CARA COGNATA, TI ODIO! Di Corinne Savarese
Cara cognata, ti odio! © 2013 Corinne Savarese Tutti i diritti di riproduzione, con qualsiasi mezzo, sono riservati Copertina a cura di Marie Albes
I fatti narrati in questo libro sono di pura fantasia, frutto dell’immaginazione e della libera espressione artistica dell’autore. Ogni riferimento a eventi realmente accaduti, a persone realmente esistite o esistenti e a luoghi reali è puramente casuale. Eventuali somiglianze con fatti o avvenimenti reali o con persone, associazioni, organizzazioni, o movimenti realmente esistenti sono puramente casuali e non intenzionali.
A Te, che hai accolto la mia sfida, dando un senso alla mia vita.
Sommario Sommario PROLOGO Capitolo - 1 Capitolo - 2 Capitolo - 3 Capitolo - 4 Capitolo - 5 Capitolo - 6 Capitolo - 7 Capitolo - 8 Capitolo - 9 Capitolo -10Capitolo - 11 Capitolo - 12 Capitolo -13 Capitolo - 14 Capitolo - 15 Capitolo - 16 Capitolo - 17 Capitolo - 18 Capitolo - 19 Capitolo - 20 Capitolo - 21 Capitolo - 22 Capitolo - 23 Capitolo - 24 Capitolo - 25 EPILOGO FINE
PROLOGO Cara cognata, ti odio! Ecco qui, chiaro e tondo, perché tu lo comprenda e non ci siano più dubbi a riguardo. Sì, hai capito bene: ti odio! Non sai quante volte avrei voluto dirtelo, ma mi sono morsa la lingua per non farlo. Sei la persona più bieca che io abbia mai conosciuto e, credimi, di persone ne ho incontrate tante nel mio lavoro, ma una come te... mai! Finalmente posso tornare a sentirmi leggera, togliendomi questo peso dallo stomaco. Mi stavi soffocando con la tua presenza cattiva, ingombrante e incessante. Dovevi essere la primadonna. Sempre. Non ti bastava essere la sorella di Andrea, volevi fare anche la madre, l'amica del cuore, l'infermierina, la fidanzata... E pensare che un tempo eravamo inseparabili e quel tuo esserci costantemente era, per me, fonte di serenità e sicurezza. Ho un solo rammarico: averci creduto! Come hai potuto? Non ti è bastato rovinare il matrimonio di tua sorella, drogando suo marito per tentare di violentarlo? No! Ti sei proposta a mio fratello e dopo il suo rifiuto, hai dovuto rifarti su di me con ogni mezzo. Non eri felice tu, di conseguenza non avrei dovuto esserlo nemmeno io, soprattutto con tuo fratello! Appena sono passata da semplice amica, a possibile cognata, sei diventata odiosa, tanto da macchinare triangolazioni per rovinare tutto. Hai provato a rovinare la mia carriera, perché non ne avevi una tua. Hai tentato di distruggere la mia dignità, perché tu per prima non ne hai mai avuta una. Hai cercato di dividere la mia famiglia, perché in fondo la tua non ti hai mai vista veramente. Sei solo un fantasma agli occhi di tutti e, per essere sicura di essere vista bene, rovesci prepotenza e perfidia su chi ti è accanto. Incredibile come ogni cosa che tocchi appassisca. Ma chi sei? La figlia della strega cattiva di Biancaneve? Te la do io la mela avvelenata! Vuoi sapere cosa penso di te? Sei patetica! Fallita, frustrata, ridicola e miserabile. Così vuota da essere costretta a rubare emozioni ad altri, perché incapace di provarne di tue. Non sei riuscita a tenerti stretto un rapporto stabile perché TU sei instabile... mentalmente! Tu sei disturbata e, alla fine, quella che è dovuta andare in terapia a causa tua, sono io! Capisci? IO! Quella sana! Quella normale! Mi rattrista solo una cosa. I tuoi occhi non vedranno mai queste parole, scritte con ogni goccia della mia frustrazione, perché vogliono solo essere un tentativo, necessario per la mia terapia, di svuotarmi della Daphne vecchia e ricostruirne una nuova. Una lettera che non giungerà mai al destinatario, perché mittente e destinatario sono la stessa persona: io. Una lettera che serva a racchiudere il mio rancore, la mia frustrazione e le mie pesantezze, e portarsele via, lasciando terreno fertile per far rinascere una Daphne migliore. Una Daphne nuova, senza di te. Una Daphne splendente, meravigliosa, raggiante e gioiosa. Una Daphne felice e non più timorosa.
Così eccomi a scriverti, sapendo che questa lettera finirà in fondo a un cassetto e con essa tutta la tua cattiveria, la tua meschinità e la tua persona subdola. Spero che tu sparisca dalla mia vita, per sempre. E senza di te io possa finalmente iniziare una favolosa nuova vita con Andrea, senza timori che ad ogni angolo ci sia un tranello pronto a saltarci addosso. Addio, cara cognata, ti odio!
Apro il cassetto, da cui estraggo il profumo che mi ha regalato per Natale. Un regalo chiaramente di circostanza. Ne vaporizzo un po' in aria e passo sopra il foglio per imprimerci quell'odore terribile, acidognolo, che solo lei potrebbe portare. Ci vuole coraggio a regalare alla promessa sposa di tuo fratello il tuo stesso orribile profumo, in modo da averti sempre con lui. Così eccomi a spruzzarlo sulla mia lettera di addio a lei, per ricordarmi, ogni volta che dovessi sentirlo indosso a qualcuno, di diffidare da chi porta una tale nauseabonda fragranza. Poi la piego, con cura, lentamente, prendendomi il mio tempo. Come se ogni mio movimento fosse in realtà un colpo di spada. Uno per ogni volta che mi ha fatto del male. Lo assaporo. Sento il gusto della vendetta nella mia bocca mentre, con i colpi finali, la chiudo nella busta e, passando la lingua sulla striscia adesiva, metto fine alla sua esistenza. Tengo la busta ancora qualche attimo tra le mie dita, mentre ne tasto la grana spessa della carta. Gli ultimi momenti in cui la sua presenza occuperà i miei pensieri. Mi fermo a riflettere qualche attimo, credendo giusto le sia dovuto un minuto di silenzio, un piccolo funerale anche per lei. E la mia vita mi scorre davanti agli occhi, in un attimo.
Capitolo - 1 Sono nel mio sontuoso ufficio. Tailleur gessato, giacca aderente in vita, legata da un'elegante cinturina e i pantaloni stretti a sigaretta a fasciarmi le lunghe gambe. In piedi davanti alla scrivania in mogano, le mani appoggiate, il capo chino, gli occhi fissi sull'ultimo contratto che ho stipulato con grande maestria. Il mio viso, risoluto, si allarga in un sorriso. Ce l'ho fatta! Ho lavorato duramente mesi interi per vincere su tutte le altre agenzie pubblicitarie in lizza per questa campagna. Questa vittoria colloca finalmente la mia azienda al primo posto a livello internazionale in campo pubblicitario. Sono la migliore! Se quell'Andrea De Michelis non l'avesse tirata tanto per le lunghe, avremmo firmato almeno due mesi fa, ma ne è valsa la pena. Ho potuto alzare il mio prezzo il triplo di quanto fosse disposto a offrire. Che tirchio! Il più grande stilista di alta moda, di fama mondiale, che pretende il massimo, volendo pagare il minimo. Se
pensava che bastasse farmi un sorrisetto e invitarmi per un aperitivo, a farmi cedere, ha avuto pane per i suoi denti. Sarà anche lo scapolo d'oro più ambito al momento, sarà anche maledettamente bello come il sole, ma quando sto firmando un contratto nulla mi distrae. Nemmeno un metro e ottanta di pura sensualità. «Suvvia, signorina Borgia, si lasci tentare. È solo un aperitivo, niente di più. Mi permetta almeno di festeggiare l'inizio di una nuova, lunga e spero proficua collaborazione.» Non posso proprio dire di no «Come negarle un brindisi così importante!» «Magnifico. Passo a prenderla alle otto, qui in ufficio. A più tardi.» E rivedo ancora la sua imponente figura alzarsi, girarsi con grazia e uscire dalla porta, senza nemmeno voltarsi indietro. Quei suoi occhi verde acqua, penetranti, continuano a vorticarmi davanti. Non c'era bisogno di puntarmeli addosso come fari un'altra volta, perché iniziassero a perseguitarmi, e lui lo sapeva bene, evidentemente. Suona l'interno del mio telefono. Clicco il viva-voce. «Dimmi, Sara.» «Signora, c'è un pacco per lei appena consegnato dal fattorino.» «Chi lo manda?» «Non c'è scritto, signora. Ma non sembra di lavoro. Il pacco è troppo pregiato per essere una semplice consegna d'ufficio.» «Va bene, fammelo portare, grazie.» Sono curiosa, non attendevo pacchi, soprattutto a quest'ora. È insolito. Quando arriva il fattorino non aspetto che appoggi la scatola sulla scrivania, gliela tolgo dalle mani, gli lascio una lauta mancia e lo congedo senza guardarlo più di tanto. Sara aveva ragione, non sembra proprio roba da ufficio. La carta è nera, lucida con i bordi d'oro. Non c'è un biglietto né altro che possa essere d'indizio circa la provenienza. Non resisto, lo apro. Mi si blocca il respiro quando trovo davanti a me un vestito confezionato su misura, in meno di due ore, e un paio di sandali del mio esatto numero. Mi ha osservata bene, il signorino! C'è un biglietto all'interno. «Spero possa perdonarmi. Un importante incontro mi tratterrà per l'aperitivo. La prego, accetti il mio presente e mi raggiunga da Chèz Olivier per la cena.» Che presuntuoso! Dovevo capirlo che nei suoi piani c'era la cena e il dopocena fin dall'inizio. Beh, rimarrà deluso! Schiaccio l'interfono. «Sara, fai venire la parrucchiera, ho bisogno di un'acconciatura da sera.» «Subito, signora.»
Mentre aspetto la parrucchiera prendo il vestito dalla scatola. Firmato Andrea De Michelis, non poteva essere altrimenti. Devo ammettere che effettivamente nel suo lavoro è il migliore. Questo abito è favoloso. In chiffon nero, così impalpabile da essere trasparente, ha un collo gioiello rigido in oro 18k, da questo scende una fascia di tessuto che ricopre il petto e si richiude solo dietro le reni, lasciando le spalle e la schiena completamente scoperte. Ricade morbido, si stringe in vita, fasciandola e non lasciando nulla all'immaginazione circa le mie forme, per poi scendere in una gonna con un lieve strascico. I sandali completano il capolavoro. Tacco dodici a spillo, in cuoio dorato. Estremamente eleganti nella loro linea minimal, con un cinturino che si lega intorno alla caviglia. Quando la parrucchiera ha finito il suo lavoro e mi sono vestita, mi concedo un attimo per guardarmi nell'enorme specchio del mio bagno privato. Semplicemente stupefacente. Questo vestito mi avvolge come se fosse stato disegnato attorno a me. Il mio metro e settantacinque viene valorizzato dal disegno slanciato della gonna, come se fosse una calla rovesciata. I tacchi terminano l'opera in maniera sublime. Sono abituata a vestiti da sera. Spesso la mia famiglia è stata invitata a cene di gala, di beneficenza o a spettacoli all'Opera. Ma questo è la perfezione, devo rendergliene atto. I miei capelli sono raccolti morbidamente, scendendo in boccoli voluttuosi sul collo. Chiamo un taxi, non voglio guidare. Mi farò portare a casa la Range Rover Evoque da Sara. Entro nel ristorante più elegante della città, Chèz Olivier, dove per avere un tavolo riservato bisogna aspettare almeno sei mesi. Evidentemente Andrea non ha di questi problemi. Una signorina mi viene incontro e mi prende lo scialle, poi mi indica la saletta privata. Mi sento sicura di me. Il signor De Michelis, per avermi mandato un vestito come questo, è stato piuttosto chiaro nel suo messaggio. Ma io sono una Borgia! Non penserà basti così poco! Sollevo il mento, apro la porta della saletta privata ed entro con passo elegante ma deciso... per rimanere a bocca aperta e bloccarmi all'improvviso dall'immagine che mi si presenta davanti. La sala è ricca di paramenti damascati in oro e bronzo. Alle pareti sono appesi dei quadri di paesaggi e nature morte. Negli angoli, delle colonne in marmo rosa da cui scendono piante rampicanti. Un enorme lampadario in cristallo scende proprio sull'unico tavolo della sala. E a questo tavolo c'è Andrea De Michelis… Con una donna avvinghiata al suo collo! Improvvisamente in imbarazzo per aver frainteso tutto, cerco di girarmi silenziosa, nel tentativo di andarmene senza essere vista, ma appena mi volto sento la sua voce chiamarmi. «Signorina Borgia, la prego, venga!» Ma per chi mi ha presa quest'uomo? Mi invita a cena e poi si fa trovare tutt'uno con un'altra donna. Ho una mia dignità, io! «Se improvvisamente è subentrato un impegno, la capisco. Rimandiamo a un'altra sera.» Dico, con voce quasi tremolante. Per quanto stia cercando di darmi un contegno e mostrarmi indifferente alla sua provocazione, questo è il massimo che sono riuscita a fare.
«Assolutamente no. La prego mi permetta di farla accomodare.» Con un unico gesto fa scendere quella donna dalle ginocchia e mi sposta la sedia, indicandomi di sedermi. Che coraggio! Ma non mi farò intimidire. Non gli mostrerò di sentirmi offesa. Mi siedo e sollevo il mento, incollandomi una maschera sorridente in viso. «Buonasera signor De Michelis. Grazie per l'invito. Non pensavo intendesse brindare così formalmente.» Il suo sguardo vaga sul vestito che ha disegnato lui stesso e inevitabilmente un angolo della bocca gli si solleva per l'apprezzamento. «La prego, siamo partner in affari ora. Mi chiami Andrea.» «Solo se lei continuerà a chiamarmi signorina Borgia.» Un attimo di esitazione, solo un istante e subito si riprende, dando a quel viso così perfetto, il tocco finale con un amabile sorriso. Nel frattempo la donna che prima gli era in grembo, ora è al mio fianco e mi sorride gentilmente, anche lei. Non credo di avere voglia di continuare questa farsa. Insomma, cosa vuole questo? «Perfetto, in tal caso, signorina Borgia, mi permetta di presentarle Annabella.» Lei è in piedi accanto a me e io, seduta, non accenno nemmeno ad alzare il volto. Con malcelata stizza mi giro e le porgo la mano. Poi Andrea aggiunge. «Mia sorella.» Rimango ghiacciata. Cooooosa? Ma non si somigliano per niente! Insomma… Andrea è un Adone, Annabella... il solo nome è un eufemismo! Come ha potuto madre natura spartire i suoi doni così male? Come ha potuto essere così impietosa di fronte a tale grottesca creatura? Cerco di riprendermi, senza dare troppo nell'occhio, ma a mio avviso non me ne sta andando bene una. Sto facendo una gaffe dietro l'altra. Vorrei alzarmi e scomparire, cancellando le loro memorie. «Oh... Ah... Oh. Sua sorella, ma certo. Che piacere, Annabella. Io sono Daphne Borgia.» Lei, che sembra non essersi accorta di nulla, mi stringe calorosamente la mano e con ancora più entusiasmo dice. «Sono così felice di conoscerla signorina Borgia. Ho letto molto di lei sui giornali, non avrei mai pensato di avere un giorno l'onore di presentarmi a lei. E quando Andrea mi ha parlato della vostra nuova liaison di lavoro, gli ho chiesto di organizzare un incontro. Spero non sia un disturbo.» «Assolutamente no. La ringrazio. Il piacere è mio, mi creda signorina Annabella.» «Bene, ora vi lascio. Spero avremo modo di vederci di nuovo, ma mi chiami Annabella e basta, la prossima volta.» «Certamente, volentieri, solo se anche lei mi chiamerà Daphne e basta.» Le sorrido con sincerità. Annabella saluta Andrea con un lieve bacio sulla guancia e poi si congeda. Rimaniamo io e lui. Il mio imbarazzo è palpabile. Non dovrei sentirmi così. Io sono una Borgia! Cerco di ricompormi.
«Quel vestito le sta d'incanto. Semplicemente meravigliosa.» La sua voce è miele caldo. «Grazie, potrei quasi dire che sembra disegnato apposta per me.» Lui non risponde, ma mi guarda negli occhi e sorride con sguardo malandrino. Allora l'ha disegnato apposta per me! «Sono impressionata. A cosa devo l'onore?» «Quando vedo una dea, provo il forte desiderio di essere su di lei.» Fa una breve pausa, durante la quale quasi svengo per il calore provocato dal suo doppio senso, poi lui specifica. «Con un mio vestito.» I suoi occhi verdi, le lunghe ciglia nere, folte, mi stanno consumando e il mio viso è in fiamme. Fortunatamente arriva il cameriere con l'entrée e io mi sento salva. Mentre mangiamo un intero menù a base di aragosta, il clima si distende, così decido che posso permettergli di chiamarmi per nome, adesso. «Può chiamarmi Daphne, ora, se proprio desidera.» «Grazie. Ma per lasciarla in posizione di superiorità, dato che sembra tenerci molto, le permetterò di darmi del tu, mentre io continuerò a darle del lei, finché non sarà pronta ad accettarmi per chi sono.» Rimango un attimo interdetta. Che affronto, essere così diretto e celare la maleducazione dietro la signoria. «E chi saresti, esattamente?» «Andrea, appunto! Semplicemente Andrea.»
Capitolo - 2 Ho lavorato senza sosta tutta la mattina per non pensare alla cena di ieri sera. Sono confusa da me stessa. Non mi sono mai fatta prendere così da un uomo. Chiaramente Andrea sa come giocare le sue carte e, a quanto pare, sembra avere anche le migliori del mazzo in mano. Squilla l’interfono.
«Sì, Sara. Dimmi.» «Signora c’è una consegna per lei.» «Bene, fammela portare, grazie. Puoi andare a pranzo, ci vediamo dopo.» «Grazie signora Borgia.» Dopo pochi secondi bussano alla porta del mio ufficio. Il fattorino entra con un enorme mazzo di calle nere, con l’orlo decorato da brillantini dorati. Non ho dubbi riguardo il mittente. Le calle richiamano decisamente il mio abito di ieri sera, quello che Andrea ha disegnato per me. Lascio una mancia al fattorino e lo ringrazio. Come se Andrea avesse saputo che la calla è il mio fiore preferito, ha puntato tutto su quello. C’è un bigliettino sulla carta.
Cara signorina Borgia, sto partendo per le sfilate di New York, casualmente sarò a pranzo da Nico’s, che è proprio accanto ai suoi uffici. C'è già un tavolo prenotato per due. Vorrei ringraziarla per la sua preziosa compagnia alla cena di ieri sera. Andrea, semplicemente Andrea
Non posso fare a meno di sorridere. Ho provato a non pensare a lui, ma non ci sono riuscita. Così giustifico me stessa: dal momento che partirà per New York, avrò modo di disintossicarmi nei prossimi giorni. È ora di pranzo, controllo allo specchio di essere impeccabile, prendo la mia borsa e lo raggiungo da Nico’s. Quando arrivo fuori dal locale c’è una folla accalcata di giornalisti, nella speranza di intervistare qualcuno. Che noia, ci mancava anche dover chiamare la sicurezza per entrare in un locale. Ma quando mi avvicino noto che la persona sotto assedio è proprio Andrea. Vogliono avere anticipazioni sulla sfilata dei prossimi giorni. Perfetto, proprio un pranzo tranquillo! Mi scorge tra la folla, si scusa con i giornalisti, mi viene incontro e mi prende per mano, facendomi strada dietro ai suoi body-guard che gli aprono la via. «Che caos! Come fai a vivere così?» «Oh, dopo un po’ ci si abitua. Prego si accomodi. Mi sono preso la libertà di ordinare quando ho prenotato il tavolo. Spero non le dispiaccia.» Nella sua camicia bianca con le cuciture bordeaux e il completo grigio scuro, gessato bordeaux, è semplicemente magnifico. La pelle abbronzata, i capelli neri mossi, un velo di barba, curata, il fisico slanciato tipico di una persona abituata a fare sport, le spalle larghe e la vita stretta. Emana eleganza da ogni poro, come si può dire di no a un essere così? Risvegliati, sei una Borgia! «Oh, no. Hai fatto bene. Immagino entrambi avremo poco tempo a disposizione. Tu hai un aereo da prendere e io una pausa molto breve.» Andrea sorride, ma non risponde. Sembra quasi dispiaciuto dalla mia risposta. Forse il suo aereo non era poi così imminente.
Il tempo scorre velocemente mentre gli chiedo dei preparativi per le sfilate di New York. Al momento di salutarci dice. «Al mio rientro vorrei dare un party a casa mia per celebrare la nostra joint venture. Mia sorella Annabella si occuperà di tutta l’organizzazione e verrà a trovarla per invitare lei e il suo staff. Aspetterò con impazienza quel giorno, per rivederla.» Mi prende la mano, la bacia e se ne va, lasciandomi impalata con lo sguardo nel vuoto. Devo proprio darmi una regolata, insomma, sono proprio patetica! Vorrei evitare di andare alla festa, ma non sarebbe un bel gesto se proprio io non fossi presente. E soprattutto la firma del contratto significa che ora le nostre aziende lavoreranno a stretto contatto. Non sono certa che questo implichi la sua presenza, in fondo avrà sicuramente del personale a curare la parte marketing. Passano quasi tre settimane, so dai giornali che le sfilate sono andate alla grande a New York, ma da lui nemmeno un segno di vita. Dovevo aspettarmelo, chi credevo di essere? Sarò pure una persona di spicco, ma non certo ai suoi livelli. Mi ributto a capofitto nel lavoro. È la cosa che so fare meglio. Dopo altri due giorni di silenzio mi chiama Annabella in ufficio. «Salve Daphne, sicuramente Andrea le avrà detto del party che vuole dare con le vostre aziende...» «Sì, salve Annabella. Certo, ne sono a conoscenza. Ma diamoci del tu, ti prego.» Non so perché mi sia uscito così. Difficilmente permetto alle persone di avvicinarmisi, soprattutto fin dall’inizio. Ma chi prendo in giro? Voglio farmi amica la sorella. Che patetica! Questa non sono io! Lei fa un gridolino di esultanza, poi riprende a parlare. «Oh, è una magnifica idea Daphne. Molto volentieri. Non osavo sperarci. Come ti dicevo, riguardo al party... Ho organizzato la serata a casa nostra. È invitato tutto lo staff che prenderà parte alla collaborazione con quello di Andrea, e te, ovviamente. Ogni ospite può portare un accompagnatore, volevo sapere, se non sono indiscreta, se ne avrai uno.» Ah, che situazione! Sarei quasi tentata di affittare qualcuno pur di non presentarmi sola e sconsolata come quella che lo ha aspettato tre settimane mentre lui andava ai festini in suo onore, ogni sera nei locali più in di New York. «Annabella, non sono ancora sicura. Posso fartelo sapere tra qualche giorno?» «Ma certo. La festa è tra cinque giorni. Hai tutto il tempo. Immagino non ci sia bisogno di dirti che è richiesto l’abito da sera.» «Certo che no, grazie Annabella. Sei molto gentile a ricordarmelo comunque. Allora ci vediamo presto.» Provo un moto di compassione per quella ragazza. Così poco piacente, poco attenta a migliorare la propria figura. Penso quasi che potrei prenderla sotto la mia ala e aiutarla ad apportare qualche miglioria. Mi ripropongo di chiamarla con una scusa, magari offrendo il mio aiuto per l’organizzazione della festa, mentre casualmente passeremo dal mio salone di bellezza di fiducia. Spero possano fare un miracolo. E intanto mi assicuro la sua amicizia. Infatti, due giorni dopo la chiamo e le chiedo.
«Ciao Annabella, manca poco alla festa, mi chiedevo se avessi bisogno di un aiuto con le ultime cose. Immagino avrai molto da fare.» «Oh Daphne, il tuo è un pensiero davvero gentile. Non puoi immaginare quanto ne abbia bisogno. Sto affogando. Mio fratello vuole sempre fare le cose in grande, poi lui parte e lascia me con le gatte da pelare.» «Posso immaginarlo. Mi ha fatto penare mesi per firmare il contratto! Dimmi, cosa posso fare per te?» «Ecco, lui vorrebbe che io mi lanciassi in questo mondo di organizzatrice di eventi, ma sono ancora alle prime armi. Non ho i contatti giusti. Forse tu potresti presentarmi qualcuno. Sono alla disperata ricerca di una ditta di catering. Ne ho contattata qualcuna, ma è troppo tardi, sono già impegnate e non ho voluto fare il nome di mio fratello per farmi strada. Vorrei dimostrargli che so fare da sola. Puoi aiutarmi?» Mi guarda con quelli che dovrebbero sembrare occhi da cerbiatto, ma le riescono, miseramente, solo quelli di una triglia. Mi lascio impietosire dalla sua totale mancanza di savoir faire, mentre mi chiedo come possa essere la sorella di suo fratello. «Sei fortunata. Proprio tra i miei clienti ho qualche ditta di spicco qui in città. Fammele contattare e prendo appuntamento con loro. Ti richiamo subito.» «Grazie Daphne, te ne sarò debitrice a vita.» Andrea tornerà ‘dalla sua vacanza’ e troverà una sorpresa. Io e la sua sorellina, amiche per la vita! Prendo appuntamento con la ditta di catering più trendy e di spicco al momento. È la migliore, non per niente è una mia cliente! Solo il meglio può permettersi i nostri servizi. L’incontro con la responsabile del catering va alla perfezione. Non avevo dubbi. Annabella è visibilmente soddisfatta e parte della tensione che aveva per l’organizzazione dell’evento si scioglie. Colgo la palla al balzo. «Visto? Non è poi così ardua. Stai andando alla grande. Non ti sottovalutare. Lo stress non ti aiuta. Che ne dici di una bella seduta in Beauty Farm?» Lei rimane un attimo di stucco. È evidente che non si sarebbe mai aspettata una richiesta del genere da Daphne Borgia. A lei! In effetti se non fosse la sorella di Andrea non penso che mi sarei data tanta pena per tutta questa beneficenza. Poi si riprende e un sorriso enorme le si allarga in volto. «Ma certo! Che idea magnifica! Adesso?» «Sì, perché no! Chiamo Sara e faccio annullare gli impegni per il resto della giornata e io e te ci dedicheremo solo a noi stesse.» Annabella è visibilmente su di giri. Sprizza euforia da ogni poro. Chiamo Sara e annullo tutti gli appuntamenti, poi il salone di bellezza e prenoto due percorsi completi. Ad Annabella non sembra vero. Quasi una giornata intera con me, tra massaggi al miele, cerette, manicure, pedicure, cromoterapia, parrucchiere e truccatrice. Usciamo la sera che siamo rinate. Era parecchio tempo che non mi concedevo uno spazio dedicato tutto a me. Ma Annabella è il vero premio. Quella pelle dal colorito spento e giallognola è ora luminosa e distesa. Quelle che sembravano le mani di una che scava il terreno con le unghie, ora hanno una elegantissima manicure. I capelli castani opachi, stopposi e crespi ora sono lucidi, lisci e ordinati, dopo un bel taglio, maschera, colore e piega. Inutile dire che lei in questo momento si sentirà bellissima.
«Grazie Daphne, per la seconda volta in una giornata mi trovo a pensare che non potrò mai sdebitarmi con te. Mi hai dato il coraggio di sbocciare, finalmente. Ora sono quella che non immaginavo nemmeno di poter arrivare ad essere.» Mi chiedo come mai, nonostante possa permetterselo, non abbia mai pensato a darsi una sistemata prima. Ma le sorrido amabilmente. «Figurati, ne avevo bisogno anche io. Anzi, sai cosa ti dico? Dovremmo rifarlo proprio il pomeriggio della festa. Quando arriveremo saremo due persone nuove. Non ti preoccupare dell’organizzazione, ormai hai preso accordi con tutti, non hai più nulla da fare.» Lei ci pensa su, in lotta, posso vederlo, ma alla fine cede. «Sì, hai ragione. Arriverò alla festa bellissima, chissà che non troverò il mio principe azzurro proprio quella sera.» Bellissima, che parolona... Però sono dalla sua parte. Alla fine la sua compagnia mi fa addirittura piacere. È una buona ascoltatrice e mi racconta della sua vita, senza trattenersi. Si apre a me, come se a un tratto fossi la sua migliore amica e non posso fare a meno di apprezzarlo. Mi racconta che i loro genitori vivono ormai da dieci anni ai Caraibi, da quando sono andati in pensione. Hanno lasciato lei, Andrea e Syria da soli mentre loro si godevano il sole e le spiagge di Cuba. Rimango un attimo turbata da questa informazione. Faccio due calcoli. Andrea dovrebbe avere qualche anno più di me, ma non arriva ai 35, forse 30 ed è il figlio minore, da come mi ha raccontato Annabella. Syria e Annabella sono gemelle biovulari e hanno tre anni più di lui. Quindi i loro genitori se ne sono andati quando loro erano ancora dei ragazzini. Come hanno potuto? Andrea ha creato un impero da solo, senza l’aiuto di nessuno, probabilmente proprio per riscattarsi. Annabella continua dicendo che dovevano lavorare per sopravvivere e pagarsi gli studi all’università e, alla fine, lei e Syria l’hanno abbandonata per permettere ad Andrea di finirla, almeno lui. Hanno lavorato nei posti più disparati, come fattorini, camerieri, panettieri, postini, tutto pur di permettere ad Andrea di portare avanti il suo sogno. Anche lui contribuiva lavorando, ma solo mezza giornata. Consegnava i giornali la mattina prima di andare a lezione. Annabella e Syria si sono prese cura di Andrea, crescendolo e dedicandosi a lui, come delle madri. Provo pena al pensiero di questi tre poveri ragazzini. Soprattutto all’idea di Andrea che, ventenne, consegna il giornale in bicicletta porta a porta. L’Andrea che conosco io è altezzoso, ma mai arrogante, effettivamente. La sua classe ed eleganza se le è guadagnate con il sudore della fronte. Non riesco ad essere arrabbiata con lui, adesso, anche se vorrei tanto. Non si è fatto vivo in tre settimane, dopo avermi lasciata pendere dalle sue labbra. Questo mi fa ricordare che devo ancora decidere se andare alla festa da sola o cercare un accompagnatore. Dopo queste informazioni non me la sento di giocare a fare la dura, non con Andrea. «Ah Annabella, prima di salutarci, volevo dirti che non porterò un accompagnatore alla festa. Verrò sola. Ci vediamo sabato pomeriggio allora. Dopo pranzo, davanti al salone. Ciao, è stata una piacevole compagnia, la tua, oggi. Grazie.» Sono sinceramente e deliziosamente sorpresa da come le cose abbiano preso piega. Mi trovo a stare bene con Annabella. La sua semplicità, le sue sofferenze, me la fanno sentire vicina, per quanto io non abbia mai dovuto sopportare nulla di tutto ciò e non abbiamo nulla in comune. La mia famiglia è borghese e i miei non si sognerebbero mai di abbandonare me e mio fratello Carlo. Ci hanno cresciuti con ogni attenzione e dedizione, preoccupandosi che non ci mancasse mai nulla. Ci hanno fatto studiare all'estero nelle scuole migliori e sono sempre stati presenti in ogni momento o difficoltà. In confronto ai De Michelis, noi Borgia, siamo cresciuti sotto una campana di vetro.
Torno a casa la sera con un peso sul cuore. Quello dell'affanno di un povero ragazzino abbandonato dai genitori e cresciuto dalle sorelle. Costretto a diventare qualcuno per ripagarle del sacrificio di aver messo da parte i loro sogni per far studiare lui. E ci è riuscito alla grande. Sono orgogliosa di lui. Sento il cuore aprirmisi e traboccare. Ma rimango gelata quando, mentre ceno con un toast in camera e un contratto sotto gli occhi, per recuperare il tempo perso alla Beauty Farm, vedo al notiziario una foto di Andrea. A un ennesimo festino. È seduto su un divanetto e una modella lo abbraccia da dietro, appoggiandogli le braccia sul petto, senza possibilità di malintesi. Che stupida che sono! Cosa mi aspettavo da un uomo che non si fa sentire per tre settimane? Vada al diavolo. Col cavolo che mi presento da sola alla festa! Non gli darò quella soddisfazione! Chiamo mio fratello Carlo. Lui sicuramente avrà qualcuno da presentarmi. Al quinto squillo risponde. «Fratellone, stavi dormendo? Sono le nove di sera!» «Ti pare che dorma alle nove di sera? Se sono in un letto, non è per dormire e tu mi hai appena interrotto.» «Scusa, ma è una questione di vita o di morte.» «Cosa c’è? Spara.» «Devo andare a una festa importantissima. Ho bisogno di un accompagnatore.» «Daphne Borgia che ha bisogno di un accompagnatore? Non ti basta il nome e la presenza, per trovarne decine? Ma ti devo insegnare tutto? Fai come me!» «Carlo, lo sai che non sono il tipo da mille e una notte. E poi ormai non c’è tempo. Devo fingere che ci sia intesa. Dai dammi una mano.» «Va bene, fammi fare qualche telefonata ai miei amici. Ti richiamo.» «Grazie Carlo. Ti adoro, lo sai vero?» «Sì, certo. Vedrai come mi adoreranno i vecchi quando vedranno le foto sui giornali della loro preziosa figlioletta al braccio di un gigolò!» Carlo si è rifiutato di seguire le orme di famiglia, e io ho dovuto prendere posto a capo dell’azienda pubblicitaria che appartiene alla nostra famiglia da moltissimi anni ormai. Lui ha preferito rimanere libero di donarsi alle donne. Questa è la sua missione, dice. Rendere felici le donne. Ecco perché so che con lui sono in buone mani.
Capitolo - 3 -
Il pomeriggio in Beauty Farm vola in un attimo e io e Annabella siamo sempre più in sintonia. Parliamo del nostro passato, dei nostri sogni per il futuro, delle ambizioni sul lavoro. Lei sta cercando di aprire un'attività come organizzatrice di eventi speciali e vorrebbe proprio sfondare. Questa serata per lei è fondamentale, potrebbe elevarla e darle un nome, o schiacciarla togliendole qualsiasi possibilità di trovare nuovi clienti. Conta molto sulla buona riuscita dell'evento, che per lei è un ottimo trampolino di lancio. Io le racconto di come mio fratello Carlo abbia preferito la vita mondana, lasciando a me l'onere di dirigere la compagnia pubblicitaria di famiglia. Di come ne senta il peso e la responsabilità ogni giorno e di come, a causa di questo, non abbia ancora potuto dedicarmi alla ricerca di una relazione. «Davvero? E io che pensavo avessi decine di uomini ai tuoi piedi.» «Se anche cosi fosse, non avrei il tempo di accorgermene, purtroppo. Ma ho ventisette anni ormai e non voglio rimanere sola, vecchia e acida.» Annabella ride all'idea. Io un po' meno. Se solo sapesse che ho suo fratello in mente giorno e notte. «Facciamo un patto. Questa sera sarà per noi e il nostro futuro. Ci guarderemo le spalle a vicenda e non usciremo dalla festa se prima non avremo trovato un uomo.» Ahi, la vedo dura. Potrebbe farsi l'alba, con lei. Per fortuna domani è domenica. E poi io non voglio “un uomo”. Io voglio “l'uomo”! Io voglio Andrea De Michelis. E ora come le dico che io verrò già con un accompagnatore alla festa, e per giunta è un gigolò? Forse dovrei chiedere a Carlo di procurarmene uno anche per lei. Ci salutiamo, mancano solo due ore all'inizio della festa. A casa devo soltanto vestirmi. Per l'occasione ho scelto un vestito rosa antico, stile impero con spalline sottili e una fascia spessa sotto il seno con una peonia di lato. Anche questo è in chiffon, lungo alla caviglia. Su entrambe le braccia due spessi bracciali piatti in oro giallo, come anche il gioiello a fascia intorno al collo. Con i capelli legati in una coda laterale sulla nuca, a formare dei lunghi boccoli biondi e un nastro in testa, uguale a quello del vestito, sembro una dea greca. Andrea vedrà cosa si è perso! Vaporizzo del profumo sul corpo. J’adore di Christian Dior, e rimango in piedi davanti allo specchio aspettando che il mio accompagnatore arrivi. Carlo mi ha assicurato che farò una magnifica figura al suo fianco. È tutto pianificato nel dettaglio. Verrà a prendermi con una limousine e non mi farà mancare nulla. Si comporterà come se ci frequentassimo già da tempo. Non ha voluto darmi una descrizione, per quanto fossi curiosa, ma so di potermi fidare ciecamente di lui. Suona il citofono. Eccolo. Prendo la pochette, uno scialle rosa antico ed esco, con le farfalle nello stomaco. Vedo in lontananza la limo, i vetri sono oscurati. Cavolo, voglio vederlo! Con passo leggero, quasi volando sui miei tacchi a spillo arrivo alla macchina. Un autista scende dal posto di guida. Lo vedo solo di spalle, ed è un gigante. Mi chiedo se si senta a suo agio a fare questo lavoro. Ha la visiera del cappello talmente abbassata da non permettermi di vedergli il volto, ma non me ne curo più di tanto. Non è il mio tipo. Troppo alto. Spero che il mio tipo sia invece dietro quella portiera, ad aspettarmi sul sedile accanto al mio. Con il cuore a mille mi chino ed entro nella macchina buia. Mi sento tremendamente a disagio. Ma cosa mi è saltato in mente? Sono una Borgia, io! L'aver ripiegato su questo tipo di accompagnatore mi fa improvvisamente sentire patetica. Non ho il coraggio di girare la testa verso l'uomo che mi è accanto. Sento il suo profumo. Lo riconosco, è Prada, uno tra i miei preferiti. C'è silenzio. Lui non parla, io nemmeno. Non oso guardarlo in volto. Vorrei solo scomparire, tornarmene a casa e sotterrarmi sotto quintali di coperte. Ma che mi prende? Questa non sono io, cosa volevo dimostrare?
Presa dall'impulso, mi giro verso la portiera e la apro freneticamente, per allontanarmi il più possibile da tutto questo. Ho già un piede per terra quando sento una mano ferma prendere la mia. Mi giro. Il mio sguardo dalla mia mano sale al suo braccio, alla spalla e poi al volto. Rimango di sasso. Il mio accompagnatore è Andrea! Mi sorride, poi con voce calda dice. «Non vorrà lasciarmi andare alla mia festa senza accompagnatrice!» È così perfetto che non so se ridere di gioia o piangere dalla frustrazione. Dovrei essere arrabbiata con lui, dovrei non rivolgergli la parola e far finta che non esista, come lui ha fatto con me per più tre settimane. Poi si abbassa il separé che divide il conducente dai passeggeri e sento una voce familiare. «È tutto a posto signorina Borgia? Possiamo partire?» Guardo meglio attraverso il buio, sotto la visiera. Quel mascalzone è mio fratello! «Carlo!» Non voglio fare scenate davanti ad Andrea, ma cosa sta succedendo qua? Lui continua. «Cosa stiamo aspettando? L'accompagnatore non è di tuo gradimento?» Quanto saprà Andrea della mia patetica scelta di cercare ad ogni costo un uomo per starmi al fianco come un fidanzato? E soprattutto in quale universo delle probabilità c'era la possibilità che Carlo chiamasse proprio Andrea? Per quanto ne so non si conoscono nemmeno. Andrea vedendo il mio disappunto, spiega. «Conosco Carlo da tempo. Lo chiamo spesso per le mie feste a casa, per intrattenere e adulare, come solo lui sa fare, quelle donne che vede sole e timorose.» Mi giro di scatto verso Carlo, come ad avere una conferma. «Lo sai sorellina. Sono un signore io. Non mi permetterei mai di diffondere i nomi dei miei clienti.» «E cosa starebbe facendo questa sera?» Chiedo. «Quello che fa di solito. Si mescola agli invitati. Una donna sola è più facile che si lasci avvicinare da un autista, non vedendo in lui alcun pericolo per la propria integrità morale, perché certa che non lo troverà mai nel suo ambiente. L'apparenza è tutto.»
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