Toolkit edited by Associazione Kreattiva Credits: Angela Lomoro Design: Giuseppe Fanelli This work is licensed under a Creative Commons Attribution 4.0 International License.
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Il presente toolkit, dal titolo “Raccontare la legalità” è promosso dall’Associazione Kreattiva, fondata a Bari nel 2006. L’Associazione Kreattiva si occupa di partecipazione, innovazione sociale, antimafia, uso creativo dei media e incubazione di idee, attraverso percorsi partecipati che mirano al miglioramento della vita delle bambine e dei bambini. Una delle principali attività dell’associazione è la narrazione, costruzione e divulgazione della cultura della legalità e dell’antimafia sociale fra i ragazzi e le ragazze delle scuole, attraverso lo strumento radiofonico e, in particolare, con il progetto “Radio Kreattiva”. Prima web radio antimafia italiana, “Radio Kreattiva”, a partire dal 2006, ha coinvolto le scuole medie di Bari e di Puglia e gli attori sociali e istituzionali nel contrasto alle mafie attraverso l’utilizzo dei linguaggi digitali e creativi. Fra le attività organizzate: eventi territoriali con il coinvolgimento di rappresentanti dell’istituzione, del mondo dell’associazionismo e della cultura, maratone radiofoniche in luoghi pubblici con la partecipazione delle scuole nella conduzione delle trasmissioni. Nel 2015 Radio Kreattiva è stata considerata il miglior modello di inclusione dei minori e coinvolgimento sul tema dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dall’Autorità garante minori Nazionale e replicata come modello a livello nazionale. Il presente toolkit (diviso in 4 moduli) si inserisce nelle attività dell’Associazione Kreattiva, in particolare come supporto informativo alla creazione dei format radiofonici di “Radio Kreattiva”. L’obiettivo è quello di accompagnare gli studenti delle scuole in un “viaggio” condiviso e immaginario, per conoscere le pratiche, le azioni quotidiane, le persone e le attività che, con tempi e modalità diverse, operano scelte di legalità e di contrasto alle mafie. Il toolkit è ideato, scritto e realizzato per essere letto e usato da un pubblico di adolescenti, con la guida dei docenti.
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primo modulo
CIAO, IO MI CHIAMO LEGALITÀ
1.1 Parole chiare, amicizia lunga Le parole sono gli strumenti principali con cui entriamo in relazione con le persone e con le cose. È per questo che tutti noi abbiamo il diritto, ma anche il dovere, di sceglierle con cura e di usarle in modo appropriato. Spesso, infatti, usiamo alcune parole pur non conoscendo precisamente il significato di cui sono portatrici e ciò accade anche con vocaboli diffusi e “sulla bocca” di tutti. Un esempio? Legalità. Quante volte ci capita di ascoltare questa parola in tv o di leggerla su giornali, manifesti e social network? Del resto, è una parola molto importante, come il messaggio che veicola. Tanto vale, allora, conoscerla meglio. Partiamo dalla definizione e consultiamo il vocabolario online di Treccani, leggiamo che legalità è un sostantivo femminile e significa: «1. L’essere conforme alla legge e a quanto è da questa prescritto: l. di un atto, di un provvedimento, dei mezzi adoperati, di una convocazione; riconoscere, confutare la l. di un’azione. 2. Situazione conforme alle leggi: rimanere, rientrare nella l., nei limiti prescritti o consentiti dall’ordinamento giuridico; analogam., uscire dalla legalità». Da una prima lettura comprendiamo che la legalità deriva immediatamente dalle leggi, cioè da quei principi o regole che si ritiene possano guidare i comportamenti umani o giustificare i fenomeni naturali. Adottare un comportamento legale, cioè rispettoso della legalità, significa dunque osservare le leggi; al contrario, un atteggiamento illegale è contrario a quanto indicato nelle leggi. Tutti noi potremmo credere che le leggi sono solo un ostacolo alla nostra libertà, poiché la limitano e ci impediscono di fare tutto quello che vorremmo. Al contrario, proprio la presenza delle leggi ci permette di essere liberi e di godere di alcuni importantissimi diritti, come ad esempio quello di essere tutti uguali. L’articolo 3 della Costituzione Italiana recita, infatti: «Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua , di religione , di opinioni politiche , di condizioni personali e sociali.» La Costituzione italiana è il testo fondamentale, il più importante del nostro Paese. Ecco quello che dobbiamo sapere.
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1.2 La macchina del tempo
Non è un caso che fin dall’antichità le prime civiltà abbiano deciso di diventare comunità, dandosi una forma di governo e organizzandosi sulla base di alcune leggi. Dunque, chi pensa che la legalità o l’illegalità siano fenomeni moderni commette un grave errore. Abbiamo chiesto a Luciano Canfora, filologo classico e storico, di raccontarci l’origine antica del concetto di legalità. Il professore ci ha consigliato di leggere il “Discorso delle Leggi”, contenuto in un dialogo del filosofo Platone, dal titolo “Critone”. In questo dialogo troviamo il filosofo Socrate che, «chiuso in carcere in attesa di essere giustiziato, rifiuta il piano di evasione prospettatogli dall’amico Critone e accetta di morire per obbedire alle leggi della città». In questo episodio, raccontato da Platone, il filosofo Socrate ci insegna una grande lezione: non bisogna «corrodere le leggi della città che sono alla base della vita civile»1. Ecco come risponde Socrate alla proposta di Critone: «Se, mentre noi siamo sul punto... sì di svignarcela di qui, o come altrimenti tu voglia dire, ci venissero incontro le leggi e la città tutta quanta, e ci si fermassero innanzi e ci domandassero: “Dimmi, Socrate, che cosa hai in mente di fare? Non mediti forse, con codesta azione a cui ti accingi, di distruggere noi, cioè le leggi, e con noi tutta insieme la città, per quanto sta in te? O credi possa vivere tuttavia e non essere sovvertita da cima a fondo quella città in cui le sentenze pronunciate non hanno valore e anzi, da privati cittadini, sono fatte vane e distrutte?”, che cosa risponderemo noi, o Critone, a queste e ad altre simili parole?»2. Meditando una possibile fuga dalla prigione, Socrate pensa immediatamente alle leggi, immaginando che siano proprio quelle a parlargli e a chiedergli che futuro ci sarebbe in una città in cui ognuno si sente libero di comportarsi in modo contrario alla legge. La civiltà stessa ne sarebbe distrutta, pensa Socrate. Evadere significherebbe, infatti, trasgredire la sentenza emessa dai giudici nei confronti di Socrate e quindi, più in generale, trasgredire le leggi. Infine Socrate descrive il rapporto di ogni cittadino con le leggi, come un patto reciproco. Non un vincolo o un obbligo, ma un patto. Alla fine del dialogo, lo stesso Critone che all’inizio aveva suggerito a Socrate di evadere, viene convinto dalle parole del filosofo e conclude il dialogo, dicendo: «A me sembra che le leggi dicano il vero»3.
1.3 Cittadinanza, diritti e cittadinanza attiva «Tutta colpa dello Stato!», «Il Governo fa schifo!», «I politici sono tutti uguali!». Adesso dobbiamo essere sinceri: quante volte abbiamo sentito una di queste frasi o addirittura tutte? Sarà sicuramente successo di ascoltarle in casa, al bar mentre aspettiamo un buon gelato, in coda alla cassa del supermercato, in tv, alla radio. Ovunque c’è qualcuno che si lamenta dello Stato o di come i politici governano il mondo. A noi, adesso, non importa sapere chi ha ragione e chi ha torto, ma ci interessa ricordare il nostro ruolo all’interno di questa partita: possiamo smettere di essere “ascoltatori” e diventare protagonisti. G. Guidorizzi, “Il mondo letterario greco”, Einaudi Scuola Traduzione a cura di Manara Valgimigli 3 Ibidem 1 2
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Il nostro potere speciale si chiama “cittadinanza”: chi la possiede (sulla base di alcuni requisiti ) appartiene ad uno Stato e ha con esso una relazione reciproca, fondata su diritti e doveri. Tra i diritti più importanti di un “cittadino” c’è il diritto di votare i propri rappresentanti. Si tratta di un diritto fondamentale, che prima non era garantito a tutti e per cui molte persone hanno dovuto lottare. Noi abbiamo tra le mani questo diritto al compimento della maggiore età (18 anni); è proprio grazie al voto che esercitiamo la nostra cittadinanza, cioè ci esprimiamo come cittadini. Sono state le città greche, per prime, a “inventare” questo concetto. La cittadinanza, poi, è arrivata a noi, attraverso l’esperienza dello Stato Romano e poi attraversando molti secoli. Durante la Rivoluzione Francese, in particolare, si affermò il principio fondamentale secondo cui gli individui sono uguali tra loro di fronte alle leggi dello Stato e godono di alcune libertà definite inviolabili, perché nessun altro individuo ha diritto o potere di cancellarle. Nel nostro Paese, è l’articolo 2 della Costituzione il documento che ci riconosce queste libertà inviolabili. Si può anche scegliere di fare qualcosa in più, di contribuire attivamente al miglioramento e al funzionamento della società in cui si vive. I cittadini possono, cioè, decidere di partecipare alla vita civile del proprio Paese, condividendo con gli altri non solo i loro bisogni, ma anche le loro idee e capacità. Questo percorso di partecipazione prende il nome di “cittadinanza attiva”, proprio perché presuppone un impegno attivo da parte dei cittadini. (Si può approfondire qui ). Sulla partecipazione e su quanto sia importante per dare valore alla propria libertà vale la pena di ascoltare una bella canzone del cantautore milanese Giorgio Gaber , che dice: «Vorrei essere libero come un uomo/ Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia/ e che trova questo spazio solamente nella sua democrazia/ Che ha il diritto di votare/ e che passa la sua vita a delegare/ e nel farsi comandare/ ha trovato la sua nuova libertà./ La libertà non è star sopra un albero/ non è neanche avere un’opinione/ la libertà non è uno spazio libero/ libertà è partecipazione». La libertà è proprio uno di quei diritti inviolabili citati prima. Può aiutarci un testo molto importante: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948, che in 30 articoli descrive quali sono i diritti fondamentali degli uomini, sottolineando che essi sono garantiti a tutti, “senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”. In questo testo meraviglioso, leggiamo che gli uomini hanno diritto alla vita, alla libertà di pensiero e di movimento, alla sicurezza, all’istruzione e alla cittadinanza e, soprattutto, che essi devono agire con spirito di fratellanza. Una filastrocca di Gianni Rodari sa raccontare, con parole semplici e delicate, questo passaggio. «E’ vero che di fuori gli uomini sono di tanti colori: neri, bianchi, gialli, così così. Ma dentro siamo uguali come tanti gemelli, da Pechino a Canicattì siamo tutti fratelli.»4 4
G. Rodari, “Il libro dei perché”, Einaudi ragazzi, 2011
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Anche ai bambini e agli adolescenti sono riconosciuti dei diritti, contenuti nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Questo documento è composto da 54 articoli ed è suddiviso in tre parti: la prima parte (articoli 1-41) elenca i diritti; la seconda (art. 42-45) individua organismi preposti e modalità per l’attuazione e il monitoraggio della Convenzione stessa e la terza (art. 46-54) descrive la procedura di ratifica. In linea generale, sono quattro i principi a cui la Convenzione si ispira: • la non discriminazione (art. 2): tutti i diritti sanciti dalla CRC si applicano a tutti i minori senza alcuna distinzione; • il superiore interesse del minore (art. 3): in tutte le decisioni il superiore interesse del minore deve avere una considerazione preminente; • il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo (art. 6): non si deve garantire solo il diritto alla vita, ma anche la sopravvivenza e lo sviluppo dei bambini e degli adolescenti; • a partecipazione e il rispetto per l’opinione del minore (art. 12): l’opinione del minore deve essere presa in considerazione, ascoltata e rispettata. Per approfondire la situazione dei minori in Italia e nel mondo, possiamo leggere questo libro digitale. Abbiamo cercato di capire in cosa consiste il legame tra il concetto di legalità e le leggi; abbiamo compreso di possedere diritti inviolabili e li abbiamo letti in alcuni testi fondamentali. Adesso siamo pronti per scoprire come si presenta la legalità nella nostra vita quotidiana. Lo faremo conoscendo la vita, l’attività e le esperienze delle persone che ogni giorno lavorano per favorire e promuovere la legalità, o per contrastare l’illegalità.
1.4 Oltre la legalità Prima di proseguire nel nostro viaggio di conoscenza, cerchiamo di comprendere il significato di alcune parole che troveremo spesso nel discorso. Ormai abbiamo compreso il fortissimo legame tra la legalità e la presenza delle leggi che la guidano e la orientano. Ma cosa c’è oltre la legalità? Che significa avere un comportamento illegale, cioè contrario alla legge? Tutte le azioni che violano le leggi sono illegali. Esiste, ovviamente, una gradualità: ci sono cioè azioni più o meno gravi, a seconda delle conseguenze che generano, dei contesti o delle motivazioni per cui sono praticate, del numero di persone che coinvolgono, etc. Prendiamo in considerazione quei comportamenti che sono volutamente e consapevolmente illegali, che sono fatti con l’intento di procurare un vantaggio personale, pur in contrasto con la legge. Molti di questi atteggiamenti rientrano in un più ampio fenomeno, chiamato criminalità. La criminalità è l’insieme di quelle attività dell’uomo che violano le leggi; chi le compie è detto criminale. Se le azioni illegali sono compiute da più persone che si sono riunite e organizzate appositamente per compierle, si parla di criminalità organizzata. L’organizzazione consiste nel fatto che questi gruppi di criminali hanno una propria struttura interna, con divisione dei compiti e delle mansioni e con gerarchie di ruoli. La mafia è appunto un’organizzazione criminale ed è la conseguenza estrema dell’illegalità.
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Con il termine mafia si fa riferimento a vere e proprie associazioni segrete di criminali, dette cosche, fondate per lo più su regole interne, riti antichi e legami familiari (si parla, infatti, di famiglie mafiose), che mirano al controllo del potere su interi territori, attraverso attività economiche illecite e illegali che coinvolgono diversi ambiti della società (si usa l’espressione infiltrazioni mafiose, proprio perché queste organizzazioni criminali si mischiano e si confondono con diversi settori della vita di un Paese). La violenza, la corruzione, le minacce e le intimidazioni, le vendette e i delitti sono solo alcuni degli strumenti utilizzati dai mafiosi, per raggiungere l’obiettivo di controllo e di potere. In Italia la mafia si differenzia a seconda dall’area regionale in cui si sviluppa. In Sicilia la mafia locale si chiama Cosa Nostra; in Calabria c’è la ‘Ndrangheta, in Campania c’è la Camorra e in Puglia c’è la Sacra Corona Unita. Nonostante le differenze zone di diffusione, le organizzazioni mafiose si fondano tutte sullo stesso identico presupposto: si nutrono della povertà dei quartieri periferici, approfittano della fragilità delle persone, colpiscono i più deboli e soprattutto godono della complicità di moltissime persone che, per paura di vendette, non denunciano, abbassano gli occhi e fanno finta di niente (omertà). Ognuna di queste organizzazioni è tristemente nota per fatti di cronaca molto gravi, in cui sono state coinvolte anche persone completamente estranee alle organizzazioni stesse (vittime di mafia). Per ricordare tutte le persone morte a causa della mafia, è stata istituita una Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che si celebra ogni anno il 21 marzo.
1.5 Una luce in fondo al tunnel
Il 13 settembre del 1982, il Parlamento italiano approvò una legge molto importante, la numero 646/1982, con cui fu introdotto nel Codice penale del nostro Paese il reato di “associazione per delinquere di tipo mafioso” (art. 416 bis). Questa legge è conosciuta anche come legge Rognoni - La Torre. Pio La Torre, uno dei politici che l’aveva proposta, fu ucciso il 30 aprile 1982 in un agguato mafioso, insieme al suo autista Rosario Di Salvo; qualche mese dopo, il 3 settembre, la stessa sorte toccò al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso nella Strage di Via Carini. La legge dice che «l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali». E poi continua: «Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego». Quest’ultimo passaggio ci interessa molto. Nell’ambito delle attività mafiose, le organizzazioni criminali si arricchiscono, acquisendo potere, ma anche denaro, oggetti di valore ed edifici. Pio La Torre intuì che queste ricchezze andavano restituite alle persone cui erano state rubate o comunque tolte alle organizzazioni mafiose.
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La confisca, introdotta nella legge, fu appunto la risposta concreta. Molti edifici sottratti alle mafie sono oggi riutilizzati per progetti sociali. Chi vuole approfondire, può consultare questa ricerca in cui sono presentati alcuni progetti realizzati all’interno di beni che prima appartenevano alle organizzazioni mafiose e che ora, invece, hanno trovato una nuova vita e una funzione sociale più utile e più bella. La mafia è un’organizzazione molto complessa che negli anni ha saputo allargarsi e lasciare il segno in fatti tristissimi. Basta una semplice ricerca su Google, per conoscere le storie di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la strage di Capaci, Peppino Impastato. Tanti nomi, tante date che raccontano di una battaglia grandissima tra bene e male, tra Stato e mafia, tra chi non si arrende e chi minaccia. Tante persone sono coinvolte in questa battaglia, alcune hanno pagato con il prezzo della vita. Più in là, nel corso del nostro viaggio, conosceremo proprio le storie di chi ogni giorno mette in campo la sua piccola battaglia quotidiana, per contribuire a quella grande battaglia iniziata tempo fa e non ancora finita. Adesso possiamo ascoltare insieme una canzone di Fabrizio Moro, che si chiama sa”. Ecco il testo:
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Ci sono stati uomini che hanno scritto pagine appunti di una vita dal valore inestimabile insostituibili perché hanno denunciato il più corrotto dei sistemi troppo spesso ignorato. Uomini o angeli mandati sulla terra per combattere una guerra di faide e di famiglie sparse come tante biglie su un’isola di sangue che, fra tante meraviglie fra limoni e fra conchiglie, massacra figli e figlie di una generazione costretta a non guardare a parlare a bassa voce a spegnere la luce a commentare in pace ogni pallottola nell’aria ogni cadavere in un fosso. Ci sono stati uomini che passo dopo passo hanno lasciato un segno con coraggio e con impegno con dedizione, contro un’istituzione organizzata cosa nostra... cosa vostra... cos’è vostro? è nostra la libertà di dire che gli occhi sono fatti per guardare la bocca per parlare, le orecchie ascoltano non solo musica, non solo musica. La testa si gira e aggiusta la mira ragiona a volte condanna, a volte perdona. Semplicemente pensa, prima di sparare pensa, prima di dire e di giudicare, prova a pensare pensa che puoi decidere tu! Resta un attimo soltanto, un attimo di più con la testa fra le mani. Ci sono stati uomini che sono morti giovani ma consapevoli che le loro idee sarebbero rimaste nei secoli, come parole iperbole intatte e reali, come piccoli miracoli Idee di uguaglianza idee di educazione contro ogni uomo che eserciti oppressione
“Pen-
contro ogni suo simile contro chi è più debole contro chi sotterra la coscienza nel cemento. Pensa, prima di sparare pensa prima di dire e di giudicare, prova a pensare Pensa che puoi decidere tu! Resta un attimo soltanto, un attimo di più con la testa fra le mani. Ci sono stati uomini che hanno continuato nonostante intorno fosse tutto bruciato perché in fondo questa vita non ha significato se hai paura di una bomba o di un fucile puntato. Gli uomini passano e passa una canzone ma nessuno potrà fermare mai la convinzione che la giustizia no, non è solo un’illusione!
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