Geografie dell'abbandono. Capitolo 3: strategie di riattivazione

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3 Michela Bassanelli

Geografie dell’abbandono Il caso della Valle di Zeri Strategie di riattivazione



3 STRATEGIE DI RIATTIVAZIONE


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RICERCA*AZIONE

3 STRATEGIE DI RIATTIVAZIONE La fase di individuazione di una possibile strategia è rivolta alla rielaborazione delle informazioni raccolte nella fase precedente di lettura del contesto. I dati individuati costituiscono infatti la base per la costruzione di un sistema che indica attraverso quali strumenti è possibile operare per un progetto di riattivazione. Le conclusioni tratte dalla lettura precedente segnalano quelli che sono elementi di forza e problematiche del territorio in esame. Da un lato, individuate le risorse, bisogna capire su cosa è meglio puntare per lo sviluppo dell’area, dall’altro, individuati i problemi, bisogna trovare delle possibili soluzioni. Per capire cosa si intende per “strategia di riattivazione” occorre riflettere su entrambi i termini. Va fatta prima una premessa riguardo alla possibile fattibilità del progetto. Non è detto infatti che per tutte le realtà individuate la strada da percorrere sia quella di “Re-Action”, si può valutare in certi casi che la soluzione migliore sia quella di mantenere il borgo abbandonato con le sue rovine. Strategia deriva dal greco ed è una parola composta da stratos esercito ed ago condurre. “Essa presuppone l’adozione di una serie di azioni o misure finalizzate ad ottenere un successo, nel caso specifico la vittoria sul nemico. Possiamo dunque definire la pianificazione strategica come processo di decisioni finalizzato al compimento di alcune azioni per il raggiungimento di uno scopo” (1). Quindi il concetto di strategia fa riferimento all’individuazione di possibili alternative che consentono il raggiungimento di uno o più obiettivi. Occorre inoltre definire altri due termini che all’interno di operazioni di questo tipo presentano un ruolo di grande importanza: la comunità e la partecipazione. Per quelle aree dove sono presenti ancora degli abitanti è necessario discutere e valutare le proposte da attuare. Giancarlo De Carlo parlando di progettazione partecipata afferma: “Ma quando si raggiungono fiducia e confidenza, allora il processo diventa vigoroso, spinge all’invenzione, innesca uno scambio di idee che viene continuamente alimentato dall’interazione dei modi diversi di percepire le questioni portate nel dibattito dai vari interlocutori. A questo punto l’ambiente si scalda e accade la partecipazione, che è un evento non solo intellettuale o mentale, ma anche fisico, alimentato da calore umano”(2). L’individuazione di un modello strategico si avvia con la definizione di una mission. “Nella letteratura sul tema la mission o missione è definita come lo scopo principale, il fine ultimo, individuato nella maniera più ampia ed inclusiva possibile”(3). Nel nostro caso la mission è proprio la riattivazione del luogo ed ha i seguenti obiettivi: aumento della popolazione, miglioramento dell’economia ed un aumento della socialità. Dalle conclusioni tratte dalla lettura del contesto di tipo socio demografico, economico e territoriale è possibile definire la strategia più consona e attraverso quali strumenti sia possibile attuarla. Volendo indicare per punti le fasi del processo: 1 definizione della mission; 2 lettura del contesto e messa in evidenza di risorse e problematiche; 3 individuazione del tipo di strategia e obiettivi; 4 azioni strumentali per il conseguimento degli obiettivi.(Fig.1)


Strategie di riattivazione

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1 DEFINIZIONE MISSION

4 AZIONI STRUMENATALI

2 LETTURA CONTESTO

3 INDIVIDUAZIONE STRATEGIA E OBIETTIVI

Fig.1: Processo individuazione strategia Il secondo punto fa riferimento a due diverse modalità di analisi del contesto territoriale che sono “l’analisi dei problemi” e “l’analisi SWOT”. La prima mira alla costruzione di un albero dei problemi, ovvero di un quadro articolato e ragionato dei problemi esistenti(Fig.2). La seconda analizza debolezze e minacce, punti di forza e opportunità del territorio(Fig.3). Una volta condotta l’analisi Swot del contesto, è possibile articolare le strategie di piano, individuando le azioni da compiere per sfruttare le opportunità, valorizzare i punti di forza e rimuovere ostacoli e minacce. COMPLESSIVO DEGRADO FISICO, SOCIALE ED ECONOMICO DEL CENTRO STORICO. LA POPOLAZIONE ABBANDONA IL CENTRO STORICO

DISAGIO E MARGINALITA’ SOCIALE

ASSENZA DI SVILUPPO ED ATTIVITA’ ECONOMICHE

MARCATO DISAGIO ABITATIVO CATTIVE CONDIZIONI ABITATIVE, AMBIENTALI

VIABILITA’ E PARCHEGGI

ASSENZA AREE VERDE SPORT

ELEVATI LIVELLI DI VULNERABILITA’ SISMICA PATRIMONIO EDILIZIO IN PESSIME CONDIZIONI

ELEVATA VULNERABILITA’ DEI FABBRICATI

ASSENZA DI CAPACITA’ IMPRENDITORIALI BASSO LIVELLO FORMAZIONE PROF.

CARENZA INFORM. MERCATO DEL LAVORO

MANCATO SVILUPPO TURISTICO PATRIMONIO STORICO SOTTO UTILIZZATO

Fig.2: Un esempio albero dei problemi Tratto da “Comunità, urbanistica, partecipazione” di Giuseppe Fera

PERDITA TRADIZIONI ARTIGIANALI

DISAGIO SOCIALE FASCE DEBOLI CARENZA ATTIVITA’ CULTURALI

CARENZA SERVIZI SOCIALI


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RICERCA*AZIONE

Individuata la strategia bisogna definire attraverso quali strumenti operare. Una prima casistica è fornita dallo studio di casi già esistenti. È possibile valutare come questi strumenti agiscono, i loro benefici o le loro problematiche. Citandone alcuni: albergo diffuso, telelavoro, comunità di artisti, eco villaggio, eventi temporanei, attività artigianali. Accanto agli strumenti esistenti è possibile individuarne di nuovi. L’altro elemento da analizzare riguarda la gestione del progetto, ovvero capire quali attori partecipano ed il ruolo che hanno all’interno del sistema. Dalla lettura dei casi studio si possono valutare modi di gestione, attori e politiche adottate. Solo da uno studio molto attento delle pratiche esistenti è possibile individuare la soluzione migliore per l’oggetto del nostro intervento. che avrà una sua strategia specifica in base alle sue potenzialità da sfruttare.

(1) Giuseppe Fera, Comunità,urbanistica, partecipazione, op.cit., 50 (2) Gincarlo De Carlo, La progettazione partecipata, in “Avventure Urbane” di Marianella Sclavi, op.cit., 244 (3) Giuseppe Fera, Comunità,urbanistica, partecipazione, op.cit., 74


Strategie di riattivazione

fattori interni PUNTI DI FORZA: risorse o positività che possono favorire il processo di sviluppo di una comunità.

PUNTI DI DEBOLEZZA: negatività o limitazioni che possono ostacolare il processo di sviluppo della comunità.

fattori esterni OPPORTUNITA’: una situazione favorevole prodottasi nell’ambiente esterno alla comunità che può favorire lo sviluppo della comunità.

Fig.3: Schema analisi Swot

MINACCE: una situazione sfavorevole esterna alla comunità che può limitare lo sviluppo della comunità.

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378

RICERCA*AZIONE

3.1RACCOLTA PRATICHE Definita una possibile strategia di riattivazione è necessario individuare attraverso quali strumenti renderla operativa. L’indagine sulle pratiche fa riferimento sia agli strumenti che agli attori in gioco. Dalla lettura di casi studio, ovvero di interventi che sono già stati attuati e sono presenti in Italia, è possibile raccogliere un primo gruppo di strumenti. Ogni caso studio verrà di seguito analizzato sotto due punti di vista: 1 lo strumento/gli strumenti utilizzati; 2 gli attori in gioco e la gestione. Questo lavoro sarà utile nel momento in cui sceglieremo attraverso quali strumenti operare sul nostro territorio. I casi studio forniscono solo alcuni tipi di strumenti; il nostro compito è infatti quello di individuarne di nuovi. Inoltre non bisogna dimenticare l’importanza che investe la specificità di ogni singolo luogo, non a caso una parte cospicua del lavoro si basa sulla lettura del contesto. Risulta evidente come ogni strategia cambi caso per caso perchè ogni volta punterà l’attenzione su aspetti diversi. E’ possibile fare un elenco dei maggiori strumenti già in uso dividendoli per gruppi tematici. Il primo gruppo è quello che fa riferimento ad uno sviluppo turistico dell’area e comprende interventi come quello dell’albergo diffuso e dell’installazione di eventi temporanei che spaziano fra campi diversi come musica, teatro, danza, incontri specifici di architettura. Il secondo gruppo punta sull’insediamento di comunità come l’ecovillaggio e le comunità di artisti. Il terzo riguarda lo sviluppo come polo tecnologico-didattico; in Italia abbiamo solo il caso di Colletta di Castelbianco dell’Arch. De Carlo. In Europa casi di questo tipo sono più sviluppati. Altri strumenti su cui è possibile puntare sono le attività produttive come l’artigianato e l’agricoltura di prossimità. Perchè questi strumenti trovino un loro campo di applicazione bisogna individuare gli attori, pubblici e privati, che partecipano all’interno di questa organizzazione e capire a quale ruolo corrispondono.Tra gli enti pubblici grande importanza rivestono comunità montane, province, e regioni. Anche dal punto di vista gestionale esistono modelli diversi di attuazione dei piani: società private, società miste o pubbliche.



La risorsa 380 turismo RICERCA*AZIONE Pratiche di valorizzazione turistica 1 SANTO STEFANO DI SESSANIO (AQ), SASSI DI MATERA AZIONE

Albergo diffuso. Il borgo di Santo Stefano di Sessanio, alle pendici del Gran Sasso, è stato trasformato in un “villaggio-albergo” dall’Arch. Lelio Oriano Di Zio per conto dell’imprendotore italo-svedese Daniele Kihlgren. Visto il successo dell’operazione è riuscito ad ottenere dal Comune di Matera 20 concessioni trentennali per altrettanti Sassi e ha inaugurato sul costone della Civita il secondo “albergo diffuso” . L’idea dell’albergo diffuso origina in Carnia a seguito del terremoto del 1976. Questa pratica consiste nel riuso di case e borghi disabitati a fini turistico-ricettivi. L’albergo diffuso può essere definito come un albergo orizzontale, situato in un centro storico, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro. E’ definito orizzontale perché è composto da una struttura centrale, la reception, che funge da centro accoglienza clienti e punto d’incontro, e da una serie di unità abitative, le camere, dislocate in edifici diversi nel centro del paese, ma non troppo distanti dalla reception. L’idea è quella di mantenere il più possibile le caratteristiche e le usanze del luogo: dal punto di vista dei locali spesso si sceglie l’arredamento originario. L’offerta dell’albergo diffuso presenta numerosi vantaggi: - rispetta l’ambiente culturale: recupero del patrimonio artistico e culturale dei centri minori; - può avere la funzione di “animatore” culturale ed economico dei centri storici; - autenticità.

GESTIONE:

Daniele Elow Kihlgren, un giovane imprenditore svedese, ha acquistato la maggior parte degli edifici abbandonati del borgo di Santo Stefano di Sessanio per realizzare il progetto dell’ albergo diffuso. In questo caso siamo di fronte ad un privato che grazie ad una disponibilità elevata di denaro acquista parte delle case del borgo. Ha cominciato a cercare uno per uno i vecchi proprietari delle case diroccate abbandonate, poi ha fatto loro un’offerta e quasi tutti hanno accettato, dopo di che ha cominciato a restaurare il borgo: se nel 2001 il 75% delle abitazioni del borgo erano abbandonate, alla fine del 2008 c’erano già 120 abitanti, circa 30 attività commerciali e 7.300 presenze annue in 5 strutture ricettive. Nel 1999 è stata costituita la società dall’unico socio Daniele Kihlgren. La pianificazione delle attività e delle risorse, effettuata nel corso del 2005-2006 nell’ambito di nuovi investimenti intrapresi, ha evidenziato la necessità di rafforzare la governance, di creare una struttura aziendale in grado di gestire organicamente le varie iniziative. I quattro attuali soci della Sextantio srl hanno sottoscritto un patto in forza del quale verranno destinate alla costituenda Fondazione Sextantio una percentuale degli utili lordi di bilancio ed una parte delle eventuali plusvalenze da alienazione (anche parziale) della partecipazione nella stessa Sextantio Srl.


Strategie di riattivazione

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SEXTANTIOALBERGO DIFFUSO

mq 4.000 € 4.500.000,00

Imprenditore privato

SUPERFICI DI INTERVENTO INVESTIMENTO TOTALE (90% privato - 10% pubblico)

Proprietari case

CAMERE

N° 42

SPAZI CONVIVIALI

8

SALA RISTORANTE

1

SALA CONVEGNI/CONCERTI

1

BOTTEGHE

6

CENTRO RELAX

1

ATTORI

Sextantio Srl Comune


La risorsa 382 turismo RICERCA*AZIONE 2 CASTELFALFI (FI) AZIONE

Toscana Resort La multinazionale tedesca TUI intende realizzare un importante intervento di edilizia turistico-ricettiva accompagnato da un piano di recupero agricolo-ambientale nell’area del comune di Montaione denominata Castelfalfi. L’intervento è fondato su tre linee strategiche fondamentali: - il recupero conservativo del borgo storico e dei casalipresenti nella tenuta; - la realizzazione di nuove infrastrutture turistico ricettive; - lo sviluppo dell’attività agricola preesistente ai finidella conservazione del territorio e del paesaggio e della fornitura di prodotti agricoli locali agli ospiti della tenuta. Per quanto riguarda il recupero e la conservazione, il progetto prevede il restauro e la suddivisione in appartamenti, botteghe, bar e ristoranti degli edifi ci all’interno del borgo di proprietà di Tenuta di Castelfalfi spa nonché il restauro dei casali della Tenuta ritenuti recuperabili. La realizzazione di nuove infrastrutture turistiche prevede invece: la costruzione di un villaggio vacanze da 430 posti letto (Robinson Club) che richiama specularmente la morfologia del borgo, la realizzazione di un albergo da 240 posti letto (Iberotel) e contestualmente lo sviluppo della parte a nord del borgo con la costruzione di un “nuovo centro” polifunzionale, la realizzazione di quattro ulteriori borghi (“villaggi”) a partire da micro-insediamenti esistenti e il raddoppio dell’attuale campo da golf.

GESTIONE:

Nel 1982 l’imprenditore milanese Virginio Battanta rilevò dal tribunale di Firenze le società che detenevano tutto il borgo medievale ed i 1320 ettari di terreno agricolo che costituivano la Tenuta di Castelfalfi, incluse le 36 case coloniche e il campo da golf (di cui lo stesso Battanta era presidente) progettato dall’architetto Mancinelli. Tutti i beni ed i terreni erano infatti detenuti da diverse società che avevano sottoscritto un concordato fallimentare con il tribunale di Firenze. Successivamente, Battanta vendette tutto alla multinazionale tedesca TUI AG la quale, dopo diversi anni di completo abbandono dell’intero complesso urbanistico, ha recentemente avviato il progetto Toscana Resort che si prefigge di eseguire opere di restauro degli edifici abbandonati e costruzione di nuove strutture turistiche capaci di ospitare fino a 4000 persone. Questo progetto di recupero territoriale imporrebbe anche la costruzione di edifici nuovi che deturperebbero l’ambiente circostante. Per questo motivo Legambiente si sta opponendo all’attuale conduzione del progetto ed ha lanciato un appello di sensibilizzazione agli inevitabili danni ambientali che il paesaggio subirebbe. L´amministrazione di Montaione ha quindi deciso, prima di approvare qualunque tipo di realizzazione urbanistica, paesaggistica ed edile, di avviare un’ampia consultazione per consentire a tutti i cittadini interessati di esprimere la propria opinione su questo intervento tramite un dibattito pubblico.


Strategie di riattivazione

383

IL PROGETTO DI CASTELFALFI

ATTORI

SUPERFICI DI INTERVENTO INVESTIMENTO TOTALE

mq 8.436 € 295.000.000

Multinazionale TUI AG Comune Abitanti

POSTI LETTO

N° 670

SPAZI CONVIVIALI

8

RISTORANTI, BAR CENTRO POLIFUNZIONALE

1

1

BOTTEGHE CENTRO RELAX


La risorsa 384 turismo RICERCA*AZIONE 3 ORROLI (NU)

AZIONE

Villaggio-Albergo, Museo etnografico In questo caso di recupero del borgo accanto alla realizzazione dell’albergo diffuso”Omu axiu” sono stati creati due musei: quello etnografico e quello del ricamo. Sono stati conservati i locali adibiti a deposito degli atrezzi agricoli, le stanze con i forni per il pane, la cantina e la dispensa nella quale vengono ancora conservati salumi e formaggi. Anche le camere sono caratterizzate da arredamenti e tessuti tipici sardi.

GESTIONE:

il progetto nasce grazie alla geniale intuizione di una società di giovani, nata ad Orroli con i benefici della legge 28. Il suo presidente Agostino Vargiu ha riportato la casa di sua proprietà, posta in pieno centro, al suo antico splendore. Questa è una delle abitazioni tradizionali più antiche del paese che è stata trasformata in museo etnografico. La parte più interessante ed innovativa del progetto riguarda l’animazione dell’abitazione rurale in quanto tutti all’interno potranno osservare la lavorazione del pane o quella delle olive. Vi è poi l’area ospitale sviluppata attorno a 9 camere matrimoniali e 2 junior suite. Bisogna inoltre ricordare che la regione Sardegna si è dotata già nel 1998 di una legge(1) che prevede l’aggiornamento di un repertorio dei centri storici in cui vengono evidenziati i complessi edilizi ritenuti di valore storico, culturale ed ambientale cui destinare finanziamenti a titolo di incentivo.

(1)Regione Sardegna, Legge Regionale 13/10/1998 n.29, “Tutela e valorizzazione dei centri storici della Sardegna”.


Strategie di riattivazione

385

IL PROGETTO OMU-AXIU

ATTORI

GESTIONE FAMIGLIARE

Privato(proprietario)

CAMERE

N째 11

Comune

SPAZI CONVIVIALI

N째

1

SALA RISTORANTE

N째

1

Abitanti


La risorsa 386 turismo RICERCA*AZIONE 4 MILLION DONKEY HOTEL, PRATA SANNITA (CE)

AZIONE

Albergo Un originale albergo progettato con la partecipazione della popolazione locale per rivitalizzare un borgo medievale semiabbandonato nel massiccio del Matese. L’idea di progetto per Prata Sannita è stata quella di vedere il paese come un grande albergo con ancora delle stanze da affittare: gli spazi abbandonati si trasformano in stanze importanti non come luoghi della memoria, ma per il loro potenziale d’uso futuro. Queste stanze diventano una parte di un organismo più grande in cui l’intera Prata Sannita diviene un unico campo d’azione progettuale. Il primo intervento riguarda la creazione di tre ambienti, tre camere d’albergo, per turisti stagionali. Ogni spazio è abbinato ad un tema specifico e ad un’atmosfera ogni volta diversa, ispirata alla storia e all’emigrazione. (FELD72)

GESTIONE:

il Million Donkey Hotel è stato progettato per “il villaggio dell’arte”, un evento annuale organizzato da paesaggio workgroup, che opera nel Parco regionale del Matese vicino a Caserta. Nell’agosto del 2005, un gruppo di architetti ed artisti internazionali è stato invitato ad affrontare, attraverso la realizzazione di progetti che coinvolgessero in modo attivo la popolazione locale, le questioni dell’identità, del territorio, del paesaggio sociale. Con la partecipazione della popolazione è stato organizzato un workshop che ha portato alla realizzazione di queste stanze particolari. Il budget a disposizione era contenuto(10.000 euro) e anche gli strumenti limitati.


Strategie di riattivazione

MILION DONKEY HOTEL za az pi

a ies h chhurc c

1 2 3

4

Million Donkey Hotel PRata Sannita inferiore borgo medioevale

il letto volante the flying bed

lo spazio d‘argento silverspace

wellness

il bagno bathroom

museo museum rovina industriale industrial ruin

castello castle

alimentari shop

f rivium er e l let ete e

il buco nero the black hole

piazza

welcome TO the

Prata Superiore Lobby / Lounge

o

tell

cas

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chiesa church

fontana fountain

piazza

the million donkey hotel

rooms /stanze

mulino vecchio old mill

Million Donkey hotel

pizzeria / piscina swimming pool

Prata Sannita Inferiore (Borgo Medioevale) I - 81010 Prata Sannita (CE) Provincia di Caserta, ITALIA

Pratella fontana fountain la trota

info & prenotazione / booking:

info@milliondonkeyhotel.net +39 339 1858454

te e le fium lete r rive

chiedi di / ask for: Anna Maria Lauro, Giovanni Riccio o/or Giuseppe Riccio

ATTORI Azione matese FELD72(architetti) Abitanti

GESTIONE DEGLI ABITANTI BUDGET

€ 10.000

VOLONTARI LOCALI

N° 60

ORE DI LAVORO

N° 4.300

CAMERE

3

BAGNO

1

BAR

4

BOTTEGHE

7


La risorsa 388 turismo RICERCA*AZIONE

Pratiche di ripopolazione con inserimento di nuove comunità 1 ECOVILLAGGIO TORRI SUPERIORE (IM) AZIONE

Creare una comunità solidale Torri Superiore e l’ecovillaggio sono una cosa sola: l’ecovillaggio comprende tutti i membri residenti e non residenti, e anche gli ospiti della struttura ricettiva sono invitati a seguirne i principi. Sin dall’inizio l’idea di restaurare il villaggio si è fondata su principi ecologici. La comunità residente a Torri Superiore è iniziata con un primo piccolo gruppo nel 1993, ed ora conta circa 20 membri permanenti, tra cui 5 bambini. Per le operazioni di restauro sono stati utilizzati materiali naturali locali, l’acqua calda viene prodotta con pannelli solari e l’energia elettrica viene fornita da una ditta privata, prodotta interamente da fonti rinnovabili. Anche l’alimentazione segue principi biologici, coltivano frutta e verdura e hanno qualche animale da allevamento.

GESTIONE:

Torri Superiore, la frazione più alta del comune di Torri, è un piccolo borgo, rimasto a lungo in stato di totale abbandono viene fatto oggetto, sul finire degli anni ’80, di un’iniziativa di recupero. Una donna originaria di Torri ne acquista, assieme al compagno, una buona porzione. Si innesta così un processo che indurrà anche altre persone a coinvolgersi, in vari modi, nel progetto. Viene fondata un’associazione (Associazione Culturale Torri Superiore), con l’esplicito obiettivo di ripristinare, a scopo esplicitamente abitativo, i vecchi alloggi. Anno dopo anno le case di Torri Superiore vengono quasi tutte acquistate e divise tra i singoli soci e l’associazione. Al momento vivono stabilmente nel borgo -in parte ristrutturato un adolescente e 4 bambini, cui si affiancano altri 15-20 soci che lo abitano più o meno saltuariamente. L’ecovillaggio, offrendo corsi residenziali ed ospitalità in una foresteria, dà qualche opportunità di lavoro ai propri membri, la maggior parte dei quali, tuttavia, mantiene impieghi esterni. Nello specifico, l’attività recettiva viene gestita da una cooperativa in cui lavorano sei soci, cinque dei quali risiedono in pianta stabile nell’ecovillaggio. Può essere interessante segnalare, inoltre, che fino al 2004 il Regional Office europeo del GEN (che cambia sede ogni tre anni) era a Torri Superiore e dava lavoro a tempo pieno a tre residenti. L’economia interna è di tipo misto; ciascuno è padrone del proprio reddito, fatta salva una quota che viene versata in una “cassa-alimenti” per finanziare i pasti comuni, le utenze di riscaldamento ed elettricità e l’ammortamento di vari acquisti. Nei due ettari di terra di proprietà dell’associazione viene praticata un po’ di agricoltura biologica, quel tanto che basta per soddisfare la domanda interna di olio ed ortaggi. Testo tratto dal libro “Comuni Comunità Ecovillaggi in Italia in Europa e nel Mondo”, M. Olivares, Editrice AAM Terra Nuova”, pp 30-32).


Strategie di riattivazione

389

ECOVILLAGGIO

ATTORI

GESTIONE ASSOCIAZIONE CULTURALE TORRI SUPERFICIE

2 ettari + borgo

Associazione Culturale Torri Superiore

PROPRIETA’

Comunità

INIZIO PROGETTO

anni ‘90

RESIDENTI STABILI

N° 15 adulti 5 bambini

metà singoli soci metà associazione

ECONOMIA MISTA

individuale e cassa comune

ORGANIZZAZIONE INTERNA l’associazione si gestisce a livello assembleare con una maggioranza qualificata, almeno del 70%


La risorsa 390 turismo RICERCA*AZIONE 2 BUSSANA VECCHIA (SR) AZIONE

Villaggio degli artisti E’ una frazione collinare del Comune di Sanremo. Il violento terremoto del 23 febbraio 1887 semidistrusse il paese, fino a quel momento chiamato semplicemente “Bussana”, tanto da venire completamente evacuata dagli abitanti che si spostarono circa tre chilometri più a valle fondando il paese di Bussana Nuova. Totalmente abbandonata per decenni, ha ricominciato ad essere abitata dal finire degli anni cinquanta del Novecento da artisti italiani e stranieri, attratti dalla particolarità del luogo, che ristrutturarono e resero nuovamente abitabili gli edifici meno danneggiati. Attualmente ospita una comunità internazionale di artisti, con botteghe artigiane ed alcuni punti di ristoro, tanto da essere divenuto, negli anni, un caratteristico “villaggio di artisti” in un’ambientazione da borgo medioevale. Oggi Bussana Vecchia ospita botteghe e laboratori artistici ed artigianali di ogni sorta, dall’oreficeria all’artigianato, dal design alla botanica. Il borgo è ritornato a vivere, circondato da un’atmosfera del tutto particolare che ogni anno attira migliaia di turisti.

GESTIONE:

La storia della comunità artistica di Bussana prende l’avvio alla fine degli anni Cinquanta, quando il torinese Mario Giani, in arte, Clizia, ceramista, visitò il borgo diroccato, allora completamente disabitato e lanciò l’idea di fondare una comunità internazionale di artisti, dotata di uno statuto, una sorta di piccola Costituzione volta a regolare i rapporti sociali fra i suoi membri. Gli edifici di Bussana erano a disposizione della comunità; di essi non era possibile rivendicare la proprietà, ma ne era consentito l’utilizzo per lo svolgimento di attività artistiche. Nell’ aprile del 1980, con una sorta di rinnovato atto costituente, nasce la Nuova Comunità Internazionale Artisti (NCIA), che ha l’intento di dare ai cittadini di Bussana uno strumento ideologico e pratico in grado di regolare le loro attività, Fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta si é assistito a una sempre più evidente crescita del fenomeno speculativo immobiliare del paese. Alle origini, chi abbandonava Bussana Vecchia e l’abitazione che aveva restaurato chiedeva a chi subentrava stabilmente al suo posto un semplice rimborso per le spese sostenute in quella che spesso era stata una radicale ricostruzione degli edifici; ma successivamente, il grande aumento dell’afflusso di artisti e artigiani verso il borgo ha provocato l’instaurarsi di un vero e proprio mercato immobiliare. In questi ultimi anni un numero sempre maggiore di abitazioni é stato acquistato da persone che risiedono a Bussana esclusivamente per ragioni turistiche. Oggi dopo diverse dispute di ordine legale la maggior parte degli immobili dichiarati abitabili risultano essere di proprietà degli artisti, mentre gli spazi comuni, quali strade, piazze, cimitero, lavatoi ed il municipio risultano appartenere al comune di Sanremo. tratto da : www.bussanavecchia.com/docStoria


Strategie di riattivazione

COMUNITA’ DI ARTISTI

ATTORI Comunità di artisti Comune Abitanti

INTERVENTO SPONTANEO COMUNITA’ DI ARTISTI

391


La risorsa 392 turismo RICERCA*AZIONE 3 BORGO DI CALCATA (TE) AZIONE

Villaggio degli artisti Il borgo antico emerge dalla valle del Treja come un monumento solenne: i pochi abitanti rimasti (la maggior parte si è tra sferita a Calcata nuova) tengono compa gnia a un gruppo sempre più nutrito di forestieri e artisti che hanno acquistato le vecchie case trasformandole in sofisticate abitazioni. Diffuse ed esclusive le attività culturali riunite intorno ad antiche botteghe (la “cacera”, il “forno a soccio”, il “for no venale”), al magazzino “documenta” e al “granarone”, i cui spazi accolgono mostre, conferenze, concerti e altro. Negli anni ‘60 ha subito per la crisi agraria un forte processo di emigrazione che fece ridurre i suoi abitanti a poche decine. Negli annni ‘80 è diventato oggetto di un elaborato studio di rivitalizzazione fortemente voluto e promosso dall’amministrazione comunale di Castellalto la quale ha in un primo luogo decretato l’elaborazione di un piano territoriale. L’idea è stata quella di perseguire una vocazione culturale del borgo con il desiderio di farne un centro artistico senza rinunciare a destinare il centro storico ed il territorio agricolo a residenza abituale e ed a sede di attività primarie condotte dai locali.

GESTIONE:

l’amministrazione comunale ha elaborato negli anni ‘80 un piano un piano territoriale che prevedeva: il recupero architettonico del borgo, la creazione di zone naturali protette e di un parco botanico, il risanamento ambientale di un tratto del fiume Vomano ed il restauro di una ventina di casali prossimi al paese, da destinare ad interventi agrituristici. Le opere, miranti in primo luogo allo sviluppo economico e occupazionale di Castelbasso, sono state finanziate con fondi di gestione, con fondi destinati dalla Cee ai PIM( Piani integrati mediterranei). L’iniziativa di Castellarte ‘88 è consistita nella trasformazione del centro in una galleria d’arte all’aperto. L’idea è stata ripresa ed integrata nel 2000 dal “Castelbasso progetto cultura”, l’evento riscuote notevole successo e propone diverse iniziative nell’ambito delle quattro sezioni: arte, letteratura, teatro, musica e gastronomia.


Strategie di riattivazione

393

VILLAGGIO DEGLI ARTISTI

ATTORI

RIVITALIZZAZIONE VOLUTA DAL COMUNE

Comune di Castellalto

EVENTI : CASTELBASSO PROGETTO CULTURA

Artisti

CAMPI: ARTE, TEATRO, DANZA, MUSICA

Abitanti


La risorsa 394 turismo RICERCA*AZIONE Pratiche di riconversione in poli tecnologici 1 COLLETTA DI CASTELBIANCO AZIONE

Borgo telematico Il terremoto del 1987 ha portato all’abbandono definitivo del borgo del XIII secolo, ma la sua decadenza era già in att da tempo. Nel 1995 è divenuto oggetto di uno studio sperimentale di recupero che, sul modello dei televillages americani e dei telecottages scandinavi, ne ha proposto la trasformazione in “cybervillage”. Il borgo di Colletta di Castelbianco, in Italia è il primo ed unico Borgo Telematico. “Telematico” in quanto tutte le unità abitative sono cablate con cavi a fibra ottica e lo stesso Borgo è nodo Internet ad alta velocità. La rivitalizzazione del borgo in abbandono è stata dunque perseguita attraverso la sperimentazione tecnologica avanzata, reinventando completamente il suo ruolo e proponendolo quale sede di studi telematici, oggi frequentata da scrittori e da docenti italiani e stranieri che elaborano le loro ricerche. Questo strumento consente agli abitanti del borgo di beneficiare di tutti i vantaggi del vivere in zone rurali, senza rinunciare ai servizi informativi e culturali divenuti indispensabili nella nostra epoca. Il progetto di De Carlo per il villaggio di Colletta di Castelbianco applica, nella risoluzione delle interfacce fra muratura e impianti, fra cellule strutturali e reti impiantistiche, un metodo di progettazione sull’esistente che coniuga cultura tecnica tradizionale, come componente del valore ambientale di un luogo, con innovazione tecnologica, come risorsa per il soddisfacimento di nuove e più elevate richieste di comfort e disponibilità di attrezzature.

GESTIONE:

l’operazione è stata condotta per iniziativa della Sivim di Alessandria che nel 1995 ha acquistato l’intero borgo per circa 2 milioni di dollari. E’ stato incaricato l’arch. Giancarlo De Carlo di redigere il progetto di trasformazione in televillaggio. I lavori di restauro sono stati condotti utilizzando solo materiali e tecniche tradizionali. Particolarmente colpito dall’interessante tipologia degli edifici che consentivano accessi a diversi livelli, l’ha utilizzata come spunto progettuale. Il progetto è rivolto a coloro che, sfruttando le possibilità offerte dal telelavoro e stanche di vivere nella confusione urbana cercano solitudine nelle poccole comunità dotate di sistemi di comunicazione efficienti.


Strategie di riattivazione

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BORGO TELEMATICO

Cablaggio a larga banda (155 mbs) Centrale telefonica digitale privata Voice mail Telefonia mobile (cordless) Router personale che interconnette la rete locale con la rete Internet. Firewall con funzione di filtraggio monodirezionale del traffico di rete Intranet server Web server Tv sat

ATTORI

SUPERFICIE

Sivim di Alessandria

COSTO ACQUISTO

Arch. Giancarlo De Carlo

ABITANTI ATTUALI

nuovi abitanti

mq

3.151

â‚Ź

2.000.000


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RICERCA*AZIONE

3.2 RACCOLTA POLITICHE Accanto alle pratiche di rivitalizzazione di un centro esistono anche delle politiche di incentivazione che possono essere di supporto alla prime oppure agire singolarmente. Azioni di questo tipo potrebbero riguardare particolari accordi tra i proprietari del patrimonio edilizio e le società o i privati che intendono acquistarli per recuperarli. Altri tipologie riguardano contratti d’affitto particolarmente favorevoli all’insediamento di popolazione nuova o incentivi sull’apertura di attività locali: artigianali o agricole. Le politiche consistono quindi in azioni puntuali mirate allo sviluppo e al ripopolamento del territorio. Vere e proprie sperimentazioni di politiche di ripopolamento di questi abitati sono state attuate in Europa, nello specifico in Irlanda e in Spagna. L’idea nasce nel 1990 in Irlanda, dove lo scultore Jim Connolly ha creato la “Rural Resettlement Ireland”(RRI), che ha favorito le successive esperienze spagnole. Si tratta di un’associazione apolitica volontaria che si occupa di promuovere ed assistere il ripopolamento delle aree rurali dell’occidente irlandese. L’organizzazione individua case disponibili per l’affitto o la vendita e si occupa della selezione delle famiglie interessate al programma. “Gli aspetti che interessano maggiormente le famiglie riguardano le possibilità occupazionali, i costi, le reti di collegamento e la vicinanza ai servizi di base come scuole, ospedali, centri culturali, aree sportive e negozi. L’iniziativa ha riscosso un discreto successo e delle 400 famiglie, trasferitesi dal 1999 al 2003, l’80% è rimasto in sito. Le principali difficoltà incontrate sono dovute a problemi di integrazione con la popolazione locale che, seppur animata da un forte desiderio di ripopolamento, non ha manifestato particolare disponibilità a favorire i processi di integrazione.” (1). Questa associazione non si occupa solo di organizzare corsi per preparare gli abitanti alla nuova vita rurale, ma anche di educare all’accoglienza i locali. L’associazione è finanziata per tre quarti con fondi pubblici e per il resto con donazioni private. I suoi promotori aspirano ad estendere la loro esperienza a tutto l’ambito europeo, adattandola ai singoli paesi. In Italia non esistono esperienze di questo tipo, ovvero mirate alla creazione di associazioni per il ripopolamento dei luoghi. Sono nella maggioranza dei casi delle azioni strumentali, per lo più orientate ad uno sviluppo turistico della zona. L’unico caso italiano di promozione dei centri storici minori abbandonati come risposta al problema dell’immigrazione è quello della regione Calabria che il 12 giugno 2009 ha varato la legge: “Accoglienza dei richiedenti Asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale, economico e culturale delle Comunità locali”(2). La Calabria, meta di numerosi attracchi di profughi, ha pensato di trasformare la presenza degli immigrati e dei rifugiati in un’opportunità per il territorio: quella della crescita economica e del ripopolamento dei centri storici abbandonati. Una politica di accoglienza, dunque, che vede nell’immigrato una risorsa, non un costo sociale da mantenere, e soprattutto una persona da inserire nella società attraverso il lavoro.

(1) Colletta Tiziana, La conservazione dei centri storici minori abbandonati: il caso della Campania, op.cit., 163-164 (2) Legge regionale 12 giugno 2009, n. 18, regione Calabria



La risorsa 398 turismo RICERCA*AZIONE Badolato e Riace, l’dea dell’accoglienza e lo sforzo “La legge regionale della Calabria sull’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati politici come modello da seguire in tutt’Italia e riferimento per una legge nazionale. L’importante riconoscimento è arrivato oggi a Roma al presidente della Regione Agazio Loiero dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr. “Abbiamo sempre creduto in questa politica che mira a trasformare la presenza degli immigrati e dei rifugiati – ha detto Loiero – in un’opportunità per il territorio, quella della crescita economica e del ripopolamento dei centri storici abbandonati. Lo spopolamento dei nostri paesi è un dramma, perché è perdita di identità e memoria”. Il presidente della Regione si è soffermato sull’esperienza di integrazione portata avanti nella Locride, e in particolare nei tre comuni di Riace, Caulonia e Stigliano. “Con la legge regionale abbiamo dato incentivi a quei progetti che includono i rifugiati. La Calabria è fatta per il 90% di montagne e colline, un territorio dunque che tende allo spopolamento. Con questa legge ristrutturiamo i borghi, diamo incentivi all’edilizia popolare, utilizzando i fondi europei”. Una politica di accoglienza, dunque, che vede nell’immigrato una risorsa, non un costo sociale da mantenere, e soprattutto una persona da inserire nella società attraverso il lavoro. “Questo modello calabrese di legge che coniuga lo sviluppo delle comunità locali con l’integrazione dei rifugiati – ha detto Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – è assolutamente da imitare, da riprodurre e portare come esempio”. Parole di elogio sono state espresse anche da Laurens Jolles, rappresentante regionale in Italia dell’agenzia delle Nazioni Unite. “L’integrazione è molto importante, e viene dopo l’accoglienza – ha commentato – e la Calabria con la sua legge regionale che integra i rifugiati politici è un ottimo esempio e noi speriamo vivamente venga preso come punto di riferimento per una legge nazionale. In alcuni comuni, come Riace, le scuole non sono state chiuse proprio grazie alla presenza di piccoli rifugiati, perfettamente integrati”. Il presidente Loiero è tornato sull’esperienza dei comuni calabresi. “Voglio precisare che si tratta di una legge regionale votata anche dal centro destra, all’unanimità, quindi in essa non c’è niente di ideologico – ha aggiunto – pensiamo che tra i primi comuni che hanno deciso di attuarla c’è Stigliano, amministrato dal centro-destra”. Il presidente della Regione è tornato poi sull’opportunità di simili politiche sull’immigrazione. “Gli indicatori demografici ci dicono che tra 25 anni il 30% della popolazione sarà ‘meticcia’. Noi siamo per l’integrazione, guardiamo al futuro e pensiamo alle generazioni che verranno”. Loiero ha voluto poi concludere sottolineando come l’immigrazione si possa intendere e vivere in tanti modi diversi. “Il tema della sicurezza da alcune politiche viene strumentalizzato, e si instilla nella popolazione la paura dell’altro”. E la Calabria? “Da noi c’è meno paura dell’altro. I figli dei rifugiati accolti nei nostri paesi parlano perfettamente il calabrese. I flussi migratori vanno governati non incutendo paura ma con la sapienza delle proprie leggi”. Tratto da: www.regione.calabria.it


Strategie di riattivazione

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Legge regionale 12 giugno 2009, n. 18 (Calabria)

Accoglienza dei richiedenti Asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale, economico e culturale delle Comunità locali. (BUR n. 11 del 16 giugno 2009, supplemento straordinario n. 1 del 19 giugno 2009)

Art. 4 (Tipologia di interventi ammessi) 1. La Regione con il Piano regionale di cui all’articolo 2 della presente legge sostiene con priorità interventi, di durata anche pluriennale, in favore di comunità interessate da un crescente spopolamento o che presentano situazioni di particolare sofferenza socio- economico che intendano intraprendere percorsi di riqualificazione e di rilancio socio- economico e culturale collegati all’accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati, e dei titolari di misure di protezione sussidiaria e umanitaria. 2. La Regione sostiene inoltre la produzione e la diffusione di eventi culturali volti a sensibilizzare l’opinione pubblica ad una cultura dell’accoglienza e ad una conoscenza del diritto d’asilo, anche allo scopo di prevenire e contrastare situazioni di intolleranza e razzismo, nonché sostiene programmi di formazione rivolti anche agli operatori della pubblica amministrazione nel campo del diritto d’asilo e del diritto dell’immigrazione in generale. 3. Sono titolari degli interventi di cui al comma 1, i Comuni, singoli o associati, le Province e le Comunità montane. Sono titolari degli interventi di cui al comma 2, nell’ambito delle reciproche competenze, gli Enti locali, le Istituzioni scolastiche, le Aziende sanitarie e gli altri soggetti pubblici nonché le Associazioni ed enti senza scopo di lucro operanti nel territorio regionale. Agli interventi di cui al comma 2 è destinata una quota comunque non superiore al 15% delle risorse finanziarie disponibili. 4. Gli interventi di accoglienza ed inserimento sociale di cui al comma 1 debbono essere dimensionati in modo da risultare congrui e socialmente sostenibili rispetto alle potenzialità, culturali ed economiche del territorio in cui si inseriscono. A tal fine l’amministrazione regionale valuta i progetti che le vengono sottoposti sotto il profilo della loro fattibilità, sostenibilità ed effettiva costruzione di una forte ed estesa rete sociale di interesse e di condivisione delle finalità dell’intervento. È data priorità ai progetti che valorizzino le produzioni artigianali, le competenze e le tradizioni locali, ovvero che prevedano forme di commercio equo e solidale, di turismo responsabile e programmi di economia solidale e cooperativa. Sono in ogni caso esclusi dal finanziamento interventi che non siano frutto di una progettazione complessiva ed integrata che preveda la gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei titolari di forme di protezione sussidiaria o umanitaria quale parte integrante di programmi mirati di sviluppo delle comunità locali interessate.


WIM WENDERS “IL VOLO”



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