Il mio miglior nemico (the best friends vol 1)

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Il mio miglior nemico


Cecere Maddalena A.

Copyright-2014 Cecere Maddalena A. Questo libro è un opera di fantasia. Ogni riferimento a luoghi, nomi, personaggi ed eventi sono prodotto della creatività dell’autore e ogni rassomiglianza con eventi, luoghi o personaggi reali, viventi o defunte, è puramente casuale.

A tutte le persone che rendono ogni mio giorno speciale. Grazie d’esistere, a tutti. A te che hai lasciato un vuoto enorme nel mio cuore. Ti ho amato, ti amo e ti amerò sempre ovunque tu sia.

PROLOGO

NOVE ANNI PRIMA “Giochiamo a nascondino?”, propone Maria, una delle mie migliori amiche. Siamo nel pieno di una giornata estiva, dopo la chiusura della scuola per le vacanze.


“Cosa? Stai scherzando vero?”, risponde Erica, la perfettina del gruppo. Mi guarda scandalizzata. “Perché?”. Maria mette il broncio. “Perché?”, le fa il verso. “Perché abbiamo quindici anni, mi sembra ovvio”. “Dai Erica, magari ci divertiamo, in fondo, abbiamo passato i migliori anni della nostra infanzia a giocare a nascondino”, intervengo per evitare che scoppi una guerra civile qui, nel giardino di casa mia. “Tu che dici Olli?”. Cerco di coinvolgere la timida del gruppo. Se non la interpelliamo è capace di restare in silenzio per tutto il giorno. “Per me… è indifferente”. Come sempre, timida com’è, non si schiera e, inoltre, ha timore di Erica. Come darle torto. “Almeno proviamo”, ci supplica Maria assumendo il suo sguardo da cane bastonato. “Siete solo delle bambine”, sentenzia Erica. Quello è il suo modo di dirci che è d’accordo senza ammetterlo. Nascondino non è un gioco originale, ma non delude mai. Ben presto, ci troviamo a ridere come matte mentre scorrazziamo per il giardino in cerca di un buon nascondiglio. Come al solito Olivia è la vittima consacrata, ma a nostra discolpa posso dire che non si impegna abbastanza, si nasconde sempre nei posti più banali ed è più lenta di una lumaca. Noi siamo bastarde e ne approfittiamo. “Tocca ancora a te, Olivia”, la informa Erica puntandole un dito contro. Non lo ammetterebbe mai, ma si sta divertendo tantissimo come ognuna di noi, o quasi, perché Olivia non è proprio il ritratto della felicità. Potrebbe impegnarsi di più e che cavolo!


“Sì, come no!”, si lamenta, ma riinizia a contare e io, Maria ed Erica corriamo per il giardino cercando di fare meno rumore possibile per non farci localizzare. Corro verso il garage quando mi sento chiamare: “Marti… Marti!”. Mi giro e mi ritrovo faccia a faccia con Alessandro Negri, il miglior amico di mio fratello, nonché il cinquanta percento del motivo per il quale, io e le mie amiche, passiamo i pomeriggi a casa mia. L’altro cinquanta percento è Andrea, mio fratello. “Che ci fai qui? Andrea non c’è”. “Vieni”. Mi fa segno di seguirlo. “Dove?”, chiedo perplessa a bassa voce per non farmi sentire dalle altre. Se scoprono che Alessandro è qua, impazziscono e addio divertimento. “State giocando a nascondino no?” annuisco “Aiuto a nasconderti, sono un mostro in questo gioco”. Non ci vuole una laurea in questo gioco, l’unica cosa che mi convince a seguirlo è il suo sorriso mozzafiato. Ci nascondiamo dietro uno scaffale in garage, posto che sarei riuscire a trovare anche senza l’aiuto del mostro del nascondino. “Nascondino, eh!”. Riflette battendo l’indice ripetutamente sul mento. Un bel mento a essere sincere. “Non siete un po’ grandicelle per questo gioco?”. Che c’entra! Lo sanno tutti che non si è mai troppo grandi per giocare a nascondino. “Forse… Tu che ci fai qui? Non dovresti essere con Andrea?”. So che avevano un appuntamento, hanno sempre un appuntamento, sono inseparabili. Un po’ come me e le mie amiche.


“Vorrei proprio sapere dove si è cacciato. Lo stavo giusto cercando quando vi ho sentite”. Ride stando ben attento a non fare troppo rumore. “Certo che per essere solo in quattro fate proprio un bel casino.” Come dargli torto. Scoppio a ridere. “Zitta, vuoi farti scoprire?”. Ok, sta prendendo troppo seriamente la cosa. “Dopo tocca a te contare e non potrete più continuare a torturare la biondina”. Appoggia l’indice sulle mie labbra. Basta quel contatto, quel semplice contatto e l’atmosfera intorno a noi cambia. I nostri occhi si incatenano e mi ritrovo a specchiarmi in quel verde smeraldo. Ci conosciamo da sempre, ma per la prima volta ci guardiamo per quello che siamo realmente. Siamo solo noi, Alessandro e Martina, non il miglior amico di Andrea e la sua sorellina. Alessandro mi accarezza il labbro inferiore con il pollice mentre affonda i denti nel proprio e poi… tutto succede velocemente e sento le sue labbra umide a contatto con le mie, la sua lingua nella mia bocca, il suo sapore sulla mia lingua, il suo odore che mi solletica le narici. Ho baciato due ragazzi prima di lui, ma Alessandro Negri ha cancellato il ricordo di entrambi in un secondo. Ha un buon profumo e un sapore intenso. Non ho mai pensato a lui in questo modo, è un ragazzo bellissimo nel senso più obiettivo della parola, ma l’ho sempre visto solo come il miglior amico di mio fratello e pensavo che lo stesso valesse per lui. Molte volte mi ha detto che per lui sono come la sorella che non ha, ma il modo in cui mi stringe, il modo in cui mi bacia, il modo in cui mi accarezza i capelli, non ha niente a che vedere col rapporto tra fratello e sorella. Ho sempre ammirato la sua bellezza, ma non mi è mai passato per la testa che potessi piacergli.


Continuiamo a baciarci a lungo e presto lo stringo a me passandogli le braccia intorno al collo, cerco sostegno sul suo corpo forte perché sento le gambe molli e il cuore in gola. Ci assaggiamo, ci esploriamo, ci mordichiamo a vicenda finché Alessandro non si stacca. Oh mio dio! Ho appena baciato Alessandro ed è stato… wow! “Ti chiamano”, mi fa notare e prende le distanze da me con un'espressione quasi ripugnante. Ci siamo appena baciati, perché adesso mi guarda così? “C… cosa?”, chiedo, ancora stordita dall’intensità di quel bacio. Il mio corpo è lava incandescente, il fuoco ha preso possesso di ogni particella del mio essere, ma basta che i miei occhi incontrino i suoi gelidi e scostanti, e tutto il calore scompare all’istante. Sento le mie amiche che urlano a pieni polmoni il mio nome, ma non ho intenzione di uscire da questo garage, non prima di scoprire cos’è successo. Ci siamo baciati, fin qui ci arrivo, quello che non capisco è il suo improvviso cambio d’umore. Prima mi bacia e poi mi guarda schifato? Che problema ha? “Ti chiamano”, ripete e reprimo a stento la voglia di lasciargli una cinquina in faccia. Non sono sorda! “Senti Marti… io… non so cosa mi sia preso. Mi dispiace!”. Cosa? Ha appena detto che gli dispiace? Vorrei urlargli in faccia che a me no, non mi dispiace, perché è stata la cosa più intensa che abbia provato fino a oggi, ma non posso, non davanti a tanta ostilità. “Be’, a me no, è stato il bacio più intenso che abbia mai dato”. Le parole mi escono senza controllo e maledico mentalmente la mia lingua lunga.


“Invece dovrebbe, anzi, devi dimenticare quello che è appena successo! Tu sei la sorellina di Andrea, il mio migliore amico, un fratello per me… non avrei dovuto farlo. Cristo!” si massaggia la faccia con entrambi le mani “Ho appena infranto una delle regole non dette tra noi ragazzi: la sorella e l’ex di un amico sono off-limits”. Fa sul serio? Mi sembra ovvio che sia una regola non detta. Non si può sentire! “Ale…”, lo chiamo, ma ormai è vicino all’uscita del garage. “Niente Ale!”. È incazzato e non so perché. Perché fa così? Dove ho sbagliato? “Marti, per favore, dimentica l’accaduto, è meglio per tutti”. Non mi dà il tempo di aggiungere altro che è fuori dal garage, lasciandomi lì da sola come una cretina.

Avete mai sentito che rumore fa un cuore che si spezza? Vi siete accorti del momento esatto in cui succede? Io sì. Quel giorno, in quel garage, il miglior amico di mio fratello spezzò il mio, però, non sarà quello il motivo che con gli anni mi ha portata a odiare Alessandro. Probabilmente sarà successo quando, una settimana dopo quel bacio, iniziò a provarci con Erica davanti ai miei occhi in casa mia; o forse perché, insieme ad Andrea, negli anni a seguire, intimidirono tutti i ragazzi che trovarono il coraggio di avvicinarmi, rendendo così la mia adolescenza un inferno; o forse perché, ovunque andassi, me lo ritrovavo intorno insieme alla ragazza di turno pronto a difendere la mia virtù; o forse, semplicemente, perché quello del garage non fu un episodio isolato.


Negli anni Alessandro Negri mi ha baciato diverse volte seguendo sempre un copione ben preciso. Scenata, predica, bacio e poi spariva senza dire una parola.

SABATO

“Apri gli occhi splendore, è ora di alzarsi”, urla Michael, uno dei miei coinquilini, entrando nella mia stanza in modo poco silenzioso. Mi giro portando il cuscino sulla faccia e inizio a mugugnare contrariata, perché il maledetto ha appena spalancato le tende. Vuole accecarmi! Cos’ho fatto di male per meritare questo? “Alzati”, mi urla all’orecchio dopo avermi rubato il cuscino. “Non dovresti andare a lavoro?”, gli chiedo mentre mi alzo. Tanto è inutile opporre resistenza, non mi lascerà in pace finché non mi sarò alzata. Ecco il lato negativo di avere un coinquilino come Michael che non conosce il significato della parola privacy. “Oggi è sabato sciocchina, il giorno della tua partenza”. Si finge triste, ma non me la bevo. “Non fingere che ti dispiaccia, tanto lo so che non vedi l’ora di sbarazzarti di me per quasi una settimana”. Vado in bagno a svuotare la vescica, mi lavo la faccia e poi raggiungo il maledetto in cucina.


“Adesso che hai raggiunto il tuo obiettivo, mi dici cosa cavolo vuoi?”. “Voglio solo assicurarmi che tu parta prima delle dieci perché hai detto a tua madre che saresti arrivata prima di pranzo”. Non sono affari suoi. “Era un orario indicativo, maligno, quindi vedi di darci un taglio e lasciami fare la mia colazione in santa pace, visto che il risveglio non è stato dei migliori”. “Per non parlare del fatto che non hai ancora un vestito per il matrimonio di tuo fratello che si svolgerà domenica prossima. Matrimonio, dove tu sei la testimone se te ne fossi dimenticata”, continua a parlare ignorando ogni mia obiezione. Ok, non ho ancora un vestito per il matrimonio di Andrea, ma non ho avuto il tempo materiale per comprarne uno e poi, possiedo tanti abiti e non ne ho bisogno di un altro. “Non è un tuo problema, Michael. Sei una piaga!”. “Cosa avete da blaterare voi due. In questa casa non si può dormire un po’ di più nemmeno di sabato? Vorrei ricordarvi che stasera sono di turno al bar e ho bisogno di riposarmi”. Ecco Elisa, l’altra mia coinquilina, la parte migliore di questa convivenza, Michael è senza dubbio quella peggiore. Se non avessi un minimo di autostima in me stessa non riuscirei a essere sua amica e a uscirci insieme perché, io sono alta un metro e sessantacinque e lei uno e settantasette, io sono rotondetta e lei ha un fisico da top model, per non parlare dei suoi occhi che sono di una tonalità di blu che rappresentano in pieno il colore di un cielo in tempesta. Come me, anche Elisa ha i capelli lisci, ma solo grazie alla sottoscritta perché sono piastra dipendente e ho ‘piastrizzato’ è sia lei che Michael. Ebbene sì, anche Michael si piastra il ciuffo.


“La colpa è sua!”. Michael come al solito incolpa sempre me. “Ha promesso ad Anna che sarebbe arrivata prima dell’ora di pranzo, invece sta temporeggiando in tutti i modi. Pensa che mi sono svegliato prima di lei!”. Elisa rimane a bocca aperta davanti a quell’affermazione perché sono sempre la prima a svegliarmi. “In più non ha ancora comprato un vestito per la cerimonia”. Michael finisce di fare la spia e mi lancia uno sguardo trionfante. Lo odio quando fa così! “Allora hai ragione”. Elisa mi guarda con disapprovazione. Vorrei tanto sapere cos’è questa coalizione contro di me! Mi aspetto sempre un qualsiasi attacco da Michael, ma da Elisa no. Lei mi appoggia sempre. “Forse non avete capito che mia madre ha intenzione di trascinarmi in giro ad annusare fiori e a mangiare chili di torte di tutti i tipi. Non ci pensate alla mia linea?”. “Quale linea?”. Il mio coinquilino fa il sarcastico, ma si porta subito le mani davanti al viso per proteggersi da un mio eventuale attacco. Lo sa che lo faccio male, ma per sua fortuna mi sono autoimposta di restare tranquilla, non rispondere alle provocazioni ed eliminare le sensazioni negative, ma un’occhiataccia omicida nessuno gliela toglie. “Non sono pronta ad affrontare tutto da sola, tu dovresti venire con me, Eli”, protesto. “Mi dispiace, ma ho bisogno di stare tranquilla. Domani mattina andrò da mia madre e poi non credo di essere ancora pronta ad assistere a una cerimonia con tanto di lieto fine”. Elisa sta attraversando un periodo difficile: sono sei mesi che vive da noi, sei mesi che ha lasciato il suo ex. Un uomo d’affari che in pubblico


si presentava come un angelo in giacca e cravatta, mentre tra le quattro mura di casa picchiava la donna che dichiarava di amare con tanto ardore. Ci conosciamo da due anni, siamo subito diventate amiche inseparabili, ci sentivamo ogni giorno quando abitava con il mostro, ci ho messo un anno e mezzo per convincerla a lasciarlo, ma alla fine l’ha fatto e questo è l’importante. Il problema è che non ha voluto denunciarlo perché è troppo buona, il mostro non si è ancora arreso e continua a tormentarla. Il brutto di tutta questa situazione è che Elisa lo ama, lo ama veramente. “Michael, credo che la nostra cara amica sia così in ansia perché è terrorizzata all’idea di rivedere la Iena”. No, vi prego no, non iniziamo con questa storia. Non ho la forza di affrontare questo argomento. Non fatemi pensare a lui prima del tempo, o giuro che mi pianto in camera mia e uscirò di casa solo dopo il matrimonio. “Certo che lo so, ma non volevo essere io il primo a introdurre questo argomento tanto scottante per la nostra cara Martina, visto che ne stiamo parlando vorrei farti presente che la Iena arriverà al massimo due giorni prima del matrimonio, a quell’ora sarò lì con te e quel bellimbusto se la dovrà vedere con me”, mi sorride in modo rassicurante. Prima mi attacca e poi fa il carino? Tipico di Michael. “Non ti preoccupare, ti difenderò io”. Allora stiamo freschi! La Iena, in realtà si chiama Alessandro Negri ed è il mio peggior incubo, nonché il mio nemico numero uno, nonché miglior amico di mio fratello, nonché testimone dello sposo insieme a me. L’ho evitato per più di due anni con gran successo e per colpa di mio fratello, che di


punto in bianco ha deciso di voler sposare la sua fidanzata psicopatica, io sarò costretta a rivederlo. “La conosci, è paranoica”. “Appunto! Ma non ha motivo di esserlo”. “Ragazzi sono qui, non me ne sono ancora andata, quindi se la smetteste di parlare di me come se io non ci fossi, ve ne sarei grata”. Così dicendo mi alzo e mi avvio verso la mia camera. Quei due mi hanno scocciato e, per la cronaca, io non sono paranoica, ma solo obiettiva. So a cosa vado in contro nel rivedere la Iena: loro non lo conoscono e non possono sapere quanto sia impossibile quell’uomo. Mi si accappona la pelle solo al pensiero. “Dove vai?”, mi chiede Elisa, mentre sorseggia tranquilla il suo caffè. “In camera mia a prepararmi. Ho ricevuto il messaggio forte e chiaro, non vedete l’ora di sbarazzarvi di me e va bene, me ne vado, mi rimpiangerete, vedrete”. È così perché, anche se ci battibecchiamo in continuazione, siamo indispensabili gli uni per gli altri. Dopo essermi preparata e aver recuperato i bagagli, saluto quei due rompipalle dei miei coinquilini con la promessa di sentirci tutti i giorni. Impiego quasi quattro ore per un tragitto che di norma ci vogliono due ore e mezzo, mi sono fermata ben quattro volte a bere il caffè, cosa abbastanza inusuale per una come me che non è proprio una fan della caffeina. Lo so, sono una mosca bianca in questo mondo di drogati di caffeina. In sintesi, ho bevuto più caffè nelle ultime quattro ore che in un’intera vita. Una volta arrivata, la prima tappa la faccio al cimitero, dove accendo un cero sulla tomba di mio padre che è stato strappato alla vita da un infarto otto anni fa.


Appena giunta davanti casa parcheggio nel vialetto e noto, dallo specchietto retrovisore, che una macchina si ferma dietro la mia. Non mi preoccupo più di tanto della cosa perché non vedo l’ora di riabbracciare la mamma e Andrea, anche se ho visto mio fratello una settimana fa e mia madre due settimane fa. Tutta eccitata vado a recuperare le valigie dal bagagliaio, ma resto di sasso quando vedo chi esce dalla macchina sconosciuta. È così che mi ritrovo faccia a faccia con Alessandro Negri. Nei due anni passati senza vederci, se è possibile, è diventato ancora più bello di come lo ricordavo con quella massa di capelli corvini arruffati, quegli occhi verde smeraldo, quelle labbra carnose e rosse. Dico io, era troppo sperare che fosse diventato calvo o che avesse messo su almeno cento chili in eccesso? Evidentemente sì, Alessandro è in ottima forma, tutto altezza e muscoli. Mondo crudele! Ci scrutiamo senza proferir parola: è chiaro che nessuno dei due si aspettava di incontrare l’altro. Io, di sicuro, no! “Che ci fai qua?”, sbotto incapace di restare un attimo in più in silenzio. “Sono qua per il matrimonio di Andre, mi sembra ovvio”, risponde con il suo solito tono tranquillo e pacato che tanto mi dà sui nervi. “E’ chiaro che hai sbagliato a leggere la data sull’invito, manca ancora una settimana alle nozze”. Lo so, dovrei restare calma, ma i miei propositi sono evaporati nel momento stesso in cui l’ho visto fuori casa mia con una settimana di anticipo. “Che genio!”. “Sempre stronzo!”.


“Sempre vipera!”, mi offende di rimando. Tutto normale, questa è la nostra consuetudine. Calma Marti, devi stare calma, devi respirare e stare calma. Non puoi ammazzare il testimone dello sposo, pensa a tuo fratello. “E dove hai intenzione di stare?”. Dio, ti prego, fa che esili in Alaska! Ti prego! Ti prego! Ti prego! “Qui?”, mi chiede sarcastico. Sta scherzando spero. “NO! Non esiste proprio. Scordatelo!”. Alzo le braccia al cielo in preda alla disperazione. “Dio, cos’ho fatto per contrariarti in questo modo?”. Alessandro trova divertente il mio sfogo e scoppia a ridere. Non posso ammazzare il testimone. Non posso ammazzare il testimone. Non posso ammazzare il testimone. Magari se continuo a ripetermelo, non commetterò un omicidio. “Sono due anni che non ci vediamo e tu mi accogli in questo modo? Mi sarei accontentato di un abbraccio, o meglio ancora, di un abbraccio accompagnato da un bacetto”. Si prende gioco di me attentando alla sua vita. “Cosa? Tu pretendi di avere da me un qualsiasi tipo di accoglienza?” urlo “Sono stati i migliori anni della mia vita quelli in cui non ho dovuto vedere la tua faccia di merda!”. La Iena sorride davanti al mio scatto d’ira e sta per ribattere, quando la porta di casa si apre e appare Andrea. “Tutto a posto mamma, sono solo Marti e Ale che si sono incontrati qui fuori. Preparati, ne vedremo delle belle”.


Arrabbiata più che mai, per l’incontro spiacevole che ho appena fatto e per la stupidità di mio fratello, afferro le mie valigie e mi dirigo verso casa. Quanto pesano queste valigie? Avrò bisogno di una mano per portarle in camera mia. Quanto passo accanto a mio fratello gli rivolgo parole poco decorose prima di entrare in casa e sbattere la porta alle mie spalle. È un incubo. Deve per forza essere un incubo. Esigo che sia un incubo! Che ci fa qui così presto? Perché non va dai suoi? Non resto una settimana qui con lui, è fuori discussione. Trovarmelo lì che mi osserva con i suoi dannati occhi verdi mi ha destabilizzato, come al solito. Non possiamo convivere tutto questo tempo sotto lo stesso tetto, non solo rischio un esaurimento nervoso, ma, come minimo, ci scanniamo entro sera. “Marti, sei tu?”. La voce di mia madre mi giunge dalla cucina, il suo regno. Lei adora cucinare. Mollo i bagagli all’entrata e attraverso il salone per arrivare in cucina. Perché non mi ha detto che sarebbe arrivato così presto? Mi sarei preparata psicologicamente o, meglio ancora, sarei scappata su un’isola deserta. Entro in cucina e mi blocco, ci sono pietanze ovunque e tutta la superficie del ripiano è piena di padelle e scodelle. Questa volta, Anna Grandi, ha veramente esagerato. Si asciuga le mani e corre ad abbracciarmi, mi stringe talmente forte che a momenti non respiro, ma non protesto perché solo tra le braccia di questa donna mi sento completamente a casa. “Ti aspettavo per pranzo. Hai trovato traffico?”. Ancora con questa storia. “Mamma, era un orario indicativo”. Mi guarda accigliata. “Un orario indicativo?”.


“Sì, mamma, l’ho detto solo per darti un'idea e per calmarti, visto che non accetti di buon grado un ‘non lo so’ come risposta”. Liquida il discorso con un gesto della mano. “L’importante è che ora sei qui con me”, mi dice stringendomi di nuovo a sé. Mi siedo su uno sgabello e mi preparo a fare a mia madre la domanda del secolo. “Che ci fa lui qui?”. “Lui chi?”, mi chiede senza, però, guardarmi in faccia. Ha voglia di scherzare? “Ale, mamma. La Iena. Non fare la finta tonta che mi fai solo innervosire di più”. “Marti, è il testimone di tuo fratello, è venuto per dare una mano”. Per dare una mano? Questa è bella, la Iena porta solo guai, è risaputo. “Nessuno ha pensato che avrei preferito saperlo, piuttosto che trovarmelo fuori la porta di casa?”. Sono furiosa, non me l’ha detto di proposito, lo so. Prendo un succo dal frigo e ne verso due bicchieri. “Mamma lo sai che non lo sopporto”, mi lamento sconsolata e rassegnata. “Perché? Se non erro, un tempo andavate d’accordo”. Sì mamma, tipo… duecento anni fa. “Hai dimenticato quello che mi hanno fatto passare lui e Andrea?”. Scuote la testa. “Moltiplicalo per cento e ancora non avrai l’idea esatta di quello che ho passato. Se fosse dipeso da loro sarei arrivata vergine al matrimonio”. Mia madre è una donna coraggiosa perché, davanti alla mia ira, ha il barbaro coraggio di mettersi a ridere. “Perché ce l’hai con lui sì e con Andrea no? Ti davano il tormento insieme, l’hai appena ammesso tu”. Non andava proprio così, la Iena agiva da sola e poi coinvolgeva mio fratello in un secondo momento. “Perché Andrea, sfortunatamente, è mio fratello e non posso ignorarlo?”, domando sarcastica. “Devo


volergli per forza bene, ci hai partorito entrambi con tanto dolore, cosa che ami ricordarci spesso”. La mamma scoppia a ridere e la sua risata s'intensifica quando sento le voci di Andrea e Alessandro avvicinarsi e alzo gli occhi al cielo. “Allora pazza, non mi hai ancora dato un bacio, solo offese per il tuo fratello preferito?”. Evidentemente è quello che meriti, svitato. “Nonché unico…”. “Il solo, unico, inimitabile, migliore…”, m'interrompe. Mi avvicino ad Andrea e gli butto le braccia al collo. “Devi lavorare sulla tua autostima, il tuo ego ha raggiunto livelli spropositati”. Lo stringo forte e lo bacio. Adoro mio fratello! “Dimmi, nanetta, che fine hai fatto? Abitiamo nella stessa città e non ti fai mai vedere”. Odio mio fratello! “Non dovevi arrivare per l’ora di pranzo?”. Ancora? Devo stare calma. Devo essere zen. Lo ignoro. “Non è un amore mia sorella?”, chiede ad Alessandro. “Assolutamente!”, risponde la Iena che evita il mio sguardo assassino e sorride. Ho capito il suo gioco, vuole fare il carino davanti a mia madre e far passare me per la cattiva. Devo uscire da qui e prendere aria, altrimenti non risponderò più delle mie azioni e potrei fare del male a qualcuno. “Se non vi dispiace, andrei in camera mia a sistemarmi. Devo assolutamente fare una doccia, sono tutta sudata”. “Vai tesoro, ci vediamo dopo”, dice la mamma mentre continua a trafficare in cucina.


Qualcuno deve fermarla. “Mamma, abbiamo ospiti a cena?”. Mi guarda sorpresa, “No. Perché?”. Non è evidente? In questa cucina c’è cibo a sufficienza per sfamare un intero reggimento. Meglio lasciar correre, non voglio discutere con mia madre a causa del cibo, sono sicura che nei prossimi giorni discuterò molto con l’innominabile. “Era per chiedere”. Mi dirigo verso la porta, dove ci sono il gatto e la volpe che bloccano il passaggio e devo spingerli per uscire. Loro che fanno? Ridono. Che nervi! Dio, ti prego, dammi la pazienza perché se mi dai la forza, faccio una strage! “Vuoi una mano con le valigie?”, mi chiede Alessandro. Si è bevuto il cervello? Ah, dimenticavo, le apparenze. “No grazie, mi aiuta Andrea”. “Scordatelo nanetta”. Che stronzo! Non potevo essere figlia unica? Mio fratello è buono e caro, ma quando è con il suo miglior amico adora contrariarmi. “A quanto pare devi accettare il mio aiuto”. Così dicendo afferra le mie valigie e si dirige verso la portafinestra ed io, anche se a malincuore, sono costretta a seguirlo, non prima di aver mostrato un dito medio a mio fratello. “A che gioco stai giocando?”, gli chiedo una volta arrivati in giardino. Qui le cose si devono chiarire e subito, non sopporto il suo perbenismo. “Nessuno. Ti sto solo dando una mano”. Sembra un angelo caduto dal cielo, peccato che è solo apparenza.


“Come no!”. Con questo suo comportamento di falsa cortesia mi sta dando sui nervi. “Tu non sei gentile, perché fingere? Mi vuoi far passare per quello che non sono davanti ai miei, ammettilo”. “La gente cresce. Cambia, Marti!”, risponde con tranquillità. Ho voglia di fargli male, molto male. “La gente magari sì, ma tu no. Puoi ingannare gli altri, ma non me, Negri”. “Cos’ho fatto di male adesso? Spiegamelo per favore”. “Esisti?”, lo provoco senza successo perché inizia a sghignazzare. “Oh, Marti, questi anni senza vederti sono stati i più noiosi di tutta la mia vita”. Ok, mi sta prendendo per il culo, ne ho appena avuto la conferma. Tranquilla Marti, devi convivere con quest’essere solo per un’altra settimana. Che sarà mai? Perché continua con il suo losco piano anche quando siamo soli? “I migliori della mia vita!”. Arriviamo nella mia camera, quella che ho preteso per avere un po’ di privacy, visto che dentro casa c’erano sempre Andrea e la Iena pronti a tormentarmi. Entriamo e molla le mie valigie accanto al letto e va in giro a curiosare tra la mia roba con fin troppo interesse. “Sei stato molto gentile, ovviamente sto scherzando. Ora te ne puoi anche andare”. Non gli do il tempo di rispondere che lo spingo fuori dalla mia camera, mentre lui continua a ridere fastidiosamente, una volta che è fuori senza il minimo rimorso gli sbatto la porta in faccia. Lo so, è un comportamento infantile, ma non m’importa, lui merita questo e molto altro. Mancano solo sette giorni, continuo a ripetermi mentalmente per calmarmi. Che macabra consolazione.


Sono una donna cavolo, sono superiore. Devo ignorarlo, ecco cosa devo fare. Mi sono ripromessa di essere più zen e sopprimere i miei istinti omicidi. Quale miglior prova se non questa? Mi stendo sul letto e controllo il cellulare, ci sono tre messaggi: uno di Maria, uno di Michael e uno di Elisa. Rispondo a Maria e decido di chiamare a casa. “Pronto!”. Nonostante mi sia ripromessa di restare tranquilla e non agitarmi, appena sento la voce amica di Michael i miei propositi vanno a farsi benedire. “Lui è qui!”. Ormai sono nel panico più totale. “Lui chi?”. E’ tanto chiedere un po’ di perspicacia? “Quella svitata della tua coinquilina”. Michael parla con Elisa. Iniziamo dal presupposto che sono anche la sua di coinquilina, avrebbe almeno potuto tappare la cornetta prima di offendermi, sarebbe stato un gesto carino e gradito. “Ha esordito dicendo: lui è qui”. “La Iena!”, grida Elisa. Grazie a dio c’è ancora qualcuno che mi capisce. Ti amo amica mia. “E allora?”. Non posso credere alle mie orecchie, come fa a non cogliere la gravità della situazione, è solo un egoista egocentrico. “Metti il vivavoce”, gli ordina Elisa. “Perché è già arrivato?”. “Non lo so! Sono in crisi Eli” faccio una pausa “Dovremo vivere sotto lo stesso tetto fino al matrimonio”.


“Cosa? Perché? Non può essere!”, grida sconvolta. “Volete stare calme voi due? Che sarà mai”, si intromette Michael. Buon per lui che non è qui! “Mi ha anche portato le valigie in camera”, le dico come chissà quale oltraggio abbia subito. “Cos’ha fatto? Sta, sicuramente, facendo il carino per farti abbassare la guardia e poi attaccare quanto meno te lo aspetti”. Elisa ed io si che viaggiamo sulla stessa lunghezza d’onda. “Voi due siete pazze!”, sentenzia il maligno. “Cos’hai intenzione di fare?”. Elisa è più affranta di me. “Ignorarlo? Ammazzarlo?” sbuffo “Non lo so! Ho bisogno che uno di voi due si precipiti qui per evitarmi un ergastolo per omicidio”. “Ok, stiamo sfiorando la follia!”. “Michael, Elisa non può venire perciò porta il tuo culo gay qui all’istante”, urlo contro quell’ingrato del mio amico/coinquilino. Io per lui farei di tutto e lui, non solo non mi consola e appoggia, ma si prende gioco di me. “Ha ragione, la devi raggiungere, non dico che lo ammazzerà per davvero, ma gli romperà di sicuro il naso”. “C’è qualcuno sano di mente qua, o sono l’unico? Ho un lavoro sapete”. “Allora prendi le ferie, vai in aspettativa, in malattia, in maternità, licenziati. Fai quello che ti pare, ma raggiungimi”, lo supplico. “Oh mio Dio, è esaurita! L’abbiamo persa”.


“Non essere duro con lei, si capisce dal tono di voce che è provata.” Elisa mi difende prima di tornare a parlare con me. “Tesoro, stai tranquilla, parlerò io con Michael e vedremo cosa si può fare, ok?”. Elisa è un angelo! “Niente! Ecco cosa si può fare”. Michael è un diavolo! “Sta zitto imbecille!”. “Non ho intenzione di assecondare due pazze. Maledetto il giorno che ho deciso di trovarmi una coinquilina e si è presentata Marti fuori la mia porta di casa!”. “Michael me la pagherai”, urlo fuori controllo. Non me la prendo per quello che ha appena detto perché so che non lo pensa davvero, è solo melodrammatico. “Adesso minacci pure? Vai Marti, di sicuro otterrai quello che vuoi”, urla di rimando prima di scoppiare a ridere. Ha anche il coraggio di ridere? Ora come ora, sono sull’orlo di commettere un omicidio e lui ride. “Va via immediatamente, sei insensibile”, gli ordina Elisa e lui, evidentemente, le da ascolto perché dopo poco lo sento borbottare in lontananza. “Tesoro, ci sei?”. “Sì!”. “Ascoltami, cerca di evitarlo il più possibile finché non avrai nostre notizie. Lo sai, Michael fa così, ma alla fine cede sempre. Lascia fare a me, ok?”.


“Ok!”. “Stasera esci?”. “Sì”. “Con chi?”. So già dove andrà a parare. “Con Maria”. “Ricordale che sono io, ed io soltanto, la tua miglior amica. In fondo, mi sto facendo in quattro per evitarti un esaurimento nervoso”. Ancora con questa storia della miglior amica. Non posso averne due che magari vanno d’accordo tra loro? Non capisce che non è il momento di tirare in ballo queste cavolate? Qui la situazione è grave, ma nessuno mi prende sul serio. Dopo aver chiamato anche Maria, stasera ci vedremo al solito pub, e averle spiegato il motivo del mio umore nero (veramente mi è bastato dire un nome e aggiungere convivenza forzata che lei ha subito capito), decido che è arrivato il momento di affrontare la situazione: non sono venuta a casa per restare chiusa in camera mia. È altrettanto vero che non sono arrivata qua per ritrovarmi la Iena tra i piedi, ma questo è un piccolo dettaglio. Appena entro in sala la mia futura cognata, Beatrice, mi viene in contro per salutarmi. “Bella addormentata nel bosco, come stai?”, dice dandomi due baci senza sfiorarmi le guance, e subito ritorna sul divano accanto ad Andrea che, impegnato com’è a guardare una puntata di Top Gear, non si accorge della mia presenza. Uno dei motivi che mi hanno portato a odiare mia cognata è che si ostina a chiamarmi ‘Bella addormentata nel bosco’ e tutto perché il mio secondo nome è Aurora.


Si può essere più deficienti di così? Io odio tutte le principesse, Disney o meno, forse proprio a causa del mio secondo nome, o forse perché sono delle cretine che non si ribellano mai ai cattivi e che adorano il coglione in calzamaglia che arriva alla fine di tutto per salvarle, prendendosi così tutto il merito. Il principe azzurro, un insulto per l’umanità! Quella che odio più di tutte è proprio Aurora, una ragazza con tutte le grazie possibili e immaginabili che, in un regno dove i fusi sono banditi, riesce comunque a pungersi con il solo rimasto. Due sono le cose: o è sfigata, o è imbecille. Io opto per la seconda. “Mi chiamo Marti!”, la correggo. Sono sicura che continua a chiamarmi ‘Bella addormentata nel bosco’ solo per darmi fastidio. Diciamo che non sono contenta che mio fratello presto si sposerà con quella, è una bionda naturale, non so se mi spiego. “Bene, grazie, tu come stai?”. Non sono per niente interessata al suo stato di salute, ma è pur sempre la mia futura cognata e se mio fratello è felice, io sono felice. “Bene grazie, ‘Bella addormentata nel bosco’”, mi dice e poi fa quella sua risatina malefica. Stronza! In tutto ciò c’è una nota positiva. Della Iena non c’è traccia. Sono quasi tentata di mettermi a saltellare in giro per casa. “Ce l’hai fatta!”. Addio nota positiva. Mai una cosa che gira per il verso giusto per Martina Grandi. “Sei ancora qui?”. Non mi giro nemmeno a guardarlo. Non mi va giù il fatto che non ha messo su nemmeno un po’ di pancetta.


“In carne e ossa!”. Abbiamo parlato fin troppo per i miei gusti, è ora di attuare il mio piano: ignorarlo. A quanto pare lui non è della stessa idea. “Che fai stasera?”. Cosa gliene importa? Sono tentata di rispondergli per le rime, ma ci sono dei testimoni, devo essere gentile. “No che la cosa ti riguardi, ma esco”. Vado in cucina per porre fine a questa conversazione assurda che non porterà a niente di buono tranne che ad una litigata con i fiocchi. “Con chi?”. Alessandro mi ha seguito per continuare con le sue domande moleste. Se vuole farmi sbroccare non dovrà impegnarsi ancora a lungo. “Non sono affari tuoi Ale, mollami! Va bene, dobbiamo convivere per una settimana, ma questa non cambia il fatto che io non sopporto te almeno quanto tu non sopporti me”. Diretta e coincisa. “Vai da Simone?”, continua ignorandomi. Se avessi parlato con il muro, avrei riscontrato più successo. “Si Ale, hai finito di fare domande?”. Sto iniziando a pensare che ha avuto un incidente e ha riportato danni celebrali permanenti: è l’unica spiegazione logica che so darmi per giustificare il suo comportamento strano. “Andiamo insieme allora, anch’io ho voglia di farci un salto”. Danni celebrali confermati. Come se uscire insieme fosse un'opzione da prendere in considerazione. “Non ricordo di averti invitato”, gli faccio notare. “Abitiamo sotto lo stesso tetto e andiamo nello stesso posto, perché non usare una sola macchina?”.


“Perché non ti voglio tra i piedi?”. “Giusta argomentazione”. Prende due lattine di thè alla pesca dal frigo e ci accomodiamo su due sgabelli. “Che ne pensi?”, muove la testa in direzione della sala. “Ehm..”. Non posso dirgli che non vedo di buon occhio l’imminente matrimonio. “A me non piace. Non riesco a inquadrarla”. Per una volta sono d’accordo con lui. I miracoli esistono! “Condivido, non ha proprio un’influenza positiva su Andre. È diverso e non in senso positivo”. “Lo so e la cosa mi preoccupa, non poco. Pensa che non vuole nemmeno fare l’addio al celibato”. È scioccato e non posso dargli torto, la cosa suona strana anche a me. Andrea adora le feste. “Dobbiamo fare qualcosa!”. “Cosa? Io non interferirò in nessun modo”. Anche se mi piacerebbe molto! Alessandro scoppia a ridere. “Sei una malata solo per aver pensato una cosa del genere.” fa una pausa “È il mio miglior amico e lo appoggerò sempre, anche se non condivido”. Gli mostro fieramente il mio dito medio per avermi dato della malata, ma lo ammiro per quello che mi ha appena detto. Per quanto non lo sopporto, sono contenta che Andrea abbia un amico come la Iena, sempre pronto a tutto per lui. Alessandro abbozza un sorriso. “Mi sarei aspettato più di un dito medio alzato da te”.


“Sto lavorando su me stessa, adesso sono più zen”. Non che gli debba qualche spiegazione, ma voglio fargli capire che perde tempo a provocarmi. Ho degli obiettivi, io. “Zen?” si sconquassa dalle risate “Se stai pensando che hai voglia di farmi a fettine o di maledirmi in tutti i modi, ma ti limiti a mandarmi a quel paese con un gesto, non è un po’ come barare?”. Il suo discorso non fa una piega, forse ha addirittura ragione, ma poiché mi sono autoimposta di ignorarlo, ignorerò qualsiasi cosa uscirà dalla sua bocca, perciò gli rimostro il mio dito medio con fierezza. Alessandro scuote la testa divertito. “Se non hai nessun programma per le prossime ore, possiamo andare a fare un giro insieme”. Noi un giro insieme? Ci è o ci fa? “Non dovremmo sfidare ulteriormente la buona sorte, abbiamo bevuto un thè insieme, per oggi va bene così”. “Non essere ridicola!”. Serra la mascella infastidito. Lo incenerisco con uno dei miei sguardi poco zen. Meglio questo che mettergli le mani addosso no? “Credo che andrò nella mia stanza a leggere. Ci vediamo dopo, sfortunatamente”. “Sì, ci vediamo a cena e poi andiamo da Simone insieme”, mi ricorda. Non gli rispondo e vado in camera mia, dove, troppo presa dai miei pensieri, non riesco a leggere. È tutta colpa sua, è sempre colpa sua. Se crede veramente che andremo da Simone insieme è un povero illuso. L’ho evitato per due anni non per uscirci insieme appena ci saremmo rivisti. Ho bisogno di tranquillità e lui porta solo guai, quindi meglio che mi stia alla larga.


Resto in camera mia fino all’ora di cena, aiuto la mamma a preparare la tavola perché il cibo è già pronto (Come previsto ci sono provviste sufficienti per un mese). Mentre mangiamo Andrea e Beatrice ci annunciano che domani mattina partiranno per andare alle terme: la futura sposa è troppo stressata a causa dei preparativi per il matrimonio. Mia madre, unica e sola organizzatrice di tutto, non prende bene la notizia e inizia a urlare. Una scena appagante e indimenticabile. Sto ancora disponendo i piatti nella lavastoviglie quando qualcuno mi tira i capelli, io sono gelosa dei miei capelli, sono come Sansone, toccatemi tutto ma non la mia chioma liscia. “Hai finito?”, mi chiede Alessandro. E chi poteva essere se non lui. Il bello è che crede ancora che usciremo insieme. “Senti, non vorrei sembrarti scortese, ma non credo che dovremmo uscire insieme. Ci siamo ignorati per tanto tempo e poi usciamo come se niente fosse? È strano!”. Molto strano e non mi sentirei a mio agio. “Prima hai detto che saremmo usciti insieme”, protesta. Io? Quando? Non mi risulta. “Ale, mi stai dando fastidio con la tua continua insistenza” sbatto lo strofinaccio nel lavandino “Non capisco da dove esce tutto questo interesse nei miei confronti, non abbiamo un rapporto da troppo tempo, perché costruirne uno adesso”. “Mai? A me risulta che l’avevamo e come un rapporto”. Che faccia tosta! “Chissà per colpa di chi non l’abbiamo più!”, urlo spazientita.


“Volevo solo essere gentile!”. Non capisce che è proprio questo il punto? Lui non è mai stato gentile con me e non ha senso che s'impegni tanto adesso. “Grazie, ma preferisco che ognuno vada per conto suo da Simone”. Veramente preferirei che lui non venisse proprio, ma non posso impedirgli di passare la serata in un luogo pubblico solo perché non lo voglio lì. “Bene, divertiti!”, urla infuriato serrando i pugni lungo i fianchi. Ecco, finalmente si rivela per quello che è veramente. Ecco l’Alessandro a cui sono abituata. “Perché state urlando?”. Ci raggiunge la mamma che fino a poco fa stava guardando tranquilla la sua telenovela. “Io non stavo urlando”, mi difendo immediatamente girando la faccia dalla parte opposta di dove si trova Alessandro. “Niente Anna, stavo giusto uscendo. Buona serata!” Si finge calmo, ma la sua rabbia è evidente. “Bene”, borbotto. Dio ti ringrazio! Esce dalla cucina come una furia e dopo poco sento la porta di casa sbattere. Ok, è andata meglio del previsto. Abbiamo passato mezza giornata sotto lo stesso tetto e nessuno dei due ha ferite di alcun genere. Impressionante! “Marti…”. La mamma ha intenzione di farmi la predica, ma non ho intenzione di starla a sentire, ho ascoltato fin troppo la Iena. “Mamma lascia stare, lo sapevamo tutti che sarebbe andata così. Lo sapevo io, lo sapeva lui, lo sapevamo tutti, quindi abituati, scene come queste saranno all’ordine del giorno”.


Mi limito a dichiarare la verità: è da nove anni che le cose hanno preso questa piega, cosa pensava che, dopo due anni di silenzio stampa, ci rivedevamo e scoppiava l’amore? Sono l’unica sana di mente in questa casa? La mamma si siede su uno sgabello. “Non sono d’accordo Marti, lui ci sta provando a cambiare le cose, ma tu…” sospira “tu fai di tutto per non renderlo possibile. Queste scene saranno all’ordine del giorno perché tu vuoi che siano all’ordine del giorno”. La mamma da una parte ha ragione, ma non sa realmente quanto Alessandro mi abbia ferito negli anni. Nessuno lo sa. Non voglio che si avvicini a me, non gli darò un’altra possibilità per ferirmi. Chiusa la questione. “Forse hai ragione, ma io preferisco così”. Lei sospira affranta e dispiaciuta perché, con ogni probabilità, sa che nella mia testa c’è un piccolo conflitto. “Io, comunque, devo andare, ho un appuntamento con Maria”. “Giusto, devi andare da Simone, Ale mi ha detto che sareste andati assieme”. “Mi sembra ovvio che c’è stato un cambio di programma”. Le do un bacio e mi affretto a uscire da casa. La mamma mi raccomanda addirittura di non fare tardi ed io, saggiamente, decido di non replicare anche se la cosa mi ha dato molto fastidio. Ho ventiquattro anni, sono indipendente da quasi tre anni e lei mi tratta ancora come una bambina.


“Allora, fammi capire bene, il tuo problema è che lui è gentile?”. Maria mi fa questa domanda con cautela perché, dopo tutti i discordi che abbiamo fatto, ha stabilito che ho un serio problema mentale. In poche parole, mi considera una mina vagante. Dopo esser uscita di casa in fretta e in furia ho chiamato Maria e le ho detto che sarei passata a prenderla in anticipo. Avevo voglia di evadere, divertirmi e ballare. Se non fossi astemia, mi sarei scolata fiumi e fiumi di super alcolici. Nonostante la mia voglia di svagarmi continuiamo a parlare di Alessandro e solo perché Maria insiste. Poco importa che continuo a guardarmi in giro in cerca di quella chioma corvina arruffata ad arte. Mi ripeto che è normale perché è stato lui a dirmi che sarebbe venuto. Il vero problema è che non lo vedo. Dov’è? Cazzo! “Ci sei?”. Sbatto le palpebre mentre Maria continua a sventolarmi la sua mano davanti agli occhi reclamando la mia attenzione. Sto guardando insistentemente la porta del locale non so da quanto tempo. “Perché continui a fissare l’entrata?”. Era troppo sperare che non se ne fosse accorta? Non me ne va bene una oggi. “Non sto fissando l’entrata”, mento. “Come no!” Beve un po’ del suo drink rosa “Ritorniamo a noi, il problema è che è gentile giusto?”. Ancora? “Esatto!”, confermo per l’ennesima volta. “Ok, tu sei paranoica!”, sentenzia urlando, attirando così l’attenzione dei clienti del locale. Questa l’ho già sentita.


“Puoi esprimere il tuo parere con più discrezione?” annuisce “Grazie!”. “Sei paranoica”, mi bisbiglia all’orecchio. Mi sta prendendo per il culo? Ormai, la gente non fa altro. “Pensala come vuoi Maria, tanto agli occhi tuoi, come a quelli di mia madre, da vittima sono diventata carnefice”. “Magari è cresciuto, ha capito i suoi errori e vuole fare ammenda”. La guardo scettica. Crede davvero a questa cazzata? “Martina Grandi!”, urla una voce alle mie spalle. Mi giro e mi ritrovo Pietro Preziosi davanti. Un incubo! Ok, posso dare l’impressione di non digerire un po’ di gente, ma non è colpa mia, giuro. Prendiamo il Pietro in questione, è uno col quale ho limonato un po’ di tempo fa e non sono più riuscita a togliermelo di dosso. Il problema è che l’ho baciato solo per curiosità, la cosa può suonare male, ma è così, ed è tutta colpa della Iena. Immaginate questo scenario: io diciotto anni e lui venti, un appuntamento con tanto di mazzo di rose, cena e cinema, lui bellissimo, io che pendo dalle sue labbra per tutta la durata dell’appuntamento. Una serata perfetta insomma, mi riaccompagna a casa in macchina, mi scorta fino alla porta di casa e, quando sta per accadere quello che ho sognato per tutta la serata, le nostre labbra che si avvicinano come calamite, ecco che qualcuno spalanca la porta di casa e inizia a parlare con il mio accompagnatore da prima civilmente poi alterato. Quel qualcuno chi poteva essere? Andrea? Plausibile, è il mio fratellone e sappiamo tutti che i fratelli maggiori rischiano di diventare iperprotettivi con le loro sorelline, ma non era lui, bensì, Alessandro.


Due anni fa mi si è ripresentata l’occasione di assaggiare quelle labbra e ho colto l’occasione. Il tutto non solo è stato deludente, ma Pietro da cavaliere impeccabile si è trasformato in piovra. Un'esperienza terrificante da non ripetere. Il problema è che lui non l’ha presa bene e ogni volta che ci incontriamo mi salta letteralmente addosso. “Ciao Pietro!”, gli dico porgendogli la mano. Il minimo contatto è fuori discussione. “Così si saluta un vecchio amico?”, mi rivolge il suo sguardo seducente, almeno lui crede che sia seducente. “Vieni qua, abbracciami!” spalanca le braccia. Abbracciarti per permetterti di palparmi il fondoschiena? No grazie! “Ehi Pietro, ciao, ci sono anch’io qui”. Maria arriva in mio aiuto, lei conosce tutta la storia. “Ciao Maria”, la saluta distrattamente. “Ti va di ballare?”. “Veramente questa serata è dedicata a Maria, non ci vediamo da un po’ e abbiamo tanto di cui parlare”. Cerco di scaricarlo in modo carino perché in realtà io e la mia amica ci vediamo ogni volta che torno a casa. “E quando dedicherai una serata a me?”, mi chiede imbronciato, assumendo la comune espressione che fa la maggior parte delle persone quando vuole ottenere qualcosa. Pietro da me non otterrà niente, né stasera né mai. “Non in questa vita!”, afferma risoluta una voce alle mie spalle, la voce della persona che mi ha portato a vigilare l’entrata per tutta la serata.


È vestito come quando è uscito di casa, è la stessa persona col quale ho cenato, ma c’è qualcosa di diverso. Probabilmente tre o quattro cocktail in più nello stomaco. Non è un buon segno, questo non è per niente un buon segno. “Negri, è un dispiacere vederti”, ringhia Pietro. “Lo stesso vale per me Pietro, soprattutto, quando ti avvicini a persone che non devi guardare nemmeno da lontano”, replica stizzito. Sento puzza di rissa, devo intervenire immediatamente. Mi piazzo tra di loro. “Pietro è stato un piacere vederti. Adesso è meglio che vai, ci vediamo un’altra volta”. “Un’altra volta in un’altra vita”, aggiunge Alessandro. Non riesce a restare zitto per qualche minuto? Che nervi! “Stai attento Negri, non andrà a finire come l’altra volta”. “Hai ragione!”. Passa un braccio intorno ai miei fianchi e mi attira a sé. Che cosa sta facendo? “Non ce ne sarà bisogno”. Resto lì impietrita, incapace anche solo di respirare. Perché la Iena mi ha appena abbracciato? Guardo Maria e lei, palesemente sbalordita, continua a fissare i miei fianchi avvolti dal braccio di Alessandro. Pietro ride come uno stregone cattivo. “Lo vedremo Alessandro, mi piacciono le sfide”. Mi guarda e dice: “Quanto tempo ti fermi?”. “Fino a domenica prossima”, rispondo come un’autonoma, troppo stordita per connettere cervello e bocca. Fine dell'estratto Kindle. Ti è piaciuto?


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