IL CRISTIANESIMO COME MOTORE DELLA MODERNITÀ - VOLUME NO. 8
Il Cristianesimo e l’immigrazione Peter Graf
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Il Cristianesimo e l’immigrazione Peter Graf
Indice
Estratti dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica e da opere di Benedetto XVI (compilati da Katharina Fuchs)
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Estratti
dal
Compendio
della
Dottrina
Sociale
della
Chiesa
Cattolica, Capitoli 6 e 9: L'emigrazione e il lavoro (297) “L'immigrazione può essere una risorsa, anziché un ostacolo per lo sviluppo.” (298) “La regolamentazione dei flussi migratori secondo criteri di equità e di equilibrio 643 è una delle condizioni indispensabili per ottenere che gli inserimenti avvengano con le garanzie richieste dalla dignità della persona umana. Gli immigrati devono essere accolti in quanto persone e aiutati, insieme alle loro famiglie, ad integrarsi nella vita sociale.” Comunità internazionale e valori (433) “La convivenza tra le Nazioni è fondata sui medesimi valori che devono orientare quella tra gli esseri umani: la verità, la giustizia, la solidarietà e la libertà. L'insegnamento della Chiesa, sul piano dei principi costitutivi della Comunità internazionale, chiede che le relazioni tra i popoli e le comunità politiche trovino la loro giusta regolazione nella ragione, nell'equità, nel diritto, nella trattativa, mentre esclude il ricorso alla violenza e alla guerra, a forme di discriminazione, di intimidazione e di inganno.”
Benedetto XVI, Lettera Enciclica “Caritas in veritate”, Capitoli 2 e 5: (26) “Non va tuttavia trascurato il fatto che l'accresciuta mercificazione degli scambi culturali favorisce oggi un duplice pericolo. Si nota, in primo luogo, un eclettismo culturale assunto spesso acriticamente: le culture vengono semplicemente accostate e considerate come sostanzialmente equivalenti e tra loro interscambiabili. Ciò favorisce il cedimento ad un relativismo che non aiuta il vero dialogo interculturale; sul piano sociale il relativismo culturale fa sì che i gruppi culturali si accostino o convivano ma separati, senza dialogo autentico e, quindi, senza vera integrazione. In secondo luogo, esiste il pericolo opposto, che è costituito dall'appiattimento culturale e dall'omologazione dei comportamenti e degli stili di vita. In questo modo si perde il significato profondo della cultura delle varie Nazioni, delle tradizioni dei vari popoli, entro le quali la persona si misura con le domande fondamentali dell'esistenza. Eclettismo e appiattimento culturale convergono nella separazione della cultura dalla natura umana. Così, le culture non sanno più trovare la loro misura in una natura che le trascende, finendo per ridurre l'uomo a un semplice dato culturale. Quando questo avviene, l'umanità corre nuovi pericoli di asservimento e di manipolazione.” (62) “Un altro aspetto meritevole di attenzione, trattando dello sviluppo umano integrale, è il fenomeno delle migrazioni. È un fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale. Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Tale politica va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati. Nessun Paese da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo. Tutti siamo testimoni del carico di sofferenza, di disagio e di aspirazioni
4 che accompagna i flussi migratori. Il fenomeno, com'è noto, è di gestione complessa; (…) Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione.”
Benedetto XVI, “Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (2010)”: “Auspico di cuore che si riservi la giusta attenzione ai migranti minorenni, bisognosi di un ambiente sociale che consenta e favorisca il loro sviluppo fisico, culturale, spirituale e morale. Vivere in un paese straniero senza effettivi punti di riferimento crea ad essi, specialmente a quelli privi dell'appoggio della famiglia, innumerevoli e talora gravi disagi e difficoltà. Un aspetto tipico della migrazione minorile è costituito dalla situazione dei ragazzi nati nei paesi ospitanti oppure da quella dei figli che non vivono con i genitori emigrati dopo la loro nascita, ma li raggiungono successivamente. Questi adolescenti fanno parte di due culture con i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice appartenenza, condizione questa che tuttavia può offrire l'opportunità di sperimentare la ricchezza dell'incontro tra differenti tradizioni culturali. È importante che ad essi sia data la possibilità della frequenza scolastica e del successivo inserimento nel mondo del lavoro e che ne vada facilitata l'integrazione sociale grazie a opportune strutture formative e sociali. Non bisogna mai dimenticare che l'adolescenza rappresenta una tappa fondamentale per la formazione dell'essere umano.”
I testi sono stati compilati da Katharina Fuchs
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Peter Graf: La regolazione dei flussi migratori per l’integrazione – un compito europeo I flussi migratori verso l’Europa sono attualmente caratterizzati da varie forme di immigrazione clandestina. L’Italia, in quanto Stato Membro situato ai confini esterni, ne è colpita in modo particolare. Gli immigranti vi giungono attraverso percorsi né previsti né preparati. A questo si aggiunge che sono spesso forme di violenza che inducono le persone a cercare la via dell’Europa, e su questa via devono affrontare altri tipi di violenza. E’ questo che costituisce la dinamica degli attuali processi di migrazione, ed è questa la ragione da cui le persone traggono la forza per affrontare l’attraversamento dei confini ad ogni costo. Soltanto uomini e donne che si ritrovano in situazioni di costrizione senza via d’uscita possono attraversare tutto l’enorme continente africano, consegnare i loro ultimi averi a pubblici ufficiali corrotti ed affidare tutti i loro soldi a scafisti privi di scrupoli per raggiungere infine – a mani vuote e completamente esausti – l’Europa. Una cosa del genere, cioè cercare con tutti i mezzi una via d’uscita da una situazione insostenibile verso l’Europa, si è indotti a farla solo dopo aver conosciuto tanta violenza. Da ciò deriva un compito nei confronti degli immigrati: si tratta infatti di impedire che i processi migratori causati dalla violenza possano a loro volta portare forme di costrizione e sfruttamento anche in Europa. Situazioni di costrizione, che costituiscono dei fattorichiave dell’emigrazione, sfociano spesso in corruzione e sfruttamento, hanno come effetto che le persone si affidano a passatori corrotti e richiedono la distruzione dei documenti comprovanti la propria identità. Storie di questo genere non di rado tendono ad importare nel paese di immigrazione ulteriori forme sia di condotta illegale che di sfruttamento e/o abuso.
Porre limiti all’esperienza di violenza Sapendo che le esperienze di violenza rappresentano un impulso alla migrazione, gli europei sono chiamati ad impedire un trasferimento di violenza e di situazioni di coercizione verso l’Europa. Soltanto se si tronca la prosecuzione di questa tendenza, insita agli attuali flussi migratori, le vie senza uscita dell’illegalità diventeranno per gli immigrati possibili vie di sopravvivenza legale e per le società di accoglienza possibili forme di convivenza con le minoranze. Di fronte alla prepotenza di queste forze, che avviano ed accompagnano i fenomeni migratori, soltanto misure altrettanto potenti saranno in grado di avere effetti regolatori. Ecco perché non basta più aspettare alla finestra, ecco perché le misure legislative, pensati per i richiedenti asilo, non sono più sufficienti per regolare la fuga continuativa da
6 situazioni senza vie d’uscita. Sarà invece possibile solo attraverso azioni decise e misure incisive mettere dei limiti a quelle potenti forze trainanti, che mettono in moto i flussi migratori, in maniera tale che non comportino nuova violenza ed ulteriori forme di sfruttamento in Europa. Non agire significa abbandonare il campo allo sviluppo di vigorose forze distruttive – sia da parte degli immigrati che da parte delle società che li dovrebbero accogliere. In questo caso i processi e i flussi, causati da situazioni di coercizione o dall’esperienza di violenza fisica subita, producono nuovi tipi di violenza strutturale, emarginazione e disprezzo delle persone immigrate da parte della società radicata nel paese di immigrazione e persino l’insorgere di conflitti interculturali.
Un compito europeo di dimensioni storiche Influire su questi processi significa affrontare una missione di dimensioni storiche e di estensione globale. Nessuno Stato Membro dell’UE che si trovi ai confini meridionali dell’Unione sarà in grado di farsene carico da solo, e nessuna parte delle attuali leggi sui rifugiati e sull’asilo umanitario basterà da sola a regolare le cose nella maniera desiderata. In alcune regioni dell’Africa vige una guerra non dichiarata, si registra la cacciata di intere etnie dalle loro terre senza alcuna documentazione, c’è oppressione e riduzione
in
schiavitù.
Ecco
perché
le
direttive
della
legislazione
sull’asilo
e
l’amministrazione legale di fuggiaschi e rifugiati da sole non bastano; bisogna tenere conto delle situazioni sociali degli immigrati per poter spezzare il circolo vizioso di arrivo e clandestinità, di rimpatrio e nuovo arrivo. Dati alla mano, gli Stati Membri dell’Unione Europea devono sostenersi a vicenda e, quanto meno attraverso il Mediterraneo, devono essere
istituite
strutture
aggiuntive
per
la
regolazione
dei
flussi
migratori
in
collaborazione con i paesi vicini sia in Medio Oriente che in Nordafrica. Una regolamentazione più decisa e comune dei processi di migrazione significa non soltanto controllare l’immigrazione, ma anche formare lo sviluppo dell’Europa. Non si tratta dunque soltanto degli immigranti, ma dell’Europa e della concezione dell’uomo radicata nel diritto europeo.
L’Europa – spazio di diritti della persona e dell’uomo L’Unione Europa attrae magicamente uomini e donne da tante parti del mondo. E’ una caratteristica particolare dell’Europa: In tutto il mondo è l’unico grande spazio politico dove “stranieri” di altre nazionalità e lingue sono allo stesso tempo concittadini nelle UE ed hanno dunque uno status piuttosto vicino a quello del cittadino dello Stato in questione. L’Europa stessa è un continente interculturale di lingue, culture e religioni. Inoltre, non si può capire l’Europa senza tenere conto dei suoi scambi con i paesi al di là
7 del Mediterraneo, che i Romani hanno per secoli chiamato il “mare nostrum”. Uno degli immigrati dall’Africa si chiamava Agostino e dal V secolo d.C. è considerato un dottore e padre della chiesa dell’occidente. Nel 1486 a Firenze il filosofo Pico della Mirandola fu il primo nella storia mondiale a radunare i sapienti dell’oriente e dell’occidente per un grande concilio al fine di discutere sulla ‚dignitas hominis’, la dignità dell’uomo quale base generale dell’esistenza umana. Nonostante il fatto che Papa Innocenzo VIII avesse vietato questo congresso a causa della forte ispirazione delle filosofie orientali, il tema non è mai più uscito dalle discussioni europee ed alla fine ha gettato le basi per la concezione dei diritti della persona e dell’uomo ed ha fatto il suo ingresso nelle costituzioni degli Stati europei. L’Europa certamente non potrà accogliere il mondo, non potrà risolvere i problemi legati alle forme globali di miseria e di violenza, ma nel modo in cui si occupa degli stranieri e degli altri l’Europa deve continuare a vedere sé stessa come in uno specchio. L’Europa è molto di più del continente di una religione, di una lingua, di una nazione dominante o di un’etnia preponderante. “Europeo” potrà considerarsi soltanto colui o colei che rispetta i diritti della persona e dell’uomo nei propri rapporti con persone di lingua ed origine diversa. Ciò significa riconoscere ad ogni uomo il diritto ad una propria Weltanschauung, religione e stile di vita. La pratica seguita in molte nazioni intorno all’Europa, ovvero quella di non concedere questi diritti, non può in nessun caso costituire un parametro per l’Europa stessa. Applicare norme straniere a persone provenienti da terre straniere significa svilire la propria immagine dell’uomo e addirittura calpestare gli alti standard delle proprie costituzioni europee.
L’Unione Europea – uno spazio per la gestione di crisi La migrazione verso l’Europa è e rimarrà (sia per gli immigrati che per le società che li accolgono) uno dei compiti più difficili. Gestire questo fenomeno fa parte di quel compito importante che è un orientamento dell’Europa improntato al futuro. Durante la sua storia, l’Europa già più volte ha assunto dei compiti che a prima vista sembravano impossibili. Mi riferisco qui all’accoglimento dei paesi dell’est europeo, incluso il trasferimento di industrie a conduzione socialista a ditte occidentali. Ad esempio, all’inizio sembrava impensabile che una delle più rinomate e famose imprese ceche, la Skoda, dovesse essere acquisita da un gruppo industriale tedesco. Nel frattempo invece, la ditta ceca (come anche il mercato internazionale) è diventata fiorente proprio grazie a questa cooperazione, che inizialmente sembrava non solo rischiosa e cara, ma addirittura insostenibile dal punto di vista politico-culturale. L’ attuale crisi finanziaria della Grecia rappresenta un altro esempio, perché anche qui si dovrà decidere tra due alternative: o
8 le cose saranno decise congiuntamente – a reciproco vantaggio – o si potrà decidere di aspettare e rimanere inerti assumendosi – sempre congiuntamente – un rischio molto alto. Analogamente, la gestione delle attuali forme di migrazione potrà essere sviluppata in maniera congiunta ed orientata al futuro oppure si può lasciare questo sviluppo – sempre congiuntamente – in mano alle forze distruttive. La prima alternativa potrà avere successo soltanto con alti costi ed un grande impegno comune, la seconda produrrà delle crisi difficilmente controllabili che porteranno a conflitti culturali profondi nella vita pubblica e sociale. Coloro che vogliono ridurre il potenziale di polarizzazione nei luoghi dell’immigrazione e di conseguenza impedire alti costi indotti per i paesi europei devono agire ora. In questo momento, coloro che avviano delle misure atte a gestire i flussi migratori in maniera efficiente, lavorano a favore dell’integrazione, la quale non consiste nell’attirare stranieri o tollerarli nella propria regione, ma nell’offrire loro una prospettiva insieme alla società di accoglienza, per poter vivere in cooperazione con le strutture della società locale ed in corrispondenza con le sue aspettative, per poter imparare ed in tal modo contribuire al valore aggiunto culturale, economico e sociale del paese di accoglienza. In questo caso, l’incontro con altri e la riflessione sulle caratteristiche proprie e quelle degli stranieri potranno produrre una coscienza nuova che arricchisce tutti ed inaugura nuove possibilità nella vita culturale, sociale ed economica. Non ci sarà integrazione all’interno dell’Unione Europea, se la “fortezza europea” si chiude a riccio e se nei rapporti con le persone extracomunitarie non vengono rispettati i principi stabiliti nelle costituzioni europee. Chi pensa solo a rispedire a casa gli extracomunitari, anche in Europa tenderà a voler emergere a svantaggio di coloro che parlano un’altra lingua ed a impegnarsi perché anche loro “tornino a casa”. Troppi partiti politici in Europa continuano a cavalcare la paura nei confronti degli stranieri – e spesso riscuotono un grande successo. Dall’altra parte ci sono ora alcuni grandi partiti (anche in Germania) che hanno capito che la xenofobia non apporta voti in più e che nell’opinione della maggioranza dei cittadini non costituisce più una prospettiva convincente. Questa consapevolezza deve dunque essere portata avanti continuamente nella vita pubblica per offrire alla maggioranza della popolazione una prospettiva orientata al futuro e per gestire i rapporti verso le minoranze in una maniera libera da conflitti.
Prospettive di azione I seguenti sette livelli di attività politica, che qui voglio solo brevemente riassumere, dovranno essere sviluppati e gestiti in comune:
9 1. Vigilare sulla migrazione con più costanza Regolare i flussi migratori significa controllare l’immigrazione clandestina in maniera più efficiente. Esistono le possibilità tecniche per ispezionare i mari non soltanto con le navi, ma anche dallo spazio in maniera continuativa e per controllare più rigorosamente i porti, anche in collaborazione con le autorità dei paesi nordafricani che si affacciano sul Mediterraneo. Ciò richiede iniziative da parte dell’Unione Europea, anche e soprattutto attraverso l’associazione stabilita con gli Stati del Mediterraneo. Un’amministrazione congiunta e l’impiego di tecniche che vadano al di là della guardia costiera nazionale dei rispettivi paesi sarà oggetto di maggior considerazione da parte dei paesi confinanti con il Mediterraneo. Si tratta di limitare le possibilità che gli scafisti hanno di trasportare immigrati illegalmente. Le loro barche sono riconoscibili agli occhi degli osservatori attenti. In questo modo, si salverebbero da morte certa anche quelle centinaia di persone che annegano per via delle barche sovraffollate che affondano alla prima tempesta. Inoltre, l’Unione Europea potrà sviluppare e finanziare opportunità di cooperazione con i paesi-partner in vista del controllo delle loro coste, dato che la UE dispone di risorse che i singoli Stati Membri non possono trovare.
2. Ridurre l’occupazione illegale Accanto alle forse „push“ dei paesi di origine, vi sono anche le forse “pull” dei paesi di immigrazione che mantengono in essere i grandi fenomeni migratori. Chi esamina la situazione con attenzione non avrà difficoltà a individuare i luoghi dove gli immigranti vengono fatti lavorare illegalmente e dove addirittura sostengono interi rami d’industria. Chi offre lavoro illegale ai clandestini, li ritira anche dal procedimento legale, li nasconde in alloggi disumani e produce nuove forme di sfruttamento. Queste paludi vanno finalmente bonificate, dato che conducono proprio nel luogo di origine dei clandestini. Allo stesso tempo, tutti i paesi dispongono di forza-lavoro che cerca un’occupazione e che è disposta ad accettare salari molto bassi a condizioni di legalità. Per quanto basso possa essere il salario, l’occupazione degli immigrati deve avvenire “sotto controllo statale” per non produrre nuova illegalità e per impedire che grandi gruppi di persone rimangano in clandestinità per anni. L’occupazione illegale comprende non solo lo sfruttamento di immigrati, che per via della loro situazione di immigrati non hanno modo di difendersi, ma costituisce anche un delitto nei confronti di quei membri della società di accoglienza che stanno cercando lavoro. In breve: non soltanto causa nuova ingiustizia, ma provoca anche conflitti sociali in seno alla società di accoglienza.
10 3. Coinvolgere i gruppi familiari e sociali Gli immigrati, per cui si prevede un esito positivo dell’iter di immigrazione, dovrebbero essere affidati a famiglie e network sociali che siano disposti ad assumersene la responsabilità. Molti immigrati hanno già familiari o conoscenti in Europa. Se questi sono disposti – contro deposito di una cauzione – ad occuparsi dei nuovi arrivati, consigliandoli in maniera adeguata, accompagnandoli sul loro cammino faranno sì che questi immigrati non cadano nella clandestinità. Questo processo appare opportuno (e idoneo a garantire la sopravvivenza) soprattutto per immigrati che arrivano con la famiglia. Il valore di questo tipo di approccio risiede inoltre nel fatto che la pressione sull’Italia viene diminuita, dato che gli immigrati che vi sbarcano possono essere inviati in altri paesi dell’Unione Europea senza pesare troppo sui singoli comuni. Comunque, questo procedimento richiede una garanzia da parte delle famiglie o associazioni di accoglienza, nel senso del deposito di una cauzione per fornire consulenza ai nuovi arrivati e per assumersi la responsabilità che non diventino clandestini e non si sottraggano alla regolare procedura di immigrazione. Nel caso gli impegni non vengano mantenuti, ci sono modi per sottrarre la cauzione da queste famiglie o associazioni ed escluderli in futuro da procedimenti
del
genere.
Allo
stesso
tempo,
la
competenza
sociale,
culturale,
professionale e linguistica delle famiglie immigrate da più tempo appare insostituibile, perché nessun immigrato sarà capace, da solo, di integrarsi velocemente e positivamente in un nuovo mondo, soprattutto se si tratta di genitori che devono mantenere una famiglia.
4. Esigere la partecipazione a corsi di lingua ed integrazione Chi è riuscito a passare il procedimento di immigrazione non potrà comunque avere successo nel nuovo paese, se non impara la lingua del posto e non comprende le regole della vita pubblica. Ciò vale in particolare per le famiglie di immigranti che arrivano con bambini. Corsi di integrazione per persone con una vita lavorativa attiva saranno strutturati (per quanto riguarda in particolare l’apprendimento della lingua) in maniera molto diversa da quelli per le mamme o i bambini dell’asilo. Queste diverse offerte dovranno essere corrispondenti alla misura in cui l’opinione pubblica desidera un coinvolgimento degli immigrati nella vita pubblica. I genitori, che non imparano la lingua del posto, non saranno in grado di seguire l’educazione dei loro figli in modo consapevole, non li potranno consigliare nelle questioni più essenziali e non li potranno sostenere adeguatamente. Questi elementi sottolineano l’importanza dei corsi di lingua ed integrazione per le future prospettive culturali, sociali e professionali delle famiglie degli immigrati. Nella maggior parte dei casi, gli investimenti fatti per questi corsi non sono affatto a fondo perduto, dato che evitano alle persone di fare errori.
11 5. Progettare la formazione scolastica dei figli Gli immigrati, anche quando arrivano in gruppi, non riescono a progettare la formazione scolastica dei figli da soli. Ciò sarà dunque uno dei compiti dei sistemi di pubblica istruzione, che devono assumersi la responsabilità di tutti i bambini che si trovano nel paese. Le scuole nazionali spesso non sono preparate ad assistere bambini la cui lingua madre è diversa da quella del paese ospitante ed i cui genitori sono molto meno presenti in ambito scolastico di quanto lo siano i genitori della maggioranza degli alunni. E’ passato il periodo in cui si poteva delegare l’educazione delle minoranze ad altre istituzioni o metterla direttamente nelle mani dei paesi di origine, poiché questo tipo di approccio si è rivelato totalmente fallimentare. I bambini delle famiglie immigrate potranno essere bravi a scuola solo se la scuola pubblica li considererà come parte integrante di quella giovane generazione per la quale ci si deve assumere la responsabilità in tutti i sensi. Di norma, gli scolari immigrati dovranno essere assistiti nell’apprendimento della lingua del paese ospitante ed istruiti anche nella loro prima lingua. Senza misure di sostegno specifiche, i bambini delle minoranze immigrate faranno registrare un alto tasso di fallimenti scolastici. Senza un’educazione congiunta ed allo stesso livello insieme ai bambini della società ospitante (il futuro ambiente di vita degli immigrati), l’obiettivo dell’integrazione non potrà essere raggiunto. A parte gli alti costi indotti per la società ospitante, un fallimento scolastico può causare dei traumi profondi e difficili da rimarginare nella biografia dei giovani.
6. Educazione etico-religiosa „sotto la supervisione dello Stato“ L’integrazione comprende processi di apprendimento per l’orientamento, stabiliti in accordo con l’ambiente in cui le persone vivono. Di conseguenza, un sistema scolastico, che educhi i giovani anche a diventare cittadini e membri di una società, deve offrire un’educazione etico-religiosa. In Germania, è la Legge Fondamentale che prescrive questa offerta (se i genitori lo desiderano). L’educazione etico-religiosa svolta dalle scuole pubbliche ha sempre anche l’obbligo di trasmettere alle giovani generazioni i valori e le norme della costituzione, ed in questo modo crea le basi per una concezione dell’uomo comune e vincolante, che da una parte corrisponde ai valori delle costituzioni europee e dall’altra parte riconosce altre convinzioni religiose. L’educazione eticoreligiosa “sotto la supervisione dello Stato” costituisce dunque sempre un’offerta pedagogica, che si rivolge a tutti gli alunni, che si realizza di comune accordo e che nello scambio con i compagni invita alla riflessione sull’uomo, sulla sua posizione nella società in quanto uomo e donna e sui suoi compiti nell’ambito della società.
12 7. Assumere responsabilità congiunta nella vita pubblica L’integrazione, intesa come partecipazione alla vita pubblica, non potrà riuscire senza luoghi comuni di incontro, ai quali si può accedere senza alcuna distinzione, anche andandosene quando si vuole. Gli istituti per la formazione degli adulti, le accademie di formazione politica, le associazioni sportive, i mezzi di comunicazione, le emittenti radiotelevisive e le organizzazioni delle chiese in molti paesi creano luoghi di incontro – sia a livello personale che per lo sviluppo di competenze specifiche – che sono irrinunciabili per la formazione degli adulti nel contesto di processi di apprendimento altamente complessi. Tuttavia essi devono essere ripensati non soltanto per gli immigranti stessi, ma anche per i gruppi autoctoni. Queste istituzioni devono dare delle risposte alle domande comuni con la prospettiva di assumersi delle responsabilità per gli sviluppi futuri. I processi di integrazione saranno completati nel momento in cui le risposte trovate risulteranno convincenti per entrambe le parti e gli immigrati potranno finalmente partecipare alla vita politica, culturale e sociale della maggioranza con pari dignità. I suddetti livelli di azione si condizionano a vicenda e sono in reciproca dipendenza l’uno dall’altro. Se si riuscirà e gestire le problematiche congiuntamente (sarebbe a dire in parallelo su livelli diversi ed in collaborazione fra la maggioranza e le minoranze immigrate) si riuscirà innanzitutto a creare spazi liberi per l’incontro tra le culture e per lo scambio comune, ma non solo: al posto dell’emarginazione e dei conflitti interculturali emergerá una nuova attenzione nei confronti del diritto e un’alta concezione dell’uomo, come postulata dalle costituzioni europee. In questo modo, gli europei si riconosceranno nella loro lunga tradizione umanistica e storico-culturale, potranno realizzarla in maniera nuova e dunque istituire uno spazio politico-culturale per l’incontro con l’altro nel rispetto reciproco e sulla strada verso un futuro comune.
13 L’autore Peter Graf Laureato in germanistica, romanistica e teologia nelle università di Lione e Monaco, Peter Graf ha lavorato come referente scientifico all’università Ludwig-Maximilian a Monaco dal 1977-1984. Successivamente ha lavorato come docente privato a Monaco. Dal 1987 è professore Osnabrück.
di
pedagogia
interculturale
all’Istituto
di
Migrazione
dell’università
di