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Via Meuccio Ruini, 74 - 42124 Reggio Emilia Tel. 0522 232222 E-book realizzato da Laura Vallisneri
Indice Frontespizio Colophon Indice Introduzione I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII XIII
Introduzione
«È un po’ come passare al bar prima di tornare a casa». Ogni sera, verso le 18.30, la voce di un anonimo ascoltatore inaugura su Radio24 La Zanzara, la trasmissione più di tendenza ma anche più temuta tra i politici italiani. Loro, i politici, spesso si divertono come matti quando vengono intervistati, o chiamati a sorpresa al telefono, da Giuseppe Cruciani e David Parenzo. Ma sanno anche che in diretta può succedere di tutto: una confidenza di troppo, una gaffe imbarazzante, uno scherzo improvviso, una sfuriata sopra le righe. Perché, proprio come in una chiacchierata al bar, Cruciani e Parenzo non usano filtri né censure con i loro ospiti che diventano, a seconda delle circostanze, vittime inconsapevoli o astuti complici. La Zanzara “punge” sulla radio di Confindustria dal 2006, dai tempi dell’elezione (la prima…) di Giorgio Napolitano al Quirinale. Puntura dopo puntura ha conquistato un grandissimo successo di pubblico, passando negli anni da Franco Turigliatto, il senatore dissidente di Rifondazione comunista che fece cadere il governo Prodi, all’amazzone Michaela Biancofiore, così irruenta nelle sue dichiarazioni (sui gay) da essere trasferita in un solo giorno di governo Letta da sottosegretario alle pari opportunità a sottosegretario alla pubblica amministrazione. Il 4 aprile di quest’anno l’ennesimo colpo vincente del programma, che riesce a farsi citare nell’edizione delle 20 del Tg1 e, il giorno dopo, su tutte le prime pagine dei giornali. Il merito o la colpa (dipende dai punti di vista) è di uno scherzo telefonico inflitto a Valerio Onida. La coppia di conduttori – non nuova a simili, irriverenti, bravate – decide di affidarsi a un imitatore di fiducia che, fingendosi Margherita Hack, chiama l’illustre costituzionalista, da pochi giorni tra i dieci saggi scelti dal presidente della Repubblica per accelerare la nascita del nuovo governo. Onida cade nella trappola, lasciandosi sfuggire che i saggi sono inutili e che Berlusconi dovrebbe godersi la vecchiaia. Parole sincere ma che mai sarebbero state pronunciate davanti a un giornalista. La Zanzara, intanto, raggiunge il suo scopo: fare notizia, creare polemica e costringere il Quirinale a intervenire sulla vicenda.
I Scherza coi fanti ma lascia stare i… saggi
Emiliano Errico: A chi venne l’idea dello scherzo a Onida? Giuseppe Cruciani: A me. In genere gli scherzi vengono in mente a me. Io e David ci confrontiamo sempre ma alla fine decido io. David Parenzo: Confermo. Il deus ex machina degli scherzi è Cruciani. Come scattò la scintilla su Onida? C: In modo molto banale, se vuoi. Da tempo conosco un imitatore, Andro Merkù. È davvero straordinario, soprattutto a imitare Margherita Hack. Lui è triestino, Margherita Hack abita a Trieste da tanti anni, si conoscono, ogni tanto fanno persino degli sketch assieme. Così decisi di far entrare in campo la finta Hack. Chi non risponderebbe al telefono a Margherita Hack? Nessuno può pensare che proprio lei venga imitata per uno scherzo telefonico! Bisognava solo trovare la vittima giusta. E puntai su chi, in quel momento, era sotto i riflettori. In quei giorni Bersani aveva appena fallito il tentativo di formare il governo e Napolitano nominò i dieci saggi. C: Cominciai a studiare la lista. I saggi economici non mi sembravano così importanti. Tra i quattro costituzionalisti – Quagliariello, Mauro, Onida e Violante – la Hack avrebbe potuto chiamare Violante ma era poco credibile. Così andai dritto su Onida, che già a Otto e mezzo aveva detto che i saggi non erano il massimo. P: Credeva poco ai saggi ed era un bersaglio perfetto. Tra l’altro è molto vicino a un certo mondo di sinistra, quindi verosimilmente sarebbe stato un interlocutore adatto a Margherita Hack. C: Poi è antiberlusconiano. Quindi la Hack non avrebbe trovato ostilità al telefono. In effetti è difficile immaginare una telefonata tra Margherita Hack e Gaetano Quagliariello… In quanto tempo venne allestito lo scherzo? C: In un pomeriggio. Un paio d’ore prima della puntata chiamai Merkù, che aveva già fatto degli scherzi per La Zanzara. Non sapeva nemmeno chi fosse Onida e lo istruii a dovere. Gli dissi di puntare sul ruolo dei saggi e di strappare un commento su Berlusconi. Soprattutto di essere il più naturale possibile, come se chiamasse un amico. Lui mi chiese se ero sicuro e io gli risposi che l’unica era provare: se lo scherzo fosse riuscito bene, altrimenti pazienza. Dopo dieci minuti iniziò la trasmissione e lo scherzo non era ancora pronto. Così chiamammo Onida alle sette di sera.
A quell’ora va in onda il giornale radio e La Zanzara ha una pausa di venti minuti. P: Esatto. Approfittammo dell’intervallo per confezionare lo scherzo. Da tempo non facciamo più scherzi in diretta. L’abbiamo fatto all’inizio, le prime volte, quando io imitavo Bossi. C: Rischiando moltissimo… P: Vero. In diretta diventa tutto incontrollabile. Chi subisce lo scherzo può fare affermazioni pesanti, essere offensivo nei confronti di qualcuno. Quindi in quei pochi minuti del giornale radio venne tentato lo scherzo. C: Un tempo molto limitato se pensi che devi gestire due persone collegate al telefono, l’imitatore e la vittima dello scherzo, registrare la telefonata, ascoltarla e valutarla nello stesso momento. La prima telefonata a Onida andò male. La linea era disturbata e lui chiuse subito la conversazione. Si era accorto dello scherzo? Non se n’era accorto? Ci rimase il dubbio. Naturalmente voi usate un numero privato per fare gli scherzi. C: Sempre, è l’unico modo per non farci scoprire. Al secondo tentativo, quando la finta Hack si presentò di nuovo, Onida rispose: «Ma era lei prima?» P: Capimmo che Onida ci era cascato! Da quel momento poteva succedere ogni cosa. La telefonata durò cinque minuti. Ecco il testo integrale della conversazione tra la finta Margherita Hack e Valerio Onida: Margherita Hack: Questa cosa dei saggi a me sembra inutile. Valerio Onida: Probabilmente è inutile. Serve a coprire questo periodo di stallo, dato dal fatto che in Parlamento non è venuta fuori una soluzione e che l’elezione del presidente della Repubblica avverrà tra una quindicina di giorni. Il nuovo presidente potrà fare altri tentativi o al limite sciogliere le Camere, cosa che Napolitano non può fare. Questo periodo di stallo è coperto da questo tentativo che – sono d’accordo con lei – non servirà nella sostanza. H: A me sembra una bischerata. O: Ripeto, è un lavoro di copertura dello stallo. H: Continuo a non capire cosa devono fare i saggi. O: Dovremo mettere giù tre proposte di programma che possano essere condivise e trovare consenso in Parlamento. Ma poi devono essere i partiti a mettersi d’accordo. Sennò come fa questo Parlamento a esprimere un governo?
H: Ma c’è la possibilità che si possa cambiare la legge elettorale? O: Lo spero, magari! Questa sarà sicuramente una delle proposte che verrà fatta. Se davvero si raggiungerà un accordo sulla legge elettorale sarà già un bel risultato perché penso che andremo a votare presto o prestissimo. Ma questo Parlamento è bloccato perché Grillo non ne vuole sapere di cambiare, il Pdl vuole solo garantirsi di essere in campo, Berlusconi naturalmente spera di avere qualche vantaggio o protezione. H: I grillini non mi piacciono mica… O: Ehh… poi il Pd ha fatto questo tentativo di buttarsi con Grillo, non c’è riuscito e ora c’è lo stallo, il blocco. H: Il nuovo presidente della Repubblica, ho letto, si dice di Prodi… O: Si fanno tanti nomi ma fino adesso non c’è un accordo. Probabilmente ci saranno molti che stanno tentando di lavorare su Prodi o Amato, io personalmente dico che Amato sarebbe un buon presidente della Repubblica. H: Amato ha l’esperienza. O: Appunto, io personalmente lo farei subito presidente ma chissà quanti giochi… H: Poi Berlusconi l’è sempre lo stesso… O: È vero. Speriamo che si decida a godersi la vecchiaia, è un mio coetaneo, siamo vecchi. Lui potrebbe andare a godersi la vecchiaia e lasciare in pace gli italiani.
Lo scherzo a Onida venne trasmesso subito dopo, quando ricominciò la diretta? C: Il regista mi chiese se volevamo mandarlo in onda subito. Dissi di no, volevo risentirlo bene, essere sicuro di quello che aveva detto Onida e trasmetterlo il giorno dopo. Così ho fatto, senza tagliare nulla della telefonata. Le conseguenze dello scherzo furono eclatanti. C: Non c’è dubbio. Ci furono subito lanci di agenzia, titoli dei tg, il giorno dopo ne parlarono tutti i quotidiani. P: Ci furono poi le reazioni dei politici. Qualcuno che era al Quirinale quando arrivò la notizia mi ha raccontato la reazione dei saggi… Raccontala anche a noi P: La segretaria di Quagliariello lesse sul cellulare la notizia. Quando la fece vedere all’onorevole, lui non la prese benissimo: «Che roba è questa? Verifica! Verifica se è vero!» La segretaria controllò subito mentre tutti i saggi erano seduti attorno a un tavolo. Compreso Onida che era già a conoscenza dello scherzo, immagino. C: No, perché non controllava mai le agenzie.
P: A un certo punto Quagliariello andò da Napolitano e dal suo portavoce, Pasquale Cascella: «Adesso chi glielo dice a Onida? Diteglielo voi!» Passarono venti minuti di panico finché i saggi partorirono un comunicato di biasimo. Su carta intestata del Quirinale, Onida scrisse di essere stato «ingenuo» ma soprattutto parlò di «grave violazione della libertà e segretezza delle comunicazioni, garantita dalla Costituzione». Quindi, si scusò: «Che non sia inutile il lavoro che stiamo facendo, lo dimostra il fatto che sono qui con gli altri colleghi a lavorare. Esprimo il mio rammarico per l’imbarazzo che la pubblicazione può aver creato al presidente della Repubblica, e le mie scuse al presidente Berlusconi perché un mio giudizio privato, espresso in chiave ironica e autobiografica, diventando pubblico potrebbe averlo ingiustamente offeso». Insomma, nessuno si mise a ridere o prese lo scherzo con ironia. P: Per niente. Durante la campagna elettorale americana, nel 2008, Sarah Palin fu beffata da uno scherzo telefonico di una radio canadese, che la fece chiamare da un finto Sarkozy. Il suo commento fu: «C’est la vie». Sarebbe bello che anche in Italia fosse così! C: Qualche settimana dopo lo scherzo a Onida, ai nostri microfoni Cascella ricordò la sua reazione a caldo. Disse che per fortuna non poteva fare la fine dell’infermiera inglese (che si suicidò dopo lo scherzo di una coppia di dj australiani, che finsero di chiamare da Buckingham Palace per avere informazioni sulla gravidanza della principessa Kate). Però avrebbe voluto dimettersi. Napolitano lo fermò, sostenendo di non dare troppa importanza alla cosa, visto che si trattava solo di uno scherzo. Alla fine Napolitano vi diede quasi ragione. O per lo meno sdrammatizzò l’episodio. C: Era una cosa comunque pesante. Nel bel mezzo dei lavori dei saggi, uno di loro aveva detto che erano inutili e che Berlusconi avrebbe dovuto godersi la vecchiaia. Avete più richiamato Onida dopo lo scherzo? C: No. Non ho nulla contro di lui, anzi mi piacerebbe averlo un giorno ospite per scherzarci sopra. Mi dispiace, però, che abbia parlato di complotto mediatico e politico, organizzato per destabilizzare le istituzioni e in particolare il lavoro dei saggi. Figuriamoci se noi volevamo destabilizzare il loro lavoro. Ovviamente è stato un po’ compromesso, ma sarebbe comunque finito tre-quattro giorni dopo. Non è che la relazione finale dei saggi sia stata influenzata dal nostro scherzo.
In un’intervista ufficiale, però, Onida non avrebbe mai detto certe cose. P: Ma non è questo il punto. Di non noto cos’è che abbiamo tirato fuori? Nulla. Il giudizio sui saggi, in parte, Onida l’aveva già dato. Le cose su Berlusconi erano scontate. C: Sbagli. Che secondo lui Berlusconi dovesse andarsene e lasciare gli italiani in pace si sapeva da un pezzo. Però non avrebbe mai pronunciato quelle parole in pubblico ed era sotto i riflettori. Non c’è niente di più nuovo di cose già dette, basta scegliere il momento giusto per farle (ri)dire. Diversi giornalisti hanno criticato lo scherzo a Onida. Michele Serra ha scritto che avete violato dei diritti, Gad Lerner, oltre a confessare il suo amore per le libellule perché «benefiche divoratrici ogni giorno di migliaia di larve di zanzara», ha detto che «andate alla ricerca del bieco, rasentando l’osceno». C: Se è per questo Lerner ha anche scritto che noi facciamo abbrutimento dell’informazione. P: Faccio notare all’amico Gad che se l’è presa per lo scherzo a Onida ma non per quello fatto a Nicola Cosentino quando, il giorno in cui venne negata l’autorizzazione all’arresto, ricevette una telefonata di solidarietà da parte mia, che fingevo di essere Bossi. Quando in radio imitavo Bossi, facendo la sua voce completamente storpiata, autorevolissimi dirigenti del Pd e giornalisti di sinistra miei amici spesso mi telefonavano per farmi i complimenti. Cosa che con lo scherzo a Onida non è avvenuta. Se lo scherzo fosse stato fatto a un saggio in quota Pdl, Lerner e Serra cosa avrebbero fatto? C: Secondo me avrebbero applaudito. Probabilmente sono amici di Onida e dunque hanno reagito in questo modo perché avevamo colpito uno del loro giro, che tra l’altro era stato candidato del centrosinistra alle primarie di Milano. «La Repubblica», il giornale su cui Lerner e Serra scrivono da anni, a lungo ha pubblicato intercettazioni di ogni tipo su Berlusconi. Ma nessuno dei due ha mai gridato allo scandalo. C: Appunto. Qualsiasi nefandezza con Berlusconi va bene. Quando, invece, si fa un semplice scherzo telefonico a uno della loro parrocchia si inalberano. Attenzione: io non faccio paragoni. Una cosa sono le intercettazioni, un’altra gli scherzi telefonici.
Ma alla fine il risultato è che se un giudice avesse chiuso la Zanzara il giorno dopo lo scherzo a Onida, Serra e Lerner avrebbero esultato. Vi ha mai denunciato qualcuno per gli scherzi telefonici alla Zanzara? C: No, finora no. Se dovesse succedere, come vi difendereste? C e P: Diremmo che non si può mettere sotto processo uno scherzo telefonico. Il direttore e l’editore di Radio24 hanno mai detto qualcosa o preso provvedimenti? C: Sugli scherzi telefonici, almeno pubblicamente, direttore ed editore non ci hanno mai rotto le scatole. Tutti i direttori che ho avuto, da questo punto di vista, mi hanno sempre appoggiato. Dopo lo scherzo a Onida arrivarono telefonate dal Quirinale ma l’azienda ha difeso il programma a spada tratta. Ai piani alti qualcuno si imbarazzò, certo. Qualche mugugno c’è stato. Il direttore del «Sole24Ore» Roberto Napoletano, dopo una giornata di conversazioni roventi col Colle e dintorni, mi chiamò e mi disse: «Sai, le istituzioni, non bisogna esagerare…» Però alla fine nessuno mi ha detto: «Basta scherzi». Lo scherzo telefonico è uno strumento lecito per un giornalista? C: Non mi interessa dare una definizione: fa parte della tradizione radiofonica. Io sono un giornalista ma in radio non faccio solo il giornalista, faccio anche l’intrattenitore. Nel campo dell’intrattenimento, lo scherzo ci sta. P: In un contenitore di due ore e mezza ci sta tutto. Minzolini è stato il più grande retroscenista politico italiano e prendeva le notizie origliando nei bagni. C: Usava un virgolettato rubato. P: Qui non c’è nulla di rubato. In verità, i nostri scherzi telefonici viaggiano su una linea che è quella di illuminare il retropalco della politica. Ma i fatti raccontati negli scherzi sono già tutti conosciuti: quando il finto Bossi chiamò Alberto Maccari, poche ore prima di essere nominato direttore del Tg1, tutti sapevano che quella scelta era il frutto di un accordo tra i partiti di centrodestra. L’avevano già scritto tutti i giornali, a cominciare dal «Corriere della Sera». Noi l’abbiamo semplicemente fatto raccontare all’interessato (al telefono Maccari disse a Bossi «sappia di poter contare sempre su un amico»).
Non è scorretto fare uno scherzo telefonico, soprattutto all’interno di un programma di informazione? P: No. Io da quando ascolto la radio ho sentito centinaia di agguati via telefono. Ma nessuno aveva mirato al Colle, al colpo grosso. Questo lo scandalo. C: Non penso che lo scherzo telefonico sia scorretto, ritengo solo che ci voglia prudenza, cioè registrare e mandare in onda solo quello che poi si può effettivamente trasmettere. Insisto. Chi subisce lo scherzo è all’oscuro di tutto. E quando mandate in onda la registrazione non chiedete certo l’autorizzazione. C: Se chiedessimo l’autorizzazione, non verrebbe mai concessa. Non a caso il dibattito se trasmettere uno scherzo telefonico sia o no violazione della privacy è sempre aperto. C: Non mi interessa. Fare uno scherzo telefonico non è come mettere una cimice addosso a una persona o, come qualcuno ha scritto, prendere una conversazione privata e pubblicarla. Non è la stessa cosa. Fa parte di una categoria ben specifica che si chiama “scherzo telefonico con imitatore”, che esiste da quando esiste la radio e non ha mai trovato un limite». Un giornalista dovrebbe rispettare almeno la deontologia professionale. C: Ripeto, qui non si tratta di diffondere conversazioni private. La Hack al telefono non è vera. E se proprio dobbiamo scusarci con qualcuno, quel qualcuno è proprio Margherita Hack, perché adesso chi riceve una sua telefonata potrebbe pensare a uno scherzo! Poche settimane prima dello scherzo a Onida ci fu un’altra vittima illustre della finta Margherita Hack. Una storia finora rimasta inedita. C: Sì, il “quasi” presidente della Repubblica Stefano Rodotà. Fu il primo scherzo telefonico della finta Hack. Chiamai il solito Merkù e gli spiegai chi era il bersaglio della telefonata. Era il 20 marzo e Rodotà non era ancora stato ufficialmente candidato al Quirinale da Grillo ma il suo nome già circolava tra i grillini. Una telefonata con la Hack, a sua volta indicata come possibile ministro di alto profilo, mi sembrava l’ideale.
P: Ancora una volta si tratta di una telefonata plausibile, tra due persone che si conoscono e si stimano. Per preparare scherzi telefonici che funzionano bisogna conoscere la politica e i suoi interlocutori. Si deve stare sulla notizia e capire qual è la persona giusta da chiamare al momento giusto. Se poi si aggiunge che facciamo questi scherzi non su Radio 101 o Radio 105 ma sulla radio più seria e paludata che c’è, dove a volte sembriamo due marziani, l’effetto è garantito. Nel caso di Rodotà vi siete mossi addirittura con un mese di anticipo rispetto alle scelte in Parlamento del Movimento 5 Stelle… C: Rodotà quel giorno era a Parigi. L’inizio della telefonata fu molto cordiale, non si sbilanciò troppo. Solo quando la Hack gli chiese se Bersani ce l’avrebbe fatta a fare il governo si lasciò scappare un «me lo auguro». Dopo un paio di minuti arrivò la domanda più interessante… Quale? C: Ti leggo il testo della telefonata: Margherita Hack: Questi grillini mi sembrano sprovveduti, un po’ bischeri. Stefano Rodotà: Hai assolutamente ragione. Io non voglio giustificare nulla ma sono effetto di una incapacità (della politica) in tutti questi anni di cogliere certe indicazioni. Naturalmente questo essere così sprovveduti fa correre rischi. Io mi auguro che messi di fronte tutti i giorni alla necessità di decidere e di prendere posizione, (i grillini) si muovano in Parlamento con minore spregiudicatezza, che è anche pericolosa.
Un piccolo scoop. Rodotà, il futuro candidato al Quirinale del M5S, giudicava sprovveduti i neoeletti del movimento di Grillo. C: Alla fine la Hack gli chiese se sarebbe diventato presidente della Repubblica. Rodotà, che è un marpione, molto più scafato di Onida, se la cavò con una frase di circostanza: «Sono cose che dicono i giornali». Invece ci pensava, eccome se ci pensava. Quando andò in onda lo scherzo a Rodotà? C: Mai. Perché? C: All’inizio decidemmo di congelarlo. P: All’epoca, 20 marzo 2013, non c’era nessuna notizia. Rodotà non era ancora il nome per il Quirinale che avrebbe diviso Pd e M5S.
C: Inoltre non volevo bruciarmi la possibilità di fare altri scherzi con la finta Margherita Hack. Un mese dopo, quando Rodotà venne effettivamente candidato, chiamai il direttore Tamburini. Volevo mandare in onda lo scherzo, il momento era perfetto, ma il direttore per la prima volta mi disse di no, in parte a ragione. Con che motivazioni? C: Erano appena iniziate le votazioni per il Quirinale. Mi parlò di inopportunità di mandare in onda un servizio tenuto in un cassetto, che avrebbe messo in cattiva luce la trasmissione e la radio. O meglio, credeva nella mia buona fede, ma disse che le reazioni sarebbero state quelle. Così lo scherzo venne bloccato definitivamente. Pentito di come andarono le cose? C: Secondo me lo scherzo si poteva mandare in onda. Io ho la coscienza a posto, ho tenuto congelato uno scherzo non per usarlo contro Rodotà ma per tirarlo fuori nel momento mediaticamente più opportuno, ma non grido certo alla censura. Ci siamo confrontati in modo limpido e alla fine chi ha la responsabilità finale ha preso una decisione. Funziona così. Resta il fatto che, se avessi mandato in onda lo scherzo subito dopo averlo realizzato, avrei bruciato l’imitazione della Hack, che con Onida avrebbe dato i suoi frutti… Quando è iniziata l’epopea degli scherzi telefonici a La Zanzara? P: Con Umberto Bossi, nel settembre 2011. A fare l’imitazione ero io. Fin dal ginnasio ho sempre fatto imitazioni. C: Ovviamente Parenzo in questa veste è una mia invenzione, una mia creazione… Intendo l’idea di utilizzarlo per “fottere” le persone al telefono. P: L’idea di fare Bossi nacque per caso. Un giorno stavamo cazzeggiando in radio e a un certo punto feci la voce di Bossi: «Ma vaffanculo Cruciani». Lui subito: «È fantastica ’sta roba! Facciamo Bossi che chiama qualcuno in radio». C: La prima telefonata, al procuratore Giandomenico Lepore, fu clamorosa. P: Lì scoppio un casino vero. Perché? P: Lepore era procuratore a Napoli. Nell’ambito dell’inchiesta sulla P4 la Camera doveva votare la richiesta d’arresto per il deputato del Pdl Marco Milanese, all’epoca l’uomo di Giulio Tremonti.
C: La Camera bocciò la richiesta d’arresto grazie al voto contrario dei bossiani mentre i leghisti vicini a Maroni votarono a favore. Proposi a Parenzo di chiamare Lepore. Mi ricordo la telefonata del finto Bossi: Lepore venne lasciato a lungo in attesa, sulle note di Va, pensiero. C: Era tutto in diretta, ti rendi conto? Siamo stati corsari ma irresponsabili. Alle sette e un quarto chiamammo Lepore, uno che risponde tranquillamente al telefono e parla con i giornalisti dopo due secondi. P: Faceva conferenze stampa in continuazione. C: E nelle conferenze stampa faceva anche mezze gaffe. P: Ma come potevamo rendere verosimile una telefonata con il ministro Bossi? Chiesi a Laura Marchesi, una delle persone che lavora in redazione, di dire al telefono «segreteria di Umberto Bossi, le passo il ministro». Poi doveva far partire la musica di Va, pensiero nell’attesa che Bossi arrivasse al telefono. Lepore rispose subito. Dopo qualche secondo iniziai a improvvisare: «Pronto. Sono Umberto Bossi». Il procuratore usò subito un tono confidenziale. Io gli dissi: «Volevo dirle che non è un atto ostile contro la sua procura il fatto che non abbiamo votato a favore dell’arresto di Milanese». Lepore non si rese conto dello scherzo? P: No. A un certo punto decisi di farmi scoprire: «Magari uno di questi giorni vengo a Napoli col “Trota” a vedere la partita». E lui rispose: «Ah sì, l’aspetto…» La telefonata finì con Bossi che esclama «Forza Napoli». Niente di più improbabile! Eppure Lepore non ebbe dubbi. All’inizio disse alla pseudo-segretaria «Come no, me lo passi». Poi, mentre il finto Bossi si affannava a spiegare che il voto che salvava Milanese non era contro i magistrati, lui lo confortava: «Non lo abbiamo mai pensato». La morale è che, quando un politico chiama, tutti si mettono sull’attenti o quasi. P: La morale è che il potere “si telefona”, si parla, anche se si trova su posizioni opposte. C: L’errore, oggettivamente, fu fare la telefonata in diretta. All’inizio il procuratore parlava con un suo collaboratore, poteva dire di tutto. Ma Lepore non fu servile con Bossi, solo cortese.
Perché? C: Per quello che ho detto prima. Quello che diceva Lepore non era controllabile, non potevi scegliere se mandarlo in onda o no. Era già in onda! Se, ad esempio, avesse detto che Berlusconi o un altro politico è un coglione, sarebbe successo un casino inaudito. Appena finita la telefonata, tantissimi chiamarono Lepore per dirgli che l’avevano sentito a Radio24 e lui chiamò subito il direttore per elencare tutti i reati che avevamo commesso. P: Una decina, il più bello era vilipendio della magistratura… Il direttore non sapeva nulla? C: In questo caso no, essendo successo tutto in pochi minuti. Per fortuna non ci furono denunce né conseguenze di alcun tipo. In tanti sono finiti nella trappola del finto Bossi. Mi viene in mente Lorenzo Bini Smaghi (autunno 2011). In base a un accordo tra il governo Berlusconi e quello francese, avrebbe dovuto dimettersi dal board della Bce per aprire la strada alla presidenza di Mario Draghi. C: Fu l’ultimo scherzo in diretta. E devo ammettere che Bini Smaghi si comportò da gran signore. P: Io ero a casa e stavo preparando per mia figlia, ogni tanto capita anche durante la trasmissione, il dvd dei Pirati dei Caraibi. Mi chiamò Cruciani: «Telefoniamo a Bini Smaghi». Mi chiusi in camera e iniziai a impostare la voce di Bossi. C: Bini Smaghi era in macchina, in Germania, di ritorno a casa dall’ufficio di Francoforte. Da un collega mi ero fatto dare il numero tedesco. Erano le otto e trequarti, mancavano pochissimi minuti alla fine. Provai a fare il numero senza troppa convinzione, Bini Smaghi invece rispose: «Hallooo». P: Il meccanismo era collaudato: prima parlò la mia “segretaria”, poi il solitoVa, pensiero, quindi iniziai a fare Bossi. C: Bini Smaghi disse una cosa incredibile: criticò Berlusconi che a Porta a porta, la sera prima, aveva detto che si doveva dimettere. Disse che certe cose non si dovevano dire in tv. Aveva ragione. Neanche Bini Smaghi capì che si trattava di uno scherzo?
P: No, tutte le nostre vittime, anche quando lo scherzo con Bossi era diventato popolare, sono sempre rimaste col dubbio che fosse quello vero. A un certo punto bussò alla porta mia figlia, spaventata dalla “strana” voce che stavo facendo. Io, sempre imitando Bossi, esclamai: «Ma chi è? Il “Trota” che mi disturba?» Bini Smaghi non mi scoprì neppure in quel momento, allora alzai l’asticella. Bossi era quello della Banca Padana, dunque proposi a Bini Smaghi di chiamare Massimo Ponzellini, allora presidente della Banca Popolare di Milano, per garantirgli una compensazione con una banca del Nord… C: Lui terrorizzato disse: «No no, non si preoccupi!» Pazzesco! Chi si è arrabbiato di più per uno scherzo telefonico? C: Raffaele Bonanni. P: Il finto Bossi gli chiese di fare fronte comune contro la riforma delle pensioni del ministro Fornero. C: Il segretario della Cisl era pronto a condividere questa battaglia con la Lega e mandammo in onda lo scherzo. Da quel che sappiamo, Bonanni fece l’inferno, chiese di non dare risalto allo scherzo, addirittura chiamò (o fece chiamare) la Marcegaglia (o chi per lei) per protestare, “minacciando” di far saltare alcuni accordi. Non so se andò davvero così, ma in quel caso evitammo di fare pubblicità allo scherzo con lanci di agenzia eccetera. Succede anche questo: Bonanni aveva le sue ragioni, ma noi gli abbiamo fatto solo uno scherzo. Avete mai provato a fare uno scherzo ai leghisti con la voce del finto Bossi? P: Una volta abbiamo chiamato Radio Padania ma subito mi dissero: «È quel coglione di Parenzo». In generale, comunque, i leghisti si sono sempre divertiti molto all’imitazione del loro leader. Le doti di imitatore di Parenzo non si esauriscono con Bossi… C: Un altro suo cavallo di battaglia è Massimo Cacciari. P: Ho fatto pochi scherzi con la sua voce: uno all’onorevole montiana Borletti Buitoni, che in campagna elettorale disse di votare alla Regione Lombardia Ambrosoli (Pd) anziché Albertini, che era del suo stesso partito. Un’altra volta ho chiamato la Melandri per complimentarmi per la nomina al Maxxi. Ci cascarono tutte e due. La Borletti Buitoni, che ora è sottosegretario, difese con Cacciari la sua scelta parlando malissimo di Albertini.
Parenzo, non temi di perdere autorevolezza facendo cosÏ tante imitazioni? P: Non credo che la mia immagine possa essere danneggiata da uno scherzo telefonico. Sono peggio i tanti giornalisti servili in giro per l’Italia. Mai fatto uno scherzo a Berlusconi? C: Difficile arrivare telefonicamente a Berlusconi senza passare per un filtro. Almeno ora. Prima, se eri una bella ragazza, avevi un numero di cellulare riservato.
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