Sogni Apparenti Ellah K.Drake
SOGNI APPARENTI Autore: Ellah K. Drake Copyright © 2013 Ellah K. Drake ISBN: 9788891145666 Copertina: Elisa Bon Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione anche parziale dell’opera. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autrice e sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi riferimento a fatti, luoghi o persone esistenti è puramente casuale.
Libro Primo La mazurka degli innamorati
Angela
1. Nessuno dica che non dovrei. Nessuno osi giudicarmi. Mi vergogno, ma che ci devo fare? Sono un caso pietoso. La verità sta tutta lì, in quella massa gelatinosa grigiastra, piena di neuroni: il mio cervello. Non che ne vada fiera, ma è completamente fuso. È andato KO per conto suo. «Santo cielo, ma come ti sei conciata?». Sobbalzo alla domanda di Sara, che ha irrotto in camera mia, anzi in casa mia, senza nemmeno bussare. Avrà anche le chiavi, ma che ne è della legge sulla privacy? Oggi indosso una mise che rivaleggia con quella dello yeti. È inverno, fa un freddo cane e sebbene in casa la temperatura sia quasi estiva, sono imbacuccata come se dovessi scalare l’Himalaya. Oltretutto ho i capelli sporchi e pavento ci siano pure le ragnatele. «Dio, ma fai schifo!». Ha ragione. Poco male, tanto sono KO. Sara sbircia in giro per la stanza e soffoca un’esclamazione di disgusto. Gliela leggo negli occhi, che il secondo dopo s’incendiano di rabbia. Chissenefrega.
«Non mi dire palle, altro che scrivere! Sembra una scena di The Ring, ora squilla il telefono e ti dicono che morirai tra una settimana, tanto non ti rimane altro nella vita, giusto? Che testa hai, vorrei fracassartela,ma ci troverei solo segatura». «Calma, calma, non vorrai trasformare un film d’orrore nell’Ultimo Samurai» rispondo con un sorriso,ma non me la fa passare liscia, non questa volta, che è una delle molteplici nelle quali ha dovuto raccogliere i cocci di una me stessa sull’orlo di una crisi di nervi. Con gli occhi ai raggi x che si ritrova,individua ciò che stringo con tenacia tra le mani. Cerco disperatamente di nasconderlo, ma è impossibile. In questi giorni ho perso del tutto la nozione del tempo. Per me è scandito da gesti monotoni, più che monotoni, abitudinari. Se facessi qualcosa di diverso, andrei in panne. Perderei il ritmo. Sarei come una canzone stonata, un ritornello senza la rima. Alzo lo sguardo verso la mia amica rompipalle, editor e agente letterario, che mi ha ridato la vita e mi ha fatto capire che sono capace, o forse ero, di tenere le redini di una me stessa super incasinata e le faccio una smorfia. Infine, pure una linguaccia. Sara mi fissa allibita. Se la verità si celasse sotto quello sguardo, dovrei essere molto, ma molto preoccupata. Ma me ne infischio. «Dammela» porge la mano e la osservo con espressione da finta tonta. Le sue dita si muovono ipnotizzandomi. Assomigliano alle zampe di un ragno. Quella similitudine mi fa rabbrividire. Ho una tremenda paura dei ragni, che schifo! «Così proprio non va, Angela, te ne stai seduta lì ore e ore facendo un bel cavolo di niente! No, anzi, qualcosa fai. Fissi quella maledetta foto sperando che lui, l’attore famoso che ha vinto per giunta un Oscar per merito tuo, si materializzi. Sappi, mia cara, che Babbo Natale non esiste e nemmeno la Fata Turchina. Ti ricordo, inoltre, che hai una scadenza da rispettare e che se il capo, cioè il tuo editore, nonché mio marito, che Dio l’abbia in gloria, non riceverà entro pochi mesi una prima stesura del romanzo, ti farà una ramanzina con i fiocchi e controfiocchi. Sono stufa di dirgli bugie, stanca di farti da spalla. Se ciò servisse a qualcosa e cioè a farti ragionare, ne sarei ben lieta, ma tu non ragioni, anzi sei proprio partita con la testa. Per l’ennesima volta. Tempo fa potevo anche sorridere delle tue scenate, ma adesso che hai tutto per cui essere felice, vorrei solo prenderti a calci in culo». Quel discorso mi fa imbestialire. Primo: chi ha detto che deve sempre salvarmi? Voglio che mi lasci in pace! Secondo: per la cronaca, Mauro, l’editore e cioè suo marito, l’ho reso ricco nel giro di poco tempo. Il mio primo romanzo è stato un enorme successo, inspiegabile ma alla fine l’ho spuntata, no? Sono famosa.Il film è stato recitato da un attore che ha vinto un Oscar. Insomma, potrei vivere di rendita e, invece, mi sono tirata la
zappa sui piedi. ‘Sognando una Stella’ dava adito a una continuazione e ora l’editore aspetta come un falco la mia prossima creatura. Come se potessi creare con un semplice schioccar di dita. Ah, gli editori sono tutti uguali. Stakanovisti. Imprenditori senza cuore né anima. Negli occhi hanno il marchio dell’euro. Sognano il Dio denaro. Sono come Paperon de Paperoni, che mi era pure antipatico. Quale gioia nel vivere per lavorare? In verità, sembra che abbia perso la vena creativa. Rimango ore con il naso sulla pagina bianca del miocomputer, intontita, senza digitarci nulla, nemmeno una fottuta virgola. Mal dello scrittore? Ansia da prestazione? Paura di sbagliare, di fare flop? Proprio non lo so, non me lo sono mai domandato. Penso solo a lui. Che vita. «Lascialo stare, Angela». «Ah». «È da un mese esatto, minuto più minuto meno, che vai avanti così, devi smetterla». «Ma sentila». «Se non te lo dico io, chi lo fa?». «Mezzo mondo. A cominciare da mio padre, poi c’è Dante, Alberto e pure la sua amata Arabella che per altro è l’agente di quel disgraziato, che mi ha rubato il cuore e poi lo ha usato per farci un aeroplano di carta. Che è accaduto tra noi? Non lo so. So solo che da un giorno all’altro tutto è finito, svanito, distrutto.Caput!». «Lo sapevi fin dall’inizio che non sarebbe durata. Non sei mica Angie tu, giusto?». «Ah, peccato però che sia piuttosto autobiografico il mio primo romanzo e che quella Angie altri non ero se non io! Ah ah ah». «E finiscila di esclamare, mi sembri quei dannati scozzesi». «Appunto, lo sono per metà». «Oh, vero, ma tu sei tu e non ti ci vedo con il tartan, tesoro, hai le gambe troppo grosse per permettertelo». «Grazie, mi hai tirato su di morale». «Di niente, tesoro, e ora mettiti a scrivere, sono certa che sarà meglio del precedente». Annuisco, apro il computer e all’improvviso un urlo mi assorda le orecchie. «Porco mondo, non ti basta la camera simile a un reliquario e la foto che tieni immancabilmente tra le mani? Per non parlare di quella nel cellulare e ora pure il desktop! È un affronto alla tua intelligenza,Angela,
ammettilo. Mi sento circondata da quel testa di minchia di scozzese. Sarà anche bello da morirema quando è troppo è troppo!». «Mi aiuta a creare». «Col cavolo, cara, ti fa piangere dalla mattina alla sera e non credere che non me ne accorga. Dovresti creare con un altro esemplare di uomo». Ha ragione. Ma dove lo trovo un altro che mi faccia ballare il cuore come James? James è sempre presente. In questo momento davanti al computer mi guarda con quell’aria insolente del tipo ‘guardateminonsonoungranfigoio?’ Sì, certo che lo sei e anche un grande figlio di buona donna, se posso permettermi. Adoro sua madre, che mi perdoni, ma il figlio non ha avuto una condotta esemplare ultimamente. «Basta, basta parlare al tuo computer, Angela. Basta rovinarti la vita. Ci sono un sacco di uomini belli, piacenti, intelligenti e molto meglio di lui sulla terra, non devi fare altro che aprire gli occhi foderati di prosciutto e accorgertene». «Non mi si fila nessuno». «Perché non ci hai mai provato». «Sì, invece». «Lo so che lo hai amato e sono certa che anche lui ti abbia amato, ma forse non era scritto nel destino. Quante volte si è fatto vivo? Il lavoro lo porta all’estero per la maggior parte del tempo e non riuscite a stare insieme se non per qualche giorno. È sempre la stessa tiritera, tu sei una povera mortale che attende che il dio si presenti per una scopata per poi ritornare nell’Olimpo. Sia mai che Zeus se la sia portata quella zoccola nel suo regno, giusto?». «Sproloquiare non ti servirà, Sara. Non con me. Grazie per la zoccola, vedo che hai un’alta considerazione della tua migliore amica». Osservo l’immagine nel desktop. James Mckinney fa capolino tra i cespugli di lentisco e rosmarinonel giardino della villetta, che ho comprato insieme con lui un anno prima in un paesino alle porte di Milano, e nella quale era venuto ad abitare con me. Un periodo meraviglioso. Nella mia mente malsana, mi pare di sentire addirittura il profumo del rosmarino e della pelle di James.Il verde smeraldo della pianta contrasta con l’azzurro fiordaliso dei suoi bellissimi occhi. Sono così poetica quando penso a lui, che Sara maledice la mia melodrammaticità nei romanzi. Che ci posso fare se James m’istiga al melodramma? Vorrei cantare il mio amore per lui come facevano i cantastoriecelebrando l’amor cortese.
Indossa una giacca blu avio e una camicia bianca, con una cravatta blu carico. Capelli corti, la barba rossiccia gli conferisce un’aria da macho così sexy, da immaginarmi notti di passione e di fuoco. Mi fissa con il sopracciglio alzato, corrucciato, gli occhi in controluce sembrano diamanti. È così bello che mi sento male. Mi sento perduta. Addio, Angela. Che ne è di Angela Hood? Svanita nel ciarpame di una malattia chiamata James Mckinney, un morbo incurabile, che la porterà a lenta devastazione. Brava. Bene. Bis. Sospiro. Sono così affranta. Ho il cuore infranto. «Hai pianto troppo per lui e non ne vale la pena». «Ma parli tu, che hai un marito che ti ama e una figlia che sembra quella della pubblicità dei Lines.Sant’Iddio, che ne vuoi sapere tu della tristezza?». Tutto ciò che mi è rimasto di James sono le foto, i ricordi, le sue mutande griffate e una carica come Presidente Onorario di un fan club. Che miseria. Se avessi saputo che ‘Sognando una Stella’, sarebbe stato solo uno stupido sogno che con le stelle non c’entrava nulla, ma più con le stalle per dirla tutta, non l’avrei nemmeno scritto. Ho desiderato si realizzasse la favola, ma così non è stato. I sogni sono mera apparenza. Celano i nostri desideri, le più profonde speranze. Io volevo con tutte le mie forze essere finalmente serena, perché la serenità è amica della quiete dell’anima. Ma la mia anima èsempre stata turbolenta e non solo la mia. Quella di James è un vero caos, un ricettacolo di dubbi, incertezze e inquietudine. Impossibile perciòlegare la mia anima alla sua, l’anno vissuto insieme è stato senza ombra di dubbio un raro dono dal cielo. La nostra unione era intensa e piena di passione, l’amore profondo e totale, ma imprevedibile comel’oscuro e distruttivo vortice di un tornado. Però le nostre notti infuocate le ricordo più che bene, tanto cheal solo pensiero avvampo. Povera me! «Che c’è Angie? Sembra che ti sia mangiata un peperoncino, sei tutta rossa!». «Ho le caldane, magari sto andando in menopausa» aggiungo deviando la conversazione su un terreno meno rovente. «Sì, va bene, bevo pure questa, occhio che il naso cresce, bella mia».
Non abbocco alla sua insinuazione e continuo a rimuginare su di noi. James è un attore da Oscar, la sua vita è frenetica e stressante, però casa nostra era un porto sicuro. Un luogo di assoluta pace lontano dai riflettori. Che è accaduto? Vorrei fracassarmi la testa contro un muro, invece non lo farò. Devo accettare la realtà, maturare e non piangermi sempre addosso perché quando sono una lagna divento antipatica. Ho vissuto una storia d’amore bellissima, anche se ci siamo arrivati con sofferenza ed è durata un soffio. Mi restano i ricordi. Sì,ma che me ne faccio? Li chiudo in una scatola e poi ci scrivo un romanzo? Già fatto. E adesso? Speravo in noi due, ero convinta fosse la mia anima gemella. Se mio padre mi vedesse, gli verrebbe un colpo apoplettico. Mi dovrei sentire in colpa per gli altri? Non me ne frega proprio niente. Niente di niente. «Amen» pronuncio con enfasi, congiungendo pure le mani in segno di preghiera. «Sia ringraziato il cielo, avrai capito che ti stai facendo del male da sola». «Sì, come no» sfodero un sorriso convincente, non vorrei pensasse che sono senza speranza. Dovevo fare l’attrice. Come scrittrice non valgo un gran che. Avrei voluto che il mio romanzo operasse un miracolo come accadde per la scrittrice del maghetto di Hogwarts. Ma guadagnare soldi a palate non è lo scopo della mia vita. Invece, spero nella magia delle magie. Trovare l’uomo giusto. Quello che mi completi, che con il mio Io abbia un senso. Dovrei farmi un esorcismo, temo di essere posseduta dal demone del desiderio dell’anima gemella. Con rabbia osservo se mi sono state inviate mail, mentre la mia amica mi sta col fiato sul collo pronta a rimbeccarmi per una mossa sbagliata. Che palle, non posso nemmeno piagnucolare in pace. L’intento di poc’anzi di essere meno lagnosa l’ho già accantonato, quando si tratta di James i buoni propositi vanno sempre a farsi friggere. «Non dovresti andartene?» domando atona. Io l’amo a dismisura, ma a volte la sua arguzia è micidiale come una zecca. «Mmm» mugugna Sara dall’occhio di lince. Ritta in piedi dietro di me come un falco, il suo profumo mi dà alla testa. Sono arrivate venti mail. Da quando ho aperto un blog sul mio romanzo, per permettere ai fans di contattarmi, sono bombardata tutti i giorni da mail dei tanti lettori che mi pongono le domande più bizzarre, comuni e anche scabrose. Le ragazze del fan club di James mi tengono d’occhio, sanno che io so e proprio perché so, mi stanno alle calcagna, come tante poiane pronte ad azzannare la loro povera preda,cioè la sottoscritta.
Le spulcio e mi accorgo che ce n’è una di Arabella e una di mio cugino Dante. Ignoro le altre, mentre apro le due che m’interessano. Mi tremano le mani a quella dell’agente di James che si trova in Australia per il suo ennesimo film, una specie di polpettone melodrammatico in chiave storica, ambientato tra gli aborigeni. I dettagli non li conosco. James recita la parte del condottiero giunto in esplorazione in una terra ostile e selvaggia, ricca di contrasti. Il resto è oscuro, anche se la curiosità all’inizio era molta. Èdiminuita quando James si è dileguato senza più richiamarmi. È trascorso un mese dall’ultima volta che ci siamo visti e sentiti. Nessuna telefonata, nessun sms, mms, mail, messaggio su facebook, due frasi su twitter, nemmeno un segnale di fumo. E tutte le volte che digitavo il suo numero al cellulare, la vocina perfida mi diceva di chiudere e di lasciarlo perdere. Risultato? Il nostro orgoglio ci ha portati fino a qui, senza più sentirci, come se non ci fossimo nemmeno conosciuti. Senza una spiegazione. Il suo orgoglio contro i miei pregiudizi nei confronti della sua frenetica vita d’attore. No, no… Lui non è Darcy, né io Elizabeth Bennet. Se Jane Austen fosse vissuta nel mio secoloavrebbe scritto un romanzo migliore, con tutto il rispetto per le sue estimatrici. Più drammatico, con un finale tragico. Sospiro. «Che hai, Angie? Stai digrignando i denti, sembri un topo». «Vorrei cancellare la mail di Arabella, ma so che poi me ne pentirò». «Ti penti sempre, donna Maria ha fatto un buon lavoro con te». La povera donna Maria, nominata mia tutrice alla morte di mia madre e che ha fatto le veci anche di mio padre, perché mi aveva abbandonata a soli dieci anni, sarebbe fiera di come sto vivendo adesso. Miporterebbe in Chiesa tutti i giorni per farmi ritrovare la pace dello spirito. Sospiro di nuovo, quando sono così divento pure ripetitiva. Non bado a Sara e leggo la mail di Arabella: Cara Angela, come stai? Come procede il romanzo? Qui è tutto bellissimo, l’Australia è un sogno. Non ho molto da fare in questi giorni, le riprese sono quasi terminate e il film sarà un vero colossal. Un bel polpettone, come lo chiami tu. Volevo dirti una cosa. Che cavolo è accaduto tra te e James? Mi sono persa qualcosa? Pensavo di essere al capitolo James e Angela stanno insieme, invece non mi pare affatto. I particolari te li risparmio, ho dedotto perciò che non siate più insieme. Scusami se te lo dico, ma sono preoccupata per lui. Sembra incazzato con il mondo intero, intrattabile, pensa solo al lavoro e rimprovera la sua partner aspramente ogni volta che sbaglia una battuta. Se non lo conoscessi così bene, sembrerebbe un altro James. Ho capito che qualcosa non va. Lo leggo nei suoi occhi. Ogni tanto lo rimprovero, ma è tutto inutile. Non voglio
intromettermi tra di voi, ma ho pensato che, dicendotelo, potessi risolvere la situazione. Se così non fosse, invece, allora vuol dire che tra voi non era destino, giusto? Alberto l’altro giorno ci mancò poco che lo prendesse a cazzotti. Ma che hanno gli uomini? Devono sempre ragionare con le palle e mai col cervello. Ah, ti saluta moltissimo e ti dice espressamente: lascialo stare che è una testa di ca…, il resto lo sai già! Un bacione e ci vedremo tra qualche settimana, così mi dirai che è accaduto tra voi due, dato che James sul discorso è muto come un pesce. Riguardati e non salutarmi la vipera che hai di sicuro al tuo fianco in questo momento. Arabella «Ma che spiritosa, grazie Arabella, anche io ti odio con tutto il cuore». Tra Sara e l’agente di James c’è un rapporto molto strano, sembra si trovino simpatiche, ma poi sparlano dietro le spalle l’una dell’altra e sempre con me. In realtà, hanno un carattere molto simile e non si sopportano. Chi ci riuscirebbe? Io, ma non faccio testo, perché sono peggio di loro. Forti, testarde e poco remissive, petulanti e rompipalle. Però sono due tesori, che sanno essere dolci al momento giusto.Entrambe hanno un punto debole. Sara è ancora persa per George Gordon e Arabella per James. Le ho perdonate per il fatto che mi trovo sulla stessa barca e ci sto bene. Mi piace navigare in acque agitate. Se hanno lo stesso colore degli occhi di James, meglio ancora. «E così James, a quanto pare, si è dimenticato di te, ma che bravo» brontola la mia amica. Di tutte le cose delle quali vorrei essermi fatta una lobotomia, c’è che per me è impossibile dimenticare quando qualcuno, che conosco bene, mi racconta qualcosa su una persona che conosco altrettanto bene. Soprattutto quando quel qualcosa è talmente irritante e sconvolgente da farmi desiderare di non essere più io, di non essere innamorata e di non sapere quello che so. Perciò accade che, nel sapere tali cose, in un primo momento tento di ignorare, di far sì che non sia accaduto nulla, ma poi sopraggiunge il ricordo e questo diventa così nitido da non riuscire a pensare ad altro. Sta accadendo anche in questo momento e non è piacevole. La verità fa sempre male, ma in questo caso fa malissimo. Non può essere, non può… Ingoio il dolore e rimango in silenzio. Nel frattempo il mio povero cuore si agita e batte più del normale. Tachicardia. Mi manca il respiro. «Che hai tesoro? Ehi guardami, respira, così, ma che scema che sei, non ne vale proprio la pena». «È una parola» esclamo assennata. «Morto un papa se ne fa un altro. Mi dispiace, a mio parere è molto meglio così. Se riuscirai a togliertelo dalla testa, potrai ricominciare. Non è questo che hai sempre voluto?».
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