MI SPIEGHI A COSA SERVE IL PILATES?
MICHELA ROSA
Copyright 2015 Edizione e-book Kindle Copyright © 2015 Michela Rosa Tutti i diritti riservati Immagine di copertina: © Natallia Hudyma | Dreamstime.com Elementi decorativi da Dreamstime.com: © Natallia Hudyma; © Kirsty Pargeter Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni riproduzione, anche parziale, non autorizzata. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, società, organizzazioni, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, società, organizzazioni, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale. Un grazie sentito a tutti coloro che hanno scaricato questo romanzo, ma visto che le parole spesso non sono sufficienti, vorrei fornire un segno più tangibile della mia riconoscenza con il racconto gratuito “La Coordinatrice dei Sentimenti”, che potrete scaricare in questa pagina.
Indice Frontespizio Copyright CAPITOLO 1 CAPITOLO 2 CAPITOLO 3 CAPITOLO 4
CAPITOLO 5 CAPITOLO 6 CAPITOLO 7 CAPITOLO 8 CAPITOLO 9 CAPITOLO 10 CAPITOLO 11 CAPITOLO 12 CAPITOLO 13 CAPITOLO 14 CAPITOLO 15 CAPITOLO 16 CAPITOLO 17 CAPITOLO 18 CAPITOLO 19 CAPITOLO 20 CAPITOLO 21 CAPITOLO 22 CAPITOLO 23 CAPITOLO 24 CAPITOLO 25 CAPITOLO 26
EPILOGO Della Stessa Autrice
1
Ogni donna ha bisogno di un abito nero. Con questo lapidario consiglio mia nonna, una donna tanto affettuosa quanto bizzarra, voleva prepararmi all’ineluttabilità della morte. Dopo aver seppellito due mariti e attraversato una guerra mondiale, desiderava spiegarmi cosa significasse perdere una persona cara. Non era colpa sua se, in quella situazione di panico, avevo preso a immaginare per le sue parole un contesto piÚ Dolce&Gabbanesco che guerrafondaio. Morte o no, se le avessi dato ascolto, avrei avuto qualcosa di elegante da indossare quando il mio futuro marito mi avrebbe sorpresa con una romantica proposta di matrimonio. Beh, non ero proprio sicura che la proposta avrebbe avuto luogo quella sera, ma gli stavo facendo un grande favore accompagnandolo alla festa di Ilenia Desimoni e solo una cerimonia con duecento invitati e una luna di miele in un posto esotico mi avrebbero potuta ripagare. Anche Adriana, solitamente un incrocio tra Madre Teresa e Winnie the Pooh, mi aveva elogiata per il mio spirito di sacrificio mentre Isabella aveva scosso la testa e si
era offerta di prestarmi la carabina di suo nonno. Musica poco più allegra del Requiem di Mozart, cibo disgustoso e invitati ultracentenari erano tutto ciò che potevo attendermi da quella serata. Con un sospiro mi guardai allo specchio, ma l’immagine riflessa non fece che aumentare la mia infelicità. Sembrava che un tifone equatoriale mi avesse acconciato i capelli che continuavano a puntare verso l’alto nel disperato tentativo di sconfiggere la legge di gravità. E non erano nemmeno il problema più grande. Con il completo marrone che avevo deciso di indossare sembravo un ippopotamo in dolce attesa. L’importante è quello che si ha dentro, Daria. Ecco un’altra perla di saggezza di mia nonna che però non aveva mai conosciuto donne come Ilenia, non sapeva cosa fossero i tacchi alti e gli abiti scomodi e soprattutto non era mai stata costretta a mascherarsi per fare una buona impressione su persone di cui non le importava nulla. Uno a zero per me, nonna! Un’occhiata veloce all’orologio mi confermò che tra tre minuti e venticinque secondi sarei stata ufficialmente in ritardo. Mi lambiccai il cervello alla ricerca disperata di una scusa per rimanere a casa. Scusa numero 1: ero stata colta da un’orribile quanto repentina influenza. Hmm… difficile da inscenare. Davide mi avrebbe scusata solo in caso di peste. E avrebbe voluto controllare personalmente i bubboni. Scusa numero 2: un’emergenza di lavoro. No, neanche questa andava bene considerando che ero impiegata in una libreria del centro. Cosa potevo raccontare? Che erano finite le copie di Cime Tempestose e alcune clienti sarebbero morte se non lo avessero letto entro questo fine settimana? Che Jane Austen era tornata in vita e stava per pubblicare la seconda parte di Orgoglio e Pregiudizio? Scusa numero 3: Roma stava per essere attaccata da un esercito di cavallette. No, questa era già stata sperimentata e non con grandi risultati. Inutile, agli occhi di Davide solo l’estinzione dell’intera umanità e di qualche specie animale sarebbe stata motivo sufficiente per rinunciare a quel cocktail party (per usare la sua definizione) o sabba di streghe (per usare la mia). Quasi avesse percepito la mia riluttanza, lo sentii urlare dall’altra stanza: «Daria, ti sto aspettando sulla porta.» Era arrivato dieci minuti prima e per fortuna era entrato
usando le sue chiavi, così non sapeva quanto fosse disperata la situazione. «Lo sai che detesto uscire all’ultimo minuto e poi sarà impossibile trovare parcheggio. Mi avevi promesso che saresti stata pronta per le otto e mezzo.» «Hmm… lo so e sarò puntuale. Sono le otto e ventisette quindi, come vedi, ho ancora tre minuti pieni. Perché non ti versi un bicchiere di vino e accendi la TV?» «Perché ci metterei più di tre minuti per bere un bicchiere di vino e accendere la TV.» «Gioca con sir John, allora.» «Ci mancherebbe altro! Potrebbe macchiarmi la camicia.» Sir John era un gatto persiano di razza purissima che avevo ricevuto in regalo dalla mia eccentrica nonna. Davide, che per partito preso odiava tutte le creature viventi incapaci di discutere di legislazione fiscale, lo tollerava appena. Dal canto suo, sir John lo ignorava cordialmente, il che era molto più di quanto potessi dire per il resto dei miei amici che lui, da vero lord inglese, snobbava con profonda alterigia. Sospirai mentre tornavo a passare la spazzola tra i capelli e riflettevo sul fatto che sarebbe stato bello se una volta tanto il suo orologio avesse smesso di funzionare. Davide aveva un’incredibile avversione per i ritardatari. Una volta l’avevo sentito lamentarsi dei servizi ferroviari svizzeri, tanto per rendere l’idea. Quella sera poi era davvero speciale visto che eravamo invitati alla festa del suo capo, un uomo che Davide idolatrava come un nord coreano Kim Jong-il. Laraison d’être del ricevimento era, ufficialmente, festeggiare la fine dei lavori nel nuovo appartamento di Michele. Il motivo reale era permettere a Ilenia di torturare amici e conoscenti chiedendo loro se aveva fatto bene a comprare una scrivania Chippendale o se il mobile di vetro e acciaio appena arrivato da New York si adattava alle mensole di legno della Nuova Guinea. Lo so, anche a Guantanamo sarebbero inorriditi ma, a quanto pareva, questa pratica non era fuori legge in Italia e nessuno la poteva fermare. Ilenia si era raccomandata perché arrivassimo prima degli altri ospiti. Aveva detto a Davide che voleva sentire quello che ne pensavamo perché della nostra sincerità e buon gusto si fidava. Ovviamente non mi illudevo nemmeno per un attimo che fosse la mia opinione a interessarla, ma Davide era così compiaciuto per l’invito che mi aveva fatto promettere di essere in orario almeno un mese fa. Pregustavo quella festa un poco meno che una visita dal dentista. Dovevo cominciare ad abituarmi però perché cambiare il mobilio era uno degli sport preferiti di Ilenia.
Salvata dallo squillo del cellulare! pensai mentre con gratitudine aprivo il mio vecchio telefonino ammaccato sperando di esser chiamata con urgenza per una manicure a un barboncino. Ero caduta veramente in basso! Il nome sullo schermo mi fece sorridere. «Ciao, Lorenzo. Non riesci a sopravvivere nemmeno un’ora senza di me!» Lorenzo emise un grugnito di indignazione. «Ti sembra questo il modo di parlare con il tuo capo?» «Non è forse vero che mi stai chiamando perché ti aiuti a trovare un libro che sembra svanito nell’aria?» «E va bene, hai vinto. Non trovo l’ultimo libro di Mary Higgins Clark e qui c’è una cliente dall’aria assassina che sembra averne un bisogno disperato. Penso che inscenerà un vero delitto, se non l’accontenterò.» «Quei libri sono in magazzino. Li ho lasciati dietro la sezione dei romanzi storici e ho chiesto a Silvana di sistemarli. A quanto pare è un compito troppo complicato per lei.» «Domani è licenziata. Grazie, Daria e buon divertimento. Devi andare a una festa, vero?» «Più al funerale di Bambi. Non è che hai bisogno di aiuto con quella cliente? Perché se è così io posso…» «Sgattaiolare via e dire al tuo fidanzato che il tuo capo aguzzino e del tutto incompetente è incapace di trovare un libro all’interno di una libreria? Non credo proprio. Se gli vuoi dare buca, devi comportarti con onore. Digli che sei innamorata di me e lascialo.» «Non mi crederebbe!» esclamai divertita. Lorenzo flirtava con ogni essere vivente fornito di due cromosomi X e non mi sarei mai sognata di prenderlo sul serio. «Perché no? Sono un buon partito, oltre che il tuo capo. E poi, non per vantarmi, ma ho un discreto fascino.» «Fascino che usi con ogni donna dall’età compresa tra i 18 e i 92.» «Non sono mai stato tanto insultato in tutta la mia vita, Daria. Da domani andrai a far parte della categoria dei disoccupati insieme a Silvana» annunciò con tutta la dignità ferita che riuscì a trasmettere per telefono.
«Senza di me chiuderesti in due giorni. Allora, non mi vuoi proprio aiutare?» Conoscevo Lorenzo così bene da sapere che stava sorridendo all’altro capo del telefono. «Daria, se non ti va di uscire, dillo a Davide. Sono sicuro che capirà.» «E io sono certa che la cliente ti perdonerà se non riuscirai a trovare quel libro. Ciao allora, a domani.» Lorenzo riattaccò. Non solo non mi aveva aiutata, ma mi aveva fatto perdere dei secondi preziosi! «Daria, il minuto è passato. Vieni fuori da quel bagno e andiamo.» «Ancora un attimo.» Forse potevo ingerire una scatola di medicinali e farmi portare all’ospedale. Frugai disperatamente nel mio armadietto ma l’unica cosa che trovai fu un barattolo di vitamine. Aggiunsi alla mia lista della spesa: valium e xanax… «Ilenia sarà terribilmente delusa se non arriveremo prima degli altri. Lo sai quanto ci tiene al tuo giudizio.» Trattenni con difficoltà la risposta che mi era salita alle labbra. Mia nonna l’avrebbe ritenuta poco signorile, ma la verità era che a Ilenia interessava la mia opinione come a un macellaio quella di una mucca. Va bene, sarei andata vestita in quel modo, con l’abito marrone, e avrei raccontato in giro che si trattava di un vestito appena arrivato da Londra. In realtà era fuori moda da almeno cinque anni, ma Ilenia non mi poteva certo contraddire pubblicamente e speravo che almeno gli uomini non si sarebbero resi conto del fatto che stavo mentendo in modo spudorato. Quella era una delle cose positive del sesso maschile: gli uomini non badavano affatto a come le donne erano vestite, purché avessero una scollatura sufficientemente ampia (così sostiene Isabella, per lo meno). E comunque Davide odiava quelle stupide modelle tutte pelle e ossa e senza cervello. Diceva che ciò che l’aveva attratto di me erano proprio la mia intelligenza e la mia cultura. Va bene, lo ammetto, forse quella non era un’osservazione molto romantica e un breve complimento sul mio aspetto non mi avrebbe certo resa infelice, ma almeno la sua indifferenza mi liberava dallo stress di essere sempre alla moda, di mettermi a dieta o di finanziare l’università ai figli del mio parrucchiere. Mi feci coraggio e uscii dal bagno. Sir John era comodamente sdraiato sul divano e Davide gli stava accarezzando la pancia. Quando mi vide, sussultò come se lo avessi appena scoperto a fare qualcosa di molto sconveniente.
«Daria, ancora non sei pronta? Mi avevi promesso che non avresti ritardato questa volta! Dovrei andare senza di te.» Magari, pensai mentre lo osservavo con un misto di stupore e invidia. Davide era impeccabile come sempre. Indossava un abito gessato e una camicia azzurra perfettamente stirata. La cravatta era di Hermes e richiamava il colore dei suoi occhi. Possedeva una bellezza classica e senza tempo che gli procurava l’ammirazione incondizionata del genere femminile. Piaceva a tutti senza fare il minimo sforzo. Persino gli estranei cadevano preda del suo fascino in tempi da Guinness dei primati. Non ero così sprovveduta da non rendermi conto che ogni volta che entrava in una stanza, tutte le donne presenti si voltavano a guardarlo come se avessero appena visto la versione italiana di Brad Pitt. E poi guardavano me e spalancavano gli occhi come se avessero appena visto la versione italiana di una delle sorellastre di Cenerentola. «Cosa vuoi dire? Certo che sono pronta» risposi cercando di nascondere la mia mortificazione. Non mi aspettavo che cominciasse a saltare dalla gioia, ma speravo che avrebbe mostrato un minimo di apprezzamento. A quanto pareva invece non mi riteneva nemmeno presentabile e credeva che il mio vestito – per il quale avevo speso una porzione molto elevata del mio stipendio – non fosse molto più elegante di una vestaglia. La mia delusione dovette essere più che evidente perché Davide, con aria di profondo disagio, aggiunse: «Stai molto bene, Daria. Sul serio. Allora, andiamo? O forse vuoi tornare in bagno? Perché non c’è bisogno di uscire così presto. Mi dispiace, ma a volte esagero quando si tratta di lavoro o puntualità e sono terribile quando sono in combinazione.» Mi augurai di cuore che Davide sapesse mentire meglio in tribunale perché in caso contrario non c’erano dubbi sul fatto che non avrebbe fatto carriera. «Senti, c’è qualcosa di cui volevo parlarti» urlai dal bagno, spruzzandomi un altro po’ di lacca e sentendomi in colpa per aver provocato da sola l’allargamento del buco dell’ozono. «Cosa ne dici di andare in vacanza in Grecia quest’anno? So che non ti piacciono molto i paesi che non appartengono al G7, ma stavo pensando che sarebbe bello vedere qualcosa di nuovo. Santorini deve essere splendida d’estate e ho sempre desiderato vedere il Partenone.»
«Hmm… non lo so. Forse quest’anno non potrò andare in vacanza.» La voce di Davide era così riluttante che decisi di rinunciare alla Grecia e rassegnarmi all’idea di tornare in Germania, il suo paese preferito. «Tu però chiedi lo stesso di avere le ferie ad agosto. Ti meriti una bella vacanza. Anzi, perché non ti metti già d’accordo con le tue amiche?» «Come hai detto, scusa?» chiesi spalancando la porta del bagno. «Non puoi andare in vacanza quest’anno?» Davide arrossì. «Non ne sono sicuro. Comunque tu lavori così tanto che… hmm… ti meriti un po’ di relax. Non puoi passare tutta la vita a Roma. E io sono molto occupato con una causa importantissima. Sono sicuro che Michele non mi permetterà di lasciare l’ufficio.» C’era qualcosa di molto, molto sospetto in tutto quel blaterare del mio altrimenti controllatissimo fidanzato. Sapevo bene che considerava il mio impiego poco più utile per la società di quello di un disoccupato. Non faceva che ripetermi quanto fossi fortunata perché potevo stare seduta tutto il giorno a leggere e ricevevo addirittura dei soldi per questo. Perché allora voleva che chiedessi delle ferie? Ci doveva essere sotto qualcosa. Magari mi stava organizzando una sorpresa. Forse voleva portarmi in un paradiso tropicale. Sarebbe stato un gesto così romantico! Del tutto inaspettato perché Davide non amava le sorprese – e per questo ancora più romantico. E poi un altro pensiero ancora più eccitante mi attraversò la mente. E se avesse voluto organizzare una luna di miele? No, non dovevo leggere troppo in quella richiesta, era ridicolo. Anche se, a pensarci bene, uscivamo insieme da più di un anno e avevamo entrambi trent’anni. Davide parlava spesso della necessità di sistemarsi, di creare una famiglia e più di una volta mi aveva detto che Michele, il suo capo, era stato fortunato a trovare una donna come Ilenia. Non che condividessi quell’opinione, ma tutti quei discorsi lasciavano intendere che stava seriamente meditando sulla possibilità di compiere un passo così importante. No, no, no! Non pensarci nemmeno, Daria. Dovevo smetterla di fantasticare, anche se un matrimonio estivo sarebbe stato sicuramente più pratico di uno invernale. Okay, adesso basta! Ero una donna adulta e indipendente che non aveva bisogno di sposarsi per sentirsi sicura di sé. Chissà se mi aveva comprato un anello? Forse mi avrebbe portata a sceglierlo. E avremmo potuto sposarci a maggio. Avevo sempre voluto sposarmi in primavera e indossare uno di quei bellissimi abiti bianchi senza
maniche, con una tiara di diamanti (dove avrei trovato una tiara di diamanti era tutta un’altra questione). Uscii dall’appartamento con la testa leggera, come se avessi bevuto una bottiglia di vino a stomaco vuoto mentre in realtà mi ero limitata a due bicchieri. «Buonasera, Daria, come siete eleganti. Andate a una festa?» Oddio, avevamo incrociato la signora Pinuccia, la donna più pettegola di tutto il palazzo. Di solito mi tratteneva almeno dieci minuti nel pianerottolo per raccontarmi gli ultimi pettegolezzi. Beh, a pensarci bene perché non accontentare una signora anziana e sola? Magari avremmo potuto chiacchierare per la prossima mezz’ora, ora, due ore… Stavo per invitarla a prendere un caffè, quando Davide si intromise: «Mi dispiace ma siamo già terribilmente in ritardo. Buona serata, signora Pinuccia.» «Oh, certo, certo, non volevo trattenere nessuno io. E poi lo sapete che mi faccio sempre gli affari miei anche se in questo palazzo ne succedono di più che a Beautiful. Per esempio, la signora…» «Davvero, dobbiamo andare.» Davide mi prese per un braccio e mi trascinò verso il portone. «Ecco, per colpa tua non saprò mai cosa ha combinato la signora X» protestai. «Non ci contare, la prossima volta quella iena ti riferirà tutto.» «Non chiamarla iena. La signora Pinuccia è una donna sola che ha bisogno di contatti umani.» «Sì, e Jack lo Squartatore era uno studente di medicina zelante. Dovresti lasciare questo condominio.» Quando ci sposeremo? mi chiesi. Conoscevo i genitori di Davide e sapevo che mi approvavano. Sua madre mi aveva dato la ricetta segreta per il pollo al limone e Davide mi aveva assicurato che si trattava di un grande complimento perché aveva dichiarato che l’avrebbe portata con sé nella tomba. Sarebbero stati felicissimi del nostro matrimonio. Avremmo organizzato una cerimonia semplice e privata anche se forse Davide avrebbe voluto invitare tutti i suoi colleghi e clienti. Adriana e Isabella sarebbero state le mie testimoni. E Davide avrebbe indossato…
Davide interruppe le mie fantasticherie aprendo la portiera e invitandomi a mettere la cintura. Così fui costretta a tornare alla triste realtà in cui la mia destinazione era, non il mio matrimonio, ma la festa di Ilenia. «Non dirmi che stavi ripensando alla trama dell’ultimo libro che hai letto. Avevi una tale espressione sognante, come se fossi in un altro mondo.» «Non stavo pensando esattamente a un libro. Più a una favola, direi.» «Libri, favole, racconti sono tutti la stessa cosa. Dovresti concentrarti sul mondo reale.» «Penso sempre al mondo reale» risposi indignata. «Anzi se proprio lo vuoi sapere in questo momento stavo pensando a uno degli eventi più reali della vita.»E più romantici… «Davvero? E a cosa? Adesso sono curioso.» Davide svoltò bruscamente a sinistra facendomi quasi andare a sbattere contro la portiera. Cercavo sempre di dimenticare quanto guidasse male e tutte le volte che salivo in macchina cominciavo a pregare perché arrivassimo sani e salvi a destinazione. «Allora?» «Hmm… stavo pensando a un battesimo» risposi. Un battesimo? Come mi era venuta in mente una risposta così idiota? «Un battesimo?» ripeté Davide perplesso. «Che cosa strana. Non è che Adriana è di nuovo in cinta?» «No, no, non che io sappia almeno.» Davide rimase in silenzio per un po’, continuando a guidare come se si trovasse nella pista di Monza. Poi annunciò: «Daria, prima di salire alla festa, c’è qualcosa di molto importante di cui ti devo parlare.» Oddio, è arrivato il momento? mi domandai sentendo il cuore accelerare. Certo, il luogo non era dei più romantici, visto che eravamo imbottigliati nel traffico, ma Davide era una persona pratica. E comunque l’importante erano le sue parole. «Dimmi pure. Sono pronta.» «Mi auguro davvero che tu accetti.» «Perché non dovrei?» stavo per aggiungere: Ti sposerei molto volentieri, ma per fortuna riuscii a trattenermi.
«Senti, lo so che Ilenia non ti piace molto. No, non protestare!» disse interrompendomi mentre cominciavo debolmente a 1) negare l’accusa e 2) nascondere la mia delusione. «Però questa è una serata molto importante per me. Michele sta per promuovere uno dei suoi assistenti e io spero di essere il prescelto. Per questo ti prego di mostrarti socievole e gentile. Tutte le volte che vedi sua moglie ti irrigidisci e non spiccichi parola. Lo sai che quello che mi attira maggiormente di te sono la tua intelligenza e le tue risposte pronte e invece ogni volta che incontriamo persone che potrebbero aiutarmi a fare carriera mi trovo con un robot annoiato.» «Ti assicuro che ho sempre fatto del mio meglio» risposi piccata. Queste sue osservazioni sulle risposte pronte si stavano trasformando più in un’offesa che in un complimento. E non mi ero mai comportata come un robot anche se la mia indignazione cominciò a vacillare sull’aggettivo annoiato. Forse, molto raramente, avevo soffocato uno sbadiglio in modo discreto in occasione delle feste d’ufficio di Davide, ma questo non gli dava il diritto di insultarmi. «Si dà il caso però che la moglie del tuo capo sia una delle persone più noiose e stupide del pianeta. Al suo confronto anche un orango sembra intelligente. Lo sai che non aveva mai sentito parlare delle sorelle Brontë? Come si fa a non conoscere le Brontë? Dovrebbe essere illegale.» «Per favore, Daria, solo perché una donna non ha l’ambizione di trascorrere ogni singolo momento della giornata con il naso attaccato a un libro non significa che sia un’idiota indegna della tua attenzione. E comunque Ilenia è una donna molto cortese e premurosa.» Ricacciai la risposta acida che mi era salita alle labbra (Ilenia è solo una donna con troppo tempo e troppi soldi a disposizione che si diverte a insultare chiunque ritiene inferiore a lei per posizione sociale o stipendio). Non volevo litigare, non quella sera almeno. «Forse, ma con me è sempre stata distante.» «Questo dovrebbe farti riflettere. C’è qualcosa nel tuo atteggiamento che indispettisce chi ti sta vicino e nel mio lavoro non posso inimicarmi nessuno.» Davide svoltò in una via strettissima e i freni della macchina gemettero dolorosamente. Potevo sentire urla di pietà. «E poi senti, non è che ti ho chiesto di fare chissà cosa. Dì semplicemente a Ilenia che la sua casa ti piace e che gradisci un bicchiere di vino. Cosa c’è di così difficile? Ti sto domandando troppo?»
«Certo che no» mugugnai alla fine. Davide aveva un modo di rivoltare le cose che faceva sembrare ridicole e infantili tutte le mie argomentazioni e spesso finivo per scusarmi nonostante dentro di me sapevo di avere ragione. Suppongo che essere un avvocato gli desse un vantaggio. Lui sospirò lanciando uno sguardo all’orologio. «Siamo in ritardo» annunciò. «Mi dispiace» mormorai con tono ancora meno sentito. «Però stiamo andando a una festa e non al lavoro.» Davide frenò bruscamente davanti al portone di casa di Michele, mancando per un pelo il palo dello stop. «Ti assicuro che non c’è niente di male nel cercare di mantenere la parola data e ho promesso a Ilenia che saremmo arrivati presto.» Senza aggiungere altro, uscì dall’auto, si sbatté la portiera alle spalle e premette il campanello. Lo imitai velocemente prima di rimanere chiusa fuori dal portone. «Senti, Davide, mi dispiace» dissi con tono conciliante quando ci ritrovammo soli nell’ascensore. «Non mi va di litigare. Ti prometto che farò del mio meglio.» «Grazie, lo apprezzo molto. E scusami anche tu. E’ solo che divento un po’ nervoso quando si tratta del mio lavoro.» Sorrisi rilassandomi per la prima volta quella sera. «Lo so, in fondo è molto stressante. Forza, cerchiamo di divertirci.» E dato che ci siamo dati alle imprese folli, perché non impariamo anche il sanscrito? Anche Davide sorrise. «Apprezzo la tua buona volontà, Daria. Sono sicuro che sarai l’anima della festa.» Annuii mentre pensavo che sicuramente lo sarei stata nel giorno del nostro matrimonio. Mendelssohn o Bach? mi chiesi mentre Davide suonava il campanello. Menu di mare o di terra? Mentre cercavo di prendere queste decisioni così importanti, Ilenia venne ad aprirci la porta lasciandomi senza parole. La capacità di esprimersi in un linguaggio coerente sarebbe venuta meno anche nella persona più logorroica dell’intero sistema solare. No, probabilmente dell’intero universo.
2
Rispondere con un sorriso a chi ci insulta è la migliore vendetta. «Davide, Daria! Ben arrivati!» esclamò Ilenia, mentre la osservavo impietrita. «Siete stati così gentili a rinunciare ai vostri programmi per partecipare a questo semplice cocktail party. Vi assicuro che la vostra opinione sul nuovo mobilio sarà la più preziosa e che seguirò ciecamente ogni suggerimento.» «Er… grazie» mormorai, troppo presa dallo sforzo di trattenere una risata per pensare a una risposta anche vagamente cortese. Ilenia indossava stivali argentati, un vestito rosa con uno spacco molto lungo, guanti rosa fino ai gomiti e una grande piuma sempre rosa tra i capelli. Le spalle erano fasciate da… oh mio Dio! No, non potevo crederci! Era veramente un boa quello? Ma dove credeva di essere, al Mouline Rouge? O in una casa di appuntamenti? Mia nonna si sarebbe fatta il segno della croce se l’avesse vista in questo momento. Di sicuro Davide non poteva non trovarla ridicola, pensai mentre lui esclamava: «Hai un aspetto fantastico! E’ un modello di Armani di questa stagione, vero? Che domanda stupida, come se tu potessi indossare qualcosa della stagione passata.» Come, come? Davide conosceva i modelli di Armani? E sapeva anche di quale stagione fossero? Dovevo cominciare anch’io a girare per via Condotti alla ricerca di saldi di Armani del 99,99%?
«Tesoro, sei un vero intenditore. Ma forza, entrate, non vi ho invitato perché ammiriate i miei abiti.» Che sollievo… «Voglio la vostra opinione spassionata sulla casa.» «Questo andito è molto bello» osservai tanto per dimostrare a Davide che sapevo dire qualcosa in più di «Er… grazie». Purtroppo il mio sforzo eroico non venne premiato. «Sei gentile ma in realtà si tratta dell’unica parte della casa che non è stata modificata.» «Oh, beh, meglio così. Non ne aveva bisogno.» «Sai che ti trovo bene, Daria? Questo abito è proprio originale, non si vedono in giro molte donne vestite così quest’anno e i tuoi capelli hanno uno stile selvaggio delizioso.» Il che, tradotto in un italiano comprensibile solo alle donne, significava: il tuo abito andava di moda al tempo degli antichi romani e i tuoi capelli sembrano acconciati da Edward Mani di Forbici. «Grazie, Ilenia, sei molto gentile. Nessuna donna sa osare come te in quanto ad abiti.» Il che significava, invece: il tuo vestito non è adatto a una donna della tua età, o di qualsiasi età se è per questo, a meno che il suo lavoro non comporti lunghe passeggiate notturne. Il sorriso sul volto di Ilenia rimase immutato, ma la sua pelle assunse una colorazione porpora che migliorò notevolmente il mio umore. Le avevo dichiarato ufficialmente guerra e la sensazione era meravigliosa. Forse questa sera sarei riuscita a divertirmi un po’. «Visto, Daria?» sussurrò Davide con un sorriso compiaciuto. «Con un po’ di buona volontà è possibile andare d’accordo. Adesso non dirmi che Ilenia non è stata gentile o che hai avuto difficoltà a risponderle.» «Hai ragione, Davide. Questo scambio di complimenti è stato quanto di più spontaneo si possa immaginare.» Lui sorrise ancora e si voltò per seguire Ilenia.
Non riuscivo a credere a quanto gli uomini potessero essere ciechi. Mi faceva quasi tenerezza il modo in cui ignoravano completamente le dinamiche dei rapporti femminili. Pregai perché la loro innocenza rimanesse intatta per molto tempo a venire. Ilenia si avvicinò alla porta del soggiorno e la spalancò. «Allora, cosa ne pensate?» chiese indicando una stanza che la stessa Cenerentola avrebbe definito troppo rosa. Ogni cosa – dal pavimento, alle mura, ai mobili – era rosa caramella, rosa cenere, rosa porpora, rosa fenicottero. I soprammobili invece erano tutti dorati. Insomma, sembrava un bordello per bambole. Adesso capivo perché Ilenia si era vestita in quel modo. Davanti a tutto quel rosa anche Davide si rifiutò di dare un’opinione spontanea e dovette attendere che Ilenia ripetesse la domanda prima di replicare, nel tono più falso che avessi mai sentito: «Meraviglioso, sul serio. Sono sicuro che Michele… hmm… si rilasserà molto in un ambiente come questo.» Ilenia squittì felice, il che incrementò ancora di più i miei dubbi sull’esistenza di congiunzioni neuronali sotto i suoi capelli biondi accuratamente laccati. Poi il momento che temevo arrivò: «E tu, Daria, cosa ne pensi? Sai, un’opinione femminile è esattamente quello di cui ho bisogno.» «Ehi, grazie per la considerazione, Ilenia» protestò Davide. «Lo sai cosa voglio dire. Una donna è sempre molto più critica; non trovi anche tu, Daria?» «Oh, sì, molte donne sono delle tali iene» risposi. Odiavo mentire, soprattutto a una persona come Ilenia. Ma che scelta avevo? Non potevo certo dirle che se fossi stata in Michele avrei chiesto il divorzio citando come causa torture mentali perpetrate dalla moglie per mezzo di un nuovo arredamento. Comunque non mi dovevo dare troppo da fare, pensai. In fondo Davide non aveva dovuto che pronunciare una frase scontatissima per soddisfarla completamente. «Si tratta di un arredamento molto particolare. Wow, non avevo mai visto niente del genere.» «Oh, non ti piace quindi! Che peccato!» esclamò lei rannuvolandosi. «E io che speravo di avere la tua approvazione.»
«Come? No, no, certo che mi piace. E’ così… così… bello» Bello? Complimenti, Daria, e pensare che ti guadagni la vita con le parole! In preda al panico ricominciai: «Sul serio, non avevo mai visto niente di così originale in tutta la mia vita. Lo adoro, credimi. Potresti darmi qualche consiglio anche per la mia casa?» Purtroppo più parlavo, più Ilenia sembrava offendersi. Davide non si premurò minimamente di nascondere il fatto che era molto irritato. Con me. «E’ molto gentile da parte tua» disse Ilenia con lo stesso tono con cui i killer di Al Capone annunciavano alle loro vittime che stavano per morire. «Forse è meglio che non vi faccia vedere il resto. Venite a mangiare qualcosa. Dovete assolutamente bere un bicchiere di champagne.» «Grazie, Ilenia, e permettimi ancora di dirti quanto mi piace questo nuovo stile. Sul serio. L’originalità è una qualità così rara al giorno d’oggi.» Ilenia mi lanciò un’altra occhiata in tralice e poi si avviò verso la sala dove si sarebbe tenuta la tortura. E, quando la raggiungemmo, scoprii che la festa altro non era che un misto di musica poco più allegra del Requiem di Mozart, cibo macrobiotico e invitati ultracentenari. «Wow!» esclamai compiaciuta per l’accuratezza della mia previsione. Ilenia prese il mio wow come un complimento e sorrise. Beh, non sarei stata io a disilluderla. Ero felice di aver guadagnato qualche punto agli occhi di Davide dopo il fiasco precedente. Però sul serio, come facevo a sapere che Ilenia avrebbe afferrato il significato recondito delle mie parole? Fino a quel momento non c’erano stati precedenti. Continuando a guardarmi intorno mi accorsi di un altro particolare: c’era qualcosa di agghiacciante nell’atmosfera della stanza. Di cosa poteva trattarsi a parte della presenza di venticinque avvocati assetati di sangue? E poi lo vidi: Ilenia aveva appeso la testa di un cervo sopra il camino! Dio mio, questo era veramente il funerale di Bambi. L’unico elemento degno di nota di tutta la casa era il meraviglioso panorama che si godeva dalla terrazza. Era una notte fredda con un vento umido che soffiava dal fiume. Il Tevere splendeva alla luce del tramonto, circondato dalla vita frenetica della capitale. Si era alzato un forte vento che faceva mulinare le foglie sulla strada e i
palazzi antichi avevano una translucenza surreale. Rimasi per qualche secondo senza fiato e ritornai alla realtà solo a causa della voce petulante di Ilenia. «… naturalmente io e Michele abbiamo deciso di lamentarci con il sindaco. Voglio dire, ci sono veramente troppi turisti in città e la notte continuano a fare un rumore incredibile. Dovrebbero chiudere queste strade dopo le undici.» «Ilenia, non penso proprio che sia possibile limitare l’accesso al centro storico solo perché tu non puoi dormire» osservò Michele Desimoni entrando nella stanza. Michele mi era sempre piaciuto. Aveva grandi occhi grigi, un’ampia mascella e un naso aquilino che ricordava un poco un giudice greco. Era un vero gentiluomo che sapeva mettere a suo agio qualsiasi interlocutore, qualità che sicuramente gli tornava utile nella sua professione di avvocato. Una volta avevamo passato un’intera serata discutendo di letteratura e le sue opinioni si erano rivelate intelligenti e moderne. Inoltre ero colpita dal fatto che trovasse tanto tempo per leggere nonostante la sua mole di lavoro. Non capivo come avesse potuto sposare una donna come Ilenia. Era un poco come vedere il principe azzurro accasarsi con la matrigna cattiva. I misteri nell’universo erano tanti e questo si classificava immediatamente dopo la domanda: esiste la vita al di là della Terra? Michele si allentò la cravatta e sbottonò il primo bottone della camicia. Ilenia gli lanciò un’occhiata di rimprovero. «Ma caro, vai pure in camera a cambiarti. Sono sicura che i nostri ospiti ti scuseranno per qualche minuto.» «Ne sono convinto, Ilenia. Infatti, so perfettamente che tutte le persone riunite in questa sala sono contrarie a ogni tipo di formalità. Comunque preferisco bere un drink prima.» Trattenni a stento una risata mentre a denti stretti Ilenia rispondeva: «Cosa ti posso preparare? Un martini? Un bicchiere di vino? Una vodka?» «Ilenia è proprio una buona moglie» mi sussurrò Davide all’orecchio. «E’ così gentile con Michele.» «Daria, Davide, siete già qui! Non vi avevo visto» disse Michele e questa volta c’era veramente calore nella sua voce. Davide si fece avanti e gli porse la mano. «Finalmente sei arrivato. Stavi lavorando ancora alla causa Cristiani?»
Michele scosse la testa. «Ah, no, mi dispiace ma questa sera non ho alcuna intenzione di discutere di lavoro. Fammi salutare la tua intelligente e affascinante fidanzata, per favore.» Arrossii un poco mentre Michele mi stringeva la mano. «C’è un libro di cui ti vorrei parlare, Daria. Però, se come me questa sera non te la senti di parlare di lavoro, ti capirò perfettamente e ti prometto che verrò a trovarti in libreria.» «Ma no, cosa dici, Michele?» rispose Davide al mio posto. «Daria è sempre felice di parlare di letteratura. I libri sono tutta la sua vita.» Gli lanciai uno sguardo irritato. Ero perfettamente in grado di rispondere da sola e comunque di solito odiava che parlassi di letteratura durante una festa. Adesso era così disponibile solo perché era stato il suo capo a fargli quella richiesta. Comunque non avevo niente in contrario nel trascorrere una parte della serata chiacchierando con Michele. Così annuii e dissi: «Davide ha ragione. Adoro discutere di libri, soprattutto con qualcuno che apprezza quello che legge.» «Perfetto, mi serve una mezz’ora. Devo indossare qualcosa di più comodo perché questa cravatta mi sta uccidendo.» «Vieni a vedere cosa ti ho preparato per la festa» squittì Ilenia incamminandosi verso le scale. Anche Davide si allontanò perché aveva scorto vicino al buffet un collega di lavoro. Io mi ritrovai sola al centro della sala e mi resi conto all’improvviso che a parte Davide, Ilenia e Michele non conoscevo nessuno lì dentro. Sorrisi un poco incerta a una signora di mezza età che indossava un lungo abito rosso, ma lei mi voltò le spalle come se le avessi appena fatto una proposta indecente. L’inizio della festa non sembrava promettere bene ma non volevo perdermi d’animo. Dovevo solo cercare di essere affascinante e divertente e tutto sarebbe andato per il meglio. Ma chi vuoi prendere in giro? mi sussurrò la solita voce critica nella mia testa, una voce che mi ricordava molto mia madre. Vai a nasconderti in bagno. E’ la tua unica possibilità di non fare il palo tutta la sera. Dopo aver lanciato un altro sguardo semi-disperato alla sala, decisi che forse avrei potuto attendere qualche minuto prima di diventare l’anima della festa, come desiderava Davide. Così, presi il cellulare, uscii in terrazza e andai a sedermi dietro una pianta gigantesca e talmente frondosa che non c’era pericolo di venire scoperta.
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