Mensile € 4,90 - Anno I - N° 3 Luglio-Agosto 2012 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI - In caso di mancato recapito si prega inviare al CMP Roserio per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il diritto fisso dovuto
N° 3 - LUGLIO - AGOSTO 2012
KARPOS 1
KARPÒS ALIMENTAZIONE E STILI DI VITA
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STILI DI VITA
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EDITORIALE
CONSEGUENZE DEL TERREMOTO Renzo Angelini Direttore editoriale
Produrre un mensile di approfondimento e di valorizzazione della ricerca scientifica significa programmare con un certo anticipo i temi che verranno presentati, di numero in numero, ai lettori. Anche ciò che nella nostra rivista appare sotto la voce “Stili di vita” risulta fatalmente collegato al qui e ora in modo più serrato rispetto ad un intervento scientifico, richiede di essere trattato con maggiore profondità rispetto alla normale percezione dei fatti così come viene codificata dall’informazione quotidiana. Tuttavia, a volte, il cosiddetto mondo dei fatti interviene sulle nostre vite in modo così drammatico e violento da sconvolgere il concetto stesso della realtà comunicabile. Per esempio: il terremoto dello scorso maggio, documentato su tutti i media del mondo, è ancora un evento sconvolgente che reclama di essere vissuto come qualcosa che persiste nelle nostre vite. Ho il sospetto che sarà così ancora per mesi, se siamo bravi. Se ognuno non farà il suo dovere probabilmente il terremoto sarà uno di quei fatti che accompagnerà a lungo il nostro futuro. Per questi motivi, l’evento sismico, anche se trattato con dovizia dai mass media orientati a informare i lettori sul mondo dei fatti, non cessa di proporsi come ostacolo per il nostro futuro, reclamando forme di comunicazione via via sempre più composite e complesse, rispetto la semplice restituzione dei fatti tipica della prima fase traumatica. Così ho deciso di rivoluzionare questo numero di Karpòs per dedicare un grande spazio editoriale agli aspetti proiettivi del tragico avvenimento: il terremoto non sarà più un fatto quando avremo ripristinato le condizioni di vita e di produzione economica, riportandole agli standard precedenti l’evento. Per ora, e chissà per quanto, il sisma rimane un fatto sottoposto alla legge della complessità. Come tale reclama attenzioni, riflessioni, prese di posizione. Quindi, rispetto alle anticipazioni dei temi che avevamo promesso ai nostri lettori apparse sul n.2 della rivista,
siamo stati costretti a sostituire articoli importanti per focalizzare l’attenzione su una dimensione del problema che mi sta particolarmente a cuore. Io sono molto legato al territorio colpito. Ho vissuto a San Felice sul Panaro per quasi otto anni. Quando viaggio, parlo spesso di questa tragedia e mi sono fatto la seguente idea: alla gente non è perfettamente chiara la somma dei danni del sisma. Non si tratta solo di edifici e di opere d’arte che andranno, me lo auspico, interamente recuperati e migliorati. Il terremoto ha colpito uno dei territori chiave della nostra agricoltura. Decine e decine di prodotti di eccellenza corrono il rischio di finire fuori mercato se nei prossimi mesi le istituzioni non interverranno in modo tempestivo, razionale, efficiente. Ho creduto che fosse necessario per Karpòs, una rivista che ambisce a far conoscere al consumatore l’intera filiera produttiva agroalimentare, attivarsi per difendere le nostre eccellenze produttive dei territori coinvolti . Ecco perché abbiamo rivoluzionato il palinsesto della rivista per far spazio ad un’ampio reportage intitolato “Oltre il terremoto” nel quale presentiamo l’assunzione di responsabilità dei soggetti politici che dovranno prendersi cura delle operazioni di ricostruzione. All’interno dello speciale rivolgiamo un appello al consumatore affinchè comprenda che si può collaborare con il progetto di ripristino delle condizioni di vita aiutando le aziende agroalimentari coinvolte dal sisma a superare il difficile momento. Come? Per esempio comprando tutti i giorni i prodotti tipici che il lettore troverà elencati nella cover dedicata al terremoto. Non si tratta di prodotti come tutti gli altri. Si tratta di eccellenze vere, nate a partire dalla lunga storia dei territori nei quali vengono prodotte. Si tratta di prodotti famosi nel mondo. Difendendoli non facciamo altre che sostenere il nostro stile di vita, la nostra gente, la nostra economia.
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EDITORIALE RENZO ANGELINI
KARPÒS MAGAZINE
n. 3 • LUGLIO-AGOSTO 2012
Direttore editoriale Renzo Angelini Direttore responsabile Giancarlo Roversi Condirettore Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012 Proprietario ed editore della testata Karpòs Srl Via Zara 53 - 47042 - Cesenatico (FC) CF 04008690408 - REA 325872 Redazione e progettazione grafica Moruzzi’s Group Srl Via di Jola, 4 - 40141 Bologna Tel. 051 3763170 redazione@karposmagazine.it Relazioni esterne Roberta Maresci Cell. 340 1827487 roberta.maresci@karposmagazine.net Ufficio stampa e coordinatrice eventi Roberta Filippi Cell. 366 3822344 roberta.filippi@karposmagazine.net Stampa Grafica Editoriale Printing Bologna
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Diffusione online Karpòs Magazine viene inviato a una community di oltre 120.000 stakeholder della filiera agroalimentare, tra cui Università, istituzioni, industrie, fornitori di mezzi tecnici e servizi, associazioni, agroindustrie, produttori, tecnici e centri media. www.karposmagazine.net Distribuzione Poligrafici Editoriale Spa, Via Enrico Mattei 106 - 40138 Bologna: Emilia Romagna, Marche,Lombardia, Toscana, Umbria, Provincia di La Spezia e Rovigo. Press-Di Distribuzione Stampa e Multimedia Srl, Via Bianca di Savoia 162 - 20122 Milano: resto d’Italia (intendendosi per l’Italia anche San Marino e Città del Vaticano) nelle edicole, aeroporti, stazioni ferroviarie, porti, autostazioni, metropolitane, aree di servizio autostrade e supermercati.
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EDITORIALE Renzo Angelini Conseguenze del terremoto
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STILI DI VITA Michele Carruba Allarme obesità. Dall’extralarge alla proporzione ideale
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SOLILOQUI Antonio Pascale Dagli OGM virus e tumori?
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COVER STORY Renzo Angelini Oltre il terremoto
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Mario Tozzi Conoscere, prevenire, controllare
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Tiberio Rabboni Dal dire al fare
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Giulio De Capitani Ripartire al più presto...
Sisma: una rete satellitare misura i movimenti del suolo
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Valtiero Mazzotti Difendere l’agricoltura
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Paolo Baccolo ...Ma soprattutto agire subito
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Prodotti tipici dell’area danneggiata dal terremoto
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STILI DI VITA Roberta Maresci Rita Levi Montalcini “Mai darsi per vinti”
CULTURA E SOCIETÀ Lamberto Selleri Agriturismo, vivere il territorio
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CALEIDOSCOPIO Assoenologi, in rotta verso il futuro
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STILI DI VITA Lamberto Cantoni Gli abiti eco-friendly vestiranno il mondo?
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VIAGGI E SAPORI Giancarlo Roversi Sicilia, l’isola dei sapori intensi
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AGRICOLTURA OGGI Luciano Trentini Il riposo del melone
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AGRICOLTURA OGGI Luciano Trentini L’anguria come alleata
Per le fotografie:
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CALEIDOSCOPIO Unicredit premia la digitalizzazione in agricoltura
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CALEIDOSCOPIO
AGRICOLTURA OGGI Mario Colapietra Produrre uva da tavola
AGRICOLTURA OGGI Carlo Fideghelli Il pesco
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CALEIDOSCOPIO
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FOTOSINTESI Roberta Filippi Oltre le bio-illusioni
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ANTEPRIMA Nel prossimo numero
In copertina: immagine di Renzo Angelini
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AGRICOLTURA OGGI Roberta Maresci Pesco, dalla Cina con furore
Renzo Angelini: 16, 18, 22-31, 34-41,45, 72-28,80-88, 90-98, 100-116, 118-124, 126-131 Giorgio Armani: 64 Assoenologi: 63 Paolo Barone: 74 Mario Colapietra: 110,112 Consorzio Aceto Balsamico di Modena IGP: 44 Consorzio Parmigiano Reggiano: 42 Fabrizio Dell’Aquila (Diateca Agricoltura della Regione Emilia-Romagna): 46-57 Alberta Ferretti: 67 INGV-CNR: 33 Stella McCartney: 68-70 Yoox: 66,68
CALEIDOSCOPIO
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ABBONAMENTI
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SOLILOQUI
DAGLI OGM VIRUS E TUMORI? ANTONIO PASCALE
Scrittore
Un altro giorno, il 19 marzo 2012, al Tg1 delle venti ascolto il genetista e ricercatore del Cnr Roberto Defez e il biologo ex parlamentare verde Gianni Tamino discutere di OGM. Tamino dice: “Quando si inseriscono geni estranei in una pianta si è costretti a inserire anche frammenti virali che possono dare dei problemi”. Anche qui, il consumatore si spaventa: mi devo mangiare un mais con un frammento virale? Questa convinzione è molto diffusa, il consumatore pensa che questa metodologia di miglioramento genetico sia: a) nuova, dunque pericolosa; b) malsana perché utilizza virus. Tempo fa il senatore Tomaso Zanoletti presentò un’interrogazione parlamentare che lessi anch’io (in genere rispondo alle interrogazioni sulle calamità naturali, ma quel giorno mi capitò per sbaglio quella del senatore). Diceva:
“
I virus transgenici con cui oggi si realizzano gli OGM penetrano nel Dna della pianta, modificandola in maniera sconosciuta; tali virus transgenici dovrebbero restare latenti, ma nulla può escludere che possano anche riattivarsi in maniera analoga a noti virus tumorali induttori di leucemie, sarcomi, carcinomi, gliomi; essi possono anche essere portatori di malattie nuove o di malattie abbastanza simili a ben note sindromi purtroppo ancora poco comprese nella loro dinamica (Aids, mucca pazza eccetera); il Cauliflower Mosaic Virus (Camv) è utilizzato dalle multinazionali OGM per modificare geneticamente le piante in grado di penetrare e di replicarsi anche nelle cellule degli animali, comprese quelle dei mammiferi e anche quelle umane, in quanto possiede particolari pro-moters (motori di attivazione genetica).
”
Fa un po’ paura, non è vero? Ecco, generalmente nelle interrogazioni si pongono domande, ma stranamente sulla questione OGM chi ne parla non domanda, perché convinto di avere già parecchie certezze al riguardo, dunque non perde tempo a chiedere, accusa. Se provate a fare il gioco delle domande, quello che facevamo da bambini per definire meglio la questione
– quale virus si usa? come potrebbe modificare il Dna della pianta? eccetera – vedrete che il vostro interlocutore si mantiene sul generico. In effetti è una buona strategia: si rischia poco e si inquieta molto il prossimo tuo. Quale costrutto logico è più forte di quello che unisce multinazionale e virus? Vincete di sicuro. Eppure, in una società complessa è nostro dovere gestire la complessità, dunque dobbiamo provare a definire meglio la questione. Si usano i virus? Per rispondere ci serviamo della stessa interrogazione parlamentare, ovvero vediamo cosa hanno risposto gli esperti (pubblici ricercatori).
“
Il metodo di trasformazione che utilizza sequenze geniche provenienti da virus non consiste nell’inoculare la pianta con il virus tal quale (che provocherebbe l’insorgenza della malattia nella pianta stessa), bensì sono state invece sviluppate piante transgeniche impiegando geni che provengono dai virus contro i quali si voleva proteggerle. Un esempio è il caso del virus Prsv (Papaya Ringspot Virus) che ha messo in pericolo l’intera produzione di papaia nelle isole Hawaii, dove questa coltura rappresenta una delle principali fonti di reddito per gli agricoltori locali. È stata messa a punto una varietà di papaia transgenica in grado di resistere all’attacco del virus. Ciò è stato possibile integrando nel genoma della pianta la sequenza di Dna che codifica proprio la proteina che ricopre la particella virale (capside). In questo modo la pianta risulta «vaccinata» e se anche il virus dovesse attaccarla non è più in grado di replicarsi e diffondersi. Per quanto riguarda il virus del mosaico del cavolfiore (Camv), di cui è stata sfruttata la sequenza del promotore 35S in alcune varietà GM commerciali allo scopo di ottenere una forte espressione del gene a esso collegato in tutta la pianta, più volte è stata sollevata l’obiezione che tale promotore potrebbe essere instabile e soggetto a trasferimento e inserzione nel Dna di altre cellule, a causa di un evento di ricombinazione del promotore. Questa teoria ha fatto
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nascere la preoccupazione che l’uso dei promotori 35S e altri promotori virali usati negli OGM facciano aumentare i casi di cancro nell’uomo attraverso l’attivazione di geni non virali nelle specie (l’uomo) in cui è avvenuto un trasferimento genetico. Va sottolineato che, a causa della sua elevata diffusione negli alimenti, gli esseri umani hanno consumato Camv e il suo promotore in grandi quantità per decenni senza effetti osservabili. Ad esempio, in Gran Bretagna è stato stimato che circa il 14-25 per cento della colza in campo è stata infettata da Camv e valori simili sono stati stimati per i cavolfiori e altre brassicacee. La presenza del promotore del virus del mosaico nelle piante GM non rappresenta una situazione diversa. Inoltre, il Dna presente nei prodotti alimentari è rapidamente degradato durante la digestione, lasciandogli poco tempo di interagire con i tessuti di rivestimento di stomaco e colon. Poi, si può anche aggiungere che allo stato attuale il gene esogeno è introdotto nel Dna della pianta con una pistola.
”
SOLILOQUI Sì, sembra fantascienza: il gene da inserire è posto su minuscole lamine d’oro che vengono sparate nel tessuto vegetale in cui si desidera integrare il gene. Capite bene che per spiegare questa procedura c’è bisogno di stare sui libri e di affrontare tematiche specialistiche, e allora, invece di studiare e domandare, non è meglio fare come il senatore Zanoletti, e cioè costruire la suddetta frase che tira in ballo virus e tumori? Si fa più bella figura, si passa per competenti ed eroi che si preoccupano dello stato di salute del pianeta. Vuoi mettere?
SEMI TERMINATOR
Capita anche che il consumatore sia convinto che i semi GM siano sterili. Questa è proprio una vigliaccata. Il contadino non può così ripiantare i semi e dipende dalle multinazionali, che fanno il loro comodo, appunto, oltre a mettere sul mercato prodotti segretati e virosati. Quando chiedi al tuo interlocutore come si chiamano i semi sterili, nel 60 per cento dei casi non ottieni risposta. Nel restante 40 per cento dei casi ti citano i semi Terminator. Se chiedi ancora: «Dove si possono comprare questi semi, esistono dei vivai che li vendono?». Nessuno ti sa indicare il rivenditore, si fa genericamente cenno alla multinazionale. Oppure si risponde: «Mi informo e te lo dico». Nel 100 per cento dei casi la fonte di informazione è Vandana Shiva, l’attivista indiana. Ma anche in quel caso, se incontrate Vandana Shiva e le chiedete: «Dove si comprano questi semi sterili?». Nemmeno lei saprà rispondere. Se chiedi ancora – e non a Vandana Shiva, anche perché è difficile che ti risponda – ma al tuo interlocutore: «Secondo te i contadini moderni ripiantano i semi?». La maggioranza risponde sì. Insomma, il problema è sempre lo stesso: non sappiamo come si coltiva un pezzo di terra, ma ne vogliamo parlare lo stesso. Se io e voi avessimo un po’ di ettari da coltivare, mettiamo a mais, be’, nessuno di noi proporrebbe di conservare una parte della granella per usarla come seme. Lo facevano i contadini ottant’anni fa. Tutti ora comprano il seme da aziende sementiere, in alcuni casi sono obbligati a farlo dalla legge (il seme certificato è più sano, produttivo ed esente da virus). Perché? Perché se io risemino i semi, il prossimo anno rischio di avere una progenie disomogenea. Avrò piante buone e altre meno buone, e la produzione non sarà costante. È una legge di natura, i caratteri delle piante si diversificano con il passare delle generazioni. Se fate un giro nella Pianura Padana potete vedere i campi di mais composti da piante tutte uguali, stessa altezza, stessa densità; se andate in Africa troverete campi di mais disomogenei, piante alte, alcune basse, altre sane, altre ancora malate.
Se non avete voglia di viaggiare potete basarvi sui seguenti dati: nel 1861 (anno fatidico), siccome i contadini riseminavano, la resa di mais si aggirava intorno agli 8 quintali per ettaro. Nel 1911 a 12 quintali per ettaro. Nel 1961, quando si cominciò ad acquistare il seme dalle industrie sementiere, la produzione passò a 25 quintali per ettaro. Nel 2011 siamo arrivati a 100 quintali. Nessuno conserva più il seme per riseminarlo l’anno dopo. Lo compriamo presso le industrie sementiere. Poi negli anni Sessanta sono arrivati gli ibridi. Piante ottenute da genitori con caratteri omogenei. I figli producono più dei genitori, ma se ripianti quel seme otterrai via via piante poco produttive. Come fare più volte la stessa copia: il prodotto si sbiadisce. Dunque, i semi non sono sterili, si possono anche riseminare, le piante nascono lo stesso. In India, per esempio, gli agricoltori hanno contrabbandato il seme, se lo sono scambiati, ma con notevoli problemi sulla resa produttiva. Questo è il motivo per cui gli agricoltori acquistano ogni anno i semi. Li pagano di più, quelli GM, ma poi impiegano meno trattamenti contro alcuni lepidotteri. Presto poi entreranno nel mercato aziende biotech africane e cinesi e il prezzo scenderà, a patto che il settore si liberalizzi, i controlli si abbassino. Solo allora sarà più facile per la ricerca pubblica mettere in campo piante per usi specifici, locali, e non così costose. Perché poi il problema è solo quello: c’è un regime di monopolio che governa questa innovativa tecnica di miglioramento. Se non si abbasserà la dose di paura che in genere le associazioni ambientaliste e la sinistra tendono a iniettare nel bravo consumatore, costui chiederà tanti costosi e inutili controlli e questi limiteranno l’accesso al mercato di altre aziende biotech. Senza volerlo, i migliori alleati delle cattive multinazionali oggi sono i bravi ambientalisti. ◆
(Da A. Pascale, “Pane e pace” , Chiarelettere Editore, 2012)
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a sicurezza alimentare è un tema sempre più importante e dibattuto. E nel contesto di una agricoltura moderna e di qualità, l’industria agrochimica si impegna a fornire strumenti il cui uso sia sicuro e sostenibile, contribuendo all’incremento della disponibilità di frutta e verdura fresche. I formulati Chimiberg rispettano le rigorose normative del settore per garantire al consumatore finale cibo sano e sicuro, nel pieno rispetto della salute dell’uomo e dell’ambiente. Affinché Biancaneve possa mangiare la mela, senza più paura della Strega.
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L’uomo vitruviano, realizzato da Leonardo Da Vinci nel 1490, rappresenta le proporzioni ideali del corpo umano, dimostrando come esso possa essere armoniosamente inscritto nelle due figure “perfette� del cerchio e del quadrato.
STILI DI VITA Michele Carruba
ALLARME OBESITÀ DALL’EXTRALARGE
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ALLA PROPORZIONE IDEALE La prova costume e il caldo che alleggerisce i vestiti mettendo a nudo i chili di troppo, sono le molle che fanno scattare lo sciopero della forchetta. Attenzione però: le diete da ‘meno 7 chili in 7 giorni’ sono scriteriate. Sul momento faranno anche dimagrire, ma sono lontane da uno stile di vita regolare. Malgrado il partito degli italiani a “stecchetto” sia nutrito, metà della popolazione soffre di malnutrizione per eccesso.
Se è vero che siamo quello che mangiamo, allora ci nutriamo davvero male. Dormiamo male. E rischiamo di morire di più per tumori, diabete e malattie cardiovascolari. Sono tutte poche buone notizie ma legate ai tanti allarmi per le troppe persone che hanno un cuore davvero “matto”: un italiano su dieci ormai ha i ritmi naturali andati in tilt a causa del girovita eccessivo. E la prossima generazione potrebbe essere la prima ad avere un’aspettativa di vita inferiore rispetto alla precedente solo per una questione di sovrappeso. Ne è passata d’acqua sotto i ponti da quando la pancia era un segno di potere. Oggi è diventata un incubo per tutti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il problema obesità rappresenta “IL” problema importante dell’umanità e si dovrà affrontare in questo secolo. Attualmente, nella popolazione mondiale un miliardo di persone muore di mal nutrizione per difetto e di fame nel mondo, e un altro miliardo di persone muore per eccesso di cibo e di obesità. Questo deve farci riflettere. Perché, nonostante la continua crescita della popolazione mondiale, la Terra garantisce energia per sfamare tutti. Dove per energia intendiamo il cibo. Il punto è un altro: è mal distribuita nel globo. E una ridistribuzione del cibo potrebbe garantire una vita migliore e più lunga: sia per quelli che mangiano troppo, sia per quelli che mangiano poco. Guardando al futuro, una ulteriore crescita ›
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della popolazione mondiale mette a rischio la sostenibilità del pianeta in termini di disponibilità di cibo per tutti. Perché molte attività umane, tra cui l’alimentazione, contribuiscono al riscaldamento del pianeta che, a breve, potrebbe portare a una riduzione notevole della disponibilità di acqua e di terre coltivabili. Oggi siamo arrivati a un capolinea: è il momento di cominciare a pensare a queste problematiche. Perché, nel giro di poco tempo, potrebbero addirittura travolgerci. Tanto è vero che l’Expo del 2015 a Milano è stata dedicata proprio a questo argomento: “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. Tornando al problema della malnutrizione per eccesso, in molti paesi la diffusione della obesità ha superato la soglia del 15 per cento della popolazione e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera questa un limite critico per definire il fenomeno come epidemico e da affrontare con interventi immediati.
UN PROBLEMA MEDICO, SCIENTIFICO E SOCIALE
Il sovrappeso e l’obesità incidono in modo grave sulla salute fisica e mentale di molte persone. Insieme all’invecchiamento della popolazione, contribuiscono a rendere sempre più gravosi i bilanci sanitari, rendendo insostenibile economicamente la situazione. Oggi infatti l’obesità, insieme al fumo di sigaretta, rappresentano i primi fattori di rischio prevedibile di
mortalità. A titolo di esempio, in Italia i costi diretti dell’obesità ammontano a 28 miliardi di euro ogni anno. Destinati per il 64per cento a ricoveri ospedalieri per malattie causate dall’obesità. Esistono anche “costi indiretti”, che rappresentano ore di lavoro perse per malattia e morti premature. È stato ampiamente provato che il benessere degli individui si riflette sui paesi in termini economici non trascurabili: in pratica, più la gente sta bene, più lavora e più guadagna, sia come famiglia che come popolazione. Oggi affrontare l’epidemia globale di sovrappeso e obesità non ha più frontiere geografiche specifiche, colpisce tutti: uomini, donne, bambini e anziani e rappresenta un problema in un insieme fatto di aspetti economici, politici, medici, biologici, psicologici e sociali.
DIAMO PESO ALLA SALUTE
Esistono due principi per diagnosticare e definire il termine obeso. Uno è un parametro deducibile dal peso e dall’altezza. E si ricava dividendo il peso corporeo in chilogrammi per il quadrato dell’altezza in metri. Questo parametro viene indicato come indice di massa corporeo (IMC). Il valore è considerato normale se compreso tra 18,5 e 24,9. Altrimenti, se compreso tra 25 e 29,90 l’individuo si considera in sovrappeso e se invece è superiore a 30 l’individuo viene definito obeso. Questo modo di diagnosticare ›
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S T I L I D I V I TA MICHELE CARRUBA
L’obesità è causa di un aumento dell’incidenza di ictus e attacchi cardiaci. In molti casi, la presenza di depositi grassi nelle arterie del cervello può ridurre l’afflusso di sangue elevando il rischio di ictus o paralisi.
e descrivere l’obesità è usato ed è stato usato anche in passato per studi di tipo epidemiologico su intere popolazioni e il normopeso, il concetto di IMC tra 18,5 e 24,9 era derivato dal fatto che in quella fascia di indice di massa corporea, la mortalità e la morbilità (ossia il rischio di ammalarsi di malattie) è il più basso in assoluto. Va da sé che quindi, se il peso corporeo cresce, il rischio di mortalità e morbilità aumenta. Infatti, la definizione di obesità è legata a un rischio di mortalità. Nel senso che un individuo obeso ha una aspettativa di vita inferiore a un individuo normopeso di circa 10 anni. La riduzione dell’aspettativa di vita dipende dagli anni passati nella condizione di obesità. Nel senso che se si diventa obeso da bambino, ovviamente le aspettative di vita diminuiscono di oltre 10 anni, mentre se si diventa obeso a 70 anni le aspettative di vita si riducono a meno anni. Questo dovrebbe farci capire che l’obesità è una malattia grave, che può condurci a morte anche se le cause ultime della morte sono di solito malattie cardiovascolari o tumorali. Infatti l’obesità è associata a un aumento del rischio di incorrere in malattie cerebrovascolari come ictus e infarto del miocardio, malattie metaboliche come diabete, malattie epatiche renali, dislipidemie (patologie dovute al brusco aumento dei grassi nel sangue) e malattie tumorali. È anacronistico - come spesso succede ancora oggi, in un mondo scientificamente avanzato - considerare l’obesità un problema estetico. Anche se i problemi psi-
cologici legati all’obesità sono proprio dovuti all’immagine corporea che l’individuo non accetta. Il secondo modo per verificare il grado di sovrappeso è più legato all’individuo e si tratta di una semplice misurazione della circonferenza della vita: non deve essere superiore a 88 centimetri per le donne, e a 102 centimetri per gli uomini. Si è visto che questo parametro è ancora più efficace nel determinare il rischio di mortalità e morbilità in quanto non tutto il grasso ›
IL DECALOGO ANTIOBESITÀ 1) Seguire una dieta equilibrata e varia; svolgere una vita attiva 2) Evitare le “diete fai da te” 3) Alternare restrizioni ad eccessi alimentari può causare un aumento di peso 4) Non seguire le diete di amici o conoscenti, non sono personalizzate 5) Ricordarsi che spesso le diete pubblicizzate dai mass-media non hanno base scientifica 6) Non praticare il digiuno o diete squilibrate o troppo restrittive o che escludono gruppi di alimenti 7) Sottoporsi ad accertamenti per valutare lo stato di salute prima di iniziare una dieta dimagrante 8) Chiedere il parere del medico e/o del nutrizionista e/o del farmacista prima di assumere integratori 9) Praticare metodiche dimagranti invasive solo se prescritte ed applicate dal medico 10) La chirurgia dell’obesità è indicata per i soggetti grandi obesi e richiede controlli clinico-nutrizionali pre- e post-operatori per un lungo periodo di tempo.
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s Sopra, Michelle Obama durante la presentazione della campagna Disney “Magic Healthy Living”, promossa dalla multinazionale del divertimento per combattere l’obesità infantile. Negli ultimi tre anni l’obesità in USA è cresciuta in modo trasversale colpendo tutti gli strati sociali, con aumento esponenziale dei casi di diabete. Secondo il Center for Disease Control and Prevention i costi medici associati all’obesità solo nel 2008 sono stati pari a 147 miliardi di dollari ed ogni persona obesa costa al governo una media di 1429 dollari in più di un normopeso. Ecco perché, attraverso la voce della first lady, la Disney ha annunciato che, a partire dal 2015, metterà al bando sui suoi canali televisivi, radiofonici e siti web, ogni pubblicità di “cibo spazzatura”.
corporeo di cui l’obeso è provvisto è egualmente pericoloso per la salute. La pericolosità maggiore si ha negli individui che accumulano il grasso a livello viscerale e quindi fanno aumentare la circonferenza della vita. Esiste infatti un’obesità definita viscerale, detta anche androide, perché si riscontra più facilmente negli uomini che mettono su pancia quando ingrassano, rispetto alle donne che in età fertile hanno più spesso accumuli di grasso a livello sottocutaneo e localizzati nei glutei e nei fianchi.
C’È GRASSO E GRASSO
L’accumulo sottocutaneo non è pericoloso per la salute, perché è un tipo di grasso che svolge una funzione fisiologica per garantire la sopravvivenza anche in condizioni di iponutrizione al nascituro
durante la gravidanza e l’allattamento. Dopo la menopausa i cambiamenti ormonali della donna la portano a ingrassare come gli uomini, a livello viscerale. Quindi la donna è più protetta degli uomini in età giovanile, ma diventa più facilmente grassa dopo la menopausa. Per alcuni questo può spiegare anche perché le donne hanno una aspettativa di vita maggiore rispetto agli uomini. Sta di fatto che le donne sono più sensibili ai problemi estetici in età fertile e quindi vivono questo accumulo di grasso a livello dei glutei e dei fianchi come un inestetismo e lo combattono in tutti i modi. Spesso con diete scriteriate, suggerite dai vari mezzi di comunicazione (televisione, giornali, radio e internet) oppure da imbonitori o falsi profeti delle diete. Con il risultato di peggiorare la loro situazione che non avrebbe bisogno di nessun intervento, perché sottoponendosi a diete drastiche perdono peso e perdono una certa quantità di grassi, oltreché di muscoli. Ma, siccome queste diete sono spesso, anzi, nella maggior parte dei casi, ispirate a ottenere dimagrimenti rapidi in poco tempo, questo innesca dei meccanismi di difesa dell’organismo come un abbassamento del metabolismo e un aumento della fame, che le porta a perdere il controllo sulla dieta. Pertanto, anche dopo un dimagrimento, ritornano a mangiare come mangiavano prima e riacquistano il peso perduto. Aggravando molto la situa-
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Si diventa obesi semplicemente quando il bilancio energetico si positivizza e cioè, il numero di calorie introdotte è superiore a quelle che si utilizzano per vivere. Quindi in genere l’obesità è legata a un’entrata eccessiva di alimenti rispetto a ciò che consumiamo.
zione. Nel senso che non riacquistano nella stessa proporzione muscolo e grasso, ma acquistano solo grasso. Perché i muscoli non si ricostruiscono se non in presenza di intensa attività fisica. Non basta, perché la localizzazione del grasso cambia sede. Si perde grasso a livello dei glutei e dei grassi dove non creava problemi di salute e si riacquista tessuto adiposo a livello viscerale, dove il grasso invece crea patologia. Per esempio, una donna che perde 10 chili facendo una dieta scriteriata e sacrifici che sono tollerabili per un paio di settimane (non di più) poi innesca la fase della perdita di controllo e riacquista i chili persi ma solo in grasso. Il risultato è facile da prevedere: alla fine di ogni ciclo dietetico, è addirittura ingrassata e il suo rischio di mortalità e di morbilità è perfino aumentato, per via della localizzazione del grasso, cambiata. Questo dice che dobbiamo stare attenti a quello che facciamo quando abbiamo intenzione di dimagrire, perché bisogna farlo in modo graduale e sotto controllo medico.
PERCHÉ DIVENTIAMO OBESI?
L’obesità è una malattia multifattoriale a cui concorrono fattori genetici e fattori ambientali. In ogni caso, si diventa obesi semplicemente quando il bilancio energetico si positivizza e cioè, il numero di calorie introdotte è superiore a quelle che si utilizzano per vivere. Quindi in genere l’obesità è legata a un’entrata eccessiva di alimenti rispetto a quello che consumiamo. Oppure, può essere vista in un altro modo: al contrario. Basta considerare la vita sedentaria che porta a non consumare e a non bruciare le energie che introduciamo. È anche vero che chi ha uno o entrambi i genitori obesi ha una predisposizione genetica, cioè eredita dai genitori dei geni di predisposizione. Attenzione però, perché la genetica è un fattore necessario ma non sufficiente a determinare l’obesità. È l’interazione tra geni e ambiente che crea l’obesità. Un individuo, anche se predisposto geneticamente, può non sviluppare obesità se ha un comportamento e quindi uno stile di vita corretto.
Così come un individuo non predisposto può diventare obeso se il suo stile di vita è di tipo sedentario e l’introito calorico è maggiore del dispendio. L’obesità è anche legata a un ambiente diventato negli ultimi anni obesiogeno. Nel senso che da cinquant’anni a questa parte, abbiamo sviluppato mezzi di comunicazione (treno, automobile, aereo) che ci permettono di andare da un posto all’altro senza spendere energia. La nostra vita è diventata più sedentaria, perché nessuno di noi fa più fatica fisica, ma facciamo un lavoro seduti a tavolino e non esistono più né gli scaricatori di porto, né chi deve zappare la terra. Inoltre abbiamo sviluppato dei sistemi di riscaldamento nelle abitazioni per cui non spendiamo energia per mantenere la temperatura corporea di 37 gradi. Il risultato è sotto i nostri occhi: siamo diventati una popolazione di sedentari, pur conservando le abitudini alimentari di una volta. Stando così le cose, si sono sviluppate due linee di pensiero. Coloro che dicono che per prevenire l’obesità, bisogna cambiare l’ambiente. E coloro che invece dicono che bisogna intervenire sugli individui, per fare in modo di cambiare i loro comportamenti. Ovviamente entrambe le cose sono da perseguire. Ma purtroppo è difficile cambiare l’ambiente obesiogeno, perché non possiamo abolire gli ascensori o le macchine. È forse più facile educare le persone a vivere anche in un ambiente obesiogeno, compensando con uno stile di vita corretto. Quindi dobbiamo puntare a cambiare la testa della gente e non il mondo.
A CHE PUNTO STIAMO
Le nostre ricerche sulle cause eziopatogenetiche dell’obesità hanno anche individuato il meccanismo in grado di spiegare il problema metabolico dell’obesità e delle patologie concomitanti all’obesità. È stato dimostrato che un individuo che comincia a mangiare di più di quello che consuma ingrassa, cioè mette su tessuto adiposo a livello viscerale e queste cellule adipose che si accumulano a livello viscerale sono delle vere e proprie ›
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La restrizione calorica, cioè la dieta e l’esercizio fisico, sono i sistemi più validi per reagire alle malfunzioni indotte dall’obesità.
ghiandole endocrine, che secernono una serie di ormoni e innescano una serie di fattori capaci di influenzare purtroppo negativamente altri organi e apparati del nostro organismo (vedi cuore, fegato, reni, vasi sanguigni, pancreas etc). Tra queste sostanze prodotte dalle cellule adipose viscerali in eccesso, vi sono dei fattori pro infiammatori tra cui il principale si chiama TNFalfa. Questo fattore, che quindi aumenta con l’aumentare dell’obesità, crea una situazione di infiammazione cronica ed è in grado di inibire un enzima che si chiama eNOS (endothelial Nitric Oxide Synthase). Questo enzima sintetizza l’ossido nitrico (NO), un ormone gassoso che regola la mitocondriogenesi. Ne risulta che quando si comincia a ingrassare il TNFalfa, inibendo l’enzima eNOS, inibisce la produzione di ossido nitrico che a sua volta non è più in grado di stimolare la formazione e la funzionalità di nuovi mitocondri. Abbiamo ampiamente dimostrato che nell’obeso tutte le cellule dell’organismo hanno una quantità di mitocondri inferiore e malfunzionanti. E il mitocondrio è il motore di ogni cellula. Pratica-
mente tutto quanto mangiamo viene trasformato nell’intestino per essere assorbito in acidi grassi e glucosio, che rappresentano il nutrimento delle cellule, cioè la benzina. I mitocondri presenti in tutte le cellule utilizzano glucosio e acidi grassi per formare energia utilizzabile dalla cellula per vivere. Se non ci sono mitocondri o se il numero di mitocondri si riduce per effetto dell’obesità, succede che quello che noi mangiamo (non potendo essere bruciato nel mitocondrio) viene a essere immagazzinato nel tessuto adiposo e quindi aumenta ulteriormente l’obesità. Che a sua volta, aumentando le cellule adipose, incrementa l’infiammazione e riduce ulteriormente i mitocondri. Si entra così in un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Ciò non significa che l’obesità è una malattia incurabile, ma vuol dire che comunque la restrizione calorica, cioè la dieta e l’esercizio fisico, sono i sistemi più validi per uscire da questo meccanismo perché tanto la restrizione calorica quanto l’attività fisica sono in grado di attivare la mitocondriogenesi, aumentando l’efficienza dell’eNOS. ›
VERO / FALSO Saltare un pasto o mangiare solo una portata aiuta a stare in linea Falso - Non è questione di portate ma di bilanciamento. Perché funzioni al meglio, il nostro organismo ha bisogno di determinati principi che vengono dalla nutrizione. Importanti sono i carboidrati che devono rappresentare il 60 per cento dell’apporto calorico. I carboidrati si dividono in complessi (pasta, pane e riso) che si trasformano in zucchero durante la digestione e semplici (zucchero). La benzina del nostro organismo sono grassi e zuccheri. Di grassi ne servono pochi, massimo il 30 per cento, l’ideale è il 25 per cento. Poi abbiamo bisogno di proteine che sono i macronutrienti (da prendere dal pane, dalla carne, dal pesce, dalla verdura). Ma abbiamo anche bisogno di vitamine, sali minerali e fibre. Tutto questo è contenuto nella verdura, sia cotta che cruda. E se ne può mangiare tantissima. Carboidrati a mezzogiorno e proteine la sera Falso – Sfatiamo questa orrenda abitudine. Il nostro organismo deve mangiare tutto e non c’è qualcosa da mangiare meglio a pranzo che a cena. Ogni pasto deve essere equilibrato il più possibile. Il panino fa ingrassare Falso - Il panino è un ottimo alimento. Se poi è caldo e ha la crosta è ancora meglio perché è più digeribile. È la mollica che diventa di difficile digestione.
Le voglie culinarie sono sempre da soddisfare Vero - Dobbiamo ascoltare i bisogni del corpo. Il difficile sta nell’interpretarli nel modo corretto. Tutte le diete fanno bene e sono efficaci Falso – L’unico che può consigliare una dieta è il medico. Tutti i metodi di cottura si equivalgono Falso -La cottura serve a facilitare la digestione. Il fritto, ad esempio, non necessariamente la facilita. Bisogna rifarsi sempre alle nostre tradizioni, la dieta mediterranea deve essere d’ispirazione per tutti. Dobbiamo scegliere modi di cottura che ci aiutino nella digestione, ma che non perdano i principi nutrizionali. Se nella cottura rompiamo le vitamine, alla fine ne assumiamo di meno. La cottura non deve essere mai a temperature troppo elevate, più è bassa meglio è. Oggi purtroppo si ha poco tempo per cucinare, si spadella a tutta fiamma e questo non va bene. Da preferire è sicuramente la cottura a vapore dove la temperatura non supera i 100 gradi e si riescono a conservare i principi nutrizionali, quindi le vitamine. Mangiare cibi caldi fa bene Vero - Mangiare un cibo caldo aiuta molto a mangiare meno perché si deve masticare piano piano, se no ci si scotta, e questo serve a favorire la digestione e a sentirsi sazi. Il cibo si gusta poi molto di più perché si assumono bocconi piccoli.
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l USCIRE DAL TUNNEL
Il problema è che quando l’individuo è diventato molto obeso, la mancanza di energia viene percepita dal cervello come un problema e quindi il cervello spinge l’individuo a mangiare di più. Inoltre una persona ormai obesa, se comincia a fare esercizio fisico, si stanca più precocemente perché il mitocondrio non è in grado di fornirgli l’energia per la contrazione muscolare. Noi sappiamo che più l’obesità è grave, più è difficile uscirne. Questo dovrebbe essere percepito. Perché è una dimostrazione di quanto qualsiasi terapia può essere più efficace tanto più precocemente viene adottata. In altri termini, la scommessa per combattere l’obesità è quella di impedire alle persone sane di diventare obese. Come? Attraverso una correzione delle abitudini alimentari e degli stili di vita sbagliati in una fase molto precoce. Ciò comporta che il sistema sanitario nazionale non deve soltanto cercare di curare gli obesi, ma deve agire sulla prevenzione. E la prevenzione può essere di primo grado o di secondo grado, a seconda se è in qualche modo indirizzata all’intera popolazione oppure alle persone a rischio. Nell’ambito della popolazione, quella a rischio è facilmente individuabile nelle persone sovrappeso, che costituiscono il 37 per cento della popolazione, rispetto a un 10 per cento di persone francamente obese (ossia, che oltrepassano il limite indicato di circonferenza vita). Tutto questo si ripercuote anche
sull’economia del Paese. Basta pensare che di quei 28 miliardi di euro che costa l’obesità in Italia, la quota per gli obesi è di 12 miliardi mentre quello che spendiamo per i sovrappeso è di 17 miliardi. Cifra giustificata dal fatto che ovviamente la persona in sovrappeso “spende” circa la metà di quello che “spendono” gli obesi, ma la percentuale di popolazione sovrappeso è sicuramente maggiore rispetto a quella degli obesi. Quindi l’unico vero strumento per affrontare il problema dell’epidemia dell’obesità è quello di educare i bambini a una corretta alimentazione, perché l’educazione alimentare nei primi anni di vita permette di acquisire uno stile di vita che si porta avanti per tutto il resto dell’esistenza. E comunque, in seconda battuta, si può affrontare il problema del sovrappeso attraverso una educazione che permette all’individuo di correggere gli errori alimentari e la sedentarietà in maniera da non diventare obeso.
CULTURA DELL’ ALIMENTAZIONE
Qualcuno ha detto che le cose belle della vita o sono illegali o sono immorali o fanno ingrassare. L’obesità, nell’immaginario collettivo, è legata al concedersi dei piaceri. Dobbiamo sfatare questo luogo comune perché l’alimentazione, insieme all’attività riproduttiva, sono gli scopi del genere umano di tutti gli esseri viventi impegnati a salvaguardare la sopravvivenza della specie. Creare delle generazioni future che non si ammalino di obesità è un’opera-
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La dieta mediterranea è costituita per il 15% da proteine, per il 60% da carboidrati e per il 25% da lipidi.
zione che prevede la formazione di una popolazione capace di mangiare. Anche se l’obesità è una malattia multifattoriale e ormai non mangiamo più per vivere ma viviamo per mangiare. Non necessariamente però mangiare in modo corretto significa rinunciare a qualcosa. Questo purtroppo viene vissuto spesso dalle persone con il termine di dieta. E quando si parla di dieta si pensa a qualcosa di restrittivo e di poco piacevole, mentre nel suo significato originale dieta (diaita in greco) significava stile di vita. E uno stile di vita deve prevedere una alimentazione sicuramente gratificante, che apporti piacere ma presuppone ai tempi moderni anche a un minimo di razionalità nella scelta di cosa mangiare visto che abbiamo a disposizione di tutto e di più. Prevenire significa insegnare alle persone a mangiare in maniera corretta. Non ci sono cibi buoni e cattivi ma c’è una alimentazione corretta o scorretta. E uno dei principi fondamentali della corretta alimentazione è la varietà. Il nostro organismo è una macchina che funziona in base a una serie di meccanismi che prevedono il rifornimento delle materie prime mediante il cibo. Nulla deve mancare. Ma in questo gioco delle parti sono importanti l’aspetto quantitativo e qualitativo degli alimenti. Perché, se introduciamo più energia di quella che ci serve, l’energia in eccesso non ci occorre per muoverci e per vivere e viene accumulata sottoforma di cellule adipose. Quindi dobbiamo imparare a mangiare e dobbiamo evitare una serie di errori. Due soprattutto: mangiamo poca frutta e verdura e troppi grassi. Due errori gravi che possono creare dei problemi nell’organismo. Se non assumiamo sali minerali, vitamine, fibre e sostanze antiossidanti, il nostro sistema di difesa abbassa la guardia e si originano delle patologie.
LA DIETA MEDITERRANEA
È stato ampiamente dimostrato dai ricercatori che coloro che seguono una dieta mediterranea ricca di frutta e verdura, vivono più a lungo e si ammalano meno di malattie mortali. Solo con una corretta alimentazione siamo in grado di prevenire il
40 per cento dei tumori. E la triade grano-olio-vino, alla quale si aggiungono le mandorle, sono i quattro ingredienti d’oro del modello alimentare originario, ereditato dalla civiltà greco-romana. Ingredienti tanto antichi quanto radicati grazie alla loro diffusione in tutta Europa attraverso i monasteri e col tempo arricchiti da alimenti come il pesce e i latticini. Ciò che la natura regalava un tempo attraverso gli alberi di ulivi e di mandorle, attraverso i vigneti e il mare, conduce oggi l’uomo a incamerare sostanze nutritive fondamentali per la propria salute e longevità. Non a caso l’Unesco, Organizzazione delle Nazioni Unite, ha dichiarato la dieta mediterranea patrimonio immateriale dell’Umanità. Insieme agli elementi culturali da tutelare. Perché, come ha precisato, “la dieta mediterranea è un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, tra cui la coltivazione, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. Promuove l’interazione sociale, dal momento che i pasti collettivi rappresentano il caposaldo di consuetudini sociali ed eventi festivi. Ha dato alla luce un formidabile corpo di conoscenze, canzoni, proverbi, racconti e leggende”. Inoltre, oltre a essere bilanciata, i suoi principali meriti sono la distribuzione dei pasti, 3-4 volte al giorno, e la colazione come momento importante. La dieta mediterranea è costituita per il 15% da proteine, per il 60 per cento da carboidrati e per il 25 per cento da lipidi. Non bisogna mangiare poco, ma sapere variare i cibi e i piatti per comporre menù sempre più gustosi che si basino sull’assunto nutrizionale che recita: cinque porzioni al giorno tra frutta e verdura, sempre un buon primo piatto di pasta, di riso o di pizza, e in più legumi, pesce e carne bianca e rossa. Da sfatare, quindi, l’idea errata che la pasta fornisca troppe calorie, perché queste aumentano a causa delle “cattive compagnie”, cioè i grassi da condimento aggiunti da noi consumatori. Il classico piatto di spaghetti è pari a 80 grammi e questi forniscono soltanto 280 calorie.
LE 6 REGOLE PER NON CEDERE AL CIBO
1) FAI LA LISTA DELLA SPESA - Quando vai al supermarket, fai prima una lista della spesa degli alimenti e degli ingredienti che devi comprare. Ma attenzione: compila l’elenco quando sei in grado di ragionare, a ›
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stomaco pieno. E magari non andare al mercato alle ore 12, quando sei affamato: compri di più rispetto a quanto acquisti dopo aver mangiato. Chi si occupa di proporre le cibarie nei negozi lo sa. Sa anche dove piazzare tra gli scaffali le confezioni dei prodotti che minacciano la nostra linea: se ci fai caso, sono posizionati ad un’altezza intorno al metro e sessanta e spesso hanno dei colori più evidenti di altri. 2) PORZIONI PICCOLE - Come prevede il bon ton, quando sei in compagnia, è inutile servirti di una porzione enorme. Meglio fare una porzione piccola, in un piatto da frutta e quando hai finito, fare un secondo giro, ma solo se capisci di avere ancora fame. 3) NON ABBUFFARTI - È preferibile mangiare più cose nello stesso pasto piuttosto che abbuffarsi di una pietanza sola. Se mangi in modo variato apporti quanto occorre davvero al tuo fisico. 4) MUOVITI QUANDO VUOI - Fare attività fisica fa bene ma sceglila secondo i tuoi gusti. Non importela. Il rischio è che non sei costante e smetti appena puoi. Magari cerca complici che condividano l’impegno. Se dai l’appuntamento all’amico al parco, per farti una passeggiata, rispetta la promessa. Se non vai, deludi il tuo compagno. Un altro aiuto può dartelo il portafoglio: se paghi l’annualità in palestra, sei più costretto a mantenere la parola data visto che nel caso contrario hai sprecato solo il tuo danaro e il fatto ti darà certamente fastidio.
5) DIETA SU MISURA - La dieta non è uguale per tutti. È come se un sarto volesse vestire l’intera popolazione con abiti di un’unica taglia. La dieta va calibrata sull’individuo: ha un impatto psicologico e tiene conto dei suoi errori. Ottima è l’abitudine di tenere un diario alimentare dove scrivere cosa mangiamo durante la giornata e dove appuntare le sensazioni e lo stato d’animo nel momento in cui si mangia. Questo permette al medico esperto di capire sia gli errori alimentari che gli stimoli che inducono a mangiare. Se per esempio si assalta il frigorifero quando si è arrabbiati, nervosi, depressi, annoiati o stressati. Stati d’animo che non c’entrano nulla con la fame. 6) SCEGLI IL MENU - Se vai a mangiare al ristorante, ordina le pietanze senza farti influenzare dal cameriere, che quando ti chiede cosa ti porta in tavola alla fine, il più delle volte ti domanda cosa desideri per dessert e non cosa vuoi per frutta. ◆
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Michele Carruba
Direttore del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità dell’Università degli Studi di Milano
COVER STORY
OLTRE IL TERREMOTO
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La gente colpita dal sisma è di fronte ad una grande sfida: riparare, ricostruire, migliorare le strutture compromesse dal drammatico evento, per aiutare se stessi, le proprie famiglie e per il bene dell’intero Paese.
Nei confronti di eventi come le grandi calamità naturali le nostre possibilità di previsione e prevenzione conoscono dei limiti evidenti. Per esempio sappiamo quali sono i territori più a rischio, ma non sappiamo come e quando colpirà un terremoto con la precisione necessaria per azzerare il rischio di perdere vite umane. I limiti della nostra conoscenza esaltano tuttavia lo spirito con il quale reagiamo alle sventure. La ricostruzione e il ripristino delle condizioni di vita in un’area colpita da calamità mettono in campo la parte migliore dell’umanità, ed è a questa componente umana che facciamo appello per diffondere un progetto che aiuti le aziende e i lavoratori delle località dell’Emilia-Romagna, della Lombardia e del Veneto a superare l’impasse del momento per ritornare ad essere uno dei motori della nostra economia. Infatti, come hanno già sottolineato da › settimane i quotidiani e le televisioni,
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C OV E R STO RY RENZO ANGELINI
COVER STORY
il terremoto ha colpito una delle aree più produttive del nostro Paese. È quindi di interesse strategico il ripristino delle condizioni che garantiscano la produttività delle aziende, soprattutto nel settore agroalimentare. L’evento tragico del terremoto presenta numeri impressionanti. E la terra non smette di tremare. Moltissime aziende sono inagibili, con fermi della produzione che rischiano di essere questione non di pochi giorni ma di mesi. Ingentissimi i danni agli edifici, soprattutto quelli storici o di culto ma anche ai numerosissimi stabilimenti danneggiati, in termini di strutture, macchinari e scorte. Colpito un vasto territorio, da Modena a Ferrara, a Mantova, disseminato di rocche, manieri, chiese, edifici storici e strutture dell’agroalimentare che hanno ribattezzato quest’area come la “food valley” italiana. È proprio questo il dato che più colpisce di questo terremoto, capace di traumatizzare una ›
Ferrara, veduta aerea prima del sisma
Carpi, veduta aerea prima del sisma
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Sopra, distese di mais circondano gli allevamenti di maiali, per la produzione di salumi, e di vacche per la produzione di latte destinato al Parmigiano Reggiano o al Grana Padano. Al centro, grandi distese di reti ombreggianti e antigrandine proteggono i frutteti ad alta specializzazione di pere e mele che si alternano ai pescheti e ai campi di grano e mais. Nella pagina a fianco azienda orticolazootecnica nel viadanese, dove i terreni argillosi permettono la produzione di meloni e angurie della migliore qualità; coltivati, a seconda del periodo, nei tunnel o a pieno campo.
terra fino a ieri definita “a bassa sismicità”. Un sisma superficiale di soli sei chilometri di profondità, dunque molto devastante, dove chiese, castelli e campanili si sono sbriciolati sotto la potenza delle scosse. Il terremoto agli agricoltori ha preso tutto. Case, fienili, stalle, capannoni e ora anche l’acqua. Gli impianti di irrigazione come quello di Burana sono danneggiati. Le produzioni agricole sono a rischio. Quest’area, conosciuta dai locali come la “Bassa” eccelle per la produzione delle pere, dei meloni, dell’ortofrutticoltura e cerealicoltura in genere. Le strutture hanno subito danni gravissimi e le celle frigorifere o i centri di stoccaggio sono inagibili: non si sa dove lavorare e conservare i prodotti che arrivano dai campi. Le stalle e gli allevamenti sono crollati o danneggiati, molti
animali sono rimasti in trappola. Alcuni allevatori li tengono fuori dai ricoveri e li sorvegliano giorno e notte. C’è però una fortissima voglia di ripartire. Sono molto legato a queste terre e alla gente della “Bassa”, dove ho avuto il piacere di vivere 8 anni, a San Felice sul Panaro. Ne conosco la tenacia, il coraggio, la dignità. La passione per il lavoro e per il fare impresa qui è un dogma. Accanto allo sgomento e alla paura c’è la voglia di ricominciare, di rimuovere le macerie, di rimettersi in piedi. Perchè la gente ama la propria terra, la propria vita, le proprie case e le proprie attività. Qui tutti vogliono dedicarsi “al tempo della ricostruzione” di tante isole di “eccellenza” che hanno tenuto a galla l’economia nazionale e non solo quella dell’Emilia-Romagna. In fondo, in questa terra c’è una “razza” pragmatica e concreta che non fa giri di parole quando spiega ciò di cui c’è bisogno. È interesse di tutti che la parte della cosiddetta “food valley” italiana, messa provvisoriamente fuori gioco dal terremoto, ritorni ad essere quella di prima. Per raggiungere questo obiettivo si sono mobilitate le istituzioni preposte ma si può fare di più. Noi suggeriamo che tutti i consumatori possano trasformare la loro solidarietà morale in gesti proattivi che, moltiplicati nei loro effetti, potreb- ›
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Idrovora dei Pilastresi a Burana (FE)
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Il centro di Mirandola con il campanile nato nel 1777, simbolo della città, fortemente danneggiato dal sisma del 20 maggio, oggi rappresenta un pericolo per la “zona rossa” e i cittadini ne discutono l’abbattimento.
Sopra, vista aerea del centro di Mirandola. A destra, la Rocca Possente di Stellata, al riparo dall’argine maestro del Po all’interno della zona golenale. Fatta costruire nel 1380 da Nicolò II e riedificata nella prima metà del ‘600 da Urbano VIII nell’elegante e compatto impianto stellare originario.
bero fare la differenza. Di che gesti proattivi sto parlando? Io penso alla buona pratica di sostenere i prodotti delle aziende colpite dal terremoto. Grazie alla collaborazione con gli Assessorati all’Agricoltura delle regioni colpite abbiamo fatto l’inventario dei marchi dell’agroalimentare che corrono il rischio di finire fuori dal mercato. Sono una ventina e penso che se il consumatore quando fa la spesa quotidiana avesse un occhio di riguardo per essi, nei tempi medio lunghi si avrebbe un grande beneficio economico e sociale. Aziende che producono prodotti eccellenti potrebbero oltrepassare lo shock del terremoto senza perdere in produttività e senza distruzione di posti di lavoro.
Quindi il nostro messaggio al consumatore che ci legge è: “Dai un contributo per la ricostruzione delle zone terremotate comprando i prodotti che, malgrado tutto quello che è successo, le aziende del territorio, faranno arrivare sul mercato. In tal modo il tuo contributo avrà un effetto immediato e permetterà di sostenere una delle zone più produttive del nostro Paese”. Dopo una panoramica aerea delle aree coinvolte dal sisma, prima del terremoto, seguiranno gli interventi di esperti e politici, che nei mesi futuri saranno i garanti della ricostruzione. Presenteremo quindi i marchi d’eccellenza nei confronti dei quali auspichiamo le modalità di sostegno suggerite da parte dei consumatori. ›
Renzo angelini
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C OV E R STO RY RENZO ANGELINI
Direttore editoriale
COVER STORY
Rocca Estense di Finale Emilia. Risale al 1402 su progetto di Bartolino da Novara.
Conoscere, prevenire, controllare
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I terremoti sono imprevedibili ma raramente uccidono. Hanno effetti letali invece la mancanza di prevenzione e di conoscenza dei rischi, l’incuria, la cattiva manutenzione.
È L’UOMO CHE CREA IL RISCHIO
Sotto la Pianura Padana si annida una realtà geologica che non rassicura. Successioni di rocce stratificate che si scontrano da milioni di anni e che giacciono spezzate e piegate al di sotto dei sedimenti sabbiosi del Po. È la parte settentrionale più avanzata del continente africano che si scontra con quello europeo. È il fronte della collisione da cui sono nati Alpi e Appennini. E da questi scontri hanno origine, più o meno direttamente, i sismi del nostro Paese. Questa grande piega sotterranea in direzione Est-Ovest da Modena a Ravennna, è nota. E sappiamo che si trova attualmente in uno stato di stress attivo che prima o poi tornerà a rompersi. Al Cnr abbiamo un dato: dopo la scossa del 29 maggio, il suolo nell’area si è sollevato di 12 cm, anche se questo non vuol dire che si approssimi un sisma. Sappiamo che le scosse di replica si susseguiranno per settimane, che
ce ne possono essere di magnitudo comparabile a quella iniziale e non possiamo escludere che un altro segmento di quella struttura sepolta si possa riattivare. I terremoti sono fenomeni naturali, non prevedibili, ma l’unica cosa che possiamo fare è prendere delle precauzioni. Perché i terremoti non uccidono ma si muore perché cadono le case che gli uomini non hanno costruito in modo adeguato. Rispettando le norme antisismiche e adeguando i vecchi edifici: questa sarebbe la prima delle grandi opere da realizzare, per fare in modo che il nostro patrimonio storico, artistico e architettonico possa resistere alle future scosse, che comunque sono connaturate al nostro territorio.
L’ITALIA TREMA
L’Italia sta ruotando in senso antiorario. La parte meridionale della crosta terrestre spinge verso la parte
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settentrionale e, trovando resistenza nei pressi dello Stretto di Messina che fa da perno, ruota e si conficca sotto le Alpi. Questo movimento generale può provocare terremoti fra loro indipendenti ma che rispondono agli stessi processi geologici. Il punto è che in EmiliaRomagna non se lo aspettavano e, anche quando hanno costruito, hanno usato buoni materiali. Certo, qualcuno potrebbe aver commesso degli errori, ma in Emilia non ce lo immaginiamo. È possibile che non ci sia stato un progetto antisismico vista la storia di quel territorio. Ma sotto gli edifici ci possono essere dei sedimenti dove le scosse provocano più danni, perché propagano le onde come una gelatina e quindi amplificano l’effetto. Potrebbero passare 100 anni come 100 ore da qui al prossimo sisma. La struttura geologica è come una molla. Dopo un forte terremoto si disinnesca, rilascia energia e ci vuole un po’ di tempo, purtroppo imprevedibile prima che si ricarichi.
PREVENIRE
Il terremoto è un evento imprevedibile, ma i danni si possono contenere e farebbe anche bene alla crescita economica del Paese. Sappiamo dal 2003 che la Val Padana è un’area sismica: la documentazione sulla provincia di Ferrara è meno consistente, l’ultimo significativo terremoto è avvenuto nel 16esimo secolo, ma altri
terremoti di magnitudo 4-5 ci sono stati negli ultimi anni in quella zona. L’ultimo terremoto forte risale al 1570 e fu capace a Ferrara di indebolire addirittura una famiglia come gli Estensi: 500 anni nella storia della terra sono pochi. L’aumento della loro frequenza comunque è solo casuale. Li abbiamo casualmente visti ravvicinati nell’ultimo periodo. Ma i terremoti non uccidono; si muore perché cadono le case che gli uomini non hanno costruito in modo adeguato. Le vecchie case sono crollate perché non si è fatta manutenzione. È quanto si può fare ancora: mettere in sicurezza e ristrutturare quanto possibile. Basta poco: una staffa di ferro a forma di “elle” che tenga insieme le pareti tra loro con i solai, in modo da legare le parti. Queste strutture contenitive, dove c’erano, hanno retto. Purtroppo si è compreso che la zona ah una pericolosità sismica più alta e soprattutto una vulnerabilità tale che quanto c’è già di costruito va adeguato. Anche i sassi sanno che un euro speso per la prevenzione ne vale almeno cinque spesi a disastri avvenuti. ›
Mario Tozzi
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C OV E R STO RY MARIO TOZZI
Geologo, Primo Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche e divulgatore scientifico
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Sisma: una rete satellitare misura i movimenti del suolo
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Nuovi dati dei satelliti COSMO-SkyMed dell’Agenzia Spaziale italiana hanno mostrato gli effetti permanenti dei movimenti del suolo relativi al terremoto del 29 maggio permettendo ai ricercatori di Cnr-Irea e Ingv di valutarne gli effetti. Rilevato un sollevamento dell’area fino a 12 cm.
Continua l’attività di monitoraggio dallo Spazio delle aree dell’Emilia-Romagna colpite dal terremoto, avviata dal Dipartimento della Protezione Civile dopo l’inizio della sequenza sismica. Le nuove acquisizioni radar dei satelliti della costellazione COSMO-SkyMed programmate dall’Agenzia Spaziale Italiana su tutta l’area in cui sono in atto fenomeni sismici hanno permesso di studiare gli effetti permanenti dei movimenti del suolo causati dalla scossa del 29 maggio 2012. Lo studio è stato condotto da un team congiunto di ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IREA di Napoli) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) mediante una tecnica denominata Interferometria Differenziale che permette di misurare spostamenti del terreno anche dell’ordine di pochi centimetri su grandi aree. La zona maggiormente interessata si estende per circa 50 km quadrati, tra Mirandola e San Felice sul Panaro nella provincia di Modena. Le immagini mostrano gli effetti permanenti degli eventi sismici successivi al 29 Maggio, che hanno causato un sollevamento del suolo fino a 12 centimetri. La prima (interferogramma) può essere letta come una mappa dei movimenti del suolo, in termini di cicli di colore, nella direzione di vista del satelllite. Ogni ciclo indica una deformazione del suolo di 1,5 cm e sommando i cicli di colore si ottiene lo spostamento massimo del suolo verificatosi tra le due date. Per rendere visivamente più chiara la deformazione misurata, la seconda immagine mostra la mappa degli stessi spostamenti ricavata dall’interferogramma. Le zone in rosso sono quelle che hanno subito il maggior innalzamento, mentre le aree stabili sono in verde. Il
sollevamento è stato causato dallo scorrimento in profondità dei due lembi della faglia sulla quale si è originato il terremoto del 29/5. L’ultima acquisizione del sistema COSMO-SkyMed sulla zona interessata dal sisma era avvenuta la sera del 27 maggio, due giorni prima del secondo evento. Il calcolo della deformazione del suolo dovuta alla forte scossa del 29 maggio è stato possibile dopo il primo passaggio utile del primo dei quattro satelliti della costellazione sulla orbita, avvenuto nella serata del 4 giugno. L’uso dei satelliti di COSMO-SkyMed, caratterizzati da tempi di rivisita molto brevi, ha permesso di avere a disposizione un gran numero di dati, tali da poter studiare e separare gli effetti delle prime scosse sismiche del 20 maggio da quelle avvenute il giorno 29. Con altri sensori, caratterizzati da tempi di rivisita più lunghi, questo non sarebbe stato possibile. Il risultato ottenuto è particolarmente interessante in quanto consente una analisi completa della zona interessata dalle deformazioni del suolo, la quale mostra un orientamento prevalentemente est-ovest. Le sue caratteristiche, e il confronto con i dati della sismicità, indicano che la faglia del 29/5 si colloca nella continuazione verso Ovest di quella del terremoto del 20 maggio. Le osservazioni satellitari, oltre a fornire importanti informazioni nell’immediatezza di eventi sismici come in questo caso, rappresentano un patrimonio informativo fondamentale che, insieme ai dati raccolti sul campo e alla messa a punti di sofisticati modelli matematici, permette di approfondire la comprensione dei meccanismi fisici che sono alla base dei fenomeni sismici. ›
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Dal dire al fare
Il momento dei buoni propositi è finito. Ora bisogna agire. La strategia della Regione Emilia-Romagna è improntata ad accelerare il pieno ripristino dell’economia dei territori colpiti. AREE COLPITE/DANNI
Il sisma che ha colpito la Pianura Padana ha lasciato una ferita profonda: lutti, rovine, sofferenze, angoscia. Per chi ne è rimasto coinvolto nulla sarà più come prima. I danni toccano le comunità, i grandi servizi collettivi, i luoghi della storia e dell’identità comune, le condizioni di vita e di lavoro delle persone e delle imprese, la loro capacità produttiva e di reddito, il ruolo sociale, le prospettive. In queste condizioni l’avvio immediato della ricostruzione con nuovi parametri di sicurezza sismica per tutti gli edifici e le attività costituisce l’unico sollievo possibile. Bisogna ricostruire al più presto per ridurre la durata dei disagi e della condizione di “terremotati” e dare, nello stesso tempo, un senso e un traguardo ai sacrifici imposti dalla situazione. Le iniziative messe in atto dalla Regione EmiliaRomagna con il Governo, con gli Enti locali e con le rappresentanze imprenditoriali e sociali dei territori colpiti vanno tutte in questa direzione. Ciò che vogliamo è che, una volta accertati i danni, si possa procedere immediatamente all’avvio dei lavori di ricostruzione e di ripristino con procedure semplificate e risorse certe, effettivamente disponibili. Questo è quanto abbiamo preteso e concordato con le autorità nazionali ed è l’obiettivo di fondo della neonata gestione commissariale straordinaria in capo alla Regione, ai Comuni e alle Province.
COSA SI STA FACENDO
Per quanto riguarda l’agricoltura, abbiamo già individuato le fonti finanziarie. La prima è il Fondo nazionale (2,5 miliardi di euro nel triennio) per la ricostruzione destinato a tutti i settori, agricoltura compresa,derivanti dall’aumento dell’accisa sui carburanti e da modifiche al bilancio dello Stato. A questi si aggiungono 100 milioni per abbattere i tassi di interesse delle anticipazioni bancarie. Poi ci sono circa 135 milioni di euro, riservati alle imprese agricole e agroalimentari, frutto della decisione delle Regioni italiane e del ministro dell’Agricoltura di destinare all’Emilia-Romagna una quota dell’annualità 2013 dei rispettivi programmi di sviluppo rurale in segno di concreta solidarietà e vicinanza agli agricoltori emiliani terremotati. Un altro capitolo importante riguarda il risarcimento del Parmigiano-Reggiano danneggiato dal sisma, a cui si sta provvedendo in due modi: l’autofinanziamento solidale dei soci del Consorzio di tutela e un ritiro di prodotto destinato agli indigenti finanziato sia con gli appositi fondi europei 2013, sia con risorse già richieste al Mipaaf. Infine, si è deciso che il ripristino delle strutture di bonifica rese inagibili dal terremoto rientrerà tra gli interventi di “somma urgenza” al pari di altre strutture collettive e pubbliche di primaria importanza territoriale. › Tiberio Rabboni
Assessore Agricoltura, Economia Ittica, Attività Faunistico-Venatorie Regione Emilia-Romagna
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C OV E R STO RY TIBERIO RABBONI
Chiesa crollata nel centro storico di San Felice sul Panaro (MO)
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Rivara (MO)
Difendere l’agricoltura Le iniziative economiche per sostenere e accelerare la ristrutturazione post terremoto
AREE COLPITE/DANNI
La situazione sta evolvendo in modo continuo e non si può dire di avere ancora un quadro definitivo. In Emilia-Romagna risultano più direttamente colpiti 53 comuni oggetto del decreto Ministero dello sviluppo economico del 1 giugno 2012 per le sospensive fiscali, ma anche in quelli limitrofi a quelli della delimitazione iniziale si stanno evidenziando danni. Il crollo o il danneggiamento di ricoveri zootecnici e di strutture annesse, sta provocando consistenti difficoltà nella corretta conduzione degli allevamenti – che non può subire nessun tipo di interruzione prolungata – con particolare riferimento all’alimentazione ed alla cura degli animali, alla mungitura, allo stoccaggio in azienda ed al trasporto e successiva lavorazione del latte. Gli allevamenti conferenti ai caseifici coinvolti dal sisma sono quasi 700; al momento attuale il latte prodotto viene trasferito e lavorato presso altre strutture, mentre sta proseguendo il lavoro di recupero e di classificazione delle forme “crollate” ed il trasferimento di quelle che possono proseguire la stagionatura in altri magazzini. Il collasso di alcune coperture di fabbricati rurali o di strutture di lavorazione o stoccaggio ha gravemente compromesso impianti fotovoltaici installati anche in tempi recenti. Altro aspetto problematico – per i possibili effetti sulla sicurezza del territorio e per eventuali perdite di produzione significative su colture ad alto fabbisogno idrico quali mais, frutteti, meloni, cocomeri ed altre orticole – è rappresentato dai cedimenti di significativi tratti arginali di alcuni canali di bonifica e da lesioni strutturali, in alcuni casi di notevole importanza, a manufatti ed impianti destinati sia all’allontanamento delle piogge eccedenti la capacità di assorbimento dei terreni sia alla distribuzione di acqua a fini irrigui.
COSA SI STA FACENDO
I punti di più diretto interesse dell’agricoltura sono incentrati su un pacchetto sul credito atto ad assicurare le necessaria liquidità per i lavori più immediati di ristrutturazione e ripristino delle attività attraverso la stipula di mutui agevolati con le banche. Le agevolazioni saranno garantite da un fondo per l’abbattimento dei tassi di interesse e da un fondo per garantire i prestiti erogati. Le risorse derivanti dalla rimodulazione dei piani di sviluppo rurale italiani andranno ad alimentare una specifica misura di intervento di cui abbiamo chiesto l’attivazione a Bruxelles e che interviene per favorire il ripristino del potenziale produttivo agricolo danneggiato da calamità naturali e per la introduzione di adeguate misure di prevenzione delle strutture danneggiate. Sono poi state previste una serie di sospensioni e deroghe di scadenze ed adempimenti di varia natura (30 settembre / 30 novembre 2012) riguardo ai versamenti contributivi e fiscali, alle rate dei mutui in scadenza, ai tributi di bonifica e ad adempimenti amministrativi derivanti dalla applicazione degli interventi della PAC (Politica Agricola Comune). Infine è stata inoltrata all’Unione europea la richiesta di anticipare da dicembre a luglio 2012 l’acconto del 50 per cento dei pagamenti PAC spettanti alle aziende agricole dei territori colpiti dal terremoto. ›
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Valtiero Mazzotti
Direttore Generale Agricoltura, Economia Ittica, Attività Faunistico-Venatorie Regione Emilia-Romagna
Rocca Estense di San Felice sul Panaro, eretta dopo il 1340 da Bartolino da Novara per Obizzo d’Este e riadattata nel secolo XV
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Ripartire al più presto...
È urgente ripristinare le potenzialità di una delle aree strategiche per il Paese per forza produttiva agroalimentare
AREE COLPITE
L’attenzione mediatica è sull’Emilia, che ha pagato il prezzo carissimo delle vite umane, ma questo è purtroppo anche il terremoto della provincia di Mantova: un’area che ospita 7000 aziende agricole, di cui 1500 allevamenti. Paesi come Moglia, Quistello, Poggio Rusco, per citare 3 dei 36 comuni mantovani colpiti dal terremoto, sono in linea d’aria a meno di 10 km dall’epicentro di Mirandola. Prendo atto che il primo decreto emanato dal governo per l’emergenza terremoto ha completamente dimenticato la Lombardia. E questo nonostante le tempestive segnalazioni che, tanto per via formale che informale, abbiamo inviato al governo tramite il Ministro Catania. Il settore agroalimentare mantovano, che si regge quasi interamente sulla trasformazione del latte nelle DOP Grana Padano e Parmigiano Reggiano, ha subito danni gravissimi, al pari di quelli subiti dall’Emilia. Abbiamo censito, azienda per azienda, un danno complessivo di 300 milioni di euro. Ma di tutto questo non vi è al momento traccia nel decreto. Su un altro fronte, quello della demarcazione dell’area colpita, devo inoltre rilevare che l’elenco dei comuni è incompleto. Spero vivamente che nell’iter di conversione del decreto legge siano possibili correzioni e precisazioni che appaiono indispensabili non solo all’assessore regionale all’agricoltura della Lombardia ma a tutti gli imprenditori agricoli
che chiedono solo di poter ripartire al più presto con la loro attività.
DANNI
Tra Emilia-Romagna e Lombardia, sono oltre 900 mila le forme di Grana Padano e Parmigiano Reggiano cadute dalle scalere. La metà erano in provincia di Mantova. In termini di volumi, gli impianti di stagionatura del Grana Padano sono mediamente di dimensioni superiori a quelli del Parmigiano Reggiano in Emilia. Non abbiamo registrato danni ai capannoni industriali perché l’Oltrepo mantovano è principalmente un territorio a vocazione agricola.
COSA STIAMO FACENDO
Assicuro che da parte di Regione Lombardia non c’è stata, né certamente ci sarà, timidezza nell’avanzare in sede nazionale ed europea le nostre legittime richieste di aiuto. Non per velleità ma la forza produttiva agroalimentare, lombarda e mantovana, è una risorsa per tutto il Paese e questa risorsa deve ora essere messa nelle condizioni di tornare ad operare al più presto e a pieno regime. › Giulio De Capitani
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C OV E R STO RY G I U L I O D E C A P I TA N I
Assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia
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...ma soprattutto agire subito
Circa 800 aziende del mantovano hanno subito danni gravi. Tuttavia abbiamo la possibilità di agire con tempestività per attenuare i disagi e per ritornare alla piena produttività. I DANNI
Per la parte lombarda, ed in particolare il mantovano, il terremoto ha colpito il sistema agricolo ed agroalimentare in tre modi diversi: 1) danni alle aziende agricole: sono oltre 800 le aziende agricole che hanno avuto danni alle proprie strutture (dalle case degli agricoltori alle stalle, ai depositi attrezzi e macchinari, capannoni, agriturismi ecc.); 2) danni al comparto agroalimentare ed agroindustriale: sono stati colpiti duramente i caseifici del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano e danni sono stati rilevati anche presso alcune cantine cooperative; 3) alle infrastrutture di bonifica e irrigazione: questa area della bassa mantovana, a sud del Po, è sotto il livello del fiume, e pertanto viene protetta da alluvioni e siccità da un complesso sistema di opere di bonifica idraulica, idrovore ed impianti di irrigazione. Molte di queste infrastrutture strategiche sono danneggiate, e pertanto ampi territori sono a rischio sia in caso di piogge prolungate che quando, solo fra poche settimane, occorrerà irrigare i campi.
AREE
Le zone colpite dal terremoto sono fra le più produttive dell’intero Paese, specializzate in particolare in famosissimi prodotti DOP; oltre il 10 per cento della produzione annua nazionale di grana e parmigiano sono stati coinvolti nel crollo dei magazzini di stagionatura. Quello che oggi i consumatori possono fare per sostenere quelle filiere agricole del mantovano e dell’Emilia-Romagna colpite dal terremoto è di acquistare grana e parmigiano che, fino a ieri ed oggi stesso, compravano perché sono buoni. Ma che d’ora in poi possono acquistare sia
perché sono prodotti ottimi, anzi eccezionali, ed anche per fare una buona azione a favore delle migliaia di agricoltori che li producono proprio nelle zone colpite dal terremoto. Attenzione però, perché in queste aree non ci sono solo questi due grandi prodotti, ma anche tante altre produzioni agricole di qualità, come gli allevamenti suini, le coltivazioni di ortofrutta, di melone ecc. Basta un minimo di attenzione in più, quando acquistiamo i prodotti alimentari, alla denominazione di origine (il famoso marchio DOP) per avere certezza che quel prodotto proviene proprio dalle aziende agricole emiliane, lombarde e venete colpite dal terremoto.
COSA STIAMO FACENDO
Posto che le ultime scosse sono avvenute fino a pochi giorni fa, in questo momento la fase prioritaria del soccorso alle popolazioni civili è ancora in corso. Inoltre stiamo ultimando di censire puntualmente tutte le imprese agricole ed agroalimentari che hanno subito danni, per perimetrare esattamente l’area colpita e stimare con precisione i danni che si sono verificati. Il Governo ha approvato in questi giorni il decreto legge per l’avvio degli interventi di ripristino dopo il terremoto (da quelli civili a industriali alle attività produttive come l’agricoltura, ecc): 500 milioni di euro per il 2012 e un miliardo di euro per il biennio 201314. Di questi fondi, i Presidenti delle regioni vengono nominati soggetti responsabili per l’attuazione degli interventi › Paolo Baccolo
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C OV E R STO RY PA O LO B A C C O LO
Direttore Generale Agricoltura Regione Lombardia
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Prodotti tipici dell’area danneggiata dal terremoto O
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Comprando gli alimenti delle aziende produttrici danneggiate dal sisma, diamo un contributo importante al ripristino dell’economia del territorio colpito e, di conseguenza, alla competitività del nostro Paese
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ACETO BALSAMICO DI MODENA
Area di produzione: negli acetifici delle intere province di Modena e Reggio Emilia Categoria: condimento Riconoscimento: IGP Note: a produzione familiare, è conservato da decenni nei solai delle case di molti modenesi. Da sapere: ogni anno vendono prodotti e venduti 100 milioni di litri che finiscono nei supermercati.
ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA
Area di produzione: tutta la provincia di Modena Categoria: condimento Riconoscimento: DOP Note: l’ingrediente di base è il mosto d’uva cotto. Le uve utilizzate sono i trebbiani (di Spagna, di Castelvetro) e lambrusche. Da sapere: necessita di un invecchiamento di 12 o 25 anni.
ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI REGGIO EMILIA
Area di produzione: tutta la provincia di Reggio Emilia Categoria: condimento Riconoscimento: DOP Note: ottenuto per fermentazione zuccherina e acetica del mosto cotto, è poi sottoposto a un lungo periodo di invecchiamento e affinamento in una “batteria” di piccole botti. Da sapere: oltre i 25 anni di invecchiamento in batteria si può aggiungere la dicitura “extravecchio”.
AGLIO DI VOGHIERA
Area di produzione: Voghiera, Masi Torello, Portomaggiore, Argenta, Ferrara Categoria: condimento Riconoscimento: DOP Note: unico aglio europeo ad aver ricevuto l’ambito riconoscimento. Da sapere: la sua composizione chimica è un perfetto equilibrio tra enzimi, vitamine, sali minerali e flavonoidi che conferiscono una specifica identità genetica all’Aglio di Voghiera.
AMARENE BRUSCHE DI MODENA
Area di produzione: vari comuni nelle province di Modena e Bologna, compresa zona terremotata. Categoria: frutticoltura Riconoscimento: IGP Note: i frutti devono presentare consistenza morbida, colore rosso bruno con riflessi scuri e un perfetto equilibrio di sapore, tra il dolce e l’asprigno. Da sapere: anche la confettura si fregia del medesimo riconoscimento europeo.
ASPARAGO VERDE DI ALTEDO
Area di produzione: vari comuni nelle province di Bologna e Ferrara, compresa zona terremotata. Categoria: ortofrutticolo Riconoscimento: IGP Note: può esser coltivato esclusivamente in 30 comuni della provincia di Bologna e 26 della provincia di Ferrara perché le qualità dell’asparago dipendono dall’origine geografica. Da sapere: l’unica lavorazione ammessa è il lavaggio e refrigerazione con acqua fredda.
COPPIA FERRARESE
Area di produzione: tutta la provincia di Ferrara Categoria: panettteria Riconoscimento: IGP Note: è un pane dalla forma a nastro, originata da due pezzi di pasta legati assieme nel corpo centrale. Da sapere: non può essere surgelato, né congelato; il disciplinare impone di vendere il pane entro le 24 ore dalla produzione.
COTECHINO MODENA
Area di produzione: salumifici di tutta la regione Categoria: insaccato Riconoscimento: IGP Note: è composto da un impasto di carne magra, grasso e cotenna di suino, con l’aggiunta di sale, pepe e altre spezie, contenuto in un budello naturale o artificiale. Da sapere: sarebbe nato nel 1511 a Mirandola, quando la città venne assediata dalle milizie di Papa Giulio II.
GRANA PADANO
Area di produzione: province di Ferrara e Bologna destra Reno, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova a sinistra del Po, Milano, Monza, Pavia, Sondrio, Varese Categoria: formaggio Riconoscimento: DOP Note: la maturazione naturale viene effettuata conservando il prodotto in ambiente naturale con temperatura da 15 a 22 °C, per uno o due anni. Da sapere: per ottenere un chilo di formaggio grana occorrono 14 litri di latte e nessuna forma deve avere peso inferiore a kg 24 o superiore a kg 40. ›
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LAMBRUSCHI DOP MODENESI
Area di produzione: provincia di Modena
Categoria: vino Riconoscimento: DOP Note: Nome di una famiglia di vitigni selvatici che i modenesi nel corso dei secoli sono riusciti ad addomesticare sino ad ottenere quattro riconoscimenti DOP: Sorbara, Salamino di Santa Croce, Grasparossa di Castelvetro, Modena. Da sapere: I Lambruschi DOP modenesi sono prodotti nelle tipologie “frizzante” e “spumante”. Per cogliere le fragranze si consiglia di servire il Lambrusco DOP alla temperatura di 14 °C.
MELONE MANTOVANO
Area di produzione: Mantova, 9 comuni nelle province di Ferrara, Modena e Bologna, tutti nella zona terremotata. Categoria: frutticolo Riconoscimento: IGP (protezione transitoria) Note: “principe” nel Viadanese da il nome a una varietà assai apprezzata, di colore giallo, con striature verdi e forma tondo-ovale. Da sapere: tra i sistemi di forzatura utilizzati nella coltivazione vi sono le serre e i tunnellini per il campo aperto.
MORTADELLA BOLOGNA
Area di produzione: tutta la regione Categoria: salume Riconoscimento: IGP Note: si impiegano le carni di maiale che non sono utilizzate per i tagli principali e il grasso della gola riscaldato, quindi lavato e asciugato. Da sapere: in alcune versioni la si vede proposta con pistacchi mescolati all’impasto.
PARMIGIANO REGGIANO
Area di produzione: province di Reggio Emilia, Modena, Bologna sinistra Reno, Parma e Mantova destra Po Categoria: formaggio Riconoscimento: DOP Note: mangiato a scaglie o grattugiato, la stagionatura migliore non deve essere inferiore ai 24 mesi, potendo arrivare anche a 36 e a 40 mesi. Si produce senza additivi e conservanti ed è molto ricco di proteine e calcio Da sapere: per produrre una forma di Parmigiano Reggiano servono circa 550 litri di latte con una media di 16 litri per ogni chilogrammo di formaggio prodotto.
Consorzio Patata di Bologna D.O.P.
PATATA DI BOLOGNA
Area di produzione: tutta la provincia di Bologna Categoria: ortofrutticolo Riconoscimento: DOP Note: viene usata la varietà Primura, con tuberi di forma ovale-allungata e con un buon contenuto di sostanza secca. Da sapere: buccia liscia con presenza di gemme superficiali, polpa è di color bianco o giallo paglierino.
PERA DELL’EMILIAROMAGNA
Area di produzione: vari comuni nelle province di Modena, Ferrara, Bologna, compresa zona terremotata Categoria: ortofrutticolo Riconoscimento: IGP Note: le varietà riconosciute sono Abate Fetel, Kaiser, Decana, Conference, Max Red Bartlett e William. Da sapere: consigliata anche ai diabetici, è un frutto ricco di fibre naturali e una miniera di potassio.
PESCA E NETTARINA DI ROMAGNA
Area di produzione: provincia di Ferrara Categoria: ortofrutticolo Riconoscimento: IGP Note: per la nettarina la superficie esterna è priva di pruina. Da sapere: l’Emilia-Romagna è la regione leader nel settore.
PROSCIUTTO DI MODENA
Area di produzione: prosciuttifici nella collina in provincia di Modena e Bologna; allevamenti in tutta la regione. Categoria: salume Riconoscimento: DOP Note: è ottenuto dalla lavorazione e stagionatura delle cosce fresche di suini di razza bianca selezionati e controllati. Da sapere: le sue origini risalgono probabilmente all’età del bronzo; furono i Celti a usare per primi la conservazione delle carni con il sale.
SALAME CREMONA
Area di produzione: salumifici di tutta la regione Categoria: insaccato Riconoscimento: IGP Note: carne suina selezionata e aromatizzata con sale, aglio pestato, insaccata in budelli naturali. Da sapere: la stagionare va da un minimo di 5 settimane a oltre 4 mesi.
SALAMINI ITALIANI ALLA CACCIATORA
Area di produzione: allevamenti e salumifici in tutta la regione Categoria: salume Riconoscimento: DOP Note: sono ottenuti dagli stessi suini utilizzati per i Prosciutti DOP di Parma e di San Daniele. Da sapere: una volta i cacciatori li portavano nella bisaccia durante le loro escursioni come spuntino nutriente e ricco di proteine nobili.
VITELLONE BIANCO DELL’APPENNINO CENTRALE
Area di produzione: tutta la provincia di Bologna Categoria: carne Riconoscimento: IGP Note: carni provenienti da bovini, maschi e femmine, esclusivamente di razza Chianina, Marchigiana e Romagnola, di età compresa fra i 12 ed i 24 mesi. Da sapere: il disciplinare prevede la tracciabilità del prodotto.
ZAMPONE MODENA
Area di produzione: salumifici di tutta la regione Categoria: insaccato Riconoscimento: IGP Note: è composto da un impasto di carne e cotenna suina tritate e messe nella zampa anteriore di suino svuotata. ◆ Da sapere: è un salume da consumare cotto.
CULTURA E SOCIETÀ Lamberto Selleri
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AGRITURISMO VIVERE IL TERRITORIO
Finestra aperta sul mondo sostenibile dove le famiglie vivono seguendo ritmi di vita più a misura d’uomo, crescono a vista d’occhio i luoghi preferiti da chi ha voglia di ricaricare le batterie: sei su dieci sono gestiti da donne. Per tornare bambini o riscoprire i lavori di una volta,il rapporto con la natura e i suoi abitanti, in agriturismo si va per mungere una mucca e guardare il latte che viene trasformato in formaggio, imparare a fare il pane, tosare una pecora oppure cominciare a riconoscere e a raccogliere erbe aromatiche.
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Agriturismo La Razza di Paolo Zoboli Canali di Reggio-Emilia (RE) tel. 0522 599342 - www.larazza.it
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Le vacanze in campagna erano già in auge ai primi del ‘900, ce lo ricorda anche Alfredo Testoni nella commedia in vernacolo “Aqua e ciacar” (acqua e chiacchere) dove racconta di un capofamiglia che adotta lo stratagemma di affittare per le vacanze una modesta casa colonica, facendo però credere ad amici e parenti di averle trascorse in una dimora nobiliare. A
ro Prima del restau
quell’epoca le vacanze in campagna erano appannaggio delle famiglie benestanti che spesso dalla campagna si erano trasferite in città e vi ritornavano l’estate per riprendere possesso del palazzo, della villa o dei cascinali lasciati vuoti durante l’inverno. A partire dagli anni ‘50 inizia la rinascita del nostro Paese, si accentua l’esodo della manodopera che dall’agricoltura
sciama verso il nuovo apparato artigianale, industriale e del terziario, il quale offre compensi più remunerativi di quelli agricoli. Siamo alla genesi del così detto boom economico. Il miraggio di chi ha lasciato la terra è quello di usufruire dei servizi che la città offre, diventare economicamente autosufficiente per sobbarcarsi il mutuo per la casa e sborsare le rate per l’agognato mezzo di trasporto. Allora andavano di moda le vacanze soggiornando nelle pensioncine economiche della riviera adriatica, vera attrazione fatale per la famiglia che stava crescendo di numero e che possedendo l’auto poteva raggiungere facilmente la meta della vacanza agognata da un anno. Il mondo agreste, come luogo di villeggiatura, passa allora in secondo piano, non ›
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Prima del restauro fa più tendenza. In realtà però il tarlo della campagna è solo andato in letargo. Negli anni a cavallo tra il ‘60 ed il ‘70 prendono piede le scampagnate ”fuori porta” e le gite poco lontano da casa, ciò che contribuisce ad incrementare il numero delle aziende agricole che si attrezzano per soddisfare la considerevole richiesta proveniente anche dai turisti stranieri. In quegli anni viene coniata, grazie ad Agriturist che sponsorizza il turismo rurale , una nuova parola “Agriturismo”.
In tutta Italia giace, sparso nelle campagne un patrimonio edilizio di grande valore artistico e culturale inutilizzato, che non dà reddito, anzi comporta una spesa per il suo mantenimento. La riconversione di quegli edifici in ambienti destinati al turismo è una nuova boccata di ossigeno per le aziende agricole. D’altronde, chi abita in città sente sempre più l’esigenza di vacanze scaglionate e di trascorrere il fine settimana o anche alcune ore in un luogo salubre, riposante
e lontano dal traffico, magari che ricordi la propria infanzia. La nuova locuzione in voga è: “Vado in vacanza in campagna per ricaricare le batterie”. Nel 1965 inizia il diffondersi degli agriturismi. Nel 2012 ne sono stati censiti 20.700. Le associazioni degli imprenditori agricoli hanno agito sin dall’inizio da propulsore dello sviluppo dell’agriturismo in Italia. Con il moltiplicarsi degli agriturismi cresce, da parte di chi è nato in città, la presa di coscienza del mondo agricolo e dei prodotti genuini che la terra dispensa. In vacanza in campagna, luogo di somma tranquillità, si è accolti con ospitalità familiare, si assaggia la cucina tradizionale preparata con i prodotti dell’ orto e si cominciano a frequentare i produttori di vino. Inoltre, gli agriturismi sono circondati da beni paesaggistici, artistici ›
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Agriturismo Opera02 Ca’ Montanari Levizzano di Castelvetro (MO) tel. 059 741019 - www.opera02.it/
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Agriturismo Settimano di Luca SamorĂŹ Modigliana (FC) tel. 333 3221707 - www.settimano.com
Coldiretti. (Fondata nel 1944). “È una forza sociale che rappresenta le imprese agricole, radicata sul territorio“. E’ presente in tutto il Paese con le Federazioni regionali, provinciali, interprovinciali, gli uffici di zona e le sezioni. Conta anche un ufficio a Bruxelles. Presidente nazionale: Sergio Marini (dal 9 febbraio 2007) Agriturismi soci: 4000 Via XXIV Maggio, 43 - 00187 Roma - tel.: 06 46821 - www.coldiretti .it Confederazione Generale dell’Agricoltura Italiana – Confagricoltura (anno di fondazione 1920). ”È l’organizzazione di rappresentanza e di tutela dell’impresa agricola italiana”. È presente sul territorio nazionale con le Federazioni regionali, le sedi provinciali e centinaia di sedi comunali. È inoltre presente a Bruxelles con un proprio ufficio di rappresentanza. Presidente nazionale: Mario Guidi (dal 31 marzo 2011) Agriturismi soci: 1450 Corso Vittorio Emanuele II, n.101 - 00186 ROMA tel.: 06 68521 - fax: 06 6861726 - www.confagricoltura.it Confederazione italiana agricoltori - Cia. (Fondata nel dicembre del 1977). “È un’organizzazione laica e autonoma dai partiti e dai governi. Opera in Italia, in Europa e a livello internazionale per il progresso dell’agricoltura e per la difesa dei redditi e la pari dignità degli agricoltori nella società”. La Cia è presente in tutte le regioni, le province e anche con sedi zonali permanenti, ha anche una sede di rappresentanza a Bruxelles. Presidente nazionale: Giuseppe Politi (dal 28 luglio 2004) Agriturismi soci: 3900 Via Mariano Fortuny, 20 - 00196 Roma - tel.: 06 32687 - www.cia.it
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Prima del restauro
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Agriturismo Vigne di San Lorenzo di Manetti Filippo Campiume Brisighella (RA) tel. 339 1137070 - www.campiume.it
e culturali di grande valore spesso ignorati dai circuiti turistici tradizionali. Agriturismo è anche sinonimo di sport, di vita all’aria aperta a contatto con la natura, di attività rivolte al benessere fisico, psichico e spirituale della persona. I più piccoli scoprono che le galline hanno le penne e fanno le uova, che il latte si munge dalle mucche e non lo fabbrica il supermercato. Se andate su Google alla voce agriturismo troverete 42 milioni di link e alla voce “aprire un agriturismo” ve ne sono 480 mila. Come districarsi in questo coacervo di informazioni telematiche per rintracciare un agriturismo che soddisfi le proprie esigenze ed essere garantiti che quanto ci viene offerto corrisponda alla realtà e quali procedure attivare per aprire una impresa agrituristica? Le associazioni di catego-
Prima del restauro ria sono gli organi preposti più qualificati e idonei a cui rivolgersi in quanto garanti della qualità degli agriturismi a loro associati. La Confagricoltura, nel 1965, ha istituito l’associazione Agriturist (www.agriturist.it), vi aderiscono 1450 agriturismi. La Confederazione Nazionale Coldiretti, nel 1973 ha istituito l’Associazione Nazionale Terranostra (www.terra-
nostra.it), a cui aderiscono 4000 agriturismi. La CIAConfederazione Italiana Agricoltori sorta nel 1975, ha promosso l’Associazione Turismo Verde (www. turismoverde.it), agriturismi con 3900 soci. Gli agriturismi partiti in sordina nel 1965 sono stati gli apripista degli agriturismi di seconda generazione, sorti successivamente a partire dalla fine del ›
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Prima del restauro ‘900, e concepiti per soddisfare le domande di una clientela sempre più esigente. Gli agriturismi si fanno via via più confortevoli. Gli “accessori” indispensabili per avere il tutto esaurito d’estate sono la piscina, l’aria condizionata e internet a cui si aggiungono equi-
tazione, vasche Jacuzzi, attività manuali, palestre, posteggi per campeggiatori e campi da tennis. Una eccellenza emiliana è l’agriturismo Lama di Valle Rosa a San Martino di Ferrara che dispone di due piscine di mq 100 di cui una si può convertire in coperta e riscaldata
per utilizzarla anche d’inverno. Sempre di più le ville, i palazzi e i manieri sparsi lungo tutto lo stivale diventano accoglienti rifugi per coloro che lasciano le inquinate città allo scopo di immergersi nella pace che offre la campagna. Gli agriturismi incentivano l’economia locale: ne beneficiano i ristoranti, i produttori di vino, formaggi, olio, insaccati, gli artigiani del legno, del ferro, del cuoio, gli orafi, le imprese sportive, artistiche, culturali, paesaggistiche, ambientali, termali e anche le città d’arte sono una meta per chi sceglie di soggiornare negli agriturismi. La domanda e l’of-
Agriturismo Casa del Diavolo di Brunella Baioni, Alfonsine (RA) tel. 0544 81208 - www.lacasadeldiavolo.it ferta di ospitalità corre freneticamente su internet e l’inglese è la lingua ufficiale. Il recupero dell’architettura rurale e quindi del suo valore storico-culturale è anche stato oggetto di interventi economici messi a disposizione dall’Assessorato Agricoltura della Regione Emilia-Romagna attraverso il programma di Sviluppo Rurale. Agli agriturismi per il 2009 e 2010 sono stati destinati 4,5 milioni di euro mentre per il 2011 le risorse a disposizione sono state di 18 milioni di euro. L’attività agrituristica è il passaporto per lo sviluppo
rurale in quanto agevola la riscoperta delle colture tradizionali enogatronomiche e folcloristiche, è una nuova fonte di reddito per gli agricoltori ed è una importante difesa del suolo che altrimenti verrebbe abbandonato. ◆
Lamberto Selleri Giornalista
Il patrimonio architettonico rurale ha sempre avuto un estremo difensore nella Regione EmiliaRomagna che non ha mai lesinato contributi per la salvaguardia di questi beni che, nuovamente utilizzati, hanno contribuito al rilancio e alla riscoperta delle tradizioni enogastronomiche e folcloristiche del territorio. Esse sono diventate anche una nuova fonte di reddito per gli agricoltori e inoltre le ristrutturazioni rurali hanno scongiurato l’abbandono, e quindi, il deperimento di questi beni architettonici sparsi per la campagna. “Il territorio come valore” è il titolo della mostra itinerante che la Regione ha predisposto e mette a disposizione di tutti per divulgare la conoscenza dei processi evolutivi dell’ architettura rurale in generale. È suggestivo confrontare il prima e il dopo, che si tratti di un’umile dimora contadina o di un borgo di sasso, di una chiesetta o di un monastero. La mostra è un’occasione per leggere il territorio, capirne la sedimentazione storica e il dinamismo con il quale l’innovazione plasma e ricrea il paesaggio. La mostra si rivolge a tutti coloro che vivono nel mondo rurale e, in particolare, per gli agricoltori. È un buon esempio che fa capire come un’ eccellente ristrutturazione possa portare benefici all’azienda. Gli Enti pubblici o i privati che in occasione di manifestazioni o di eventi desiderano divulgare il valore e l’importanza delle ristrutturazioni rurali possono chiedere per uso gratuito i 29 pannelli (dotati di propri sostegni) di cui consta la mostra “Il territorio come valore”. Rivolgersi a Marcella Isola tel. 051 5274458 o a Cinzia Zambelli tel. 051 5278015. www.agriturismo.emilia-romagna.it
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LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA PROMUOVE “IL TERRITORIO COME VALORE”
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Il cervello non deve mai andare in pensione. Esiste un antidoto alla vecchiaia: essere consapevoli delle formidabili capacità cerebrali in proprio possesso e farne buon uso. In virtù di questa potenzialità l’individuo, potrà così usufruire in pieno delle facoltà intellettuali e di quanto la vita gli offre, e anche gioire di un futuro.
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STILI DI VITA
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Rita Levi Montalcini “Mai darsi per vinti”
La scienziata premio Nobel per la medicina 1986, richiama alla “conoscenza” come bene fondamentale, per godere giorno per giorno della straordinaria esperienza di vivere.
“Bisogna dimenticarsi di vivere”. È questo, secondo Rita Levi Montalcini, il segreto per avvicinarsi a qualcosa che può assomigliare all’illusione dell’immortalità. Ha da pochi giorni superato i 103 anni. Le sue abitudini non sono molto cambiate da quando andava a letto alle undici. Si sveglia al mattino presto e preferisce consumare un pasto completo a pranzo anche se in piccole quantità: “Non mi interessano né il cibo né il sonno”. La sera al più cede alle lusinghe di un brodo e un frutto. Ha gli occhi limpidi e curiosi. Candidi capelli a corona. Un’innata eleganza. Una protesi acustica l’aiuta a non perdere i contatti col mondo. Può contare sui suoi collaboratori di una vita. Attraverso la sua équipe in laboratorio, continua la ricerca sull’Nfg, la sigla della proteina da lei scoperta che stimola la crescita delle cellule nervose, uno studio sulle malattie neurodegenerative che ha cominciato più di mezzo secolo fa. “Mi occupo della fondazione creata assieme alla mia gemella Paola in memoria di mio padre per il conferimento di borse di studio a studentesse africane a livello universitario, con l’obiettivo di creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo di leadership nella vita scientifica e sociale dei loro paesi”. Ultimamente non va più in laboratorio, non si china più sul microscopio, non esamina più gli embrioni di pollo. Con la leggerezza di una foglia, abita nella casa di sempre a Roma. In una dimora costellata dai quadri di sua sorella e dallo splendido mosaico, ispirato dalle traiettorie compiute dalle particelle atomiche, realizzato sul pavimento del
terrazzo. Dice: “Considero una delle maggiori, se non la mia maggiore fortuna, la mancanza di complessi, una notevole tenacia nel perseguire la strada che ritenevo giusta e la noncuranza per le difficoltà che avrei incontrato nella realizzazione dei miei progetti: lati del carattere che ritengo di avere ereditato da mio padre e che mi hanno enormemente aiutato a far fronte agli anni difficili della vita. Quand’ero giovane pensavo che la mia missione sarebbe stata quella di aiutare gli altri, volevo andare a curare i lebbrosi in Africa. Volevo disinteressarmi totalmente della mia persona, non volevo riconoscimenti”. Non è andata così. Nel 1986 le viene conferito il Nobel per la medicina. “Ricordo che era quasi notte quando mi telefonarono per darmi la notizia. Stavo leggendo un giallo di Agatha Christie. Lo rammento perché è raro che io legga romanzi, prediligo i saggi di filosofia. Ho fatto eccezione per Tolstoj, Michael Crichton e Agatha Christie”.
SENATRICE A VITA
Che donna. Ha attraversato il Novecento. Con le sue ricerche ha dimostrato che anche i neuroni si rinnovano, aprendo le porte alla ricerca di soluzioni a gravi problemi di salute. Schierata a favore della fine del proibizionismo, attiva in campagne come quelle contro le mine anti-uomo, partecipe dell’attività del Movimento di Liberazione Femminile, ha fatto perfino da testimonial per due spot televisivi usando il ricavato per sostenere la ricerca scientifica. Nel 2001 è stata ›
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Roberta Maresci
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“Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”. (Intervista concessa a Paolo Giordano nel 2009)
nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, “per aver illustrato la Patria con i suoi altissimi meriti scientifici e sociali”.
QUESTIONE DI GENI
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Rita Levi Montalcini è sempre stata una libera pensatrice. “Nella vita ognuno di noi può diventare un santo o un bandito, ma ciò dipende dai nostri primi tre anni di vita. É una legge di una scienza che si chiama epigenetica, in altre parole si può definire il risultato del dialogo che si instaura tra i nostri geni e l’ambiente familiare e sociale nel quale cresciamo. Prenda una bicicletta o un insetto, oggi sono pressoché uguali a com’erano duecento anni or sono. Noi no. L’uomo è darwiniano al cento per cento. Ebbene, io a tre anni ho deciso che non
mi sarei mai sposata e che non avrei avuto bambini. Anche a quattro anni non conoscevo il piccolo trattato sull’uguaglianza dei sessi scritto da François Poulain De La Barre, né sapevo che la palese differenza fisica e quella, presunta, delle capacità intellettuali tra individui di sesso maschile e femminile della nostra specie, sono dovute al fatto di avere nel primo caso, un cromosoma X e uno Y, nel secondo due cromosomi X. Come a me era toccato in sorte. L’esperienza del ruolo subalterno che spettava alla donna in una società interamente gestita da uomini, mi aveva convinto di non essere tagliata per fare la moglie. Devo ammettere che sono rimasta condizionata dal rapporto vittoriano che subordinava mia madre a mio padre. A quei tempi nascere donna significava avere
LE PROVE DELLA VITA
“Senza Mussolini e Hitler oggi sarei soltanto una vecchia signora ultracentenaria. Grazie a quei due, invece, sono arrivata a Stoccolma. Non mi sono mai sentita una perseguitata. Ho vissuto il mio essere ebrea in modo laico, senza orgoglio e senza umiltà. Non vado in sinagoga né in chiesa. Non porto come una medaglia il dato storico di appartenere a un genere umano che ha sofferto molto, né ho mai cercato di trarre vantaggi o risarcimenti morali. Essere ebrei può non essere piacevole, non è comodo, ma ha creato in noi un impulso intellettuale supplementare. Come si può affermare che Albert Einstein era di razza inferiore? Dovremmo abolire anche nella nostra testa il concetto di razza. Esistono i razzisti, non le razze. E a me interessano soltanto le persone. Durante la guerra, a Torino ho trasformato in laboratorio la mia camera da letto, un piccolo locale di due metri per tre in corso Re Umberto. Quella stanza diventò un centro di ricerca frequentato anche da alcuni miei compagni di scuola che professavano il fascismo e forse la domenica indossavano la camicia nera. Qualcuno cantava quelle stupide canzoncine. “Se ci manca un po’ di terra prenderemo l’Inghilterra, se ci mancherà il sapone prenderemo anche il Giappone...”. Tutti assieme si rideva. Con l’avvento delle leggi razziali di Mussolini la mia famiglia fu costretta a trasferirsi a Firenze. Scegliemmo un altro cognome, per me, Paola e mamma io decisi Lupani, il primo che mi venne in mente. Per Gino (mio fratello) e Mariuccia (sua futura sposa) quello di Locatelli: per evitare che lo stesso cognome mettesse tutti in pericolo. Ci ospitava una ›
LA FONDAZIONE EBRI Rita Levi Motalcini dice dell’EBRI (European Brain Research Institute): “Nel 2001 ho avuto quest’idea. Mi sono chiesta: in che cosa l’Italia ha sempre primeggiato? Nelle neuroscienze. Nel Settecento Galvani e Volta scoprirono l’elettricità animale; a fine Ottocento Golgi inventò la colorazione con l’argento delle cellule nervose per evidenziarle meglio al microscopio; Vittorio Erspamer riuscì a isolare la serotonina e altri neurotrasmettitori e Giuseppe Levi, il mio professore, fu tra i primi a sperimentare la coltura in vitro. Allora perché non fondare un istituto nelle neuroscienze? Dove l’Italia gode di un glorioso passato? La cosa ha preso fuoco. Alcune regioni italiane si sono candidate per ospitare questo centro, ma alla fine l’ha spuntata Roma, perché aveva a disposizione la struttura idonea”. L’EBRI è un ente senza scopo di lucro. Nato con una missione: potenziare la ricerca neurobiologica nei suoi aspetti fondamentali (biologia molecolare, neurofisiologia, neurofarmacologia) alla base delle malattie neurodegenerative. Nonostante i riconoscimenti ricevuti e gli altri risultati ottenuti, purtroppo il problema fondamentale è trovare le risorse necessarie a sviluppare le eccellenti ricerche che i giovani ricercatori portano avanti. Attualmente l’Ente si finanzia attraverso progetti di ricerca finanziati da istituzioni pubbliche e private, e può contare sulle donazioni spontanee (il 5 per mille).
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impresso sulla pelle un marchio di inferiorità. Ricordo un episodio di quand’ero negli Stati Uniti. A un ricevimento mi si avvicina una signora e mi fa: “Anche suo marito è membro della National Academy?”. Le rispondo “I am my own husband”, sono io stessa mio marito. Lei si allontana un po’ perplessa, credendo forse che non so esprimermi in inglese. Ho rinunciato a costruire una famiglia, non all’amore. Questo no. Ho avuto degli affetti, mi sono innamorata, sono stata felice. Ma il mio forte interesse era rivolto alla ricerca scientifica. Ho avuto e ho gli amici di una vita: Renato Dulbecco, Giuseppe Attardi, il mio maestro Viktor Hamburgher alla Washington University di St. Louis, Norberto Bobbio, la poetessa Maria Luisa Spaziani. Tutto è stato meraviglioso attorno a me”.
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i c “Il male assoluto del nostro tempo è di non credere nei valori. Non ha importanza che siano religiosi oppure laici. I giovani devono credere in qualcosa di positivo e la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono anche dopo la nostra morte”.
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famiglia che vagamente sapeva di noi. Mi specializzai nella stampa di documenti falsi per gli ebrei, avevo rapporti con il Partito d’azione. Un giorno mi venne a trovare il professor Giuseppe Levi (papà della scrittrice Natalia Ginzburg) e, per non farci scoprire, disse semplicemente alla padrona di casa: “Mi chiami la Rita”. Vede, sono stata anche allora come Crusoe. Sola. Devo alla solitudine anche il Nobel. Sono giunta alla scoperta sull’Nfg perché ero l’unica a lavorare in quello specifico campo della neurologia. Ero sola in una giungla e non conoscevo nulla o quasi. Sapere troppo, spesso, ostacola i nostri progressi”.
ICONA
La sua figura è riconoscibile tanto quanto Einstein. È la scienza fatta donna. Con la sua eleganza, modi raffinati e dolci, sorrisi e severità, precisione e fermezza, ha fatto dei suoi pizzi leggeri che spuntano da maniche e spalline il ritratto di una icona. È da sempre impegnata ad aiutare le giovani donne africane, con borse studio,
e schierata in prima linea per il suo centro di ricerche EBRI (European Brain Research Institute). “Accetto questa età senza fatica. Voglio andare avanti. Non sono stanca di vivere. E non cerco la morte. Arriverà. Forse tra un mese, forse tra due anni, chissà. Le mie colpe sono di scarsa entità. Spero di avere pochissimo da farmi perdonare”, dice la senatrice felice della sua vita lontana dall’ideale di perfezione, eppure fonte di continua gioia. Lo dice da anni. Soprattutto ai giovani: “Catturate il vostro demone e poi dimenticatevi di voi stessi”. Lei lo ha fatto donando tutta se stessa agli altri, arrivando a condividere il Nobel per la medicina con il biochimico Stanley Cohem, che alla sera era solito rilassarsi suonando il flauto con gli occhi chiusi, accanto al suo cane. ◆
Roberta Maresci Giornalista e scrittrice
ELOGIO DELL’IMPERFEZIONE “Non bisogna mai darsi per vinti”, continua a dire la Montalcini. E anche se oggi la cosa che più desidera è la pace in Medioriente, ripensa alle situazioni che le hanno fornito le chiavi della strada a lei più consona. A cominciare dal tragico evento che le ha fornito il filo di Arianna. “Nell’infanzia ho amato con immenso affetto tre figure femminili, tre angeli tutelari. Erano la mamma, la zia Anna e Giovanna, che era venuta a servizio da noi prima della nascita mia e di Paola. Un cancro allo stomaco le ha stroncato la vita. Non aveva neppure quarant’anni”. Quando la polvere di Giuanina (il nome della sua balia in piemontese) tornò alla terra e lo spirito ritornò a Dio, il destino di Rita era segnato. “Ritardando di tanti anni il mio ingresso all’università, nell’autunno del 1930 entrai per la prima volta nel lugubre e solenne anfiteatro dell’Istituto anatomico della facoltà di medicina a Torino, mischiata fra fagioli e matricole (come allora venivano chiamati gli studenti che frequentavano
insieme il corso biennale di Anatomia Umana Normale”, racconta la senatrice nel suo “Elogio dell’imperfezione” (Dalai). “Il non essere perfetti ha da sempre consentito continue mutazioni di quel meraviglioso quanto mai imperfetto meccanismo che è il cervello dell’uomo. Ritengo che l’imperfezione sia più consona alla natura umana che non la perfezione. Amo il teatro, non l’opera. Non conosco la musica. Negli anni universitari ho imparato ad amare Mozart, Beethoven, Schubert, Chopin. Non so suonare uno strumento ma ascolto con gioia la musica: un tempo, quando ero all’università di St. Louis negli USA, ascoltavo musica ad alto volume senza preoccuparmi, come avrei dovuto fare, di svegliarmi con una pila di dischi, messi in sequenza la sera prima sul grammofono, facendo diventare la mia sveglia automaticamente quella dei vicini. Certo, avrei potuto essere una donna migliore. Sono pessima in geografia e matematica. Ma la vita non mi ha maltrattata. Non ho rimpianti. Se rinascessi ripercorrerei le stesse strade. Tutto è stato a mio vantaggio, anche ciò che non ho avuto, anche ciò che ho perso lungo il cammino”.
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CALEIDOSCOPIO
Il 67° Congresso Nazionale Assoenologi
“Clima, tecnologia e mercati che cambiano: comprenderne le dinamiche per essere sempre più competitivi”: questo il titolo del 67° Congresso Nazionale di Assoenologi che si è svolto dal 3 al 7 giugno tra Barcellona, Ibiza e Marsiglia a bordo di Costa Atlantica. Concetti chiave del congresso sono stati la crisi economica ed i successi dell’export, le difficoltà di fare impresa in Italia e la necessità di razionalizzare i costi senza ledere la qualità, passando per gli effetti dei cambiamenti climatici sulla produzione vinicola. L’appuntamento è stato aperto dal telegramma di augurio del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, seguito dagli interventi in videoconferenza del ministro per le Politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania, dell’On. Paolo De Castro della Commissione agricoltura dell’Unione Europea e di Paolo Russo, presidente Commissione agricoltura Camera dei Deputati. Sono intervenuti anche il presidente di Confagricoltura Mario Guidi, Lamberto Vallarino Gancia, dell’azienda F.lli Gancia & C. S.p.a. e Serge Dubois, presidente Union Internationale des Oenologues. Un momento di incontro importante, ricco di partecipazione e in cui non è mancato, durante la cerimonia di apertura presieduta dal presidente di Assoenologi Giancarlo Prevarin e dal direttore generale Giuseppe Martelli, il riconoscimento Targa d’Oro 2012 al direttore del Tg1 Rai Alberto Maccari (ritirato da Anna Scafuri) “per il concreto contributo dato alla
sempre maggiore affermazione del vino italiano e della professionalità dell’enologo con una corretta e obiettiva informazione nell’ambito dei prestigiosi incarichi televisivi ricoperti”. Durante la prima sessione si sono confrontati Luigi Mariani, docente di meteorologia all’Università degli Studi di Milano, Giuliano D’Ignazi, direttore tecnico di Terre Cortesi Moncaro, e Riccardo Cotarella, docente di viticoltura ed enologia all’Università di Viterbo per analizzare i cambiamenti climatici durante questi anni e le conseguenti ripercussioni e rimedi in vigneto e in cantina. Il giorno successivo, gli interventi del direttore Assoenologi Giuseppe Martelli, dell’A.D. del gruppo triveneto Santa Margherita Ettore Nicoletto e del Direttore Enologia e Servizi Caviro Giordano Zinzani hanno permesso agli oltre 800 presenti di approfondire le aspettative e le difficoltà di chi produce e chi vende. La parola è passata poi a Luigi Bonato, Direttore Evoluzione Ambiente, al Direttore di Antesi Paolo Peira ed al Direttore del gruppo Cavit Enrico Zanoni che hanno affrontato l’argomento della razionalizzazione dei costi. Ad accompagnare la crociera la degustazione di più di 3600 bottiglie della regione Marche: Alberto Mazzoni direttore dell’IMT, si è fatto carico di raccogliere e offrire oltre 120 tipologie di vini marchigiani durante momenti tecnici, conviviali e di brindisi.
CALEIDOSCOPIO
In rotta verso il futuro
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Livia Giuggioli indossa un abito di Giorgio Armani
STILI DI VITA Lamberto cantoni
GLI ABITI ECO-FRIENDLY
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vestiranno il mondo? L’abbigliamento ecologico non può sostituire su scala globale quello industriale. Tuttavia, cominciano a prendere consistenza linee di prodotti green che rappresentano una valida alternativa all’abbigliamento tradizionale. La mobilitazione delle grandi marche e di testimonial prestigiosi è fondamentale per immaginare un cambiamento di vasta portata tra la gente.
Fino a pochi anni fa, uno dei limiti dell’abbigliamento eco-friendly era rappresentato dall’estrema essenzialità del design e sulle caratteristiche naif del materiali usati. In altre parole, per molti anni gli abiti che oggi ci piace definire “sostenibili” erano bruttini, fatti con stoffe naturali ma anche involute e per giunta più costosi di prodotti aventi la stessa funzione. Se non eri un fanatico dell’ideologia eco, potevi certo indignarti per lo sfruttamento indiscriminato del pianeta, partecipare a qualche camminata, essere d’accordo per la raccolta differenziata dei rifiuti, auspicare l’intervento dello Stato per sostenere il mercato dei pannelli solari, ma non avresti mai comperato per il tuo guardaroba serio l’abbigliamento green. La trasformazione dell’ideologia eco in un sistema di valori work in progress basati su pochi assiomi condivisi dalla maggioranza della gente ha cambiato le carte in tavola. L’idea assolutamente generale che da un po’ circola tra la gente ovvero che possiamo produrre meglio, risparmiando energia e riducendo l’inquinamento, è divenuta una sorta di principio valido a priori, sul quale tutti scommettono. Inutile aggiungere che il più delle volte non abbiamo affatto le idee chiare su cosa possa significare realmente ›
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Secondo i trendsetter la moda ecologica, l’abbigliamento sostenibile, lo stile di vita green sembrerebbero oggi la tendenza più probabile nel prossimo futuro. Come mai la gente continua a riempire i punti vendita del fast fashion? produrre meglio. Comunque, malgrado quest’ordine di dubbi, l’idea generale che ho esposto ha cominciato a funzionare come il nuovo orizzonte all’interno del quale prenderanno forma le preferenze delle persone riguardo i consumi. Il concetto che oggi sembra esprimere meglio questa nuova frontiera dello spazio di vita che abbiamo davanti è evocato dalla parola sostenibilità. Francesco Storace, sociologo e futurologo tra i più accreditati, ha recentemente sostenuto che tra 5-10 anni la sostenibilità sarà un parametro di vita irrinunciabile per la maggioranza degli individui. Secondo numerose società specializzate in indagini di mercato, la vendita di prodotti ecocompatibili raddoppierà entro il 2015. Non sorprende dunque se di fronte ad un mutamento del gusto che si annuncia epocale i protagonisti della moda si attivino per sincronizzarsi con i tratti dominanti del cambiamento. Evidentemente perché anche gli stilisti e i grandi manager della moda sono come noi abitatori di questo pianeta e quindi è giusto che lo difendano; ma soprattutto perché è il loro mestiere andare un po’prima di altri là dove arriveranno i desideri della massa dei consumatori.
FIGURE DELLA MODA SOSTENIBILE
L’entrata in scena convinta dei grandi nomi della moda ha cambiato radicalmente il significato operativo dell’abbigliamento sostenibile dando ad esso quell’allure che, nello spazio/tempo delle origini evocato all’inizio, non aveva. Uno degli esempi più eclatanti è l’abito che Giorgio Armani ha disegnato per Livia Giuggioli, moglie del celebre attore Colin Firth, divenuta nota al grande pubblico per aver creato il Green Carpet Challenger. La foto della bellissima coppia sul red carpet dei Golden Globes 2012 con Livia Giuggioli resa ancora più glamourosa dallo splendido abito di Giorgio Armani ha fatto il giro del mondo. E con essa si è diffuso il messaggio etico metacomunicato dall’immagine: la moda sostenibile è bella ›
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Alberta Ferretti insieme a Emma Watson
Occhiali Stella McCartney
dal momento che il tessuto dell’abito, chiamato Newlife di Filature Miroglio, è ottenuto dal riciclo di bottiglie di plastica. Inoltre l’intera filiera produttiva, dalla materia alla produzione è certificata. Quindi grazie all’alleanza tra un grande genio della moda come G. Armani e due star si platonizza l’ideologema della sostenibilità, attraverso una invisibile struttura concettuale che mette in connessione il bello con il buono e il giusto. È chiaro che in questa forma il messaggio può influenzare in modo profondo i comportamenti e i valori della pubblica opinione proiettando l’abbigliamento sostenibile su scenari profondamente diversi rispetto al tempo in cui moda ecologica significava poco più del riciclaggio di abiti usati.
L’esempio di Grigio Armani/Livia Giuggioli è solo uno dei tanti momenti in cui la sostenibilità raggiunge effetti da prima pagina. I protagonisti della moda che con collezioni capsule di abiti o accessori strizzano l’occhio alla moda green non si contano. Da citare assolutamente, perché animati da un alone di romantica autenticità al sopra di ogni sospetto, sono gli innumerevoli interventi creativi in versione eco di Vivienne Westwood. L’ultimo in ordine di tempo è rappresentato da una piccola collezione di borse e accessori battezzata “Ethical Fashion Africa”, realizzata da centinaia di artigiane keniote usando come materiali cavi elettrici, alluminio di scarto, vecchi cartelloni pubblicitari, logore tende da safari. Un’altra stilista british da anni impegnata su questo fronte è Stella McCartney. Vegetariana da sempre, nelle sue collezioni dominano borse e calzature realizzate in pelle ecologica e nel business, racconta il suo ufficio stampa, preferisce interagire con soggetti economici che investono parte dei propri ricavi in fonti energetiche pulite. Attualmente sul mercato, di Stella McCartney gli appassionati del green design possono trovare i suoi occhiali eco sostenibili. In che senso lo sono? Il materiale più usato per realizzarli è la bio plastica iniettata che contiene il 54% di olio di semi di ricino. Dal quel che mi è dato capire questi occhiali sarebbero sostenibili poiché le piante di ricino utilizzate sarebbero OGM free. Prevedendo la scontata obiezione che le varietà naturali hanno meno resa e quindi necessitano di più terreno finendo con consumare più acqua e più energia, l’efficiente ufficio stampa della stilista ha diffuso la notizia che le piante di ricino crescono su suoli poveri in aree semiaride e che quindi neces-
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sitano di pochissima acqua e nessun pesticida. Insomma con Stella McCartney non si scherza. La sua adesione alla causa green è seria, duratura e coerente. Ma anche creativi e marche lontane dal romanticismo ecologico delle due stiliste britanniche stanno sperimentando la sostenibilità. Frida Giannini per Gucci recentemente ha presentato scarpe eco-friendly (ballerine in plastica biodegradabile); Ferragamo ha lanciato borse ecologiche; Alberta Ferretti insieme all’attrice Emma Watson, forse più famosa tra il pubblico con l’orrendo nome di Hermione protagonista della saga di Harry Potter, ha creato un piccola collezione di abiti eco andata subito esaurita. Un segnale significativo del progressivo aumento di una clientela eco-responsabile è la scelta di Yoox.com, il sito web dell’e-commerce modaiolo con clienti in tutto il mondo, di creare una versione eco-frendly c hiamata Yooxygen.com, con in vendita prodotti e collezioni di stilisti attenti all’ambiente.
MODA BIO RIVOLUZIONARIA?
Look 2012 Stella McCartney
Stella McCartney
Sembrerebbe di sì ma dobbiamo fare delle distinzioni. Secondo una ricerca condotta dall’’Università Internazionale di Monaco (IUM) e organizzata da Marie-Cecilie Cervellon, Sandrine Ricord e Melena Hjerth, intitolata “Green in Fashion”, esisterebbe una profonda differenza tra il contesto anglosassone e il resto dell’Europa. Grazie ad un questionario centrato sulle motivazioni d’acquisto, le ricercatrici hanno in qualche modo misurato l’interesse dei consumatori per l’eco-moda, stabilendo che il pubblico anglo-americano in media è maggiormente predisposto alla sostenibilità rispetto al consumatore del vecchio continente. Perché? Direi che la risposta la possiamo abdurre dal differente impatto che hanno sul pubblico adesioni fortemente motivate e coerenti come quelle che ho descritto caratterizzare Vivienne Westwood e Stella McCartney, rispetto agli appelli ecologici estemporanei delle grandi marche del lusso francesi e italiane. Certamente è importante che PPR (la seconda holding del lusso al mondo) abbia diffuso l’informazione che da oggi al 2016 la produzione dei prodotti delle proprie griffe ridurranno l’impatto sull’ambiente del 25 per cento. Così come non è ›
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f w Forse dovremmo pensare l’ecomoda in modo diverso, liberandola da sterili romanticismi elitari e rendendola più aperta alle innovazioni che aiutano le persone a vivere meglio.
Scarpa Stella McCartney
certo banale che Gucci usi imballaggi 100 per cento riciclabili. Comunque sia la dimensione bio per le grandi marche francesi ed italiane rappresenta una piccola parte del proprio eterogeneo approccio marketing al mercato globale. I produttori e designer americani e inglesi sembrano più determinati e convinti. Soprattutto funziona la strategia basata sullo star system: coinvolgendo i grandi divi di Hollywood si influenza molto di più il consumatore rispetto a tanti proclami etici subito sommersi dal pirotecnico e spettacolare doping comunicazionale del fashion system. Tuttavia della ricerca citata mi ha incuriosito un dato per me significativo: gran parte degli intervistati sembra che non abbia chiaro il concetto di green fashion. La correlazione con la logica dello star system citata sopra mi pare chiara: se uso l’immagine del divo per indurre un consumo etico, non desta alcuna sorpresa il fatto che il consumatore rimuova le informazioni di base che caratterizzano il prodotto acquistato. Il sogno del green sopravanza la percezione della sua reale consistenza. È chiaro che tra sogno e realtà possono nascondersi tutte le astuzie che potete immaginare, che di verde non hanno proprio nulla. Quindi in sintesi, si può sostenere che la moda farà la propria rivoluzione green quando non solo utilizzerà in modo dominante e ripetuto grandi personaggi credibili, in grado di influenzare gli stili di vita della gente, ma anche quando riuscirà a
far diventare di tendenza la consapevolezza della posta in gioco legato ad espressioni divertenti e leggere come eco-friendly, green fashion etc. Consapevolezza significa conoscenza e approccio critico. E, oggi, la prima critica andrebbe rivolta ai troppo scontati vangeli green. Riuscirà la moda green a sopravvivere alla domanda imbarazzante: possiamo vestire il mondo (9 miliardi di persone) con l’attuale modo di concepire il biologico e la natura? Non conviene porre la sostenibilità in una relazione di confronto critico e non di conflitto con il modo industriale di organizzare le nostre vite? ◆
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LESSICO Moda eco compatibile Si definiscono eco compatibili tutti quei prodotti che rispettano l’ambiente e riducono le emissioni nocive. Green fashion Si definiscono green le collezioni che manifestano una particolare attenzione all’ambiente e sono prodotte nel rispetto per la natura: tessuti e tinture naturali, diminuzione degli scarti difficili da smaltire etc. Moda etica È una espressione che punta a fondere il rispetto dell’ambiente e l’impegno sociale dell’azienda (produzione nei Paesi svantaggiati; contratti di lavoro trasparenti e responsabili; parte dei profitti devoluta alle Onlus, etc). Moda critica È una espressione che investe il rapporto azienda-consumatore, con la prima impegnata a rendere trasparenti i processi di modazione e il secondo a riflettere sulle proprie scelte di consumo. Per moda critica si può intendere anche i limiti che lo shopping sostenibile deve rispettare.
S T I L I D I V I TA L A M B E RTO CA N TO N I
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CALEIDOSCOPIO
www.conipiediperterra.com
Per un’agricoltura che sceglie la multifunzionalita’, la comunicazione sposa la multimedialità. Per questo, dopo vent’anni di trasmissioni e mille puntate, il programma tv “Con i piedi per terra” consolida la sua posizione sul web. Non solo come visibilita’ video, ma con una chiave più completa, diventando un portale da consultare minuto per minuto perche’ in grado di monitorare e pubblicare tutte le principali informazioni dal mondo, legate al settore. La politica europea, le strategie globali, ma anche le scelte regionali per sostenere gli agricoltori, le curiosità dal mondo della produzione e della ricerca, le corrette informazioni sull’alimentazione e la nutrizione, gli appuntamenti che costellano l’Italia, dalle sagre alle fiere, dagli eventi alle grandi manifestazioni, le ricette con i prodotti tipici ma soprattutto legate alla stagionalità e all’italianità del cibo. Un giornale completo ed aggiornato per chi è del settore, ma anche un album interessante da sfogliare per il consumatore, che ad esempio
CON I PIEDI PER TERRA
riesce a comprendere come nasce una marmellata, con chi deve combattere un produttore di pesche, come funzionano le scelte dei supermercati, cosa vuol dire biologico o integrato, quali processi di lavorazione subisce una verdura di quarta gamma cioè lavata e pronta in busta, chi sono i competitori principali dell’agricoltura italiana e quali sono i nostri primati , le novità della meccanizzazione, le tecnologie più innovative, comprendere la grande evoluzione del mondo del vino, saper selezionare i veri agriturismi e cosa vuol dire ambiente o biodiversità. Inoltre c’è tutta una parte video, con streaming on demand, che consente di visualizzare l’intera trasmissione, il telegiornale agricolo quotidiano, i principali contenuti di Antenna verde (il nuovo canale monotematico sul digitale terrestre dell’Emilia Romagna al 656), altre icone che riguardano il Ministero per le politiche agricole con vari reportage sulle iniziative di educazione alimentare o progetti europei, e anche la sezione delle Video ricette con i “Sapori d’Italia” .
LA TRASMISSIONE SETTIMANALE SUL WEB La vite, il vivaio, le mele di montagna e le antiche pietre… mescolate il tutto e avrete un pezzo dell’estate del programma di agricoltura alimentazione che da 20 anni raccoglie consensi in tutta Italia. Con i piedi per terra non si ferma, anche perchè sono proprio i mesi estivi quelli più impegnativi per il settore agricolo, dai cereali alla frutticoltura, e proprio a luglio in particolare parleremo di grandi colture dalla veneta Valle Miana Serraglia, il cui nome deriva dal sistema di chiusura della valle mediante apposite strutture dette appunto serraglie, e di mele di montagna dal Trentino. Ma anche di antichi vitigni come l’alionza coltivato un tempo nelle famose “alberate” del bolognese e del modenese, detto anche Uva schiava. E qualche piatto curioso e dimenticato, dalla salsiccia gialla alla piemontese crema dei cinque cucchiai. Ed ogni puntata viene proposta per uan settimana su www.conipiediperterra.com cliccando sulla relativa icona.
CALEIDOSCOPIO
Il quotidiano on line su agricoltura, nutrizione, territorio
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Un antico colonnato dorico nella Valle dei Templi di Agrigento
VIAGGI E SAPORI Giancarlo Roversi
SICILIA L’ISOLA DEI
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SAPORI INTENSI Oltre la Sicilia del turismo esiste la Sicilia dei prodotti agro-alimentari che offrono un mondo di sapori unici da conoscere
Ci sono nomi che solo a udirli spalancano un mondo di miti, di incanti, evocano una storia intensa fatta di tante civiltà che si sono armoniosamente sedimentate, lasciando un segno incancellabile di cui si godono ancora i frutti. E questo fin da epoca remota. Potrebbe sembrare uno stereotipo da depliant turistico, ma non lo è. E’ invece l’immagine che si affaccia nella mente quando si parla della Sicilia, una delle terre più affascinanti e prodighe d’Italia sotto l’aspetto della cultura. Una cultura nel senso più ampio e sfaccettato del termine, che non comprende soltanto lo sterminato patrimonio di arte e di storia che si cela in ogni lembo dell’isola, ma anche la cultura del fare: quella delle attività artigiane, della lunga tradizione peschereccia, del lavoro dei campi e della trasformazione dei prodotti agricoli e ittici, in una parola, la grande cultura del cibo. Una realtà straordinaria, senza dubbio non meno attraente di quella rappresentata dai beni culturali e dall’ambiente, una realtà su cui vale la pena di spendere qualche parola. La Sicilia agroalimentare – ma non solo questa - negli ultimi 20 anni di strada ne ha fatta tanta e con passi da gigante. L’isola si è affrancata dalle catene dell’autocontemplazione e, pur senza ripudiare i valori della tradizione, con uno slancio da neofita, grazie all’ingegno della sua gente, ha svecchiato e riqualificato i sistemi di coltivazione e di lavorazione dei prodotti per sintonizzarli con le esigenze e con le propensioni alimentari del nostro tempo. Ed è partita lancia in ›
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VIAGGI E SAPORI G I A N C A R LO R O V E R S I
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Sono lontani i tempi in cui si produceva unicamente vino da taglio per lasciare il posto all’imbottigliamento diretto e alla valorizzazione dei vitigni autoctoni.
resta alla conquista di più ampi sbocchi di mercato per i suoi intensi sapori, il vino e l’olio in testa, facendo nuovi proseliti del gusto un po’ dovunque sia in Italia che nel mondo. Sono lontani i tempi in cui in Sicilia si produceva principalmente vino da taglio, destinato a irrobustire vini esteri anche famosi ma un po’ troppo asfittici. I tempi per intenderci, in cui nei ristoranti si beveva un vino robusto come l’«alto grado», oggi assolutamente improponibile, anche se simpatico e ruspante. Adesso la nuova autocoscienza dei vitivinicoltori siciliani – ossia l’aver capito di possedere dei tesori enologici inestimabili e di un suolo variegato che ha pochi riscontri altrove – ci regala dei vini che non finiscono mai di stupire per la loro fragranza e varietà, merito anche del fervore e dell’intuizione dei nuovi cantinieri, una realtà in cui la presenza femminile sta diventando sempre più protagonista. Sono tante infatti, e in gran parte giovani, le “donne del vino” sicule alla guida di aziende agricole e vinicole, dove hanno trasfuso una fresca ventata di entusiasmo che si traduce in accorte strategie di marketing e di comunicazione, a partire da aspetti solo apparentemente esteriori come la ricercatezza dei nomi dei nuovi nettari e lo stile raffinato di molte etichette. Si deve anche a loro, oltre che all’impegno promozionale delle istituzioni, se oggi i vini siciliani sono fra i più apprezzati in nord America, in Giappone, in Germania e nei paesi scandinavi, grazie al
loro profumo ineguagliabile, alla loro fragranza e alle mille sfumature di sapore che solo una terra generosa e multiforme come quella di Sicilia sa instillare. Proprio grazie ad essa vini non autoctoni come lo Chardonnet, lo Shirah, il Merlot - solo per citarne alcuni - hanno acquisito una nuova ammaliante personalità e nuove nuance, che li rendono completamente diversi da quelli omonimi prodotti da altre parti. Queste new entry sono andate ad affiancarsi ai grandi bianchi e rossi “indigeni”, primo fra tutti il Nero d’Avola, cui ormai ogni cantina isolana riesce a dare una sfumatura personalizzata, senza rinnegarne il temperamento. Non bisogna neppure dimenticare i nettari dell’Etna che risentono del fuoco benefico del vulcano che arde sotto le loro radici. Il discorso potrebbe proseguire a lungo perchè tutte le province siciliane possiedono i loro assi nella manica: vini preziosi che non tradiscono mai anche se si alza un po’ il gomito. Una citazione d’obbligo si deve comunque fare per i passiti, di cui la Sicilia rappresenta un “laboratorio” unico al mondo e che non vanno assolutamente confusi coi vini liquorosi, quelli con l’aggiunta di alcol, prodotti in tanti altri paesi. Solo qui, in questo lembo del Mediterraneo, si celebra infatti il connubio irripetibile fra la sapienza antica dei vignaioli isolani, il sole generoso e una terra sapida accarezzata dalla brezza marina. Non uno ma tanti nettari subli› mi che sgorgano da un’area privilegiata formata
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Il tonno, lo spada, i molluschi, i crostacei forniti dalle marinerie siciliane sono giustamente apprezzati dagli intenditori. Così come pesce azzurro, sarde, alici e sgombri che sono la base di alcuni piatti della tradizione siciliana.
dall’isola madre e soprattutto dalle sue isole satelliti. Il Malvasia delle Lipari – definito “nettare degli Dei” da Diodoro Siculo nel IV sec. a. C. - lo Zibibbo di Pantelleria, ma anche i passiti di Marsala, sono autentiche spremute di sole. Un vero prodigio se si pensa che altre nazioni mediterranee ne propongono una scelta molto più ristretta. Anche la produzione olearia ha subito una sorta di rivoluzione copernicana. Sono ormai soltanto un ricordo i tempi degli oli siciliani grevi, densi e di forte acidità, praticamente fuori mercato nel resto dell’Italia. Oggi, grazie a una più sensibile attenzione alle fasi di coltivazione, raccolta e spremitura, gli extravergini prodotti nell’isola dominano la scena non soltanto italiana, mietendo allori in tutte le degustazioni. La gamma offerta agli estimatori è quanto mai assortita a seconda delle diverse specie di olive spremute singolarmente o in sapienti miscelazioni, testimonianza viva di un antico e profondo amore per la terra e per quello che è uno dei suoi prodotti simbolo. Anche in questo campo un ruolo sempre più decisivo lo stanno interpretando le donne olivicoltrici, orgogliose innamorate delle loro nuove “creature”: oli davvero unici, spesso ottenuti con sistemi biologici attraverso la frangitura a freddo delle olive. Il menu agroalimentare siciliano tiene in serbo moltre altre sorprese. Ha tra l’altro saputo valorizzare e aggiornare un’eredità straordinaria di deliziosi formaggi a pasta dura, molle, filata, sia stagionati che freschi, pepati, salati, ottenuti da latte vaccino, ovino,
caprino o misto, prodotti in ogni parte dell’isola. Una scelta da fare quasi invidia ai francesi che vanno orgogliosi del loro ricco repertorio caseario. Primo fra tutti il mitico Ragusano, uno dei formaggi più antichi della Sicilia, cui fanno corona altre specialità tipiche quali la delicata “vastedda” della Valle del Belice - uno dei rari latticini di pecora a pasta filata il canestrato, il pecorino siciliano DOP, il Piacentino di Enna. E’ una vera sinfonia di sapori che si avvale di tanti altri valenti “solisti” tra cui la provola dei Nebrodi, delle Madonie e di Ragusa, la ricotta Iblea, il primo sale, la ricotta infornata, il fiore sicano, il cacio modicano e il Maiorchino di Novara nel Messinese, un suadente mix di latte ovino e caprino. Che dire poi dei prodotti del mare? Il tonno, lo spada, i molluschi, i crostacei forniti dalle marinerie siciliane sono giustamente apprezzati dagli intenditori. Come pure il pesce azzurro, che - con sarde, alici e sgombri saporiti - è alla base di alcuni dei piatti più stuzzicanti della cucina siciliana e che, assieme al tonno, da oltre un secolo elargisce prodotti sott’olio ricercati ovunque. Ma c’è dell’altro: i gamberi del canale di Sicilia, considerati fra i più succulenti del mondo per sapore e morbidezza, non sono neppure lontani parenti di quelli d’importazione, spesso striminziti e insapori, quasi di... plastica, figli di oceani freddi o scialbi. Se il mare non lesina le sue eccezionali risorse, non da meno fanno le campagne: la frutta e gli ortaggi, col loro sapore inconfondibile, offrono ›
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Oggi, grazie ad una più sensibile attenzione alle fasi di coltivazione, raccolta e spremitura, di oli extravergini dominano la scena non solo italiana, mietendo allori in tutte le degustazioni.
un concentrato del sole di Sicilia e, attraverso le primizie, portano un po’ del calore dell’isola nel nord dell’Italia e d’Europa quando è ancora inverno. Gli ambasciatori più espressivi dell’agricoltura siciliana - è quasi ozioso rilevarlo - restano comunque gli agrumi, esclusivi, succosi e dai profumi inebrianti, la cui introduzione nell’isola risale all’epoca della dominazione araba (assieme al banano, al riso, alla canna da zucchero e al cotone). Del resto la loro presenza nell’isola connota da sempre il paesaggio con i rigogliosi agrumeti, veri “giardini delle Esperidi”, diventati il simbolo della Sicilia stessa. Bisogna dirlo con un legittimo senso d’orgoglio: nessun’altra regione mediterranea ne possiede tante varietà, per di più in continuo aumento grazie alla creazione di nuovi ibridi saporosi. Ogni lembo dell’isola va fiero dei propri “campioni”: le arance rosse IGP (“Moro”, “Tarocco” e “Sanguinello”) della fascia pedemontana dell’Etna; le arance a polpa bionda (famose quelle di Ribera nell’Agrigentino); i profumati mandarini dell’Etna e di Bagheria vicino a Palermo. E fra i limoni: il Femminello di Siracusa, il Verdello palermitano e il limone cedrato di Trabia. Il paniere della frutticoltura siciliana racchiude però altri tesori come le croccanti uva da tavola IGP di Canicattì nell’Agrigentino e di Mazzarone nel Catanese oppure l’impareggiabile mandorla pizzuta di Avola. Ma anche i famosi pistacchi di Bronte e della zona etnea o quelli “pepati” dell’Agrigentino o della provincia di Enna, che danno alla Sicilia una posizione di privile-
gio in una coltivazione presente in Europa soltanto in Grecia e in alcuni lembi della penisola iberica. Il viaggio dentro l’agricoltura isolana non può concludersi senza una tappa nel mondo degli ortaggi che vantano dei pezzi unici come il pomodoro “ciliegino” di Pachino, che ha ormai conquistato l’intero Stivale, o quello dell’interland catanese o della piana di Birgi a Marsala. E come le lenticchie dei Monti Iblei e di Ustica o le tante varietà di melanzane: da quelle nere a quelle violacee rotonde, a quelle piccolissime e scure come le melanzanine di Comiso. Senza contare gli insuperabili capperi di Pantelleria IGP, i più aromatici, quelli dei Monti Iblei, delle Lipari e di Ustica. Da queste ed altre produzioni agricole, tra cui le polpose olive da mensa di Castelvetrano della varietà Nocellara del Belice DOP, scaturisce uno sbalorditivo ventaglio di conserve alimentari dove si coagula un cocktail di odori e sapori a dir poco inebrianti. Il salto di qualità compiuto negli ultimi due decenni dall’agricoltura della nostra isola maggiore è davvero esaltante. Se la Sicilia agroalimentare, e non solo quella, si quotasse in borsa varrebbe certamente la pena di sottoscrivere subito le azioni! ◆
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Giancarlo Roversi Giornalista e scrittore
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Unicredit premia la digitalizzazione in agricoltura
L’arcaica immagine del “contadino con mani grosse e cervello fino” è stata definitivamente soppiantata dalla realtà dei fatti: oggi gli agricoltori non solo sono imprenditori a tutti gli effetti (infatti si chiamano imprenditori agricoli) ma utilizzano a piene mani la tecnologia. Oltre agli operatori del settore, che fanno sempre più ricorso a internet, soluzioni informatiche, tablet e smartphone, se ne sono accorti anche altri attori economici tanto che nel recente premio di Unicredit denominato “OK Italia 2012” per l’innovazione e la digitalizzazione delle imprese è stata premiata anche un’azienda che sviluppa servizi internet per l’agricoltura.
Il premio “OK Italia 2012” di Unicredit
Ogni anno Unicredit premia 15 aziende italiane che si sono distinte nell’innovazione e la lungimiranza: quest’anno, per la prima volta, è stata premiata un’azienda che si occupa di servizi per il settore agrario. Infatti secondo Roberto Nicastro, direttore generale di Unicredit, l’innovazione non è una prerogativa esclusiva delle grandi imprese ma raggiunge tutte le aziende in tutti i settori. Per questo, tra le aziende che sono riuscite a creare nuovi modelli di business operando prevalentemente on-line e che hanno ampliato il proprio giro d’affari sfruttando le potenzialità di nuovi canali digitali è stata scelta anche Image Line, l’azienda romagnola che pubblica la rivista on-line “Agronotizie” e che sviluppa servizi all’avanguardia per il settore agroalimentare.
Agronotizie: una delle “innovazioni da premiare”
Con Agronotizie (www.agronotizie.it) Image Line ha saputo cogliere con tempismo le opportunità del mercato sfruttando le possibilità offerte dalla digitalizzazione e
Da sinistra: Maria Concetta Mattei - giornalista TG2 RAI Ivano Valmori - CEO Image Line Roberto Nicastro - Direttore Generale UniCredit Gabriele Piccini - Country Chairman Italy UniCredit
fornendo servizi informativi per oltre 110.000 operatori del settore; una community di 110.000 persone che usa internet per l’agricoltura e che fa dell’Italia la nazione con la più grande community su internet di operatori agricoli in Europa. Questa la motivazione del premio: grazie allo sviluppo di soluzioni informatiche e divulgative per l’agricoltura ha realizzato Agronotizie, un quotidiano on line sul settore primario operando come leader europeo nella “divulgazione attraverso internet dell’innovazione nel settore agricolo”. Secondo Ivano Valmori, direttore responsabile di Agronotizie, gli agricoltori stanno sfruttando solo una parte infinitesimale delle opportunità offerte da internet per il settore: il futuro vedrà un maggior numero di servizi tecnici erogati alle aziende agricole attraverso la rete e la possibilità di creare un rapporto trasparente tra il produttore e il consumatore. Anche in agricoltura “fare rete” premia! Per leggere gratuitamente la rivista: www.agronotizie.it
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Un premio a “internet che raggiunge il campo”: con Agronotizie e la sua community di oltre 110.000 operatori del settore
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AGRICOLTURA OGGI Luciano Trentini
Il riposo DEL MELONE
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Piatto estivo fin dai tempi di Plinio il Vecchio, Marco Polo lo essiccava al sole mentre erano in molti a mangiarlo con pepe e aceto, condito come un’insalata. Dissetante e dietetico, ogni famiglia italiana ne consuma 16 chili l’anno.
Che si chiami popone nell’Italia meridionale o melone in quella settentrionale, il melone appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee. Frutto della specie Cucumis melo viene assimilato più a un frutto che a un ortaggio. È la stessa sorte che tocca anche all’anguria. La sua origine non è certa; secondo alcuni studiosi, la pianta trova la sua origine nell’Africa tropicale o sub tropicale, come la maggior parte delle Cucurbitacee. Altri invece ne attribuiscono la provenienza all’Asia centrale da dove si è diffuso in India, in Cina, in Medio Oriente, poi nel bacino del Mediterraneo. Fu Plinio il Vecchio, naturalista e scrittore romano, nella sua Naturalis Historia a scrivere di melone, magnificandolo in quanto molto gradito all’imperatore romano Tiberio. È invece a Ercolano che si trovano le prime testimonianze della sua presenza in Italia; attraverso dipinti murali dell’età cristiana sono raffigurati meloni tagliati a metà. Il melone è descritto anche da Marco Polo durante il suo viaggio in Cina (1254-1324), dove lo cita tagliato a fette sottili, essiccato al sole, ricordandolo per il suo sapore gradevole e particolarmente dolce. In tempi più vicini a noi Carlo VIII, nel 1495, portò in Francia meloni a frutto solcato, oggi meglio conosciuti › come i Cantalupo, nome che ha preso origine dalla
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RIPARTIZIONE REGIONALE DELLA PRODUZIONE ■ Sicilia
39%
■ Puglia
11%
■ Lombardia
9%
■ Emilia-Romagna
6%
■ Veneto
6%
■ Italia
26.000 ettari di cui 3,200 in serra (11/12%)
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omonima località nei pressi di Roma, prelevandoli dalle coltivazioni dei giardini del Vaticano, dove erano stati portati da monaci asiatici. Dal bacino del Mediterraneo al Nuovo Continente la coltivazione si è sviluppata in molte parti del mondo, tanto che possiamo considerare la specie ormai una coltivazione globalizzata. Il melone in Italia nel 2011 ha raggiunto i 26.000 ettari di superficie in produzione. L’11 per cento di tutta la superficie è coltivata in serra, vale a dire, per il 2011, una quota pari a 3.200 ettari. Ma non tutto il Belpaese coltiva il melone alla stessa maniera. Le principali regioni in cui si è sviluppata la sua coltivazione è la Sicilia, dove nel 2011 si è concentrata il 39 per cento dell’intera superficie nazionale, messa a coltura in pieno campo. Segue a distanza la Puglia con l’11 per cento, la Lombardia, con il 9 per cento, l’Emilia Romagna e il Veneto con il 6 per cento. Le produzioni in serra garantiscono una quantità di prodotto primaverile precoce e altrettanto copiosa in autunno. Questo tipo di coltivazione si concentra prevalentemente in Lombardia, in Campania, in Lazio, in Veneto e in Emilia Romagna, dove abbondano i retati a pasta gialla, di elevata qualità. Nel nostro Paese sono i meloni più coltivati, mentre le quantità spedite all’estero sono sostanzialmente con-
tenute. Si tratta infatti di un quantitativo variabile attorno alle 21.000 tonnellate, una quota pari al 2-3 per cento della intera produzione italiana. L’Italia esporta soprattutto verso i paesi dell’Unione Europea (circa l’80 per cento del totale) e tra questi spiccano paesi Austria e Germania, Slovenia e Regno Unito. Il rimanente 20 per cento viene assorbito da paesi Europei Extra UE, in particolare dalla Svizzera. Ormai il melone viene consumato per un lungo periodo dell’anno e sta perdendo infatti il classico ruolo di frutto estivo, per assumere quello di prodotto da gustare sempre. Infatti, se si analizza il calendario delle importazioni, i meloni sono una presenza costante sui mercati italiani. E le famiglie lo apprezzano, come confermano i dati di acquisto: circa 300 milioni di euro l’anno per un quantitativo che supera le 220.000 tonnellate. Ogni famiglia in Italia ne consuma circa 15-16 kg con una spesa media annua che si aggira intorno ai 20 euro, consumandolo come frutta o in macedonia e anche attraverso il classico abbinamento “prosciutto e melone”. La domanda nasce spontanea: il consumatore, come fa a scegliere un buon melone fra le differenti proposte commerciali? Non è facile scegliere, ma cercheremo di dare qualche utile informazione. Il consumatore, di fron- ›
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COMPOSIZIONE CHIMICA E VALORE ENERGETICO PER 100 G DI PARTE EDIBILE
Parte edibile (%) 47 Acqua (g) 90,1 Proteine (g) 0,8 Lipidi (g) 0,2 Colesterolo (mg) 0 Carboidrati disponibili (g) 7,4 Amido (g) 0 Zuccheri solubili (g) 7,4 Fibra totale (g) 0,7 Fibra insolubile (g) 0,55 Fibra solubile (g) 0,19 Alcol (g) 0 Energia (kcal) 33 Energia (kJ) 137
Sodio (mg) 8 Potassio (mg) 333 Ferro (mg) 0,3 Calcio (mg) 19 Fosforo (mg) 13 Magnesio (mg) Zinco (mg) Rame (mg) Selenio (µg) Tiamina (mg) 0,05 Riboflavina (mg) 0,04 Niacina (mg) 0,60 Vitamina A retinolo eq. (µg) 189 Vitamina C (mg) 32 Vitamina E (mg) -
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Tunnel di coltivazione nella zona di Sermide (MN)
te a un cumulo di frutti in genere ha un attimo di titubanza nella scelta. Prima fissa il frutto, poi lo soppesa, molti lo annusano, disquisiscono sul colore della buccia, sulla sua durezza. Qualcuno addirittura pensa che i meloni siano differenziabili in meloni maschi e meloni femmine. Quando si compra, in linea di massima il melone deve essere pieno, cioè avere un buon peso specifico, deve emanare il classico profumo che deriva da un insieme di aromi vari che si combinano in modo diverso a seconda UNA MEDICINA NATURALE La sudorazione, abbondante durante la stagione calda, arriva a disperdere anche 3 g di potassio in una sola giornata. Per reintegralo in modo fisiologico basta qualche fetta di melone. La carenza di potassio provoca stanchezza, debolezza muscolare, alterazioni del sistema nervoso fino a veri e propri disturbi cardiaci. Soffrite di dolori articolari? Stitichezza? Emorroidi e calcoli renali? Il melone è un valido complemento terapeutico: consumato da solo e lontano dai pasti principali, a stomaco vuoto come merenda, oppure come una rapida e fresca cena estiva.
LE VIRTÙ Al melone la medicina cinese attribuisce virtù diuretiche, disintossicanti, lenitive per l’apparato respiratorio e coadiuvanti in caso di febbre.
della varietà, del tipo di terreno, della tecnica di coltivazione (in particolare quella irrigua, basata sulla costruzione di canali e fossi per trasportare l’acqua ai campi). Molto comunque si deve alla abilità e dall’esperienza del coltivatore che sa dosare tutti gli elementi necessari per garantire la qualità del frutto e quel sapore più o meno accentuato ma che resta sempre quello caratteristico del melone. Nell’acquisto, la regola migliore è quella di affidarsi a un negozio specializzato o al supermercato di fiducia, cercando di identificare la zona di produzione, la varietà e il coltivatore. Tutto questo sarebbe bene fosse raccolto in un bollino identificativo che caratterizza il frutto e le sue caratteristiche. Questo favorisce il consumatore nella scelta del prodotto per lui migliore e più facilmente identificabile. Dopo l’acquisto è consigliabile non mettere il melone in frigorifero per lungo tempo. L’aroma pungente del melone è facilmente assorbito dagli alimenti contenuti nel frigorifero, in particolare da quelli ricchi di grassi, come il latte, che ne assume il caratteristico sapore. Conviene quindi avvolgere il frutto in un sacchetto di carta per alimenti e rinchiuderlo in un contenitore o sacchetto di plastica, conservandolo così intero o porzionato. Il melone deve essere consumato fresco, non freddo, quindi deve essere tolto dal frigorifero almeno un’ora prima del consumo. ›
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Terapia naturale senza effetti collaterali, contribuisce al benessere e alla salute. Non solo, è anche un modo per curare l’organismo. Ma come sceglierlo e quanto mangiarne?
SE MATURO NON SUONA Per sceglierlo perfettamente maturo esistono due tecniche: premerlo ai due estremi per verificare che non sia né troppo duro né troppo tenero; battere le nocche sulla sua superficie. Il melone sano e maturo non emette alcun suono.
LA RICETTA Dal manuale De re Coquinaria, Apicio cita: “Piper, puleium, mel vel passum, liquamen, acetum: interdum et silfi accedit”. Ossia al melone tagliato in piccoli pezzi aggiungere “pepe, puleggio, miele, salsa di pesce, aceto e talvolta anche del silfio”.
SIMBOLOGIA Il melone è considerato simbolo di fecondità, grazie ai suoi innumerevoli semi. Viene associato anche alla figura dello “sciocco”. Uno stolto, un tempo, veniva chiamato, mellone e una stupidaggine era definita mellonaggine.
Per identificare un buon frutto il produttore in genere si serve di un semplice strumento capace di misurare la quantità di zuccheri in esso contenuto: funziona come un rilevatore interno .Inserita in genere in una macchina selezionatrice elettronica per la calibratura dei frutti, si tratta di un analizzatore NIR (Nir Infrared Tecnology) per la lettura della qualità interna di ogni melone. I frutti passano sotto l’analizzatore che per riflettanza della luce all’interno del frutto rileva in tempo reale il contenuto zuccherino esprimendolo in gradi Brix. Il melone deve essere raccolto al momento ottimale quando il suo contenuto in zuccheri supera gli 11 gradi Brix. Ottimali sono quelli che raggiungono i 13 gradi. Ma si possono trovare meloni anche con 16 gradi Brix. Le tipologie Long Shelf Life o Long Life, varietà con elevata o buona conservabilità, in genere meno profumati, spesso non presentano la classica screpolatura a livello del colletto, indice del giusto grado di maturazione per alcune varietà retati. I frutti raccolti non maturi non raggiungono quasi mai un buon livello qualitativo. Il melone è un frutto considerato rinfrescante e dissetan- ›
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FIRMA LA DOLCEZZA: LA VERA TRACCIABILITÀ L’azienda Lorenzini Naturamica coltiva direttamente da trent’anni frutta e verdura con standard d’alta qualità. Con il melone e l’anguria mignon viene raggiunto il massimo della tracciabilità. Il traguardo, toccato oltre 10 anni fa, rimane ancora tutt’oggi l’unico esempio in Europa, ma probabilmente anche nel mondo. Ogni frutto viene vagliato con l’unico analizzatore giapponese Well-Brix presente in Europa e solamente i frutti più dolci si fregiano della firma “Lorenzini”. Solo i migliori frutti vengono marchiati a fuoco con l’attribuzione di un codice numerico progressivo che identifica ogni singolo frutto. Con questo codice e il sito internet www.lorenzininaturamica.com i clienti possono conoscere la storia completa ed il preciso grado Brix del singolo frutto.
te, grazie all’elevato contenuto in acqua (oltre il 90 per cento). Si caratterizza per la forte presenza di provitamina A (carotene), vitamina C, per il fatto di essere poco calorico (48 kcalorie per 100 grammi di polpa) ed essere ricco di sali di potassio. Una semplice classificazione per il consumatore è la divisione dei meloni per tipologia di prodotto. Infatti si può suddividere questa produzione per il consumo estivo e conservati per il consumo invernale. Dal punto di vista delle caratteristiche del frutto si possono identificare i tipi Cantalupo caratterizzati da un frutto di medie dimensioni a buccia liscia, con polpa di colore arancio. I tipi reticulatus che presentano una buccia retata più o meno grossa con polpa di colore bianco o giallo verde, quelli del tipo inodorus detti anche meloni d’inverno, a polpa bianca o rosata con buccia liscia o rugosa consumati tardivamente, anche a Natale. ◆
Luciano Trentini
Vicepresidente AREFLH (Associazione delle Regioni Europee Ortofrutticole)
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CALEIDOSCOPIO “FRUTTA NELLE SCUOLE” DELLE MARCHE
FRUTTA E VERDURA SANA E SICURA: NASCE IL PROGETTO DEL FRESCO DI QUALITÁ Promuovere il consumo e rafforzare la percezione della sicurezza di frutta e verdura di qualità in Italia, Francia e Germania. Questo l’obiettivo del progetto “Frutta e Verdura Sana e Sicura - un percorso di conoscenza e informazione dal campo alle tavole d’Europa” sotto il coordinamento di Alimos - Alimenta la Salute, che riunisce enti pubblici, associazioni, unioni di produttori e gruppi cooperativi del settore agroalimentare. La campagna, co-finanziata dall’Unione Europea, dallo Stato Italiano e da Alimos, ha l’obiettivo di rassicurare e informare i consumatori di Italia, Francia e Germania, sui temi della sicurezza dei prodotti ortofrutticoli e della tracciabilità all’interno della filiera, promuovendone il consumo per una alimentazione sana ed equilibrata. Il budget complessivo per tre anni di attività è di 1,5 milioni di euro. Nell’ambito del programma “Frutta e Verdura Sana e Sicura”, verranno offerte ai consumatori italiani, francesi e tedeschi, informazioni sulla salubrità e sicurezza di frutta e verdura. Per raggiungere questo scopo, il progetto si articolerà in diverse attività, tra cui promozioni e iniziative sui punti di vendita e attività mirate sul web e sui social media, tra cui un sito internet dedicato, campagne web ADV e attivazione dei principali social network. Info: www.fruitylife.eu
BELISARIO RINNOVA LA GAMMA DI VINI BIANCHI La Cantina Belisario di Matelica (MC) rinnova la sua linea base di vini bianchi. Lo fa con un nuovo packaging, fresco e spigliato; lo fa con un nuovo assortimento, che ora comprende l’Esino Bianco, il Bianchello del Metauro, la Passerina e il Pecorino, vini che sposano perfettamente qualsiasi proposta gastronomica della cucina di mare, e particolarmente adatti alla tavola della bella stagione. La Cantina Belisario è nata nel 1971, e conta oggi 180 soci conferitori; riceve uva da oltre 300 ettari di vigneti, tutti rientranti nell’ Alta Valle Esina e situati in prossimità della sede aziendale. Oggi produce prevalentemente Verdicchio di Matelica DOC, del quale rappresenta la realtà principale con oltre il 60 per cento della produzione totale. Il ruolo di cooperativa della Cantina Belisario le ha consentito di armonizzare perfettamente le risorse, mettendo a disposizione dei soci le conoscenze, le attrezzature e le tecnologie. Negli anni, il rigore tecnico in vigna e in cantina ha consentito di esprimere al meglio la tipicità, il carattere e la straordinaria eleganza del “Verdicchio di montagna”. www.belisario.it
CALEIDOSCOPIO
E’ in pieno svolgimento nelle Marche il progetto “Frutta nelle scuole – Se la mangi ti frutta”, terza annualità del programma di educazione alimentare per gli alunni delle scuole primarie promosso dall’Unione Europea e dal Ministero delle Politiche Agricole. Il programma riguardante la regione Marche è stato presentato ad Ancona, in Regione, lunedì 19 marzo da Caterina Cogliano, del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Mario Tamanti, Direttore di Apofruit Italia (che produce e distribuisce la frutta), Massimo Brusaporci di Alimos, coordinati da Roberto Luciani, Dirigente PF Competitività e Sviluppo dell’Impresa Agricola. I numeri parlano chiaro: oltre 135 mila kg di f\rutta e verdura distribuiti a 20.300 alunni in 154 scuole della Regione con la realizzazione di oltre 145 iniziative didattiche per i ragazzi delle scuole primarie . “Frutta nelle scuole” è attuata dalla Organizzazione di Produttori Apofruit Italia con il supporto di Alimos e indirizzata ad una corretta educazione alimentare per i ragazzi tra i sei e gli undici anni, notoriamente più attratti dagli ipercalorici cibi snack più che dall’ottima e salutare frutta. info: www.apofruit.it
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AGRICOLTURA OGGI Luciano Trentini
L’ANGURIA come alleata della salute
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Rimedio contro la stanchezza e la spossatezza estiva, ottima per reintegrare i liquidi e i sali persi, è ricca di potassio, magnesio e carotenoidi. Capace di favorire il buon funzionamento del sistema circolatorio, agli italiani piace nelle varianti mignon e maxi.
In botanica prende il nome di Citrullus lanatus o Cucumis citrullus ma è chiamata volgarmente anche cocomero o melone d’acqua. È una pianta erbacea annuale che appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee, originaria dell’Africa meridionale e tropicale. Ha un portamento strisciante con lunghi fusti che possono raggiungere fino ai 10 metri di lunghezza, frutti di grosse dimensioni di forma rotondeggiante ma anche di forma ovale o allungata. Le note storiche confermano che David Livingston, famoso per le sue esplorazioni in Africa, si accorse della presenza di questo frutto nel deserto del Kalahari, dove appunto sembra essere originaria. In quell’ambiente la pianta è spontanea e il frutto viene descritto come di piccola pezzatura e in numero elevatissimo, fino a 100 esemplari per pianta. È una importante fonte d’acqua, necessaria sia per coloro che vivono in quei luoghi che per gli animali. Sono gli abitanti dell’antico Egitto che hanno sviluppato la coltivazione circa 5.000 anni fa. Nel ›
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L’economia dell’anguria dopo un forte calo tra il 2000 e il 2009, soprattutto nelle esportazioni, sta tornando, non senza difficoltà, a crescere.
X secolo d.C. era documentata la presenza dell’anguria in Cina, mentre nel XIII secolo raggiunge l’Europa portata dall’invasione dei Mori.
UN FRUTTO CHE DÀ I NUMERI
A livello mondiale l’anguria, nel 2010 è stata coltivata su di una superficie di oltre 3,5 milioni di ettari, che hanno prodotto oltre 98 milioni di tonnellate di frutti. Diffusa in tutti e cinque i continenti anche se in Oceania, la sua presenza, è molto modesta, nel continente europeo la superficie coltivata ad angurie nel 2011 è stata circa di 300.000 ettari, mentre nella sola UE la coltivazione interessa oltre 80.000 ettari. In Italia, i dati disponibili indicano che nel 2010, sono stati coltivati oltre 12.500 ettari sia in pieno campo che in serra. La Regione Sicilia con circa 2.600 ha è quella leader seguita dall’EmiliaRomagna, dalla Puglia, dal Lazio, dalla Campania e dalla Lombardia. Complessivamente le coltivazioni italiane, sempre nel 2010, hanno dato origine
a una produzione complessiva di oltre 474.000 tonnellate. Le altre coltivazioni precoci e tardive allevate in serra ammontano complessivamente a 85.000 tonnellate su di una superficie di poco superiore ai 1.500 ettari. Per quanto attiene il movimento dell’import e dell’export del prodotto italiano, si evidenzia come nel 2011 le esportazioni abbiano superato le 157.000 tonnellate, in costante e leggero aumento, rispetto al decennio precedente. Il prodotto esportato, che movimenta un valore superiore ai 48 milioni di euro, è destinato in prevalenza ai paesi della UE, Germania Polonia e Repubblica Ceca, mentre è la Svizzera, come paese extra UE che oggi è in grado di captare una importante quantità di merce. Le importazioni, per contro sono molto limitate e dal 2000 sono praticamente dimezzate, infatti sono passate da 75.000 tonnellate a 35.000 circa, del 2011 pari a un valore economico di poco superiore ai 15 milioni di euro. ›
RIPARTIZIONE REGIONALE DELLA PRODUZIONE (IN ETTARI) ■ Sicilia
2.685
■ Emilia-Romagna
1696
■ Puglia
1662
■ Lazio
1622
■ Lombardia
1083
■ Italia
12.500 ettari di cui 1500 in serra (11/12%)
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Serra per la riproduzione delle nuove varietĂ di anguria
e
e
Essere piccola una volta era un attributo negativo per tutte le angurie. Oggi vengono coltivate angurie di soli 3 chili con un alto contenuto di zuccheri e quindi di eccellente qualità.
ALL’ANGURIA Quando l’agosto spegne politica e disciplina quando anche con Bisaglia andresti in piscina un rosso desiderio eppur resiste saldi nel solleone i compagni ti baciano con devota passione tu,rossa passionaria o anguria bandiera proletaria Se il borghese melone gran qualunquista sta con fichi e prosciutto fa alleanza con tutto,
tu da sola rimani e bisogno non hai che della nostra sete e delle nostre mani nel ricurvo sorriso del tuo quarto di luna ci chiniam riverenti sprofondando il viso dolce come nessuna o rossa passionaria o anguria bandiera proletaria. Stefano Benni Da “Prima o poi l’amore arriva” pag.59-60 (Feltrinelli)
CULTIVAR PORZIONATA
Le tipologie coltivate come abbiamo avuto modo di ricordare alimentano prevalentemente il mercato interno caratterizzato dalla commercializzazione di cocomeri del tipo “Crimson”, quelle più grosse, provenienti in particolare dalle aree del Sud Italia. A seguire, anche se di minore importanza, in termini di superficie, sono coltivate quelle a buccia nera che alimentano l’esportazione in particolare quella del Nord Europa, e dei paesi dell’Est europeo. Appare interessante osservare come oggi dopo le angurie senza semi e le mignon, siano state riproposte da diverse ditte sementiere, nuove cultivar con frutti di peso elevato, oltre 20 Kg. Questo sembra contraddire palesemente la presenza sul mercato delle miniangurie, ma in realtà è una contraddizione solo apparente in quanto queste cultivar vanno a soddisfare la richiesta dell’anguria porzionata, preparata per la trasformazione in ›
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COMPOSIZIONE CHIMICA E VALORE ENERGETICO PER 100 G DI PARTE EDIBILE
Parte edibile (%) 52 Acqua (g) 95,30 Proteine (g) 0,40 Lipidi (g) tracce Colesterolo (mg) 0 Carboidrati disponibili (g) 3,70 Amido (g) 0 Zuccheri solubili (g) 3,7 Fibra totale (g) 0,20 Fibra insolubile (g) 0,20 FIbra solubile (g) 0,02 Alcol (g) 0 Energia (kcal) 20 Energia (kJ) 83
Sodio (mg) 3 Potassio (mg) 280 Ferro (mg) 0,2 Calcio (mg) 7 Fosforo (mg) 2 Magnesio (mg) Zinco (mg) Rame (mg) Selenio (µg) Tiamina (mg) 0,02 Riboflavina (mg) 0,02 Niacina (mg) 0,10 Vitamina A retinolo eq. (µg) 37 Vitamina C (mg) 8 Vitamina E (mg) Fonte INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione)
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quarta gamma, come monoprodotto o miscelato insieme ad altra frutta. Quello della quarta gamma è uno dei settori dell’agroalimentare dove l’Italia, nell’arco di una decina d’anni, è diventata un leader in ambito europeo.
FRUTTO PER TUTTI
Che l’anguria sia un prodotto per tutti lo dimostra anche il fatto che oggi buona parte della vendita dei cocomeri avviene ancora attraverso il dettaglio ambulante anche se i supermercati assumono sempre più un ruolo crescente, in particolare, per la vendita delle nuove innovazioni frutto di continue ricerche genetiche e commerciali. A questi seguono il dettaglio specializzato e gli ipermercati. Oltre alla anguria classica oggi sono disponibili le così dette angurie “seedless” o “senza semi”, varietà con polpa rossa nella quale si evidenzia la mancanza di semi o la loro scarsa presenza, che qualitativamente, sono caratterizzate da elevati requisiti di croccantezza e conservabilità. Estremamente attuale e innovativo è anche il segmento produttivo delle “miniangurie”, cocomeri del diametro di 12–15 cm di calibro e del peso variabile (1,5-3,5 kg), comparabili sotto il profilo qualitativo con le cultivar tradizionali ma molto più interessanti per loro maneggevolezza e praticità di impiego. Queste nuove varietà di minianguria sono nate per favorire un
nuovo modo di consumare l’anguria (frutto tagliato a metà all’interno del quale si compone una macedonia) e soprattutto in grado di soddisfare le esigenze di quelle famiglie composte da una o al massimo due persone che difficilmente acquisterebbero angurie di grandi dimensioni. Un mercato in espansione che offre importanti opportunità a consumatori e produttori.
MINI O MAXI?
Nei tipi tradizionali un’anguria di piccole dimensioni spesso è considerata sinonimo di scarsa qualità in quanto i frutti di piccole dimensioni sono il risultato di una allegagione tardiva, avvenuta nel corso della seconda fioritura. Appare interessante osservare ancora come in questi ultimissimi anni siano stati proposti da diverse case sementiere nuove cultivar con frutti di peso elevato circa 20 - 30 Kg! Se consideriamo il consumo del cocomero legato all’andamento climatico, gli italiani ne acquistano circa 355.000 tonnellate l’anno, per un valore che raggiunge i 196 milioni di euro. Questa produzione grazie anche alle caratteristiche qualitative che è in grado di esprimere il nostro sistema produttivo, sembra non avere risentito della crisi di mercato, contrariamente a tanti altri prodotti ortofrutticoli avendo mantenuto nell’ultimo decennio i consumi sostanzialmente stabili ›
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anche grazie all’innovazione di prodotto che ha attratto i consumatori. Resta ancora forte la tradizione di mangiare questo prodotto “a fette” consumato presso strutture in campagna “alla cocomeraia”, vicino ai luoghi di produzione, o nei centri cittadini o nei parchi. Anche i supermercati, per creare un migliore servizio, mettono a disposizione del consumatore fette di cocomero avvolte da uno specifico film plastico per alimenti.
QUANDO RACCOGLIERE I FRUTTI
Il cocomero viene raccolto dopo circa 42-45 giorni dal momento della impollinazione che, come per il melone, è di tipo entomofilo, cioè favorito dal passaggio di fiore in fiore delle api. La maturazione del cocomero coincide con alcuni “cambiamenti” fondamentali, che si possono rilevare a livello dei frutti e della pianta: • essiccazione e imbrunimento del primo cirro (o riccio-
lo) vicino al frutto, o della prima foglia vicino al frutto; • diminuzione della “pruina” che ricopre la buccia; • sparizione della umidità presente sui frutti nelle prime ore di mattina; • ingiallimento dell’epidermide nell’area a contatto con il suolo; • emissione di un suono profondo e cupo quando si percuote il frutto. Il riconoscere il cocomero maturo è azione piuttosto complessa, in genere, nel caso di grandi produzioni l’agricoltore, in funzione del ciclo di precocità delle varietà e della tecnica di coltivazione, usa chiedere l’intervento di uno “spiccatore”, o staccatore di cocomere in grado di segnalare i frutti pronti per la raccolta, che normalmente avviene in due o tre volte. Gli “stacchi” vanno preferibilmente eseguiti durante le prime ore del mattino in modo da poter consegnare al punto vendita un prodotto fresco pronto al consumo. ◆
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Luciano Trentini
Vicepresidente AREFLH (Associazione delle Regioni Europee Ortofrutticole)
Le miniangurie
Denise e Nikas: kg 3
Perchè?
Denise
Senza semi Più croccante Si conserva di più, grazie alla mancanza di semi
Genetica polpa rossa più ricca di licopene, importante antiossidante nella prevenzione del cancro e prontamente assimilabile dall’organismo.
è più buono Pochi e piccolissimi semi
Nikas Trova sempre spazio nel tuo frigorifero. kg 2.5
Non butti via niente
Contattaci se non le trovi nel tuo supermercato!
AGRICOLTURA OGGI Mario Colapietra
Produrre
l
uva da tavola Viaggio virtuale tra i vigneti italiani per far conoscere ai consumatori i luoghi di origine, il clima, il terreno, la pianta, le strutture per il sostegno e far variare il periodo di maturazione, le operazioni colturali, la raccolta, la commercializzazione, il consumo.
La produzione di uva da tavola nel mondo è di circa 180 milioni di quintali (dati OIV, Parigi). I Paesi asiatici sono i maggiori produttori (50 per cento) con la Cina leader mondiale, seguita da Turchia, Italia, Cile, Stati Uniti, Sud Africa, Spagna e Grecia per il consumo fresco. Tra le nuove realtà vi è l’Egitto, favorito dalle condizioni climatiche ottimali per l’ottenimento di produzioni di varietà precoci di uve senza semi. I maggiori quantitativi di uva fresca destinati ai mercati internazionali, provengono dal Cile e dall’Italia. Insieme contribuiscono per il 45 per cento delle esportazioni mondiali. La produzione di uva da tavola italiana, rappresenta la punta di diamante dell’esportazione di frutta italiana nel mondo. La produzione media nazionale è di circa 14 milioni di quintali di uva, il 70 per cento è prodotto in Puglia. Minori quantitativi si ottengono in Sicilia, coste ioniche della Basilicata, Abruzzo e Lazio. Particolare interesse ha questa coltura in Sardegna: con la modernizzazione della coltivazione si sta ottenendo l’autonomia produttiva regionale, con l’obiettivo di assecondare le richieste di frutta del notevole afflusso turistico estivo. Nel mese di maggio ›
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L’uomo accellera i processi degradativi del suolo attraverso la frantumazione di rocce calcaree. La lenta e continua cessione nel tempo del calcio della roccia consente infatti all’acino di avere il giusto contenuto di elementi che garantiscono la tanto apprezzata croccantezza.
Barbatella non innestata per un nuovo vigneto. Sullo scorcio, vigneto coperto con la plastica per anticipare la maturazione dell’uva
vi è poca disponibilità di uva fresca sui mercati internazionali. Produrre in questo periodo è molto conveniente. Le zone di produzione di uva da tavola della Sicilia orientale, rispetto a tutti i Paesi che si affacciano sul Mare Mediterraneo, avevano il primato di far maturare prima le uve di Matilde, Cardinal e Victoria. Negli ultimi anni, alcuni Paesi del nord Africa, tra cui l’Egitto, anche grazie a finanziamenti internazionali, hanno impiantato nuovi vigneti con cultivar esclusivamente senza semi (apirene), ottenendo produzioni con periodi di maturazione anticipati rispetto alla Sicilia. La vite per uva da tavola è coltivata soltanto nelle regioni dell’Italia centro-meridionale, caratterizzate da clima caldo-arido, con inverni miti e con precipitazioni per lo più invernali che non superano 500-600 mm. Le temperature invernali raramente scendono sotto 0°C.
TERRENO E CLIMA PER LA VITE
L’impiego del frangipietre è necessario perché in alcune zone di coltivazione dell’uva da tavola, il suolo è costituito in parte da roccia calcarea. La prima fase però è la scelta della zona: in prossimità delle coste marittime, caratterizzate da clima mite, per coltivare e ottenere produzioni precoci (da maggio a luglio), in zone più interne per le varietà a maturazione media e tardiva (produzioni da agosto a dicembre). La fase successiva è la scelta e sistemazione del terreno con le lavorazioni meccaniche.
IMPIANTO DI VIGNETI E FORME DI ALLEVAMENTO
Dopo la sistemazione del terreno si procede alla realizzazione del vigneto. La vite, sin dalle prime fasi di sviluppo, ha necessità di appoggi per ›
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Nicola Giuliano della SocietĂ Giuliano Puglia Fruit di Rutigliano (BA)
Martellone in azione per rompere la roccia calcarea e preparare il terreno per l’impianto del vigneto
i Giovane impianto di uva da tavola
i
In Italia l’uva da tavola è coltivata nelle regioni meridionali, dove trova l’habitat più adatto in alcune aree particolarmente vocate per condizioni pedoclimatiche e per la presenza di manodopera specializzata, svolgendo un ruolo fondamentale in termini sia economici che sociali
sostenere il fusto e permettergli l’accrescimento verticale fino a una determinata altezza. La struttura è realizzata con 1.600 pali (per ettaro) di sostegno per le piante in cemento precompresso alti 3 metri e distanziati nelle due direzioni di 2,5 metri. Alla sommità dei pali sono visibili i copripali in polietilene nero, su cui saranno appoggiati i teli in plastica o le reti antigrandine. La struttura perimetrale è costituita da traversine in ferro collegate da corda in acciaio. L’impianto, in questa fase, sarà completato con un sistema di microirrigazione per la nutrizione idrica e minerale delle viti e con la copertura con reti antigrandine.
INNESTO E ALLEVAMENTO DELLE PIANTE
Le viti utilizzate per la produzione di uva sono composte dall’apparato radicale proveniente da viti americane e dalla varietà da coltivare, che costituirà il tronco, e l’apparato vegeto-produttivo della pianta. La viticoltura europea nel 1863 subì notevoli danni con la comparsa della Fillossera, insetto dannoso importato dall’America, che si nutriva delle radici della vite europea e ne pro- ›
CONSUMO ED ESPORTAZIONE DELL’UVA ITALIANA • Acquisto annuo di uva per abitante: 3,5 kg • Costo medio di acquisto dell’uva: 4,2 euro • Consumo di uva in Italia è di circa: 8 milioni quintali • Esportazione di uva italiana: 6 milioni di quintali • Il 75 per cento è commercializzato in Europa • La Germania importa dall’Italia circa 2 milioni di quintali • Altri paesi importatori: Francia, Polonia, Belgio, Svizzera, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Arabia Saudita. In totale l’uva da tavola italiana raggiunge circa 50 Paesi esteri.
DISPONIBILITÀ DI UVA ITALIANA Produzione dal 20 maggio alla fine di dicembre: 220 giorni. • Cultivar precoci, coperte con plastica per anticipare la maturazione: Dal 20 maggio al 30 agosto: Sublima seedless – Sugraone seedless – Thompson seedless – Black Magic - Matilde - Cardinal - Incrocio 2 Michele Palieri - Victoria - Italia - Red Globe - Crimson seedless. • Cultivar protette con reti, senza variare il periodo di maturazione: Dal 1 agosto: Michele Palieri – Victoria - Italia - Red Globe - Regal seedless – Autumn Royal. • Cultivar tardive coperte con plastica per ritardare la raccolta: Fino alla fine di dicembre: Michele Palieri - Italia - Red Globe Crimson seedless – Regal seedless.
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eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona eventuale frasona
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE Il protocollo Global GAP - voluto da un gruppo di operatori della Distribuzione Organizzata e rappresentanti di gruppi di produttori europei -, stabilisce regole comuni applicabili da qualsiasi fornitore di ortofrutta della Moderna Distribuzione e tiene conto dell’applicazione delle buone pratiche agricole (G.A.P.) per il mercato globale, trasferendo e interpretando le richieste dei consumatori in requisiti per la produzione agricola. La norma ha la finalità di verificare se la frutta possa far male, prima ancora di apprezzarne il gusto e la qualità. Così facendo si è spostata
l’attenzione verso l’aspetto della qualità igienico-sanitaria del prodotto. Gli elementi principali sviluppati da GlobalGAP sono riassumibili nelle seguenti tematiche: salute, sicurezza e welfare dei lavoratori; tutela e conservazione dell’ambiente; gestione dei rifiuti e residui aziendali e loro riutilizzo; tracciabilità; gestione del suolo e della fertilizzazione; gestione delle risorse idriche e irrigazione; difesa integrata delle colture e corretto utilizzo dei fitofarmaci; gestione della raccolta e manipolazione dei prodotti in condizioni controllate di igiene e qualità.
PRODUZIONE DI UVA DA TAVOLA IN ITALIA (IN QUINTALI) ■ Italia
14.000.000
■ Puglia
9.300.000
■ Sicilia
3.500.000
■ Abruzzo
700.000
■ Sardegna, Lazio,
500.000
Basilicata, Calabria:
■ Numero aziende produttrici 34.000 ■ Superficie media aziendale
1,2 ettari
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vocava la morte. Fu necessario individuare mezzi di lotta efficaci per neutralizzare gli attacchi dell’afide. Accertato che la lotta chimica attuata nel terreno si dimostrò inefficace, lo studioso francese Gustave Foëx di Montpellier con una intuizione magistrale risolse il problema innestando i vitigni europei (allora non vi erano distinzioni tra le varietà di uva da tavola e da vino) su specie selvatiche americane, il cui apparato radicale non veniva attaccato dalla Fillossera. Fu il primo
esempio di lotta biologica senza l’uso di sostanze chimiche. Iniziò anche l’attività vivaistica, aziende specializzate per la produzione di piante selvatiche americane o innestate con le varietà scelte dal viticoltore. Con il risveglio vegetativo, la prima operazione da eseguire è la scelta del germoglio più robusto e meglio posizionato che andrà a formare il fusto della pianta. Gli altri germogli verranno eliminati per consentire a quello rimasto di svilupparsi meglio. La piantina verrà legata al ›
PAESI DI PRODUZIONE E PERIODO DI COMMERCIALIZZAZIONE Paesi mediterranei Italia Spagna Portogallo Gracia Turchia Egitto Marocco Tunisia Altri Paesi California Israele India Sud Africa - Namibia Argentina Brasile Messico Cile Perù Uruguay Australia Cina
Gen.
Feb.
Mar.
Apr.
Mag.
Giu.
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Lug.
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Ago.
Set.
Ott.
Nov.
DIc.
tutore di sostegno e periodicamente il viticoltore effettuerà altre legature e cimature della pianta.
CARATTERISTICHE DI QUALITÀ • Aspetto attraente, grappoli e bacche di grandi dimensioni, colore brillante, consistenza della polpa, aderenza al pedicello, grappolo spargolo con tendenza a non formare bacche di ridotte dimensioni, pezzatura uniforme degli acini; • profumi, presenza dell’ aroma di “moscato” nelle uve senza semi; • resistenza alla stress idrico, alla salinità, malattie fungine, virus, insetti, resistenza alla conservazione in celle frigorifere e ai trasporti; • adattamento alla copertura con plastica per anticipare la maturazione e resistenza alla conservazione sulla pianta per ritardare la raccolta.
TRA ROCCIA E CROCCANTEZZA L’uva da tavola, in alcune zone di produzione, si ottiene dai vigneti allevati a tendone realizzati su terreni profondi circa 50 cm, ottenuti dalla frantumazione della roccia calcarea. Questa inizialmente è aggredita da potenti mezzi meccanici che prima la sollevano e poi la frantumano con frangipietre. La vite svolge le attività vegeto-produttive su un terreno costituito dalla maggior parte di frammenti di roccia calcarea permeabile aventi la caratteristica di allontanare in profondità la parte eccedente di acqua non utilizzata dalle piante evitando ristagni di acqua dannosi per la qualità dell’uva. È un terreno che si riscalda facilmente durante le ore più calde e cede il calore con gli abbassamenti termici. L’uva in questi terreni può essere irrigata spesso e ciò anche poco prima della raccolta. La presenza di una adeguata umidità e frescura del terreno contribuisce ad accumulare aromi nell’uva e croccantezza degli acini.
OFFERTA DI UVA ITALIANA
In Italia le varietà più diffuse sono quelle che meglio esprimono le loro potenzialità produttive, di presentabilità e conservabilità dell’uva sulla pianta e in frigoconservazione, da cui si ottengono i maggiori ricavi netti. La cultivar Italia rimane da molti decenni la preferita dai viticoltori, in quanto esprime la massima affidabilità. Tra le altre ricordiamo cultivar Victoria, Black Magic, Red Globe, Sugraone seedless, Michele Palieri e Crimson seedless. Tra le tecniche colturali adottate per l’uva da tavola, la protezione dei vigneti con materiali di plastica e reti antigrandine, è quella che si è sviluppata maggiormente nell’ultimo ventennio. Interessa gran parte delle superfici coltivate ad uva da tavola. Le maggiori estensioni si hanno però nelle zone litoranee della Puglia, della Sicilia, Abruzzo e Basilicata. Tra i motivi che obbligano i viticoltori ad effettuare la copertura, vi è la protezione dell’uva dalle avversità atmosferiche e il maggior ricavo ottenuto con la vendita dell’uva prodotta in anticipo o in ritardo. Entrambe le ›
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Vigneto di uva da tavola in produzione della varietĂ Red Globe
l Raccolta e confezionamento dell’uva da tavola della varietà Black Magic
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La concentrazione territoriale della coltura è evidente, se si considera che di circa 67.000 ettari registrati in Italia, il 93% si trova in tre sole regioni: Puglia, Sicilia e Basilicata. Con la prima che copre il 68% dell’intera superficie nazionale.
ESPORTAZIONE DI UVA DA TAVOLA (IN MIGLIAIA TONNELLATE) Messico 166
Paesi Bassi 128
Sudafrica 198
Spagna 127 Turchia 98 Grecia 68
Cina 888
Italia 513
Stati Uniti 366
tecniche sono da considerarsi estremamente positive perché permettono di dilazionare l’offerta di uva dalla metà di maggio fino a dicembre, riducendo la concentrazione dell’offerta di uva nei mesi di agosto-settembre, aumentano i prezzi e il reddito per il produttore. La copertura si realizza rivestendo la struttura portante del vigneto con teli di plastica. Con la coltura protetta si realizza un microclima più caldo all’interno della serra, rispetto all’esterno, favorendo la maturazione anticipata dell’uva o la sua conservazione sulla pianta. In Sicilia, le zone geografiche interessate alla coltivazione dell’uva da tavola ad Indicazione Geografica Tipica sono l’ IGP di Mazzarrone, ubicata tra le province di Catania e di Ragusa e comprende i comuni di Caltagirone, Licodia, Eubea e Mazzarrone, situati nella provincia di
Catania e i comuni di Acate, Vittoria, Chiaramonte, Gulfi e Comiso per la provincia di Ragusa. La seconda area produttiva è l’IGP Canicattì e comprende una ventina di comuni appartenenti alle province di Caltanissetta e Agrigento. Nell’area di Canicattì i terreni sono prevalentemente collinari e sciolti con elevata dotazione in calcare dove la cultivar Italia esprime le migliori caratteristiche di qualità, mentre il territorio costiero dell’IGP Mazzarrone è caratterizzato da clima mite e da terreni molto sabbiosi, ottimali per la produzione di uva precoce delle cultivar Black Magic, Victoria, Sugraone seedless, Matilde e Cardinal. Le varietà più diffuse sono con semi: l’Italia bianca e Red Globe rosa. La Sicilia, dopo la Puglia è la seconda regione produttrice di uva da tavola con circa 3 milioni di quintali. La Puglia riduce a circa 20 giorni la differen- ›
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Sopra, acino senza semi della varietà Sugraone. A destra, con semi TUTTO TRANNE CHE MANGIARLA DAL GRAPPOLO Le uve senza semi sono utilizzate dal consumatore come frutta fresca, preferite per la mancanza dei fastidiosi semi legnosi. Ma costituiscono anche la materia prima per la preparazione di gustosi alimenti. Tra questi: uve disidratate per la preparazione di panettoni e di altri impieghi in pasticceria. Dalle uve senza semi staccate dal pedicello del grappolo, lavate, riposte in un tegame e cotte a fuoco basso, in breve tempo, si ottengono gustose marmellate con aromi e sapori che richiamano le caratteristiche varietà. Altra utilizzazione di semplice e rapida preparazione è l’ottenimento di succhi d’uva frullando gli acini e separando con un setaccio la parte liquida (succo) da quella solida (bucce). Altra utilizzazione è la preparazione di gustosi dolci con acini rivestiti con cioccolato bianco o nero, yogurt e caramelle d’uva ad elevato valore energetico, utili particolarmente per gli atleti. Effetti benefici dell’uva Nel Cinquecento le ragazze preferivano l’uva nera e ne mangiavano in gran quantità perché, si diceva, rendesse gli occhi belli e irresistibili. Ancora oggi sono in molti a reputarla miracolosa per la bellezza: renderebbe lucenti e forti i capelli e tonica la pelle. Senza considerare gli altri benefici effetti sull’organismo. Succosa e dolce, in tutte le sue sfumature di colore, è un concentrato di sole racchiuso in chicchi: è ricca di zuccheri di facile digeribilità (fruttosio e glucosio), sali minerali come calcio e potassio, vitamine, in particolare A e C. Ma soprattutto è apprezzata per la sua funzione diuretica, leggermente lassativa e come coadiuvante nel ridurre il tasso di colesterolo. E c’è chi si cura con l’ampeloterapia, che consiste nel depurare l’organismo nutrendosi per alcuni giorni solo di uva. Per sfruttare al massimo le sue virtù andrebbe mangiata a digiuno la mattina. Si può consumare, oltre che fresca, da sola o in macedonia, è molto sfiziosa con i formaggi stagionati e versatile nella preparazione di dolci e marmellata.
za dei tempi di maturazione delle varietà precoci rispetto alle uve siciliane. Quest’anno, già dal 12 giugno è iniziata a Nardò in provincia di Lecce, la raccolta di uva da tavola della varietà Black Magic, ben matura, con colorazione intensa ed uniforme, ottenuta in serra riscaldata. Senza riscaldamento il ritardo di maturazione è di 10 giorni. La zona è caratterizzata da clima mite e assenza di venti freddi. È particolarmente favorevole alla produzione di uva da tavola a maturazione precoce. La viticoltura per la produzione di uva da tavola in Sardegna è estesa su una superficie di 1.400 ettari con una produzione di 110.000 quintali. Rappresenta un nuovo comparto della frutticoltura regionale.
TECNICHE COLTURALI DIRADAMENTO DELLE BACCHE E DEI GRAPPOLI
Con queste operazioni vengono eliminati circa 1/3 dei grappoli con difetti presenti sulla pianta e in numero eccessivo rispetto alle potenzialità della pianta. Questa operazione favorirà anche la maturazione delle varietà precoci. Considerato la complessità delle operazioni, vengono utilizzati gruppi di operai, esperti che opportunamente devono saper scegliere e valutare. Essendo varietà precoci coperte con plastica, queste operazioni vengono eseguite con temperature di circa 40 - 45°C. ›
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Stupendi grappoli di uva da tavola pronti per la commercializzazione
IRRIGAZIONE DELLA VITE
L’acqua, è prelevata con pompe sommerse da corsi d’acqua che scorrono nel sottosuolo, spesso anche a profondità da 600 a 800 metri. L’acqua senza alcun contatto esterno viene convogliata direttamente nella condotta irrigua che alimenta il vigneto. I terreni, costituiti in gran parte dal disfacimento della roccia calcarea, sono considerati i migliori per ottenere uve di gran qualità. Infatti, dopo l’irrigazione, non si ha ristagno di acqua, si mantengono freschi e quando serve si riscaldano in breve tempo consentendo alle uve di maturare
nelle migliori condizioni. Sono terreni poco fertili e questo limita la produttività del vigneto a vantaggio della qualità dell’uva.
PRELIEVO DA MINIERE DI CONCIMI NATURALI
Tra le tecniche colturali applicate alla vite per la produzione di uva da tavola vi è anche la fertilizzazione. È necessaria per soddisfare i fabbisogni di nutrizione della pianta per il suo accrescimento e per la produzione di uva. Per quanto possibile si utilizzano concimi che cedono lentamente i loro costituen- ›
I PAESI PRODUTTORI DI UVA DA TAVOLA (IN MIGLIAIA DI TONNELLATE) ■ Cina ■ Turchia ■ Italia ■ Iran ■ India ■ Egitto ■ Cile ■ Stati Uniti ■ Brasile ■ Spagna ■ Messico ■ Sudafrica ■ Grecia
3374 1505 1472 1044 1044 1033 987 928 732 320 282 260 257
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Grappoli di uva senza semi in maturazione
COMPOSIZIONE CHIMICA E VALORE ENERGETICO PER 100 G DI PARTE EDIBILE
Parte edibile (%) 94 Acqua (g) 80,30 Proteine (g) 0,50 Lipidi (g) 0,1 Colesterolo (mg) 0 Carboidrati disponibili (g) 15,60 Amido (g) 0 Zuccheri solubili (g) 15,60 Fibra totale (g) 1,50 Fibra insolubile (g) FIbra solubile (g) Alcol (g) 0
Sodio (mg) 1 Potassio (mg) 192 Ferro (mg) 0,40 Calcio (mg) 27 Fosforo (mg) 4 Magnesio (mg) Zinco (mg) 0,12 Rame (mg) 0,27 Selenio (µg) Tiamina (mg) 0,03 Riboflavina (mg) 0,03 Niacina (mg) 0,40 Vitamina A retinolo eq. (µg) 4 Vitamina C (mg) 6 Vitamina E (mg) tracce
Energia (kcal) 61 Energia (kJ) 257
Fonte INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione)
ti o che derivano da giacimenti naturali. Gli elementi nutritivi necessari per la vite sono: potassio, azoto, fosforo, ferro, calcio e magnesio. La vite è molto esigente di potassio che oltre a regolare la nutrizione idrica eleva l’aroma, il profumo, il sapore, la serbevolezza, il contenuto di zuccheri, il colore e la resistenza alla conservazione. Il magnesio è un componente della clorofilla della foglia e agisce sul metabolismo degli zuccheri e proteine. Per la produzione di uva da tavola di qualità vengono utilizzati fertilizzanti contenenti potassio e magnesio estratti da depositi naturali protetti da sedimentazioni impermeabili all’acqua, che si sono formati 250 milioni di anni fa dall’evaporazione di acqua di mare. Per la sua origine naturale si ottiene un concime granulare idoneo all’impiego in agricoltura biologica.
potassio ecc), in particolare di bambini e anziani. Il consumo di uva è utile anche per la sua azione terapeutica: affezioni degli organi digerenti, convalescenze da malattie infettive, azione stimolante sul fegato e digestiva. L’uva rossa è ricca di melatonina e favorisce lo sviluppo di serotonina, elementi che aiutano a recuperare le energie. Contribuisce ad abbassare i valori del colesterolo e a prevenire le malattie cardiovascolari. Il succo d’uva è facilmente digeribile ed aiuta la digestione, combattendo l’acidità di stomaco. Importante anche il contenuto in micronutrienti che si trovano nella buccia del frutto, in particolare dell’uva nera, ricca di sostanze antiossidanti quali la quercetina e il resveratrolo, oggetto di numerosi studi per i possibili benefici sullo stato di salute e per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative. ◆
EFFETTI BENEFICI DELL’UVA DA TAVOLA
L’uva, dopo l’acquisto, se non consumata subito va conservata in busta chiusa in frigorifero. Prima di servirla a tavola, è consigliabile immergerla in una vaschetta di acqua fredda diventerà più croccante e gustosa. L’uva è un alimento completo perché contiene preziosi componenti per l’alimentazione (proteine, glucidi, vitamine A e C, calcio,
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Mario Colapietra
Primo Ricercatore presso CRA (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura, Roma), Unità di ricerca per l’uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo.
Il pesco è originario della Cina che è anche il maggior Paese produttore mondiale. In primo piano, pesco spontaneo del parco del Lago del Dragone Nero di Lijiang, nella provincia dello Yunnan.
AGRICOLTURA OGGI Carlo Fideghelli
CONOSCERE IL PESCO
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Frutto tipicamente estivo, coltivato da tempo immemorabile in Cina, è oggi molto diffuso nell’area del Mediterraneo. L’Italia è il maggior produttore tra i Paesi occidentali.
La coltivazione del pesco, in Italia, risale ai tempi dell’Impero Romano, quando fu portato dall’Asia sud-occidentale e, per molto tempo si ritenne originario della Persia, paese che ha dato il nome botanico alla specie (Prunus persica). In realtà l’origine botanica del pesco è la Cina che è anche il maggior produttore mondiale di questo frutto che, più di tutti gli altri, caratterizza la stagione estiva e il cui consumo è fortemente influenzato dal caldo e dal sole. ›
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Il pesco viene distinto in tre categorie di prodotti: pesche, nettarine (pesche noci) e percoche. Un’ulteriore distinzione è: pesca a polpa gialla e pesca a polpa bianca.
Nettarine o “pesche noci”
Pesche
Percoche o “pesche da industria”
Dopo la Cina, il più importante centro di coltivazione del pesco è localizzato nel Mediterraneo, in particolare nei paesi della Riva Nord, e l’Italia è il principale paese produttore tra i paesi occidentali, seguita da Spagna e Grecia, in Europa e Stati Uniti nelle Americhe. L’Italia, con oltre 3,5 milioni di quintali esportati è anche il secondo paese esportatore, superato, negli ultimi anni dalla Spagna che esporta più di 5 milioni di quintali. La produzione italiana, stabile da oltre un decennio intorno ai 15-16 milioni di quintali, tende gradualmente a spostarsi dalle regioni settentrionali (Emilia Romagna, Piemonte, Veneto) alle regioni meridionali (Campania, Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata) dove trova condizioni climatiche più favorevoli. Tradizionalmente si distinguono 3 categorie principali di prodotti: pesche, nettarine (o pesche noci) e percoche. Le percoche, caratterizzate da polpa gialla senza venature rosse, soda, profumata sono utilizzate dall’industria per la produzione delle pesche sciroppate, e nel Meridione, sono molto apprezzate come frutto fresco. Si distinguono, poi, i frutti a polpa gialla (oltre il 90 per cento del totale) e i frutti a polpa bianca, destinati prevalentemente a mercati di nicchia per la loro delicatezza. Da qualche anno a questa parte, nell’ambito di queste categorie principali, si distinguono le varietà per il contenuto della polpa in acidi organici espressi in acido malico: se il contenuto è inferiore a 8 milliequivalenti per 100 centilitri di succo, la varietà è definita “subacida” o “dolce”, tra 8 e 13 la varietà è classificata come “equilibrata”, oltre 13 è “acidula”. Le varietà “subacide”, che erano, di fatto, assenti nella produzione italiana fino a 10-15 anni fa, hanno incontrato il favore dei consumatori italiani ed europei e sono, oggi, sempre più diffuse. Il grande numero di varietà coltivate (si calcola tra 300 e 400), in una stagione che va da fine aprile a novembre, e il loro rapido avvicendamento, insieme con le diverse tipologie commerciali, creano spesso nel consumatore un notevole sconcer- ›
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Diradamento meccanico dei fiori: questa innovazione permette di ridurre significativamente il costo del diradamento manuale che si fa sui frutticini, dopo l’allegagione
Pesche piatte o “tabacchiere” to per la pratica impossibilità di riconoscere e scegliere la varietà con le caratteristiche desiderate. A differenza delle mele e delle pere per le quali viene riportato il nome delle varietà, conosciute dai consumatori perché poche e presenti sui mercati da lungo tempo, le pesche e le nettarine sono di fatto indistinguibili le une dalle altre e le varietà coltivate e i relativi nomi cambiano con grande rapidità (ogni anno, nel mondo, vengono lanciate circa 100 nuove varietà). Per queste ragioni, al consumatore si dovrebbero fornire le informazioni necessarie per scegliere il tipo di frutto che preferisce (“dolce”, “equilibrato”, “acidulo”) e, non meno importante, il grado di maturazione e il momento giusto di consumo perché possa apprezzare appieno le caratteristiche organolettiche (succosità, dolcezza, profumo) di questo delizioso frutto estivo. Migliorando l’informazione sui frutti in vendita (grado di maturazione, modalità di conservazione, tempi corretti
per il loro consumo), negli Stati Uniti è stato recuperato il calo dei consumi di pesche e nettarine che, a lungo, aveva caratterizzato in negativo, la peschicoltura di quel Paese. Uno dei fenomeni più eclatanti degli ultimi anni è la diffusione delle pesche piatte, conosciute da lungo tempo in Sicilia dove sono coltivate sulle pendici dell’Etna e commercializzate con il nome di “tabacchiere”. La loro affermazione a livello europeo è, però, merito degli spagnoli che, per primi, ne hanno compreso la potenzialità commerciale al di fuori dei mercati locali. Il successo delle pesche piatte è dovuto, oltre che alla forma molto singolare e curiosa del frutto, alla facilità di consumo rispetto al frutto sferico, alla gradevolez- ›
Le tre IGP (Indicazioni Geografica Protetta) riconosciute fino ad oggi in Italia
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PRINCIPALI FASI FENOLOGICHE DEL PESCO
Bottoni rosa
Fiore campanulaceo
Fiore rosaceo
Fine caduta petali
scamiciatura
Pesche
Pesche da industria
Pesche nettarine
Le diverse categorie di pesco sono riconoscibili in campo attraverso un’attenta osservazione che distingue il tipo di fiore (campanulaceo o rosaceo), la presenza o l’assenza di tomentosità (pelosità) sul frutto ed il tipo di frutto destinato al consumo fresco (pesche e nettarine) o per la trasformazione industriale (percoche)
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Negli ultimi anni si sono diffuse enormemente le pesche piatte, conosciute e coltivate da tempo in Sicilia, commercializzate con il nome di “tabacchiere”.
za del sapore, di tipo “subacido” e all’aroma tipico delle pesche a polpa bianca. Le varietà di questo tipo oggi più conosciute sono quelle della serie UFO, costituite dalla ricerca pubblica italiana, che coprono l’intera stagione, da fine maggio a tutto settembre. Rispetto alle pomacee (mele e pere), il recupero di antiche varietà per i mercati locali che ne apprezzano le caratteristiche di sapore e profumo è forse meno importante, ma non è infrequente. A parte le “tabacchiere” già citate, sempre in Sicilia si possono citare le “sbergie”, come vengono chiamate le vecchie “pesche noci”, di dimensioni poco più grandi di una noce, buccia verde-giallo pallido, sapore dolce e intenso profumo. In Calabria è coltivata una tipologia molto simile conosciuta con il nome di Madonna d’Agosto e venduta su mercati locali a prezzi doppi rispetto alle più appariscenti nettarine moderne. In Basilicata è molto apprezzata il Percoco di Tursi, in Puglia il Percoco di Turi, in Campania sono ancora
molto apprezzata le vecchie percoche Vesuvio, Di Francia, Marzocchella, Terzarole. In Toscana, e non solo, è coltivata con successo la varietà Regina di Londa e le Burrone, sempre a polpa bianca, in Emilia Romagna è in atto il recupero di altre varietà a polpa bianca di grande qualità, da decenni abbandonate perché inadatte alla commercializzazione su mercati lontani, come Bella di Cesena, Sant’Anna Balducci, Buco Incavato. Michelini in Piemonte, Tardivo Zuliani e Grezzano in Veneto, Iris Rosso in Friuli Venezia Giulia non sono mai state abbandonate del tutto e alimentano con successo i mercati locali. ◆
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Carlo Fideghelli
CRA-FRU, Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma
AGRICOLTURA OGGI Roberta Maresci
PESCO
dalla Cina con furore
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Ipocalorica, ricca di potassio, diuretica e remineralizzante, la pesca è il frutto dell’albero del pesco, considerato in Cina simbolo di lunga vita. Perfetta come spuntino di metà mattinata, fornisce zuccheri senza appesantire. Che sia gialla, bianca o rossa, è antiossidante, stimola i succhi gastrici e regola la pressione arteriosa grazie al suo contenuto di potassio e manganese. Contenendo anche il fluoro, rafforza denti e ossa.
Creduto originario della Persia (da cui il nome botanico Prunus persica), l’origine del pesco è la Cina, dove veniva utilizzato anche come albero ornamentale, lasciato crescere allo stato selvatico o semicoltivato già cinquemila anni fa. Poi si è diffuso in tutto il mondo, attraverso l’Asia centrale e il Medio Oriente, fino all’Impero Romano. Il suo nome scientifico è stato dato da Linneo che riteneva che questa pianta da frutto fosse arrivata dalla Persia, che invece era solo una delle tante tappe intermedie della sua diffusione verso l’Europa. Sono stati i romani a diffonderlo fino in’Inghilterra, attraverso il loro impero. Molto ha potuto il clima mediterraneo, perfettamente adatto alla specie. In Grecia, il pesco era già conosciuto nel IV secolo avanti Cristo. In Italia la coltura è arrivata nel I secolo avanti Cristo, mentre in America fu introdotta dai colonizzatori spagnoli dopo la scoperta dell’America. Poi è toccato ai padri pellegrini diffondere le varietà rimaste in Inghilterra. Le varietà moderne derivano, però, da un’unica varietà cinese “Chinese Cline” importata negli Stati Uniti nella seconda metà dell’Ottocento e progenitrice di quasi tutte le varietà attualmente coltivate nei paesi occidentali. Benché la tecnica dell’innesto fosse già conosciuta dai greci il pesco veniva propagato attraverso i semi che erano di più facile trasporto. Dopo alcune generazioni ed il relativo adattamento il pesco cominciò a differenziarsi: le pesche a polpa bianca erano tipiche della Francia, mentre quelle a polpa gialla › erano caratteristiche della Spagna.
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Ai social network dipendenti farà piacere sapere che su facebook esistono ben cinque gruppi: il “Percoca nel vino”, “Percoca ind o vino” , “O vin cu a percoca”, “Amanti del vino con la percoca”, una Gang “della Percoca nel Vino di Gragnano” e addirittura un “Partito delle Percoche nel Vino”.
PESCA MELBA Cesare Marchi, nel libro “Quando siamo a tavola”, ricorda la nascita della Pesca Melba: “Nelly Melba (1861-1931), celebre cantante australiana, passò alla storia del teatro per le sue interpretazioni e a quella della gastronomia per la coppa Melba: una pesca sciroppata su un gelato di vaniglia, inventata in suo onore, all’Hôtel Carlton di Londra, dal non meno celebre Auguste Escoffier, nel 1899”.
NEL PESCO LE VIRTÙ DELL’ASPIRINA Consumare fragole, pesche, cavoli e rape è come assumere un’aspirina vegetale. L’acido salicilico, principio attivo del celebre farmaco (il cui nome deriva dalla Spirea, conosciuta come nebbiolina delle spose), estratto dai Babilonesi dai salici, è presente anche in molti frutti e ortaggi. Ricercatori hanno notato che i soggetti che assumono quotidianamente l’Aspirinetta (usata per la profilassi delle patologie cardiovascolari), hanno un crollo verticale del tumore del colon. In pratica, sembra che l’acido salicilico preso in piccole dosi giornalmente, può esercitare anche una notevole profilassi antitumorale. Una conferma arriva da un altro gruppo di studio scozzese che ha pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry una ricerca che ha evidenziato come la popolazione indiana, che consuma molte spezie ricche di acido salicilico (in primis il curry) ha una scarsa incidenza del tumore al colon.
SANGRIA NAPOLETANA
Gli spagnoli nella loro terra natia coltivavano delle pesche a polpa gialla: profumate, con polpa soda, definite percoche. Ancora oggi nell’Italia meridionale, queste varietà di pesche sono le preferite perché sono dolci, compatte e profumate. Ideali da mangiare nel vino. Qualcuno le chiama “sangria napoletana” ed è probabile, in effetti, che questa ricetta tradizionale del più classico dei mangia e bevi estivi trovi le sue origini nelle reiterate dominazioni spagnole della città. Ma sebbene sia molto diffuso l’uso del vino rosso, è il vino bianco, meglio se leggero di corpo, e fresco, il re di questa preparazione che spopola nelle estati infuocate del Sud Italia. Con polpa poco cedevole e mai fondente, sono l’opposto di quelle a polpa bianca, preferite dalle popolazioni del nord Europa. Pian piano, è stato il gusto a dover cedere il passo al progresso scientifico, a Mendel, alla colonizzazione e quindi ai primi programmi di miglioramento genetico studiato a tavolino dai ricercatori. Il folklore nordamericano ci tramanda nell’Ottocento dell’esistenza di Johnny “seme di mela” (Johnny Appleseed), un curioso personaggio tra storia ›
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Le pesche in Cina vengono proposte con una “garza” che ne valorizza la presentazione
e leggenda impegnato a diffondere il melo come nella vita fece davvero John Chapman, il vivaista nato nel 1774 vicino a Boston, in Massachusetts la cui effige è ritratta su francobolli e ha ispirato perfino un breve disegno animato della Disney. Pare fu la visione di un angelo ad affidargli la missione di piantare meli in tutta l’America. Fu così che Johnny partì per un “pellegrinaggio” che lo portò a diffondere, mediante baratto e vendita, semi di melo ovunque. Anche se Johnny Appleseed, contrariamente ai modelli cinematografici degli uomini di frontiera, non beveva whisky e si spostava a piedi, non portò mai un’arma né uccise alcun animale, anche perché non mangiava carne, ed era amico e stimato da indiani e coloni, anche per le pesche c’è stato un altro “Johnny semi di pesco” che ha diffuso questo frutto ricco d’acqua, di vitamina A e C e ottimo diuretico.
A CIASCUNO IL SUO FRUTTO
Alcuni esploratori americani dei primi del ‘900 (Hedrick 1917) riportano che fra i peschi selvatici era possibile identificare tutti i fenotipi che poi, nel tempo, sono stati oggetto del miglioramento genetico: pesche a polpa gialla, bianca, rossa,
aderenti e spicche (comune nelle piante selvatiche). Questa eterogeneità delle forme ne conferma l’origine cinese secondo il principio di Vavilov per il quale la maggior variabilità all’interno di una specie si riscontra nel centro d’origine della specie stessa. Principi e leggende a parte, alla fine dell’Ottocento sono stati i primi programmi di miglioramento genetico a dare una svolta al miglioramento delle varietà allora coltivate fino a quelle presenti nei nostri mercati. L’attività di miglioramento genetico del pesco è stata da sempre molto intensa e ha prodotto, negli anni, un notevole numero di nuove cultivar. Basti pensare che solo fra il 1990 e il 1996 sono state introdotte sul mercato oltre 500 nuove varietà. Nel mondo esistono due centri principali di coltivazione. Il primo polo è la Cina, ancor oggi il più grande produttore di pesche sulla Terra: questo è dovuto sia per popolazione presente sul territorio, che per la storia delle origini del frutto. Il secondo polo di produzione è il Mediterraneo: per condizioni climatiche. L’Italia è il secondo paese produttore mondiale dopo la Cina, seguito dalla Spagna che è anche il principale paese esportatore di pesche al mondo, tallonato dall’Italia. Nella produzione mediterranea, a seguire il Belpaese ci pensano nazioni come Spagna, Grecia, Francia, Turchia, Egitto, Tunisia, Giordania e Libano. Un terzo polo, ma di gran lunga inferiore come importanza produttiva, è la costa pacifica del continente americano del nord (California e Messico ) e del sud (Cile).
VARIETA’ DI PESCHE
Oggi sono disponibili sul mercato diverse tipologie di pesche. Una tipologia molto importante, di poca rilevanza cinquant’anni fa, è quella delle pesche senza pelo (o pesche noci) che tutti chiamano nettarine, nome anglosassone che poi si è affermato nell’uso corrente dimenticando il nome che le davano somi-
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Giovane impianto in coltura protetta, in Basilicata
glianti alle noci nelle dimensioni e nell’estetica. Alla fine anni Trenta, inizio anni Quaranta, fu un privato, l’ibridatore californiano Fred Anderson, a intuire per primo la grande potenzialità che avrebbero avuto le pesche senza pelo. L’abbondante peluria sul frutto del pesco dava fastidio, arrivando a irritare le pelli più delicate. Fred Anderson capì l’importanza commerciale di un cambiamento e incrociò le vecchie pesche noci senza pelo (non particolarmente belle da vedere e piccole di dimensioni) con le migliori pesche colorate: le nettarine furono un successo strepitoso sbarcato ben presto nel resto del globo. Sulla tipologia delle diverse varietà di pesche e di nettarine c’è molto da dire perché, accanto alle tradizionali pesche a polpa gialla e a polpa bianca e alle percoche, si sono affiancate le nettarine gialle e bianche.
CAMBIAMENTI GENETICI
Da molti anni in Sicilia si vendono dei frutti di pesche piatte, con la forma di un disco con al centro una lieve depressione. Sono molto apprezzate dal consumatore per la qualità gustativa positiva. Più coltivate in Spagna piuttosto che in Italia, rappresentano una delle ultime novità nel settore. Ricordano quelle che venivano coltivate sulle pendici dell’Etna con il nome di “tabacchiere”, perché nella forma rievocano la scatola piatta dentro la quale si conservava il tabacco. Anche se il nome più noto delle pesche piatte è “Ufo”, la serie è composta di 9 varietà e porta questo nome per la forma del frutto che ricorda i dischi volant. Sono state costituite in Italia, nel Centro di Ricerca per la Frutticultura (CRA-FRU, Roma). In un prossimo futuro sul mercato sarà possibile trovare anche pesche e nettarine a polpa rossa, frutto del miglioramento genetico moderno che riprende alcune vecchie varietà locali chiamate “pesche delle
vigne”, che maturavano a fine agosto e settembre, quando la vigna era coltivata a filari insieme alle piante da frutto. Rosse e sanguigne, queste nuove pesche a polpa rossa è già diffusa in Francia. Per il colore, le è stato facile diventare sinonimo di un alto contenuto di sostanze antiossidanti, importanti per contrastare l’invecchiamento delle cellule. La mappatura del genoma del pesco, completata di recente da un gruppo di ricercatori italiani in collaborazione con un gruppo di ricercatori americani, consentirà di collegare ogni gene a un carattere pomologico o agronomico del frutto. In pratica, se noi desideriamo una pesca piatta, ad esempio, con l’analisi del DNA (estratto dalle foglie) è ora possibile sapere se la pianta contiene quel gene che mi interessa. È un po’ come se, prima di far crescere in grembo un bambino, scegliessimo il colore della pelle, degli occhi, dei capelli, se da grande sarà robusto o filiforme, alto o basso. Rientra in un discorso di selezione assistita con marcatori molecolari di nuova generazione per ottenere varietà migliorate, capaci di rispondere alle esigenze dei consumatori e dei produttori in tempi più brevi e con costi ridotti. Questo ovviamente per quanto riguarda il miglioramento genetico nelle piante arboree da frutto, un’attività laboriosa e costosa per osservare i primi frutti delle piante ottenute da un seme frutto di incrocio e per il quale c’è un numero di piante da valutare per individuarne una che sia migliore dei due genitori. ◆
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Roberta Maresci Giornalista e scrittrice
IL CHIANTI COLLI FIORENTINI VA IN RUSSIA Il Chianti Colli Fiorentini DOCG è stato tra i protagonisti dell’appuntamento Simply Italian – Great Wines a Mosca e San Pietroburgo. Il Consorzio, presente attraverso Cantina Sociale Colli Fiorentini, Castello di Poppiano, Catelvecchio, Fiano, Il Corno, La Querce, Lanciola, Malenchini e SanVito in Fior di Selva, non ha voluto rinunciare alla possibilità di partecipare a workshop, degustazioni guidate e incontri con importatori, distributori ristoratori e retailer di un paese così importante, per le esportazioni come la Russia. “Il mercato russo – ha commentato la presidente del Consorzio Chianti Colli Fiorentini Marina Malenchini – offre grandi opportunità, in particolar modo per quanti, come noi, hanno una spiccata vocazione verso l’export di vini italiani di qualità”. Il Chianti Colli Fiorentini DOCG, è un vino molto apprezzato all’estero, sia per le sue caratteristiche di leggerezza ed eleganza, unite a note acide che conferiscono dinamismo e un gusto caratteristico, sia per l’alto valore simbolico che il collegamento con Firenze, una delle città più ammirate al mondo, gli conferisce. Info: www.chianti-collifiorentini.it
CALEIDOSCOPIO
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NUOVO GUSTO PER IL PECORINO ROMANO Bilancia, fegato, anima e da oggi anche cuore. Il Pecorino Romano DOP fa sempre meglio alla salute, grazie anche ad una nuova gamma con meno sale dal Consorzio del Pecorino Romano. “Si tratta - ha detto il presidente del Consorzio, Gianni Maoddi - di un pecorino speciale, che manterrà la Dop: avrà un livello massimo di sale del 5 per cento, ma arriverà a breve anche al 4 per cento. La nuova produzione sarà riconoscibile attraverso un’etichetta del Consorzio che garantirà al consumatore queste caratteristiche”. In produzione entro il 2012 accanto a quello tradizionale, il nuovo Pecorino sarà più dolce e gradevole, mantenendo inalterati i suoi elementi distintivi. Andrà così incontro alle esigenze del mercato interno - che chiede un prodotto meno saporito – e al tempo stesso soddisferà le linee guida del Ministero della Salute, che consigliano un uso moderato del sale. “Ottanta grammi di questo Pecorino Romano DOP in abbinamento alla verdura o alla frutta - ha spiegato la nutrizionista Samantha Biale - possono essere una valida alternativa alla carne o al pesce anche per chi vuole fare pasti più bilanciati in sodio. In questo modo potranno concederselo con più tranquillità due o tre volte a settimana”. Info: www. pecorinoromano.net
“PREMIO INTERNAZIONALE DEL VINO 2012” AL LAMBRUSCO OTELLO DELLE CANTINE CECI Otello Nero di Lambrusco delle Cantine Ceci, con sede a Torrile di Parma, si è aggiudicato uno dei più prestigiosi riconoscimenti dell’enologia, il “Premio Internazionale del Vino 2012”. Tenacia e sperimentazione hanno valso all’Azienda la conquista di questo autentico Oscar enologico nella categoria Migliore Innovazione del Vino alla tredicesima edizione del Premio organizzato da Ais e Bibenda all’Hotel Rome Cavalieri di Roma. Un evento che segna la storia del Lambrusco, da sempre considerato uno dei vini meno nobili, ma che sta vivendo, grazie all’impegno di produttori come Cantine Ceci, una nuova era, affermandosi nell’olimpo dell’enologia italiana. Otello Nero non è nuovo a prestigiosi riconoscimenti nazionali ed internazionali, da non dimenticare infatti che è stato il primo Lambrusco in assoluto a ricevere il massimo punteggio su una guida, contribuendo così ad una nuova cultura del vino emiliano che ad oggi, è uno dei più richiesti all’estero. Info: www.lambrusco.it
CALEIDOSCOPIO LE CONSERVE DELLA NONNA: BUONE ANCHE PER L’AMBIENTE!
UN CONCORSO PER I 100 ANNI DI FINI
L’ACETO CHIEDE LA PROTEZIONE PER IL TERMINE ‘BALSAMICO’
Fini festeggia il proprio centenario con un concorso dedicato a tutti. Giocare è semplicissimo: basta acquistare una confezione di pasta “La Selezione Fini” o una bottiglia di Aceto Balsamico di Modena IGP con la coccarda del concorso e scoprire il codice di gioco. Per tentare la fortuna e vincere subito un cesto con deliziose proposte di pasta e condimenti Fini, basta iscriversi al Club Gastronomico e inserire il codice di gioco nella sezione dedicata al concorso. Anche coloro che non avranno vinto, parteciperanno all’estrazione del Super Premio Finale: una Lambretta LN 125, personalizzata nel colore blu cobalto del marchio Fini. Durata del concorso: dal 02.05.12 al 09.08.12. Estrazione finale: entro IL 31 AGOSTO 2012. Valore montepremi: 6.150,00 €. Info: www.finimodena.it
Troppe le contraffazioni all’estero per un settore che esporta l’85 per cento dei volumi. Sollecitata l’azione del Governo. Per questo i Consorzi per la tutela dell’Aceto Balsamico di Modena IGP, dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio-Emilia DOP hanno presentato i risultati di un progetto per la tutela e la valorizzazione di questi tre prodotti a denominazione protetta. Il progetto, svolto con la collaborazione e il contributo del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, è partito dalla constatazione che un numero crescente di prodotti imitativi sta minando l’economia e i risultati dei produttori del vero Balsamico di Modena che costituiscono un fiore all’occhiello della produzione agroalimentare italiana di qualità, sia per immagine che per volumi. In particolare, l’Aceto balsamico di Modena IGP si posiziona tra le prime dieci denominazioni italiane, con una produzione che nel 2011 ha superato i 95 milioni di litri, ma soprattutto con un export dell’85 per cento, che lo pone al vertice di tutte le IGP e DOP nazionali. Il fenomeno ha raggiunto livelli di allarme: Nomisma ha stimato che nei soli centri commerciali USA la quota di prodotto contraffatto supera il 20 per cento, e per questo il Ministero delle Politiche Agricole ha deciso di dare il proprio sostegno ai Consorzi dei produttori. Info: www.consorziobalsamico.it
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Tutti i deliziosi prodotti delle “Conserve della nonna”, le proposte di pasta fresca Fini, le raffinate ricette della linea La Selezione Fini, le golose puree Gusta La Frutta: si possono trovare con tutti gli altri prodotti a prezzi speciali nel nuovo negozio presso lo storico stabilimento di via Albareto 211 a Modena (orari di apertura: dal martedì al venerdì 15.30-18.30, sabato 9-11.30). “Le conserve della nonna” portano in tavola tantissimi prodotti, tutti preparati nel rispetto delle tradizioni e con ingredienti di prima scelta, per mantenere tutto il gusto genuino, la corposa consistenza e il profumo naturale delle conserve fatte in casa. Una gamma ampia che ti accompagna dalla colazione alla cena facendo riscoprire i piaceri di una volta! Tra gli ingredienti delle Conserve della nonna c’è anche il sole! Info: www.leconservedellanonna.it
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OLTRE LE BIO-ILLUSIONI ROBERTA FILIPPI
Il racconto di un evento culturale d’avanguardia
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Salute, prevenzione, eccellenze, economia: questi i temi dell’evento culturale “Oltre le bio-illusioni”, una collaborazione tra l’Università di Teramo e Karpòs.
I protagonisti del convegno “Oltre le bioillusioni”: da sinistra Michele Carruba, Antonio Calò, Paolo Bruni, Duccio Caccioni, Samantha Biale, Michele Pisante, Renzo Angelini e Luciano Trentini
Oggi, quello che mangiamo e abbiamo comprato in un piccolo negozio o in un supermercato, è stato prodotto grazie a studi applicati e a innovazioni quasi sempre sconosciute al grande pubblico. Questo significa che sono centrali per la nostra vita le competenze di agronomi, patologi, entomologi, chimici, tecnici, medici, nutrizionisti. Senza la loro interazione non è possibile nessun miglioramento del virtuoso circuito produzione-alimentazione-prevenzione-salute. Senza una buona comunicazione il “tour de force” dei saperi alleati per migliorare la nostra alimentazione, arrivando ad un pubblico distratto, non avrebbero modo di materializzarsi in stili di vita compatibili e consapevoli. A partire da queste considerazioni Università di Teramo e Karpòs hanno organizzato il 31 maggio un evento culturale intitolato “Oltre le bio-illusioni”, chiamando a confronto autorevoli esperti del settore, con l’obiettivo di diffondere una nuova cultura sulla nostra alimentazione. Non si è trattato di un semplice convegno, bensì di un “work in progress culturale” proposto da una rete di intelligenze che si va formando intorno a Karpòs e alle migliori Università, che ha l’obiettivo di far scendere la verità e le responsabilità sul terreno
60 (altezza media dello sguardo delle massaie) ed è auspicabile comprare non solo “in base al prezzo o alla simpatia ma sarebbe meglio comprare italiano e di stagione”. Non nascondiamoci inoltre dietro alla credenza che il pesce sia caro: “Non si deve pensare solo all’orata o al branzino, ma iniziamo a comprare il pesce azzurro, meno caro e ricco di grassi preziosi”. La dott.ssa Biale cerca inoltre di sensibilizzare l’acquisto ragionato: attualmente non esiste un’acqua minerale migliore dell’altra; tendenzialmente tutte le acque sono oligominerali (50/100 mg/litro). La migliore è quella che ha la fonte più vicina al proprio supermercato. Come migliori sono le uova delle galline non allevate in batteria. Vi è inoltre l’ossessione per la carne magrissima e completamente rossa: “Queste caratteristiche sono sintomo di un animale nutrito forzatamente, delle striature di grasso fanno solo bene”. E a sfatare il concetto che “mangiamo meno frutta perché troppo cara” ci ha pensato il Direttore del CSO e vicepresidente AREFLH Luciano Trentini. Mediamente al giorno spendiamo 2 euro in frutta che, tradotto per anno, vuol dire una spesa per ogni famiglia media di 600 euro all’anno. Nulla a confronto di quanto spendiamo per la colazione al bar, considerando i 2/3 caffè a mattina e all’irrinunciabile cornetto. L’Italia è inoltre il primo paese produttore in Europa: produciamo soprattutto frutta e ortaggi. “Dobbiamo imparare a conoscere la disponibilità, la stagionalità, le eccellenze dei nostri prodotti – dichiara il dott. Trentini - manca la comunicazione e attraverso Karpòs potremo raggiungere l’obiettivo.” Comunicazione, dunque. Ma anche formazione e ricerca perché “educare, informare, formare e riqualificare sono le basi del nostro futuro” evidenzia il prof. Michele Pisante, prorettore e ordinario di agronomia e coltivazioni erbacee alla facoltà di agraria dell’Università degli Studi di Teramo. Abbiamo qualità eccellenti e soprattutto un profilo etico per preservare le future generazioni: partiamo quindi dalla conoscenza e dalla consapevolezza dei prodotti italiani. Ricollegandosi al concetto di apertura, il prof. Antonio Calò presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, ha dichiarato che “siamo non solo quello che mangiamo ma anche quello che beviamo”. Dovremmo tenere in somma considerazione i valori legati al bere che ci provengono da informazioni corrette. Uno di ›
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della nostra alimentazione. Ciò che segue rappresenta uno dei possibili racconti a partire da una ricchezza di contenuti che necessiterebbero di ben altro spazio. Partendo dalla provocazione “noi siamo quello che mangiamo” con la quale ha esordito Duccio Caccioni, moderatore dell’evento, il prof. Michele Carruba ha fotografato la nostra società sottolineando che ogni alimento che immettiamo nella bocca si trasforma in salute o in malattia. Se mangiamo bene abbiamo una vita, una salute, un benessere, viceversa si trasforma in malanno. A livello mondiale ci troviamo di fronte a una popolazione che è in sovrappeso, addirittura l’11 per cento di persone sono obese. Il modo di alimentarsi è fondamentale per prevenire il 35/40 per cento dei tumori legati alla cattiva alimentazione. Ci sono cibi che possono essere protettivi e cibi che possono indurre a malattie, se consumati in eccesso. Generalmente commettiamo due grossi errori: ingeriamo poca frutta e poca verdura e troppi grassi. “Dobbiamo correggere questi errori nella popolazione ad esempio grazie alla dieta mediterranea che prevede 5 porzioni al giorno di frutta e verdura. La dieta mediterranea in assoluto è quella che ha un impatto migliore sulla salute. Un bambino obeso ha l’80 per cento di probabilità di rimanere obeso da adulto”. Non dobbiamo tradurre questo dato solamente immaginando che in futuro saremo tutti più grassi ma dobbiamo fare i conti anche con l’economia: 28 sono i miliardi di euro ogni anno vengono spesi per la salute. Il SSN paga il 60 per cento ma il 40 per cento è a diretto carico per le persone affette da queste patologie. Basterebbe mezz’ora di cammino al giorno per ridurre il rischio di mortalità di 3 volte rispetto a chi non fa movimento fisico. Carruba ha concluso il suo intervento ricordando il grande appuntamento di Expo 2015 a Milano: “Abbiamo una grande occasione per alfabetizzare un consumatore che va sensibilizzato su stili alimentari più attenti alla salute. Per raggiungere questo obiettivo saranno decisive alleanze con riviste come Karpòs, progettate per dialogare a 360° con la contemporaneità.” In aggiunta agli errori espressi dal prof. Carruba, ci sono quelli elencati dalla dott.ssa Samantha Biale che spiega in maniera molto semplice ed intuitiva che quando andiamo a fare la spesa non dobbiamo farci sedurre solamente dai prodotti disposti abilmente dai responsabili marketing all’altezza di 1 metro e
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questi valori fondamentali è il collegamento tra il vino e la sua zona di produzione. Un consumatore consapevole trasforma il vino in un alimento straordinario ma il vino accompagna ancora meglio il pensiero, e pensando col vino s’impara non solo a sorseggiare riflettendo ma anche a riflettere sorseggiando. Il prof. Calò ha concluso con una chiosa: “Tutti sappiamo i danni che provoca il vino a stomaco vuoto, ma ci siamo mai posti l’interrogativo dei danni provocati dal bere vino con testa vuota”. La questione etica è stata ribadita nell’intervento del cav. Paolo Bruni , presidente della Confederazione Generale delle Cooperative Europee. “Abbiamo – ha precisato fin dall’inizio - una responsabilità importante che noi specialisti, tecnici e politici del settore agroalimentare ci siamo presi di fronte a tutti i cittadini: produrre cibo di qualità per tutti e fare uno sforzo affinché la sana alimentazione divenga uno standard riconosciuto e praticato. Sul primo aspetto del problema il nostro sistema ha ben funzionato. Sul secondo ci sono dei ritardi da colmare. I 127 miliardi di fatturato del nostro settore agroalimentare nel 2011 sono una eccellente performance, nonostante un trend in lieve calo del 2011 (-1,5 per cento) che interrompe una progressione positiva che dal 2000 ad oggi ha visto una crescita del +10,4 per cento”. Le latenze e le omissioni sulla corretta informazione, riscontrabili ad ogni livello, sono invece inaccettabili per un Paese come l’Italia che fa della qualità del cibo un valore che trascende la mera alimentazione. “Per esempio – conclude Bruni - sul cibo biologico, nel recente passato, sono state fornite informazioni di dubbia consistenza scientifica, spesso contro l’agricoltura che sfama realmente le persone. Sono errori che potremmo benissimo evitare: va invece riconosciuto al biologico il merito di avere stimolato una coscienza e una sensibilità che ci ha portato ad integrare l’agricoltura tradizionale con l’ottimizzazione dell’utilizzo della chimica. Quindi dovremmo, al posto del fondamentalismo alimentare, praticare l’arte del confronto serio, critico ma anche costruttivo”. Renzo Angelini in sintonia con gli interventi ascoltati ha sottolineato che l’anello mancante della filiera alimentare sembra essere la corretta comunicazione al consumatore. La forte innovazione che ha permesso all’agroalimentare italiano di essere riconosciuto
nel mondo (e spesso imitato) non è percepita dal consumatore italiano e, come tale, non crea valore. A tal riguardo “l’uscita sul mercato di Karpòs – ha detto Angelini – rappresenta un segno di discontinuità con il passato che dovrebbe essere sostenuto da tutta la filiera”. Per la prima volta uno strumento di comunicazione al passo con gli standard editoriali più sofisticati si propone come interfaccia con un pubblico che sarà sempre più interessato a trasformare ciò che mangia in valori cognitivi. “E proprio nella prospettiva di creare valore – ha ribadito il direttore editoriale della rivista - abbiamo privilegiato la parola dei veri esperti ovvero di chi ha dedicato la propria vita allo studio e alla soluzione dei problemi veri. Grazie al loro sapere vorremmo demolire i miti ingannevoli sul naturale e sui luoghi comuni che spadroneggiano tra la gente. Non sarà un lavoro facile ma partire con un network di intelligenze, unite nel raggiungimento di un obiettivo così strategico , è una novità straordinaria in un Paese come il nostro, sempre diviso sulle questioni fondamentali e per questo oggi bisognoso di messaggi positivi”.
Roberta Filippi Giornalista
KARPÒS ON LINE Tutto il mondo Karpòs, dagli eventi culturali alla rivista, dalle immagini ai video dei protagonisti fino alla rassegna stampa è consultabile sul sito www.karposmagazine.net.
Mille allevatori, 60mila mucche italiane. La passione per il latte la alleviamo ogni giorno.
Buono, cremoso, con latte 100% italiano: questo è il nostro stracchino. Buona, nutriente, al 100% italiana e con tutto il sapore del buon latte fresco: questa è la nostra mozzarella. Genuino, goloso: questo è il nostro yogurt. Il loro segreto? Il latte da cui hanno origine: il latte fresco Alta Qualità Granarolo, l’unico nato da un Consorzio di mille allevatori con 60mila mucche italiane alimentate in modo naturale. Garantito da una filiera controllata e certificata nei vari passaggi, quindi integro, buono e sicuro. Ecco perché, quando è Granarolo a portarti latte, formaggi e yogurt, la differenza si sente.
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IL PROSCIUTTO DI PARMA: un concentrato di bontà e salute per un’alimentazione sana ed equilibrata Il Consorzio del Prosciutto di Parma ha presentato l’indagine sui valori nutrizionali del Prosciutto di Parma condotta di concerto con la Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) e l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) allo scopo di informare adeguatamente il consumatore per sostenerlo nella fase di acquisto e aiutarlo a fare scelte consapevoli, sicuri di offrire al contempo un prodotto con intrinseche garanzie di sicurezza e affidabilità. I risultati dell’indagine sono stati raccolti nella pubblicazione “Benessere e alimentazione”, cui hanno collaborato INRAN, SSICA e il Prof. Marco De Angelis, docente di Scienze Motorie e Scienza dello Sport presso l’Università di Parma. Il Prosciutto di Parma si dimostra inoltre un ottimo alimento che aiuta a combattere e inibire l’azione dei radicali liberi, principale causa di invecchiamento e malattie degenerative, e a ripristinare l’equilibrio fisiologico dell’organismo, grazie alla presenza di antiossidanti naturali come la vitamina E e il selenio. Info: www.prosciuttodiparma.com CALEIDOSCOPIO
IL PROSECCO ALLA CONQUISTA DELLA CINA
138 USSEGLIO TORNA CAPITALE DELLA TOMA Torna per il XVI anno consecutivo l’appuntamento con la Mostra Regionale della Toma di Lanzo e dei Formaggi d’Alpeggio. Due weekend dedicati al gusto dal 13 al 15 luglio e il 21 e 22 luglio con un unico grande protagonista, la toma, regina della valle, accompagnata dal salame di Turgia e dalle migliore selezione di prodotti caseari ed eccellenze italiane. Usseglio, la location dell’evento: un piccolo paese delle Valli di Lanzo situato a 1300 mt di quota e a 60 chilometri da Torino. Tra le novità il 1° Concorso Nazionale di Scultura su Toma. Cuore della manifestazione, come sempre, la Mostra Mercato con 100 produttori provenienti da diverse regioni italiane pronti a proporre degustazioni di formaggi e di prodotti tipici, oltre che ad esporre oggetti di artigianato e delle tradizioni locali. I formaggi del Paniere della Provincia di Torino saranno in degustazione insieme ad altri prodotti caseari d’eccezione come Fontina d’Aosta, Tête de Moine, formaggi della Val Camonica, caprini, Testun, Murazzano, Roccaverano, Castelmagno... Info: www.sagradellatoma.it
China Daily, uno dei principale giornali cinesi, ha pubblicato oggi uno speciale sul Prosecco DOP che la Cina ha da poco iniziato ad apprezzare. L’articolo analizza la situazione economica in Europa e in Italia, e sostiene che il comparto vinicolo italiano è in buona saluta e rappresenta l’industria che meglio di altre può far fronte alla crisi economica che affligge il Vecchio continente. “Il Prosecco in questo momento sta vivendo un momento felice. Anche in Cina le richieste iniziano ad essere consistenti e riteniamo, nel 2013, di raddoppiare le esportazioni verso Pechino e Shanghai. Secondo il centro ricerche inglese International Wine and Spirit Research, la Cina sta per diventare il primo mercato per consumo complessivo di vino: nel 2016 verranno consumati nel Paese del dragone oltre 3 miliardi di bottiglie. Questi sono dati che devono far riflettere – affermano nell’articolo pubblicato da China Daily i responsabili dell’azienda Battistella, casa vinicola veneta produttrice di Prosecco DOP d’alta gamma, intervistati in qualità di portavoce del mondo dei produttori di vino italiano a denominazione protetta. Info: www.proseccobattistella.com
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In Sicilia, in particolare, vengono coltivate varietà specifiche, particolarmente adatte alla produzione di patate novelle. La loro coltivazione risale ai primi anni del ‘900, nella fascia costiera ionica catanese. Da allora, la patata novella siciliana ha visto incrementare le superfici coltivate, dislocate soprattutto lungo le zone costiere delle province di Messina, Siracusa e Catania, anche se negli ultimi decenni la coltura si è diffusa nelle zone costiere di Ragusa e Caltanissetta. “La situazione della coltura delle patate novelle Selenella in Sicilia, presenta complessivamente una certa “tardività” giustificata da un andamento climatico sfavorevole - spiega Giacomo Accinelli, Tecnico Agronomo del Consorzio delle Buone Idee - In questo momento la coltura nelle varie aziende agricole è sana e non presenta alcun tipo di malattia. Abbiamo inoltre già effettuato il primo trattamento di concimazione fogliare per la somministrazione del selenio. Dai primi dati delle aree coltivate in Sicilia, la superficie investita dovrebbe aver subito una flessione rispetto al 2011 di circa il 50%, mentre si aspettano rese produttive di circa 250/300 qli/ha, quindi più scarse rispetto alla norma. La produzione siciliana contribuisce a far ottenere a Selenella patate novelle pari a 2500 tonnellate. Info: www.selenella.it/
“SMART PROTECTION BY BASF”: la giusta risposta per le filiere agroalimentari Cresce la richiesta di produzioni agricole sostenibili, che garantiscano cibi sani nel rispetto dell’ambiente. I programmi “Smart Protection by BASF” aiutano l’agricoltore a soddisfare le esigenze delle moderne filiere, massimizzando il proprio reddito. Agli agricoltori si richiedono oggi produzioni ottenute grazie a pratiche agricole sostenibili nel tempo, a garanzia del rispetto dell’ambiente e delle aspettative del consumatore, in materia di residui. BASF offre competenze tecniche specifiche e programmi di difesa che aiutano l’operatore agricolo ad essere competitivo in un mercato in continua evoluzione. “Smart Protection by BASF” permette di integrare al meglio i benefici dei più evoluti agrofarmaci tradizionali e quelli dei più efficaci prodotti naturali. Il risultato si traduce in una maggiore qualità dei raccolti. Inoltre, i programmi “Smart Protection by BASF” permettono di pianificare in maniera più flessibile le tempistiche di raccolta. Specifici programmi di difesa sono già stati realizzati per colture quali pomodoro, fragola, lattuga, uva da vino e uva da tavola. Info: www.agro.basf.it
OSCAR DEL VINO 2012: delle tenute la Montina Nomination per il Franciacorta DOCG Vintage 2005 Riserva Extra Brut delle Tenute La Montina di Monticelli Brusati, che è fra i tre candidati selezionati per l’Oscar del Vino 2012 nelle sezione Miglior Vino Spumante, dedicata ai migliori spumanti italiani che hanno conquistato i lettori di BIBENDA per qualità, eleganza e grande piacevolezza. “Il lavoro dei fratelli Bozza e del loro staff ha portato negli ultimi anni le La Montina – così si legge nella motivazione - ai vertici della qualità del nostro Paese, grazie a una produzione che rispecchia in pieno le caratteristiche peculiari dell’area nord orientale della Franciacorta, caratterizzata da terreni collinari calcarei e argillosi e da un clima mitigato dai benevoli influssi del vicino Lago d’Iseo”. Le premiazioni si sono svolte il 28 maggio, all’Hotel Rome Cavalieri di Roma, nel corso della Serata degli Oscar del vino 2012. Info: www.lamontina.it
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LE PATATE NOVELLE “SELENELLA”: buone notizie dalla Sicilia
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ANTEPRIMA N° 4
NUTRIMENTI
KARPÒS ALIMENTAZIONE E STILI DI VITA www.karposmagazine.net
TRE GIORNI DI SCIENZA, COSCIENZA E CONOSCENZA BOLOGNA 13-16 SETTEMBRE
Massimo Rinaldi Ceroni BIODIVERSITÀ Il tarassaco, umile ma pieno di benefiche virtù AGRICOLTURA OGGI Frutti di bosco (piccoli frutti) Luigi Caricato GEOGRAFIE DELL’OLIO Viaggio nell’Italia oliandola (2)
Lamberto Cantoni FOTOGRAFIA E NATURA Nuvole Nicola Calabrese ALIMENTAZIONE E COLTURE Lo zucchino, dall’America con sapore
COVER STORY NUTRIMENTI 4 giorni di eventi culturali sull’Alimentazione a Bologna A. Del Prete, A. Federico, C. Lo Guercio ALIMENTAZIONE E SALUTE Se hai fegato, mettiti a regime Giovanni Ballarini ALIMENTAZIONE E SOCIETÀ Un’irresistibile voglia di cibo fresco
Lamberto Cantoni STILI DI VITA Cibo e bellezza Renzo Angelini AMBIENTE RURALE E PAESAGGIO Rajasthan, dai Maharaja al mercato globale Simona Gavioli ARTE E NATURA Il corpo sostenibile
Daniele Tirelli COVER STORY Alla conquista di Conegliano Veneto
COMITATO SCIENTIFICO Giovanni Ballarini Presidente Accademia Italiana della Cucina Paolo Balsari DEIAFA, Università degli Studi di Torino Corrado Barberis Presidente Istituto Nazionale Sociologia Rurale - INSOR Alessandro Bertaccini Urologo, Università degli Studi di Bologna Samantha Biale Nutrizionista di “Occhio alla spesa” e “Linea Verde”, giornalista, diet coach Cav. Paolo Bruni Presidente Cogeca (Confederazione Cooperative Agroalimentari Europee) Giorgio Cantelli Forti Presidente del Polo Scientifico-Didattico di Rimini, Alma Mater Studiorum-Università degli Studi di Bologna Ettore Capri Istituto di Chimica Agraria ed Ambientale Università Cattolica del Sacro Cuore (PC) Luigi Caricato Olio Officina Michele Carruba Direttore del Centro di Studi e Ricerca sull’Obesità dell’Univertità degli Studi di Milano Dario Casati Prorettore Vicario Università degli Studi di Milano Federico Castellucci Direttore Generale Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) Sergio Coccheri Professore Ordinario di Malattie Cardiovascolari dell’Università di Bologna On. Paolo De Castro Presidente Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo Ambrogio De Ponti Presidente Unaproa Roberto Della Casa Università degli Studi di Bologna, Polo di Forlì Carlo Fideghelli CRA - FRU (Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma)
Maurizio Gardini Presidente FedagriConfcooperative Maria Lodovica Gullino Centro Agroinnova, Università degli Studi di Torino Giovanni Lercker Dipartimento di Scienze degli Alimenti, Università degli Studi di Bologna Vitangelo Magnifico Già Direttore Centro di Ricerca per l’Orticoltura, Pontecagnano (NA) Alberto Marcomini Scrittore e giornalista Ornella Melogli Istituto Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, San Raffaele, Milano Antonio Pascale Scrittore Walter Pasini Direttore Centro Travel Medicine and Global Health Corrado Piccinetti Facoltà di Scienze, Università degli Studi di Bologna Michele Pisante Agronomia e Coltivazioni Erbacee, Università degli Studi di Teramo Gianfranco Piva Università Cattolica del Sacro Cuore (PC) Francesco Salamini Fondazione Edmund Mach, San Michele all’Adige (TN ) Mons. Prof. Marcelo Sànchez Sorondo Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Silviero Sansavini DCA – Dipartimento di Colture Arboree, Università degli Studi di Bologna Claudio Scalise SG Marketing Agroalimentare Bologna Attilio Scienza Di.Pro.Ve. Dipartimento di Produzione Vegetale Università degli Studi di Milano Daniele Tirelli IULM - Libera Università di Lingue e Comunicazione, Milano Luciano Trentini Vicepresidente AREFLH (Associazione delle Regioni Europee Ortofrutticole)
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CALEIDOSCOPIO IL GRASSO È IL SESTO SAPORE ? Una recente ricerca inglese afferma che il grasso sarebbe il sesto sapore. Quindi ai tradizionali quattro (acido, amaro, dolce e salato), non solo si è venuto ad aggiungere negli anni l’umami (ripreso in italiano con l’indefinibile “sapido”), ma oggi ci troveremmo davanti un’ennesima new entry. La ricerca giustifica la promozione del grasso a sesto sapore sulla base della scoperta di uno specifico recettore. “Se l’esistenza di un recettore è condizione essenziale, non è probabilmente sufficiente a definire un sapore - afferma Luigi Odello, presidente del Centro Studi Assaggiatori e professore di Analisi sensoriale in varie università italiane ed estere - E’ infatti fondamentale è che si abbia coscienza del sapore, il che può dipendere anche dalla cultura di riferimento.Tra le teorie più affascinanti che stiamo verificando c’è quella che vorrebbe il gusto essere una specializzazione del tatto e l’olfatto a sua volta una specializzazione del gusto. Questi tre sensi avrebbero quindi delle parentele forti, il che aiuterebbe a spiegare molti fenomeni di interazione”. Info: www.assaggiatori.com
CALEIDOSCOPIO
L’ORTOFRUTTA ITALIANA STA CAMBIANDO
144 PARMIGIANO REGGIANO: NUOVO SITO CONTRO LE IMITAZIONI
Con ben 900.000 visitatori entro il 2012 punta decisamente in alto il nuovo sito internet “parmesan. com” lanciato dal Consorzio del Parmigiano Reggiano e realizzato interamente in inglese per raggiungere più facilmente quei consumatori e quei mercati internazionali che già oggi garantiscono il collocamento del 30 per cento della produzione. Il suo nuovo sito web per i consumatori mette in vetrina più di 100 ricette e tante informazioni sulla storia del Parmesan, sull’artigianalità della produzione, sui benefici per la salute. Il sito permette ai consumatori di presentare e valutare ricette, creare link al blog di parmesan.com e alla pagina Facebook e iscriversi per speciali promozioni e omaggi. Le ricette su Parmesan.com includono numerose variazioni di piatti classici, ma anche molti spunti innovativi per aperitivi, zuppe, insalate, portate principali e salse; uno sguardo, poi, all’alimentazione dei bambini con piatti semplici e gustosi, che si affiancano alle ricette di grandi gourmet . Info: www.parmigiano-reggiano.it
L’ortofrutta italiana sta vivendo in questi ultimi anni momenti di forte cambiamento; la produzione di ortofrutta (escluso pomodoro da industria, olive e vite da vino) ha superato nel 2011 i 20 milioni di tonnellate in Italia con una sostanziale stabilità o lieve incremento negli ultimi 10 anni. La PLV ha raggiunto nel 2010 (ultimo dato disponibile) 13,8 miliardi di euro, pari al 34 per cento della PLV agricola, contro gli 11 miliardi di euro del 2000 e un peso sul comparto agricolo del 28 per cento. Gli acquisti totali di ortofrutta sono invece in costante decremento negli ultimi dieci anni. Dal 2000 ad oggi gli acquisti di ortofrutta sono scesi da 9,5 milioni a 8,3 milioni di tonnellate, quelli di frutta da 5 milioni a 4,5 milioni di tonnellate e quelli di verdura da quasi 4,5 milioni a 3,8 milioni di tonnellate. L’export è positivo ma al pari cresce l’import e così si sta riducendo la forbice positiva della bilancia commerciale. Questo il messaggio che emerge dall’intervento di Mario Tamanti, in qualità di Consigliere Delegato di CSO di Ferrara: “Ho voluto analizzare i problemi del nostro settore con un approccio metodologico legato a fatti ed esempi concreti. Abbiamo sempre più bisogno di promuovere i prodotti, comunicando insieme ai consumatori i requisiti plus dell’ortofrutta italiana, come già stiamo iniziando a fare con il progetto “Ortofrutta d’Italia”. Info: www.csoservizi.com
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