamberto Cantoni
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STILI DI VITA
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Rene’ Lacoste
Il marchio, un coccodrillo, e una pbblicità storica ©Right Reserved.
Rene’ Lacoste fu un grande campione di tennis. Nel suo palmares spiccano 2 vittorie a Wimbledon, 3 al Roland Garros e 2 US Open. Soprannominato il Coccodrillo per lo stile dei suoi colpi veloci, determinati e letali fu uno degli atleti piu’ famosi del decennio compreso tra la fine degli anni venti e i trenta del novecento. Nel 1927 nel corso di un incontro di Coppa Davis (in quel periodo le competizioni tennistiche tra nazionali avevano una importanza straordinaria se rapportata al ridimensionamento attuale), sfoggio’ una rivoluzionaria divisa da atleta che fece subito colpo sul pubblico appassionato di questo sport. Con i calzoni di flanella in alternativa alla camicia a maniche lunghe, le quali dopo qualche scambio venivano arrotolate fino al gomito, indosso’ una maglietta a maniche corte di cotone leggero chiamato “jersey petite piqué”. Evidentemente la nuova tenuta favoriva la traspirazione e i movimenti del corpo che nel tennis moderno devono essere brucianti, nervosi, aggressivi. Le sue vittorie fecero discutere tantissimo sui vantaggi acquisiti grazie alle sue magliette. Ci fu chi, come sempre succede con le innovazioni, si appello’ alla tradizione. Ma a partire dagli anni venti la spinta alla modernizzazione era divenuta impetuosa e la soluzione fu che tutti cercarono di imitare la polo di Lacoste. Soprattutto tra gli amatori e i dilettanti il
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Rene’ Lacoste con Charlie Chaplin
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nuovo indumento prometteva la diffusione virtuosa che il marketing sportivo avrebbe codificato negli anni sessanta, quando i grandi campioni dello sport sarebbero diventati icone paragonabili al resto dello star system, capaci di mobilitare desideri che potevano essere incapsulati nei prodotti che esibivano o dei quali divenivano i testimonial. Lacoste fu uno dei primi che comprese quanto potesse risultare proficua l’identificazione inconscia con il grande campione. Insomma, indossando la stessa maglietta che porta l’atleta che ammiro pur non potendo mai emularne le prestazioni e’ come se qualcosa delle sue magie mi appartenessero. C’e’ un’altra considerazione che possiamo aggiungere. Grazie alle foto giornalistiche e ai servizi della stampa la polo non appariva solo negli scatti che riprendevano momenti di un match. Il nostro campione l’indossava con una giacca informale prima delle partite, durante la presentazione della squadra al pubblico, nelle interviste. Ho sempre ammirato l’eleganza dei quelle foto. Non bisogna appellarsi a dosi di immaginazione fuori dal comune per capire quanto la maglietta retroagisse sul capospalla, rendendo plausibile l’idea che comodita’, praticita’, informalita’ potessero valere quanto la divisa tradizionale dell’uomo elegante. Quindi la polo come alternativa alla camicia poteva valere non solo per i momenti
sportivi ma sancire un nuovo modo di interpretare le significazioni che ci attribuiamo attraverso gli abiti. Dallo sport all’evocazione di uno stile improntato alla sportivita’ il passo era breve e si puo’ dire che la maglietta Lacoste fu uno dei protagonisti di questa piccola rivoluzione nel modo di vestirsi dei maschi. La percezione di poter condividere con migliaia di fans la propria polo e la scommessa che poteva adattarsi a situazioni extra tennistiche nelle quali l’idea di sportivita’ poteva trasformarsi in una nuova forma di eleganza furono a mio avviso le motivazioni principali che convinsero il nostro campione a tentare la strada della commercializzazione. La produzione della maglietta comincio’ nel 1933. Rene’ Lacoste si alleo’ con Andre’ Gillier, un imprenditore specializzato nella maglieria e insieme realizzarono una polo bianca denominata 12-12. Un colpo da maestro fu l’inserimento del logo che riproduceva il nome da battaglia del campione. Fu disegnato da Robert George e il suo coccodrillo si rivelo’ estremamente efficace, trasformandosi dopo la seconda guerra mondiale in un durevole mito vestimentario capace persino di far dimenticare gli eroismi sportivi dai quali discendeva. Dopo qualche anno Il successo commerciale e culturale della polo spinsero Rene’ Lacoste a
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moltiplicare i colori delle delle magliette e in seguito ad estendere l’energia accumulata dal brand ad altri elementi d’abbigliamento sino a proporre una sorta di total look firmato dal celebre logo ben visibile su maglioni, giacche, calzoni, camicie, giubboni etc.(ma mai fuori dimensione). Tuttavia nessun capo appartenente alla famiglia di prodotti Lacoste ha mai emulato la diffusione straordinaria della maglietta. Nemmeno la concorrenza feroce della Fred Perry, creata da un’altro grande campione del tennis e presentata ufficialmente nel 1952 a Wimbledon, e’ stata capace di offuscarne il mito. Fred Perry era inglese, un vero campione come Rene’, capace di vincere tutti i piu’ importanti tornei. La sua notorietà sportiva non era certo inferiore a quella che il francese aveva raggiunto una generazione (sportiva) prima. Mi piace pensare che gli anglosassoni non digerissero benissimo il fatto che il loro sport fosse colonizzato dalla detestata moda francese. Per contrastare il gia’ popolarissimo coccodrillo si appellarono alla corona d’oro ovvero al simbolo di Wimbledon, da sempre il piu’ importante torneo di tennis del mondo. La polo d’oltremanica ebbe anch’essa un grande successo commerciale ma niente di paragonabile alla diffusione del mito Lacoste.
Collezione PE 2013.
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Anche Ralph Lauren negli anni settanta entro’ prepotentemente nel mercato delle polo. Ma le sue creazioni ispirate allo sportwear pur divenendo uno dei prodotti piu’ amati dal pubblico americano e dalle élite, come gia’ era successo con Fred Perry, non intaccarono la crescita della polo francese. C’è da dire che dai sessanta in poi l’espansione del mercato delle polo e’ stata strabiliante. Da un lato l’eleganza decontratta divenne un tratto di stile dominante tra i maschi. La casualizzazione dell’abbigliamento trasformo’ la scelta della maglietta al posto della camicia sotto una giacca, in un’opzione via via sempre piu’ premiata dal pubblico. Senza dimenticare che il tennis, il golf e po’ tutti gli sport non solo si “democratizzarono” ma attraverso la televisione divennero uno degli spettacoli popolari piu’ seguiti. Ma a cosa dobbiamo lo straordinario successo delle polo tra tutte le classi di età? Io penso che possa essere messo in relazione con il primato della disinvoltura come valorizzazione delle pratiche del corpo e come categoria estetica. Anche se sopravvivono rituali che reclamano una interpretazione dell’abbigliamento in qualche modo codificata, per esempio se porto all’altare qualcuno difficilmente indosserò sotto la giacca una maglietta, gran parte della nostra vita scorre e prende valore a Classica polo Lacoste della collezione PE 2013.
Due pbblicità storiche ©Right Reserved.
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In questa pagina le maglie Limited Edition 80.
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Collezione borse e borsoni PE 2013.
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partire da spinte dinamiche che la fanno assomigliare ad un’avventura. Mentre un tempo la vita veniva scandita da riti che la riempivano di senso, oggi e’ nella sua continua messa in processo che ritrovo le emozioni e le opportunità senza le quali precipiterei nella depressione. Ecco dunque il lavoro trasformarsi in un’avventura, cosi’ come l’amicizia e le relazioni con “l’altro”. Ecco dunque l’identita’ del soggetto in processo, soprattutto la sua pellicola esterna rappresentata dalle sue apparenze, essendo vissuta sotto il registro dell’avventura, reclamare la disinvoltura come scelta di stile dominante e/o permanente. La polo, soprattutto quella brandizzata da Lacoste, ha incorporato nel groviglio di significati che ne sostengono l’iconicita’, una sorta di regola non
scritta, pertinente all’attivazione del principio della disinvoltura nel nostro abbigliamento, persino se la mettiamo sotto un frac. Indossandola, aderisco ad un paradigma estetico che mi fa apparire sotto il segno della distinzione accessibile. Il fatto poi che con il suo uso prolungato sembra aumentare la sua aderenza a ciò che potremmo definire il senso della vita pratica, (una Lacoste non passa di moda), rafforza il sentimento di viverla interiormente come un elemento del guardaroba con il quale posso entrare in sintonia profonda. A volte abbiamo la sensazione che con questo genere di “oggetti” ci restituiscano l’autenticità che i diversi ruoli sociali che dobbiamo interpretare rendono improbabile.
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CREMA&CIOCCOLATO: IL FRANCHISING ECONOMICO E “CHIAVI IN MANO” E’ la più grande azienda del settore con 120 punti vendita. Ha sede in Friuli Venezia Giulia.
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Semplice, immediata, garantita. E’ la formula di crema & cioccolato, il brand di gelaterie in franchising del gruppo friulano BMV srl. Una realtà che nei primi mesi del 2013 ha già consentito di creare più di 250 nuovi posti di lavoro, con 70 nuove aperture su tutto il territorio nazionale. Una vera e propria “formula anti-crisi” quella proposta dal gruppo friulano, che ha consentito a crema & cioccolato di registrare un più 400% sul giro d’affari totale negli ultimi anni. E l’azienda non ha alcuna intenzione di fermarsi qui: l’obiettivo già fissato per il 2013 è riuscire ad aprire 100 nuovi locali sfondando il muro dei 200 punti vendita in Italia. Come dicevamo, la proposta di crema & cioccolato si caratterizza per essere semplice, immediata, garantita. Semplice perchè dà la possibilità a tutti, di realizzarsi economicamente e professionalmente. Con crema & cioccolato infatti, bastano 13 mila euro per aprire una nuova gelateria (questa offerta andrà avanti fino alla fine di giugno 2013). Immediata perché la società friulana mette a disposizione un’assistenza completa che in pochissimo tempo, dove aver valutato le caratteristiche logistiche del nuovo locale, fornisce tutto il necessario per l’apertura. Garantita perché crema & cioccolato offre un pacchetto completo che va dalla progettazione alla consulenza per tutte le pratiche burocratiche fino alla fornitura in comodato d’uso gratuito di tutti gli arredi e le attrezzature, e al corso di formazione e assistenza commerciale. In questo modo, chi non ha esperienza, o grandi capitali a disposizione, può realizzare il proprio sogno imprenditoriale “chiavi in mano”. «Abbiamo cercato di scavalcare tutte quelle che sono le classiche barriere che impediscono a una persona di avviare una nuova attività – commenta Lorenzo Mazzilli, uno degli amministratori della catena friulana –. La nostra mission aziendale è di dare un opportunità a tutti, per questo abbiamo contenuto al massimo l’investimento iniziale, riducendolo al solo diritto d’ingresso. Inoltre diamo grande importanza alla formazione dell’affiliato e all’assistenza commerciale durante tutta la durata del contratto. Questo riduce praticamente a zero il rischio imprenditoriale, e permette a tutti di avere accesso a un settore in così forte crescita». Crema&Cioccolato fornisce ai propri affiliati una gamma di oltre 50 gusti, che vengono consegnati in tutta Italia in sole 24 ore dall’ordine, per offrire a tutta la clientela un prodotto sempre fresco e di grande qualità. Com’è possibile raggiungere simili risultati in tempi di crisi? La risposta arriva ancora da Mazzilli: «Abbiamo capito che la chiave era non solo puntare sulla qualità, in termini di prodotti e servizi, ma renderla accessibile a tutti. Il settore del gelato è uno dei pochi che continua a reggere l’urto della crisi economica, ma entrare in questo business è in genere estremamente dispendioso.
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127 Grazie alla nostra formula invece, chiunque può vedere realizzata la gelateria dei suoi sogni con soli 13.000 euro». Crema & cioccolato fa una valutazione sullo stato di fatto dei locali, offre supporto per tutti gli aspetti burocratici insieme a un approfondito corso di formazione pre apertura, concede tutti gli arredi e le attrezzature in comodato d’uso gratuito, lasciandoli di proprietà dell’affiliato dopo 5 anni con un riscatto totale di soli 50 euro. Fino alla fine di giugno, Crema&Cioccolato dà la possibilità di aprire una gelateria soltanto con un investimento di 13 mila euro. Una promozione che ha già permesso di calendarizzare 68 nuove aperture nei prossimi mesi un po’ in tutta Italia. Tra queste ci sarà anche la seconda gelateria Crema&Cioccolato di Rapallo, gestita da Cristina Brezzo. «Abbiamo già una gelateria Crema&Cioccolato a Rapallo, in zona commerciale, ma visto che le cose stanno andando bene, abbiamo deciso di aprirne una seconda sul lungomare. Le soddisfazioni – afferma Cristina – ci sono state e grazie al supporto di Crema&Cioccolato tentiamo di crescere ancora. La formula messa a disposizione dell’azienda friulana funziona molto bene e i clienti sono molti soddisfatti della qualità del gelato». «Mi sento di consigliare l’avvio di un’attività di questo tipo – aggiunge Cristina Brezzo – perché ci sono ancora buoni margini di guadagno senza grossi investimenti. Grazie al supporto e al sostegno di Crema&Cioccolato poi, tutto è più semplice. Mi sono sentita accompagnata in questo percorso e i risultati stanno arrivando. Per questo ho riconfermato la fiducia all’azienda friulana anche per l’apertura della seconda gelateria qui a Rapallo». www.cremaecioccolato.org.
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MULTICANALITÀ, MULTIMEDIALITÀ E INTERAZIONE CARATTERIZZANO IL NUOVO PORTALE WWW.GIORNATAPARKINSON.IT La Giornata Nazionale Parkinson cambia ritmo e si trasforma con un sito completamente rinnovato La quinta edizione della Giornata Nazionale Parkinson è sempre più ricca di novità. Dopo aver annunciato l’inizio di una campagna di sensibilizzazione permanente che culminerà nella Giornata Nazionale del 30 novembre, il Comitato promotore Limpe e Dismov-Sin lancia il restyling del sito www.giornataparkinson.it. Una veste grafica completamente rinnovata e contenuti all’insegna dell’interazione e della multicanalità. Solo in Italia il Parkinson colpisce circa 200 mila persone e manifesta un esordio sempre più precoce con 10 pazienti su 100 che hanno meno di 40 anni e 1 su 4 meno di 50. In un contesto in continua evoluzione la ricerca scientifica è la chiave per arrivare alla formulazione di terapie mirate ed efficaci. Nel sito viene dato ampio spazio alla ricerca sulla prevenzione delle cadute nei pazienti parkinsoniani, con dettaglio delle modalità, finalità e benefici. Le diverse opzioni messe a disposizione per la raccolta fondi garantiscono formule di donazione e possibilità di partecipazione concreta e permettono di coinvolgere una audience più vasta: dal classico bonifico bancario, alle carte di credito del circuito Visa, MasterCard, American Express e Aura, passando per Poste Pay e Paypal. Da quest anno inoltre sarà possibile donare da smartphone e tablet scaricando la app gratuita YouGive. Nei malati di Parkinson subentra spesso un problema di non accettazione. Per affrontarlo si può rivelare molto utile un percorso di confronto e condivisione. Per questa ragione all’interno del portale si è pensato a uno spazio “Storie di Parkinson” che raccoglie esperienze reali di persone che affrontano quotidianamente la malattia. Grazie alla nuova release Limpe e Dismov-Sin lanciano anche la sezione “Racconta qui la tua storia”: uno spazio
di microblogging per editare la propria testimonianza. “Il sito si arricchisce di nuove funzionalità che rendono il portale un punto di riferimento per la fruizione del pubblico laico e scientifico e permettono un più alto livello di interazione” dichiara Giuseppe Burzo, Project Director di Fonema Comunicazione che da quest anno organizza la campagna per la Giornata Nazionale Parkinson. “Gli obiettivi che ci poniamo per questa quinta edizione sono molto ambiziosi. Non si tratta più di una sola giornata dedicata alla malattia ma di un percorso fatto di ricerca, iniziative e raccolta fondi per lo studio sulla prevenzione delle cadute nei pazienti con malattia di Parkinson i cui risultati saranno diffusi nel corso della Conferenza Stampa di presentazione della Giornata Nazionale. Stiamo concertando le diverse attività comunicative, dall’adv al sito, dalle piattaforme social alle PR, passando per il fundraising, con l’obiettivo di accendere i riflettori a tempo pieno sulla patologia e generare una campagna multimediale in cui l’esperienza dell’utente travalichi l’ambiente virtuale divenendo parte del suo vissuto emotivo. Accanto alle aree interattive che permetteranno una partecipazione sempre più diretta degli utenti, è anche presente una guida alla malattia che ne racconta la storia, le scoperte e tutti gli elementi indispensabili per orientarsi in una patologia ricca di sfaccettature. Non mancheranno infine aggiornamenti costanti sulle strutture che si attiveranno su tutto il territorio nazionale con iniziative e incontri con personale medico specializzato in occasione della Giornata Nazionale. A queste informazioni si affiancherà successivamente anche un’area dedicata ai sostenitori di questa importante manifestazione, ormai consolidatasi come uno degli appuntamenti cardine per la comunità medico scientifica e per i pazienti. www.giornataparkinson.it
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Forte impegno per la riduzione delle emissioni da parte del gruppo che di recente ha siglato un accordo volontario con il ministero dell’Ambiente. In treno da Cervignano del Friuli alla Sicilia e alla Puglia, con un risparmio di 21,8 tonnellate di CO2 per ciascun convoglio. Riduzione delle emissioni a partire dai trasporti è la parola d’ordine di Birra Castello Spa di San Giorgio di Nogaro (Udine), gruppo che di recente ha firmato con il Ministero dell’Ambiente un accordo volontario per promuovere progetti comuni finalizzati all’analisi e alla riduzione dell’impronta di carbonio nel settore della produzione e della distribuzione della birra. Nato nel 1997 rilevando il complesso produttivo ad un altro storico marchio friulano, e oggi con una produzione di oltre 1 milione di ettolitri (nel 2012) e un fatturato stimato di 91 mln di euro, il gruppo ha aperto un nuovo collegamento ferroviario per spedire mensilmente un convoglio di prodotto dall’interporto di Cervignano fino alla stazione Bicocca di Catania in Sicilia e a quella di Bari Lamasinata in Puglia, regioni in cui i pionieri della birra green posizionano, rispettivamente, circa l’8% della loro capacità di produzione complessiva. Il trasporto su treno ha consentito un risparmio in termini ambientali rispetto al trasporto su camion, con una riduzione delle emissioni di anidride carbonica e anche di consumo di energia primaria. Per ogni convoglio ferroviario - fanno sapere i vertici di Birra Castello -, che con una prestazione lorda di circa 1.100 tonnellate (620 nette) corrisponde a circa 25 autotreni, si ottiene così un risparmio di 21,8 tonnellate di CO2, nonché un risparmio di consumo di energia primaria pari a 355.350 Megajoule. Per ogni convoglio si risparmiano inoltre 67,1 kg di biossido di azoto e 14,03 kg di idrocarburi non metanici. Il risparmio di emissioni e di energia complessivo in un anno è notevole, dal momento che verso la Sicilia si stimano ogni anno circa 900 autotreni e altrettanti verso la Puglia.
Il Gruppo Birra Castello S.p.A. (che ha rilanciato, dopo averlo acquisito nel 2006, anche lo storico stabilimento di Pedavena - BL, fondato dai fratelli Luciani nel 1897), presente su tutto il territorio nazionale e in numerosi mercati esteri con i marchi Birra Castello, Dolomiti, Superior e Pedavena, nel canale Horeca e nella GDO, punta sempre più sull’ambiente come fattore competitivo per la sua crescita, che è stata costante e a doppia cifra pur in un mercato che negli ultimi anni sta soffrendo. Attraverso l’intesa con il Ministero dell’Ambiente, realizzata con il supporto di Gruppo Rem, advisor di comunicazione specializzato in green consultancy. Birra Castello e Ministero dell’Ambiente hanno avviato una collaborazione per promuovere iniziative mirate a valorizzare la sostenibilità nell’ambito di tutto il settore della produzione e della distribuzione della birra. Innanzitutto sarà definita secondo protocolli internazionalmente riconosciuti una metodologia di calcolo della carbon footprint, cioè l’impronta di carbonio, relativa alla produzione e alla distribuzione di un prodotto simbolo della qualità di Birra Castello, e cioè la bottiglia Castello da 33 cl. In una seconda fase si effettuerà l’analisi e la contabilizzazione delle emissioni di CO2 equivalenti prodotte nel corso del ciclo di vita di questo prodotto, con l’obiettivo di ridurle e successivamente neutralizzarle attraverso i meccanismi del protocollo di Kyoto. L’azienda, inoltre, definirà un sistema di carbon management delle emissioni specifiche per il settore della produzione di birra, mentre il Ministero fornirà a Birra Castello la propria collaborazione istituzionale. “Tra le misure che abbiamo in programma di adottare – spiega il presidente Trussoni –, è compreso anche l’adattamento del nostro sistema amministrativo e gestionale agli obiettivi di riduzione dell’impronta di carbonio attraverso la creazione di un sistema di gestione ambientale di carbon footprint, incentrato sulla minimizzazione delle emissioni”. www.grupporem.com
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LA BIRRA GREEN NEL CUORE DEL FRIULI SCEGLIE IL TRASPORTO SU ROTAIA PER COMBATTERE LA CO2
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E’ una delle poche cantine Pugliesi ed unica nella produzione dello spumante col Metodo Classico, dedita alla valorizzazione del vitigno autoctono Bombino Bianco di San Severo, vitigno che tradizione vuole essere stato introdotto dai Cavalieri Templari intorno al 1200 allorché Federico II affidò ad essi la città. Il nome aziendale nasce dall’unione dei cognomi dei tre soci: d’Amico Girolamo, Rapini Louis, Priore Ulrico. Al fine di garantire una costante qualità le uve che danno vita alle cuvées d’Araprì sono vendemmiate e vinificate direttamente nei pressi dei vigneti. La suggestiva cantina di affinamento, invece, si estende per circa 1000 mq nei sotterranei di una bella dimora settecentesca, situata al centro della città di San Severo. Ulrico Priore
dozzinali e in cisterna. Abbiamo subito scelto quello che in enologia è l’apice per qualità, immagine e tecnica produttiva: “lo spumante metodo classico”. Nessuno in Puglia fino ad allora si era cimentato, ed ancora oggi ahimè siamo gli unici; dico ahimè poiché a noi avrebbe fatto grande piacere che a sud, e precisamente a San Severo, dove vuoi per ambiente pedoclimatico, caratteristiche architettoniche, tipicità del vitigno Bombino Bianco, che ben si presta per questo segmento enologico, si sviluppasse un buon numero di aziende, tale da creare un polo di riferimento nazionale. E’ pur vero che altri a San Severo in qualche modo hanno seguito le nostre orme. Possiamo affermare con un certo orgoglio che alcune realtà nel campo enologico, anche se non spumantistiche, recentemente costituitesi, sono nate proprio grazie a noi. Tanti che avevano in progetto di produrre vino di qualità hanno trovato il coraggio di farlo dietro il nostro esempio ed incoraggiamento. La caratteristica maggiore della nostra attività è considerare che si lavora con materia viva. Quindi tutte le fasi che vanno dalla vendemmia, alla presa di spuma ed al confezionamento vedono un interagire continuo tra artigianalità, creatività e professionalità. A questo va aggiunto un altro elemento di ordine umano che si ha ogni giorno interfacciandosi con realtà interessate al mondo del vino: dalle scuole, alle associazioni, fino ai turisti del vino.
D’Araprì nasce nel 1979 da tre amici: Girolamo d’Amico, Louis Rapini e Priore Ulrico, accomunati dalla passione per la musica e per il vino e dalla voglia di valorizzare il territorio di San Severo con una produzione mai prima d’ora attuata: lo Spumante metodo classico con il Bombino Bianco di San Severo. La prima produzione è stata di 90 bottiglie che sono aumentate di anno in anno: nel 1985 erano 3.000, nel 1990 erano 10.000, nel 2000 si attestavano sulle 25.000; lo scosso anno la vendita ha raggiunto le 80.000 bottiglie. La spinta maggiore in epoca non sospetta, 1979, è venuta da quella sana voglia di riscatto che noi percepivamo e sentivamo sulla nostra pelle quando si parlava con enfasi del glorioso passato del “vino di San Severo”, mentre il presente era fatto di vini
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Non va dimenticato che il vino è il risultato dell’interazione di tre componenti: il territorio, il vitigno e la mano dell’uomo. Un vino ha stoffa e longevità quando questi tre fattori hanno interagito nel migliore dei modi. Mentre il territorio e il vitigno li abbiamo, in un certo senso, ereditati dai nostri avi- non a caso i latini definivano il vino genius loci (genio del luogo)- la nostra azione è quella di non sciupare questa eredità. I nostri interventi in vigna tendono infatti a mantenere e proteggere questo equilibro, e sono il giusto rapporto tra consuetudini, frutto dell’osservazione dei fenomeni naturali e che racchiudono ciò che il luogo ha assimilato nel tempo, e nuove conoscenze. L’unico incontro avuto con Luigi Veronelli risale a metà degli anni ottanta, quando, come cronista al seguito del Giro d’Italia, presentava i territori attraversati dalla competizione ciclistica. Dopo aver assaggiato il nostro spumante ci fece questa domanda: cosa racconta questo vino?
IL MEDAGLIERE Dal 2002, d’Araprì, ogni anno è sempre protagonista riscuotendo consensi, riconoscimenti e posizionandosi ai vertici di guide nazionali quali “Bere Spumante” edita da Cucina&Vini, “Bollicine d’Italia” del Gambero Rosso, “Gli Spumanti d’Italia” Veronelli Editore, “Vini Buoni d’Italia” edita dal Touring Club Italiano, “Guida ai Vini di Puglia e Basilicata” della Gazzetta del Mezzogiorno, Merano International Wine Festival, “Duemila Vini” dell’Associazione Italiana Sommelier. Nel 2004 viene insignita della Stele Argos Hyppium “il riconoscimento ai Dauni che si sono distinti”. Nello stesso anno riceve il Premio Diomede dalla Camera di Commercio di Foggia e, in occasione del 25° anno della fondazione della Azienda, il Comune di San Severo nella persona del Sindaco avv. Michele Santarelli conferisce il Diploma di Merito. Nel 2007 è tra le 100 aziende nel 2° Rapporto sull’Eccellenze d’Italia dell’EURISPES, selezionate dalle oltre sei milioni di imprese della Penisola. In tale rapporto d’Araprì si fregia dell’attributo “Principi dello Spumante”. Nel 2008 le viene assegnato il Premio Internazionale Daunia dall’Associazione ICARO. Nel 2009 viene insignita del riconoscimento MELVIN JONES FELLOW dalla Lions Foundation nella persona dell’amministratore dott. Girolamo d’Amico. Al Vinitaly del 2011 Gran Medaglia di Cangrande, e nel 2013 il Premio Mediterraneo alla Fiera Internazionale dell’Agricoltura di Foggia e per ultimo l’Oscar del Vino 2013 nella sezione Miglior Vino Spumante, con Gran Cuvée XXI Secolo 2007, dall’A.I.S. Roma. Il Bombino Bianco di San Severo, utilizzato in gran parte nelle cuvées della produzione d’Araprì, finalmente si afferma per la prima volta nel panorama italiano come un grande vitigno per la spumantizzazione col Metodo Classico, sconvolgendo in un certo senso la geografia della produzione dello spumante, inserendo la Puglia stessa, tra le poche aree tradizionali italiane in cui si produce Spumante Metodo Classico di qualità. E’ proprio per quanto riguarda questa tradizionale tecnica di produzione che, da un rapporto Censis, e grazie alla d’Arapri’, la Daunia emerge a livello nazionale come territorio vocato per alla spumantizzazione. Pas Dosè, Brut, Brut Rosé, Riserva Nobile, Gran Cuvée, La Dama Forestiera, sono gli spumanti griffati d’Araprì prodotti esclusivamente col Metodo Classico.
Rapini Louis e D’Amico Girolamo.
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Di vini beverini e senz’anima ce ne sono tanti; il nostro vuole essere un vino che racconta umanità e memoria, e suscita emozioni. Insomma un vino che si fa ricordare. Nei nostri spumanti il Bombino Bianco è sempre presente e racconta il nostro modo di fare spumante: ha il pensiero di chi lo fa e il carattere del territorio dove nasce, e soprattutto un vino che non ha vita (anni) non sa e non può raccontare nulla. I segreti della longevità dei nostri vini sono molteplici. Il nostro territorio presenta tutte le caratteristiche per la coltivazione della vite. Protetto dai monti della Maiella e dal Promontorio del Gargano non è soggetto a gelate, ha una buona ventosità che previene lo sviluppo di muffe e una scarsa piovosità. Il terreno è calcareo-argilloso con presenza di limo e sabbia, altitudine tra 80 e 100 m. s.l.m. e una leggera pendenza; presenta un ottima insolazione e buone escursioni termiche giornaliere. Il vitigno Bombino Bianco ha antichissime origini, tant’è che la tradizione vuole che sia arrivato a San Severo intorno al 1200 portato dai Cavalieri Templari di ritorno dalla Terra Santa; si è ben acclimatato e, anche in annate calde e siccitose, matura a fine settembre, mantenendo un profilo acido elevato; insieme ad una moderata alcolicità e giusta maturazione lo rendono un vitigno ideale per la produzione di uno spumante metodo classico. I nostri interventi in vigna sono ridotti all’essenziale e con sistemi a basso impatto ambientale. In cantina e in affinamento il rispetto della manualità e dei tempi necessari sono il faro che ci guida. I nostri spumanti sono ancorati alla tradizione con i caratteri della modernità e il cuore antico, quindi una magistrale manualità e maestria che si sposa con una scienza che sappia rispettare il Vino. La nostra è stata la prima, e per molto tempo anche l’unica, azienda del territorio a produrre Vino Spumante di Qualità con il metodo classico, utilizzando i vitigni autoctoni quali il Bombino Bianco ed in seguito anche il Montepulciano. Conservarsi le annate è stata dunque un esigenza primaria per capire come si evolve il vino in
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IL LEGAME CON IL TERRITORIO Le Cantine D’ARAPRI’ di San Severo da sempre sono attive allo sviluppo dell’enoturismo e della cultura intorno al vino nel solco della valorizzazione del territorio. In tal senso dal 2002 è stato riportato ad antico splendore un bellissimo spazio, a cui è stato dato il nome di ARCA (ARte in CAntina), il cui restauro, fortemente voluto dai proprietari delle Cantine e realizzato con grande perizia filologica dall’arch. Giovanni Di Capua, permette di leggere fasi costruttive che vanno dal Medioevo al Settecento, in un esito di grande suggestione, accresciuta dalla memoria storica della prigionia che qui subirono due eroiche figure del nostro Risorgimento: Morelli e Silvati. Ad esso ci accede attraverso un corridoio sotterraneo dalle cantine D’Araprì, e la sua maestosa bellezza affascina ogni visitatore. Tale struttura è stata inserita nel FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano), ed è in questo spazio che si realizzeranno eventi di ampio respiro, quali rassegne musicali, mostre d’arte, convegni culturali, accoglienza degli enoturisti, con il precipuo intento di offrire proposte e stimoli in un ambito culturale il più ampio e libero possibile. Nel 2010 si completa il progetto dell’enoturismo con il restauro del sovrastante palazzo ottocentesco appartenuto alla famiglia Fraccacreta, nell’ottica della stessa filosofia aziendale l’interveto è stato curato dall’arch. Leonardo Pallotta.
bottiglia, quali sono le sue potenzialità, valutare lo sviluppo delle caratteristiche organolettiche anche in funzione delle richieste di mercato e dei millesimi di produzione: insomma costruire una storia. In seguito si è intrapresa una collaborazione, che continua tutt’oggi, con l’Università di Foggia per dare contenuti scientifici ai fenomeni evoluti dei nostri vitigni, nelle particolari condizioni di affinamento in
bottiglia sui propri lieviti. L’accantonamento delle annate di cuvée, ormai da vent’anni, ci permette di organizzare eventi con interlocutori del settore (giornalisti eno-gastronomici, sommelier, enologi, appassionati di spumanti). Questi, oltre ad essere eventi piacevoli, ci donano un’ emozione che si nutre di ricordi e di visioni per il futuro.
Ulrico Priore d’Araprì
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BONDUELLE SPOSA IL PROGETTO “GLI ORTI PER L’ARTE” CON IL LANCIO DI UNA NUOVA LINEA DI INSALATE
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Bonduelle Italia, azienda leader nel mercato delle verdure con sede a San Paolo d’Argon (BG), scende in campo per la tutela del patrimonio artistico italiano con il progetto “Gli Orti per l’Arte”, promosso da Fondaco per concretizzare una nuova sinergia con il mondo produttivo dell’industria agroalimentare a favore dell’unicità del territorio italiano. Il progetto, presentato venerdì a Milano nella suggestiva cornice della Biblioteca Nazionale Braidense del Palazzo di Brera, vede Bonduelle Italia impegnata in prima linea nel finanziamento del restauro di uno dei numerosi monumenti italiani di particolare significato e valore culturale, il cui recupero richiede un coinvolgimento sempre maggiore dell’iniziativa privata. Dall’incontro fra cultura e verdura nasce la nuova linea di insalate “Gli Orti per l’Arte” che dimostra l’impegno concreto di Bonduelle a preservare la storicità dell’arte italiana: parte del ricavato sarà
devoluta per i lavori di restauro della Chiesa di Santa Maria in Montesanto in Piazza del Popolo a Roma, nota anche come la “Chiesa degli Artisti”. “Nessun altro Paese al mondo è dotato di un patrimonio artistico così prestigioso e ricco come l’Italia - commenta Umberto Galassini, Amministratore Delegato di Bonduelle Italia - e ritengo che questo sia un enorme potenziale che possa essere meglio valorizzato grazie anche all’iniziativa privata di aziende e imprenditori. Bonduelle ha deciso di concretizzare il suo impegno nel recupero di un importante monumento italiano con il lancio di una linea di insalate dedicata, prosegue Galassini. Abbiamo ritenuto importante e giusto cogliere proprio ora questa opportunità e questa sfida, perché ritengo che sia aziende sia cittadini stiano maturando una sensibilità nuova, in grado di cogliere l’importanza e la spinta innovativa di iniziative di questo genere”. www.bonduelle.it
Dalle nostre cooperative
Frutta Fresca Valfrutta
VALFRUTTA FRESCO SPA CONSORTILE Via G. Galilei, 5 - 48018 Faenza (RA) Tel. +39 0546 648601 - Fax +39 0546 623156 info@valfruttafresco.it - www.valfruttafresco.it
CALEIDOSCOPIO PASSION NATURE Anche il divano e la poltrona di casa possono essere fonte di benessere autentico o, al contrario, luoghi poco salutari per il corpo e la mente. La comodità ed ergonomia li consideriamo ormai dei pre-requisiti, ma come la mettiamo con i legni utilizzati, le imbottiture, le colle etc.?
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Vi parliamo quindi di Passoni Nature, azienda italiana che produce sedute imbottite e non, nel totale rispetto dell’uomo e dell’ambiente che lo circonda.
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Il piacere tattile e olfattivo che si prova quando ci si accomoda su una delle sue creazioni è da subito evidente e colpisce per la differenza che si riesce a percepire rispetto a una produzione standardizzata. Passoni Nature produce in questa modo:
Tutte le imbottiture sono a base di erbe officinali e soia, trattate con un mix di olii essenziali che stimolano il relax; Esclusivo utilizzo di legno massello certificato, proveniente da foreste gestite responsabilmente e sottoposto a finiture con cere e oli di origine minerale e vegetale. La stessa natura del legno massello permette di ridurre al minimo l’applicazione di collanti che, nel caso di Passoni Nature, sono totalmente privi di formaldeide a tutela della salute di chi produce, di chi vende, di chi utilizza; I rivestimenti sono realizzati esclusivamente con tessuti di fibre naturali: lana, cotone, lino, canapa e iuta. Un esempio su tutti: Il divano Hamper - design Arturo Montanelli ed Ezio Riva che racchiude in sé tutti questi elementi e diventa il perfetto punto d’incontro tra il design e il comfort. Un complemento d’arredo in cui l’estetica abbraccia il benessere. www.carterandbennett.com
BIANCANEVE E I SETTE NANI: UNA FAVOLA DI CUCU’ Hans&Greta presenta in esclusiva mondiale, direttamente dalla Foresta Nera, l’ultima creazione della collezione “Cucù da favola”: Biancaneve e i sette Nani. Milano, maggio 2013 - La collezione “Cucù da favola”, unica nel suo genere, è realizzata in collaborazione con Anton Schneider Söhne, storica casa produttrice di orologi a cucù dal 1848 tra cui gli iconici di Stefan Strumbel (con cui Karl Lagerfeld ha posato per la rivista Stern). “Cucù da favola” è una collezione che nasce dal progetto di Caecilie e Virginia Hechtel, sorelle tedesche cresciute a Milano tra il mondo della moda e quello dei grandi orologi d’arredamento, di estendere il riferimento culturale dell’orologio a cucù, fino a oggi limitato alla riproduzione della vita di villaggio nella Foresta Nera, alle amate favole popolari, creando un oggetto più vicino alle famiglie di tutto il mondo. Con “Cucù da favola” nasce una collezione di orologi narranti ad alto valore emotivo e tattile. Infatti, ancora oggi gli orologi a cucù di Hans&Greta sono prodotti completamente a mano e adottano gli stessi meccanismi che erano utilizzati nel 1700. “Mentre le favole ci ricordano che i draghi possono essere sconfitti, l’orologio a cucù tiene compagnia e rinnova il piacere per la casa, la natura e la lentezza creativa” spiegano Caecilie e Virginia. Hans&Greta porta in primo piano la storia dietro all’orologio con l’obiettivo di celebrare l’individualità del pezzo unico e dei suoi meravigliosi dettagli. Il nome Hans&Greta fa riferimento al padre Hans, commerciante e riparatore di orologi d’arredamento e a
cucù di seconda generazione, e al suo cane Greta. Allo stesso tempo riprende la rinomata fiaba tedesca “Hänsel e Gretel”. Il cucù Biancaneve e i Sette Nani si presenta con un esclusivo chalet a capanna in noce scolpito in profondità e otto figure intagliate e decorate a mano dai mastri artigiani della Foresta Nera. Davanti alla capanna troviamo Biancaneve che tiene in mano una mela e sorride a Mammolo che le porge un fiore. Cucciolo, Eolo e Brontolo attendono di essere ricevuti dietro di loro. Pisolo, Gongolo e Dotto dondolano e lavorano sul pendolo. Grazie al fermo del suono manuale è possibile disattivare il canto del cucù durante le ore notturne. Il movimento è meccanico a un giorno (ricarica quotidiana). www.hansandgreta.com
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CALEIDOSCOPIO DORNBRACHT PREMIÈRE: eUnit KITCHEN. LA PRIMA SOLUZIONE ELETTRONICA PER UN MAGGIORE COMFORT IN CUCINA
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Dornbracht presenta la prima soluzione elettronica per la cucina, basata su un product study del 2011: eUnit Kitchen. Grazie a questo concetto innovativo Dornbracht prosegue il suo percorso verso la leadership tecnologica nel settore della cucina. Per analizzare i processi di lavoro in cucina, Dornbracht ha studiato nel dettaglio le aree funzionali in cui questi si sviluppano. Il product study ha esaminato il valore aggiunto fornito dalle rubinetterie elettroniche nelle applicazioni in cucina, per comprendere come trarre beneficio da flussi di lavoro standardizzati. I risultati dello studio sono stati utilizzati internamente
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per lo sviluppo dell’esclusiva soluzione elettronica eUnit Kitchen. eUnit Kitchen garantisce tecnologia ed assistenza ai massimi livelli per le operazioni manuali: erogazione, regolazione del flusso e della temperatura dell’acqua, nonché controllo della piletta di scarico. Le diverse funzioni vengono combinate e possono essere richiamate attraverso un unico elemento di comando. Una applicazione logica, semplice e intuitiva, facilita i processi di lavoro, lasciando più tempo per la creatività nel preparare e presentare i piatti e per intrattenere gli ospiti. In particolare, il sensore a piede di nuova concezione è un dettaglio di valore che aggiunge ulteriore comfort al lavoro in cucina. Può essere usato per aprire e chiudere l’erogazione di acqua e per compiere operazioni senza intervento manuale, diventando di fatto una “terza mano”: quando entrambe le mani sono impegnate o sporche, il sensore offre una soluzione igienica e pratica per soddisfare le esigenze legate all’acqua. Portato dalle cucine professionali alla cucina di casa, il sensore a piede permette una gestione sempre più efficiente dei flussi di lavoro quotidiano. eUnit consente inoltre di dosare l’acqua, fornendo un’erogazione precisa e misurando esattamente il quantitativo richiesto per la preparazione di una ricetta, dalle dosi ridotte per il forno fino alle quantità più grandi, necessarie ad esempio per l’acqua di cottura della pasta. L’estetica minimalista degli elementi di comando si inserisce in modo ottimale nel design essenziale delle cucine moderne, creando una variazione perfettamente integrata nell’unità costituita da rubinetteria e lavello. Gli elementi di comando sono allineati al banco di lavoro, lasciato libero per la preparazione dei piatti e per appoggiare gli oggetti da cucina, e si illuminano delicatamente quando vengono utilizzati, segnalando l’attività in atto e donando un particolare aspetto delicato a eUnit e un soffuso tocco d’atmosfera all’ambiente. Nello sviluppo del prodotto si è prestata particolare attenzione ad un’installazione semplice - in un’ottica “plug and play” - e dall’ingombro ridotto. eUnit sarà disponibile dalla metà del 2013. www.dornbracht.it
MELINDA SI FA IN 5 PER PIACERTI SEMPRE DI PIÙ.
5 sono le varietà di mele che Melinda coltiva e seleziona per te in Val di Non: Golden, Stark, Renetta, le uniche D.O.P. italiane e in più Gala e Fuji, le nuove mele di montagna. Per soddisfare ogni gusto. E ricorda: 5 sono anche le porzioni giornaliere di frutta e verdura consigliate per il tuo benessere. Perché ogni momento abbia la sua Melinda.
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