Romanzo matematico romanzo nella storia della matematica (matematica divertente vol 1)

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Anonimus Matematicus

Romanzo Matematico Romanzo nella storia della matematica


al fuoco dei miei entusiasmi a mio padre

Sommario Conoscenza di un mostro


...prima della preistoria, la matematica degli animali... Il pianeta alfa due ... la preistoria, quando gli uomini non sapevano contare ... La fabbrica dei bambini ...sistemi di numerazione preistorici... Ritorno a casa ...dai numeri concreti ai numeri astratti...misurare col corpo... La città delle mummie ...nella storia...come contavano egiziani e babilonesi... La luna delle femmine ... la geometria ... dalla preistoria allo sviluppo in Egitto ... H3P forbòttag ... la Grecia antica ... Il pianeta delle scimmie ... Pitagora ... Euclide ... nascita della geometria euclidea ... Fuga da alfa due d ... le basi della geometria euclidea ... Video games di ricordi ... il teorema di Pitagora e i numeri irrazionali ... Rotta H3P ... la civiltà ellenistica ... Un bellissimo mostro ... Archimede ... L'inferno dei maschi ...la sezione aurea... i solidi platonici e archimedei... il metodo di Archimede... L'impero degli androidi grigi ... dal sistema di numerazione romano a quello indo-arabico ... La guerra dei due mondi ... la matematica Maya ... Missione genoma ... rinascita della matematica in Europa ...


L'amico ritrovato ... il Rinascimento ... Il mondo dei vecchioni ... sviluppo dell’algebra ... I pirati galattici ... dall’algebra retorica a quella simbolica ... L'ammutinamento ... un matrimonio storico: l’algebra sposa la geometria ... Naufragio temporale ... la scienza del probabile ... Ritorno al Casino ... il calcolo infinitesimale ... Il pianeta dei pensieri viventi ... il secolo della ragione: l’Illuminismo ... Venti di rivoluzione ... la matematica della rivoluzione ... Duello all'ultimo sangue ... il calcolo felicifico ... nascita della Statistica ... L'ultima notte di Galois ... Evaristo Galois: una cometa del firmamento matematico ... l’alba delle geometrie non euclidee ... Fuga dal lager ... la teoria degli insiemi infiniti ... algebra di Boole ... L'ultimo viaggio ... Gauss, re dei matematici ... le geometrie non euclidee ... Il mentecatto errante ... matematica e fisica ... la Relatività di Einstein ... Note Bibliografia INFO


Conoscenza di un mostro ...prima della preistoria, la matematica degli animali...

Marino guardava incredulo. Timore, sorpresa e curiosità erano i sentimenti che si agitavano nel suo petto. Il cuore batteva tumultuosamente, fino a mozzargli il fiato. Una palla infuocata, grande come l'edificio da cui stava osservando, calava nel terreno incolto di casa sua, nella parte pianeggiante e senza alberi. Un lampo aveva colpito gli occhi del giovane, un lampo gelido come il flash di una macchina fotografica. Ora quel bagliore già si era trasformato in un disco di vetro che mostrava tutto il suo interno brulicante di luci e ombre semoventi. Improvvisamente una parete del disco si sciolse, come vetro soffiato e si trasformò in una specie di proboscide che saettò verso lui. In una frazione di secondo si allungò di decine di metri. Lo risucchiò con quel naso spaventoso, così come un elefante avrebbe fatto con una manciata di noccioline, aspirandole dalla mano di un bimbo in visita allo zoo. "Aiuto! Aiuto!" fece appena a tempo a gridare mentre veniva risucchiato dalla finestra cui era affacciato; ma non c'era alcuno che potesse udirlo. Poi un'altra parete del disco si modellò a forma di bocca al cui interno la proboscide depositò il poveretto terrorizzato. "Irt ch mach!" furono i suoni, forse incomprensibili parole, che Marino sentì echeggiare. "No tereme momo!" ripeté la voce. "Non temere uomo!" fu l'esortazione finalmente comprensibile che lo tranquillizzò un poco. Ora Marino si trovava all'interno dell'astronave in una stanza completamente spoglia, senza porte sull'esterno né finestre, prigioniero di due mostriciattoli, l'uno all'altro simile, ma non uguali. Questi due esseri disgustosi stavano urlando e gesticolando tra loro, in un linguaggio incomprensibile. Uno dei due arrivava alla cintola del terrestre e possedeva un vocione baritonale, l'altro era molto più piccolo, con una vocina stridula. Quest'ultimo interruppe bruscamente il diverbio per rivolgersi a Marino. "Scusaci uomo. Abbiamo avuto un accident e a questo se n'è aggiunto un altro. Non volevamo catturarti, né intendiamo tenerti prigioniero. Un errore di manovra ha azionato la proboscide che ti ha risucchiato". Marino era impietrito e muto dalla paura e dalla sorpresa. Guardava i due esseri e cercava di pensare a qualcosa di rassicurante. 'Se mi parlano così - ragionava - significa che non vogliono farmi male'. "Taresso di nuttiamo rofi, di darutiamo..."disse quello più grande. "Metti il commutatore, cretino!” gridò l'altro. "Adesso ti rimettiamo fuori e bye - bye, - riprese a dire il primo - ma non fare parola a nessuno di quest'incontro, altrimenti avremo guai". "I guai li avremo lo stesso e sarebbino peggiori se facciamo come stai dicendo. Dobbiamo mettere in atto la procedura di decontaminazione temporale." "Impiegheremo un sacco di tempo che brucerà quasi tutto quello che abbiamo a disposizione su H3P" si lamentò il più grosso. "Ti serva di lezione. La prossima volta mi darai ascolto, come tutti i gilfi dell'universo".


In quell'istante irruppe un altro mostro, piccolissimo, che con una vocina sottile sottile sibilò: “Procedura d'emergenza, dissolvimento rapido, è in arrivo essere con quoziente d'intelligenza oltre i 7400 microstandard... 1" La frase non era terminata ancora che tutto il mondo sensibile scomparve. Marino non vide altro intorno a sé che grigio informe. Era scomparsa l'astronave, erano scomparsi i tre alieni, non riusciva a distinguere nulla, nemmeno se stesso. Dove erano finite le sue mani, le braccia, le gambe e tutto il suo corpo? 'Sono morto!' pensò con disperazione. 'Non sei morto, sei in zona di temporaneo dissolvimento' lo rassicurò un pensiero non suo. Intorno a lui c'era un silenzio ... tombale. La voce che credeva di avere udito non veniva dall'esterno, ma dal proprio interno, dalla sua scatola cranica, non come un suono, bensì come un pensiero non suo. 'Per rispetto della Legge di non Interferenza - continuò quel pensiero estraneo - dovremo osservare un periodo di dissolvenza totale, che mi auguro sarà brevissimo.' Marino si chiese in cosa consistesse quella dissolvenza. La risposta giunse subito e direttamente nel suo cervello: 'E' un intervallo in cui saremo assenti corporeamente, per non essere individuati dai terrestri e non interferire nel loro sviluppo evolutivo.' 'Io sono un terrestre...io vi ho visto...- pensò Marino - cosa ne sarà di me?'. Gli extraterrestri percepirono il suo pensiero poiché al giovane ne giunse un altro di risposta: 'La situazione è molto delicata. Dovremo escogitare qualcosa, qualcosa ... qualcosa...'. 'Cosa?' chiese con apprensione Marino. 'Forse dovrai venire con noi.' 'Dove?' 'Sul nostro pianeta.' '...per...per sempre?' 'Hai paura? Se tu potessi scegliere tra un'esistenza ordinaria sul tuo pianeta e una vita d'avventura nell'Universo, cosa preferiresti?'. 'Dico che violereste la Legge della non Interferenza se fossi rapito dalla Terra. Ne rimarrebbe traccia. Mio padre e mia madre sarebbero disperati e non po trebbero rassegnarsi facilmente alla scomparsa.' 'La cosa è delicata, molto delicata. Se i gilfi fossero meno presuntuosi!' pensò l'alieno più piccolo. 'Se i darpi fossero meno lagnosi!' fece eco la voce-pensiero che Marino riconobbe in quella del mostro più grande. 'Du sbancio castigo nafari!' sbottò con stizza la voce-pensiero del più piccolo. 'Caracci ni carticoni...' ribatté l'altro. "Fine dell'emergenza di dissolvimento!" gridò con suono stridulo l'ultimo mostriciattolo che era comparso. Istantaneamente il mondo si rimaterializzò. Marino rivide con sollievo le pareti vetrose dell'astronave. Sbirciando all'esterno, notò con piacere che si trovavano ancora sul terreno della sua casa di montagna. I due mostri più piccoli uscirono dalla cabina e Marino rimase in compagnia di quello più grosso. "Come ti chiami?", gli chiese l'alieno. "Marino - rispose. Poi dopo una pausa aggiunse - Tu hai un nome?". "Certo, il mio nome è drtnzx, ma chiamami semplicemente dr." "O.k. dr... ascoltami ... tra poco i miei genitori torneranno. E' meglio che io rientri a casa" disse timidamente Marino. "Non è assolutamente possible. Prima bisogna risolvere il problema creato dal nostro incontro." Marino stette in silenzio, non osava chiedere come l’avrebbero fatto per paura di ricevere una risposta tragica. Lo spirito d'avventura che fino allora aveva creduto di possedere, improvvisamente era scomparso. In quell'istante rientrò nella cabina il secondo dei due alieni che Marino aveva incontrato all'inizio della sua avventura. "E' giunto da PSR l'ordine perentorio di non creare altre innaturali interferenze sul pianeta azzurro e di attendere il momento opportuno per l'inversione temporale, che ristabilisca la situazione di partenza". "La nostra missione fallirà!" protestò dr. "Non è colpa mia caro dr. Forse però il nostro ospite ci potrà aiutare, nell'attesa del momento opportuno dell'inversione temporale."


"In quale modo?" chiese Marino. "Raccontandoci quello che non potremo vedere e scoprire qui sul Pianeta azzurro a causa di questo fastidioso contrattempo". "Dove andremo?" chiese Marino allarmatissimo, con un filo di voce. "Proseguiremo la nostra spedizione, una specie di giro turistico. Un viaggio d'istruzione che quel tale mostriciattolo, mio gilfo, s'è guadagnato con un ottimo profitto a scuola!" rispose l'alieno con intenzioni ironiche. Marino però non fu per nulla tranquillizzato da quel tono scherzoso, pensava che un giro turistico tra le stelle avrebbe richiesto del tempo e non poco. Perciò ribatté: "Quando i miei saranno tornati a casa, se non mi vedranno arrivare entro breve succederà un disastro, altro che non interferenza nelle vicende terrestri!". "E' un guaio! A questo però dovremo pensarci dopo, ora non abbiamo un attimo da perdere - disse concitatamente l'extraterrestre - ognuno prenda la sua posizione per il decollo." In fretta e furia dr fece distendere Marino su una poltrona letto che il terzo alieno aveva introdotto nella cabina mentre si stava svolgendo la precedente conversazione. Il lettino era stato preparato appositamente per il giovane terrestre poiché calzava come un guanto sul suo corpo, avvolgendolo morbidamente. "Durante la prima fase di decollo non si può parlare! O.K. via!". Dopo quelle parole l'astronave si mise in movimento e schizzò ad una velocità incredibile verso l'azzurro del cielo, che ben presto divenne buio come l'Universo. Dopo qualche minuto dr esclamò con allegria: "Siamo in viaggio". "Per dove?" "Sorpresa! Ti divertirai. Nel frattempo raccontami del tuo pianeta, così esotico e così tragico". "Perché tragico?" chiese Marino risentito. "Com'è possibile che tu non lo consideri tale? Sei cieco e sordo per non vedere e sentire le terribili storie che si consumano sul tuo bel pianeta? Povertà e ricchezza si mischiano. A paesi affamati si contrappongono paesi ricchissimi dove i più poveri sono vestiti e nutriti meglio dei più ricchi degli altri paesi. Per non parlare delle guerre che ogni giorno insanguinano punti diversi del globo! E dove non ci sono guerre ci sono violenze d'individui su individui, che spargono altro sangue." "Sul tuo pianeta non è così?" "Vuoi scherzare? E' difficile trovare in tutto l'Universo un corpo celeste rosso di sangue quanto la Terra! Non perché il liquido che chiamate sangue è rosso solo sulla Terra! - aggiunse dr con macabra ironia - Vengono da tutte le galassie per studiarvi! “Non capisco” disse Marino. “Ovunque, negli spazi del primo e del secondo Universo, voi terrestri siete conosciuti come il popolo più selvaggio. Noi di PSR non siamo gli unici ad avere un programma di ricerche scientifiche che riguardano la vostra inciviltà. Tutte le specie cartesiche degli Universi hanno installato una base scientifica d’osservazione qui sulla Terra”. “Cartes... come?” farfugliò Marino. “Cartesiche, in altre parole d'esseri viventi con un livello di raziocinio superiore a 7400 microstandard. Specie che agiscono negli Universi e sugli Universi in forme sociali. Ne hanno inviati molti su questo pianeta, ad osservare i terrestri.” “Quindi le storie degli UFO sono vere !?” esclamò e domandò nello stesso tempo Marino. “Certo - rispose dr - Cercano di non farsi notare per rispetto della Legge di non Interferenza. Però qualche volta capita un incidente, come quello che è successo a noi.” “Mi sembra che succeda abbastanza spesso ... troppo spesso ...” protestò Marino, alludendo al suo caso personale. “Negli ultimi tempi sì. C’è troppo affollamento intorno alla Terra” ammise dr. “Perché?” chiese Marino. “La Terra è come un’isoletta di un piccolo arcipelago, in un oceano immenso - disse dr.- Ogni tanto, molto tempo fa, giungeva una nave solitaria ad esplorare, per curiosità. Prima l’esplorazione durava poco perché ai visitatori si presentava lo spettacolo di tribù selvagge di scarso interesse. Poi si sparse la notizia di un tesoro immenso celato qui su questo pianeta.” “Un tesoro? Che tesoro?” “Confesso di ignorarne la reale natura. Anche per questo mi hanno mandato sulla Terra, per scoprirlo. E come me, vengono da migliaia d'altri pianeti.” “Che cosa cercano?” chiese con insistenza Marino. “Non lo so con sicurezza” disse dr. “Però qualcosa sai...” incalzò il giovane.


“Voci” ammise dr. “Cosa cercano?” “Ti ripeto che non lo so! Lo chiamano il tesoro segreto di h3p.” “H3p?” “Sì, è il nome in codice della Terra” spiegò dr. “Non sai altro?” incalzò Marino. “Dicono che abbia a che fare con la matematica.” “Un tesoro che ha a che fare con la matematica?” “Così dicono.” “Perché vengono a cercarlo sulla Terra?” “Perché riguarda la vostra matematica.” “Vengono da tutto l’Universo per studiare la nostra matematica?” “E’ necessario per scoprire il mistero.” “Dunque i terrestri ne sono al corrente.” commentò Marino. “Pare di no, sebbene riguardi la scoperta di un vostro matematico.” “Siamo tanto bravi?” “Sul mio pianeta ci sono opinioni discordi e in ogni caso molto confuse riguardo alla civiltà terrestre. Molti si chiedono qual è l'effettivo livello d'intelligenza degli uomini. I terrestri appaiono dotati di un discreto quoziente intellettivo, ma gli orribili misfatti del passato e del presente sembrano smentire l'esistenza di una sufficiente capacità raziocinante. Mi hanno mandato per cercare di capire se effettivamente il possesso di capacità logiche orienti positivamente lo sviluppo armonico ed equilibrato e pacifico della civiltà." "Eh, sì..." interloquì con un certo imbarazzo Marino. "Prima però devo individuare le reali capacità matematiche degli uomini. - Prosegui con fervore il mostro. - L'intelligenza è come un diamante con molte sfaccettature. L'intelligenza matematica è una delle facce del diamante e la vostra è una faccia che noi di PSR non conosciamo ancora bene. Devo scoprirla, insieme al segreto dell’eternità. Purtroppo le cose si sono messe male per quanto riguarda la mia ricerca sulla Terra. Tu però potrai aiutarmi." "In quale modo?" "Raccontandomi tutto quello che sai sulla matematica del Pianeta azzurro, durante il nostro viaggio interplanetario." "Devo confessare di non saperne molto, nonostante mio padre insegni questa materia." "Mi accontenterò di quello che mi predicherai, non ho scelta." "Non sono un prete che predica e - disse timidamente Marino, - sono così scarso in questo argomento, che se tu mi chiedessi cos'è la matematica non saprei definirla in poche parole, anzi nemmeno con molte frasi. Devo confessare che della matematica ho un'idea molto generica. So che tratta di numeri, ma anche di linee e di figure; e ho appreso che tra le tante forme d'espressione d'intelligenza è una di quelle che distinguono gli uomini dagli animali." "Tu dici? Qual è la differenza tra l'uomo e la bestia?" "Ci ho pensato qualche volta. Io ho un bel cagnetto, si chiama Snoopy. E’ cresciuto con me, come un fratello muto, ha la mia età, ma è già un vecchietto. Conosco bene il suo carattere, è un curiosone. Ecco, secondo me, la curiosità, anzi, la qualità della curiosità distingue l'uomo dalla bestia.” “Il mio traduttore non è tanto perfezionato da distinguere tra curiosità e qualità della curiosità” osservò dr. “Snoopy è un grandissimo curioso, ficca il naso dappertutto alla ricerca di chissà cosa, - spiegò Marino - ma certamente la sua curiosità non va oltre il proprio naso. L'uomo invece ha curiosità incredibili: l'uomo ha sicuramente curiosità inappagabili. L’uomo si è chiesto e si chiede cosa siano le stelle, come sia fatto l'Universo, cosa sia la vita e la morte. A queste domande riesce spesso a dare risposte, perché ha una fantasia enorme, sconfinata: l'uomo è sicuramente l'essere più fantasioso della Terra...” “... e dell’Universo ... da quel poco che ho rapito...” “Rapito?” “Sì, compreso.” “No, si dice capito. “


“Capito, grazie. Continua, cosa stavi dicendo a proposito dell’intelligenza terrestre? La fantasia è una dote molto interessante.” “Credo che la fantasia sia la molla del progresso umano. A scuola mi hanno raccontato che la matematica è nata dalla fantasia, prima ancora che dalla necessità. La matematica è anche gioco, mistero, magia. I numeri, per fare un esempio, sono i simboli di un gioco con infinite varianti. Il mistero dei numeri è così affascinante che i Pitagorici...” “Chi?” interruppe dr. “Seguaci di Pitagora, un matematico antichissimo, di oltre duemila anni fa. Avevano fatto della matematica una religione. A proposito di magia, lo sai che matematici di tutto rispetto furono famosi astrologhi?” “Sono quelli che studiano le stelle?” chiese dr. “Sì, ma per indovinare il futuro. Quelli cui tu stai forse pensando, gli scienziati, si chiamano astronomi. I primi matematici furono sicuramente astronomi. La matematica però è anche arte, che si scopre in moltissimi capolavori. Davvero si ritrova in tutti i campi dell'attività umana ed è un linguaggio internazionale, compreso dai popoli di tutta la Terra e ... persino dai robot..." "... e dai mostri extraterrestri!" aggiunse dr, con intenzioni autoironiche. "A proposito, come fai a capire e a parlare la mia lingua?" chiese Marino. "Grazie alla matematica, che è alla base del funzionamento del traduttore simultaneo, l'apparecchio che traduce istantaneamente il mio nel tuo linguaggio e viceversa. - rispose l’alieno, che proseguì poi - Dunque solo gli uomini conoscono la matematica? Le piante e gli animali la ignorano completamente?" "Le piante sicuramente sì. Gli animali hanno abilità aritmetiche primitive e limitatissime ed è forse da quelle che si sono sviluppate le conoscenze della matematica dell'uomo." "Quali sono quelle degli animali?" "No, gli animali non hanno conoscenze matematiche, tuttavia possiedono abilità caratteristiche della propria specie. Penso alla perizia geometrica dei ragni nel costruire le tele oppure all'abilità aritmetica di certi uccelli nel percepire e valutare le quantità numeriche." "Cioè, cioè, cioè? - chiese incuriosito dr -Puoi fare un esempio?" "Sì, ti racconterò una storiella divertente, che ho letto in un libro delle vacanze, quelle orribili opere scritte per torturare i ragazzi durante le feste. E’ un'osservazione scientifica di John Lubbock, naturalista inglese. Conosci le cornacchie?" "Sì, sono Corvidi, uccelli caratteristici per il loro lugubre gracchiare" rispose dr come leggendo la definizione di un dizionario. "Esattamente. Proprio perché infastidito dal gracchiare continuo di una cornacchia che si era installata sulla cima di una torretta della sua abitazione, un tizio un giorno decise di sfrattarla. Dal cortile di casa si diresse verso la porta d'accesso alle scale della torretta. La cornacchia intuendo il pericolo, volò via, appollaiandosi su un albero vicino; poi, appena vide l'uomo ritornare sui propri passi, rivolò alla sua vecchia dimora in cima alla torretta. La cosa si ripeté più di una volta: quando il padrone varcava la soglia della porta d'accesso alla torretta, la cornacchia volava via e appena egli ne usciva essa ritornava in cima alla torre. Allora l'uomo mise in atto uno stratagemma. Si fece accompagnare da un amico ed insieme a lui entrò nella torretta. Naturalmente l'uccello volò via per non farsi mettere nel sacco. L'uomo allora ordinò all'amico di uscire dalla torre e farsi vedere dalla cornacchia mentre lui rimaneva nascosto ad aspettarla. Era sicuro che in questo modo l'avrebbe ingannata. Pensava, infatti, che il corvo, vedendo uscire una persona, sarebbe ritornato tranquillamente alla torretta." "Non fu così?" "Non fu così. Solo quando anch'egli decise di abbandonare la torretta, l'uccello volò verso il suo rifugio con un gracchiare che sembrava un grido di sfida. Tuttavia il padrone di casa non si diede per vinto e ritentò lo stratagemma con due amici. I tre uomini entrarono nella torretta, naturalmente la cornacchia volò via, poi due di loro uscirono mentre il terzo rimase ad aspettare al varco l'uccello. Fu un'attesa inutile perché la cornacchia rientrò solo dopo che anche l’ultimo uomo ebbe abbandonato la torretta." "Vuol dire che la cornacchia aveva percepito che erano usciti due uomini e che il terzo era rimasto dentro." "Proprio così. Ormai si trattava di una sfida tra l'uomo e la cornacchia e naturalmente l'uomo non intendeva cedere. Perciò ci provarono con una persona in più: entrarono quattro e ne uscirono tre lasciando il quarto ad aspettare il pennuto. Ancora una volta non riuscirono ad ingannarlo." "Significa che la cornacchia aveva saputo distinguere un gruppo di quattro da uno di tre uomini." "Sì, e questa è sicuramente un'abilità aritmetica." "Come finì la sfida?" "Entrarono in cinque nella torretta, ovviamente la cornacchia volò via, poi quattro uscirono e il quinto rimase in agguato. A quel punto l'uccello non seppe più tenere il conto, non essendo in grado di distinguere quattro uomini da cinque. Ritornò dunque alla torretta e fu catturata." "E' una storia interessante e triste. Povera cornacchia. - disse dr - Deduco che ci sono animali che sanno distinguere le quantità, seppure limitate." "Sì, evidentemente la cornacchia sa riconoscere quantità fino ad un massimo di quattro elementi. E' in grado di distinguere 1 uomo da 2 uomini, 2 da 3 e anche 3 da 4, ma non 4 da 5 uomini."


"La capacità del corvo di valutare quante persone appartengono ad un gruppo è frutto di un ragionamento?" "Probabilmente non è la conseguenza di un ragionamento, ma è una percezione sensoriale. Anche noi uomini abbiamo la stessa percezione sensoriale quando a colpo d'occhio, senza contare, sappiamo dire quanti elementi sono contenuti in un piccolo gruppo." "Si può affermare che la cornacchia sa distinguere alcune quantità?" "Certo" rispose Marino. "E si può sostenere che sappia contare?" "No, il contare fa parte della storia dell'uomo perché è il risultato di un ragionamento, non di una percezione sensoriale." "Tu possiedi la stessa facoltà della cornacchia? Sai valutare le quantità a colpo d'occhio, senza contare?" chiese dr. "Sì." "Pensi di sapere distinguere a colpo d'occhio, senza contare, uno stormo di dieci uccelli da uno d'undici?" "No. Anche noi uomini abbiamo dei limiti, come la cornacchia. Sappiamo valutare a colpo d’occhio gli oggetti contenuti in un piccolo gruppo di soli quattro o cinque elementi, se sono disposti disordinatamente. In genere per quantità superiori al quattro è necessario contare gli elementi. Di sicuro è proprio da quest'abilità primordiale che l'uomo primitivo ha iniziato la sua carriera di matematico."

"Pronti per la manovra di rientro gravitazionale" fu l'avvertimento gracchiato da un altoparlante con voce acuta di qualche mostriciattolo abitante l'astronave. "Il nostro simpatico ospite terrestre - continuò a vibrare l'altoparlante - faccia attenzione che ora la sua forza peso è di 350 kg alla gravità locale! Non faccia sforzi superflui! Buon soggiorno."

Il pianeta alfa due ... la preistoria, quando gli uomini non sapevano contare ...

"Ecco, siamo su alfa due ci. Prepariamoci alla nostra visita turistica, visita turistica, visita turistica..." disse dr inceppandosi come un vecchio grammofono. Riprese subito dopo rivolgendosi a Marino: “Sediamoci su queste due comode poltrone." Nelle intenzioni di dr la frase era una battuta di spirito, giacché l'alieno non possedeva un normale sedere che gli permettesse di stare normalmente seduto. "Premi il pulsante rosso" aggiunse dopo che entrambi si erano sistemati. Immediatamente le poltrone si sollevarono, spinte da una specie di pistone flessibile, proiettando i due verso la parete dell'astronave. Marino, spaventato, temendo di essere spiaccicato, tentò istintivamente di proteggersi portando il braccio davanti al viso; precauzione inutile perché nello stesso istante nella parete si aprì un varco, come per effetto di liquefazione del materiale che la costituiva. Si trovarono all'esterno, ondeggianti e sospesi nel vuoto a circa 30 metri dal suolo, per fortuna ancorati alle loro piattaforme da provvidenziali cinture di sicurezza. Il cielo aveva un colore azzurro intenso, bellissimo, come quelli terrestri quando sono belli, di quelli cui Marino era poco abituato poiché risiedeva abitualmente in una grande città. L'aria fresca era mossa da una leggera brezza. I loro piedi, per la precisione quelli di Marino e qualcuna delle numerose articolazioni di dr, penzolavano sopra una verde e lussureggiante foresta. "Dove siamo? - chiese Marino mettendo nella sua voce una punta d'ironia.- In Amazzonia?" "No, siamo su alfa due ci, un mega satellite d'alfa due, pianeta della costellazione del Tritone. E' in tutto e per tutto simile alla Terra, tranne che per il fatto che possiede quattro grandi lune, invece che una sola, che riproducono le stesse situazioni climatiche del tuo pianeta. La composizione dell'atmosfera è come quella della Terra, infatti, puoi respirarla tranquillamente, senza la necessità di usare bombole d'ossigeno. Ci sono piante e animali molto simili a quelli che vivono sul Pianeta azzurro."


"Ci sono esseri intelligenti?" chiese Marino. "Certo, sono tutti intelligenti. Noi riteniamo che tutti gli esseri viventi lo siano, gli animali e anche le piante." "Qui ci sono piante intelligenti?" chiese Marino con stupore. "Sì, piante molto intelligenti, più di quelle che vivono sulla Terra". "Sulla Terra non esistono piante intelligenti". "Noi siamo convinti che tutte lo siano, per il semplice fatto che reagiscono agli stimoli dell'ambiente." "Una margherita è intelligente?" "Sì perché si piega verso la luce, quando proviene da un’unica direzione. Questo per noi è sufficiente per classificarla intelligente, certamente non tanto quanto un ragno, che sa fare ben altre cose che la margherita." "Quando ti ho chiesto se qui ci sono esseri intelligenti, intendevo dire intelligenti quanto l'uomo". "Sì, ci sono esseri con quoziente d'intelligenza superiore a 7400 microstandard, quello che noi fissiamo come limite inferiore per l'attività raziocinante". "Come si chiamano?" "Chiamiamoli pure umanoidi d'alfa due ci giacché sono simili anche fisicamente a voi ... veramente mostruosi! Hanno quattro arti, due li usano per muoversi, quelle poche volte che lo fanno ancora, e due per manipolare gli oggetti; le due coppie d'arti sono collegate da un tronco, sopra il tronco, dalla parte degli arti per maneggiare le cose, c'è una specie di palla, come quella che voi portate sulle spalle. Alcuni poi nel tronco possiedono due grosse protuberanze che sono decisamente orribili da vedere ... per noi ... ma loro si piacciono così, per loro fortuna!" "Mi piacerebbe vederne uno." "Basta che tu ti guardi allo specchio! - disse dr emettendo delle urla strazianti che probabilmente erano il suo modo di ridere - Certamente ne vedrai, interessano anche a me". Durante questo dialogo, le due proboscidi meccaniche avevano deposto delicatamente Marino e dr sulla superficie del mega satellite che si presentava proprio come quella terrestre. I due avevano lasciato le poltrone, i cui bracci semoventi si erano ritirati sparendo all'interno dell'astronave. Si trovavano ora in un fitto bosco e tutt'intorno non si scorgeva alcun segno d'umanoidi. "Dobbiamo andare in quella direzione" disse dr indicandola con una delle sue propaggini, ma proprio da quella direzione sbucò, da dietro un albero, un essere in tutto simile ad un lupo terrestre. Quest'animale, ringhiando e digrignando i denti si slanciò verso i due e Marino non ebbe alcun'incertezza riguardo alle sue intenzioni: erano su un altro corpo celeste, ma i segnali della bestia non lasciavano dubbi. Il ragazzo non si pose molti interrogativi, prese a correre forsennatamente sperando che nel frattempo dr avrebbe abbattuto l'essere. Invece quella specie di lupo passò vicino a dr ignorandolo e l'alieno non fece nulla per fermarlo. La belva aveva un'agilità eccezionale, Marino invece arrancava molto faticosamente a causa del peso enorme del suo corpo. Stava vivendo uno di quegli incubi terribili in cui, per sfuggire ad un pericolo, si corre disperatamente senza riuscire a spostarsi di un solo millimetro. Il lupoide in un attimo fu alle sue calcagna. Per colmo di disgrazia Marino incespicò ruzzolando rovinosamente tra il fogliame sparso sul terreno. La paura moltiplicò la sua agilità. Infatti, non aveva ancora finito di rotolare che già si era messo in piedi. In quel preciso istante il lupoide gli addentò un polpaccio, imbrattandosi il muso di sangue. L'odore e il calore del sangue lo sorpresero e lo fecero arrestare momentaneamente, quel tanto che consentì al terrestre di arrampicarsi su un alberello dove contava di sfuggire al predatore. La fatica e la paura gli sconquassavano il cuore, mozzandogli il respiro. Voleva gridare qualcosa a dr, ma non aveva fiato sufficiente. "Fai qualcosa dr" riuscì finalmente a gridare "Ammazzalo!" "Non posso." "Perché?" chiese con angoscia Marino. "Violerei gravemente la Legge della non interferenza". Il lupoide era sotto l'alberello e sembrava fortemente intenzionato a proseguire il suo attacco. "Quest'animale vuol farmi fuori, è lui che viola la legge". "Sei stato tu a interferire!" fu la serafica risposta di dr. "Sei stato tu a portarmi su questo pianeta, se mi ammazza è colpa tua. Fai qualcosa." Intanto il dolore della ferita aumentava e il sangue colava lungo la gamba. "Aiutami!" urlò il giovane terrestre. Marino ebbe modo di verificare che quanto l’alieno gli aveva raccontato a proposito dell’intelligenza delle piante di quel pianeta era vero. La constatazione lo riempì di gioia. Infatti l’alberello fece fiondare il ramo su cui era aggrappato lanciandolo nel cielo, sopra le chiome degli alberi. La sua felicità si smorzò nel momento della ricaduta. Fortunatamente si riaccese subito vedendo calare dal cielo la proboscide, la stessa che l'aveva rapito sulla Terra, per esserne risucchiato. Stessa sorte fu


riservata a dr, che fu prelevato direttamente dal suolo, così entrambi si ritrovarono salvi nell'astronave. Marino però non era molto sano, perdeva copiosamente sangue dalla ferita e temeva di essere stato infettato. Si mise in moto il servizio sanitario di bordo. In pochi minuti la sua ferita fu medicata, vennero fatti gli accertamenti clinici per stabilire se ci fosse stata contaminazione virale. Gli esiti esclusero l’ipotesi, tuttavia il terrestre fu trasferito in una sala di decontaminazione dove sarebbe rimasto tutta la notte. Anche su quel satellite si alternavano i giorni e le notti, con periodi simili a quelli sulla Terra. "E' andata bene!" gli disse dr parlandogli attraverso la parete che divideva la sala di decontaminazione dalla saletta in cui si trovava l'alieno. "Non grazie a te" gli rimproverò Marino. "Scusami Marino, sai io non sono molto esperto e nelle situazioni d'emergenza mi perdo perché sono ancora giovane." "Sei un ragazzo?" "Sì, in un certo senso." "Non l'avrei detto, considerando il tuo aspetto. Sei più grosso degli altri due e hai una voce baritonale..." "Già, sul mio pianeta si nasce grandi e si diventa piccoli... così dicono.” “Da dove vieni?” chiese Marino. “Vengo da PSR1913+16, conosciuto come il pianeta che non c’è...” rispose dr. “Perché mai lo chiamano così?” chiese Marino. “Perché non esiste” rispose semplicemente dr. “Tu esisti...” disse Marino. “Esistono i suoi abitanti, ma non il pianeta”. Marino rimase pensieroso. Prima che il terrestre potesse chiedere altre spiegazioni dr continuò: ” Nonostante il mio aspetto sono ancora, come voi dite, un ragazzo, uno studente che sta facendo questo viaggio per imparare dal vivo le cose. A proposito, se a te non ti dispiace, a me mi piacerebbe che tu continuassi il racconto che avevi incominciato durante il viaggio di trasferimento su quest'asteroide." "Dr, fai riparare il tuo traduttore simultaneo perché non si dice a me mi" ironizzò Marino. "O.k., ma continua la tua storia, ti prego." “Sì, lo farò ... anzi lo farei volentieri, ma non credo di esserne capace.” “Perché?” chiese dr. “Perché non ricordo bene tutto quello che mi hanno insegnato”. “Non ricordi esattamente ciò che hai udito, letto e vissuto?” “Ricordo qualcosa, non tutto.” “Perché?” insistette l’alieno. “Sono cose difficili da ricordare ... e non riesco a dirle ... faccio confusione...” “Facili o difficili che siano, sono solo suoni e immagini” rispose con un gracchiare mostruoso che lasciava intuire incredulità. “Cosa t'impedisce di riordinarli? continuò dr - Ti manca l’energia necessaria?” Non aspettò che Marino rispondesse. “Non dovrei farlo - gracchiò parlando a se stesso - ma sono sicuro che non c’è pericolo. Alla malora le stupide regole dei darpi!” Così dicendo penetrò nella zona d’isolamento e avvolse il cranio di Marino tra le sue propaggini. Nel giro di pochi istanti Marino percepì una straordinaria lucidità mentale. Il suo cervello diventò leggero come un alito di vento, la mente si dilatò in spazi tersi e sconfinati. Rivide le sue esperienze, non come ricordi confusi, bensì come avvenimenti di quel preciso momento. Fu in grado di rivedere con assoluta precisione persone e cose che nemmeno sapeva di conoscere. Arrossì nel percepire le umide labbra di Silvia mentre si abbracciavano nella cabina sulla spiaggia del Cinquale. Con quel viaggio psichedelico a ritroso nel tempo giunse nelle tiepide acque materne e chissà dove sarebbe arrivato, se dr non l’avesse richiamato al presente. “Ti sembra di ricordare meglio?” chiese l’amico. “Ricordare? E’ inesatto dire che sto ricordando - rispose Marino - in verità sto vivendo una realtà virtuale. Tutte le migliaia e migliaia di frasi che ho udito e pronunciato sono qui, in fila, pronte ad uscire.” “Bene - disse dr con impazienza - allora continua il tuo racconto.”


"Avevo narrato la storia della cornacchia matematica, ricordi?" "Certo!" "Bene, allora ricordi sicuramente che con il numero cinque la cornacchia andò in confusione e forse fu proprio da quel numero che l' uomo primitivo iniziò la carriera di matematico." "Gli uomini hanno incominciato a contare prima o dopo avere iniziato a scrivere?" "Forse hanno imparato a contare prima di sapere scrivere. Avvenne circa 300.000 anni fa 1, quando ancora l'uomo non sapeva lavorare i metalli e non aveva inventato la ruota". "Quali furono i primi strumenti per contare e per registrare i conteggi?" "L'uomo contò le sue bestie, gli oggetti e gli utensili che gli appartenevano usando dei sassolini e registrò i conteggi incidendo delle tacche sulle pareti delle caverne o su tronchi o su ossa d'animali." "Da ciò posso supporre che la matematica sia nata da un'esigenza utilitaristica" osservò dr. "Niente affatto, alcuni esperti di queste cose pensano che l'invenzione della matematica non sia frutto di necessità pratiche. Anzi, ritengono che i numeri e le prime figure geometriche siano stati creati per soddisfare esigenze magiche ed estetiche. In altre parole, pensano che i numeri siano nati insieme a certi riti religiosi primitivi e che la geometria provenga dalla ricerca di forme belle e piacevoli. Solo in seguito, l'utilità sarebbe servita da stimolo allo sviluppo della scienza dei numeri e delle figure. Nell'uomo è istintivo il desiderio di fissare in qualche modo i pensieri, i sentimenti, le immagini delle cose e degli animali che hanno colpito la sua fantasia o che l'hanno impaurito oppure che non è riuscito a comprendere. Insomma gli uomini tendono a riprodurre tutto ciò che per loro è misterioso e magico. E' tipico dell'uomo il desiderio di rappresentare la realtà. Ecco la ragione fondamentale che ha indotto il primitivo ad incidere i propri pensieri - sotto forma d'immagini - sulla sabbia, sull'argilla, sulle pareti delle caverne oppure nel legno o sulle ossa degli animali." "Come si può supporre e dimostrare quello che stai dicendo?" "Per capire il modo di vivere dei popoli preistorici, gli esperti interpretano gli oggetti e le raffigurazioni lasciati nelle abitazioni e nelle tombe. Naturalmente tutto quello che è stato inciso su materiali poco resistenti è andato perduto. Invece ciò che ha resistito all'usura del tempo ed è stato ritrovato, testimonia oggi le abitudini, le usanze e la cultura degli antichissimi popoli da cui discende l'uomo contemporaneo. Gli archeologi vanno a scavare in quei territori nei quali sospettano l'esistenza d'antichi insediamenti umani. Con tecniche raffinate, oltre a mettere in luce le antiche testimonianze, cercano di datarle, cioè di stabilire in quale epoca furono utilizzate. Ad esempio nell'ex Cecoslovacchia, non ricordo più se nella Repubblica Ceca o in Slovacchia, hanno trovato un osso di lupo con ben cinquantacinque intaccature, distribuite in gruppi di cinque tacche. Quest'osso ci dice molte cose. Un esame speciale, chiamato del carbonio quattordici, ha permesso di stabilire che esso risale a circa 30.000 anni or sono. Ciò consente di affermare, fino a prova contraria, che il contare è un'attività che ha preceduto la scrittura del linguaggio la cui nascita, secondo altre testimonianze archeologiche, è fatta risalire intorno al 3500 a. C. 2 Quest'osso ci dice inoltre che l'uomo che lo incise preferiva raggruppare le tacche in gruppi di cinque, come le dita della mano. Questo fatto è un indizio dell'uso di un sistema di numerazione, detto pentenario, diverso da quello che usiamo oggi, chiamato decimale, che è nato servendosi di tutte le dieci dita delle due mani." "Non deve essere facile ricostruire la nascita della matematica da reperti archeologici preistorici come quell'osso". "Certamente no, ma esistono anche altre strade, infatti la preistoria non è un periodo di tempo uguale per tutti i popoli: per alcuni è terminata molti millenni or sono, per altri invece non è ancora finita. Succede ad esempio in Australia o in alcune foreste del bacino del Rio delle Amazzoni, dove gli aborigeni - pochissimi ormai e ancora per poco - non hanno ancora una coscienza storica di sé". "Come mai esistono popolazioni ancora così primitive? Puoi spiegarti più meglio?" chiese dr. "Insisto, fai tarare il traduttore!” esclamò sorridendo Marino per poi proseguire la spiegazione. “Sono popolazioni rimaste isolate dal resto del mondo, che per motivi diversi non hanno sviluppato una propria linea evolutiva; forse perché nell'ambiente in cui vivono hanno trovato il giusto equilibrio tra le loro esigenze di sopravvivenza e di benessere e le risorse naturali. Lo studio della matematica di queste popolazioni primitive ci permette di capire meglio com'è nata e si è sviluppata quella nostra. All'uomo preistorico si presentarono due diverse necessità: contare gli oggetti, ad esempio i capi di bestiame, e misurare le lunghezze e le superfici. La prima necessità stimolò lo sviluppo dell’aritmetica, mentre la seconda fece crescere un altro ramo della matematica chiamato geometria." "Parlami dell'artimetrica." "L'a-rit-me-ti-ca è nata con l'invenzione dei numeri, una delle più grandi conquiste dell'umanità.” “Invenzione o scoperta?” chiese dr. “Sembra del tutto naturale associare ad alcuni oggetti un numero per indicarne la quantità; in realtà questa naturalezza è falsa e illusoria. I numeri sono stati inventati, non scoperti, perché in natura non esistono. La loro invenzione dà la misura della grande genialità della mente umana - scusa l’immodestia - che ha saputo creare un mondo inesistente, quello dei numeri, che si è poi rivelato utilissimo a rappresentare il mondo sensibile. Qui si potrebbe iniziare un lungo discorso filosofico..." "Cosa significa filosofico?" interruppe dr. "La filosofia è quella disciplina che si propone di conoscere l'essenza dell'Universo e di interpretarla. Non è un caso che i primi matematici furono anche filosofi. Ma questo succedeva molti millenni dopo. Ora invece voglio continuare a descriverti quello che fa parte della preistoria, che non ha riscontro in documenti scritti, ma che si può ipotizzare per analogia con situazioni attuali, come i metodi di conteggio delle tribù dei selvaggi contemporanei, o per deduzione dai reperti archeologici, come l'osso di cui ti ho parlato prima." "Ti ascolto con molto interesse" disse dr per incoraggiare Marino a proseguire.


"Probabilmente le prime capacità matematiche dell'uomo primitivo erano limitatissime. Non sapeva contare, però possedeva, come la cornacchia, l'abilità di valutare grossolanamente piccole quantità a colpo d'occhio. Osservando il suo piccolo gregge, il pastore primordiale era in grado di accorgersi della scomparsa di una pecora valutando a colpo d'occhio. Tuttavia poteva capitargli di non accorgersi della perdita di qualche capo, se il gregge era composto di più di quattro o cinque pecore. Col tempo però uno di quei pastori primitivi maturò un'idea geniale. Per accertarsi di non avere smarrito pecore, egli le chiamava per nome mentre rientravano nell’ovile: ‘Ecco la magra, ecco la zoppa, ecco la grassa...'. Aveva inventato un metodo di valutazione che possiamo chiamare del nominare." "Il nominare è un metodo di conteggio?" chiese dr. "Il nominare può essere considerato un modo di contare primitivo e concreto, ma ancora non è un metodo matematico di conteggio." "Perché?" "Prima di tutto perché, usando questo metodo, il pastore non poteva determinare il numero delle pecore che possedeva e non sarebbe riuscito a confrontare l'entità del suo gregge con quella del vicino. In secondo luogo non è un metodo astratto". "Devi spiegarmi cosa significa astratto". "Astratto è il contrario di concreto. Quando un pastore oggi conta le sue pecore, pensa: “Ecco la pecora numero uno, ecco la numero due, ecco la numero tre ..." e non guarda se essa è la zoppa o la magra; egli sa che il nostro modo di contare dà lo stesso risultato qualunque sia l'ordine in cui le pecore rientrano nell'ovile. Per questo diciamo che i numeri uno, due, eccetera, sono concetti astratti, cioè sono nomi che si adattano a cose diverse." "Dunque il nominare non è un metodo matematico di conteggio, - riassunse dr - ma è comunque un procedimento di valutazione più sicuro di quello acolpo d'occhio". "Certo, - rispose Marino - però anche questo metodo fu insufficiente col passare degli anni e con il progredire dell'organizzazione della comunità umana. Con greggi molto numerosi, costituiti da decine di capi, è impossibile ricordare i nomi di tutti gli animali. Allora fu inventato un metodo, per quei tempi certamente rivoluzionario ..." Le parole di Marino furono interrotte da un ordine cortese, ma perentorio diramato dagli altoparlanti della sala di decontaminazione e del parlatorio dove dr si affrettò a ritornare: "Ragazzi, è ora di andare a dormire. Tu Marino puoi coricarti sul lettino che ti abbiamo approntato nella sala. Dr invece vada ad infilare la sua coda nella giusta presa di rigenerazione. Buona notte." I due giovani non si fecero pregare, erano stanchissimi dopo l'avventura che avevano vissuto quel giorno. Si spensero le luci e sarebbero piombati nel buio più assoluto se non fosse stato per la fluorescenza emanata dal corpo dell'alieno in fase di rigenerazione. Il mattino successivo Marino si svegliò pimpante, ma il suo brio fu raggelato alla vista di se stesso in un monitor che funzionava come specchio. Con terrore si rese conto che la sua pelle aveva cambiato colore: era diventata un mosaico a strisce rosse e blu.

La fabbrica dei bambini ...sistemi di numerazione preistorici...

"Aiuto!- gridò disperatamente Marino - Dr guardami! Sono diventato un mostro. Guarda la mia pelle" L’amico alieno accorse. "Calmati Marino, - disse - non agitarti, chiamo subito il responsabile del servizio sanitario". Detto ciò emise un sibilo acuto, metallico come lo stridore di un microfono. Dopo pochi istanti comparve il piccolo alieno che aveva medicato Marino la sera precedente. "Tutto a posto" disse dopo un rapido esame della pelle del giovane terrestre "Il reattivo inoculato nelle vene ha reagito e indica che non c'è stata contaminazione virale" "Bene, disse con sollievo Marino, quanto tempo ci vorrà perché torni come prima?" "Non so, ammesso che la tua pelle riprenda il colore normale" rispose con indifferenza il piccolo alieno.


"Come! C’è il rischio che rimanga così?" chiese con apprensione il terrestre. "Hai qualche problema?" disse dr agitando tutte le sue propaggini - un modo di quegli alieni per esprimere ilarità - "Sei bellissimo! - proseguì - Sembra un tatuaggio ... che non ti è costato nulla!" "Io ..." La risposta di Marino fu interrotta da una voce proveniente dalla radio di bordo: "Attenzione, tra poco dopo l’atterraggio verrà attuata la procedura di dissolvimento. Durerà 58 minuti. Il rientro dovrà essere effettuato entro quel tempo." Marino si informò: “Cos’è la procedura di dissolvimento?” “L’astronave diventerà totalmente trasparente e invisibile, non ricordi? - rispose dr e proseguì - Oggi speriamo di essere più fortunati. Ci lasceranno nel parco di un istituto dove nascono gli umanoidi di questo pianeta. Dobbiamo assolutamente evitare di essere riconosciuti." "Come?" "Per te non sarà difficile, gli assomigli molto" "Anche così colorato?" "Sì, non ti preoccupare, ne vedrai di tutti i colori!" "E tu come farai a non farti riconoscere?" "Mi porterai in braccio, come se fossi una pianta. Sul tuo pianeta una volta mi hanno scambiato per una specie di ficus!" Marino rise e disse: "O.k., andiamo" Subito dopo l’atterraggio i due uscirono dall'astronave e si trovarono in bellissimo parco. "Mi auguro non ci siano lupoidi qui in giro!" disse Marino tra il serio e il divertito. "Stai tranquillo. Entriamo il quell'edificio là in fondo" Marino prese in braccio dr. "Che strano - esclamò sollevandolo.- sei leggerissimo" "Certo, rispose dr, l'intelligenza non pesa!" Avvicinandosi all'edificio incrociarono diversi umanoidi che, fortunatamente, non mostrarono particolare interesse per loro, anzi sembravano del tutto indifferenti. Entrarono nel palazzo. "Dove andiamo?" "Aspetta, tira fuori il mio traduttore simultaneo" Marino estrasse da un sacchetto appeso ad una propaggine di dr un apparecchietto, che assomigliava al telecomando di una tv. "Puntalo verso quel tabellone e premi il pulsante verde" Marino fece come gli era stato detto e automaticamente sul visore dell'apparecchio comparve la traduzione:

Piano 4°

CONSULTAZIONE CATALOGHI Reparto procreazione:

Privacy per singles Privacy per coppie Privacy multiple Piano 3°

PRODUZIONE EMBRIONI

Piano 2°

GESTAZIONI SPECIALI

Piano 1°

PARTO


Piano terreno ACCETTAZIONE

"Andiamo al quarto piano" suggerì dr Il via vai era notevole, ma nessuno fece caso ai due extra planetari anche perché sarebbe stato veramente difficile capire che Marino non apparteneva alla loro specie. Quegli umanoidi erano infatti decisamente variopinti e differenziati: il colore della loro pelle variava dal bianco latteo al nero bluastro attraverso innumerevoli sfumature, molti l’avevano a chiazze, di colori diversi. I più erano di statura elevata in confronto a Marino, i capelli erano di tutti i colori o quasi e non c'era uno di loro che vestisse come un altro, non pareva esistesse una moda perché l'abbigliamento era estremamente eterogeneo. Indossavano pantaloni, lunghi e corti, bermuda, slip, gonne di tutte le misure, camicette, bluse, maglioncini, mantelle, tuniche e così via, con una varietà impressionante. Giunsero al quarto piano e si diressero al reparto procreazione. L'unica stanza in cui poterono entrare indisturbati recava l'indicazione DEFINIZIONE CARATTERI . Un monitor invitava chi entrava ad inserire il proprio nome in lista d'attesa e ad attendere la chiamata del funzionario. Marino finse di inserire il proprio nome. Poi si sedette su un divanetto con dr in braccio osservando il movimento dei presenti. Il divanetto era vicinissimo a una scrivania a cui si avvicendavano a turno, dopo essere stati chiamati, coloro che si erano messi in lista d'attesa. La vicinanza permetteva ai due alieni di ascoltare quello che veniva detto e Marino poteva capire il senso delle frasi grazie ad un auricolare collegato con il traduttore universale di dr. Ad un certo momento il funzionario invitò una nuova coppia a sedersi alla scrivania. "Bene signori, avete concordato i caratteri?" chiese in modo abbastanza distaccato e burocratico. "Sì" rispose uno dei due umanoidi "Bene, allora ditemi - prese un modulo e una penna dando luogo alla compilazione - sesso?" "Femminile ... visto che sono più intelligenti ..." rispose l'umanoide che già aveva risposto prima. "Lasciamo perdere i commenti. - borbottò il funzionario - Colore della pelle?" "Nero-bruno" "Come? Datemi il numero di codice" "Bruno 24" "Occhi?" "Azzurro 12" "Colore dei capelli?" "Biondo platino" Il funzionario alzò gli occhi dal foglio con espressione che faceva capire che non condivideva la scelta e ripeté: "Biondo platino. - poi continuò - Tipo di capello?" "Riccio" "Statura?" "2.50" Il funzionario quasi sobbalzò. "Non si può - disse. - La legge non permette di generare figli così alti. Il limite è 2.30, statura rilevabile in natura, seppure raramente. La legge non permette di uscire dai parametri osservati in natura. Oltre a tutto non sarebbe tecnicamente possibile in una procreazione di routine. Bisognerebbe creare una mutazione artificiale e questo non è consentito." "A noi piacerebbe che nostra figlia fosse molto alta ... per tradizione familiare..." "Certo, ma dovete tenere presente che l'essere troppo alti comporta anche degli svantaggi. In ogni caso non possiamo superare 2.30, anzi non posso nemmeno garantire che raggiungerà quest'altezza, potrebbe fermarsi 2 o 3 punti meno." "Scusi - intervenne l'umanoide che non aveva parlato fino ad allora - Non ci ha chiesto nulla riguardo il taglio degli occhi.”


“Perché, come li vorreste?” chiese seccato il funzionario. “A mandorla.” rispose timidamente l’umanoide. "Non è possibile, non è compatibile con le altre caratteristiche che avete scelto" "Vedi? - intervenne l'altro - L'avevo detto che non sarebbe stato possibile." "Nemmeno spendendo un po' di più?" insistette gentilmente l'altro futuro genitore. "No, - rispose senza garbo il funzionario - questa bimba vi costerà comunque molto perché le varietà che avete scelto non sono di routine. Bisognerà selezionare i geni uno ad uno perché di cromosomi assemblati così non se ne trova neanche uno su un milione. A proposito di cromosomi, i geni li selezioniamo dai vostri o utilizziamo quelli della banca dei gameti?" "Ci piacerebbe usare i nostri, è un'antica tradizione che sarebbe bello poter conservare." "O.k. allora dopo dovrete andare alla Privacy per coppie - stanza 7 - per gli esami preliminari del caso. Ora dobbiamo completare il capitolato dei caratteri fisici e passare poi a quelli relativi all'indole." Un trillo proveniente dalla sacchetta di dr fece sobbalzare Marino. Con quel trillo dall'astronave avvertivano che era ora di ritornare alla base. Marino si alzò con dr in braccio, dirigendosi verso l'uscita, guardò l'orologio, erano passati 55 minuti, ne rimanevano pochissimi per raggiungere l'astronave. Per colmo, Marino venne fermato sulla porta da un addetto che gli chiedeva il motivo per cui stava lasciando la sala senza essere passato dal funzionario. Marino fece una smorfia e si mise una mano sulla pancia. L'addetto sorrise, evidentemente anche quegli umanoidi qualche volta avevano problemi intestinali. Si allontanò, chiamò l'ascensore e l'attese qualche secondo, ma poi spazientito scese le scale di corsa. "Piano Marino", - protestò dr. "Mancano meno di due minuti!" fu la risposta allarmata del ragazzo. "Non facciamoci notare" ribatté dr. "Stai zitto se non vuoi che ti lasci in una di quelle fioriere" Erano giunti nell'atrio. Marino si impose un atteggiamento calmo, varcò la soglia, prese il sentiero del parco da cui erano arrivati e dopo pochi metri riprese a correre. Scoccava il cinquantottesimo minuto quando raggiunse il punto d'incontro prestabilito, nell’istante in cui scattava la schermatura che gli consentiva di unirsi indisturbati all'astronave. "Ora via di corsa verso il pianeta azzurro" disse dr "Dici sul serio? Torno a casa?" "Certo, a patto che durante il viaggio tu continui a raccontare la tua storia.” “E’ così importante?” chiese Marino. “Sì, lo è. Ti ho già detto che lo scopo del mio viaggio è di conoscere la vostra matematica.” Se dr fosse stato un terrestre, si sarebbe potuto dire che aveva risposto tra i denti. Ciò dimostrava che l’alieno stava imparando a esprimersi con l’accento oltre che con le parole. “Perché proprio la matematica, più che l’arte, la filosofia e tutto il resto?” “Te lo spiego con una frase che ho letto su uno dei vostri libri: «Se si dicesse, invece di opinione scientifica, concetto della vita; invece di ipotesi, tentativo, e invece di verità, azione, l’opera di ogni buon fisico o matematico sopravanzerebbe di molto, per coraggio e forza rivoluzionaria, i più grandi fatti della storia.»” 1 Il ragazzo fece cenno d’assenso con il capo, tuttavia non sembrava molto propenso a parlare. Dr lo sollecitò: “Forza Marino. Poi, se ti interessa, ti racconterò qualcosa del mio pianeta” “Sì, voglio sapere perché è il pianeta che non c’è.” disse Marino invogliato dalla promessa. Allora dr gli ricordò a che punto era stato interrotto il racconto: “Ti eri fermato all’inizio della descrizione del metodo per contare che fu inventato dopo quello del nominare." “Sì, ricordo - disse Marino - Però senza il tuo aiuto non posso continuare.” Dr capì e avvolse il cranio di Marino tra le sue propaggini, come aveva fatto il giorno precedente. “Così va bene. Ora non ci sono più problemi di memoria, - disse il terrestre - ricordo, avevo detto che il nominare consiste nel fare una specie di appello per controllare che gli oggetti di un determinato gruppo ci siano tutti. Avevo detto anche che se gli elementi del gruppo sono molto numerosi, come le pecore di un grande gregge, è impossibile ricordare tutti i loro nomi." "E che quindi fu inventato un altro modo di contare" incalzò dr. "Sì, il pastore faceva cadere in un sacchetto o in un’anforetta un sassolino per ogni pecora che varcava la soglia dell’ovile. Conservava i sassolini e li usava successivamente per controllare la quantità del suo gregge o per confrontarla con quella di un altro. Questo tipo di operazione è un'operazione matematica,


primitiva e concreta, che viene chiamata corrispondenza biunivoca. Instaurare una corrispondenza biunivoca consiste nell' accoppiare ciascun elemento di un gruppo a ciascun elemento di un altro e viceversa." "Se ho capito bene, tra le dita di una mano e quelle di un piede si può instaurare una corrispondenza biunivoca." disse dr. "Esatto, infatti potremmo legare con un filo ciascun dito di una mano con un diverso dito del piede e alla fine tutte le dita sarebbero collegate a tutti i diti" "Invece, correggimi se sbaglio - disse dr - non si può instaurare una corrispondenza biunivoca tra le dita di una mano e le orecchie di una persona" "Certo." "Dunque questi sassolini perdono il loro significato concreto di sasso perché rappresentano di volta in volta una pecora oppure una capra o qualsiasi altra cosa. Sentenziò l’alieno - Dunque il sassolino, cioè un oggetto concreto, acquista un significato astratto" "Sì, nasce il concetto del rappresentare, che significa cogliere una delle infinite caratteristiche di un oggetto; infatti ogni pecora è diversa dalle altre per colore, quantità del pelo, peso, lunghezza, altezza, e così via, però per il pastore tutte le pecore hanno lo stesso scopo, cioè quello di dargli lana e cibo. In quello scopo esse vengono unificate e associate ciascuna ad un sassolino. La corrispondenza biunivoca ha un significato più astratto rispetto al metodo del nominare. E' un vero e proprio metodo matematico di confronto di quantità ed è significativo il fatto che il verbo calcolare derivi da calcolo che a sua volta deriva dalla parola latina calculus che significa sassolino. Infatti gli antichi Romani per fare i conteggi usavano gli abachi, strumenti che originariamente utilizzavano dei sassolini." "Le cose saranno andate veramente così come mi hai raccontato? Che prove abbiamo che i primi conteggi siano stati fatti in questo modo?" "La prova viene da una scoperta archeologica fatta in Iraq. Se vuoi te ne parlo" "Racconta, ti prego" "Nelle rovine del palazzo di Nuzi, città della Mesopotamia di 3500 anni fa, fu trovato un contenitore di argilla con questa iscrizione: «oggetti riguardanti pecore e capre 21 pecore che hanno già avuto dei piccoli 6 agnelli femmine 8 montoni adulti 4 agnelli maschi 6 capre che hanno già avuto dei piccoli 1 caprone 2 caprette» In totale erano enumerati 48 animali e all'interno del contenitore gli archeologi trovarono 48 pallottole di terra. Dapprima non fu data importanza a questo ritrovamento, ma un fatto imprevisto fece capire a cosa un tempo fosse servito il contenitore.” “Interessante - disse dr - Prosegui, sono tutto orecchie...” “Non ne vedo neppure una” osservò Marino. “Lo vedi questo forellino? - chiese dr mostrando una specie di poro non più grande della capocchia di uno spillo - E’ un’orecchia. Ne ho 29.573 sparse su tutto il corpo. Scusa l’interruzione.” Marino proseguì. “Un portatore della spedizione era stato inviato al mercato per comprare dei polli. Per disattenzione, al suo ritorno, i polli furono messi nel pollaio insieme agli altri prima di essere contati. Quando fu chiesto al servitore quanti polli avesse acquistato egli non seppe rispondere perché non conosceva i numeri. Però presentò i sassi che aveva messo in un sacchetto, uno per pollo, all'atto dell'acquisto. Senza saperlo, quell'analfabeta aveva ripetuto il gesto di un pastore vissuto 3500 anni prima di lui e aveva fatto capire agli archeologi che il contenitore ritrovato era appartenuto ad un contabile, sicuramente già esperto di scrittura e di numeri, dal quale passava il pastore analfabeta prima di portare a pascolare i greggi del padrone. Al momento della partenza il contabile confezionava pallottole di argilla, in numero uguale ai capi di bestiame, pallottole che poi introduceva nel contenitore, che veniva chiuso e munito del sigillo del padrone. Al ritorno del pastore veniva aperto il contenitore e si procedeva al conteggio degli animali, accoppiando ogni capo ad un sassolino." "Ora non usate più i sassolini per contare. - disse l’alieno - Come è avvenuto il passaggio tra quel modo di contare e quello di oggi?" "Il salto tra il contare con i sassolini e il numerare vero e proprio usando i simboli dei numeri uno, due, tre, ecc. è enorme. Ciò che oggi ci sembra semplice e naturale fu in realtà una conquista intellettuale lunghissima. Inventare i numeri non è stato facile. Tanto è vero che ancora oggi alcune popolazioni sanno usare solo il numero uno e il numero due." "Dove vivono queste popolazioni?" "In varie regioni del globo terrestre, in Sud America, in Australia, in Africa e in Polinesia. Alcuni etnologi hanno studiato... "


"Scusa se ti interrompo, vorrei sapere chi sono gli etnologi" "Sono gli studiosi delle usanze e della cultura dei popoli." "Ho capito, grazie." "Stavo dicendo che alcuni etnologi hanno studiato il linguaggio di questi popoli primitivi scoprendo che possiedono parole per indicare solo il numero uno e il numero due. Per indicare numeri più grandi usano termini generici come mucchio. Ad esempio, un gruppo di dieci mele viene indicato come unmucchio di mele" "E tre mele?" "Anch'esso viene chiamato un mucchio di mele. In altre tribù un po' più evolute, pur esistendo nel loro linguaggio solo il nome di uno e di due, hanno trovato il modo di indicare numeri più grandi ripetendo opportunamente i numeri uno e due. Ad esempio, in alcune tribù australiane, il numero uno si dice urapun e due si dice okosa; di conseguenza tre si dice okosa-urapun, cioè 2+1, quattro è okosa-okosa, cioè 2+2, e così via. Sapresti dedurre come chiamano il cinque e il sei?" "Il cinque sarà okosa-okosa-urapun" "Giusto" "... e il sei okosa-okosa-okosa" "Complimenti, hai la logica di un terrestre!" "Usano questo sistema per tutti i numeri?" "No, in quelle tribù non sanno contare oltre il sei. Qualsiasi numero più grande di sei viene chiamato ras, che significa una folla. Questo modo di contare si può considerare un primitivo sistema di numerazione binario, cioè un sistema di numerazione costituito da due soli simboli, che si ripetono opportunamente." "Scusa, cosa significa sistema di numerazione?" "E' un complesso di regole e di simboli che servono per scrivere e leggere i numeri" "Binario significa costituito da due numeri?" "Meglio dire da due simboli, che nel caso precedente sono anche due numeri" "Cioè urapun e okosa?" "Esattamente. La tribù Kamilaroi, sempre in Australia, si trova a un gradino evolutivo più alto. Qui il numero 1 si dice mal, il 2 si dice bulan, il 3 guliba. Dal 4 in poi usano la combinazione dei primi tre numeri. Ad esempio, il 4 viene chiamato bulan-bulan, cioè 2+2." "Lascia che indovini: 5 si dice bulan-guliba, cioè 2+3, e 6 si dice guliba-guliba" "Bravo, sette più!" "Cioè??!!..." "Niente, come non detto! " "Anche questo è un sistema di numerazione binario?" "No, questo modo di contare si può considerare un primitivo sistema di numerazione ternario, ovvero a base tre, perché è costituito da tre simboli base:mal, bulan e guliba." "Esistevano sistemi di numerazione con basi maggiori di tre?" "Sì, ad esempio gli indiani della tribù Yuki della California contavano per 4 perché usavano gli spazi tra un dito e l'altro della mano. I sistemi più diffusi furono però quelli a base 5, a base 20 e a base 10. Quest'ultimo sopravanzò tutti trasformandosi per stadi successivi in quello in uso oggi su quasi tutto il mio pianeta. La sua fortuna viene dal fatto che gli uomini possiedono 10 dita e che ciò li agevolava nel contare con questo sistema." "Considerando anche i piedi, gli uomini possiedono 20 dita, dunque potrebbero essere agevolati da un sistema di numerazione a base 20" osservò dr. "Così è stato infatti. Il sistema ventesimale o vigesimale ha avuto un largo uso per un certo periodo, in certi territori. A prova di ciò sta il fatto che nella lingua francese è rimasto un residuo di questo antichissimo modo di contare, infatti 80 si dice quatre-vingt, cioè quattro volte venti." "Un altro sistema di numerazione tipicamente terrestre dovrebbe essere quello in base 5, visto che una mano possiede cinque dita" osservò ancora dr. "Confermo. Ancora oggi ci sono tribù che usano questo sistema e per dire 6 dicono 1 mano più1 dito, 7 è 1 mano più 2 dita, 10 è 2 mani ... " "... 11 è 2 mani più 1 dito, ..." continuò dr. "Ma, come ho già detto, il metodo che fra tanti risultò più comodo fu quello che impiegava tutte le 10 dita delle due mani. Anche oggi, con il numero 14 intendiamo dire 1 gruppo completo di dieci dita più 4 dita... "


"... con 18 intendete 1 gruppo completo di dieci dita più 8 dita." interloquì dr. "Giusto. Attenzione però, questi metodi primitivi non sono ancora dei sistemi di numerazione moderni, prima di diventare tali dovranno essere superate tre tappe principali.” “Quali?” “1a tappa - conquista del concetto di numero come idea astratta, cioè non collegato a oggetti specifici; 2a tappa - l'invenzione del metodo posizionale; 3a tappa - l'invenzione del numero zero." "Guarda che spettacolo meraviglioso." disse dr indicando a Marino il bellissimo globo azzurro, la Terra, che si ingrandiva sempre di più all'avvicinarsi fulmineo dell'astronave.- E' il più bel pianeta che abbia visto in tutti i miei viaggi. Quanti colori, quante forme, la bambagia bianca delle nubi, l'avvolgente azzurro dell'atmosfera, il plastico blu dell'oceano, il ruvido marrone dei deserti, il morbido verde delle foreste e altre mille e mille forme e colori trafitti dalle lance rosse di questo fuggente tramonto solare " "Finalmente a casa!" "Gioisci, sì, ma con moderazione caro amico" disse dr con voce velata di malinconia. "Una frase la tua che non promette nulla di buono. Quale brutta notizia devi darmi?"

Ritorno a casa ...dai numeri concreti ai numeri astratti...misurare col corpo...

"Non sarò io a darti la brutta notizia, caro Marino. Guarda tu stesso cosa sanno fare i tuoi simili, accecati dal rancore e dalla stupidità. Guarda laggiù la tua casa, guarda il tuo paese." L'astronave era ferma nel cielo terrestre a circa 4000 metri sulla verticale della casa di Marino. Si potevano osservare e distinguerne i particolari. Un'ala era distrutta, ancora fumante, gli alberi e le sterpaglie del terreno intorno stavano bruciando, il vecchio ponte napoleonico costruito sul fiume che lambiva il terreno era stato completamente distrutto. In quel momento infuriava una battaglia di fanteria, ma sembrava e forse lo era veramente, un indegno saccheggio del paese. Marino poteva distinguere degli omettini, piccoli come formiche, che si muovevano entrando e uscendo dalle case, piccoli scoppi, piccole fiammate, qualche tetto parzialmente scoperto, scie di fumo che si incrociavano. I potenti del mondo, gran condottieri e burattinai di folle, dovrebbero guardare la Terra da oltre 4000 metri, dovrebbero osservare da quell'altezza una battaglia di fanteria, vedrebbero uno scontro tra formichette, una cosa da ridere, per niente esaltante. La boria e la loro folle esaltazione sicuramente si sgonfierebbero. Forse insieme a un sorriso tornerebbe la pace. Marino non sorrise quando l'astronave scese di quota. A 1000 metri sentì chiaramente il crepitio delle armi da fuoco, a 500 udì le grida della battaglia, a 300 dovette tapparsi le orecchie per non ascoltare l'urlo lacerante degli stupri, ma lo udì e udì anche i solitari pianti dei bambini. L'astronave scese a poche decine di metri dai tetti protetta dalla schermatura di dissolvimento. Nessuno poteva vederla e gli uomini continuavano con grande impegno la carneficina. ‘Fai togliere la schermatura!’ fu l’urlo silenzioso del pensiero di Marino nella testa di dr. ‘Perché?’ chiese l’alieno. ‘La vista dell'ufo fermerà la battaglia.’ ‘Non ci è consentito, lo sai. Non è possibile interferire negli eventi alieni e forse non servirebbe, o servirebbe a poco, o sarebbe controproducente.’ ‘Ma non avete cuore?- pensò Marino - Non avete sentimento? Non avete amore?’ ‘Se ci facessimo vincere dalla compassione, voi perdereste la libertà. Non è ancora venuto il momento della nostra fratellanza. Questa è la legge di PSR.’


Nel frattempo l'astronave si era portata sul terreno della casa di Marino ed era atterrata sempre sotto schermatura. ‘E' il momento giusto per lasciarci - fu il pensiero che giunse a Marino da dr - Sbarcherai qui e noi continueremo il nostro viaggio. Ai tuoi genitori racconterai che sei fuggito da casa non appena è iniziata la battaglia e che ti sei rifugiato nel bosco laggiù in fondo. Così tutto rientrerà nella normalità e gli eventi terrestri torneranno ad essere separati da quelli celesti.’ Fece una pausa, poi inviò un altro pensiero: ‘Addio Marino. Vorrei poterti dire: “Scrivimi una cartolina!" ‘ Il pensiero risuonò nel cervello di Marino con vibrazioni insolite che lasciavano trapelare commozione. Intorno al ragazzo c’era solo grigio informe, il giovane terrestre non poteva vedere nulla, neppure se stesso, tuttavia si sentì avvolto dalle propaggini di dr in un abbraccio invisibile. Era allibito. Non si aspettava che quella avventura sarebbe finita in modo così fulmineo e tragico. Tentò di rispondere con il pensiero all’abbraccio di dr. ‘Coraggio, - interferì telepaticamente il darpo di dr - è il momento giusto per scendere.’ Marino si sedette sulla poltrona. ‘Addio’ pensò e fu proiettato all'esterno. Dr lo vide arrancare su per una balza del terreno, ormai fuori dal raggio d'azione della schermatura. Lo vide giungere sulla grande terrazza prospiciente alla casa e girarsi verso l'astronave invisibile a lui come a tutti i terrestri. Vide che alzava la mano in segno di saluto indirizzando lo sguardo là dove sapeva della presenza aliena. Poi vide sbucare alle spalle di Marino una banda di disperati lanzichenecchi che lo fecero prigioniero mentre ancora aveva la mano alzata in segno di saluto. Vide che lo pestavano a pugni e a calci, ridendo e deridendolo. Il suo cuore, il suo sentimento, il suo amore d'alieno fu ferito. Marino si divincolava, ma non aveva speranza di liberarsi da quella banda di barbari. Più si divincolava e più veniva massacrato di botte. Ad un certo punto riuscì a sganciarsi dalle strette e a scappare. Gli assalitori lo rincorsero, ma sembrava non avessero fretta di riagguantarlo. Erano sicuri che non avrebbe potuto fuggire. Sembrava volessero divertirsi a giocare al gatto e al topo. Marino saltò dal terrazzo nel terreno sottostante e rifece di corsa la strada che aveva percorso poco prima. "Aiuto dr, aiuto!" gridò correndo verso il punto dove aveva lasciato l'astronave. Sperava che non fosse ripartita, sperava che avrebbero avuto compassione di lui. "Aiuto!" gridò nel punto in cui aveva abbandonato il veicolo spaziale. Si girò intorno a destra e a sinistra, per cercare ciò che sapeva benissimo essere invisibile e vide solo a una certa distanza, ghignanti come ubriachi dementi, i suoi inseguitori. "Aiuto! Dr non abbandonarmi! Ci sei? Aiuto!" Dentro di sé udì una voce: 'Nasconditi dietro un albero'. Così fece: sparì alla vista dei suoi inseguitori e istantaneamente si trovò all'interno dell'astronave. Dr era di fronte a lui, le sue propaggini erano in movimento, segno di gioia, e di fianco a dr c'era il darpo e il medico di bordo entrambi agitati dal movimento delle propaggini. ‘Allora avete un cuore, un sentimento, un po' d'amore!" pensò sorridendo felice dentro sé. ‘Ne abbiamo tre di cuori, - fu la risposta di dr. - Uno per la parte superiore, uno per la zona mediana e uno per quella inferiore!’ Marino rise, senza sapere se fosse verità o solo una battuta di spirito. In quel momento comparve un quarto alieno, il comandante del veicolo spaziale. "La schermatura di dissolvimento è stata disattivata. Ci siamo rimessi in viaggio - disse - Abbiamo lasciato quel luogo di massacro. Chissà quando e se mai i terrestri riusciranno a pulire i loro cromosomi dalla violenza! Andiamo su alfa 2 a, la luna delle femmine, luogo di pace." Tutti si misero in assetto di decollo, Marino accanto all'amico ritrovato. Poco dopo la Terra diventò una piccola sfera nel buio dello spazio e dr invitò Marino a proseguire il suo racconto. Il ragazzo era ancora molto turbato dagli eventi che aveva vissuto. Chi erano quelli che l’avevano assalito? Perché era in corso quella battaglia? Cosa stava succedendo? La violenza a cui aveva assistito e che aveva patito agitava la sua mente di compassione, di rabbia e di preoccupazione per il futuro. "Ti sembra - disse rivolto a dr - che io possa essere nelle condizioni di spirito adatte a raccontare la storia della matematica?" "Non saprei immaginare una situazione più adatta. Preferiresti parlare di calcio? Vorresti divertirti con qualche giochino elettronico? C'è un'ampia gamma di scelta, quanti ne vuoi. Credi che in questo modo potresti cancellare le tue preoccupazioni? Credi che queste cose futili potrebbero farti dimenticare le violenze che hai subito e veduto? Credi che sia questo il modo migliore per prepararti a governare il mondo con i tuoi simili?" "D’accordo, capisco, ma perché parlare di matematica? Potremmo discutere della civiltà dei terrestri, della nostra storia." "Conosco i vostri libri di storia, elenchi di guerre, di carneficine, di intrighi, di complotti , di tradimenti ... No grazie. Meglio parlare di matematica, palestra della logica, disciplina che può fare sperare che il futuro cambi in meglio perché guidato dalla ragione. Poi non dimenticare che è la mia tesi di studio che dovrò consegnare al mio ritorno su PSR." "Certo, non l'ho dimenticato. Tu non dimenticare che ho bisogno del tuo aiuto per ricordare.”


Dr rinnovò il piacevole rito e Marino iniziò. “Ti racconterò come furono inventati i numeri, prima quelli concreti e poi quelli astratti." "Urapun, okosa e gli altri numeri di cui avevi parlato la volta scorsa sono numeri concreti o astratti?" "Sono già numeri astratti, sebbene primitivi. I numeri concreti sono altri. Spesso nei linguaggi tribali primitivi i numeri non vengono chiamati con lo stesso nome per tutti gli oggetti. Ad esempio nelle isole Figi la parola bola vuole dire «cento canotti in marcia» mentre koro significa «cento noci di cocco» e salavo è «mille noci di cocco». Come vedi queste parole indicano contemporaneamente delle quantità - cento e mille - e delle qualità - canotti e noci-. Anche nella mia lingua c’è qualcosa del genere. Ad esempio il 2, che è un numero astratto, viene concretizzato in coppietta che significa 2 persone innamorate e doppietta che significa fucile a due canne. Queste parole, bola, koro, salavo, coppietta e doppietta sono numeri concreti." "Anche binocolo è un numero concreto?" chiese dr. "Sì, perché indica uno strumento caratterizzato da due cannocchiali uniti insieme. I numeri concreti sono legati ad oggetti, al contrario dei numeri che usiamo oggi, che sono astratti perché privi di significato concreto. Prendiamo ad esempio la parola cento, da sola non significa nulla. Per acquistare significato concreto deve essere accompagnata da un'altra parola, ad esempio cento cavalli o cento case. Furono necessari molti secoli prima che l'uomo preistorico riuscisse a formulare un'idea astratta del numero, cioè slegata dalla realtà." "Vedo con il mio multi-traduttore che anche nella lingua giapponese esistono parole diverse per indicare gli stessi numeri, a seconda che siano riferiti a un oggetto piuttosto che ad un altro." "Probabilmente si possono trovare esempi di numeri concreti in tutte le lingue perché in ogni parte del mondo l'uomo è sempre partito dal concreto per costruire i concetti. Forse prima di inventare i numeri i miei antenati osservarono le disuguaglianze piuttosto che le uguaglianze. Ad esempio, considerarono la diversità esistente tra una scimmia singola e un gruppo di alcune scimmie, tra un albero e un gruppo di alberi. Poi un giorno un uomo, forse guardando due bisonti vicini a due alberi, ebbe la straordinaria fantasia di inventare un nesso tra i bisonti e gli alberi e cioè il fatto di avere in comune la quantità due. Sembra un'idea banalissima, invece è il risultato di una grande abilità di astrazione, cioè della capacità di formulare concetti. L'uomo primitivo guardando un uccello vedeva solo un uccello e non una testa, due ali, un tronco e una coda, come succede anche oggi a un bambino di uno o due anni. L'eccezionale abilità di un intelletto ben addestrato consiste nella capacità di scomporre la realtà in parti, cioè di rappresentarla con elementi più semplici." "Quando dici che il numero è un concetto astratto, - puntualizzò dr - intendi affermare che non esiste nella realtà sensibile, ma solo nella nostra immaginazione." "Certo, ad esempio dicendo due mele indichiamo un gruppo concreto, palpabile. Invece la parola due da sola non indica nulla che si possa tastare perchédue è un termine astratto, senza alcuna corrispondenza nella realtà sensibile." "Se ho capito bene allora 5 è un numero astratto e 5 metri è un numero concreto." "Sì, le misure sono numeri concreti. A proposito di misure, è il momento giusto di parlare dell'altro grande problema matematico che si presentò all'uomo primitivo, oltre a quello del contare. Ti ricordi quale?" chiese Marino. "Quello del misurare , forse? Ricordo che all'inizio del tuo racconto sul contare e sui numeri dicesti: «All'uomo preistorico si presentarono due diverse necessità: contare gli oggetti, ad esempio i capi di bestiame, e misurare le lunghezze e le superfici»." "Sì, bravo, hai una memoria eccezionale. - disse Marino con un sorriso e continuò - Misurare significa confrontare. Per effettuare una misurazione occorre fare dei confronti con un riferimento. Misurare significa valutare quante volte il riferimento è contenuto in ciò che dobbiamo misurare. Il riferimento viene chiamato unità di misura. Ad esempio, se dico: «la stanza è lunga quanto 25 miei piedi», il mio piede è l'unità di misura e siccome il piede è una parte del mio corpo, si dice che è un'unità di misura corporale. L'unità di misura viene scelta in modo da rendere l'operazione di confronto semplice e conveniente." "Misurare usando i piedi non mi sembra il modo più preciso, prima di tutto perché la lunghezza del piede varia da persona a persona." "Hai ragione, una stanza misurata con il mio piede può risultare lunga 25 piedi, se viene misurata con un piede più lungo può risultare di 23 piedi. Ciò può essere sconveniente, tuttavia le unità di misura corporali hanno un grande vantaggio.” “Quale?” chiese dr. “Gli strumenti di misurazione ce li portiamo sempre appresso. Sono i piedi, le mani e le braccia, per misurare le lunghezze. Quindi è logico che queste unità corporali siano state le prime unità di misura adottate dall'uomo." "Io non possiedo mani e braccia, non avrei potuto fare quel tipo di misurazione! Quelle unità di misura non sono universali e ciò deve averne sconsigliato l'uso in seguito." "Sì, hai colto il problema. Le unità di misura corporali sono soggettive, cioè la loro lunghezza varia da individuo a individuo. Perciò le misurazioni effettuate con le unità corporali sono misurazioni soggettive, perché dipendono dal soggetto che effettua la misurazione. Ciò non va bene nel caso in cui abbiamo la necessità di comunicare e di fare riprodurre le misurazioni ad altri individui. Ad esempio, una donna che incarica il marito di comprarle 30 piedi di stoffa al mercato, quasi certamente riceverà una pezza che non corrisponde ai 30 piedi suoi che aveva richiesto. Una caratteristica fondamentale che si richiede a una misura è quella di essere oggettiva, cioè indipendente dalle caratteristiche fisiche di chi effettua la misurazione. Per ottenere questo scopo occorre stabilire una convenzione." "Una che?" "Una convenzione è una regola stabilita e accettata da un gruppo di persone. Ad esempio che l'unità piede è quella che corrisponde soltanto al mio piede, la cui lunghezza viene fissata su un'asticciola che tutti si impegnano ad adoperare per effettuare le misurazioni. Con lo stesso criterio si possono fissare anche le altre unità corporali che interessano, ad esempio il braccio, il pollice, la spanna e così via. In questo modo si viene a disporre di un vero e proprio sistema di misura corporale che permette di effettuare misurazioni oggettive. Naturalmente di asticciole piede o pollice se ne possono fare tante copie quante sono le persone che


intendono effettuare le misurazioni. Ciò però necessita di un'organizzazione sociale che l'uomo primitivo non aveva. Non potevano certo farlo gli uomini del Paleolitico. Durante i millenni di questa Era, gli uomini vivevano in caverne, la loro maggiore preoccupazione era sopravvivere. Per raggiungere questo scopo consumavano la maggior parte delle loro energie nella ricerca del cibo. Vivevano di caccia e di pesca. Nel Neolitico incominciarono a dedicarsi all'agricoltura. Il passaggio dalla caccia e dalla pesca all'agricoltura fu una rivoluzione che modificò profondamente le consuetudini di quelle antichissime popolazioni. Lentamente cessarono le abitudini nomadi e iniziarono a sorgere piccoli villaggi. Gradualmente si svilupparono tecniche e mestieri elementari. L'accantonamento di grano permise di affrontare con più tranquillità l'inverno e i periodi di raccolti poveri. Lentamente, ma progressivamente, tra i villaggi si instaurarono rapporti di varia natura tra cui quelli commerciali. Solo grazie ai più frequenti e migliori rapporti fra le tribù e i clan fu possibile instaurare dei sistemi di misura uguali nell'ambito di regioni geografiche diverse. La praticità dei sistemi, l'importanza militare e commerciale delle genti che li adoperavano, fece sì che alcuni sistemi di misura sopravvissero a danno di altri che vennero progressivamente abbandonati. Alcuni di questi sistemi sono impiegati ancora oggi, ma avranno vita molto breve perché saranno sostituiti dal sistema metrico decimale, in uso in quasi tutto il mondo. Una traccia molto importante e tuttora presente di questi sistemi primordiali è ilsistema di misura anglosassone, usato in alcuni paesi di lingua inglese. Le sue principali unità sono: il pollice, il piede, la iarda e il miglio."

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