GEOGRAFIE DELL’ABBANDONO IL CASO DELLA VALLE DI ZERI
Politecnico di Milano FacoltĂ di Architettura e SocietĂ Corso di laurea in Architettura anno accademico 2009-2010
relatore: Gennaro Postiglione studente: Michela Bassanelli matricola: 720111
A nonna e a Marco
Non ricordo bene quando ebbi per la prima volta la sensazione che i luoghi avessero un loro senso, un loro sentimento; immagino che sia accaduto molto presto, nella mia infanzia. Nel paese della mia fanciulezza i luoghi avevano un nome ed erano tutti speciali. Avevano un segreto. C’era il luogo delle fragole, quello dei funghi, il luogo delle castagne e delle ciliege, il luogo dell’acqua e quello delle sabbie. Ognuno intratteneva un rapporto particolare con un determinato luogo. Vito Teti. Il senso dei luoghi
GEOGRAFIE DELL’ABBANDONO LA DISMISSIONE DEIBORGHI IN ITALIA ABSTRACT PARTE 1: Indagine del fenomeno CAP.1 I Borghi in Italia [20] [oggetto di studio-fenomeno] 1.1 nascita dei borghi [22] 1.2 declino & abbandono [26] 1.3 la situazione attuale [30] 1.3.1 PiccolaGrandeItalia [31] 1.3.2 Disagio insediativo [36] 1.3.3 Eccellenze e ghost town [40] 1.3.4 Paesi fantasma [48] 1.4 le proposte di legge [106] 1.5 diversi gradi di dismissione [108] 1.6 mappa della dismissione in Italia [112] 1.7 casi di riattivazione [118] 1.7.1 casi italiani [120] 1.7.2 casi europei [148] 1.8 obiettivi del lavoro [156] PARTE 2: Ricerca-Azione CAP.2: Lettura del contesto [162] 2.1 Leggere lo stato di fatto [164] 2.1.1 La Valle di Zeri: indagine esperienziale [166] 2.1.1.1 esplorazione soggettiva [168] 2.1.1.2 racconto degli abitanti e degli altri [252] 2.1.2 La Valle di Zeri: indagine oggettiva [262] 2.1.2.1 cartografia [264] 2.1.2.2 dati [313] [persone, patrimonio edilizio, economia] 2.2 Ricostruire la storia dei luoghi [322]
2.2.1 La Valle di Zeri: indagine esperienziale [324] [dati] 2.2.2 La Valle di Zeri: indagine soggettiva [330] [racconti] 2.3 Risorse potenziali [336] 2.3.1 La Valle di Zeri [338] 2.3.1.1 risorse naturali [340] [boschi, aree coltivate, corsi d’acqua] 2.3.1.2 risorse culturali [354] 2.3.1.3 risorse produttive [362] 2.4 conclusioni generale [364] 2.4.1 La Valle di Zeri [366] [aspetti sociodemografici] [aspetti economico-produttivi] [aspetti territoriali] CAP.3: Strategie di riattivazione [374] 3.1 raccolta pratiche [378] 3.1.1 pratiche di valorizzazione turistica [380] 3.1.2 pratiche di ripopolamento [388] 3.1.3 pratiche di riconversione in poli tecnologici [394] 3.2 raccolta politiche [396] CAP.4: Una ipotesi operativa per la valle di Zeri: verso un territorio sostenibile [404] 4.1 metaprogetto [406] 4.2 dispositivi minimi [412] 4.3 consorzio della terra [420] 4.4 consorzio dei servizi [428] 4.5 scenari [435] 4.6 Biozeri: verso una gestione sostenibile del territorio [456] 4.7 Micro-Infrastrutture-Ecologiche [466] 4.8 ambientazioni [480] bibliografia [597] glossario [505]
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ABSTRACT
ABSTRACT Il territorio italiano ha tra le sue peculiarità quella di essere costellato da un numero altissimo di piccoli borghi che da molti anni stanno subendo il fenomeno dello spopolamento. Ciò comporta l’abbandono di questi luoghi con la conseguente perdita di territori che sono risorse importantissime sia dal punto di vista culturale che turistico. I numeri sono molti alti si parla di 5.308 “paesi abbandonati”. “I «paesi fantasma» rappresentano il 72% di tutti i comuni italiani, uno spaccato d’Italia in cui vive circa un quinto della popolazione nazionale, più o meno dieci milioni di persone. Questi piccoli paesi rappresentano la memoria storica di un’Italia che ormai non c’è più. L’urbanizzazione e lo sviluppo economico hanno fatto in modo che l’attenzione degli italiani si spostasse sempre più nelle grandi città, abbandonando in una specie di dimenticatoio sociale un grandissimo numero di piccoli paesi, che sono rimasti per lo più abbandonati. Il fenomeno ha avuto inizio nel secondo dopoguerra, negli anni della ricostruzione, quando migliaia e migliaia di persone abbandonarono le proprie case in montagna o in campagna per recarsi in città alla ricerca di nuove fortune. La vita doveva ricominciare e l’unico modo per trovare lavoro e sicurezza economica era quello di trovare un impiego sicuro nei grandi centri urbani. Il fenomeno provocò, come deteriore effetto collaterale, la scomparsa di gran parte dei mestieri legati all’artigianato. Dei 5838 «paesi fantasma», sono 2831 i comuni che rischiano di scomparire, veri e propri centri a rischio estinzione. Questi ultimi ricoprono una superficie di circa centomila chilometri quadrati. Il fenomeno dei «paesi fantasma» interessa molto il Centro-Sud e le zone appenniniche. I piccoli centri alpini si sono salvati grazie all’industria del turismo, quelli del nord invece hanno continuato a sopravvivere grazie alla vicinanza alle grandi città industrializzate e, fatto non secondario, grazie a infrastrutture tale da consentire agli abitanti di raggiungere le città in poco tempo e in modo piuttosto confortevole. Al Centro-Sud la situazione è invece molto diversa. Migliaia di paesini si sono spopolati. La situazione più pesante si registra in Basilicata — dove ben 97 centri sono a rischio estinzione —, nelle parti montuose della Sicilia e della Sardegna, nelle aree interne di Marche e Toscana e su tutto l’arco dell’Appennino Meridionale, dall’Abruzzo alla Calabria, passando per il Molise. “ (Il Tempo, 25-07-2005) Di fronte a questo quadro generalizzato è importante pensare a delle strategie che consentano di fornire nuove prospettive e nuove speranze a coloro che vivono all’interno delle aree a rischio spopolamento. Il progetto si propone di attivare un processo di rivitalizzazione del tessuto socioeconomico dell’area locale per mezzo dell’opportuna valorizzazione del patrimonio artistico, ambientale e culturale localmente sedimentato.
ABSTRACT
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Strategy for the development of Euro-Mediterranean cultural heritage: priorities from Mediterranean countries(2007-2013) “From now on, the concrete task of any programme for Cultural Heritage promotion has to be centred on active-actions of reappropriation by people themselves. This new way of taking care of involves in particular a real meeting of the people concerned with their own successive memories: a true reconciliation, in certain cases, between tangible and non-tangible heritage. To this end, architectural heritage, museums and all cultural areas must become places of life for the local populations. Synergies between past cultural heritage and contemporary creations, live arts and crafts should be promoted in order to encourage the dialogue between generations and the integration of cultural heritagein local daily life.” Strategic Orientation 1. Cultural heritage awareness raising and education The value of cultural heritage has to remain closely related to the interests of the local population and dependent on the active implication of the civil society and local communities. They must perceive their interest as deriving from the enhancement of ‘their’ cultural heritage. This means that support should be provided to schools, universities and vocational education. Support to raise the awareness of local and central administr tors is also needed in order to integrate cultural heritage in the education system. This effort also has to be directed at young people and the public in general. 2. Cultural heritage as means of local development As a factor of human development, cultural heritage provides a motor to generate new opportunities for creative activities, sites management, tourism, etc. and for synergies between those activities. 3. Good governance in the fi eld of cultural heritage As cultural heritage is a ‘public wealth’, its management and its appropriation by the people require a legal, administrative, rigorous and professional framework harmonised at the regional level so that intercultural dialogue is also supported. Social and economic impact Social development Economic and regional development — Activities for the promotion and enhancement of cultural heritage require a partnership approach capable of integrating the different stakeholders involved in cultural heritage regional development. — Public–private partnerships (PPPs) for the preservation and enhancement of cultural heritage sites and museums should be stimulated. — Legal framework introducing incentives for the private sector in the area of cultural heritage protection or promotion.
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ABSTRACT
Taormina Declaration “SAVING EUROPE’S MEMORY AND IDENTITY” Adopted by the participants of the EUROPA NOSTRA FORUM on “Safeguarding Europe’s Historic Small Towns and Villages and their Surrounding Landscapes” organised in cooperation with ITALIA NOSTRA. Taormina, Sicily, 4 June 2009 Europe’s historic small towns and villages should be considered as gems of European cultural heritage. Each small town or village bears witness to its own unique development and history, through the evidence of its architectural and urban built heritage, and that of the natural and created landscapes in which it is set. As such, historic small towns and villages constitute an im portant repository of European memory, and thus of the foundations of many European citizens’ and communities’ sense of identity. Europe’s historic small towns and villages are faced with great challenges and concrete threats to their integrity, brought about by modern social and economic developments which unrelentingly occur in quick succession. These place the small towns and villages in positions of extreme vulnerability. Moreover, the recent earthquake that struck L’Aquila and the Abruzzo Region on 6 April 2009, reminds us to what extent historic small towns and villages can be devastated when hit by the forces of nature or acts of God. In order to seriously and effectively safeguard the integrity and the authenticity of the inhabited historic centers of these small towns and villages, and consequently to enhance the quality of life of their present and future generations of inhabitants, and by extension that of the wider population, public authorities must act at all levels - European, national, regional and local - to put into practice, responsible and sustainable protective political initiatives. In order to achieve this, the local communities must be engaged and players of Civil Society must bring stronger pressure to bear. It must be stressed that the wide and intricate web of historic small towns and villages spread across the vast and varied territory of the continent of Europe, constitutes the essential fabric and basic structure of the European landscape itself. It is essential that this web, and its individual components, are protected and supported to help them flourish. Therefore, the participants of the Europa Nostra Forum on Safeguarding Europe’s Historic Small Towns and Villages, assert the following: • The protection of the landscape should be pursued following appropriate guidelines and methodologies – creating landscape zoning - which will govern rural and town planning, as well as the functioning of related organisations. In Italy, for example, these are prescribed in the recently established Cultural Heritage and Landscape Code. Such Codes must be thoroughly and accurately respected by the National and Regional governments, and must include realistic and enforceable timetables. • The protection of the rural landscape, with its traditional crops, cultivation methods and the scale of and techniques for land division, should represent the essential aim and outcome of the introduced rural and town planning and zoning regulations, bearing in mind that today the rural landscape is threatened by the irrepressible and rapidly expanding urban sprawl. These protective regulations must be in accordance with the Council of Europe’s European Landscape Convention. (www. coe.int/europeanlandscapeconvention) • The restoration and redevelopment of historic settlements, including smaller ones, should be carried
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out following thorough and accurate historic, anthropological and typological research. Further, this work should fully respect the principles of conservation and urban renewal, in order to encourage the re-use and adaptation of existing structures and spaces as the effective alternative to new urban expansions which tend to waste land and non renewable territorial resources. • Before any restoration or regeneration project is to commence, strict assessments must be carried out regarding the quality of the project and its potential impact on the historic fabric of the town or village in question, and on the environment of its surrounding landscape. During the project’s realisation, strict supervision and control must be maintained, and an evaluation should be carried out afterwards to provide feedback and suggestions for improvements. • Urgently, these criteria must be followed in Italy regarding the reconstruction and repair of the villages after the recent earthquake in Abruzzo. It is crucial that demands are met for an immediate and strict rehabilitation and revitalisation of the urban center of L’Aquila with its unique monumental compound, as well as the other less known surrounding historic small towns and villages, which were damaged by the same earthquake. • It is essential to engage the younger generation through multiple educational and training projects, within and outside of schools. These can assure a wider sensitivity towards civic responsibilities and towards the beauty and value of the surrounding landscape. • An appeal should be addressed to Universities, for them to fulfill their essential roles of granting professional training and creating educational programmes in the field of cultural heritage protection and enhancement, for both the built and natural, urban and rural heritage. At this moment of renewal amid the elections for the European Parliament, the participants of this Taormina Europa Nostra Forum appeal to all European Union Institutions to fulfill their responsibilities and to take urgent and effective action, including the necessary financial support (through structural and other funding), to protect Europe’s historic small towns and villages and their surrounding landscapes.
PARTE 1
INDAGINE DEL FENOMENO
1 I BORGHI IN ITALIA
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INDAGINE DEL FENOMENO
1 I BORGHI IN ITALIA La prima parte della ricerca indaga il fenomeno della dismissione dei borghi in Italia. Per capire le cause che si nascondono dietro a questo fenomeno bisogna definire il concetto di “borgo”, ovvero bisogna capire il significato del termine e le valenze che si porta dietro. “Borgo” (vedi glossario)è qui inteso come sinonimo di centro storico minore. Nei secoli passati questa denominazione era spesso riservata ai paesi di importanza che possedevano un mercato ed una fortificazione; proprio la presenza di queste strutture lo differenziava dal “villaggio”. Il borgo nel periodo Medievale era costituito da un gruppo di case che sorgevano intorno ad una piazza, solitamente quella della chiesa o quella del palazzo del comune. La ricerca si concentra poprio attorno a questi luoghi. Con il termine di borgo si fa riferimento nella ricerca a quei paesi che sono sparsi lungo tutta la penisola e che hanno caratteristiche ben precise. Il fatto di non essere facilmente raggiungibili né costituisce un esempio. Spesso infatti questi comuni si trovano sugli Appennini o nell’entroterra e sono distanti dalle principali vie di comunicazione. Il territorio italiano è costellato da un numero altissimo di piccoli comuni. Questi 5.835 piccoli centri non solo svolgono un’opera insostituibile di presidio e cura del territorio, ma sono portatori di cultura, saperi e tradizioni. La peculiarità del paesaggio italiano è proprio quella dei piccoli centri, dei borghi arroccati circondati da mura con i loro vicoli stretti, simbolo di un passato ricco di tradizioni. Questi luoghi possono essere letti secondo quattro punti di vista: i modi dell’insediarsi, i modi del costruire, i modi dell’abitare e i modi di formazione delle immagini. L’insediarsi fa riferimento alla fondazione dei luoghi, alla morfologia del terreno. Il secondo punto riguarda il costruire e quindi il rapporto con il sito, il radicarsi in un luogo. L’abitare è l’entrare in contatto e stabilire un rapporto con altri uomini. Tutti questi temi sono fondamentali per capire queste realtà. A causa di catastrofi ambientali o di motivi di carattere economico-demografico questi centri a partire dal secondo dopoguerra in avanti hanno cominciato a diminuire radicalmente la popolazione. In alcuni casi l’abbandono è stato completo e oggi restano i ruderi a testimonianza di una vita passata. In altri casi il fenomeno dell’abbandono è stato parziale e oggi sono per lo più abitati da una popolazione anziana che non è più in grado di portare avanti l’economia. Vito Teti nel testo “Il senso dei luoghi” descrive con grande passione i paesi abbandonati di Calabria attraverso le storie, le tradizioni e le usanze della popolazione che ha abitato e nello stesso tempo costruito quei luoghi. Leggendo le pagine del libro sembra di vivere quei paesi, di percorrere attraverso le sue parole il lungo cammino nei paesi di Calabria: “Quello dell’abbandono e della rinascita diventava un problema che meritava non solo attenzione e riflessione, ma mi impegnava in un nuovo modo di guardare e di descrivere la regione. Giungevo a questo interesse non perché sollecitato dalle tante emergenze archeologiche, ma a partire da storie minute, da un diverso sguardo sui resti del passato, sui piccoli centri che si spopolavano, sulle feste intime che si svolgevano tra poche casupole sventrate, rivestite da piante di fico e da erbe.”(1) Racconti come quello di Vito Teti o del giornalista Paolo Rumiz ci evidenziano come sia importante descrivere quella realtà italiana, più minuta ma nello stesso tempo ricca di storia, materiale e immateriale. Il giornalista di Reppublica, che ogni anno compie dei viaggi-reportage, ha fatto recentemente un viaggio lungo gli Appennini. “Ma la grande scoperta della mia vita di giornalista è stata l’Appennino, che ho percorso metro per
I borghi in Italia
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metro nel 2006, dando vita a un’altra serie di reportage. Ho scoperto un arcipelago di meraviglie e una rete di uomini-eroi che si ostinano a resistere in quota perché hanno la lucida certezza che l’equilibrio del nostro Paese dipende dalle terre alte. Un’Italia minore, dimenticata dal potere, della quale temo che il nuovo federalismo in auge servirà solo a sdoganare il saccheggio. Il simbolo di questa aggressività suicida del Paese verso la sua montagna l’ho visto incarnato nella pastorizia, massacrata di divieti e schiacciata da un’alleanza fra burocrati di provincia e una grande distribuzione che spaccia nei nostri negozi carne straniera senza nome e senza qualità. La pastorizia, cenerentola dimenticata, dopo essere stata per secoli inestimabile ricchezza del Paese. Sempre più spesso capita che ai piccoli comuni spopolati e in bolletta si presentino emissari di grandi aziende che, in nome dell’equilibrio ambientale e altre cause nobili come l’abbattimento del CO2 o il salvataggio delle acque, propongano la costruzione di piccole o grandi centrali, come quella a biomasse che presto stravolgerà la parte più intatta dell’Appennino parmense.”(2) Questi sono esempi di coloro che hanno descritto parti diverse di una stessa Italia caratterizzata da piccoli centri a rischio di abbandono o già abbandonati. Sono infatti centinaia i piccoli borghi che rischiano lo spopolamento ed il conseguente degrado a causa di una situazione di marginalità rispetto agli interessi economici che gravitano intorno al movimento turistico e commerciale. È l’Italia minore, quella a volte più sconosciuta e nascosta, che rappresenta al meglio il dipanarsi della storia millenaria che ha lasciato i suoi segni indelebili soprattutto in questi luoghi rimasti emarginati dallo sviluppo e dalla modernità. Dal recente rapporto sul disagio insediativo in Italia emerge chiaramente la situazione presente e futura del Bel Paese. Il fenomeno viene segnalato dal rapporto di Confcommercio-Legambiente sull’Italia del disagio insediativo, “1996/2016 - Eccellenze e ghost town nell’Italia dei piccoli comuni” realizzato in collaborazione con Serico-Gruppo Cresme(3). Se nel 1996 il “disagio insediativo” colpiva 2.830 comuni, nel 2006 ne ha interessati 3.556 e la previsione è di 4.395 comuni per il 2016, in pratica uno su due. Si parla infatti per il 2016 di 1650 città fantasma, ovvero a rischio di estinzione. È una realtà che spaventa se non troviamo il modo di valorizzare questi piccoli centri. Le condizioni che portano al disagio in molti comuni italiani sono da ricercare, spiega il Rapporto, oltre che in una debolezza insediativa della popolazione residente (calo delle nascite, aumento della popolazione anziana, ecc.) anche in condizioni evidenti di impoverimento delle potenzialità produttive e dei talenti, con indici economici che segnalano la debolezza strutturale di queste aree da cui deriva lo scarso appeal verso l’esterno e, di conseguenza, la capacità di attrarre e accogliere nuovi cittadini, nuovi abitanti, nuove famiglie ed imprese. Ci sono alcune associazioni già attive nel campo della valorizzazione di queste realtà come Borghi più belli d’Italia, Unpli, Borghi d’Italia. In altri casi esistono alcuni esempi di riattivazione “site-specific” di singoli borghi che vengono promossi da un punto di vista turistico come “albergo diffuso”, altri sono sede di comunità di artisti e artigiani, altri ancora sono degli ecovillaggi. Nonostante esistano delle iniziative, queste sono ancora limitate e non coordinate all’interno di un piano strategico più generale. (1) (2) (3)
Vito teti, Il senso dei luoghi. Paolo Rumiz, Lettera aperta al presidente del Cai Annibale Salsa. Confcommercio-Legambiente,1996/2016 - Eccellenze e ghost town nell’Italia dei piccoli comuni.
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INDAGINE DEL FENOMENO
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1.1NASCITA DEI BORGHI Sono un panorama classico italiano, i piccoli borghi arrampicati sulle rupi, che un tempo proteggevano signorie locali da incursioni nemiche. O ancora le mura che circondano le città vecchie, i centri storici ricchi di storia, gli stemmi araldici. I primi borghi italiani risalgono al periodo medioevale, quando le condizioni sociali e l’instabilità politica obbligavano la popolazione a preoccuparsi ogni giorno della propria sicurezza. L’ ambiente che si configurava allora era infatti di pura sussistenza, in cui si aveva a che fare quotidianamente con problemi legati alla carenza di cibo, alla presenza di malattie, all’incombere delle guerre. Tutta l’Europa era frammentata in diversi stati e la guerra, i conflitti interni erano qualcosa con cui si aveva a che fare tutti i giorni. Gli insediamenti perciò erano costruiti e strutturati in modo da agevolare la vita in queste condizioni, chiudendo i villaggi nelle mura e lasciando nell’immediato intorno i campi, le coltivazioni, la vita rurale. L’immagine che si presenta è dunque quella di cittadine concentrate in una superficie limitata che sfruttano la morfologia del territorio naturale su cui si stabiliscono. Questo territorio poteva ad esempio essere un’altura ripida e scoscesa, difficile da raggiungere e difficile anche come terreno su cui costruire. In questo modo però gli abitanti si assicuravano una “inattaccabilità”, una condizione di sicurezza.
Nascita dei borghi
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La morfologia di questi luoghi è ricorrente. Essi sono in genere molto piccoli, dato che si devono adattare alla superficie limitata del luogo in cui sono collocati. La densità è molto alta, le vie sono molto strette, giusto lo spazio per lasciare passare i carri o i cavalli, in salita. Nella maggior parte dei casi sono anche circondate da mura alte e spesse, dalle quali si presidiava il territorio che circondava la “città” principale. Nelle immediate vicinanze infatti erano i campi di competenza del villaggio, nei quali risiedeva la parte povera della popolazione, la cui vita era basata sulla coltivazione della terra. In caso di attacco nemico, anche questa parte di popolazione si rifugiava all’interno delle mura. La vita all’interno dei borghi è molto semplice; all’interno di essi si è costretti sostanzialmente ad una convivenza di massa data la relativa estensione del territorio cittadino. L’attività principale è quella legata all’agricoltura, che avviene appunto nei pressi del villaggio. I “contadini” lavorano nei campi, risiedono al di fuori delle mura, e portano i prodotti all’interno delle mura per venderli. In caso villaggi sul mare, una delle attività principali era la pesca. I pescatori scendevano a valle durante il giorno per poi vendere il ricavato all’interno del villaggio. Per quanto riguarda l’interno delle mura, una presenza ricorrente è quella delle botteghe. Ciò che si vende in queste piccole botteghe deriva ovviamente ed è strettamente legato al territorio. Nelle mura risiedono poi i “signori” locali, l’aristocrazia, che risponde spesso ad un’autorità più alta, che risiede però lontano dal villaggio. La vita della gente comune è sostanzialmente di pure sussistenza. Lo stretto e indispensabile legame con la terra conduce infatti ad una vita di stenti. Essa è sensibile ai fenomeni naturali, al cambiamento climatico. Il verificarsi di un semplice fenomeno meteorologico può influenzare la produzione agricola, diminuirla, ridurla al minimo, portando all’insorgere di carestie, epidemie. La dimensione della vita era ridotta alla dimensione fisica dei villaggi. Da un borgo all’altro, anche lontano pochi chilometri, cambiavano spesso usi e costumi. I componenti di comunità poco distanti venivano considerati estranei, “forestieri”, diversi. I soli legami con l’esterno erano legati alla situazione politica. Ma anche dal punto di vista politico i legami erano limitati. Infatti, anche se il “signore” della città rispondeva ad un’autorità più alta, essa era lontana, distante dalla vita di tutti i giorni.
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INDAGINE DEL FENOMENO
borgo
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attività artigianali
AT T I V I TA’ N E I B O R G H I Le attività che si svolgono all’interno del villaggio sono per lo più botteghe artigianali, agricoltura e pesca per quelli vicino al mare. Ogni borgo presenta attività particolari che derivano dal luogo e dalle risorse che può offrire. Dalla specificità di queste attività si può ripartire per pensare ad una rinascita dei borghi.
agricoltura
allevamento
Nascita dei borghi
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INDAGINE DEL FENOMENO
f pp p pp p borgo
1.2 DECLINO DEI BORGHI I borghi italiani purtroppo stanno subendo il fenomeno dell’abbandono, con il conseguente declino, per motivi storici o naturali. In particolare il maggior spopolamento risale alla fine della seconda guerra mondiale quando la gente emigrava verso i grandi centri urbani per cercare possibilità di lavoro e benessere. L’isolamanto infatti, che in passato era una necessità, è sempre più un ostacolo nella vita di questi paesi, che rimangono fuori dai progressi che sta affrontando la società. La stessa situazione di isolamento caratterizza oggi questi centri che sono privi di legami con il mondo esterno. L’accessibilità a questi insedianti è difficile e faticosa, spesso sono mal collegati e non ci sono mezzi di trasporto utili. L’avvento degli anni cinquanta coincide con una profonda modificazione del rapporto tra popolazione e territorio. In particolare ci sono tre dinamiche demografiche: un diffuso e prepotente esodo rurale, un grande processo di redistribuzione regionale della popolazione e un generale processo di urbanizzazione concentrata. In questi anni l’Italia sta vivendo il periodo segnato dalla rivoluzione industriale e dallo sviluppo dei trasporti. Le nuove infrastrutture ferroviarie sono la spinta iniziale all’abbandono dei centri isolati per il trasferimento a zone più collegate al resto del mondo. Lo sviluppo feroviario costituisce un “avamposto” alla nascita dei nuovi e grandi centri urbani, in quanto negli anni ’50 lo sviluppo economico era ancora limitato. Ciò che succede in questi anni è una sorta di “duplicazione” degli insediamenti; parte della popolazione infatti inizia a spostarsi a valle, e parte rimane nei villaggi. Negli anni ’60 e ’70, con il vero e proprio boom economico, le cose iniziano a cambiare definitivamente. In città infatti i simboli del benessere, la televisione, l’automobile, iniziano ad essere alla portata di tutti. Tutti
Declino dei borghi
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città
hanno a disposizione il tempo libero, le vacanze. Uno dei cambamenti più importanti è la diffusione dell’automobile, che permette lo spostamento, il viaggio, la possibilità di raggiungere luoghi lontani. All’automobile è chiaramente connesso lo svilupparsi delle nuove infrastrutture.La lontananza dalle nuove infrastrutture, il legame indissolubile alla terra della vita dei centri, l’impossibilità di raggiungere facilmente i nuovi simboli del benessere sono elementi determinanti nell’inizio dell’esodo dai villaggi e dai borghi verso la città. A partire da questi anni i centri iniziano a svuotarsi, fino ad arrivare all’abbandono totale. Naturalmente molti di questi luoghi sono stati abbandonati anche per altre ragioni. Molto spesso si è trattato del verificarsi di fenomeni naturali, ad esempio terremoti. Questi borghi abbandonati, rimasti inalterati nella loro estensione, sono tutt’ oggi presenti ma vuoti, e ostentano il fascino decadente dell’abbandono. Il fenomeno è in qualche modo ancora in corso. I piccoli comuni in cui è rimasta la popolazione anziana continuano a svuotarsi, dato che le condizioni sono ancora difficili, e le difficili condizioni economiche portano di nuovo all’abbandono. La presenza di questi luoghi “fantasma” è riscontrabile in tutta la penisola italiana e soprattutto nel centro sud.
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INDAGINE DEL FENOMENO
Per capire in modo più approfondito il fenomeno dello spopolamento basta osservare i dati sulla popolazione dei comuni italiani rilevati nei censimenti dal 1861. Il riferimento alle dinamiche dalle popolazione fornisce utili indicazioni sulle modificazioni intervenute nelle capacità di attrazione dei singoli comuni poichè “la popolazione è l’indice più semplice dell’importanza e dello sviluppo delle città”. Quello che si nota dalla lettura della tabella 1 è che i comuni con una popolazione inferiore ai 5000 ab. sono progressivamente diminuiti dal 1861 al 1991. Dalla tabella 2 si nota come i centri con meno di 5000 ab. perdono sempre più importanza nella scelta localizzativa degli italiani. Infatti in questi centri era residente nel 1861 il 48,5% della popolazione e nel 1991 questa quota è pari al 19%.
Declino dei borghi
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Tab 1.- La struttura insediativa della popolazione ai censimenti: 1861, 1936, 1981, 1991(%) 1861
1936
1981
1991
Comuni > 100.000 ab.
0,1
0,3
0,6
0,6
Comuni tra 20-100.000 ab.
1,1
2,6
4,7
5
Comuni tra 5-20.000 ab.
12,3
20,3
21
21,5
Comuni < 5000 ab.
86,5
76,8
73,7
72,9
Tab 2.- La distribuzione della popolazione complessiva per classe dimensionale dei comuni ai censimenti: 1861, 1936, 1981, 1991(%) 1861 1936 1981 1991 Comuni > 100.000 ab.
8,2
18,3
28,1
25,6
Comuni tra 20-100.000 ab.
11,5
18,2
25,3
27,3
Comuni tra 5-20.000 ab.
31,8
32,9
27,1
28,1
Comuni < 5000 ab.
48,5
30,6
19,5
19
Tab 3.- Le caratteristiche altimetriche dei comuni< 5000 ab.che hanno perso popolazione nel periodo 1951-1981(%) N-O N-E C S Montagna interna
39,4
48,4
37,8
44,6
Montagna litoranea
0,2
0,0
0,2
3,8
Collina interna
29,8
18,1
48,6
36,4
Collina litoranea
0,8
1,1
13,2
13,5
Pianura
29,8
32,4
0,2
1,7
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INDAGINE DEL FENOMENO
1.3 SITUAZIONE ATTUALE Non esistono studi approfonditi e nemmeno bibliografie specifiche riguardo all’argomento della dismissione dei borghi in Italia. Ci sono studi fatti da società pubbliche (Legambiente)e private (gruppo Norman) che mettono in evidenza alcuni aspetti del problema. In particolare i maggiori contributi al fenomeno sono i seguenti: - PiccolaGrandeItalia di Legambiente; - L’Italia del disagio insediativo 1996-2005 (Confcommercio, Legambiente); - L’Italia del disagio insediativo 1996-2016 (Confcommercio, Legambiente); - Paesi Fantasma (gruppo Norman Brian). Gli studi di Legambiente e Confcommercio danno una lettura a larga scala del problema indagando la situazione complessiva dell’Italia. Il gruppo Norman, invece, si occupa nello specifico di questi paesi fantasma, ricercando per ognuno le cause di dismissione. Il loro studio in particolare da un contributo fondamentale a questa ricerca in quanto ha permesso di impliare lo spettro dei paesi abbandonati o a rischio di abbandono.
Situazione attuale
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PiccolaGrandeItalia LEGAMBIENTE (tratto dagli atti del convegno “Paesi Fantasma. Tesori nascosti dell’Italia minore”, 23 giugno 2005) “Il 72% degli oltre 8.000 comuni italiani conta meno di 5.000 abitanti. Un’Italia dove vivono 10 milioni e mezzo di cittadini e che rappresenta oltre il 55% del territorio nazionale, fatto di zone di pregio naturalistico, parchi e aree protette. Questi 5.835 piccoli centri non solo svolgono un’opera insostituibile di presidio e cura del territorio, ma sono portatori di cultura, saperi e tradizioni, oltre che fucine di sperimentazione e fattori di coesione sociale. Una costellazione solo apparentemente minore, che brilla per la straordinaria varietà ambientale e per l’inestimabile patrimonio artistico custodito. Ricchezze ad oggi poco note e perciò da valorizzare. Per assicurare un futuro a questa parte del Paese, Legambiente ha promosso PiccolaGrandeItalia. Una campagna il cui obiettivo è tutelare l’ambiente e la qualità della vita dei cittadini che vivono in questi centri, valorizzando le risorse e il patrimonio d’arte e tradizioni che essi custodiscono e combattendo la rarefazione dei servizi e lo spopolamento che colpiscono questi territori. Affinché non esistano aree deboli, ma comunità messe in condizione di competere. La PiccolaGrandeItalia è anche quella dei comuni minori, degli antichi centri che contano ormai poche centinaia di abitanti, dei borghi in via d’estinzione: l’Italia che rischia di sparire, con tutta la ricchezza di storia e tradizioni che costitiusce uno dei sostrati principali della cultura del nostro paese ma in alcuni casi sono a rischio di estinzione. Secondo una ricerca commissionata da Legambiente nel 2001 al Gruppo Serico- Cresme sono 2831 i comuni a rischio di estinzione in Italia. Coprono una superficie di circa 100.000 Kmq, pari ad un terzo dell’area del paese. Sono i “paesi fantasma”, paesi che non esistono più, le cui case sono per lo più disabitate, in cui talvolta sopravvive solo qualche ostinato anziano signore. Non tutti ovviamente corrono il rischio di estinzione, ma le realtà che soffrono maggiormente l’isolamento e il progressivo abbandono sono i centri di montagna e delle aree interne. Secondo gli esperti, lo spopolamento di vaste aree- sopratutto pedemontane, montane e insulari- ha nel secondo dopoguerra assunto caratteri strutturali, delineando un’Italia che è stata definita “del disagio insediativo”. Un fenomeno che interessa tutto l’arco alpino- soprattutto quello ligure, piemontese, lombardo e friulano- si concentra lungo la dorsale appenninica ligure, tosco-emiliana e centro meridionale, nelle parti montuose della Sicilia e della Sardegna; attecchisce nel robusto piede d’appoggio meridionale, risale gli Appennini dalla Calabria all’Abruzzo, interessando pesantemente la Basilicata, dove 97 comuni sono a rischio progressivo di estinzione, e si apre affievolendosi verso nord , secondo una biforcazione che tocca aree interne delle Marche e della Toscana meridionale. Il fenomeno è insomma di ampia portata e, se è difficile fare una mappa esaustiva dei centri abbandonati, appare evidente che il problema interessa quasi tutte le regioni italiane. Recuperare e valorizzare queste realtà, alcune centinaia, dislocate su tutto il territorio nazionale, è un’opportunità straordinaria anche per i contesti territoriali che li racchiudono e li conservano. Per assicurare un futuro a questa Italia, Legambiente ha promosso PiccolaGrandeItalia, una campagna il cui obiettivo è tutelare l’ambiente e la qualità della vita in questi centri e valorizzarne le risorse e il patrimonio d’arte e tradizioni che custodiscono. Un’iniziativa che vuole valorizzare questo immenso patrimonio immobiliare ed utilizzarlo anche come offerta turistica innovativa e sostenibile affinchè non esistano più aree deboli ma aree messe in condizione di competere.
32
INDAGINE DEL FENOMENO
Chi è Legambiente Legambiente è l’associazione ambientalista più diffusa in Italia, con oltre 1.000 gruppi locali, 20 comitati regionali e circa 150.000 tra soci e sostenitori. Tra le iniziative più importanti e popolari spiccano le grandi campagne di analisi e informazione sull’inquinamento; le attività di volontariato e turismo ambientale; le attività di educazione ambientale e di formazione che coinvolgono migliaia di insegnanti e di ragazzi.
I Comuni della PiccolaGrandeItalia Il Censimento 2001 Secondo l’ultimo censimento della popolazione legale della Repubblica del 21 ottobre 2001 il numero di comuni aventi una popolazione inferiore a 5000 abitanti è pari a 5835 comuni, 7 in più rispetto al precedente censimento del 1991. Risulta quindi che i piccoli comuni sono il 72% dei comuni italiani degli 8100 comuni italiani (successivamente al censimento è stato istituito il comune di San Siro dalla fusione di due comuni quindi il numero dei comuni, inizialmente 8101, è passato a 8100). La Regione con più piccoli comuni è la Lombardia con 1152 piccoli comuni (75% rispetto al totale dei suoi comuni) seguita dal Piemonte con 1077 (89%). Mentre la Regione avente maggiore percentuale di piccoli comuni è La Valle d’Aosta (99%), seguita dal Tentino Alto Adige(92%) e dal Molise (91%). In questi territori vivono 10590728 di cittadini che rappresenta più di un quinto della popolazione italiana. In alcune regioni come per esempio la Valle d’Aosta il 71% della popolazione regionale vive in piccoli comuni, oppure il Trentino e il Molise in cui oltre il 48% della popolazione. Gran parte di questi comuni, ben 1198 al 21% dei piccoli comuni ricade in aree protette, percentuale molto alta in quanto rappresenta il 69% dei comuni ricadenti in aree protette. Un dato interessante emerge dal raffronto tra l’ultimo censimento e il precedente del 1991, ossia che nei piccoli comuni la popolazione è cresciuta in un decennio dello 0,83% che rappresenta più del doppio della crescita nazionale che si attesta sul 0,38%.”
1.mappa dell’Italia con numero di piccoli comuni per regione.
Situazione attuale
312 162
73
1152
329
1077 183
165
141 63
179 253
259
124 338
87 97
316
326
199
33
n. piccoli comuniAbruzzo
253
n. comuni totali
305
n.pop. piccoli comuni
376143
Basilicata
97
131
199175
Calabria
326
409
687232
Campania
338
551
721927
Emilia Romagna
165
341
450301
Friuli Venezia Giulia
162
219
308796
Lazio
259
378
465932
Liguria
183
253
237774
1152
1545
2220081
Marche
179
246
334325
Molise
124
136
156824
Piemonte
1077
1206
1283152
87
258
237570
Sardegna
316
377
549750
Sicilia
199
390
500910
Toscana
141
287
344535
Trentino
312
339
460496
Umbria
63
92
137392
Lombardia
Puglia
Valle dâ&#x20AC;&#x2122;Aosta
73
74
85486
Veneto
329
581
832900
abruzzo
lazio
basilicata
liguria
sardegna
calabria
lombardia
sicilia
campania
marche
toscana
molise
trentino
emiliaromagna
puglia
valle dâ&#x20AC;&#x2122;aosta
veneto
piccoli comuni comuni totali friuli venezia giulia
piemonte
umbria
36
INDAGINE DEL FENOMENO
DISAGIO INSEDIATIVO (Tratto da: Secondo Rapporto di Indagine a cura di Serico–Gruppo Cresme, Roma, 7 marzo 2007)
“L’armonica distribuzione della popolazione sul territorio è una ricchezza insediativa che rappresenta: • una peculiarità e una garanzia del nostro sistema sociale e culturale; • una certezza nella manutenzione del territorio; • una opportunità di sviluppo economico. Se, in Europa, Francia e Italia sono le nazioni dove la popolazione è maggiormente distribuita, nel nostro Paese ben il 98,3% dei comuni ha meno di 10.000 abitanti. Popoliamo un territorio che conta oltre 22.000 centri abitati, quasi 33.000 nuclei insediativi, senza considerare le caratteristiche di tanta parte del nostro sistema agricolo composto di “case sparse”. Viviamo una ricchezza insediativa che il Cattaneo ha descritto come “l’opera di diffondere equabilmente la popolazione”, “frutto di secoli” e di una “civiltà generale, piena e radicata” che ha favorito la distribuzione “generosamente su tutta la faccia del Paese”. Ma lo spopolamento e l’impoverimento di vaste aree, soprattutto pedemontane, montane e insulari, ha nel secondo dopoguerra assunto caratteri strutturali delineando un’Italia del “Disagio insediativo”. (dall’introduzione del primo rapporto sull’Italia del disagio insediativo,anno 2000) CHE COSA È IL DISAGIO INSEDIATIVO L’indice di “disagio insediativo” è stato elaborato per la prima volta nel 1999; la sua originalità consiste: - nell’approccio di sistema (i 53 indicatori individuati riguardano 7 famiglie principali: dati strutturali e di popolazione, istruzione, assistenza sociale e sanitaria, produzione, commercio e pubblici esercizi, turismo, ricchezza). La scelta di tali indicatori permette di analizzare i caratteri dei singoli comuni e delle province, a partire dai dati demografici dei loro abitanti, per giungere al livello dei servizi erogati (istruzione, assistenza sociale e sanitaria, commercio) e il dinamismo produttivo (produzione, turismo e ricchezza). In un concetto la qualità dei servizi territoriali diffusi e la possibilità di competere per uno sviluppo coerente con le proprie risorse ed identità; - nella metodologia statistica innovativa detta “analisi neurale”, che ha consentito di individuare nove gruppi, o “tipi”, omogenei di comuni (o province) presenti sul territorio nazionale, connotati al loro interno da forti peculiarità condivise da tutti gli appartenenti: • tre di questi gruppi (1, 4, 7) presentano fenomeni di disagio insediativo tali da richiedere interventi strutturali e tempestivi; • due gruppi (6, 9) sono caratterizzati dalle migliori performance insediative; • la medietà italiana è rappresentata dai restanti gruppi (2, 3, 5, 8).
Situazione attuale
31
Tabella di sintesi Gruppi 1, 7, 4: il disagio Gruppo 1: I contesti deboli Il gruppo, in ultima posizione tra i 9 individuati, è caratterizzato dall’ultima posizione nelle famiglie: - della produzione (indice standardizzato costruito per l’indagine) particolarmente negativa; - dell’assistenza, pur con un gap non grave come nella produzione; - del commercio; - del turismo, particolarmente pesante; - della ricchezza, certamente marcata. Nulla possono, nel recupero di posizioni rispetto agli altri 8 gruppi, i risultati per la famiglia dell’istruzione (addetti all’istruzione primaria) e quelli, nella media, delle variabili strutturali. Gruppo 7: Il Vecchio Mondo Antico Si tratta di un gruppo che, al contrario del precedente, è svantaggiato proprio nelle due variabili di struttura e di istruzione; una costellazione di paesi piccoli a bassa densità demografica, con popolazione anziana e scarsa dinamicità migratoria e naturale. Il gruppo risente limitatamente della migliore esposizione alle famiglie dell’assistenza sociale e sanitaria (2° posizione), della ricchezza (5°) e del turismo (4°). Un’aggravante è costituita dal livello di istruzione,poiché la carenza di laureati è molto forte. Le case non occupate sono molte. La struttura commerciale è polverizzata, con una presenza di numerosi esercizi commerciali di piccolissima dimensione distribuiti sul territorio senza particolari concentrazioni. Anche il turismo non costituisce un elemento di forza per queste aree. Vi è una situazione di vero e proprio shock demografico, rischio palese nel breve periodo. Gruppo 4: Le sabbie (poco) mobili Con una distribuzione sul territorio nazionale che amplia e consolida le criticità proprie dei due precedenti gruppi, le caratteristiche indicano una certa uniformità interna. Si tratta di indici a minore criticità, rispetto a quelli dei gruppi 1 e 7, ma l’aggravante è costituita dal fatto che tutti i segni sono negativi. Così è per il turismo che non emerge in alcun modo. In questo gruppo si nascondono caratteri del gruppo 7 (media elevata altezza sul livello del mare, bassa densità demografica, rilevante numero di case non occupate, ridotta incidenza dei pubblici esercizi per unità di territorio) ma anche del gruppo 1 (pochi contribuenti in condizione agiata, molti addetti alle istituzioni sul totale). A differenza di questi due gruppi non è, però, immediatamente individuabile cogliere segnali decisi su cui far leva per il rilancio del territorio. Gruppi 9, 6: l’eccellenza Gruppo 9: Bravi ma statici Il gruppo è solo 5° nella classifica delle variabili strutturali e dell’istruzione, mettendo in evidenza la scarsa connessione tra i livelli educativi e del disagio insediativo. Per le altre famiglie (tranne quella della produzione, per la quale il gruppo è al secondo posto) si colloca al vertice della graduatoria, ma le due posizioni di retroguardia consentono solamente di parificare il punteggio standardizzato globale del gruppo 6, più omogeneo su posizioni di scarso disagio insediativo globale. La cons stente struttura commerciale (rapporto massimo tra abitanti e addetti e unità locali), la priorità dell’impatto del turismo sia in domanda che in offerta, dei servizi bancari, i consumi maggiorati delle famiglie, l’assistenza medica e sociale abbondantemente sopra gli altri gruppi sono elementi che distinguono i comuni di questo gruppo fornendo la prova di una loro minore esposizione globale
38
INDAGINE DEL FENOMENO
al disagio insediativo. Tale posizione è, come detto, parzialmente limitata da una minore dinamicità di questi comuni alle trasformazioni demografiche e, conseguentemente, dell’istruzione. Gruppo 6: I centri urbani di media-grande dimensione. Con stesso punteggio standardizzato del gruppo 9 si colloca il gruppo 6. Tutte le famiglie, tranne quella della ricchezza, vedono questo gruppo nelle prime due posizioni. La densità massima di popolazione, la bassa percentuale di ultrasessantacinquenni e di case non occupate, la massima percentuale di laureati e di flussi intercensuari di migrazione sembra chiaramente intendere che ci troviamo di fronte a comuni a grande capacità di attrazione per opportunità di lavoro e di reddito: i comuni capoluogo e l’intera area periferica che li circonda. Il reddito medio pro capite massimo, la grande distribuzione, la concentrazione di pubblici esercizi, i servizi alle imprese, la ricchezza immobiliare e patrimoniale, un’alta utilizzazione delle strutture ricettive ma un impatto sulla vita quotidiana ridotto di queste presenze, la bassa incidenza delle istituzioni nella produttività globale degli addetti sono aspetti che descrivono le caratteristiche di questi comuni e ne confermano la dinamicità.
Gruppi 2, 3, 5, 8: le medietà italiane Gruppo 2 E’ il gruppo che presenta il livello di maggiore criticità tra quelli della medietà. Tale criticità si localizza in prevalenza nel Sud Italia, tra Puglia, Campania, Sardegna e Sicilia, e sembra condizionata da un basso livello di ricchezza, ed una certa difficoltà per i parametri che afferiscono alle famiglie dell’assistenza e della produzione. Al posizionamento contribuisce anche un dimensionamento medio-basso del comparto commerciale e volumi turistici non significativi. Solo lievemente migliori i connotati delle variabili strutturali, derivanti soprattutto dalla maggiore incidenza di popolazione in giovane età. Gruppo 3 E’ invece il gruppo che più degli altri si avvicina all’area del benessere e dell’eccellenza. Si concentra fortemente nelle periferie urbane di Roma e Napoli ma si presenta in maniera rilevante anche nella pianura padana veneta, nelle aree tra Bari e Brindisi e soprattutto nell’Alto Adige. Emerge sicuramente per questo gruppo la più elevata vocazione per i parametri strutturali, che dimostrano una elevata incidenza di popolazione giovane e una più contenuta esposizione agli anziani, un tasso di laureati e diplomati superiore e tassi di crescita demografica e di consistenza familiare superiori agli altri gruppi in esame. In posizione medio-alta si collocano anche gli aspetti connessi all’istruzione, al commercio e al turismo, mentre l’esclusione dell’area del benessere appare condizionato ai minimi livelli di assistenza sociale e sanitaria tra i gruppi in esame (insieme al gruppo 1) e al più contratto livello di ricchezza prodotto, negli aspetti integrati che lo compongono. Gruppo 5 Rappresenta la medietà della medietà italiana; sono comuni localizzati nel Centro Italia con qualche condensamento anche nelle aree interne ma non montane del Veneto e del Friuli. Non emerge per particolari esposizioni negative ma neanche positive di alcuna delle famiglie in esame, se si eccettua un punto di criticità per l’attivazione turistica e per i livelli di istruzione. Centrali tutti i posizionamenti delle famiglie di indicatori con una migliore capacità di questi comuni per la famiglia della ricchezza, soprattutto per la veste immobiliare e per i maggiori consumi elettrici della popola-
Situazione attuale
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Gruppo 8 Proprio la ricchezza rappresenta l’elemento di eccellenza di questa famiglia, che si evidenzia per un alto reddito disponibile pro capite ed il massimo livello di dotazione di sportelli bancari, ma anche per una significativa intensità di depositi bancari e di incidenza di contribuenti di media intensità. Ai margini dell’eccellenza anche gli aspetti relativi all’assistenza sociale e sanitaria mentre la criticità evidente è assegnata alle variabili strutturali (popolazione anziana, scarsa dinamicità nei tassi demografici, bassi livelli di densità demografica e di componenti familiari) e all’istruzione uola primaria che in quella secondaria. Sono comuni dell’Appennino Tosco Emiliano e delle aree pedemontane di gran parte dell’arco alpino. “
aree benessere disagio insediativo comuni della medietà
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INDAGINE DEL FENOMENO
ECCELLENZE E GHOST TOWN (Tratto da: Rapporto sull’Italia del disagio insediativo, Confcommercio Legambiente, agosto 2008)
“La montagna regola la pianura, dice un vecchio proverbio, ma se viene abbandonata a soffrirne saranno tutti”. (Mario Rigoni Stern) Il segreto del miracolo italiano è stata la capacità di produrre all’ombra dei campanili cose che piacciono al mondo. Bisognerebbe semplicemente ripartire da qui. (Carlo De Benedetti) Negli ultimi anni i comuni del disagio insediativo stanno aumentando sempre più e la previsione è quella di avere tra una decina d’anni un vasto numero di “città fantasma” nel territorio italiano. QUALI SONO I CARATTERI DEL DISAGIO? Le condizioni strutturali che portano al disagio non sono date solo da una debolezza insediativa della popolazione residente (calo delle nascite, aumento della popolazione anziana, ecc.) ma anche da condizioni evidenti di depauperamento delle potenzialità produttive e di depotenziamento dei propri talenti, con indici soprattutto economici che mettono in luce una condizione di debolezza strutturale di queste aree. Vi è una debolezza intrinseca rappresentata anche dallo scarso appeal che queste stesse aree, poco vitali dal punto di vista produttivo, esercitano sull’esterno e dunque sulla capacità di attrarre e accogliere nuovi cittadini, nuovi abitanti, nuove famiglie ed imprese. Sono territori che non riescono a promuovere una propria identità turistica, nonostante una dotazione del sistema dell’offerta che supera ampiamente la domanda generata.In questo quadro generale emerge anche l’accentuazione del divario nord-sud e una sorta di radicalizzazione delle differenze non tanto tra montagna, collina, pianura e città, quanto all’interno delle medesime categorie, ovvero tra montagna ricca e montagna impoverita, tra collina valorizzata e collina dimenticata, tra città al passo con i cambiamenti imposti dall’economia della globalizzazione e città in forte ritardo.
Declino dei borghi
L’Italia del “Disagio insediativo” nell’anno 2006
3.556 comuni su 8.101 (di cui 3.408 con meno di 10mila abitanti) 128 mila kmq pari al 42,5% del territorio 8,7 milioni di abitanti una media di 2.500 residenti per comune.
italiano
Il disagio insediativo nel 2006 e previsioni al 2016 a parità di condizioni
2006
2016
3.556 comuni
4.395 comuni
128.000 Kmq
158.000 Kmq
8,7 milioni di abitanti 2.500 residenti
14,1 milioni di abitanti 3.250 residenti
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INDAGINE DEL FENOMENO
I Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti “Un approfondimento dell’analisi ai comuni con meno di 5.000 abitanti conferma quanto affermato. Sono infatti 3.145 i comuni con meno di 5.000 abitanti con presenza di disagio insediativo, ovvero il 38,8% dei comuni italiani e l’88,4% dei comuni con meno di 10.000 abitanti. L’aspetto dimensionale è dunque profondamente connesso con l’area del disagio. In questi comuni: - risiede il 7,4% della popolazione; - a fronte del 7% della popolazione sotto i 14 anni di età è presente il 9% del totale nazionale degli over 65, un valore superiore di oltre il 20% alla media italiana; - risiede solo il 3,5% dei residenti stranieri; - si esprime un reddito che influisce a livello nazionale solo per il 5,8%, con una redditività media delle zone a disagio inferiore del 22% rispetto al totale Italia; - è in diminuzione la percentuale di studenti che frequentano la scuola dell’obbligo, pari al 6% della popolazione nazionale a fronte dell’8% di soli 7 anni prima; - si rileva una presenza pari allo 0,8% dei letti negli istituti di cura pubblici e privati; - si localizza il 17,5% delle pensioni di invalidità italiane e il 15,9% degli importi; - si realizza solo il 4,3% delle entrate tributarie a fronte di un valore omogeneo al peso demografico per le entrate totali (8,3%); evidenziano ancora una volta l’ingente peso dei trasferimenti; - si riscontrano 19 milioni di presenze turistiche ufficiali, il 5,6% del totale nazionale a fronte del 7,1% e 12,5% delle ricettività alberghiera e extralberghiera - tra le forme extralberghiere il 17,5% degli agriturismo, e il 21% della disponibilità ricettiva nelle abitazioni per vacanza, sottolineano la scarsa utilizzazione patrimoniale; - sono presenti 445mila unità locali (il 7,3% del totale nazionale) ma è occupato solamente il 3,6% degli addetti; un indice che evidenzia una minore capacità occupazionale rispetto alla media nazionale; - sono presenti solamente 90mila unità locali al commercio, pari al 5,2% del totale nazionale ma solo il 2,4% degli addetti nazionali, evidenziando una netta rarefazione occupazionale e dell’offerta; - sono registrati 2,83 milioni di contribuenti, un valore in linea con il peso demografico, che apportano il 5,1% dell’ammontare della contribuzione, mettendo in evidenza una differenza media rispetto al totale nazionale del 32%. - si esprimono depositi bancari pari a solo all’1,9% del totale nazionale, con una propensione al deposito ridotto dei due terzi rispetto al reddito prodotto, ed un tasso di incidenza degli impieghi bancari che non supera lo 0,7%.” (Tratto da: Rapporto sull’Italia del disagio insediativo, Confcommercio Legambiente, agosto 2008)
Situazione attuale
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GHOST TOWN Dei comuni del disagio nella proiezione al 2016, 1.650 comuni saranno probabili ghost town, città fantasma a “rischio estinzione”, perchè non raggiungerebbero la soglia minima di “sopravvivenza” nelle diverse categorie demografiche, sociali, economiche e dei servizi. Esse sono: - un quinto dei comuni italiani; - un sesto della superficie territoriale; - il 4,2% della popolazione; - vi risiedono 560mila persone oltre i 65 anni, il 20% in più rispetto alla media nazionale e solo il 2% degli stranieri residenti in Italia (evidenziando una scarsa capacità di attrazione rispetto a questa dinamica domanda di insediamento). - si registra una situazione negativa per tutte le variabili della ricchezza; - vi lavora il 2,1% degli addetti italiani (esprimendo metà della propensione media al lavoro); - l’offerta di esercizi commerciali occupa solo l’1,5% degli addetti nel settore; - si registrano oltre il doppio delle pensioni di invalidità mediamente erogate sul territorio nazionale; - l’opportunità turistica è sporadica vista la grande disponibilità di abitazioni non utilizzate (1,5 volte in più del territorio nazionale) e le limitate presenze nelle strutture ricettive (-23%). - vi è una carenza complessiva nel sistema scolastico, sia dal punto di vista della domanda (studenti) che dell’offerta (scuole); - vi è una forte carenza dal punto di vista dei presidi sanitari (più comprensibile è l’assenza di istituti di cura pubblici e privati, di unità locali e di addetti nel settore). Imitando la rappresentazione dell’innalzamento del livello marino per cause ambientali, nella pianta sottostante si è dato ai 1650 comuni delle presunte ghost town del 2016 il colore del mare. Il solo colpo d’occhio ci aiuta a capire come il disagio insediativo rappresenti un rischio primario o, nella più corretta logica del progetto, un talento sotterrato che il Paese non si può permettere di non utilizzare.
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INDAGINE DEL FENOMENO
Mappa della previsione in Italia entro il 2016 delle ghost town
Situazione attuale
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Dal disagio insediativo alle ghost town In questa Italia a due dimensioni, l’elemento più critico è rappresentato non solo dall’aumento del numero dei comuni che da qui a dieci anni presenteranno condizioni di disagio insediativo, ma dal fatto che per alcuni comuni si prospettano condizioni di particolare criticità nel disagio, tali da configurare per essi un vero e proprio futuro da “ghost town”. Infatti, è evidente che al di sotto di determinate soglie degli indicatori socioeconomici locali non vi sono le condizioni minime non solo per garantire adeguate condizioni di vita, ma neppure aspettative di futuro. In questo senso complessivamente nel 2016, a parità di condizioni e secondo le proiezioni elaborate, in Italia: - l’ 85,1% dei comuni avrà meno di 10.000 abitanti; - il 70,5% dei comuni avrà meno di 5.000 abitanti; - il 50,0% dei comuni avrà meno di 2.400 abitanti; - il 44,5% dei comuni avrà meno di 2.000 abitanti; - il 25,1% dei comuni avrà meno di 1000 abitanti. La loro assenza comporterebbe la “sparizione” di ben 47.158 kmq di territorio, pari a poco meno di un sesto (15,6%) del territorio nazionale, rendendo la penisola italiana un vero e proprio arcipelago, ancora più frastagliato e immerso nel mare, con confini molto più aleatori e un territorio molto meno coeso e identitario.
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INDAGINE DEL FENOMENO
Mappa dellâ&#x20AC;&#x2122;indice di vecchiaia in Italia (Istat Entrambe queste carte mostrano come la percentuale di popolazione italiana che abita nella spina centrale del territorio sia molto anziana. Emerge chiaramente come lungo la dorsale appenninica sia presente una popolazione con un indice di vecchiaia elevato che costituisce esso stesso un freno alla possibile rinascita di questi luoghi.
Situazione attuale Mappa dellâ&#x20AC;&#x2122;indice di popolazione di 75 anni e piĂš (Istat 2001)
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INDAGINE DEL FENOMENO
PAESI FANTASMA (tratto dagli atti del convegno “Paesi Fantasma. Tesori nascosti dell’Italia minore”, 23 giugno 2005)
“All’interno del Gruppo Norman, che opera nel settore della gestione dinamica di patrimoni immobiliari conto terzi, nel 2000 è stato costituito il Norman Brian, laboratorio di ricerca ed innovazione. Nel 2001 prende corpo un progetto di studio e ricognizione dei cosidetti “paesi fantasma”, borghi o frazioni spopolati o in via di spopolamento, con l’obiettivo di affermare un nuovo modello di business legato al recupero di queste realtà fondato sulle potenzialità inespresse del territorio in cui si trovano. Il progetto nasce dall’osservazione di un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale; la morte dei borghi e dei paesi riguarda principalmente le comunità più isolate, distanti dai grossi centri, oppure quelle realtà insediative collocate in zone a rischio da un punto di vista naturale e idrogeologico. La loro posizione spesso lontana dalle direttrici di traffico e dalle principali infrastrutture ne ha impedito la crescita, e i fenomeni migratori verso le grandi città italiane ed estere, verificatisi soprattutto negli anni’50, ne hanno decretato la lenta decadenza. Per cercare di invertire la rotta di questo processo di depauperamento, nel 2003 è stato approvato un disegno di legge (legge Realacci - Bocchino n.1942 del 2003) che prevede”Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5000 abitanti”. Tali misure comprendono agevolazioni economiche e fiscali, incentivi per il recupero del patrimonio edilizio e l’avvio di attività commerciali, per la scuola e la formazione. Sulla realtà Paesi Fantasma l’attività del Norman Brain si è articolata su due fronti: - la creazione di una banca dati di informazioni sul fenomeno(una mappatura); - l’ideazione di soluzioni creative di valorizzazione. Il progetto Paesi Fantasma è infatti finalizato alla valorizzazione e al recupero di questi borghi e frazioni attraverso la creazione di una rete di realtà turistico- residenziali e distretti produttivi, il recupero dei patrimoni storici- architettonici e ambientali e la riattivazione delle dinamiche socioeconomiche, da realizzarsi in collaborazione con le istituzioni locali. Alla base di tutte le proposte l’attenzione verso lo sviluppo delle risorse inutilizzate present sul territorio e valorizzazione delle potenzialità del territorio nel rispetto di esigenze e caratteristiche del contesto considerato. I possibili interveti di riqualificazione vengono individuati, per le singole realtà, sulla base di fattori come la vocazione territoriale, la localizzazione, lo stato di conservazione, oltre che la volontà politica degli amministratori locali.”
Situazione attuale
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I paesi in Italia (Ricerca “Paesi Fantasma” condotta dal gruppo Norman Brian, su loro gentile concessione) I comuni individuati dal Norman Brian sono 167, sparsi su tutto il territorio nazionale; le frazioni e i borghi individuati, che rientrano nel territorio amministrativo dei 167 comuni, sono 341. Secondo quanto rilevato in questa indagine le regioni con il maggior numero di paesi fantasma sono risultate: Piemonte In Piemonte le provincie con il maggior numero di borghi spopolati sono Cuneo e Torino(con oltre 70 borghi), con prevalenza nei territori più lontani dalle principali direttrici stradali e nelle aree protette. Anche le provincie di Biella (nel territorio prealpino) e di Alessandria(nella zona appenninica) presentano diverse realtà spopolate. Emilia Romagna In Emilia Romagna la provincia mappata che presenta il maggior numero dei borghi spopolati è Piacenza(26 borghi spopolati), principalmente nella zona lungo la dorsale appenninica che interessa la valle centrale e le valli laterali del torrente Trebbia. Anche la provincia di Parma, sempre nei territori montani appenninici, è interessata da un buon numero di borghi spopolati mappati da Norman Brian, alcuni dei quali di grande valore architettonico. Calabria La Calabria dei Paesi Fantasma presenta un ricco numero di borghi spopolati:ne sono stati mappati 30, dislocati in tutte e quattro le province. I territori con la presenza più significativa di questi siti sono parte dell’area protetta del Parco Nazionale del Pollino e la zona dell’Aspromonte, anche in prossimità della costa ionica. Sardegna Tutte le provincie sono interessate dal fenomeno, da Cagliari, con i borghi dei siti minerari che sorgono nella zona del Sulcis-Iglesiente, nel Guspinese, e poi più a nord, nell’entroterra di Alghero, dove sono stati mappati diverse realtà, tra cui l’area dei siti archeologici risalenti all’epoca nuragica. Sicilia Sono stati individuati 33 borghi spopolati presenti sia nei territori dell’entroterr, sia nelle restanti provincie costiere.
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INDAGINE DEL FENOMENO
Abruzzo Gioia vecchia Comune: Gioia dei Marsi (AQ), 2284 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE ABRUZZO, LAZIO e MOLISE Descrizione: Borgo medievale quasi completamente distrutta dal terremoto del 1915. Il nucleo abitativo si è spostato a valle, nel villaggio di Manaforno che assunse il nome di Gioia dei Marsi. Nel periodo estivo il borgo disabitato rivive grazie anche all’associazione culturale “Teatro di Gioia” diretta da Dacia Maraini. Classificazione: Completamente abbandonato
Morino Vecchio Comune: Morino (AQ), 1545 abitanti Area Protetta: RISERVA REGIONALE ZOMPO LO SCHIOPPO (Ente gestore: Comune di Morino, sotto egida di Legambiente) Descrizione: Situato sul colle che domina l’intera vallata, il vecchio centro di Morino fu abbandonato dopo la catastrofe del terremoto del 1915, quando il borgo fu letteralmente raso al suolo. Adesso restano solo i resti del centro storico, che includono i ruderi della chiesa madre tardo-rinascimentale e delle mura. Classificazione: Completamente abbandonato
Situazione attuale
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Castelbasso Comune: Castellalto (TE), 6557 abitanti Area Protetta: Area esterna al Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga Descrizione: Borgo fortificato dell’ XI-XII secolo, frazione di Castellalto e al centro del territorio del territorio comunale, Castelbasso si trova a mezza strada fra Roseto degli Abruzzi e Montorio al Vomano. Dopo l’abbandono seguito agli anni dell’emigrazione, sta conoscendo una rinascita; il borgo medievale di Castelbasso in inverno conta meno di cento abitanti, un patrimonio artistico in completo degrado che pian piano si sta spegnendo. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Serra Comune: Rocca Santa Maria. (TE), 693 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA Descrizione: Piccolo borgo dalle tipiche case in pietra Iniziative: Borgo semi-disabitato, interessato, insieme ad altri tre borghi nell’area del comune, dal progetto “borghi”, un progetto che prevede il recupero a fini turistici attraverso una collaborazione tra provincia, comune ed ente parco. Classificazione: Parzialmente abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Roccacaramanico Comune: Sant’Eufemia a Maiella (PE), 365 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DELLA MAJELLA Descrizione: La popolazione si riduce progressivamente durante la seconda metà del 900 e a poco a poco l’abbandono è totale. Nel 1971 rimangono sul territorio soltanto 20 abitanti, pari ad 8 famiglie e nel decennio 1971 - 1981 si riducono a 4 abitanti. Ultimamente si sta profilando il fenomeno di una nuova presenza periodica ma continua, durante il fine settimana e la stagione estiva. Sono piccoli nuclei familiari di varia provenienza che acquistano e recuperano abitazioni destinati alla rovina. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Corvara Comune: Corvara (PE), 289 abitanti Area protetta: PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA Descrizione: In parte abbandonato, conta oggi circa 350 abitanti. L’attività principale di questo paesino è legata, come in passato, alla pastorizia. Case, strade ed edifici hanno conservato il loro aspetto originale. Classificazione: A disagio insediativo
Situazione attuale
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Buonanotte Vecchio Comune: Montebello sul Sangro (CH), 125 abitanti Area Protetta: Il comune di Montebello sul Sangro fa parte della Comunità Montana Valsangro Descrizione: Buonanotte Vecchio fu abbandonato circa 25 anni fa a causa di una frana che lo minacciava sin dalle fondamenta e che ancora oggi è visibile dallo stesso paese. Il paese fu abbandonato completamente da tutti gli abitanti e fu ricostruito poco distante, in posizione meno infelice, prendendo il nome di Montebello sul Sangro, che oggi conta meno di 150 abitanti. Classificazione: Completamente abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Basilicata Craco Vecchio Comune: Craco (MT), 796 abitanti Area protetta: Area esterna al Parco regionale Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane Descrizione: Dal 1963, una frana pose fine alla storia millenaria di Craco trasformandolo in uno dei più suggestivi paesi abbandonati della Basilicata. L’abitato è attualmente abbandonato dalla popolazione che si è trasferita in un’area di fondovalle, in località Peschiera. Un’altra parte degli abitanti è stata trasferita in un nuovo rione, contiguo al centro storico, in prossimità della Chiesa di S. Maria della Stella. Tale area è l’unica sulla dorsale di Craco ancora indenne da smottamenti franosi. Oggi le persone che abitano il vecchio borgo si possono facilmente contare sulle dita di due mani. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Vecchio borgo di Caucium Comune: Calciano (MT), 892 abitanti Area protetta: PARCO REGIONALE DI GALLIPOLI COGNATO PICCOLE DOLOMITI LUCANE Descrizione: Si tratta dei resti del vecchio paese (“Paese di Pede”) medioevale “Caucium”, rappresentato da una fortificazione (Castello o Rocca), dalla Chiesa della Rocca e dalla Cinta di Santa Caterina. Classificazione: Ruderi
Situazione attuale
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Gallipolis Comune: Oliveto Lucano (MT), 587 abitanti Area Protetta: PARCO REGIONALE DI GALLIPOLI COGNATO PICCOLE DOLOMITI LUCANE Descrizione: Segnalato come sito archeologico, non come borgo, ubicato in prossimità di località Palazzo. Del centro abitato di Gallipolis si fa menzione in alcuni documenti databili al 1200 dopodiché questi non viene più nominato probabilmente per il suo abbandono. Classificazione: Ruderi
Trifoggio Comune: Pietrapertosa (PZ), 1314 abitanti Area protetta: PARCO REGIONALE DI GALLIPOLI COGNATO PICCOLE DOLOMITI LUCANE Descrizione: Insediamento rurale oggi quasi del tutto abbandonato se non fosse per qualche famiglia che ancora vi abita. Paese medievale esistente già nel XI sec. e distrutto nel 1500. Classificazione: Parzialmente abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Campomaggiore Vecchio Comune: Campomaggiore (PZ), 980 abitanti Area protetta: esterna al Parco regionale Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane Descrizione: Il villaggio sette-ottocentesco di Campomaggiore Vecchio è una città abbandonata, distrutta da una frana il 10 febbraio 1885, che ha costretto tutti gli abitanti a trasferirsi in località “La Difesuola”, dove oggi sorge il paese moderno. Iniziative: Il vecchio borgo è oggi interessato da opere di riqualificazione, e fra i progetti di valorizzazione turistico-paesaggistica già avviati ed in corso di ultimazione, sotto la cura dell’Amministrazione Comunale di Campomaggiore.
Situazione attuale
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Calabria Africo vecchio Comune: Africo63 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE Decrizione: Fu colpito dal terremoto del 1783, di nuovo fu danneggiato dal terremoto del settembre 1905, ed ancora da quello del 1908. Le alluvioni del 1951 e del 1953 hanno tragicamente distrutto l’abitato costringendo la popolazione a cercare riparo altrove. Classificazione: Completamente abbandonato
Casalinuovo Comune: Africo (RC), 3463 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE Descrizione: Frazione (45 ab.) del comune d’Africo (RC), è situato su una rupe, nei pressi di Africo, alla destra del torrente Aposcipo. Un tempo era abitato da alcune famiglie che professavano il rito greco, in seguito abbandonato. Dato per inesistente nella metà del cinquecento, è registrato tra i borghi più danneggiati dal terremoto del 1783. Come Africo anche Casalinuovo è stato gravemente danneggiato dalle alluvioni del ‘51 e ‘53. Classificazione: Parzialmente abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Amendolea Comune: Africo (RC), 3463 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE Descrizione: Frazione (45 ab.) del comune d’Africo (RC), è situato su una rupe, nei pressi di Africo, alla destra del torrente Aposcipo. Un tempo era abitato da alcune famiglie che professavano il rito greco, in seguito abbandonato. Dato per inesistente nella metà del cinquecento, è registrato tra i borghi più danneggiati dal terremoto del 1783. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Gallicianò Comune: Condofuri (RC), 5057 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE Descrizione: Gallicianò, meno di 100 abitanti, è l’unico borgo interamente ellenofono, è nota in tutta l’area per l’alta conservatività rispetto alle tradizioni grecaniche non solo in ambito linguistico ma anche musicale, gastronomico, rituale. A Gallicianò, a seguito anche delle frane nel 1972/73 e del terremoto nel 1978 vi furono tentativi di trasferimento completo dell’abitato ma è da considerarsi miracolosa la resistenza degli abitanti nel borgo che oggi sopravvivono in difficili condizioni logistiche. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Situazione attuale
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Brancaleone superiore Comune: Brancaleone (RC), 3861 abitanti Descrizione: Il borgo venne distrutto e in parte abbandonato dopo il violento terremoto del 1908, che costrinse gli abitanti a spostarsi lungo il litorale costiero, dando vita a Brancaleone Marina. Negli anni ’50, in seguito ad un’altra serie di alluvioni, quelli che ancora erano rimasti ad abitare Brancaleone Superiore, si spostarono definitivamente “alla marina”, lasciando il vecchio borgo completamente abbandonato. Classificazione: Completamente abbandonato
Bruzzano vecchio Comune: Bruzzano Zeffirio (RC), 1343 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE Descrizione: Distrutto dai terremoti (1783 e 1908), più volte riedificato, prostrato infine dall’emigrazione, del vecchio centro oggi rimangono solo i ruderi, posti nella parte alta del paese. Gli abitanti di Bruzzano Vecchio si trasferirono più a sud dando vita all’attuale Bruzzano Zeffirio collocato a quasi 100 metri sul livello del mare. Classificazione: Ruderi
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INDAGINE DEL FENOMENO
Motticella Comune: Bruzzano Zeffirio (RC) Area Protetta: PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE Descrizione: Sul web non ci sono informazioni rilevanti, a parte il fatto che il borgo sta rischiando il completo abbandono a causa dell’emigrazione. Classificazione: Parzialmente disabitato
Ferruzzano vetere Comune: Ferruzzano (RC), 850 abitanti Descrizione: Ferruzzano Superiore sorge a meno di 470 metri sul livello del mare; ora ridotto ad un vecchio alveare senza vita, conserva intatta la propria fisionomia urbana, con strade e vicoli semideserti, ma un tempo brulicanti di contadini ed artigiani operosi. A Ferruzzano Superiore attualmente vive arroccata una popolazione di appena 50 abitanti, in gran parte anziani , che assiste mal rassegnata al disfacimento lento ed inesorabile dell’abitato. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Situazione attuale
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Oppido vecchio Comune: Oppido Mamertina (RC), 5555 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE Descrizione: Interessante è il borgo medievale di Oppido Vecchia, dell’XI secolo, ubicato su un costone allungato a 4 Km dalla nuova Oppido, abbandonato dopo il terremoto del 1783. Nel borgo si possono osservare tratti della cinta muraria, le porte d’ingresso e alcuni torrioni dell’antico castello. Classificazione: Ruderi
Pentidattilo Comune: Melito (RC), 10483 abitanti Area protetta: Area esterna al Parco nazionale dell’Aspromonte Descrizione: Nel piccolo borgo di origine bizantina, da anni disabitato, alcuni eventi naturali, quali il terremoto del 1908, hanno in parte compromesso la struttura. Gli anni 60 hanno segnato da un lato il decadere definitivo del paese in seguito a un decreto di sgombero immediato. Nel tempo ci sono stati tentativi di rendere il borgo abitabile, anche attraverso la creazione di un’associazione, al fine di dare una svolta positiva allo sviluppo del paese, ma tali tentativi non hanno dato gli esiti sperati. Classificazione: Parzialmente abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Laino castello vecchio Comune: Laino Castello (CS), 901 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Descrizione: Laino conserva del tutto disabitato, dai primi anni 80, il vecchio nucleo urbano, a causa delle frane provocate dallâ&#x20AC;&#x2122;alluvione del 1958 e del terremoto nel 1982. Nonostante le conseguenze del sisma e dellâ&#x20AC;&#x2122;usura Laino Castello vecchio continua a serbare un fascino unico. Classificazione: Abbandonato
Laino borgo Comune: Laino Borgo (CS), 2245 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Descrizione: Situato nel centro della valle del Lao, fa parte del parco del Pollino e si trova ai confini con la Basilicata, a 400 metri sul livello del mare. Conta circa 2400 abitanti, distribuiti parte nel centro urbano e parte nelle numerose contrade agricole. Classificazione: A disagio insediativo
Situazione attuale
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Acquaformosa Comune: Acquaformosa(CS), 1289 abitanti Area Protetta: PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Descrizione: Acquaformosa è un paese di origine albanese, si trova in provincia di Cosenza ed è parte integrante del Parco Nazionale del Pollino. Conserva tuttora il rito bizantino, gli usi e le tradizioni albanesi. Il centro abitato si caratterizza per la presenza di piccole strade, collegate tra di loro da catoi, scalette o ponticelli. Conta circa 1300 abitanti, con un valore di crescita demografica negativo a partire dagli anni 60 (quando gli abitanti erano più di 1600). Classificazione: disagio insediativo
Frascineto Comune: Frascineto (CS), 2.500 ab. Area protetta: PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Descrizione: Prima denominato “Casale Novo” o “Casal San Pietro”, fu ripopolata da una colonia di profughi albanesi nel sec. XV, accolti dall’Abate del vetusto monastero greco di S.Pietro, ai quali vennero assegnate terre dell’Abbazia stessa. Oggi il paese conta più di 2500 abitanti e si assiste ad un massiccio rimpatrio. Classificazione: A disagio insediativo
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INDAGINE DEL FENOMENO
Comune di Lungro Comune: Lungro (CS), 3.146 ab. Area protetta: PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Descrizione: Paese di orgine albanese (che si sono stabiliti a Lungro intorno al 1500), ma già prima della venuta degli Albanesi, nella zona in cui sorge Lungro esisteva già un casale abitato. Attualmente il paese conta più di 3.000 abitanti, con un andamento stabile degli indici dal 1980 ad oggi. Classificazione: A disagio insediativo
Comune di Morano Calabro Comune: Morano Calabro (CS), 4.963 ab. Area protetta: PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Descrizione: Nel cuore del Parco Nazionale del Pollino, con l’antico fortilizio del Castello Normanno, offre al visitatore un piacevole itinerario storico-artistico-culturale, qualificato da importanti opere d’arte. Il paese risale ad epoca romana o antecedente, compare per la prima volta tra le principali tappe della via Popilia nel 132 a. C. Classificazione: Abitato
Situazione attuale
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Comune di Mormanno Comune: Mormanno (CS), 3.714 ab. Area protetta: PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Descrizione: La tradizione vuole che Mormanno sia sorta in epoca longobarda, nel VII-VIII secolo come saldo presidio tra il ducato di Benevento e il territorio soggetto all’impero bizantino. Località frequentata durante il periodo estivo, per via del clima fresco, è datata di attrezzature ricettive e vari servizi fra i quali strutture sanitarie, campo sportivo e bocce. Gli abitanti sono quasi 4.000. Classificazione: A disagio insediativo
Comune di San Basile Comune: San Basile (CS), 1.283 ab. Area protetta: PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Descrizione: Fondato da una comunità di albanesi verso il 1475-1480, sorse intorno al Cenobio di San Basile Craterese da cui deriva anche il nome. Proprio per le sue origini la maggioranza della popolazione parla la lingua albanese e professa la religione cattolica con rito greco-bizantino. Classificazione: Abitato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Comune di San Mango d’Acquino Comune San Mango d’Acquino (CZ), 1.864 ab. Area protetta: Parco regionale dei monti Reventino e Mancuso (proposta) Descrizione: Le origini di San Mango d’Aquino risalgono al 1640 circa; sorge nel territorio alla sinistra del fiume di Savuto con poche case sparse ed è abitato da genti della contea di Martirano e della disciolta contea di Aiello. San Mango d’Aquino è un piccolo centro collinare dell’entroterra catanzarese, la popolazione sfiora le 2.000 unità. Il centro abitato si trova a 450 metri sul livello del mare. Classificazione: Abitato
Comune di Saracena Comune: Saracena (CS), 4.082 ab. Area protetta: PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Descrizione: Centro in provincia di Cosenza, Saracena è situato 606 metri sopra il livello del mare, e conta circa 4.500 abitanti. La suo economia è basata sulla coltivazione di olivi, viti e frutta. Edificato come baluardo (castrum) sulle rovine dell’antica Sestio, agli inizi del decimo secolo, fu presidio di nuclei saraceni insediatisi a guardia della valle del Crati. L’abitato si sviluppò in età medioevale e fu dominio di signori locali bizantini prima, normanni poi. Classificazione: Abitato
Situazione attuale
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Badolato Superiore Comune: Badolato Marina (CZ), 3.314 ab. Area protetta: Parco regionale delle Serre Descrizione: Badolato Superiore è un piccolo borgo medievale arroccato su una collina a pochi km dalla costa jonica. Il borgo è da alcuni anni quasi completamente spopolato. Conta circa cinquecento abitanti, per lo più anziani. Si è preferito costruire le case da assegnare agli alluvionati nella marina, piuttosto che nell’antico borgo. Da allora è cominciato un processo lento, ma irreversibile di svuotamento del paese antico. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Botricello vecchio Comune: Botricello (CZ), 4.589 ab. Area protetta: Esterna al Parco nazionale della Sila Descrizione: Nel 1957, anno dell’autonomia, contava 2935 abitanti ed il primo nucleo di case nacque a Botricello superiore a 40 metri sul livello del mare. Oggi il comune conta una popolazione di circa 5000 abitanti, arrivando, nel periodo estivo, a toccare punte di 15000 tra turisti ed emigrati. Classificazione: A disagio insediativo
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INDAGINE DEL FENOMENO
Nardodipace vecchio Comune: Nardodipace (VV), 1.550 ab. Descrizione: Nardodipace, noto come il comune piĂš povero dâ&#x20AC;&#x2122;Italia, fa parte della nuova provincia di Vibo Valentia, sorge a 1080 metri s.l.m., ha una superficie di 32,78 Kmq e una popolazione che conta 1550 abitanti. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Botricello vecchio Comune: Botricello (CZ), 4.589 ab. Area protetta: Esterna al Parco nazionale della Sila Descrizione: Nel 1957, anno dellâ&#x20AC;&#x2122;autonomia, contava 2935 abitanti ed il primo nucleo di case nacque a Botricello superiore a 40 metri sul livello del mare. Oggi il comune conta una popolazione di circa 5000 abitanti, arrivando, nel periodo estivo, a toccare punte di 15000 tra turisti ed emigrati. Classificazione: A disagio insediativo
Situazione attuale
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Comune di Castelmonardo Comune: Filadelfia (VV), 6.282 ab. Area protetta: Nei pressi dell’Oasi del lago dell’Angitola Descrizione: L’antico abitato di Castelmonardo, dalle antiche origini, presso Filadelfia, in provincia di Catanzaro, fu completamente distrutto dal terremoto del 1783 e data l’impossibilità a ripristinare i fabbricati, a causa di parecchie frane, i superstiti decidono di trasferire il nuovo paese nel Piano della Gorna. Adesso restano solo i ruderi. Classificazione: Abbandonato/Ruderi
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INDAGINE DEL FENOMENO
Campania Borgo di Roscigno Vecchio Comune: Comune di Roscigno (SA), 1038 ab. Area protetta: PARCO NAZIONALE CILENTO E VALLO DI DIANO Descrizione: Il vecchio paese sorgeva a pié di un colle culminante nel pianoro di Monte Pruno, necropoli lucana ove sono state rinvenute in data non molto remota. Il primo agglomerato di case ebbe origine da alcune famiglie di pastori della vicina Corleto Monforte (Salerno), che venivano a svernare in questo remoto angolo, assolato e ricco di pascoli. Solo verso il 1500 si costituì Comune autonomo. Classificazione: Abbandonato
Borgo San Severino Comune: Comune di Centola (SA), 4825 ab. Area protetta: PARCO NAZIONALE CILENTO E VALLO DI DIANO Descrizione: Il borgo medievale oggi abbandonato fu fondato molto probabilmente dai Longobardi. Realizzato in posizione elevata, S. Severino si trova in una posizione altamente strategica, infatti il suo castello (oggi ancora visibile) formava con quello di Palinuro e Molpa una cinta difensiva che si rivelò di importanza vitale nella guerra Angioino Aragonese. Classificazione: Abbandonato
Situazione attuale
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EmiliaRomagna Pian Baruccioli Comune: Portico e S. Benedetto (FC), 863 ab. Area protetta: Parco nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna Iniziative: Valorizzazione e riqualificazione dei tessuti edilizi dei centri storici ricompresi nel parco nazionale delle Foreste casentinesi, Monte Falterona, Campigna (Deliberazione del Consiglio direttivo n. 203 del 5 novembre 1998 - All. A) Classificazione: Abbandonato
Caneto Comune: Bardi (PR), 3255 ab. Area protetta: esterna al Parco regionale del Taro Descrizione: I borghi attigui a Bardi, come Caneto o Agneto, sono desolati villaggi di pietra che sopravvivono in stato di abbandono. Classificazione: parzialmente abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Cà Scapini Comune: Bardi (PR), 3255 ab. Area protetta: esterna al Parco regionale del Taro Descrizione: Il paese, nonostante sia stato abbandonato da circa quarant’anni, è ancora là, immerso nella boscaglia, sulla riva destra del fiume, tutto in pietra e fasciato in una verde edera, apparendo agli occhi dei visitatori, quasi incantato.Tant’è che visitandolo oggi si possono ancora notare le sedie infilate sotto al tavolo, la scopa di saggina appoggiata alle parete, il coperchio appoggiato davanti alla bocca del forno a legna, come se si fosse fermato il tempo. Classificazione: Abbandonato
Degara Comune: Bobbio (PC), 3851 ab. Iniziative: Il comune di Bobbio fa parte dei comuni LEADER della provincia di Piacenza e dei comuni da qui sono scaturite delle linee progettuali che, di concerto, hanno dato vita al progetto Montagna, finalizzato alla elaborazione di una visione strategica comune dello sviluppo della montagna. Classificazione: Abbandonato
Situazione attuale
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Cerreto Frazione di Cerreto Comune: Zerba (PC), 145 ab. Descrizione: Percorrendo la strada provinciale che si stacca dalla Val Trebbia, Cerreto è il primo villaggio che si incontra dopo solo 4 chilometri.Attualmente Cerreto, malgrado lo spopolamento subito come tutti i villaggi della valle, si presenta come un paesino pulito ed ordinato, che ha conservata immutata la sua semplice fisionomia architettonica di stile prettamente rustico-montano. Classificazione: A disagio insediativo
Vezimo Comune: Zerba (PC), 145 ab. Descrizione:Il villaggio è ormai semi abbandonato nel periodo invernale ma buona parte della sue case sono in condizioni molto buone e testimoniano dellâ&#x20AC;&#x2122;amore per il paese natio dei suoi abitanti. Un movimento franoso, avvenuto un paio di secoli orsono, ha sensibilmente danneggiato la parte centrale del paese. Classificazione: A disagio insediativo
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INDAGINE DEL FENOMENO
Frazione di Pei Comune: Zerba (PC), 145 ab. Descrizione: Pej, con i suoi 1200 metri di altitudine è considerato il più alto villaggio di tutto l’Appennino ligure-piacentino-pavese. Negli ultimi anni, dal punto di vista della viabilità si è fatto molto per rompere l’isolamento che, fino ad una trentina di anni fa, specie nei mesi invernali, era totale: oggi si può arrivare a Pej per una stretta, strada asfaltata. Classificazione: A disagio insediativo
Frazione di Samboneto Comune: Zerba (PC), 145 ab. Descrizione: Il villaggio di Samboneto è situato ad una altitudine di 945 metri; subì, sul volgere del secolo XVIII, una grande frana che travolse completamente il villaggio. Ricostruito sulla medesima area conserva tutt’oggi le strutture delle tipiche case rustico - montanare, anche se un leggero soffio di miglioramento ha toccato questo piccolo centro portandovi un certo rinnovamento. Classificazione: A disagio insediativo
Situazione attuale
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Friuli Venezia Giulia Pozzis Comune: Verzegnis (UD), 943 ab. Area protetta: esterna al Parco regionale delle Prealpi Giulie Descrizione: Pozzis, abbandonato da quasi mezzo secolo dai suoi originari abitanti, si trova nel territorio del comune di Verzegnis (Verzegnis non è un paese, ma sono tutte e cinque le frazioni a costituirne il comune), sotto lâ&#x20AC;&#x2122;amministrazione provinciale di Udine. Classificazione: Abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Lazio Borgo di Galeria Comune: Roma (RM) Area protetta: Monumento naturale della Regione Lazio Descrizione: La città morta di Galeria si trova nei pressi del borgo di Santa Maria di Galeria, sull’argine del fiume Arrone, a pochi chilometri da Roma. Ha antiche origini etrusche, fu poi romana come testimoniano le tipologie costruttive ad “opus incertum” e gli archi a tutto sesto. Sui resti della città di Careiae nell’alto medioevo sorgeva un castello Classificazione: Abbandonato
Grotta Marozza Comune: Mentana (RM), 15.239 ab. Aree protette: Riserva naturale Nomentum Descrizione: I ruderi che si possono ammirare in località Grotta Marozza appartenevano alla cinta muraria ed alla torre difensiva di un vero e proprio castello fortificato risalente al XIII secolo, di proprietà della famiglia romana dei Capocchi, con evidenti funzioni difensive lungo la strada che collega Mentana con Montelibretti, detta via Reatina. Poco dopo il luogo fu progressivamente abbandonato e soggetto ad inesorabile degrado. Classificazione: Abbandonato/Ruderi
Situazione attuale
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Castiglione Comune: Palombara Sabina (RM), 10.639 ab. Area protetta: Parco regionale dei Monti Lucretili Descrizione: Il castello fu fondato nella seconda metà del XIII sec. Esso viene attestato per la prima volta il 30 settembre 1276, data nella quale i figli di Rinaldo di Palombara, probabile fondatore, vendono a Deodato di Cretone alcuni beni del suo territorio situati molto ad Ovest, verso la via Reatina, terre che due secoli prima, facevano parte del territorio di San Giovanni in Argentella. Classificazione: Abbandonato
Borgo di Ninfa Comune: Norma (LT), 3.821 ab. Descrizione: Già rigoglioso Borgo feudale, fu annientato dalla malaria del XIV secolo. Definita da Gregorovius “la Pompei del Medioevo”, Ninfa e’ uno splendido e selvaggio giardino ricco di rovine di edifici antichi e celebri chiese. Sorge sulle rive di un suggestivo laghetto formato dalle sorgenti del fiume Ninfa. Classificazione: Abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Borgo di Celleno vecchio Comune: Celleno (VT), 1283 ab. Descrizione: Celleno è un paese che sorge su di una collina a 476 metri s.l.m., la parte forse più interessante del paese senz’altro il centro storico o anche chiamato dai cellenesi “Paese vecchio” o “Celleno Vecchio”. Arrivando nella parte più antica del paese si noterà il castello Medievale degli Orsini, oggi abitato solamente da un artista. Parte del castello è visitabile ma le altre parti sono pericolanti a causa di terremoti che ci furono in passato. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Civita di Bagnoregio Comune: Bagnoregio (VT), 3.622 ab. Descrizione: Situata sulla cima di un colle tra le vallate formate dai torrenti Chiaro e Torbido, Civita appare arroccata su uno sperone di roccia che, tuttavia, è andato nel corso dei secoli incontro ad una irrefrenabile erosione. Il susseguirsi di altri terremoti con conseguenti frane e smottamenti che rischiarono di far restare Civita completamente isolata, contribuì ad incrementare il trasferimento della popolazione altrove, fino ad un quasi totale abbandono. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Situazione attuale
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Falerii Novi Comune: Civita Castellana (VT), 15.220 ab. Descrizione: Quando nel 241 a.C. le truppe romane riuscirono ad espugnare il sito di Falerii (l’odierna Civita Castellana) naturalmente bastionato, obbligarono la popolazione a trasferirsi in pianura a circa 5 km. di distanza. E qui nacque dal nulla la seconda Falerii che per distinguerla dalla prima fu chiamata dagli studiosi Falerii Novi. I suoi resti sono grandiosi: una cinta muraria di forma trapezoidale perfettamente conservata, costituita da grandi blocchi di tufo rosso in opera quadrata si estende per 2108 m. con 50 torri quadrate e un fossato sul lato orientale. Classificazione: Abbandonado/Ruderi
Borgo di Ninfa Comune: Barbarano Romano (VT) Area protetta: Parco regionale di Marturanum Descrizione: Il patrimonio naturale del parco è arricchito dalle testimonianze archeologiche della necropoli etrusca, una delle necropoli rupestri più importanti dell’etruria, presso la rupe di S. Giuliano, nel quale alcuni studiosi hanno identificato l’antica Marturanum. Classificazione: Abbandonato/Ruderi
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INDAGINE DEL FENOMENO
Borgo di San Lorenzo Vecchio Comune: S. Lorenzo Nuovo (VT), 2.066 ab. Area protetta: esterna alla Riserva naturale di Monte Rufeno Descrizione: S. Lorenzo Nuovo è situato su di una panoramica collina nella sponda settentrionale del lago di Bolsena. Interamente costruito nel 1774 per ordine di Papa Pio VI Braschi, in sostituzione del vecchio paese, le cui rovine sono tuttora visibili più a valle. Classificazione: Abbandonato/Ruderi
Antuni Comune: Castel di Tora (RI), 320 ab. Area protetta: Confine Riserva Naturale Monte Navegna e Monte Cervia Descrizione:Alla metà del XIX secolo, Antuni contava 106 abitanti. L’abitato era dominato dal palazzo del principe del Drago; nel paesino nessuna bottega, soltanto un’osteria. Attualmente la località ospita un centro di recupero per tossicodipendenti (la comunità “Incontro” di Don Gelmini), che ha evitato la rovina del Castello. Classificazione: parzialmente abbandonato
Situazione attuale
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Liguria Borgo di Barbazzano Comune: Lerici (SP) Area protetta: Parco naturale regionale di Montemarcello-Magra Descrizione: Situato sulle alture di Fiascherino (Tellaro), Barbazzano fu borgo antichissimo, forse giĂ abitato dagli antichi Liguri. Ne troviamo menzione nel diploma di Ottone II del 981. Di Barbazzano restano le rovine che mostrano la sua conformazione di borgo murato. Ebbe grandissima importanza soprattutto per la sua marineria, tanto che i marinai di Barbazzano avevano lâ&#x20AC;&#x2122;onore di accompagnare il vescovo di Luni nei suoi viaggi per mare. La tradizione vuole che sia stato distrutto da unâ&#x20AC;&#x2122;incursione saracena nel XV secolo. Classificazione: Abbandonato
Borgo di Portesone Comune: Lerici (SP) Area protetta: Parco naturale regionale di Montemarcello-Magra Descrizione: Portesone era un villaggio agricolo-pastorale, con case costruite in pietra. Nel 1500 la popolazione venne decimata dalla peste e i pochi sopravvissuti si rifugiarono nella vicina Barbazzano. Le case ancora esistenti mostrano che si trattava di costruzioni adibite a stalla al piano terra e ad abitazioni alò primo piano. Classificazione: Abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Borgo di Bussana Vecchia Comune: Sanremo (IM) Descrizione: Il 23 febbraio 1887 alle ore 6:21 arriva la prima scossa di terremoto... Il 14 giugno 1889 fu posta la prima pietra del palazzo comunale: nasce così, 3 Km. più a valle, Bussana Nuova e l’antico borgo viene definitivamente abbandonato. Nel 1961, con il poeta Giovanni Fronte ed il pittore Vanni Giuffré, fonda la Comunità Internazionale degli Artisti. Incomincia così il recupero degli edifici meno danneggiati. Classificazione: Parzialmente abbandonato
Balestrino Comune: Balestrino (SV), 535 ab. Descrizione: L’origine del paese risale ai romani. Dopo questo primo insediamento, comparvero nell’alto medioevo i primi nuclei di abitato verso il fondo valle. Per parecchi secoli il marchesato rimase un’isola indipendente entro il territorio della Repubblica di Genova, Stato con il quale i feudatari, vassalli peraltro dei Savoia, avevano convenzioni per quanto concerneva la moneta e la giustizia. Dopo il periodo napoleonico, l’ex feudo seguì le sorti del resto della Liguria, prima con l’annessione al Piemonte, quindi al Regno d’Italia. Classificazione: Abitato
Situazione attuale
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Frazione di Vesallo Comune: Castelbianco (SV), 287 ab. Descrizione: Castelbiano è un comune sparso della bassa valle Pennavaira, quasi allo sbocco nella valle del Neva, formato dai centri di Colletta, Oresine, Veravo (sede comunale) e Vesallo (distrutto dal terremoto del 1887 e abbandonato). Veravo e Vesallo sorgono sul versante sinistro alle pendici meridionali del monte Alpe (1056 m). Le case delle frazioni, dal caratteristico aspetto ligure, si presentano con le aperture bordate da intonaco bianco. Classificazione: Abbandonato
Borgo di Canate Comune: Davagna (GE), 1.781 ab. Area protetta: limitrofo al Parco regionale dell’Antola Descrizione: Oltre Marsiglia, nel territorio del Comune di Davagna, si arriva a piedi a Canate, paese fantasma mantenutosi tale e quale com’era prima dell’abbandono. Classificazione: Abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Lombardia Borgo di Castellazzo Comune : Comune di Bollate (MI) Area protetta: Parco regionale delle Groane Descrizione: Il complesso del Castellazzo rappresenta un’unità eccezionale nel milanese, composta da estesi boschi, brughiere, campi agricoli, all’interno dei quali sorge una grandiosa villa barocca con il suo borgo. Quale futuro per il borgo medievale di Castellazzo di Bollate: appartamenti o museo all’aperto?400 appartamenti di lusso sono previsti nel progetto, firmato da Gae Aulenti, presentato dalla Società Gaussiana proprietaria dell’area. Classificazione: Abbandonato
Oltressanda Alta Comune: Oltressenda Alta (BG), 194 ab. Area protetta: Parco regionale delle Orobie bergamasche Descrizione: Il nome deriva da “oltre senda”, vale a ire “al di là del sentiero”: infatti il luogo sorge al di là della strada che percorre la valle del Serio. Classificazione: A disagio insediativo
Situazione attuale
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Frazione di Vesallo Comune: Ardesio (BG), 3.702 ab. Area protetta: Parco regionale delle Orobie bergamasche Descrizione: Il paesino è costituito da una fila di case poste lungo una stradina in mezzo alla quale si eleva la chiesetta in stile barocco, dedicata a S.Rocco. Le testimonianze delle tre persone che hanno sempre vissuto ad Ave, Giacomo, Angelina e Lorenzo parlano di estrema povertà, addirittura di fame. Era la realtà dei paesi più isolati della nostra montagna, la realtà che alla fine della Seconda Guerra Mondiale portò allo spopolamento con la grande fuga degli anni ‘50 e ‘60 verso le città, le fabbriche. Via dalla montagna, via dalla miseria, da una vita di stenti. Classificazione: A disagio insediativo
Borgo di Canate Borgo di Sotto il Groppo Comune: Brallo di Pregola (PV), 930 ab. Iniziative: Il comune di Brallo di Pregola fa parte del GAL Alto Oltrepò, composto da 33 soci, e fa parte dell’area Leader+. Fa inoltre parte della Comunità Montana Oltrepò Pavese. Classificazione: A disagio insediativo
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INDAGINE DEL FENOMENO
Piemonte Borgo di Castellazzo Comune: Torre di S. Maria (PV) Descrizione: Il balzo indietro nel tempo è immediato, una stretta stradina con le pareti delle case annerite dal fumo, un arco costruito in parte sulla viva roccia, una minuscola piazzetta con una cappellina. Al centro uno dei più importanti reperti preistorici della valle: un masso sub circolare sulla cui superficie superiore sono perfettamente visibili 23 cappelle. Trattasi di cavità scavate nella roccia ché, secondo alcuni studiosi, testimoniano l’esistenza di una popolazione dedita al culto del sole e nello stesso tempo il suo desiderio di rappresentarlo su roccia seppur in modo schematico ed elementare. Classificazione: ruderi
Oltressanda Alta Comune: Torre S. Maria (SO), 891 ab. Descrizione: Agglomerati umani con delle precise caratteristiche abitative, sono dei veri e propri piccoli paesi, interessati da popolazione stabile, sorti attorno al 1200/1300 ed edificati dalle genti del fondo valle decise a difendersi dalle incursioni cui erano soggetti. Classificazione: Abbandonato
Situazione attuale
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Frazione di Monteviasco Comune: Curiglia (VA), 201 ab. Descrizione: Incastonato nella Val Veddasca, in Provincia di Varese, più precisamente sulle prealpi che sovrastano Luino e il Lago Maggiore, c’ è un luogo dove il tempo si è fermato e dove il cemento e il motore a scoppio non sono ancora arrivati: Monteviasco.Ormai sono solo poco più di una dozzina gli abitanti stabili a Monteviasco. Classificazione: A disagio insediativo
Frazione di Piero Comune: Curiglia (VA), 201 ab. Descrizione: “Mulini di Piero” è un antico insediamento contadino, posto in un’ansa del torrente Giona le cui acque per quasi due secoli hanno fatto funzionare le pale dei mulini per la macinazione del grano e che da oltre quarant’anni è praticamente abbandonato. Classificazione: A disagio insediativo
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INDAGINE DEL FENOMENO
Borgo di Rivarossa Comune: Borghetto Borbera (AL), 1930 ab. Descrizione: La civiltà contadina è evocata da molti nuclei che conservano i tradizionali selciati e le tipiche costruzioni in pietra a vista (caratteristici i paesini abbandonati di Rivarossa, Avi, Camere Nuove e della valle dei Campassi). Dei mulini, un tempo numerosi, alcuni sono tuttora funzionanti. Classificazione: Abbandonato
Ferrazza e Reneuzzi Comune: Carrega Ligure (AL), 148 ab. Descrizione: Il paese di Reneuzzi, poco distante da Ferrazza, e sul versante opposto della valletta di Campassi, sotto il Monte Antola, è totalmente abbandonato dal 1961. Era un paese di qualche centinaio di abitanti, con chiesa e cimitero; collegato solo da una antica mulattiera, la strada asfaltata non lo ha raggiunto e tuttora vi si arriva o da Campassi o da Vegni; un sentiero porta poi da qui all’Antola. Classificazione: Abbandonato
Situazione attuale
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Frazione di Monteviasco Comune: Soprana (BI), 940 ab. Descrizione: Frazioni Bozzola e Cimamonte: sono abitate esclusivamente nei mesi estivi e gli edifici compresi nei NAF (Nuclei di Antica Formazione) in alcuni casi sono in rovina. Classificazione: A disagio insediativo
Frazione di Salecchio Comune: Premia (VB), 661 ab. Descrizione: Salecchio, colonia walser come Agaro ed Ausone un tempo era Comune a se, i nuclei abitati più importanti erano Salecchio Inferiore (mt. 1.316) e Salecchio Superiore (mt. 1.510), l’isolamento con il resto della Valle garantì l’autonomia politica e culturale di queste orgogliose genti di origine alemanna. Un fondovalle costituito da piccoli nuclei abitati tra pascoli e boschi, tutto il territorio è un interessante sito naturalistico-geologico, famoso per gli orridi di Uriezzo, profonde e tortuose cavità scavate nel tempo dalle acque dei torrenti che scorrevano sul fondo del ghiacciaio del Toce che attraversava in passato la valle. Classificazione: A disagio insediativo
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INDAGINE DEL FENOMENO
Borgo di Rivarossa Comune: Porte (CN), 933 ab. Iniziative: Il comune fa parte del Patto Territoriale del Pinerolese, approvato dal Ministero delle Attività Produttive con decreto n. PT. 000035 del 4 dicembre 2001 come modificato dal decreto n. PT. 000096 del 5 febbraio 2002. Il finanziamento del Patto Territoriale del Pinerolese rappresenta il completamento logico di un processo di sviluppo locale e di concertazione tra i soggetti pubblici e privati. Classificazione: A disagio insediativo
Ferrazza e Reneuzzi Comune: Pramollo (TO), 285 ab. Iniziative: L’area fa parte del GAL Escartons e Valli Valdesi. Nell’ambito del programma Leader+ 2000-2006, sono in corso di realizzazione le azioni connesse al progetto “Identità e sostenibilità per un paesaggio Olimpico”. Classificazione: A disagio insediativo
Situazione attuale
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Frazione di Monteviasco Comune: Soprana (BI), 940 ab. Descrizione: Frazioni Bozzola e Cimamonte: sono abitate esclusivamente nei mesi estivi e gli edifici compresi nei NAF (Nuclei di Antica Formazione) in alcuni casi sono in rovina. Classificazione: A disagio insediativo
Gataudia Comune: Perosa Argentina (TO), 3371 ab. Frazioni: Gataudia (Il nome di questa borgata deriva dalla probabile presenza nel passato della figura del gastaldo); Coutandin (Nella borgata Coutandin, attualmente disabitata, è ancora visibile la casa dei genitori di FERNANDEL, famoso attore francese, conosciuto per lâ&#x20AC;&#x2122;interpretazione del personaggio di DON CAMILLO); Colombera (completamente spopolata) Classificazione: Abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Borgo di Rivarossa Comune: Fenestrelle (TO), 615 ab. Area protetta: Parco regionale Orsiera RocciavrĂŠ Iniziative: Il comune fa parte del Patto Territoriale del Pinerolese, approvato dal Ministero delle AttivitĂ Produttive con decreto n. PT. 000035 del 4 dicembre 2001 come modificato dal decreto n. PT. 000096 del 5 febbraio 2002. Il finanziamento del Patto Territoriale del Pinerolese rappresenta il completamento logico di un processo di sviluppo locale e di concertazione tra i soggetti pubblici e privati. Classificazione: Disagio insediativo
Frazione di Colletto Comune: Perrero (TO), 773 ab. Iniziative: Il comune fa parte del Patto Territoriale del Pinerolese, approvato dal Ministero delle AttivitĂ Produttive con decreto n. PT. 000035 del 4 dicembre 2001 come modificato dal decreto n. PT. 000096 del 5 febbraio 2002. Il finanziamento del Patto Territoriale del Pinerolese rappresenta il completamento logico di un processo di sviluppo locale e di concertazione tra i soggetti pubblici e privati.
Situazione attuale
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Frazione di Monteviasco Comune: Soprana (BI), 940 ab. Descrizione: Frazioni Bozzola e Cimamonte: sono abitate esclusivamente nei mesi estivi e gli edifici compresi nei NAF (Nuclei di Antica Formazione) in alcuni casi sono in rovina. Classificazione: A disagio insediativo
Gataudia Comune: Perosa Argentina (TO), 3371 ab. Frazioni: Gataudia (Il nome di questa borgata deriva dalla probabile presenza nel passato della figura del gastaldo); Coutandin (Nella borgata Coutandin, attualmente disabitata, è ancora visibile la casa dei genitori di FERNANDEL, famoso attore francese, conosciuto per lâ&#x20AC;&#x2122;interpretazione del personaggio di DON CAMILLO); Colombera (completamente spopolata) Classificazione: Abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Sardegna Paese di Ingortosu Comune: Arbus (CA) Area protetta: Parco geominerario Montevecchio-Ingurtosu Descrizione: Il villaggio minerario di Ingurtosu si trova alla fine di una lunga valle che a monte culmina nella Punta Tintillonis e a valle si conclude con le alte dune di Piscinas. Il villaggio era il centro direzionale delle due miniere di Ingurtosu e della vicina Gennamari. Nel villaggio c’erano la direzione, lo spaccio, la posta, le abitazioni degli impiegati, l’ospedale, la chiesa, il cimitero. Su tutto dominava il palazzo della direzione. Classificazione: Abbandonato
Borgo di Rebeccu Comune: Bonorva (SS) Descrizione: Oggi è pressoché disabitato, ma conserva quasi inalterata la struttura originaria, con le pittoresche viuzze scavate nella roccia calcarea in cima a un colle ad oltre 400 metri d’altezza. Classificazione: Abbandonato
Situazione attuale
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Frazione di Monteviasco Comune: Sassari (SS) Descrizione: Il villaggio minerario venne edificato in due vallate digradanti verso il mare, a nord di Punta Argentiera. Erano edifici dall’architettura molto semplice, la parte più antica (Calaonanu) ospitava la maggior parte delle maestranze. Si possono ancora scorgere i resti dell’ edificio destinato all’alloggio dei minatori scapoli e la struttura del castello del pozzo Plata, il più antico, operante già ai tempi della marchesa Tola e della dominazione spagnola. Sulla strada per Palmadula si trova il nucleo più recente, costruito dalla Società di Correboi. Nella seconda valle, più piccola, vennero realizzati gli impianti per il trattamento del minerale e il centro vero e proprio. Classificazione: Abbandonato
Gairo Vecchia Comune: Gairo (NU), 1.684 ab. Area protetta: Monumento naturale Perda Longa di Baunei Descrizione: Gairo Vecchia, Osini e Gairo Sant’Elena sono tre paesini quasi totalmente abbandonati a causa delle frane determinate dalle eccezionali piogge autunnali del 1951 e 1953. Come tutti i luoghi abbandonati, i tre villaggi infondono una certa suggestione. Classificazione: Abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
Paese di Ingortosu Osini vecchio Comune: Osini (NU), 947 ab. Area protetta: Monumento naturale Scala di San Giorgio di Osini Descrizione: Gairo Vecchia, Osini e Gairo Santâ&#x20AC;&#x2122;Elena sono tre paesini quasi totalmente abbandonati a causa delle frane determinate dalle eccezionali piogge autunnali del 1951 e 1953. Classificazione: Abbandonato
Situazione attuale
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Toscana Paese di Castelnuovo dei Sabbioni Comune: Cavriglia (AR), 7.808 ab. Descrizione: Castelnuovo dei Sabbioni è un paese posto alle pendici dei Monti del Chianti, in comune di Caviglia e provincia di Arezzo: è stato sempre conosciuto per le sue miniere di lignite. Il paese è stato abbandonato qualche decennio fa perché minacciava di crollare lo sperone roccioso sul quale era stato costruito ed è stato riedificato più in alto su un luogo sicuro: in realtà il vecchio paese non è mai franato e i suoi edifici rimangono ancora in piedi a costituire un vero e proprio borgo fantasma, molto affascinante da visitare. Classificazione: Abbandonato
Gairo Vecchia Comune: Chiusi della Verna (AR) Area protetta: Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna Descrizione: Borgo di Serra - abitato solo durante l’estate, è stato recentemente restaurato: strade, piazzette e case in pietra lo rendono accogliente, lo stesso non si può dire per la strada d’accesso. Borgo di Montesilvestre – Segnalato come borgo fantasma. Oggi dell’antico borgo rurale, un tempo abitato da diverse famiglie che si erano costruite spazi produttivi nell’intorno del villaggio, rimangono solo ruderi abbandonati. Classificazione: Ruderi/Abbandonato
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INDAGINE DEL FENOMENO
FrazionI Castiglioncello, Brento Sanico Comune: Firenzuola (FI), 4.809 ab. Descrizione: Castiglioncello, già piccolo castello di frontiera con dogana di 3^ classe, si presenta oggi in uno stato di totale decadenza ed abbandono. Abbandonato ormai da 40 anni,il tempo e le intemperie esercitano i loro ruoli distruttivi. ciò che comunque resta è l’ impianto urbanistico. L’architettura rurale infatti qui riesce a conservare il suo fascino e i suoi elementi, il tutto immerso in un oasi boschiva di oltre 200 ettari. Classificazione: Abitato
Frazioni Lozzole, Campergozzole Comune: Palazzuolo sul Senio (FI) Descrizione: Lozzole - L ‘abitato di Lozzole è sicuramente uno dei luoghi più suggestivi dell’Alto Mugello. La Fortezza, o Castellaccio, che rimane poco distante dall’abitato appartenne storicamente (XIII secolo) ai Vescovi di Firenze, poi agli Ubaldini ed alla Signoria di Firenze. L’abitato è in stato di abbandono. Con il vicino complesso di Campergozzole, altrettanto antico e altrettanto bello, costituisce una importante e dimenticata testimonianza del passato contadino di quella parte del Mugello. Classificazione: Abbandonato
Situazione attuale
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Frazione di Campocatino Comune: Vagli di Sotto (LU) Area protetta: Parco regionale della Alpi Apuane Descrizione: Campocatino (1006 s.l.m.) si trova ai piedi della splendida parete della Roccandagia (m. 1700).Un gruppo di case piccole tutte in pietra costruite con sassi di varie forme e dimensioni, la maggior parte senza collanti (cemento, calcina, malta) e sistemate con grande maestria. Classificazione: Abbandonato
Frazione Fabbrica di Careggi Comune: Careggine (Lu) Area protetta: Parco regionale delle Alpi Apuane Descrizione: Si tratta di un â&#x20AC;&#x153;Paese Fantasmaâ&#x20AC;? che ogni 10 anni rivede la luce in occasione dello svuotamento del bacino, necessario per ripulire dal fango le griglie che filtrano lâ&#x20AC;&#x2122;acqua convogliata verso le turbine. Si tratta di un evento di enorme richiamo, che fa accorrere sul luogo centinaia di migliaia di turisti, molti dei quali si spingono fino al paese, e percorrono in uno scenario allucinante le varie viuzze che passano tra le case semidiroccate e coperte da una spessa coltre di fango. Classificazione: Abbandonato/Ruderi
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INDAGINE DEL FENOMENO
Borgo di Perolla Comune: Grosseto Descrizione: Villaggio medievale in grotta del Castello di Perolla, recentemente oggetto di indagine e di rilevamento da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e dell’Università di Siena. Sui fianchi dell’altura si aprono numerose grotte e cavità naturali, che costituiscono un tratto peculiare di questo insediamento fortificato e attestano un utilizzo a partire dall’età del Bronzo. Dal fitto sottobosco emergono ampi tratti di mura ancora ben conservate in alzato. Classificazione: Abbandonato
Situazione attuale
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Umbria Scoppio Comune: Acquasparta (TR) Descrizione: Il toponimo deriva dal latino scopulum = scoglio, rupe, promontorio, vetta sassosa, luogo elevato. Centro del XV secolo abbandonato dai residenti negli anni ‘50. Doveva avere un’origine molto più antica, sia per la parrocchiale romanica, sia per le tracce di valli e torri ben più grandi delle attuali. Lo Scoppio è situato al centro della Verde Umbria, sui Monti Martani, nel comune di Acquasparta (TR), a breve distanza dalla città di Spoleto. presso il villaggio medioevale sono stati ristrutturati due edifici per essere utilizzati come rifugio escursionistico. Classificazione: Abbandonato
Umbriano Comune: Ferentillo (Tr), 1.897 ab. Area protetta: Parco fluviale del Nera Descrizione: Esplorare un intero paese fortificato, arroccato su un’imprendibile sperone roccioso; imponente e silenzioso, totalmente abbandonato dalle attività dell’uomo, ma perfettamente integro nel suo aspetto originario, come se il tempo si fosse fermato da molti secoli. Classificazione: Abbandonato
2001
2002
2003
20 GIUGNO 2001 CALCATA IL PAESE DEGLI ARTISTI
13 MARZO 2003 QUEI BORGHI D’ALTRI TEMPI
AL CONTRARIO DI QUELLO CHE DA MOLTE PARTI SI LEGGE , LA CITTA’ NON è MAI STATA ABBANDONATA DEL TUTTO. IL SUO FASCINO NON HA LASCIATO INDIFFERENTI I TANTI ARTISTI CHE ORA LA ABTANO, LE CUI BOTTEGHE SI SUSSEGUONO TRA I VICOLI. di Federico Orlandi
ARIA FRIZZANTE, ACQUA INCONTAMINATA, AMBIENTE TRANQUILLO, E PAESAGGIO VERDE. QUESTO BEN DI DIO E’ OFFERTO DAI PICCOLI CENTRI DELL’APPENNINO DUANO, CARI ANCHE AI TURISTI AMERICANI IN CERCA DI TRANQUILLITA’. di Michele Pizzillo
05 AGOSTO 2002 NEI PAESI FANTASMA C’E’UN TESORO FERRAZZA E RENEUZZI, DUE PAESINI NELLA VAL BORBERA, SONO RIMASTE DUE SOLE FAMIGLIE. I DUE PICCOLI CENTRI STANNO PER SEGUIRE LA SORTE DI MOLTI ALTRI, STANNO PER SCOMPARIRE DALLE STATISTICHE. SARANNO PAESI FANTASMA, ABITANTI ZERO. di Teresa Serrao
09 OTTOBRE 2003 VIAGGIO TRA I PAESI ABBANDONATI BORGHI DISABITATI, VILLAGGI FANTASMA, RIONI CROLLATI:LA PUGLIA DEL BOOM TURISTICO, LA BASILICATA DEL PETROLIO E DELLA FIAT, NASCONDONO LUOGHI DESERTI E RICCHI DI STORIA.SONO DECINE I VILLAGGI SILENZIOSI E DISABITATI, PERDUTI NELL’OBLIO DI UN’ECONOMIA IN TRAMONTO.
articoli di giornale tratti dagli archivi web di: il Corriere della Sera la Repubblica il Giornale il Sole 24 ore il Secolo XIX
2004
2005
2006
2007
2008
10 GENNAIO 2005 VOCI DA UN LUOGO ABBANDONATO
09 FEBBRAIO 2007 IL MIRACOLO DI COLLETTA
PER CAPIRE COME MUORE UN PAESE, E PERCHE’ MUORE, OCCORRE ARRAMPICARSI SUL SENTIERO DI BUCHE E SALIRE A PENDATTILO LA PUNTA ESTREMA DELLA CALABRIA. COMPARE COME UN INSIEME RUDE DI CASE, IMMOBILI E SPENTE, CHE UN TEMPO OSPITAVA LA VITA DI COMUNITA’. di Francesco Erbani
COLLETTA DI CASTELBIANCO FIGURAVA COME BORGO ABBANDONATO, QUEST’ANNO CI E’ TORNATA IN UN’ALTRA VESTE: BORGO TELEMATICO. IL SEGRETO DEL SUCCESSO DI COLLETTA E’ L’INTEGRAZIONE TRA TECNOLOGIA E SOCILAITA’. INGLESI E AMERICANI SI SONO INNAMORATI DI COLLETTA.
28 GENNAIO 2006 LE OPERE DI 14 ARTISTI PER CALCATA TESTIMONIANZA DI UNA REALTA’ RARA NEL MONDO DELL’ARTE QUALE è QUELLA ESPRESSA NEGLI ULTIMI DECENNI DA UN BRGO CHE SI E’ IMPOSTO PER I SUOI CONTENUTI ALL’ATTENZIONE INTERNAZIONALE. BORGO, IN PROVINCIA DI VITERBO, PRESCELTO DA UOMINI DI CULTURA, PAESAGGISTI, SCRITTORI E ARTISTI. di Giuseppe Rescifina
2009
05 MARZO 2007 L’HOTEL DIFFUSO IL COMUNE DI SANTO STEFANO DI SESSANIO E L’ENTE PARCO GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA HANNO FIRMATO UNA CONVENZIONE PER LA SALVAGUARDIA DEL PAESAGGIO AGRARIO CIRCOSTANTE. NESSUNO PUO’ COSTRUIRE INSOMMA MA SOLO COLTIVARE. DANIELE KHILGREN COMPRA I BORGHI ABBANDONATI. di Paola Jadeluca
17 OTTOBRE 2006 CODEGLIA, IL PAESE CHE DIVENTA HOTEL
06 AGOSTO 2009 L’UOMO CHE SALVA I BORGHI
L’HOTEL PAESE PER ADESSO SONO 22 CASE DI PIETRA. TRA QUINDICI MESI SARA’UN BORGO MEDIEVALE DA FAVOLA COMPLETAMENTE RISTRUTTURATO, CON 60 POSTI LETTO, UNA LOCANDA, DUE PISCINE.LA GESTIONE DELL’ALBERGO DIFFUSO SARA’ NELLE MANI DEGLI STESSI RESIDENTI. di Raffaele Niri
COLLETTA DI CASTELBIANCO FIGURAVA COME BORGO ABBANDONATO, QUEST’ANNO CI E’ TORNATA IN UN’ALTRA VESTE: BORGO TELEMATICO. IL SEGRETO DEL SUCCESSO DI COLLETTA E’ L’INTEGRAZIONE TRA TECNOLOGIA E SOCILAITA’. INGLESI E AMERICANI SI SONO INNAMORATI DI COLLETTA.
22 SETTEMBRE 2007 CALITRI, IL BORGO ADOTTATO INGLESI, AMERICANI, NORDEUROPEI E, SINORA, SOLO DUE ITALIANI. ECCO CHI STA COMPRANDO CASA NEL CENTRO STORICO DI CALITRI, QUASI ABBANDONATO DOPO CHE GLI ABITANTI SI SONO TRASFERITI NELLA PARTE NUOVA COSTRUITA DOPO IL TERREMOTO. CALITRI SI STA TRASFORMANDO IN ALBERGO DIFFUSO.
08 SETTEMBRE 2009 TORRI SUPERIORE UN BORGO MEDIEVALE STUDIATO PER CERCARE LA SOSTENIBILITA’ SOCIALE, ECONOMICA, ECOLOGICA. UN VILLAGGIO CHE CONTAVA NEL ‘89 UNA SOLA PERSONA.UNA COMUNITA’ CHE CONTA OGGI CIRCA VENTI MEMBRI PERMANENTI, TRA CUI 5 BAMBINI. UN LUOGO DELL’ANIMA DOVE I RESIDENTI SVILUPPANO PROGRAMMI DI AGRICOLTURA E DI PERMACOLTURA.
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INDAGINE DEL FENOMENO
1.4 PROPOSTE DI LEGGE (Tratto da:PROGRAMMA Fo.Cu.S.Centro di ricerca sulla valorizzazione dei centri storici minori e relativi sistemi paesaggistico-ambientali) “Le politiche messe in atto nel nostro Paese per la valorizzazione di queste aree sono disarticolate, frammentate e difficilmente riconducibili ad una unitarietà. Se partiamo dalla situazione nazionale, la questione appare piuttosto “indietro”. Si pensi al disegno di legge “Disposizioni per il recupero e la riqualificazione dei centri storici” (approvato alla Camera nel luglio 2005); alla cosiddetta proposta di legge Realacci sui piccoli comuni; alla prevista riduzione dei finanziamenti per i beni culturali che caratterizzerà probabilmente la prossima stagione della programmazione europea 2007-2013; all’impostazione del documento strategico nazionale predisposta dal Ministero delle infrastrutture e trasporti (che sembra puntare su sistemi di città intermedie, comunque forti); al Piano strategico nazionale dello sviluppo rurale che appare come elemento distinto da un programma strategico nazionale, come se le aree rurali e le relative comunità fossero soggetti di “dignità” diversa dalle città (grandi o medie che siano) e non si ponesse un problema di integrazione. Riguardo alle prime due proposte di legge, appare critica la circostanza che –nonostante tutte le esperienze che hanno ruotato intorno ai programmi integrati e alla programmazione negoziata e che hanno visto anche importanti applicazioni ai centri storici (compresi quelli minori) – si ragioni su provvedimenti di così poca lungimiranza rispetto al territorio e al suo sviluppo: come ritagliando piccoli francobolli, per l’appunto di piccoli comuni, come se tutto fosse isolato, come se non ci fossero tessuti connettivi, spinte locali all’attività e al rinnovamento, come se ogni intervento fosse una questione a sé. Se dalle proposte nazionali scendiamo a livello regionale, le sperimentazioni appaiono numerose, interessanti e sensibilmente più ricche: le regioni sono attori importanti, così come le amministrazioni comunali e provinciali, che spesso vengono coinvolte nelle reti delle buone pratiche europee, da Urban a Interreg. Altre iniziative appaiono più settoriali, come i borghi più belli o i distretti culturali, e altre ancora restringono gli ambiti senza lasciare un respiro più ampio allo sviluppo e al coinvolgimento intersettoriale o puntano a operazioni di squisita natura immobiliaristica. Emergono, in tale contesto, come innovative le esperienze di valorizzazione in senso ampio che, oltre al centro storico, hanno coinvolto anche il sistema ambientale e paesaggistico e le risorse territoriali a scala vasta; che hanno coinvolto i cittadini in processi di partecipazione condivisa sulle trasformazioni e valorizzazioni, sulla decisione di nuove funzioni da localizzare; che hanno visto le amministrazioni lavorare su modalità di comunicazione tese a creare condivisione e ad attivare forme varie di governance, volte a ricostituire le identità territoriali. E’ anche sulla stretta coniugazione tra strutture fisiche ed erogazione di servizi che si gioca l’integrazione; è opportuno non pensare solo alla riqualificazione fisica, al restauro dei monumenti, ma anche alla valorizzazione del territorio e della comunità locale in termini di produzione di servizi che creano rete, inducendo attività e occupazione e producendo forme nuove di attrazione territoriale. Il possibile restringimento del canale europeo, ma anche le difficoltà finanziarie in cui versano le amministrazioni locali (tanto più i piccoli comuni) postula la necessità di auto-organizzazione, di mettere a frutto esperienze e buone pratiche di confrontarsi rispetto a politiche attive in cui siano
Proposte di legge
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coinvolti anche i soggetti privati. Inoltre va considerato che i finanziamenti che arrivano da soggetti “esterni” all’amministrazione locale, nazionali ed europei (anche gli stessi Urban), pongono con forza un problema, quello della gestione. Gestione di quanto realizzato (con tali finanziamenti) significa rendere forte e consapevole l’humus locale, significa costruire e scoprire le risorse endogene, economiche, fisiche e soprattutto umane su cui puntare per fare azione di valorizzazione contestualmente a quella di presidio dei territori.” A livello nazionale è attiva dal 1°agosto 2009 la “Direzione generale per la valorizzazione del Patrimonio Culturale” e costituisce la maggior innovazione all’interno del MIBAC. La visione che ispirerà l’azione del Direttore Mario Resca si articola su tre principi strettamente correlati. In primo luogo, è necessario prendere piena consapevolezza di quanto la cultura costituisca l’identità della nostra Nazione(fig.1). Inoltre, adempiendo al dettato costituzionale che affida alla Repubblica il compito di tutelare il patrimonio storico e artistico dell’Italia(fig.2) e di promuovere lo sviluppo della cultura, è doveroso avvicinare il più possibile i cittadini italiani e stranieri alla conoscenza delle ricchezze artistiche del nostro Paese. Infine, l’Italia, forte di uno dei maggiori patrimoni culturali al mondo fatto di città d’arte, siti archeologici, musei e monumenti frutto delle numerose civiltà che si sono avvicendate nei millenni nel nostro territorio, deve puntare al primato della valorizzazione nel contesto internazionale. La missione della nuova Direzione Generale è orientata da diversi fattori. Innanzitutto la constatazione che la domanda di turismo culturale è in aumento in tutto il mondo. In Europa costituisce il 50% della motivazione turistica. In Italia in 10 anni (1997 – 2007) è cresciuta dal 18 % al 35%. I beni storici, artistici e archeologici potranno contribuire in modo determinante e competitivo al rilancio dell’economia italiana, nel pieno rispetto dell’identità.
fig.1Siti italiani Unesco
fig.2 Beni immobili (archeologici e architettonici) vincolati (1909-2004)
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1.5 GRADI DI DISMISSIONE Dallo studio e dall’analisi dei borghi è possibile individuare tre tipi di dismissione: - borgo completamente abbandonato; - borgo parzialmente abbandonato; - borgo abbandonato con fondazione di un nuovo centro. Ognuna di queste categorie racchiude a sua volta una serie di cause diverse che fanno riferimento alla geografia del territorio e a fenomeni particolari, sia di tipo ambientale che economico. Un motivo che ha condotto all’abbandono di un certo numero di borghi è quello che fa riferimento alla cause endemiche, come frane, terremoti, che hanno minato la sicurezza di questi abitati e innescato spesso la costruzione ex-novo di piccoli centri alle pendici o nelle prossimità degli originari. Dai primi anni del novecento si è aggiunta l’emigrazione più consistente dovuta alla fine dell’economia di sussistenza , verso i maggiori centri economici italiani o verso altri stati. La zone difficilmente accessibili sono state gradualmente abbandonate, ciò è avvenuto principlamente nelle aree montane e in quelli collinari. Il ruolo delle infrastrutture non è secondario all’interno di questo fenomeno in quanto ha determinato dei cambiamenti consistenti nel paesaggio e l’avvicinamento di detrminati poli piuttosto di altri. La decadenza economica permane, oggi come in passato, la principale motivazione di spopolamento: le stesse catastrofi naturali rappresentano, in diversi casi, dei semplici catalizzatori di un fenomeno già in atto. E’ interessante osservare come Nucifora schematizza il possibile ciclo di vita di un borgo(fig.1). “Un luogo vitale può trasformarsi in abbandonato a causa di cataclismi o per “dimenticanza”, generata dall’uscita del centro dal circuito produttivo e vitale della regione in cui si trova. Se il luogo disabitato non vive in una seconda fase un fenomeno di ritorno si trasforma in rudere il quale, grazie alla memoria, può continuare ad essere visitato e conosciuto, diventando oggetto di interesse turistico –paesaggistico. Se invece non si verifica il sentimento della “ricordanza”, il luogo può trasformarsi in città scomparsa e cancellarsi oppure, sempre grazie all’azione della memoria, lasciare traccia di sé nel toponimo, diventando, con il trascorrere del tempo, una realtà afferente al mondo del mito”(1). Le forme dell’abbandono sono varie e complesse tanto che già dagli anni ’50 diversi studiosi, tra i quali si ricorda Abel e Scharlau, le avevano esaminate distinguendo alcune tipologie, spazianti dal Totalwunstung – abbandono globale del villaggio e del territorio – a diverse fasi intermedie”(2). A seconda dell’entità del fenomeno presente i borghi possono essere classificati in parzialmente e totalmente abbandonati.
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borgo antico 1. borgo completamente abbandonato
0
2. borgo parzialmente abbandonato
borgo antico
nuovo centro 3. borgo abbandonato con fondazione di un nuovo centro
0 borgo vecchio
nuovo centro
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I centri parzialmente abbandonati, in generalepiù numerosi, “sono il frutto di anni di disagi economici, lontananza dai principali poli commerciali ed industriali, isolamento geografico, difficile accessibilità, variazioni nella struttura economica e scarsa rispondenza dell’abitato alle esigenze della vita moderna, il tutto aggravato da dissesti derivati anche dal sopraggiungere di eventi cataclismatici. Diverse ondate migratorie, volte prima verso altri continenti e poi verso i paesi nord -europei e l’Italia settentrionale, hanno provocato abbandoni protrattisi nel tempo”(3). Il caso dei centri completamente abbandonati spesso è diretta conseguenza di eventi bellici o dissesti idrogeologici. In questi casi lo spopolamento avviene molto più velocemente in quanto è dettato dalle condizioni di emergenza. E’ interessante osservare all’interno di questi fenomeni le caratteristiche geografiche dell’abitato ed il rapporto con i caratteri orografici, morfologici e paesaggistici dei luoghi, indagarne le cause di abbandono, che possono essere multiple per un singolo centro, o esaminare il tipo di reazione che la comunità interessata ha assunto. I centri abbandonati costituiscono un vero e proprio laboratorio all’aria aperta, “le unità edilizie parzialmente crollate consentono lo studio analitico delle sezioni murarie, delle antiche operazioni di consolidamento e di posa in opera di orditure lignee, agevolando la comprensione costruttiva di un’architettura rurale a carattere spontaneo, di cui si avverte la progressiva scomparsa. Le strutture architettoniche superstiti si possono inoltre presentare secondo un ventaglio estremamente diversificato. Si hanno centri il cui passaggio nella storia insediativa è percepibile dalla presenza di ruderi, a volte quasi illeggibili ed in via di graduale fusione con il paesaggio circostante; in altri sopravvive solo qualche emergenza architettoniche, sede del potere politico o religioso, che, costruita più solidamente rispetto all’edilizia comune, ha resistito ad eventi cataclismatici, all’incuria dell’abbandono ed al degrado del tempo.”(4). L’ultimo caso è quello che fa riferimento a borghi che hanno fondato un nuovo centro nelle vicinanze di quello precedente. Le cause sono da ritrovare soprattutto nelle catastrofi ambientali come frane o terremoti ma anche in motivazioni di tipo architettonico: spazi troppo piccoli, difficoltàa raggiungere l’abitazione. Il fenomeno dello spopolamento, seppure non indagato con completezza in tutto il territorio nazionale, appare in generale molto diffuso e particolarmente rilevante nell’Italia meridionale e lungo tutto l’arco appenninico. Klapish Zuber precisa che gli abbandoni veri e propri sono collegati a fenomeni più vasti quali le trasformazioni economiche ed i nuovi orientamenti agricoli(5). Da non dimenticare i sismi che hanno colpito alcune regioni d’Italia: la Val di Noto nel 1693, la Valle dl Belice (1968), il Friuli (1976) e l’Irpinia (1980). Preme comunque riflettere sul futuro dei centri abbandonati, sia se questi siano stati il risultato di una traslazione di abitato a seguito di un sisma, sia se si siano spopolati per una motivazione diversa. La loro lenta e silenziosa scomparsa richiede interventi urgenti di conservazione ed idee propositive, volte a trovare un nuovo ruolo e significato alla loro esistenza senza escludere una loro possibile conversione in luoghi di contemplazione e memoria(6). (1) Cfr. Nucifora S., Le forme dell’abbandono in AA.VV., Le città abbandonate della Calabria, op. cit., 78. (2) Colletta Tiziana, La conservazione dei centri storici minori abbandonati: il caso della Campania, op.cit., 134. (3) Idem (4) Idem (5) Cfr. Klapish Zuber Ch., Villaggi abbandonati ed emigrazione interna, in Storia d’Italia, vol. V, Einaudi Editore,Torino 1973. (6) Dezzi Bardeschi M., Brevi note sugli interventi di “restauro” nelle zone colpite dal terremoto in Boscarino S., Prescia R. (a cura di ), op. cit., p. 184
Gradi di dismissione
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Fig.1 Nucifora S., Le forme dellâ&#x20AC;&#x2122;abbandono in AA.VV., Le cittĂ abbandonate della Calabria, Roma 2001, p. 78
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VESALLO APICELLA
FRAMOLLO
TOIRANO FINALBORGO BALESTRINO VEREZZI CASTELVECCHIO DI ROCCA BARBENA CASTELBIANCO STELLANELLO BUSSANA VECCHIA DIANO CASTELLO CERVO DOLCEDO APRICALE TORRAZZA DOLCEACQUA CIVEZZA SEBORGA SOLDANO
PORTE
FERRAZZA E RENUSSI RIVAROSSA
GATAUDIA
SALECCHIO
MONTEVIASCO
PIERO
DEGARA
BOBBIO
CASTELLAZZO
PONTREMOLI
SAMBONETO
COMPIANO
VIGOLENO
OLTRESSANDA ALTA
POPPI
CA SCAPINI
BUONCONVENTO LA CASTELLINA
MONTEGRIDOLFO MONTEFIORE CONCA PIAN BARUCCIOLI
VALIANO
CASTELFRANCO DI ANGHIARI SOPRA LORO CIUFENNA PIANTRAVIGNE MONTEMARCIANO BATTIFOLLE BORGO IESOLANA
BIVIGLIANO
POZZIS
TRESIGALLO
DOZZA BRISIGHELLA CERRETO
POGGIO ALLA CROCE MONTEFIORALLE
COREGLIA ANTELMINELLI
MOLINO DEL PALLONE
BORGONUOVO DI PONTECCHIO
ZERI FILATTIERA CANETO MULAZZO FIVIZZANO MONTEREGGIO PORTESANO FOSDINOVO BARBAZZANO BARGA CAMPOCATINO
BALESTRINO
MONTEVIASCO
borgo abbandonato con fondazione di un nuovo centro
abbandono del 60% della popolazione
completamente abbandonati
MONTIGLIANO
MAPPA DISMISSIONE
112 INDAGINE DEL FENOMENO
REBECCU
INGORTOSU
SCOPPIO CORCIANO
PITIGLIANO
TORGIANO PACIANO SAN CASCIANO DEI BAGNI BETTONA MONTELEONE D’ORVIETO FABRO ALLERONA
CETONA CASTIGLIONE DEL LAGO
CASTRO
MONTERANO
MARANO
CASTELVECCHIO CALVISIO
CASTELBASSO VALLE CASTELLANA SERRA ROCCA SANTA MARIA CORTINO SILVI PAESE
CERI
SPERLINGA
ATRANI
CALITRI
BROLO
CUCCARO VETERE
CRACO
PETRIZZI TORRE DI RUGGIERO BADOLATO SANTA CATERINA DELLO IONIO GUARDAVALLE STILO
BRUZZANO PANDURI AMENDOLEA CASALINUOVO AFRICO VECCHIO BOVA NOVARA DI SICILIA
MONTALBANO ELICONA
SANTA SEVERINA LAINO CASTELLO VECCHIO FALERNA GIMIGLIANO MORMANNO AVENA CURINGA
FIUMEFREDDO BRUZIO
SAN GIOVANNI IN FIORE CIRO’ MELISSA
FRANCAVILLA MARITTIMA MORANO CALABRO
TRIFOGGIO
GALLIPOLIS
GERACE RIACE SINOLPOLI VECCHIO CHIANALEA DI SCILLA
CASALBUONO
CASTELMOLA
CAMPOMAGGIORE VECCHIO SASSI DI MATERA CASTELMEZZANO
CAUCIUM
ACERENZA
VENOSA
SAN SEVERINO DI CENTOLA
GIFFONI SEI CASALI ROSCIGNO VECCHIA
TAURASI
MONEFUSCO SANT AGATA DE GOTI
GERACI SICULO
CEFALU’
TORA E PICCILLI MARZANELLO
MONTE SAN GIOVANNI CAMPANO PORCIANO VECCHIO
CIVITELLA ROVETO BARREA SAN DONATO VAL DI SAN DONATO VAL COMINO DI COMINO
CAMPODIMELE SPERLONGA
BORGO DI NINFA
BORGO DI GALERIA ROCCASECCA
CERVARA DI ROMA CAPRANICA PRENESTINA
CASTEL DEL MONTE PETTORANO GROTTAMAROZZA CIVITELLA MESSER SUL GIZIO BUONANOTTE VECCHIO COLLALTO SAVINIOCORFINIO RAIMONDO PESCINA CARUNCHIO CASTEL DI TORA PERETO SECINARO CASTELVECCHIO SUBEQUO STAZZANO RIOFREDDO MONTELALPIANO CANISTRO MORINO ANVERSA FARA SAN MARTINO
CALCATA
BASSANO IN TEVERINA CHIA ROCCHETTINE FALERI NOVI
CORBARA TORRE ALFINA S.GEMINI ALVIANO CIVITA DI BAGNOREGIO ATTIGLIANO CASTIGLIONE GIOVE CIVITELLA D’AGLIANO GRAFFIGNANO OTRICOLI CELLENO LUGNANO IN TEVERINA CALVI DELL’UMBRIA
PEROLLA
PITIGLIANO
ROCCA SAN SILVESTRO
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1.7 CASI DI RIATTIVAZIONE La ricchezza materiale ed immateriale dei centri abbandonati fa sorgere seri interrogativi sul loro futuro, tanto più pressanti se il costruito è in serio pericolo di estinzione. Indubbiamente c’è per i centri abbandonati un complesso problema di rifunzionalizzazione che prescinde da una molteplicità di fattori. La varietà tipologica dei nuclei non si identifica solo nella quantità di edifici in disuso, ma comprende aspetti geografici, geologici, economici ed antropologici. Nella cernita dei casi si è proceduto a presentare un serie variegata di situazioni, rappresentative di differenti percorsi rivitalizzativi. Nello specifico sono stati selezionati casi di rinascita spontanea, di esempi di conversione in poli culturali, di ricerca o in complessi educativi, di sperimentazioni di ripopolamento di nuclei in parziale abbandono, di tentativi di reinsediamento degli antichi abitanti con parallelo recupero degli aspetti tradizionali locali, ed ancora, di trasformazione in veri e propri villaggi turistici. Tra i casi individuati abbiamo fatto una distinzione tra quelli del panorama europeo e quelli italiani. In Italia esistono alcuni casi di recupero di borghi abbandonati; sono casi sporadici che rappresentano una piccola goccia all’interno di un problema molto vasto. Possiamo suddividere due tipi di interventi: i primi riguardano azioni “site-specific” sul singolo borgo che puntano alla valorizzazione di uno strumento tipo, i secondi sono azioni diffuse da parte di enti che cercano di valorizzare una serie di borghi attraverso delle reti di relazioni. Oltre a enti pubblici e privati esistono anche interventi da parte di singoli proprietari che avendo grossa disponibilità di denaro posso finanziare l’intervento di recupero del borgo. Un esempio è quello di Daniele Kihlgren, soprannominato :”l’uomo che salva i borghi”. Gli enti che si occupano attualmente della valorizzazione di borghi sono: - Associazione “Borghi più belli d’Italia” - UNPLI con il progetto “Aperto per ferie” - gruppo Touring Club Italiano In Europa questo tipo di interventi di rivitalizzazione è gestito molto a livello statale con la creazione di veri e propri programmi di ripopolamento, in particolar modo in Irlanda e Spagna.
Casi di riattivazione 1.azioni site specific puntare sulle specificitĂ dei prodotti
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2.azioni diffuse puntare sulla creazione di reti
borgo
borgo
borgo
borgo borgo
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1.7.1 CASI ITALIANI Esitono in Italia alcuni esempi concreti di recupero di borghi storici. Nello specifico verranno presentati casi di rinascita spontanea, di trasformazione in centri artistici, di sperimentazioni di ripopolamento di nuclei in parziale abbandono e di trasformazione in veri e propri villaggi turistici. Una delle iniziative che ha trovato maggior sviluppo sembra essere quella dell’albergo diffuso, idea che origina in Carnia, a seguito del terremoto del 1976, dalla necessità di utilizzare a fini turistici case e borghi disabitati e ristrutturarli a fini abitativi. Il caso che esemplifica in modo migliore questo tipo di pratica è il borgo di Santo Stefano di Sessanio che si trova alle pendici del Gran Sasso. Il successo dell’operazione ha indotto l’imprenditore Daniele Kihlgren ad estendere la ricerca di paesi abbandonati proponendo questa iniziativa ad altre realtà. In altri casi si è assistito all’insediamento spontaneo di comunità di artisti o di ecovillaggi. Questi borghi piano piano si sono parzialemente ripopolati e sono oggi meta di turisti. Un tipo di recupero di ispirazione diversa è quello di Colletta di Castelbianco, borgo situato nell’entroterra ligure della provincia di Savona. In questo caso l’idea è stata quella di trasformare il villaggio in un “cybervillage”, ossia un televillaggio dotato della tecnologia più avanzata. Infine un altro fenomeno che sta caratterizzando questi piccoli borghi semiabbandonati è quello del turismo di colonizzazione, ovvero della presenza di stranieri, in particolare inglesi, francesi e norvegesi, che hanno iniziato ad acquistare case all’interno di questi paesi e lentamente le stanno trasformando in vere e proprie colonie.
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OGGI MI COMPRO IL PAESE FANTASMA grandezza
conserv azione costo
3 milioni- 30 milioni di euro
località
posizione
“[...]La caccia ai borghi abbandonati o semi-abbandonati in Liguria, Toscana e Umbria è cominciata agli inizi degli anni 90, quando ancora non costavano praticamente nulla. Nel frattempo però l’offerta di qualità si è ristretta e i prezzi sono saliti. Ma quanto costano? Un borgo disabitato oscilla fra i 2 mila e gli 11 milametri quadrati, il costo varia da un minimo di 3 milioni fino a anche 30 milioni di euro.[...]” Quicasa.it
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Civitella 10 milioni di euro
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TURISMO DI COLONIZZAZIONE Il turismo di colonizzazione è un altro fenomeno che da un pò di anni sta toccando alcuni territori d’Italia, soprattutto la regione Toscana, ma si sta espandendo anche in altre zone come la Liguria. Sempre di più stranieri, in particolare inglesi e francesi, sono interessati all’acquisto di vecchie case da sistemare per ritrovare un modo di vivere “antico” basato sulla tranquillità, la calma, il cibo buono, lontano dal frastuono e dai problemi delle metropoli. Inizialmente questo fenomeno ha interessato diverse realtà in modo sporadico per poi diffondersi tramite un “passaparola” in altre zone. E’ partita in questo modo la caccia alla villa in Toscana facendo schizzare i prezzi d’acquisto. Un esempio è quello del musicista Sting. Da Figline Valdarno, borgo a 30 chilometri a sud di Firenze, terra di Chianti e olio, il cantante Sting ha svelato come e perché sono 15 anni che qui vive e fa il contadino, o meglio, l’imprenditore agricolo ecosostenibile.
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“Faccio l’agricoltore per curare la terra, per nutrirla, non per depredarla - ha raccontato Sting -. Per rispettare questa terra ho scelto la cultura biologica e la monocultura, il rispetto dei tempi, la ricerca. Ma sono arrivato qui e ho deciso di fermarmi anche perché avevo bisogno e sentivo il dovere di nutrire la mia famiglia con prodotti genuini e di qualità, in un ambiente sano”.
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DANIELE KIHLGREN “l’uomo che salva i borghi”
Daniele Kihlgren, è svedese, ha poco più di 40 anni e discende da una delle famiglie più ricche della Svezia, ovvero gli industriali Kihlgren (che si occupano di cementifici). È stato soprannominato “l’uomo che salva i borghi” perché ha investito il proprio denaro per salvare i borghi abbandonati d’Italia. Kihlgren ha cominciato nel 1999 da Santo Stefano di Sessanio, un paesino vicino a L’Aquila, danneggiato dal terremoto dello scorso 6 aprile, con pesanti danni soprattutto alla splendida torre medicea. Ha cominciato a cercare uno per uno i vecchi proprietari delle case diroccate abbandonate e non è stato semplice visto che molti sono sparsi in giro per il mondo, poi ha fatto loro un’offerta e quasi tutti hanno accettato, anche perché non avevano nulla da perdere, dopo di che ha cominciato a restaurare il borgo. Se nel 2001 il 75% delle abitazioni del borgo erano abbandonate, alla fine del 2008 c’erano già 120 abitanti, circa 30 attività commerciali e 7.300 presenze annue in 5 strutture ricettive. Così facendo ha rianimato un borgo praticamente abbandonato: certo, lo svedese ha un ritorno economico dall’operazione di vendita degli edifici ristrutturati. Lo svedese ci ha preso gusto e, assieme alla tedesca Margareta Berg ha cominciato a girare il Mezzogiorno in cerca di altri borghi: così è riuscito ad ottenere dal Comune di Matera 20 concessioni trentennali per altrettanti Sassi e nel mese di luglio ha inaugurato sul costone della Civita (che domina il grandioso canyon Gensola) il secondo “albergo diffuso” . Nel caso dei Sassi di Matera, Kihlgren ha restaurato queste caverne con non poche difficoltà (visto che erano piene di licheni, alberi, erano profonde e difficili da esplorare tra buche ed insidie), ma alla fine le ha fatte ripulire lasciando spesso le pareti a crudo, creato pavimenti in cotto e pietra, arredate semplicemente con pochi mobili antichi: il Comune ne rimane proprietario. E così è partito il recupero di uno dei gioielli del patrimonio storico – artistico italiano, condannato alla distruzione.Il successo è stato così forte che Kihlgren ha già acquistato altri 5 borghi sparsi per l’Italia, pronti per essere ristrutturati (ma molti altri Comuni del Sud Italia lo stanno contattando). Si tratta di: - Montebello sul Sangro, in provincia di Chieti: a inizio del ‘900 una frana fece abbandonare il paese costruendolo più a valle (oggi conta poco meno di 200 abitanti), mentre il vecchio borgo (fino al 1969 denominato Buonanotte), è ora abbandonato; - Martese, frazione di Rocca Santa Maria, in provincia di Teramo: nel 1804 aveva 62 abitanti, oggi nessuno; - Rocchetta a Volturno, in provincia di Isernia: si tratta della frazione Rocchetta Vecchia, abbandonata negli anni ’20 per una frana (in seguito il terreno è stato consolidato); - Frattura Vecchia, frazione del comune di Scanno, in provincia de L’Aquila: dopo il terremoto del 1915 è stata abbandonata; - Rocca Calascio, nel comune di Calascio, in provincia de L’Aquila, dove si erge il castello più alto d’Italia, il cui borgo è oggi abbandonato. Afferma ancora Kihlgren: “Lavoriamo sempre in stretta cooperazione con i Comuni, ci scambiamo idee, suggerimenti, notizie storiche. Noi paghiamo le tasse e contribuiamo alla rivalorizzazione di questi pezzi di storia e cultura. Chiediamo solo una cosa: un vincolo ferreo che impedisca la costruzione di nuove case tutt’intorno”. Lo scopo è quello di riattivare lo stile di vita del borgo prima dell’abbandono, con attività in comune sull’aia delle case, l’allevamento libero degli animali da
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cortile, la coltivazione naturale degli orti e dei campi, la diffusione di cibi caratteristici. (tratto da: 90meteo.blogspot.com) “Il progetto di questa società privata in diversi antichi borghi abbandonati o semiabbandonati della montagna del Sud Italia (da S. Stefano di Sessanio ai Sassi di Matera tra Abruzzo, Molise e Basilicata) considera prioritario alle nuove destinazioni, disciplinare con gli enti territoriali gli interventi nel centro storico e la tutela di quell’antico ed evocativo rapporto tra il costruito ed il territorio circostante con l’inibizione del nuovo edificato e la salvaguardia dell’originario paesaggio agrario. Nel caso di S.Stefano di Sessanio, a seguito di alcuni accordi di indirizzo tra la società, il Comune ed il Parco Nazionale sono in itinere gli strumenti attuativi per questo obiettivo di inibizione del nuovo costruito. Per quanto riguarda il progetto esclusivamente privato si cercherà di perseguire un intervento di conservazione e tutela raramente attuato in questi “patrimoni minori”: si sono conservate nelle strutture ricettive le cubature e le destinazioni d’uso dell’originaria organizzazione domestica; si è fatto uso esclusivo, qualora spogliato nei secoli, di materiale architettonico di recupero compatibile per origine geografica e caratteristiche stilistiche; si sono riproposti puntualmente gli arredi autoctoni; sono state lasciate anche le tracce del vissuto sedimentate negli intonaci e nelle stratificazioni del costruito e si proporranno inoltre, previo i dovuti studi commissionati a specifiche istituzioni di ricerca, anche alcuni aspetti delle culture materiali ancora marginalmente presenti nel territorio e rintracciabili presso la memoria storica degli anziani dalla tradizione culinaria all’artigianato domestico. Una “mission” di tutela quale premessa della ridestinazione di questi borghi che, dimostrato il ritorno nei numeri per il soggetto proponente e per il territorio, si potrebbe proporre come modello di sviluppo per tanti borghi storici abbandonati o mezzi spopolati del nostro meridione che proprio dalla mancanza di ridestinazione nel passato più recente dalla povertà e dall’emigrazione, hanno conservato quelle caratteristiche di integrità complessiva che oggi, con la tendenza generalizzata e inarrestabile al prodotto massificato e seriale, potrebbero essere foriere di nuove qualificanti ridestinazioni.” (Daniele Kihlgren)
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ECOVILLAGGIO Torri Superiore (Ventimiglia) _Rimasto a lungo in stato di totale abbandono viene fatto oggetto,all’inizio degli anni ‘90, di un’iniziativa di recupero. _E’ un villaggio che si basa su regole comuni tra tutti gli abitanti nel rispetto del territorio. CITTADELLA TELEMATICA Colletta di Castelbianco(Savona)
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Il progetto, curato dall’arch. Giancarlo De Carlo, prevede il recupero di questo borgo attraverso il restauro edilizio e urbano del complesso e la sua dotazione di sofisticate infrastrutture tecnologiche.
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PAESI FANTASMA Gruppo Norman Brian Laboratorio di ricerca ed innovazione che si è occupato della realizzazione di una mappatura dei “Paesi Fantasma” in tutte le regioni d’Italia con l’obiettivo di trovare nuove possibilità di sviluppo per questi centri.
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AZIONE MATESE Massiccio del matese Azione Matese è un programma di interventi che si articola attraverso tre interventi principali : Urban Node, Villaggio dell’Arte e il Centro di Didattica Ambientale. I Comuni interessati sono: Capriati a Volturno, Fontegreca, Gallo Matese, Letino e Prata Sannita. ALBERGO DIFFUSO Santo Stefano di Sessanio All’interno del borgo è stato realizzato un albergo diffuso. L’intervento è consistito nel rifacimento in stile, utilizzando arredi d’epoca secondo il principio “dov’era com’era”.
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BORGO DEGLI ARTISTI Bussana vecchia (Sanremo)
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Totalmente abbandonata per decenni, ha ricominciato ad essere abitata dal finire degli anni cinquanta del Novecento da artisti italiani e stranieri, attratti dalla particolarità del luogo, che ristrutturarono e resero nuovamente abitabili gli edifici meno danneggiati. Attualmente ospita una comunità internazionale di artisti, tanto da essere divenuto, negli anni, un caratteristico “villaggio di artisti” .
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I Sassi sono stati oggetto di interventi di recupero e riuso finalizzati all’attrazione di funzioni di eccellenza collegate alla valorizzazione culturale del nucleo storico ed alla riabilitazione delle destinazioni residenziali e commerciali che consentono la fruizione e manutenzione ordinaria degli spazi evitando un processo di musealizzazione.
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BORGHI PIU’ BELLI D’ITALIA 2003
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Nel marzo del 2001 nasceva il club de I Borghi più Belli d’Italia su impulso della Consulta del Turismo dell’ Associazione dei Comuni Italiani (ANCI). Questa iniziativa è sorta dall’esigenza di valorizzare il grande patrimonio di Storia, Arte, Cultura, Ambiente e Tradizioni presente nei piccoli centri italiani che sono, per la grande parte, emarginati dai flussi dei visitatori e dei turisti.
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APERTO PER FERIE- UNPLI 2009
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Per cercare di salvaguardare l’esistenza delle piccole realtà urbane ed incentivarne lo sviluppo, il progetto dell’UNPLI prevede dunque l’individuazione, la valorizzazione e la promozione di tutte le risorse locali che possano costituire un’attrattiva turisticamente fruibile.
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INDAGINE DEL FENOMENO
NOME: Ecovillaggio Torri Superiore LOCALITA’: Torri Superiore Ventimiglia
CARATTERISTICA: “Torri Superiore e l’ecovillaggio sono una cosa sola: l’ecovillaggio comprende tutti i membri residenti e non residenti, e anche gli ospiti della struttura ricettiva sono invitati a seguirne i principi. Sin dall’inizio, l’idea di restaurare il villaggio si è fondata su principi ecologici, e la partecipazione alla Rete Globale degli Ecovillaggi GEN e al movimento della Permacultura ha aiutato il gruppo a focalizzare e realizzare molti obiettivi pratici.” tratto da:www.torri-superiore.org
DESCRIZIONE: “Il villaggio medievale di Torri Superiore è un piccolo gioiello di architettura popolare situato ai piedi delle Alpi liguri, a pochi chilometri dal Mar Mediterraneo e dal confine francese, vicino alla città costiera di Ventimiglia. Originario del XIII secolo, il villaggio è strutturato in tre corpi principali con più di 160 stanze, tutte collegate da un intricato tessuto di scale a passaggi. La sua complessa e affascinante struttura è stata spesso comparata ad una fortezza o un labirinto arroccato sul fianco della montagna. Il villaggio è stato in gran parte restaurato ed è ora aperto all’ecoturismo, per corsi, incontri e programmi di educazione ambientale, ed offre anche una struttura ricettiva per soggiorni e vacanze. E’ perfetto per le persone interessate a conoscere la vita dell’ecovillaggio e alla ricerca di una vacanza in un ambiente ricco di suggestioni. Il borgo di Torri superiore è situato in posizione ideale per fare escursionismo. La struttura ricettiva offre camere singole, doppie e multiple.” tratto da:www.torri-superiore.org
GESTIONE: “Nel corso del XX secolo, il villaggio medievale di Torri Superiore fu gradualmente
abbandonato al degrado, e si è lentamente trasformato in un villaggio fantasma. Le sue belle torri e terrazze agricole erano quasi completamente deserte e in grave stato di degrado. All’inizio degli anni ’90 l’Associazione Culturale Torri Superiore ha iniziato l’acquisto delle case da una miriade di proprietari, allo scopo di restaurarlo come Ecovillaggio, di creare in loco residenze e risorse per una nuova comunità residente. Le attività a Torri Superiore sono gestite da tre organismi interrelati e in parte sovrapposti: 1_l’Associazione Culturale Torri Superiore, fondata nel 1989 per sovrintendere al restauro del villaggio medievale e alla creazione dell’ecovillaggio, del centro culturale e della comunità residente. 2_la Società Cooperativa Ture Nirvane, fondata nel 1999, che gestisce le attività eco-turistiche e coordina il programma di corsi, seminari e delle altre attività culturali. 3_la comunità residente, costituita da circa 20 persone che vivono nell’ecovillaggio.”
tratto da:www.torri-superiore.org
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INDAGINE DEL FENOMENO
NOME: Cittadella telematica LOCALITA’: Colletta di Castelbianco Savona
CARATTERISTICA: Il borgo di Colletta di Castelbianco, in Italia è il primo ed unico Borgo Telematico. “Telematico” in quanto tutte le unità abitative sono cablate con cavi a fibra ottica e lo stesso Borgo è nodo Internet ad alta velocità. DESCRIZIONE: “ In Liguria in uno dei Borghi più Belli d’Italia, sito nel Ponente Ligure a 12 km dal mare,
immerso nel verde della Val Pennavaire. Una ritrovata borgata ligure sapientemente recuperata dal progetto del Prof. Arch. Gian Carlo De Carlo con circa settanta unità abitative e riAbitata dai nuovi collettiani di diversa nazionalità divenuti nuovi proprietari. In questo borgo medievale telematico si ritrova la dimensione dell’uomo, si rallenta la velocità frenetica delle attività delle moderna vita metropolitana, si vive e sente l’ambiente incontaminato e si prova il piacere del benessere e del relax. Giancarlo De Carlo ha coniato la suggestiva espressione di “sistema crostaceo” per descrivere Colletta di Castelbianco in riferimento alla particolarissima conformazione architettonica che la caratterizza. Ma di questo crostaceo da lungo tempo non rimaneva che il guscio di pietra, dal momento che gli ultimi abitanti se andarono parecchi anni fa.”
tratto da: www.borgotelematico.it
GESTIONE: “Colletta di Castelbianco Srl è stata fondata a metà degli anni ’90 espressamente per dar
vita a quella pionieristica visione di cui Colletta di Castelbianco è ora la realizzazione concreta - il primo borgo medievale restaurato e cablato in fibra ottica con connessioni ad alta velocità. L’obiettivo non era solo quello di restaurare gli edifici storici rispettandone l’identità. Era anche e soprattutto quello di far rivivere il borgo come una comunità vera, realizzando strutture per le attività business come per il tempo libero. Un obiettivo raggiunto: Colletta ha raccolto il plauso internazionale per la sua combinazione rivoluzionaria di tradizione e innovazione e gode di una fama meritata per la sensibilità e il livello qualitativo del suo restauro.”
tratto da: www.realitalia.co.uk
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INDAGINE DEL FENOMENO
NOME: Azione Matese LOCALITA’: Massiccio del Matese (massiccio montuoso tra Campania e Molise)
CARATTERISTICA: Nell’alto Lazio si trova la zona definita “Massicio del Matese” dove sono presenti numerosi borghi e paesini quasi del tutto abbandonai. Questo progetto, a differenza del precedente, si serve di una serie di strategie associate, tra cui l’arte, per la conoscenza e valorizzazione del territorio.«Tentiamo di valorizzare il territorio attraverso azioni artistiche, di valorizzazione sostenibile e di architettura sostenibile. Realizzare cioè azioni integrate al territorio, vale a dire non calate dall’alto, ma partecipate». DESCRIZIONE: “Azione Matese è un programma di interventi che si articola attraverso tre interventi principali : Urban Node, Villaggio dell’Arte e il Centro di Didattica Ambientale. I Comuni di Capriati a Volturno, Fontegreca, Gallo Matese, Letino e Prata Sannita attraverso la sottoscrizione di un protocollo di intesa si sono impegnati all’attuazione del programma e alla costituzione di una rete di intercambio e collaborazione reciproca. Il programma è stato proposto quale progetto portante per lo sviluppo del parco ottenendo priorità di realizzazione e finanziamento da parte della Comunità Europea.”
GESTIONE: il progetto è seguito da” paesesaggio workgroup” (claudio calabritto, monica carmen,
raffaele esposito, mario festa, rosita izzo, orlando lanza). Collettivo di professionisti operanti nel campo dell’architettura, dell’urbanistica integrata, del paesaggio e della comunicazione. Le pratiche, multidisciplinari e partecipative, uniscono all’attività progettuale la ricerca e la sperimentazione sul campo. L’interesse è diretto allo sviluppo di una cultura urbana alternativa che prenda l’avvio dalla specificità delle situazioni locali, dalla sensibilità ambientale ed ecologica. www.azionematese.net
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INDAGINE DEL FENOMENO
NOME: Sextantio Albergo Diffuso LOCALITA’: Santo Stefano di Sessanio(AQ) CARATTERISTICA: Questo borgo è stato il primo ad essere “trasformato”in albergo diffuso. DESCRIZIONE: è stato realizzato all’interno del borgo un albergo diffuso. L’intervento è consistito nel rifacimento in stile, utilizzando arredi d’epoca secondo il principio “dov’era com’era”. La scelta di realizzare un albergo diffuso rappresenta non solo un’importante occasione per il turismo ma anche una concreta possibilità per recuperare un patrimonio abitativo abbandonato. Grazie a questo tipo di attività si può rilanciare la vita e l’economia dei piccoli centri e borghi della penisola, ricchi di storia e cultura.
GESTIONE: il promotore dell’iniziativa è stato Daniele Kihlgren, svedese, discende da una delle famiglie più ricche della Svezia. È stato soprannominato “l’uomo che salva i borghi” perché ha investito il proprio denaro per salvare i borghi abbandonati d’Italia. E’ stata istituita una società Sextantio Srl che si occupa del progetto e della promozione di altri alberghi diffusi nei borghi. La Sextantio Srl è stata costituita nel 1999 dall’unico socio Daniele Kihlgren. La pianificazione delle attività e delle risorse, effettuata nel corso del 2005 2006 nell ambito di nuovi investimenti intrapresi, ha evidenziato la necessità di rafforzare la governance, di creare una struttura aziendale in grado di gestire organicamente le varie iniziative, di mantenere inalterato il rapporto fra il capitale proprio ed il capitale di terzi da destinare al previsto incremento delle esigenze finanziarie. www.sextantio.it
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INDAGINE DEL FENOMENO
NOME: Bussana Vecchia LOCALITA’: Bussana Vecchia (Sanremo) CARATTERISTICA: “Villaggio degli artisti”.Attualmente ospita una comunità internazionale di artisti, tanto da essere divenuto, negli anni, un caratteristico “villaggio di artisti” . DESCRIZIONE: “La storia della comunità artistica di Bussana prende l’avvio alla fine degli anni Cinquanta, quando il torinese Mario Giani, in arte, Clizia, ceramista, visitò il borgo diroccato, allora completamente disabitato e lanciò l’idea di fondare una comunità internazionale di artisti, dotata di uno statuto, una sorta di piccola Costituzione volta a regolare i rapporti sociali fra i suoi membri. Gli edifici di Bussana erano a disposizione della comunità; di essi non era possibile rivendicare la proprietà, ma ne era consentito l’utilizzo per lo svolgimento di attività artistiche. Dopo tre anni di abbandono, gli immobili dovevano essere rilasciati alla comunità, che avrebbe disposto una successiva assegnazione. Inoltre si faceva divieto di vendere i prodotti del proprio lavoro. Il paese si trovava allora in una situazione di completo abbandono: totalmente privo di infrastrutture urbane (acqua, corrente elettrica, telefono, fognature). Ben presto il borgo ricominciò a vivere, artigiani e artisti provenienti dall’Italia e dall’ Europa incominciarono i lavori di restauro, rispettando la struttura urbanistica medioevale del borgo. I materiali impiegati per la ricostruzione furono le tegole, le pietre e i mattoni recuperati dalle macerie.” tratto da: www.bussanavecchia.com
GESTIONE: non esiste una società che gestisce il patrimonio. L’iniziativa è nata da un gruppo di artisti che ha deciso di portare avanti la loro filosofia di vita. “Alle origini, chi abbandonava Bussana Vecchia e l’abitazione che aveva restaurato chiedeva a chi subentrava stabilmente al suo posto un semplice rimborso per le spese sostenute in quella che spesso era stata una radicale ricostruzione degli edifici; ma successivamente, il grande aumento dell’afflusso di artisti e artigiani verso il borgo ha provocato l’instaurarsi di un vero e proprio mercato immobiliare. In questi ultimi anni un numero sempre maggiore di abitazioni é stato acquistato da persone che risiedono a Bussana esclusivamente per ragioni turistiche.” www.bussanavecchia.com
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INDAGINE DEL FENOMENO
NOME: Sassi di Matera LOCALITA’: Matera CARATTERISTICA: progetto di recupero per i Sassi che erano stati completamente abbandonati dalla popolazione. La società Sextantio ha promosso un albergo diffuso anche in questo borgo. www.sassidimatera.com
DESCRIZIONE: i Sassi sono stati oggetto di interventi di recupero e riuso finalizzati all’attrazione di funzioni di eccellenza collegate alla valorizzazione culturale del nucleo storico ed alla riabilitazione delle destinazioni residenziali e commerciali che consentono la fruizione e manutenzione ordinaria degli spazi evitando un processo di musealizzazione. GESTIONE: “E’ stato deciso di fermare l’abbandono recuperando le case e le chiese dei Sassi con una cooperazione fra pubblico e privato. Non dimentichiamo che la quasi totalità dei Sassi sia demaniale. Una parte dei Sassi sta trasformandosi in sistema museale: Museo della civiltà contadina, Museo demo-antropologico, Circuito delle chiese rupestri, Mostre d’arte etc. Una seconda parte ha natura commerciale, con pizzerie, ristoranti, pubs, alberghi, società software, negozi di artigianato tipico. Una terza parte è di natura residenziale. Dal 1993 sono stati inseriti dall’UNESCO nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.[...] Sono stati il primo luogo al mondo dichiarato “paesaggio culturale” e ne è stato riconosciuto il ruolo di modello che possono svolgere nel mostrare come vivere in equilibrio con l’ambiente, sfruttandone le risorse ma integrandosi con esso, senza stravolgerlo.” www.sassiweb.it
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NOME: Borgo di Calcata LOCALITA’: Calcata(VT) CARATTERISTICA: quasi completamente abbandonato in epoca recente dalla sua popolazione originaria che ha preferito trasferirsi nel paese nuovo, rifiorisce da qualche decennio a nuova vita grazie agli artisti, alle associazioni, ai commercianti che hanno creduto nel suo sviluppo turistico e naturalmente ai privati che hanno cercato un luogo per passare i week-end lontani dal caos cittadino.
DESCRIZIONE: “Al contrario di quello che da molte parti si legge, la città non è stata mai del tutto
abbandonata. Il suo fascino non ha lasciato indifferenti i tanti artisti che ora la abitano, le cui botteghe si susseguono tra i vicoli. Molti di questi artisti sono stranieri: belgi, olandesi, americani ai quali si sono aggiunti gli hippies che abitano ancora le grotte scavate nel tufo della rocca su cui si erge il paese. Hanno acquistato, spesso a prezzi stracciati, le case della città vecchia che i calcatesi erano stati costretti ad abbandonare dal podestà di epoca fascista. Questi aveva fatto iscrivere Calcata nel novero dei centri da risanare in virtù di una legge per i paesi terremotati del Sud. Solo negli anni Novanta un decreto ha salvato il paese dall’abbattimento coatto. Non si tratta solo di pittori e scultori, ma anche di virtuosi delle tecnologie digitali, tanto che qui ha sede un centro di arte telematica. Calcata è anche all’avanguardia nell’utilizzo della rete a fini turistici, con un portale curato e ricco di immagini e curiosità sul microcosmo decisamente “alternativo” che è il paese. Oggi la città è meta di un turismo domenicale in continua crescita, e non è raro trovare gruppi di visitatori nordeuropei gironzolare per le botteghe, spesso gestite da loro connazionali che sono giunti negli anni Sessanta. “ tratto da: Calcata: il paese degli artisti, di Federico Orlandi, 20/06/2001
GESTIONE: Sono nate associazioni che si occupano della gestione di iniziative culturalie artistiche. Gli
abitanti sono per lo più ormai artisti, scrittori e studiosi che arrivano a Calcata da ogni parte del mondo per riscoprire serenità e pace, tesori difficili da trovare. Esclusive le attività culturali che vi si svolgono, organizzate in accoglienti locali che un tempo erano botteghe o magazzini e i cui spazi accolgono oggi mostre, conferenze, concerti.
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NOME: Borgo di Castelfalfi
LOCALITA’: frazione del comune di Montaione (Fi) CARATTERISTICA: da molti anni è aperta la trattativa con la multinazionale tedesca Tui Ag per realizzare un Toscana Resort. DESCRIZIONE: “Nel 1982 l’imprenditore milanese Virginio Battanta rilevò dal tribunale di Firenze
le società che detenevano tutto il borgo medievale ed i 1320 ettari di terreno agricolo che costituivano la Tenuta di Castelfalfi, incluse le 36 case coloniche e il campo da golf (di cui lo stesso Battanta era presidente) progettato dall’architetto Mancinelli. Tutti i beni ed i terreni erano infatti detenuti da diverse società che avevano sottoscritto un concordato fallimentare con il tribunale di Firenze. Successivamente, Battanta vendette tutto alla multinazionale tedesca TUI AG la quale, dopo diversi anni di completo abbandono dell’intero complesso urbanistico, ha recentemente avviato il progetto Toscana Resort che si prefigge di eseguire opere di restauro degli edifici abbandonati e costruzione di nuove strutture turistiche capaci di ospitare fino a 4000 persone. Questo progetto di recupero territoriale imporrebbe anche la costruzione di edifici nuovi che deturperebbero l’ambiente circostante. Per questo motivo Legambiente si sta opponendo all’attuale conduzione del progetto ed ha lanciato un appello di sensibilizzazione agli inevitabili danni ambientali che il paesaggio subirebbe. L´amministrazione di Montaione ha quindi deciso, prima di approvare qualunque tipo di realizzazione urbanistica, paesaggistica ed edile, di avviare un’ampia consultazione per consentire a tutti i cittadini interessati di esprimere la propria opinione su questo intervento tramite un dibattito pubblico.” tratto da: voce Castelfalfi, Wikipedia.
GESTIONE: la gestione del resort sarebbe della multinazionale Tui Ag che si impegna all’acquisto
e risistemazione degli edifici. Sono state fatte e si fanno tutt’ora assemblee con i cittadini per discutere della fattibilità del progetto che al momento è fermo.
I numeri 104,90 km2 l’estensione del comune di Montaione 3.667 gli abitanti 10 km2 la tenuta di Castelfalfi 3.000 i posti letto attuali del territorio 30.000 turisti l’anno 9 i giorni medi di permanenza 1.500 i posti letto di Castelfalfi dopo la ristrutturazione 100.000 m3 di nuova costruzione 36 le buche del nuovo campo da golf 2 gli alberghi che sorgeranno a Castelfalfi 68,95% i voti ottenuti dal sindaco riconfermato
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1.7.2 CASI EUROPEI Di seguito verranno presentati alcuni casi di recupero e rivitalizzazione di alcuni paesi abbandonati in Europa, in particolare si fa riferimento alle regioni del Portogallo, della Grecia, della Gran Bretagna, della Spagna e dell’Irlanda. La differenza che si riscontra maggiormente nel rapportare interventi italiani ed europei è la mancanza per i primi di programmi nazionali che si interessano a queste problematiche. In Italia un ruolo fondamentale è giocato dalle singole regioni che si occupano dei rispettivi borghi e stilano dei programmi di recupero. Una seconda differenza riguarda le modalità di riconversione: nei casi italiani predomina la strategia dell’albergo diffuso e quindi della promozione di queste realtà da un punto di vista turistico. In Europa si punta molto sulla trasformazione dei centri in poli culturali e/o di ricerca e in centri formativi indirizzati alla riscoperta della vita e delle tradizioni rurali. In Irlanda ed in Spagna, paesi interessati dallo stesso fenomeno, si stanno sperimentando programmi di ripopolamanto di questi centri. In Irlanda, per esempio, nel 1990 è nata la “Rural Resettlement Ireland” (RRI) che consiste in una associazione apolitica volontaria senza scopi di lucro che si occupa di promuovere il ripopolamento di alcune aree rurali. In questo caso la maggiore difficoltà ha riguardato il processo di integrazione con la popolazione locale che non ha favorito lo scambio con i nuovi abitanti. La RRI si occupa non solo di organizzare i corsi per preparare i nuovi arrivati alla vita rurale, ma anche per educare i locali all’accoglienza. Infine un ultimo caso di grande interesse è quello che ha investito la regione di Viena, nella Carelia settentrionale. Nel 1989 è nato il progetto di rivitalizzazione dei “Viena Karelian Folklore Villages” volto alla conservazione culturale dell’area. L’idea è quella di mantenere e riproporre il più possibile usi e costumi della popolazione di una volta a partire dal linguaggio vernacolare.
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PROGETTO VILLAGES D’EUROPE Il progetto Villages d’Europe riguarda la messa a punto, all’interno di centri storici minori in aree rurali, di una rete di alloggi per facilitare la costituzione di un prodotto turistico innovativo ed originale. Villaggi d’Europa consiste nella creazione di una catena di alloggi turistici situati in piccoli centri caratteristici, in ambiente rurale, nei diversi paesi dell’Unione Europea (Francia, Italia, Spagna, Portogallo). L’idea è quella di concepire una vacanza che sia occasione di scoperta di un paese, di un ambiente, delle abitudini dei territori e delle genti che vi vivono. Il turista dovrà essere messo cioè nelle condizioni di perdere le connotazione del turista e di “calarsi” nella vita di un vero “villaggio d’Europa”. L’iniziativa Villages d’Europe consiste nella creazione di una catena di alloggi turistici, da affittare; costituita, a partire dal patrimonio ristrutturato e arredato, e integrata con tutti i fattori attrattivi e le potenzialità turistiche locali. L’approccio proposto ruota intorno al tema della scoperta: culturale, sensoriale, sociale, sportive; si tratta cioè di scoprire un luogo, i suoi abitanti, un patrimonio fatto di elementi naturali, artistici, folkloristici e di animazione. Una operazione unica che sposa sviluppo locale, pianificazione del territorio e economia di impresa, il tutto in diversi Paesi europei. Una catena integrata con il controllo del prodotto dalla concezione fino alla sua commercializzazione e un operatore unico “Villages d’Europe International” Una volontà di qualità unicamente dalla ristrutturazione del patrimonio antico (non del nuovo), con una volontà permanente di unire qualità e comfort moderno, rispettando l’architettura locale. In Italia i siti che stanno usufruendo di questo finanziamento sono la Comunità montana della Lunigiana, alcuni borghi della provincia di Salerno, Teggiano, Scala e Giffoni Sei Casali , S.Agata de’ Goti e Altavilla Irpina (Campania); Nova Siri (Basilicata); Siracusa-Ortigia (Sicilia); Castelsardo (Sardegna); .
Casi europei
FOCUS EUROPA
Martano Santâ&#x20AC;&#x2122;Agata de goti Altavilla irpinia Giffoni Villapiana San Giovanni dâ&#x20AC;&#x2122;Asso Villafranca Feltre Levie Castelsardo Entravaux/Annot Forcalquier Vendres Casseneuil Belmonte Baeza Ampuero Casia Arcos de la Frontera Alterdochao Ciudad Rodrigno Ponte de lima Serpa Mertola
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INDAGINE DEL FENOMENO
B O R G H I A B B A N D O N AT I DELLA SPAGNA Realtà simili a quella italiana con un numero molto elevato di borghi abbandonati esitono in Spagna . Una ricerca condotta da Maxi Herren ci mostra la situazione di questi paesi spagnoli. Dal 2007 ha iniziato un lavoro di catalogazione dei numerosi borghi spagnoli che attualmente versano in stato di abbandono. Di seguito riportiamo l’intervista che Herren ha rilasciato al sito “voglioviverecosì”. “l suo lavoro ha origine dalla passione per le tradizioni culturali e architettoniche dei tantissimi paesini e borghi che caratterizzano il vasto territorio della Spagna. Maxi ci spiega i motivi storici dell’abbandono e le opportunità che si nascondono dietro a questo patrimonio dimenticato.
Maxi, quanti borghi e paesi abbandonati ci sono in Spagna ?
Non esiste allo stato attuale un dato ufficiale sui paesi abbandonati esistenti in Spagna ma esiste un elenco dell’istituto nazionale di statistica (INE, Instituto Nacional de Estadistica) che ha individuato 2600 nuclei abitativi con zero abitanti. Questo dato raccoglie però solamente i nuclei che hanno al loro interno case in condizioni di essere abitate non contemplando quelli che, disabitati da decenni, versano in stato di abbandono e sono in rovina.
Quali sono le aree più colpite dall’abbandono ?
Prevalentemente in zone montane dove mancano le infrastrutture, gli inverni sono molto rigidi e le terre difficili da coltivare. Per queste ragioni troviamo una grande densità di nuclei abbandonati nelle zone come El Bierzo (Leon), nella montagna nei pressi di Valezia, nella Rioja Alta e in misura ancora maggiore a Huesca e Soria e nelle zone Pirenaiche.
Le origini di questo fenomeno ?
Benchè si incontrino resti di paesi abbandonati durante il Medio Evo la maggior parte di questo processo risale alla seconda metà del secolo scorso, attorno agli anni 60 e 70, a causa del massiccio esodo della gente che viveva in zone rurali verso le città in cerca di migliori opportunità e condizioni di vita. Il tutto venne favorito in quegli anni da alcune decisioni governative come i piani di ripopolamento boschivo e la costruzione di invasi idrici con i conseguenti esprori e abbandono di interi paesi.
In questo momento la situazione qual’è ?
La lista dei paesi abbandonati rischia di aumentare. L’ esodo verso le grandi città non si è ancora fermato a causa delle poche risorse che vengono destinate a migliorare le infrastrutture e alla poche opportunità economiche che offre la campagna. Non è molto che su alcuni mezzi di informazione galiziani è apparsa la notizia che negli ultimi sei anni sono rimasti disabitati 185 nuclei nella regione.
Che obiettivo si pone con il suo lavoro ?
Parto da una considerazione: sono sempre stato attratto dal concetto di autosufficienza. Sia nella produzione di cibo sia nell’ utilizzo di sistemi alternativi di produzione di energia. In Spagna ci sono le condizioni perchè questo ideale, magari utopistico ma realizzabile, abbia un futuro.
Casi europei
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Ho quindi iniziato questo progetto in solitario che, partendo dall’idea che prima o poi mi sarei ritirato a vivere in campagna, vuole aiutare, dando il maggior numero di informazioni possibile, coloro che come me coltivano questo sogno. Quello che faccio in pratica è raccogliere il maggior numero di informazioni su borghi e nuclei spagnoli abbandonati, oltre che sui primi progetti di ripopolamento che si stanno sviluppando per alcuni di essi, e pubblicarli sul mio sito. Allo stesso tempo, oltre a pubblicare informazioni pratiche come sgravi fiscali, piani urbanistici ed eventuali sovvenzioni cerco di localizzare singoli immobili in vendita che successivamente pubblico in una sezione apposita. Questa attività mi ha procurato dei clienti per i quali cerco proprietà in vendita con le caratteristiche che questi mi indicano e questo mi permette di finanziare il mio lavoro di ricerca e catalogazione che fino ad ora è stato fatto solamente per pura passione.
Come ritiene che potrebbero essere riconvertiti nel modo migliore questi nuclei abbandonati ?
Ci sono molte attività che si prestano per essere svolte in questi contesti che, ricordo, nascondono un patrimonio architettonico e culturale in alcuni casi notevole (chiese romaniche, eremi, bellissimi esempi di architettura popolare). Per citarne alcune: agriturismi, gruppi di studio intensivo di lingue straniere, punti di partenza per vacanze-natura, colonie estive per le vacanze, scuole di agricoltura biologica o di gastonomia locale, musei etnografici e molto altro.” tratto da: www.voglioviverecosì.com
1990
1991
1992
1993
1994
1995
CENTRI FORMATIVI Granadilla, Umbralejo, Bùbal (Spagna) Tre villaggi sono stati trasformati in poli pedagogici per i giovani delle scuole superiori e delle università come strumento di conoscenza del mondo rurale.
VILLAGGIO TURISTICO Sao Gregorio (Portogallo)
1996
1997
1998
Tra il 1994 e il 1997 il villaggio è stato acquistato dalla famiglia “Guimares”che ha intrapreso operazioni di restauro e ha reso affittabili le 10 abitazioni.
1999
2000
2001
2002
2003
ENTERTAINMENT AND CULTURE CENTER Asfendi (isola di Kos, Grecia) Trasformazione del villaggio in in polo culturale e di ricerca. Inagurato nel 1999, progetta di creare un centro studi che si occuperà di ricerche sulla musica nell’Egeo e sui moderni monumenti greci.
2004
2005
2006
2007
MUSEO DELL’ATTIVITA’ INDUSTRIALE Wigan Pier( Manchester, Inghhilterra) Nucleo abitato di origine industriale trasformato in una sorta di museo dell’attività industriale. Wigan Pier è diventato meta di visite scolastiche a carattere educativo.
2008
2009
2010
2011
2012
PROGRAMMI DI RIPOPOLAMENTO (Irlanda,Spagna) L’idea nasce nel 1990 in Irlanda con la creazione del “Rural Resettlement ireland”: un’organizzazione senza scopi di lucro che si occupa di promuovere ed assistere il ripopolamento delle aree rurali.
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INDAGINE DEL FENOMENO
1.8 OBIETTIVI DEL LAVORO Di fronte a questo vasto panorama italiano in cui si trovano molti piccoli comuni, l’obiettivo che il lavoro si pone è quello di capire attraverso quali strategie sia possibile pensare ad una riattivazione. Bisogna comprendere innanzitutto il significato della parola stessa di “riattivazione” perchè esistono diverse applicazioni possibili. E’ importante capire come ogni situazione ed ogni realtà vada affrontata caso per caso e non è detto che per tutti i borghi abbandonati la strada da seguire sia quella di una riattivazione dal punto di vista economico e demografico. Per alcune realtà, per esempio, si potrebbe pensare ad un recupero all’interno di sistemi come quello dell’ecomuseo. In altri casi la soluzione potrebbe essere quella di lasciare il rudere come tale, con la sua memoria e il suo significato. La ricerca viene condotta come scambio tra una metodologia generale e il caso particolare della Valle di Zeri su cui verrà applicato ogni volta il procedimento sviluppato. Ci troviamo all’interno di un problema complesso, che chiama in causa un numero elevato di variabili e proprio per questo deve essere studiato attentamente, cercando di capire ogni singola realtà, con le sue risorse e le sue problematiche.
Obiettivi del lavoro
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PARTE 2
RICERCA AZIONE
2 LETTURA DEL CONTESTO
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RICERCA*AZIONE
2 LETTURA DEL CONTESTO La conoscenza del territorio rappresenta il primo passo all’interno di quello che possiamo definire l’iter di ricerca per una metodologia di possibile riattivazione dei luoghi a rischio di abbandono. Come afferma Eugenio Turri, uno dei massimi esponenti della geografia del paesaggio: “la conoscenza del territorio è fondamentale per chi amministra o per chiunque abbia a che fare con esso, sia come architetto o urbanista o costruttore, o semplicemente come abitante interessato al proprio spazio di vita.”(1) Conoscere un territorio significa saper riconoscere le caratteristiche storiche, fisiche e ambientali, in modo da poter capire come inserire una nuova azione. Ancora Turri:” si tratta, in altre parole, di prendere coscienza dei problemi e delle condizioni locali per poi confrontarsi con i problemi e le situazioni esterne, regionali, nazionali o globali.”(2). L’esempio vuole offrire una possibile metodologia da seguire per lo studio dei territori e vuole abituare a guardare con attenzione ai segni, anche minimi, che possono diventare delle importanti testimonianze di una storia ricca e complessa. Proprio per questa complessità è necessario indagare un territorio sotto tutti i punti di vista. Un territorio è fatto di luoghi(vedi glossario); con questo termine si intende“l’ambiente dove avvengono i fenomeni”(3). Nella ricerca useremo il termine di luogo per indicare sia realtà territoriali vaste che singoli paesi o borghi, perchè anche quest’ultimo è inserito in quadro generale più ampio che va indagato e compreso. Berque afferma che nel luogo coesistono due aspetti: uno quantitativo e l’altro qualitativo che si integrano reciprocamente. Secondo Norberg-Schulz i luoghi e le persone possiedono un “genius loci” vale a dire: “La struttura di un luogo, ossia la dimensione dove ha luogo la vita è il genius loci.(…)Il genius corrisponde così a quel che una cosa è o a quel che vuole essere.”(4). Marichela Sepe nel testo “Il rilievo sensibile” riflette su come sia possibile indagare la transitorietà e la complessità del territorio contemporaneo indicando un possibile metodo di analisi del “Rilievo Sensibile”. Considera all’interno della sua analisi elementi che non sono riconoscibili attraverso cartografie di tipo tradizionale e che costituiscono l’identità dei luoghi. Nel luogo si possono individuare infiniti caratteri di cui esso si compone. Nell’analisi ci occuperemo infatti dei caratteri ambientali, storici, percettivi, antropologici e sociologici di un luogo. “Il carattere ambientale, scrive Norberg-Schulz, è l’essenza del luogo. Esso è costituito dalla forma, dalle cose concrete, dall’atmosfera in cui vivono. La prima operazione per dar vita ad un luogo è dargli un nome in modo da renderlo riconoscibile.”(5) Vi è poi un carattere storico che è rappresentato dai segni concreti dello spazio, dalla memoria delle cose. Il carattere percettivo, afferma Marichela Sepe, “(…) è costituito dagli elementi che possono essere percepiti attraverso i sensi: gli odori, i suoni, i sapori, gli elementi visivi e quelli tattili, i quali singolarmente e nella percezione complessiva possono influire sullo stato d’animo, sul benessere, sulle azioni, sul modo di comprendere il mondo circostante(6).Nel nostro procedimento di analisi si affiancano due tipi di lettura, indispensabili l’uno all’altro, uno di tipo esperienziale e l’altro di tipo oggettivo. Il primo fa riferimento a quello che abbiamo definito come carattere percettivo e comprende un rilievo esperienziale soggettivo e un rapporto diretto con gli abitanti. Il secondo riguarda gli strumenti classici dell’analisi come la cartografia e i dati. Tutte queste informazioni sono indispensabili per poter ricostruire la storia dei luoghi, basandosi sul confronto con dati storici. Sono tipi di lettura diversi ma indispensabili per comprendere a fondo un territorio, i suoi caratteri e le sue problematiche. Come ultimo punto dell’analisi si fa riferimento alle risorse, locali e non, di un territorio. Con il termine di risorsa si indicano tutti quei fattori e quegli elementi che costituiscono una potenzialità del
Lettura del contesto
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e per il territorio. Potremmo fare riferimento per quest’ultimo punto a uno dei sette scenari del paesaggio italiano individuati da Arturo Lanzani. Prima occorre fare una distinzione tra i termini di territorio e di paesaggio. Eugenio Turri nel testo “La conoscenza del territorio” afferma: “l’uomo in quanto attore e fattore degli ecosistemi, opera sul territorio, spazio del suo agire, abitare, produrre, quindi dimensione concreta, oggettiva(…), in quanto nel territorio ci sono i suoi campi, la sua casa, i suoi luoghi di culto. Il paesaggio è invece la proiezione visiva di quel territorio, riconoscibile attraverso la percezione delle sue forme fisiche.” (7) In particolare lo scenario a cui si fa riferimento è quello del “paesaggio come risorsa da attivare per un differente modello di sviluppo” (8). Lanzani afferma:” Questa politica del paesaggio, dunque, si lega concettualmente a una pluralità di nuovi modelli di sviluppo in cui si possono combinare valorizzazioni turistiche a bassa intensità, ripensamenti e riorientamento dell’agricoltura verso produzioni di qualità.”(9)Uno studio molto attento di tutti questi elementi ci consente di avere una visione globale e complessa di tutto il territorio indagato ed è indispensabile per capire attraverso quali azioni è possibile operare. (1) Eugenio Turri, La conoscenza del territorio op.cit, 7. (2) Idem (3) Marichela Sepe, Il Rilievo Sensibile, op.cit., 21. (4) Cfr.Norberg-Schulz, Genius loci, op.cit. (5) Norberg-Schulz, Genius loci, op.cit., 13-14. (6) Marichela Sepe, Il Rilievo Sensibile, op.cit., 27. (7) Arturo Lanzani, I paesaggi italiani, op.cit. 221. (8) Eugenio Turri, La conoscenza del territorio op.cit., 14-15. (9) Arturo Lanzani, I paesaggi italiani, op.cit. 222.
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RICERCA*AZIONE
2.1 LO STATO DI FATTO Lo stato di fatto viene analizzato secondo due tipi di approcci: uno esperienziale e l’altro oggettivo. Il primo tipo di racconto è personale e nasce da un sopralluogo in cui il “lettore” indaga attreverso i sensi i caratteri dello stato attuale del territorio. Gli strumenti che possono essere utilizzati sono molteplici: dal semplice uso del testo scritto, all’uso integrato di materiali tecnologici come fotografie e video. Il racconto di Vito Teti nei paesi abbandonati di Calabria è fatto attraverso attraverso la scrittura e la fotografia:”Fotografare è diventato per me un altro modo di leggere e di scrivere. Fa parte ora del mio modo di guradare, di fissare i luoghi, di un altro modo di camminare, di interrogare, di domandare.”(1)Questa prima fase è uno dei momenti dell’analisi maggiormente affidato alla sensibilità del singolo rilevatore ed è caratterizzata da un forte livello di soggettività. Per il caso della Valle di Zeri sono stati fatti tre itinerari dove ogni volta sotto forma di “reportage” sono presentati racconti scritti e fotografie. Questo tipo viaggio e di errare fa riferimento non tanto alla tradizione più stereotipata del Grand Tour, quanto a un concezione più moderna dell’”approccio nomade”. Marichela Sepe afferma in merito a questo concetto: ”L’approccio nomade trova le sue radici nelle deambulazioni di Costant e nei percorsi dei situazionisti e si fonda sullo studio del territorio basato sulla conoscenza attraverso l’esperienza diretta.”(2)In questo modo l’area analizzata è sperimentata come una grande mappa cognitiva che viene aggiornata con il continuo attraversamento. Questo tipo di indagine viene effettuato dal Laboratorio di arte urbana Stalker che pone particolare attenzione alle aree di scarto, ai luoghi abbandonati e ai vuoti urbani.Come afferma Sepe:”la loro conoscenza può avvenire solo per esperienza diretta, attraverso l’uso della testimonianza piuttosto che della rappresentazione.”(3)L’altro strumento importante per la rappresentzione del territorio è la fotografia. In Italia l’uso del mezzo fotografico come documento di paesaggio nasce con la scuola di alcuni importanti fotografi: Gabriele Basilico, Olivo Barbieri. Questa esplorazione fornisce il materiale per comprendere lo stato delle cose e le problematiche. A ciò si uniscono le interviste agli abitanti e i racconti degli altri. Accanto a questo primo tipo di informazioni, che derivano da un’esperienza diretta, esistono i dati oggettivi: cartografie e dati. Questi ultimi possono essere presi da fonti Istat o da uffici comunali o provinciali e fanno riferimento a tre principali categorie: quantità della popolazione attuale, economia e patrimonio edilizio. Questo doppia entrata di informazioni, dall’alto e dal basso, contribuisce a ricostruire la storia dei luoghi e a comprendere le cause principali dell’abbandono. Nel caso specifico della Valle di Zeri si vede come la diminuzione della popolazione è avvenuta a partire dagli anni ‘50 per la mancanza di lavoro. (1)Vito Teti, Il senso dei luoghi, op.cit., XVIII (2) Marichela Sepe, Il Rilievo Sensibile, op.cit.,81-82 (3) Idem
INDAGINE OGGETTIVA
CARTOGRAFIA
DATI
OROGRAFIA
DEMOGRAFIA
MORFOLOGIA
ECONOMIA PATRIMONIO COSTRUITO
STATO DELLE COSE
ESPLORAZIONE
RACCONTI ABITANTI ALTRI
INDAGINE SOGGETTIVA
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RICERCA*AZIONE
2.1.1 LA VALLE DI ZERI
Indagine esperienziale
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INDAGINE ESPERIENZIALE
L’ESPLORAZIONE
itinerario 1: da Pontremoli a Coloretta
Lasciata alle proprie spalle Pontremoli si prosegue sulla statale che conduce a Zeri. La strada diventa a poco a poco stretta e piena di tornanti. All’inizio si incontra qualche gruppo di case sparse, si tratta per lo più di cascine con terreni annessi. Non c’è nessuno, solo la vista delle auto lascia intendere la presenza di persone. Il paesaggio di questa prima parte della valle è caratterizzato dalle coltivazioni di oliveti e di qualche vigneto. È la parte del comune con un altitudine minore e forse è anche quella meno caratteristica perché si trova al confine e ricorda i colli di Pontremoli. Proseguendo incontriamo un primo cartello che segnala la svolta per raggiungere il paese di Codolo. Questo borgo rappresenta la porta della valle perché è il primo ma è ancora molto distante dal centro. Poco dopo, infatti, si trova il cartello “benvenuti nelle valli di Zeri” quasi ad indicare che la vera valle inizia da questo momento in poi. Si procede per una quindicina di minuti e durante questo tragitto non si trovano né case né persone. Si continuano a percorre i tornanti immersi nella natura. Da una parte il bosco e dall’altra lo strapiombo sotto cui passa il torrente Gordana.Questo affluente del Magra ci seguirà fino al centro della valle. Ogni tanto si supera qualche piccolo ponte e ogni tanto si incontra qualche animale che attraversa la strada. Durante questa parte di viaggio non si riesce ad immaginare dove si arriverà e come sarà il paesaggio che ci troveremo di fronte. I boschi che ci
Indagine esperienziale
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Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Casa Maddalena Valditermine
Casa Rocchino
Casa Biagi
Antara
Calzavitello
Casa Tosi Patigno
Bergugliara
Noce
Castello Frandalini Fichi Coloretta Serralunga La Dolce Monte FavĂ
Ferdana
Villaggio del Rastrello
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
Bosco
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RICERCA*AZIONE
sono prevalentemente di castagno, qua e là nei mesi di settembre e di ottobre si incontrano lungo la strada alcune macchine ferme: sono i fungaioli che si sono addentrati nei boschi alla ricerca del fungo più grande. Verso l’ultima parte del percorso la strada si fa meno tortuosa e dopo una curva ecco che si apre la valle di Zeri con il paese di Noce in primo piano e quello di Coloretta sullo sfondo. Il paesaggio cambia, lo sguardo è rapito dalla presenza di campi verdi. Si iniziano a intravedere le prime case, ma anche qui non si trova nessuna persona. Le prime abitazioni che si incontrano del borgo di Noce sono quelle lungo la strada anche se il borgo più antico rimane in basso. Proseguendo si trova un cartello con l’indicazione per il paese di Patigno che rimane un po’ più in alto sulla destra. Questo paese insieme a Coloretta rappresenta uno dei due centri più importanti: il primo sede delle attività amministrative, mentre il secondo sede di quelle economico-commerciali. Passando per Patigno si trova qualche persona: qualcuno che fa la spesa dal macellaio o un gruppo di uomini che discute in piazza davanti al bar. Nei campi limitrofi ogni tanto si trovano pecore e mucche a pascolare che alla vista di qualcuno scappano. Andando verso Coloretta si costeggiano molti campi che una volta erano tutti coltivati e cambiavano colore in base alle stagioni e alle semenze. Percorrendo la strada si trova sulla destra una fonte d’acqua, chiamata la Grotta,dove spesso si vedono macchine ferme per riempire le bottiglie. Poco dopo si oltrepassa il ponte sopra il Gordana e ci si avvicina al paese. La valle è ricca d’acqua e simbolo del suo passato è rappresentato dai mulini che si trovano ancor’oggi lungo le sponde dei torrenti. Prima di arrivare al paese si incontra un gruppo di case, dove una quindicina di anni fa c’era il benzinaio. Poco dopo un
Indagine esperienziale
albergo chiuso “Le pianelle”, dove la vegetazione incolta ha avvolto completamente qualsiasi traccia di giochi per bambini e panchine. Un po’ di persone sono ferme a chiaccherare fuori dal negozio “il fungo”,uno dei due negozi di alimentari rimasto. Arrivati nella piazza principale dove si trova il simbolo del paese, il campanile pendente, si trova un gruppetto di pensionati intenti nelle loro discussioni. Raggruppati in una decina di metri ci sono tutte le funzioni di prima necessità: la farmacia, il macellaio, il bar, il giornalaio, la banca e la posta. A Coloretta così come a Patigno è più facile incontrare delle persone ma anche in questi paesi una volta superato “il centro” rimane la solitudine. La maggio parte della popolazione che si incontra è anziana, si vedono pochi giovani e ancor meno bambini. Molte case sono chiuse altre sono aperte e il segnale della presenza è dettato dall’abbaiare dei cani. Sopra Coloretta c’è un bosco di castagni che offre nella stagione autunnale i suoi frutti: castagne e funghi, l’unica accortezza è che bisogna stare attenti ai lupi.
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Da Pontremoli a Coloretta settembre-ottobre 2009
itinerario 2: da Coloretta alla Formentara
Proseguendo oltre Coloretta si trova dopo due tornanti il borgo di Castello, che ha questo nome perché qui sono presenti i resti dell’antico Castrum Ziri. Lungo la strada che porta al paese poco prima del cartello c’è un’altra fonte d’acqua che oggi non funziona più. Il borgo di Castello si presenta alla nostra sinistra ed è arroccato su un piccolo colle. Poco prima del vecchio borgo ci sono case degli anni ’70 in parte abitate e in parte no. La prima cosa che si nota è la chiesa con il suo campanile che fa da porta all’ingresso del paese. Percorrendo le strette vie interne si notano alcune abitazioni abbandonate e altre ristrutturate. Si vedono poche persone, ma si sente qualche voce provenire dall’interno delle abitazioni. Superato il borgo si aprono vasti campi sia a destra che a sinistra e si vedono anche alcune mucche e pecore al pascolo. Da questo momento in poi il paesaggio è caratterizzato da poche case, per lo più cascine che negli anni passati controllavano i terreni limitrofi. Si giunge così al bivio che porta da un lato verso monte Favà e al Passo del Rastrello e dall’altro verso la valle di Adelano. Proseguendo per Monte Favà si trova un altro bivio che conduce al Passo del Rastrello, una località di villeggiatura degli anni ’70. Il paesaggio che vi si trova è molto suggestivo e si trova anche il l monumento dedicato alla Libertà e alla Pace per i caduti durante la Seconda Guerra Mondiale. Monte Favà è una piccola frazione che comprende un gruppo di case che erano perlopiù vecchie cascine estive. Infatti dato che il bestiame si spostava nella stag
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Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Casa Maddalena Valditermine
Casa Rocchino
Casa Biagi
Antara
Calzavitello
Casa Tosi Patigno
Bergugliara
Noce
Castello Frandalini Fichi Coloretta Serralunga La Dolce Monte FavĂ
Ferdana
Villaggio del Rastrello
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
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RICERCA*AZIONE
ione calda verso pascoli più alti anche le famiglie per questo periodo dell’anno abitavano in altre cascine. In questa località oggi ci abitano quattro famiglie di contadini e poi ci sono seconde case ristrutturate. Spesso d’estate capita di vedere lungo la strada le pecore che si spostano da un pascolo all’altro. Anche qui non si vedono molte persone, solo qualche contadino fuori dalle case. Proseguendo verso la valle di Adelano il primo paese che si incontra è Bergugliara. Suggestiva è la chiesa che dalla strada rimane più in basso. In questa frazione è presente uno dei pochi alberghi che funziona tutt’ora: il Belvedere. E’ aperto d’estate e anche qualche weekend nel periodo autunnale. Da questa parte della valle è possibile ammirare il panorama verso Coloretta e Castello. Superato qualche gruppo di case sparse si incontra il bivio per Adelano. Questa valle è la più piccola delle tre e non è caratterizzata da un centro grande ma da una serie di frazioni molto piccole. Non ci sono servizi di nessun tipo tranne la chiesa che domina la vallata. Gli abitanti della valle si dedicano all’agricoltura e all’allevamento di bovini ed equini e, nella stagione estiva ed autunnale, alla raccolta di prodotti del sottobosco, in particolare funghi. La valle è attraversata dall’omonimo torrente che porta le sue acque nel Vara. Di grande impatto visivo è la chiesa che si trova in mezzo alla vallata e si domina con lo sguardo dall’alto. Proseguendo lungo la strada in direzione Patigno si incontrano pochissime case. Sulla sinistra ci sono i boschi dove nella stagione autunnale si possono trovare le macchine dei fungaioli lungo la strada. Anche qui è presente una fonte d’acqua che viene utilizzata tutt’ora. E’ molto affascinante vedere come nello spostamento da un luogo ad un altro cambi il paesaggio e i suoi colori. Si incontrano pochissime
Indagine esperienziale
persone dietro ai cancelli delle rispettive case. Si giunge così nella frazione di Valditermine che si trova sopra Patigno e oltre la quale si prosegue per il Passo dei due santi. Da questo punto in poi ci sono pochissime case, solo qualche cascina di cui una vende i propri prodotti. Continuando la salita le case sono sempre meno e domina da un lato il bosco e dall’altro la vallata. Giunti al bivio per il Villaggio Aracci si prosegue in questa direzione. La strada inizia a diventare sterrata fino a quando bisogna abbandonare l’automobile per proseguire a piedi. Il paesaggio che ci si presenta davanti è immenso e libero. Il sentiero conduce all’antico villaggio della Fomentara, dagli anni ‘50 completamante abbandonato. Si tratta di un gruppo di case d’alpeggio dove la popolazione di Noce e di Patigno si trasferiva nel periodo primaverile ed estivo. Oggi sono rimaste le tracce di questo modo di vivere e di costruire.
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Da Coloretta alla Formentara settembre-ottobre 2009
itinerario 3: da Coloretta a Bosco di Rossano
Oltrepassato il paese di Coloretta e seguendo la direzione per La Dolce si giunge nella valle di Rossano. La strada è ricca di tornanti e non sono presenti case ma solo qualche cascina sparsa nel territorio. La strada è costeggiata da campi e da boschi. All’inizio si incontra l’unico campeggio della valle: camping La Puledra. A metà tragitto si incontra la frazione della Dolce caratterizzata dalla presenza di cascine. Non si vedono persone. Terminati i tornati e saliti sulla cima del monte si apre al di sotto la valle di Rossano che è costituita da una serie di borghi che hanno come caratteristica quella di essere arroccati su degli speroni. Svoltando verso destra si prosegue per Chioso e Montelama. Quest’ultimo paese è molto piccolo ma estremamente affascinante perché si sviluppa in modo allungato lungo la parte finale di uno sperone roccioso. Camminando nelle sue strettissime vie, che sono percorribili solo a piedi, si notano alcuni edifici in cattivo stato. In questo paese ci vivono poche persone, una trentina. La sensazione che si ha nel passeggiare tra queste abitazioni è quella di un luogo ricco di storia ma fatiscente. Ci si può immaginare chiudendo gli occhi la vita di trentanni fa. Davanti a noi solo pietre che testimoniano il passato. Proseguendo lungo la strada in direzione Chiesa di Rossano si passa per altre due frazioni: Valle e Paretola. Questa parte del Comune è quella che ha subito maggiormente il fenomeno dello spopolamento
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Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Casa Maddalena Valditermine
Casa Rocchino
Casa Biagi
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Casa Tosi Patigno
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Castello Frandalini Fichi Coloretta Serralunga La Dolce Monte FavĂ
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Villaggio del Rastrello
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
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RICERCA*AZIONE
è presente alcun tipo di servizio. Chiesa è il paescentrale che d’estate si ravviva un po’ di più grazie alla presenza della sagra dell’agnello di Zeri. Nel tragitto incontriamo solo una mamma che sta aspettando alla fermata del pullman il bambino che torna da scuola. A Rossano è attivo soprattutto l’allevamento dell’agnello di Zeri che è diventato presidio Slow Food. Gli altri due paesi che ritroviamo lungo il tragitto solo il borgo di Piagna e quello di Castoglio. Il primo prende il suo nome dalle piagne: tipiche pietre usate per le coperture delle case. Il secondo è conosciuto per la presenza della villa Mori di Castoglio. Camminando in entrambi questi paesi è possibile vedere molte case chiuse e altre abbandonate, in completo stato di degrado. Tutto ciò è un vero peccato per la perdita di un patrimonio importante e interessante.Da Paretola si trova l’indicazione per la svolta verso il paese di Bosco di Rossano. Il cartello segna 7 Km dall’arrivo ma percorrendo la strada la sensazione è quella di non arrivare mai. Sembra di andare in un altro luogo, lontano da tutto. La strada diventa sempre più stretta, passa una sola macchina. Si è immersi completamente nella natura, boschi su entrambi i lati. Lungo la strada non ci sono né case né persone. I tornanti si susseguono fino ad arrivare ad un piccolo spiazzo dove poter lasciare la macchina. Il borgo ancora non si vede. Svoltata la curva si apre il paese di Bosco. Sembra un luogo di altri tempi, solo, sul fondo di due vallate. Ha uno sviluppo longitudinale accanto al quale scorre il torrente con il suo affascinante mulino. Grazie a dei terrazzamenti alcune persone coltivano il proprio orto. Si prosegue a piedi lungo l’unica via. Ogni tanto si scorge da qualche abitazione la presenza di panni stesi. Alcune case sono state ristrutturate perché in estate molte persone che abitavano qui tornano per passare
Indagine esperienziale
qualche settimana nella pace e nella tranquillità. Non ci sono servizi di nessun tipo solo una piccola chiesa. Il borgo è abitato d’inverno da una ventina di persone mentre d’estate raggiunge il numero di duecento persone.
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Da Coloretta a Bosco di Rossano settembre-ottobre 2009
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RICERCA*AZIONE
Indagine esperienziale
INDAGINE
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ESPERIENZIALE
RACCONTI DEGLI ABITANTI E DI ALTRI
i racconti degli abitanti
Per le interviste sono state scelte delle persone con caratteristiche tipo: -unâ&#x20AC;&#x2122;emigrata ; -una figura istituzionale; -unâ&#x20AC;&#x2122;emigrata che poi è tornata al paese a lavorare; -unâ&#x20AC;&#x2122;insegnante delle scuole; -una ragazza nata in argentina ma tornata nel paese del nonno; -una coppia di inglesi. Tutte le loro storie sono state molto utili per capire i fenomeni che sono avvenuti nel corso del tempo e per ricostruire i fatti.
Indagine esperienziale
SCHEDA INTERVISTA 1 nome, cognome, età 2 famiglia (quanti siete?) (vivete tutti qui?) 3 ha sempre vissuto qui o si è spostato? 4 che lavoro ha fatto, per quanto tempo? 5 che lavori si svolgono qui principalmente? 6 la pop. è diminuita molto, da quando? Perché? 7 qual è secondo lei la causa principale del fenomeno? 8 Si ricorda qualcosa della storia o c’è un avvenimento che lo ha colpito particolarmente? 9 come si svolge la vita adesso? 10 hanno chiuso molte attività ultimamente? 11 in quanti siete durante l’anno? 12 c’è un po’ di turismo?
13 su quali risorse punterebbe per migliorarlo?
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RICERCA*AZIONE
Irina Quiligotti [emigrata]
Nel paese(Coloretta) c’erano tre alberghi, anche belli, due sono chiusi completamente e uno apre solo per tre mesi d’estate e prende qualche persona. Il turismo è poco, a Zum Zeri avevano fatto le piste ma viene poca neve e spesso non aprono gli impianti. Anche d’estate il turismo è diminuito, magari c’è gente che viene poco, per un giorno a fare un giro in moto. Non si fermano. Non nascono più bambini perché sono tutti via. Per i giovani pensare a dei progetti per riattivare il borgo sarebbe una cosa giusta.
Seconda Reggi [emigrata tornata a Zeri]
Indagine esperienziale
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Ivo Ferrari [ex sindaco comuni di Zeri] A zeri c’è solo un agriturismo a Noce. Se c’è un posto adatto per l’agriturismo è questo, ci sono vallate. Qui c’è l’iniziativa della pecora e dell’agnello zerasco. I giovani sono andati in buona parte a lavorare fuori anche lontano. Oggi i lavori che si svolgono principalmente sono commercio e turismo: non tanto nei vecchi borghi quanto forse nei villaggi turistici: villaggio Aracci e villaggio del Rastrello e marginalmente anche negli appartamenti. Ci sono anche inglesi che ultimamente sono venuti qui, anche qualche francese magari originario di qui. Noi speriamo che questo interesse sia l’inizio.
Rita [ex insegnante scuole elementari e medie]
Le vacanze sono cambiate, nessuno sta più un mese negli alberghi in qualsiasi posto. È cambiato il modo di fare villeggiatura. Il turismo è diminuito e di conse guenza anche il lavoro. Per quanto riguarda internet non si riesce a capire se non cablano il territorio per un problema economico, se non c’è la volontà. Io ho parlato con il Sindaco attuale e sembra che la volontà ci sia, ci sono dei problemi forse contingenti come la struttura della montagna che non permette di fare un collegamento rapido. Contadini non ce ne sono, più che altro allevatori di bestiame. Durante l’anno in tutta la vallata siamo in 1000 circa. Come risorsa su cui puntare, se tornasse la neve, sarebbe lo Zum Zeri. Le risorse ci sono in questo territorio, viene gente quando è periodo di funghi però non trova le strutture, non ci sono i ristoranti tanti hanno chiuso e preferiscono andare da altre parti. Poi c’è stata molta crisi legata alla mancanza di neve. Bed and Breakfast e agriturismi non ce ne sono, devono farli hanno avuto le sovvenzioni e poi non hanno fatto niente.
Fabiana Reggi: dall’Argentina a Patigno da dove era emigrato il bisnonno
Sei molto coraggiosa”. Glielo dicono tutti. Più ancora glielo dicono tutte. Non tanto per venire dall’Argentina in Italia, quanto per venire da un barrio (quartiere) del paese di Ciqaralles “C” (foresta) in comune di Unquillo, provincia e regione di Cordoba nel cuore delle colline preandine dell’Argentina a Patigno che neppure un decimo degli abitanti di Massa Carrara sa dove sia e meno di un millesimo dei cittadini toscani. Certo, coraggiosa lo è davvero Fabiana Soledad Reggi, 25 anni, professoressa di educazione fisica, viso dolce e solare sia quando ride sia, paradossalmente, quando si inonda di lacrime. Ma non tanto coraggiosa quanto il bisnonno Ermenegildo di Coloretta e la signora Cesira Conti di Patigno che con i loro cinque figli (uno nascerà nel nuovo mondo) erano partiti poco più di 80 anni fa, da quel paese che non c’è e che si chiama Zeri, per andare in un paese che non sapevano dove fosse, a far neppur loro sapevano cosa. Ma con cinque figli da crescere qualunque luogo al mondo doveva apparire un “el dorado” a chi poteva contare solo sul proprio pane e sul proprio pelo per mangiare e vestire, come recita un orgoglioso proverbio locale della miseria. Nonno Riccardo aveva visto Zeri con gli occhi trasognati di un bambino che si perde nelle favole e lo aveva raccontato appena avutane l’opportunità alla sig.na Francisca, che se ne era entusiasmata fino a farci su qualche pensierino e qualche marmocchio, tra i quali Hermenegildo Fortunato che, con la collaborazione di Beatriz Ana (figlia di un’italiana e di uno spagnolo) aveva a sua volta dato vita a una nuova nidiata di italo-spagnolo-argentini, tutti rigorosamente a doppio nome; Riccardo Alfredo, Nora Beatriz, Graciela Cristina e, finalmente la nostra Fabiana Soledad che vanta già sei nipotini. E così tra un Ermenegildo e un Riccardo siamo alla quinta generazione che si tramanda gli antichi nomi del paese solo con qualche variante grafica in omaggio alla nuova lingua. Il bisnonno era partito per un viaggio che non finiva mai con la valigia di cartone, o forse neppure quella ma soltanto qualche scatola legata con lo spago, con il solo tesoro della sua famiglia, l’angoscia di un distacco senza speranza di ritorno. La pronipote è ritornata
Indagine esperienziale
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con un veloce volo aereo e “uno zaino pieni di sogni e di progetti”. Ce ne racconti qualcuno? “Anche mio fratello Riccardo ha riguadagnato il vecchio mondo, ma si è fermato a Barcellona. Lo sono andata a trovare. Ma Barcellona non fa per me, confusa, caotica”. Non lo dice ma c’era soprattutto la nostalgia che l’antico emigrante aveva trasmesso di generazione in generazione. “Il primo passo a Patigno è stata una grande emozione. Cercavo la storia della famiglia. Ho trovato qualche parente e persone che hanno conosciuto la famiglia del bisnonno e me ne hanno parlato. Ho visto la casa. E’ difficile non piangere. Era il mio sogno e ora ci cammino dentro. Come in una favola, in un “cuento por los ninos”. C’era solo il sogno o c’era anche una dura realtà? “La vita in Argentina si è fatta molto difficile. Il lavoro è poco e malpagato. Le spese sono tante, i soldi pochi. Si fatica ad arrivare alla terza settimana. Dopo l’università porte chiuse, non si va da nessuna parte e due terzi dei laureati sono a spasso. Ho sempre lavorato anche durante gli studi, ma mi mancava qualcosa che forse posso trovare qua”. Con le mani in mano non ci sta. Lavora in un ristorante a Patigno e da lezioni di nuoto a Pontremoli. E’ disponibile per lezioni di spagnolo tramite la biblioteca comunale. E poi cosa vieta di pensare che per Zeri un’associazione sportiva possa essere una possibile ulteriore risorsa? Dal fondo dello zaino spunta un ultimo sogno. “Mi piacerebbe portare qui mamma per curarsi e papà perchè possa respirare i profumi della giovinezza dei suoi posti”. Davvero coraggiosa. Ben tornata a casa Fabiana Soledad. Suerte.
Articolo di Antonio Zanni pubblicato su “Il Corriere Apuano” del 5 aprile 2008. Tratto da Blogzeri: blogzeri.wordpress.com
AN ENGLISHMANS’ HOME IS A SHEEP SHED. . . UNA CASA DI INGLESI E’ IL RIPARO DELLE PECORE. . . Casa degli Inglesi in località Campo D’Onico. Englishman’s home located at Campo D’Onico. (Foto di Christine Danner).
Durante il pomeriggio, recentemente, ci piace sederci fuori della nostra casa sulla collina e trascorrere circa un’ora nel goderci il panorama. Si tratta di una piacevole pausa dai lavori di ristrutturazione che stiamo facendo per convertire la stalla per le pecore ed il fienile nella nostra casa. Vivere quì senza elettricità, acqua in casa, ed altre comodità non è facile ma ci dà molta soddifazione. “Ascolta” dice Brian “il suono del silenzio”. E’ vero, la pace e la tranquillità che ci sono quì sono una delle cose che cercavamo quando venimmo ad abitare a Zeri tre anni fa. Abbiamo lasciato l’Inghilterra per fuggire dalla vita moderna, cercando un nuovo modo di vivere. L’abbiamo trovato quì. Mentre ci guardiamo attorno possiamo vedere i monti di Zum Zeri, il monte Gottero e Montefavà; e le sacche di abitazioni tra di essi, il meraviglioso modo in cui il territorio si dispiega, ed i colori e gli umori della valle che muta continuamente con la luce del giorno. “Silenzio” – si, se togliamo il suono delle campanelle delle pecore di Zeri, il sussurro del vento attraverso gli alberi di castagno e lo scorrere dell’acqua nel fiume Gordana. E ancora i canti ed i richiami dell’ampia varietà di uccelli con i quali condividiamo questo lato della montagna. Zeri veramente è un luogo meraviglioso, immerso nella tradizione – tenuta viva dalla gente di Zeri, questo assieme alla natura ospitale degli zeraschi, in particolare, del nostro paese di Noce che ci fà sentire veramente a casa. Seduti su questa parte della collina, guardo attorno alla terra e alle case che abbiamo aquistato, e mi sento felice di averle trovate. Un luogo per essere, ed avere l’opportunità di conferire nuova vita dentro queste vecchie mura e chiamarle casa. Ci auguriamo di vivere quì per molti anni, il nostro rifugio per le pecore sulla collina, in nostro pezzo di Inghilterra in questo paradiso italiano. Tratto da Blogzeri: blogzeri.wordpress.com
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RICERCA*AZIONE
Indagine oggettiva
INDAGINE OGGETTIVA
CARTOGRAFIA
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RICERCA*AZIONE
inquadramento territoriale
Il territorio del Comune di Zeri si estende per 73,51 mq in una zona montana dell’Alta Lunigiana tra i Comuni di Pontremoli e Mulazzo ed il crinale appenninico che ne delimita il confine con Liguria ed Emilia Romagna. La via principale di accesso è quella da Pontremoli: dall’uscita del casello dell’autostrda A15 si prosegue per 16 Km lungo la strada provinciale”Pontremoli-Zeri”. Il secondo accesso che proviene dalla Liguria prevede l’uscita Carrodano dall’autostrada A12 e la strada provinciale SestaGodano-Zeri. E’ in costruzione una terza via d’accesso che riguarda il collegamento con Parma attraverso Albareto.
Indagine oggettiva
la regione: Toscana
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Bologna
ForlĂŹ Cesena Pistoia Lucca
Prato Firenze
Pisa Livorno
Arezzo Siena Perugia
TOSCANA
Grosseto
Viterbo
14 comuni 1156,09 Kmq 55.449 abitanti
il territorio: Lunigiana
Pontremoli
Filattiera Zeri
Bagnone Comano
Mulazzo Villafranca in Lunigiana Licciana Nardi
Tresana
Podenzana
Aulla
Fosdinovo
Fivizzano
Casola in Lunigiana
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RICERCA*AZIONE
Le Valli di Zeri sono delimitate da rilievi montuosi che per la loro altitudine e conformità le isolano quasi completamente dal resto del territorio. Le cime più elevate sono: il Monte Fabei(1584 m.), il Gottero(1639 m.), il Focetto( 1536 m.) e lo Spiaggi(1554 m.). L’altidudine oscilla tra i 300 e i 1500 msl.
accesso 2 Autostrada Genova-Livorno(A 12) uscita Carrodano SP Sesta Godano-Zeri 25 Km-30m Monte Gottero m 1639
Sesta Godano
Indagine oggettiva
provincia: Massa Carrara : di 73,51 Km2
accesso 3 (in previsione) collegamento Zeri-Albareto
Monte Fabei m 1584
Monte Spiaggi 1554 accesso 1 Autostrada della Cisa A15 uscita casello di Pontremoli SP 36 Pontremoli-Zeri 18 km- 20 m
Autostrada della Cisa A15
Albareto
Pontremoli
267
mappa della valle
Zeri sorge lungo un’ampia vallata al confine della Toscana con la Liguria e con l’Emilia Romagna, denominata Lunigiana. Zeri è un nome collettivo, non indica un centro, ma un insieme di località. Il territorio del comune è costituito da un altopiano circondato da rilievi montuosi di altezza modesta, di cui il monte Spiaggi rappresenta una delle cime più elevate e solcato da tre diverse valli scavate dai torrenti Gordana, Teglia e Adelano. Il Comune di Zeri comprende tre vallate: la valle del Gordana, la valle di Rossano e quella di Adelano. Ognuna di esse è costituita da varie frazioni: Vallata del Gordana: Patigno, Valditermine, Villaggio Aracci, Costa d’Asino, Piandelmonte, Antara, Chiosa, Torricella, Bergugliara, Serralunga, Fichi, Villaggio Passo Rastrello, Castello, Coloretta, Noce, La Dolce e Conciliara; Vallata di Adelano: Casa Rocchino, Calzavitello, Casa Bornia, Casa Maddalena, Casa Biagi, Casa Tosi, Frandalini; Vallata di Rossano: Piagna, Castoglio, Chioso, Montelama, Chiesa, Paretola, Valle e Bosco. Ogni valle presenta proprie peculiarità territoriali e paesaggistiche.
Vallata di Adelano
Indagine oggettiva
271
v
Vallata del gordana
v
Vallata di Rossano
272
INDAGINE DEL FENOMENO
I borghi: vallata del Gordana Codolo
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: 727 m.s.l. abitanti: 33
descrizione: Codolo è la frazione del territorio zerasco più vicina a Pontremoli. Vi si arriva dalla strada provinciale. La frazione comprende una vasta estensione di territorio boschivo che parte dai circa 300 m di Giaredo ai circa 800 del Monte Chiesa. L’economia della zona è stata sempre di origine agro-silvopastorale, i residenti erano soprattutto dediti alla raccolta delle castagne e di altri prodotti del sottobosco, ma un tempo era famosa anche per la produzione di vino sul ben esposto declivio di Giaredo.
Indagine oggettiva
273
Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Valditermine Antara
Patigno
Bergugliara
Noce
Castello Frandalini Fichi Coloretta Serralunga La Dolce Monte FavĂ
Ferdana
Villaggio del Rastrello
Nucleo originario campi
276
INDAGINE DEL FENOMENO
Coloretta
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: 674 m.s.l. abitanti: 260
descrizione: Coloretta si trova nella valle di Zeri, lungo la strada che porta al Passo del Rastrello o Rossano oltre Noce. È forse il centro più attivo della vallata e uno di quelli che ha il maggior numero di popolazione. La pianta del paese e le case rivelano l’origine medievale del borgo. A Coloretta funziona ancora qualche mulino per le castegne; un tempo elementi comuni del paesaggio che stanno ormai scomparendo. La chiesa del paese è dedicata a San Rocco. Distante una ventina di metri dalla chiesa si trova l’alto campanile. Il nucleo storico si chiama “Questè”, attorno a questo borgo si è sviluppata a partire dagli anni ‘60 la parte nuova del paese simbolo del quale è la torre civica pendente, costruita nel 1896 dagli abitanti, che ha dovuto recentemente subire un ridimensionamento per il cedimento del terreno che avrebbe potuto farla crollare. A Coloretta hanno sede l’Agenzia del Monte dei Paschi di Siena, l’ufficio postale, la farmacia, l’ambulatorio, la scuola elementare e materna , la caserma dei carabinieri, la sede della Proloco e il campo sportivo. Attualmente le scuole sono chiuse e sonofrequentate quelle di Patigno perchè hanno subito interventi per la messa in sicurezza. L’obiettivo, ultimati i lavori, sarebbe quello di spostarle nuovamente qui. A Coloretta c’erano tr alberghi: Pianelle, Da Mario e Luciano. I primi due sono chiusi lasciando i fabbricati completamente abbandonati mentre l’ultimo apre solo alcuni giorni durante la stagione estiva. Questo borgo che è uno dei più vivi, insieme a Patigno, della vallata sta morendo a poco a poco sotto gli occhi delle poche persone rimaste.
Indagine oggettiva
277
Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Valditermine Antara
Patigno
Bergugliara
Noce
Castello Frandalini Fichi Coloretta Serralunga La Dolce Monte Favà
Ferdana
Villaggio del Rastrello
Il campanile simbolo del centro del paese
Il “Questè” Nucleo originario del paese.
280
INDAGINE DEL FENOMENO
Patigno
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: 708 m.s.l. abitanti: 228
descrizione: Patigno è l’altro borgo più popolato della valle. Qui hanno sede i servizi amministrativi come la sede del comune e la biblioteca. Nel centro del paese un gruppo di vecchie case rurali circonda una piazza dove ormai cresce l’erba alta. Intorno al paese gli uomini hanno cura dei campi e dei pascoli; in questa zona viene allevato una specie particolare di pecora tipica di Zeri. Il nucleo storico del borgo è formato da caratteristiche case di pietra con la tradizionale copertura a piagne. A Patigno ora si trovano una pizzeria, un bar, un macellaio e un negozio di casalinghi. Le scuole, elementari e medie, momentaneamente sono state spostate qui da Coloretta. La chiesa di San Lorenzo è stata costruita nel 1786 nella stessa area del più antico tempio che compariva già nel 1470. Purtroppo il terreno su cui sorge oggi la parrochiale è interessato da una frana che lentamente sta scivolando verso valle e la chiesa è stata chiusa al culto dal 1982.
Indagine oggettiva
281
Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Valditermine Antara
Patigno
Bergugliara
Noce
Castello Frandalini Fichi Coloretta Serralunga La Dolce Monte FavĂ
Ferdana
Villaggio del Rastrello
Comune
Piazza principale
Nucleo originario del paese.
S.Lorenzo
284
INDAGINE DEL FENOMENO
Noce
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: 708 m.s.l. abitanti: 228
descrizione: Noce si trova nella vallata di Zeri, lungo la strada che porta al Passo del Rastrello da Pontremoli, passando da Coloretta e Castello. Il paese deve forse il suo nome a un bosco di noci che si trovava nei suoi pressi, così come indica Carlo Caselli nel suo viaggio in Lunigiana riportato nel libro “Lunigiana Ignota”. Noce è composto da due nuclei molto vicini, divisi da un piccolo canale. Nella parte alta si trova la parte principale del borgo, caratterizzata da case in pietra arenaria con copertura a piagne, numerosi passaggi voltati e l’oratorio della Vergine Maria, ad una navata, con tetto spiovente e con il portale recante un’incisione del 1636 sormontato da una bella statua della Madonna. Nella parte bassa sorge invece l’oratorio Santo Spirito, molto simile come struttura e dimensioni al precedente, con una bella facciata caratterizata da una pietra incisa nel portale d’ingresso. Nei dintorni si trova il torrente Gordana.
Indagine oggettiva
285
Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Valditermine Antara
Patigno
Bergugliara
Noce
Castello Frandalini Fichi Coloretta Serralunga La Dolce Monte FavĂ
Ferdana
Villaggio del Rastrello
Nucleo originario del paese.
Ponte sul Gordana
Stretti di Giaredo
288
INDAGINE DEL FENOMENO
Castello
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: 727 m.s.l. abitanti: 42
descrizione: Castello prende il nome da un preesistente castello che si ergeva sull’altura a nord del paese. Oggi sono solamente visibili i resti del “Castrum Zirri”, la base di una torre, un muro di cinta e massi di colore verdastro. Secondo la leggenda, il castello era possessione dei marchesi Malaspina. La chiesa del borgo il cui ultimo rifacimento risale al 1672 è dedicata a Sant’Agostino che si fetseggia a fine agosto. Durante il periodo bellico Castello fu colpita dalle rappresaglie tedesche e messa a fuoco. Oggi si può ancora notare l’edificio sede della dogana e del posto di guardia.
Obiettivi del lavoro
157
Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Valditermine Antara
Patigno
Bergugliara
Noce
Castello Frandalini Fichi Coloretta Serralunga La Dolce Monte FavĂ
Ferdana
Villaggio del Rastrello
campi
Nucleo originario
Resti del Castrum Ziri
292
INDAGINE DEL FENOMENO
I borghi: vallata di Adelano Calzavitello-Casa Biagi
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: 628 m.s.l. abitanti: 19
descrizione: Non esiste in questa valle un centro princiapale ma una serie di agglomerati tra cui spiccano Calzavitello e Casa Biagi. Lâ&#x20AC;&#x2122;emigrazione, causata dalla crisi che ha investito tutte le zone montane, lâ&#x20AC;&#x2122;ha spopolata. Molti dei residenti rimasti si dedicano allâ&#x20AC;&#x2122;allevamento del cavallo bardigiano. Anche in questa valle non sono presenti servizi di nessun tipo solo una locanda.
Indagine oggettiva
Casa Maddalena Casa Rocchino
Casa Biagi
Calzavitello
Casa Tosi
Frandalini
Casa Biagi Calzavitello
Chiesa di Adelano
293
296
INDAGINE DEL FENOMENO
I borghi: valle di Rossano Piagna-Chiesa-Paretola
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: Piagna 785 m.s.l. Chiesa Paretola 681 m.s.l. abitanti: 55+36+30=121
descrizione: Il primo villaggio che si incontra percorrendo la strada di accesso che si stacca dalla provinciale è Piagna (785 m.), il cui nome richiama la tradizionale copertura dei tetti in lastre di arenaria(Piagne). Centro della valle è Chiesa di Rossano ed è sede della parrocchia di San Medardo. In fondo al borgo si notano le rovine del Palazzo Schiavi, sopra un’architrave è impressa la data del 1776, riferendosi probabilmente ad un restauro. Proseguendo si giunge a Paretola un paese che ha l’oratorio intitolato a San Genesio e che dispone di un albergo-ristorante.
Obiettivi del lavoro
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
Bosco
Piagna
Chiesa
Paretola v
campi
157
300
INDAGINE DEL FENOMENO
Chioso-Valle-Montelama
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: Chioso 771 m.s.l. Valle 664 m.s.l Montelama 771 m.s.l. abitanti: 17+28+17=62
descrizione: Lâ&#x20AC;&#x2122;antico borgo di Chioso, in parte ristrutturato, sorge intorno alla signorile Casa Figaroli, datata anteriormante al XVI secolo. Poco distante si trova il borgo di Montelama. Montelama è un piccolo borgo caratteristico delle Valli di Zeri, rimasto ormai con pochi abitanti. La leggenda che si perde nel tempo racconta che qui siano vissuti certi individui capaci di compiere cose straordinarie, come quella di far volare la gente o trasformarla in animali.
Indagine oggettiva
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
Bosco
Chioso
Valle
Montelama borgo arroccato
301
304
INDAGINE DEL FENOMENO
Castoglio
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: 750 m.s.l. abitanti: 33
descrizione: È la frazione più tipica di Rossano perché arroccata in cima ad un cocuzzolo, all’altezza di 750 metri, come un castello. Il più antico documento dell’archivio di famiglia in cui se ne parla è del 1546. L’interno del vecchio borgo, le cui strade sono ancora lastricate con le pietre, è un tipico esempio di architettura rurale.
Indagine oggettiva
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
Bosco
Castoglio
Torrente Teglia
305
308
INDAGINE DEL FENOMENO
Bosco di Rossano
regione: Toscana provincia: Massa Carrara altitudine: 628 m.s.l. abitanti: 35
descrizione: Bosco è l’ultimo borgo di Rossano. Si trova in una posizione paesaggistica di grande pregio in quanto rimane in fondo alla valle. Allo stesso tempo la posizione così impervia hadeterminato una fortissima emigrazione. Vi risiedono 39 abitanti, nel passato qui l’emigrazione è stata molto consistente. La gente vive ancora di attività agro-silvo-pastorali, in particolare si produce farina di castagne e si commerciano funghi. Sono ancora attivi due mulini di cui uno settecentesco. Bosco è il paese che ha subito maggiormente il fenomeno dello spopolamento dovuto in gran parte alla posizione territoriale: oggi vivono d’inverno una trentina di persone.
Obiettivi del lavoro
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
Bosco
Bosco di castagne
Torrente Serra
oratorio 1776
157
Indagine oggettiva
INDAGINE OGGETTIVA
DATI: P E R S O N E ECONOMIA COSTRUITO
313
dati demografici
La popolazione residente oggi
Il Comune secondo l’ultimo censimento Istat del 2001 conta una popolazione di 1376 abitanti. Gli ultimi dati riferiti al primo gennaio 2009 contano una popolazione di 1252 abitanti. La maggior parte della popolazione è anziana e le nascite sono molto ridotte: una o due per anno. Manca un ricambio generazionale e quindi la previsione è quella di una progressiva diminuzione causata dalla morte delle persone più anziane.
35 12 Casa Biagi
41
10
A Calzavitello Bergugliara
popolazione residente a Zeri per classe d’età(Istat 2001)
1.252 abitanti 595 maschi 657 femmine
0-24 25-44
53,9 età media 697,4 indice di vecchiaia
45-64 65- più di 85
228 260
19 14
Codolo di sotto
38
7
72
42
55 Patigno
Antara
Castello
Codolo chiesa
Noce
4
33
La Dolce Coloretta Chioso
17
30 28
17
Castoglio Valle
Montelama
Paretola
35
Bosco di Rossano
Numero di abitazioni (dettaglio loc. abitate)censimento 2001 400 350 300 250 200 150 100 50 0 1 23
4567
89
10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28
67 24
1.bergugliara 2.chiesa di rossano
15.casa tosi
3.coloretta
16.castello
4.noce
17.castoglio
5.paretola 6.patigno 7.piagna 8.antara 9.bosco di rossano
18.chioso 19.codolo chiesa 20.codolo di sotto 21.la dolce 22.montelama
10.calzavitello
23.san lorenzo
11.casa biagi
24.valditermine
12.casa bornia
25.valle
13.casa maddalena 14.casa rocchino
26.villaggio aracci 27.villaggio del rastrello
15 12 Casa Biagi
An Calzavitello Bergugliara
Indagine oggettiva
1.946 abitazioni 356 case sparse
228 22
260 67
Codolo di sotto
86
17
Codolo chiesa
71 12
ntara
Valditermine Patigno
58
26
48
Noce
45 Castello
La Dolce
20
Coloretta Chioso
26
112 Piagna
23
Castoglio Valle
Paretola
Montelama
Bosco di Rossano
317
318
RICERCA*AZIONE
L’economia oggi L’economia di Zeri si base principalmente sull’allevamento ovino e bovino che si pratica nelle verdi valli della zona e dal quale proviene anche l’abbondante produzione del latte, sull’agricoltura e sulla produzione artigianale di olio e vino. Queste attività sono quelle che hanno caratterizzato la valle sin dalla nascita. Grazie alle diverse altitudini e ai diversi tipi di terreno è possibile infatti coltivare svariate speci. Oggi purtroppo queste attività sono andate perdendosi perchè le poche persone persone rimaste sono anziane e non riescono più a portare avanti questo tipo di lavori.
dati tratti dal rapporto della lunigiana 2004
Indagine oggettiva
popolazione occupata popolazione non occupata
Occupati per attivitĂ economica a Zeri (istat 2001)
addetti industria (agricole e boschive) addetti servizi addetti amministrazione addetti altro
Distribuzione delle imprese artigiane per settori economici (anno 2003)
agricoltura attivitĂ manifatturiera costruzioni commercio trasporti, comunicazioni altri servizi
319
320
RICERCA*AZIONE
coltivazioni nei campi
allevamento
agricoltura
bovino frutta ovino
animali da cortile ortaggi cavallo bardigiano
cereali
olivo vite
funghi
castagne
dati tratti dal rapporto della lunigiana 2004
Indagine oggettiva
321
Superficie agricola utilizzata per le principali coltivazioni praticate al censimento 2000 (ettari)
cereali
1,06
ortive
1,65
foraggere
0,03
vite
2,01
olivo
0,75
agrumi
0
fruttiferi
324,55
330,5 ettari di campi coltivati
322
INDAGINE DEL FENOMENO
2.2 RICOSTRUZIONE STORICA Ogni luogo è una stratificazione di storie, di layer temporali. Per comprendere le cause e i fenomeni che si sono susseguiti nel corso del tempo è necessario recuperare le informazioni storiche sia attraverso la ricerca di dati sia attraverso i racconti degli abitanti. Come afferma Turri: “ La dimensione storica si impone come componente imprescindibile di ogni situazione presente allorquando si indaga su una realtà territoriale(...)C’è infatti in ogni situazione territoriale un rapporto di continuità con le situazioni anteriori(...)”(1). In Italia ci sono stati dei momenti epocali che si sono ripercossi su tutta la penisola e che hanno portato a grossi cambiamenti politici, territoriali e demografici. La fine del secondo conflitto mondiale e il conseguente spostamento demografico rappresentano uno di questi. A partire dagli anni ‘50 infatti, molti paesi e realtà minori hanno subito il fenomeno dell’emigrazione per problemi economici e mancanza di lavoro. Una lettura ricca ed esaustiva dei cambiamenti subiti dal paesaggio italiano è stata data da Arturo Lanzani nel testo “I paesaggi italiani”. Nel periodo che comprende gli anni ‘50 e ‘60 la popolazione delle aree interne collinari e di montagna abbandona un’agricoltura povera di pura sopravvivenza, “(...)che si configura ora come attività esclusiva, ora legata al ciclo del castagno o all’allevamento stabile o transumante; abbandona insediamenti arrocati con un’accessibilità rimasta difficile, faticosa, dove regna una condizione dell’abitare dura ai limiti della sopravvivenza, anche se non di rado sapiente per i suoi stretti rapporti con la natura del suolo e virtuosa per la sua capacità di generare un’estrema cura di un territorio fragile e delicato.”(2)Questo ha generato degli effetti sul paesaggio che a causa della migrazione è stato abbandonato e lasciato decadere. In particolare negli anni ‘80-’90 nelle aree interne di montagna e di alta collina “(...)si assiste ad un ritorno progressivo del bosco, e più limitatamente della pastorizia. In questi territori emergono fenomeni di abbandono di molti insediamenti, di parziale rinaturalizzazione del suolo(...)”(3). In generale possiamo affermare che le cause che hanno determinato il fenomeno dell’abbandono dei borghi sono essenzialmenti di due tipi: cause endemiche e cause di tipo economico. Le prime sono quelle che fanno riferimento alle catostrofi ambientali: frane, terremoti, smottamenti, che hanno minato la sicurezza degli abitanti e generato spesso la costruzione ex-novo di piccoli centri alle pendici o nelle prossimità dei paesi originari. Nel secondo caso l’emigrazione è dovuta alla fine dell’economia di sussistenza portando la popolazione a spostarsi verso le grandi città come Milano, Torino, Genova o verso altri stati. La Valle di Zeri si inserisce proprio all’interno di questi momenti storiografici. Da un lato la fine della seconda guerra mondiale che segna la prima fase del ciclo migratorio e dall’altro le emigrazioni verso le maggiori città italiane e gli stati come Inghilterra, Francia e America. Gli strumenti attraverso cui è possile ricostruire la storia del luogo sono di due tipi: il primo riduarda i dati oggettivi e il secondo quelli soggettivi. I primi riguardano la variazione di popolazione e i numeri dell’emigrazione; i secondi i racconti di chi è emigrato e poi è tornato al paese e degli abitanti presenti ancora oggi. Come scrive Vito Teti nel testo”Il senso dei luoghi”: “ E’ davvero impensabile parlare di rovine e di abbandoni di un luogo, pescindendo da quegli eventi che sono altrettanto vicini, altrettanto costitutivamente partecipi della nostra vita, quanto lo sono l’abbandono di un piccolo nostro villaggio e le devastazioni delle nostre coste. E forse l’unico modo per essere presenti nel luogo-mondo, per tutelarlo e per salvarlo è sperimentare uno sguardo diverso sul pezzo a noi più vicino, cominciare qui ed ora a riconoscere e guardare i luoghi.”(4) (1) Eugenio Turri, La conoscenza del territorio op.cit, 11. (2) Arturo Lanzani, I paesaggi italiani, op.cit., 93. (3) Idem (4) Vito Teti, Il senso dei luoghi, op.cit, XIV.
RACCONTI
DATI
ABITANTI
DEMOGRAFIA
ALTRI
ECONOMIA PATRIMONIO COSTRUITO
STORIA DEL BORGO
CAUSE ABBANDONO
AMBIENTALI ECONOMICHE
324
RICERCA*AZIONE
2.2.1 LA VALLE DI ZERI
Ricostruzione storica
RICOSTRUZIONE STORICA
I DATI
325
326
RICERCA*AZIONE
i dati
La variazione della popolazione Il fenomeno dello spopolamento nel Comune di Zeri ha conosciuto diversi momenti. Il primo grosso ciclo di emigrazione è avvenuto dopo la fine del primo conflitto mondiale in quanto la guerra aveva distrutto gran parte dei paesi e non c’era più lavoro. Durante la metà degli anni ‘60 il Comune conosce un lieve miglioramento soprattutto grazie allo sviluppo del turismo. Proprio in questi anni nascono due villaggi turistici: Villaggio del Rastrello e Villaggio Aracci, e vengono aperti gli impianti invernali a ZumZeri. Purtroppo dalla metà degli anni ‘80 la popolazione comincia a diminuire di nuovo; manca il lavoro e gli abitanti si spostano verso le grandi città. A poco a poco hanno cominciato a chiudere le attività come gli alberghi, i ristoranti e alcuni negozi. Oggi la situazione in cui si trova il territorio è critica. La poca popolazione rimasta è costituita soprattutto da persone anziane che non lavorano più. Molte case sono seconde case che si popolano per brevi periodi durante l’anno e altre sono abbandonate.
Ricostruzione storica
327
Variazione popolazione Comune di Zeri
3750 3500 3250 3000 2750 2500 2250 2000 1750 1500 1250 1000 750 500 250 0 1861
1871
1881
1901
1911
1921
1936
1951
1961
1971
Schema emigrazione dal 1947 al 1982 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 1 9 4 7
1 9 4 8
1 9 4 9
1 9 5 0
1 9 5 1
1 9 5 2
1 9 5 3
1 9 5 4
1 9 5 5
1 9 5 6
1 9 5 7
1 9 5 8
1 9 5 9
1 9 6 0
1 9 6 1
1 9 6 2
1 9 6 3
1 9 6 4
1 9 6 5
1 9 6 6
1 9 6 7
1 9 6 8
1 9 6 9
1 9 7 0
1 9 7 1
1 9 7 2
1 9 7 3
1 9 7 4
1 9 7 5
1 9 7 6
1 9 7 7
1 9 7 8
1 9 7 9
1 9 8 0
1 9 8 1
1 9 8 2
1981
1991
2001 2007
328
RICERCA*AZIONE
popolazione residente a Zeri per singole frazioni(Comune di Zeri 4-2-1988)
Valle Piagna Paretola Patigno Noce Montelama La Dolce Coloretta Codolo Chioso Chiesa Castoglio Castello Bosco Bergugliara Adelano
05
0
100
150
200
250
300
95 81
Adelano Bergugliara
dati reperiti dal Comune di Zeri, ufficio anagrafe
Ricostruzione storica
366
92
309
132 Codolo
82
89
52 Patigno
Castello
Noce
62 53
La Dolce
40
59
Coloretta Chioso
26 Castoglio Valle
Paretola
49
Montelama
Bosco di Rossano
329
330
RICERCA*AZIONE
Ricostruzione storica
RICOSTRUZIONE STORICA
RACCONTI DEGLI ABITANTI
331
332
RICERCA*AZIONE
Irina Quiligotti [emigrata]
La popolazione ha cominciato a diminuire dopo la guerra perché qui non c’era lavoro. Per migliorare, per non far più i contadini perché non c’era più la rendita. Subito dopo la guerra le attività che hanno aperto maggiormente sono stati alberghi. Infatti si è sviluppato molto turismo. Nel paese(Coloretta) c’erano tre alberghi, anche belli, due sono chiusi completamente e uno apre solo per tre mesi d’estate e prende qualche persona.
Seconda Reggi [emigrata tornata a Zeri]
Ricostruzione storica
333
Ivo Ferrari [ex sindaco comuni di Zeri]
Rita [ex insegnante scuole elementari e medie]
Sono venuta nel 1978 prima insegnavo nella valle dello spezzino. Ho fatto l’insegnante nella scuola di zeri. Le classi inizialmente erano popolate, adesso in tutta la scuola media ci sono 4 bambini, sono decimati. Adesso la scuola è a Patigno, ci sono elementari e medie con nove bambini in tutto. Secondo me le elementari esisteranno sempre mentre le medie rischieranno di scomparire. La popolazione ha continuato a diminuire per la mancanza di lavoro e poi perché è cambiato il modo di fare villeggiatura. Nessuno fa come ho fatto io che venivo un mese quando ero ragazza con i genitori. Stavo qui e poi ho conosciuto mio marito. Adesso nessun ragazzo dopo i 17 va con i genitori in vacanza. Le vacanze sono cambiate, nessuno sta più un mese negli alberghi in qualsiasi posto. È cambiato il modo di fare villeggiatura. Il turismo è diminuito e di conseguenza anche il lavoro.
Ricostruzione storica
1941
3 agosto 1944 Primo rallestramento.
1945
10 gennaio 1945 Secondo rallestramento. Bruciano le case, i campi, il bestiame.
1951
1 ciclo migratorio ‘51-’71
1961
cercare lavoro. Molti v anno a ll’estero (Inghilterra, America) altri nelle grandi città italiane come Milano, Torino e Genova. Durante questo ventennio il Comune di Zeri ha subito il più grosso periodo di spopolamento. Poche persone continuano a coltivare i campi.
1971
boom economico ‘65-’85 Dalla metà degli anni ‘60 la situazione nel Comune comincia a migliorare g razie a l turismo. I n questo p eriodo a prono molti a lberghi sia a C oloretta c he P atigno. Nel 1971 n asce l’associazione s portiva Zum Zeri c on l a realizzazione d i impianti per sciare. Questo g arantisce p er i l periodo
1981 1985
Villaggio A racci e il V illaggio del R astrello. L a popolazione conosce i n questo p eriodo u n modesto a rresto d ella diminuzione. 2 ciclo migratorio ‘85-...
1991
Dalla metà degli anni ‘80 la popolazione riprende a diminuire . Le motivazioni s ono multiple: il t urismo non h a saputo stagioni invernali non hanno conosciuto un periodo favorev-
2001
2011
possibilità di studiare sono andati via dal Comune in cerca di situazioni migliori. Nei paesi oggi la popolazione è costituita per la maggior parte da persone anziane. La maggior parte degli alberghi chiude e il turismo inizia a diminuire.
Ricostruzione storica
Milano
Torino
Genova
Zum-Zeri Villaggio Aracci
Rastrello
Zum-Zeri zeri
H H
335
336
Ricerca*Azione
2.3 RISORSE POTENZIALI Una risorsa è qualunque bene esistente in natura utilizzabile dall’uomo che può sfruttarne le potenzialità. E’ possibile fare una distinzione tra due macrotematiche: risorse locali e non locali. Nelle prime, che fanno riferimento alle potenzialità specifiche del luogo un’ulteriore distinzione è data tra risorse ambientali come terra, acqua, boschi, campi, e non ambientali, ovvero patrimonio costruito e altre categorie come il turismo. Tra le risorse locali di tipo ambientale si possono indicare quelle caratteristiche che riguardano le forme fisiche di un territorio, le possibilità date dallo sfruttamento di campi e di boschi e le disponibilità idriche. Queste categorie non nascono da studi a priori ma sono già state individuate e analizzate da importanti geografi come Eugenio Turri. Capire quali sono le risorse più importanti di un territorio è fondamentale per comprendere su quali caratteristiche puntare per la valorizzazione del luogo. Anche in questo caso bisogna tenere presente il carattere di specificità di un territorio; non è detto infatti che tutti presentino le medesime risorse e che tutte le risorse siano da sfruttare. Tra le risorse locali non ambientali possiamo considerare il patrimonio costruito, ovvero la disponibilità di case o cascine abbandonate o vuote, che possono costituire un bene molto importante da utilizzare per la valorizzazione del luogo. Anche il turismo può inserirsi all’interno di questo gruppo di risorse se è presente già in minima parte sul territorio e deve essere potenziato. In merito a quest’ultimo punto è necessario fare un’ indagine accurata per capire verso che tipo di turismo si indirizza il territorio, per esempio se è presente turismo di colonizzazione. Per risorse non locali si intendono quelle potenzialità che provengono dall’esterno. Esempi di questa categoria sono: l’immigrazione intesa sia come possibile risorsa ma anche come una delle possibili soluzioni al problema, gli eventi riguardanti i campi dell’arte, della musica, del teatro e del cibo ed infine l’inserimento di comunità potenziali come l’ecovillaggio, il cohousing e gruppi di artisti. Un’altra tematica che sta prendendo sempre più piede è quella che ruota attorno al termine “slow” accanto a food o tourism e rispecchia un modo di vivere tranquillo, tradizionale e dal cibo ricco di tradizioni. Oggi questo stile di vita è ricercato in particolare da turisti stranieri come inglesi, norvegesi che scelgono questo tipo di vacanze legate al vivere sano e alla cultura. La riconoscibilità delle risorse è alla base delle teorie dello sviluppo locale. La riconoscibilità e la valorizzazione delle risorse locali diventano fondamentali per poter intraprendere un progetto di gestione territoriale.
ALLEVAMENTO ACQUA
MONUMENTI
AGRICOLTURA
TERRA
COSTRUITO
COMMERCIO
NATURALI
CULTURALI
PRODUTTIVE
LOCALI
RISORSE NON LOCALI
EVENTI
COMUNITA’
ARTE
COHOUSING
MUSICA
ECOVILLAGGIO
TEATRO
ARTISTI
TURISMO
338
RICERCA*AZIONE
2.3.1 LA VALLE DI ZERI
Risorse potenziali
R I S O R S E P OT E N Z I A L I
RISORSE LOCALI
339
340
RICERCA*AZIONE
risorse naturali
terra
Risorsa: riserva disponibile in caso di bisogno costituita da mezzi o capacità materiali o spirituali.(Dizionario lingua italiana) Una risorsa è qualunque bene esistente in natura utilizzabile dall’uomo. Come ad esempio l’aria, il suolo, l’acqua e l’energia.
risorse ambientali
acqua
Esistono risorse ambientali e non. Entrambe fanno parte delle risorse locali, ovvero presenti sul territorio. A queste si aggiungono le risorse non locali . costruito
risorse non ambientali
turismo
prodotto tipico
prodotto tipico campi
coltivazioni
boschi prodotto tipico
produzione energia
cascine
casoni
zumzeri
estivo
stagionale
prodotto tipico
+
allevamenti
342
RICERCA*AZIONE
La risorsa terra
Bergugliara
Coloretta
Bosco Piaggi alberi: castagni
19 ettari
Patigno
Noce
Rossano
Bosco ai Faggi alberi: faggio
119 ettari
Risorse naturali
343
Occupazione del territorio 4300 ettari
2.467 ettari
7351 ettari
7351 ettari
344
RICERCA*AZIONE
La vegetazione
La vegetazione è stata classificata utilizzando il modello delle zone fitoclimatiche. Quelle presenti nella valle sono: Castanetum, Fagetum, Alpinetum.
1.Castanetum
E’ la zona fitoclimatica che si incontra fino ad un’altezza di 700-800 m. Le specie caratteristiche di quetsa zona sono il castagno, la roverelle, le farnie, le betulle, il tiglio, il frassino, l’acero montano, il salice, il sambuco nero e il nocciolo. I castagneti presenti nella valle di Zeri si trovano per lo più in vicinanza dei centri abitati e sono abbastanza compromessi e per lo più abbandonati.
Risorse naturali
2.Fagetum
E’ la zona fitoclimatica che si riscontra tra i 700 e i 1.200 m slm. La specie caratteristica di questa zona è il faggio cha da origine ai boschi puri. Le faggete non permettono lo sviluppo del sottobosco poichè la luce che riesce filtrare è molto bassa e le foglie si decompongono in tempi molto lunghi.
3.Alpinetum
E’ l’ultima zona fitoclimatica riscontrata. Si trova sopra i 1.500 m slm. ed è definita dalla prateria alpina. Questo tipo di vegetazione si riscontra principalmente nella zona più alta della valle.
345
346
RICERCA*AZIONE
Sfruttamento dei campi fino agli anni â&#x20AC;&#x2DC;70
grano patata di zeri verdura frutta
Risorse naturali
347
Il territorio sin dalle sue origini ha sempre avuto una vocazione agricola-rurale. La maggior parte dei campi veniva sfruttata sia per la coltivazione di colture intensive come grano e frumento sia per quella di prodotti di prima necessitĂ . Parte di questi campi erano lasciati al pascolo di ovini e bovini.
348
RICERCA*AZIONE
Sfruttamento dei campi oggi
campi verdi
Risorse potenziali
349
Oggi non viene praticato più alcun tipo di coltivazione. Rimangono pochi orti vicino alle case degli abitanti rimasti che garantiscono un fabbisogno personale. Il territorio è molto cambiato, si tratta per la maggioranza di grandi campi verdi che in parte vengono lasciti per il pascolo di alcuni animali come l’agnello zerasco, che è diventato presidio Slow Food.
352
RICERCA*AZIONE
La risorsa idrica
Bergugliara
Torrente Adelano
Coloretta
Patigno
Noce
Rossano
Torrente T
Torrente Gordana
Molino Donnini
Molino Marghin
escursioni in Kajak
Teglia
Risorse potenziali
353
Torrente Gordana lunghezza: 15 Km autoritĂ di bacino: Magra comuni bagnati: Pontremoli, Zeri lunghezza comune Zeri: 10 Km
Torrente Teglia Fiume Magra
lunghezza: 13 Km autoritĂ di bacino: Magra comuni bagnati: Mulazzo, Pontremoli, Zeri lunghezza comune Zeri: 4 Km
354
RICERCA*AZIONE
risorse culturali
Il territorio è costellato da una serie di casoni, cascine, mulini che ne costituiscono una parte fondamantale. Si tratta per lo piÚ di case abbandonate che si trovano passeggiando nei boschi e nei campi e rappresentano una parte della storia agricola e rurale di questa valle. Si tratta di un patrimonio diffuso dove il villaggio della Formentara rappresenta un esempio tipico e soprattutto di particolare pregio sia storico che architettonico.
Casa Maddalena Casa Rocchino
Casa Biagi
Calzavitello
Casa Tosi
Bergugli
Frandalini
Serralunga
Ferdana
Villaggio del Rastrello
Risorse potenziali
355
Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Valditermine Antara
Patigno
iara
Noce
Castello
Fichi Coloretta
La Dolce Monte FavĂ
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
Bosco
356
RICERCA*AZIONE
Trasformazioni del patrimonio costruito
Una caratteristica che emerge dalla lettura del patrimonio costruito è quella della trasformazione come processo di evoluzione dal precedente assetto territoriale a quello attuale. Il territorio della Valle è stato profondamente modificato e le modificazioni rappresentano segni tangibili delle trasformazioni avvenute. Dall’indagine sviluppata sui singoli paesi emerge come le trasformazioni siano avvenute in base allo sviluppo dell’economia e quindi come le modificazioni più importanti siano avvenute nei paesi centrali: Coloretta, Patigno, Noce. E’ stato possibile classificare il patrimonio costruito secondo tre categorie: la categoria di trasforamzione totale, la categoria di trasformazione parziale e infine la categoria della trasformazione futura. Nella prima classe sono stati inseriti i paesi di Patigno, Coloretta, Noce, Bergugliara, Valditermine. Questi insediamenti sono quelli che maggiormente hanno subito gli effetti del passaggio dall’organizzazione socio-economica tradizionale a quella contemporanea. La tipologia insediativa tradizionale è leggibile nella parte storica del borgo dove sono stati mantenuti i caratteri originari mentre l’espansione ha introdotto architetture estranee al contesto. Nella seconda classe si trovano i borghi che hanno mantenuto i caratteri principali ; la ristrutturazione è avvenuta partendo dalle forme tradizionali e rispettando la la morfologia del terreno. Infine nell’ultimo gruppo sono stati inseriti gli insediamenti minori presenti nelle aree più decentrate della Valle. Si tratta per lo più di piccoli insediamenti temporanei utilizzati per lo svolgimento delle attività agricole e pastorali.
Casa Maddalena Casa Rocchino
Casa Biagi
Calzavitello
Casa Tosi
Bergugli
Frandalini
Serralunga
Ferdana
Villaggio del Rastrello
trasformazione totale trasformazione parziale trasformazione futur
Risorse potenziali
357
Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Valditermine Antara
Patigno
iara
Noce
Castello
Fichi Coloretta
La Dolce Monte FavĂ
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
Bosco
358
RICERCA*AZIONE
Patrimonio costruito
La casa rurale rappresenta il legame vivente tra la terra e l’uomo che la coltiva. Dalla terra si ricavano i materiali da costruzione; in relazione al percorso del sole si ordinano i vani e tutto quanto copre e circondala superficie della terra diventa fattore determinante che influenza la forma della casa. Oggi il paesaggio costruito della Valle di Zeri si presenta alterato rispetto alle caratteristiche tradizionali; a scala territoriale e urbanistica gli insediamenti sono ancora leggibili e mantengono una connessione con il paesaggio circostante. A partire dagli anni ‘60 del novecento con il confluire del boom economico che stava investendo l’Italia, si è cominciato a costruire lontano dalle logiche tradizionali. Passeggiando nelle vie delle parti più recenti di questi paesi si riscontra un’edilizia di bassa qualità. Le ristrutturazioni e le nuove edificazioni sono avvenute senza continuità con le forme tradizionali. Questo atteggiamento ha distrutto buona parte del patrimonio storico e culturale della Valle. Nei due centri maggiori, Patigno e Coloretta, sono presenti numerose costruzioni anonime rispetto al contesto mentre i borghi che risultavano già maggiormente svantaggiati dalla posizione hanno mantenuto maggiormente le loro caratteristiche.
Risorse potenziali
Borghi che hanno mantenuto la conformazione tradizionale. Castoglio
Borghi che hannomodificato il loro impianto originario. Patigno
nucleo storico
359
360
RICERCA*AZIONE
Modalità costruttive
La formentara: villaggio d’Alpeggio Osservando la carta del patrimonio costruito della Valle si può notare come un gran numero di edifici sparsi o raggruppati si distribuisce nell’area tra gli ottocento e i mille metri, al di sopra dei paesi attualmente abitati. Una miriade di puntini neri che nella realtà si trovano a malapena, spesso diroccati o sepolti tra la vegetazione sviluppatasi a invadere le costruzioni. Il villaggio della Formentara rappresenta uno di questi esempi che ci permette di ricostruire la storia del popolamento del nostro Appennino. La Formentara, una ventina di edifici sorti a ridosso di un crinale, a milleduecento metri sul livello del mare, è giunta fino a noi per essere stata abitata fino al secondo dopoguerra. Oggi il villaggio, estraneo all’assetto che la zona è venuta assumendo è nascosto al visitatore e disabitato. Dal punto di vista costruttivo gli edifici si caratterizzano per essere costruiti in pietra arenaria , ricavata da una vicina cava: spessi muri a secco e tetti realizzati con piagne. Sono edifici strutturati su due piani: al piano terra lo spazio per gli animali e al piano superiore le abitazioni. Nel Villaggio anche una cappella e un oratorio. La cappella e la piccola piazza che si apre sul davanti, ci riportano ai momenti di vita collettiva del villaggio che si esprimeva in varie circostanze .
Caterina Rapetti, La Formentara: storia e documenti di un villaggio d’alpeggio. Fig: pianta piani terra
Risorse potenziali
361
362
RICERCA*AZIONE
risorse produttive
Agricoltura L’agricoltura come attività è poco presente sul territorio in quanto pochissime persone praticano ancora questo lavoro. E’ un’attività che viene dalla tradizione del luogo in quanto il territorio presente principalmente caratteri rurali. La popolazione era infatti dedita al lavoro della terra e si nutriva di quello che gli offriva. La vita seguiva il ritmo delle stagioni e dei prodotti che venivano coltivati.
Allevamento L’allevamento insieme all’agricoltura costituiva la principale occupazione della popolazione. Oggi questa attività è presente in modo maggiore rispetto alle coltivazioni, anche se i numeri sono comunque basi. In particolare gli allevamenti principali riguardano l’agnello di Zeri che è divenuto insieme alla patata uno dei prodotti di presidio slow food.
Turismo Una risorsa da potenziare è quella turistica. Purtroppo il territorio non presenta strutture ricettive, come alberghi e ristoranti, in grado di accogliere i turisti. Da qualche anno si assiste alla presenza soprattutto durante la stagione estiva di inglesi e francesi che tramite parenti emigrati sono venuti a conoscenza del comune. L’attività turistica è ancora molto stagionale, in particolar modo estiva, anche se ci sono alcuni momenti come quello autunnale legato alla raccolta dei funghi che attirano un pò di persone durante i weekend.
Risorse potenziali
dicembre
novembre
ottobre
settembre
agosto
luglio
giugno
maggio
aprile
marzo
febbraio
gennaio
Richiesta turistica
vacanze estive sagre
impianti sciistici
raccolta funghi castagne e noci
zeri persone emigrate turisti
363
364
Ricerca*Azione
2.4 CONCLUSIONI GENERALI Dalla lettura del territorio sotto vari punti di vista, oggettivi e soggettivi, si traggono delle prime conclusioni relative ad ambiti diversi tra loro: ambito sociodemografico, ambito economico-produttivo e ambito territoriale. Il lavoro di analisi, di raccolta dati e succesiva ricostruzione è la base su cui poter costruire delle prime riflessioni riguardo al nostro campo d’indagine. Come afferma Turri: ” si tratta, in altre parole di prendere coscienza dei problemi e delle condizioni locali” (1), in modo che ogni nuovo intervento si inserisca in modo armonico nel contesto preesistente. Conoscere i valori culturali di un territorio diventa una forma di difesa delle identità locali. Lo studio, partito da una dimensione geografica, si è esteso a quella di ricostruzione storica. L’indagine finale relativa al campo delle risorse è fondamentale per capire su quali caratteristiche poter agire per migliorare le potenzialità del luogo. L’idea è quella di poter offrire attraverso questo esempio una possibile metodologia da seguire per lo studio di altre realtà. Da questo primo corpo di materiali è importante estrarre delle riflessioni e delle prime conclusioni rispetto all’idea che ci siamo fatti del territorio analizzato. Riflessioni che riguardano gli aspetti demografici: caratteristiche della popolazione, età media, presenza di giovani e di anziani. Per quanto riguarda le caratteristiche economico-produttive bisogna capire le attività attuali, le fonti di reddito e la presenza o meno di turismo. Infine tra le caratteristiche territoriali occorre individuare: la vocazione del territorio, la presenza di borghi di interesse storico-artistico, la presenza di paesaggi di notevole pregio e le risorse ambientali su cui poter puntare. Il lavoro successivo di individuazione di una possibile strategia nasce e si sviluppa proprio a partire da queste prime conclusioni. E’ importante conoscere sotto vari aspetti il territorio di cui ci stiamo occupando per comprendere se è possibile intervenire e attraverso quali strumenti e metodi. (1) Eugenio Turri, Conoscenza del territorio, op.cit., 7.
CONCLUSIONI
ASPETTI SOCIODEMOGRAFICI
ASPETTI ECONOMICO/PRODUTTIVI
ASPETTI TERRITORIALI
ETA’ MEDIA
ATTIVITA’ PRESENTI
CARATTERI TERRITORIO
INDICE DI VECCHIAIA
REDDITO
PATRIMONIO NATURALE PATRIMONIO CULTURALE
366
RICERCA*AZIONE
2.4.1 LA VALLE DI ZERI
Conclusioni generali
CONCLUSIONI GENERALI
VARI ASPETTI
367
368
RICERCA*AZIONE
La risorsa turismo Conclusioni
Dall’attento e minuto lavoro di lettura e analisi della valle di Zeri è stato possibile tracciare delle prime conclusioni riguardo alle caratteristiche di questo territorio. I vari aspetti sono stati raggruppati secondo tre macrocategorie: aspetti sociali, aspetti economici e territoriali. Il dato che emerge con forza riguarda la drastica diminuzione della popolazione a partire dal secondo dopoguerra, prevalentemente per motivi di carattere economico come la mancanza di lavoro. L’altro fattore che emerge in modo evidente è quello della presenza di abitanti prevalentemente anziani che non sono più in grado di lavorare. Ci sono pochissimi bambini, quattro per tutte le classi delle scuole medie. Proprio per questo motivo anche le scuole rischiano di chiudere definitivamente perdendo la possibilità di usufruire del servizio. Il tasso di mortalità è alto rispetto alle nascite. Per quanto riguarda l’aspetto sociodemografico siamo di fronte quindi ad una situazione ferma, bloccata che non presenta alcun segnale di miglioramento. Dal punto di vista economico ci troviamo difronte ad una realtà che viene definita dal testo sul disagio insediativo come“ vecchio mondo antico”. Vale a dire ad una realtà le cui caratteristiche sono: la presenza di una popolazione anziana e una densità demografica negativa, la struttura commerciale è polverizzata, sono pochi gli addetti al commercio e quelli alla grande distribuzione.Anche il turismo non costituisce un elemento di forza per queste aree, anche se il dato relativo alle case per vacanza evidenzia una vocazione poco sfruttata e promossa. Osservando il grafico sulla popolazione occupata e non nel comune è evidente come solo il 18% abbia un posto di lavoro perchè la restante parte della popolazione è in pensione. L’economia si basa principalmente su alcuni allevamenti di bestiame, occupazioni amministrative e alcune commerciali. I campi sono scarsamente coltivati, alcuni sono abbandonati o utilizzati per il pascolo. Il turismo, presente in modo modesto, costituisce una fonte di reddito per il comune ma anche questo non è abbastanza sviluppato perchè mancano strutture ricettive, sia alberghi che ristoranti. Infine per quel che concerne gli aspetti territoriali possiamo dire che il comune ha sostanzialmente una vocazione agricolo-rurale con la possibilità di coltivare prodotti di alta qualità. Sono presenti alcuni borghi con caratteristiche di pregio dal punto di vista architettonico e delle modalità costruttive, simbolo di un passato dedito alla vita rurale e nei campi. Un’altra importante caratteristica riguarda il tipo di funzionamento di Zeri, ovvero di un sistema di borghi che lavorano a rete e in cui i servizi sono delocalizzati. Il paesaggio ricco di varietà dal punto di vista delle speci sia animali che vegetali, offre splendidi panorami e possibilità di escursioni.
Conclusioni generali
369
ASPETTI SOCIALI POPOLAZIONE IN FORTE CALO variazione di popolazione
1951
3.367
2001
1.273
3750 3500 3250 3000 2750 2500 2250 2000 1750 1500 1250 1000 750 500 250 0 1861
1871
1881
1901
1911
1921
1936
1951
1961
1971
1981
1991
2001 2007
POPOLAZIONE RESIDENTE ANZIANA
32
22
29
36
65
88
61
70
49
103
<5 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-49 50-54
97
55-59
116
60-64
fascia di età maggiore
127
65-69
149
70-74
127
75-79
60
78
80-84
>85
370
RICERCA*AZIONE
ASPETTI ECONOMICI OCCUPAZIONI SCARSE Popolazione occupata a Zeri
popolazione occupata popolazione non occupata
Occupati per attivitĂ economica a Zeri (istat 2001) addetti industria (agricole e boschive addetti servizi addetti amministrazione
)
addetti altro
principali attivitĂ
bovino allevamento
agnello di zeri-presidio slow food cavallo bardigiano
amministrazione
banca posta
commercio
comune
Conclusioni generali
ASPETTI TERRITORIALI VOCAZIONE AGRICOLO-RURALE
prodotti della terra
frutta ortaggi cereali olivo vite funghi castagne
TERRITORIO CHE LAVORA A RETE servizi delocalizzati
patigno-municipio
coloretta-banca e posta
PAESAGGIO + ESCURSIONI
371
3 STRATEGIE DI RIATTIVAZIONE
374
RICERCA*AZIONE
3 STRATEGIE DI RIATTIVAZIONE La fase di individuazione di una possibile strategia è rivolta alla rielaborazione delle informazioni raccolte nella fase precedente di lettura del contesto. I dati individuati costituiscono infatti la base per la costruzione di un sistema che indica attraverso quali strumenti è possibile operare per un progetto di riattivazione. Le conclusioni tratte dalla lettura precedente segnalano quelli che sono elementi di forza e problematiche del territorio in esame. Da un lato, individuate le risorse, bisogna capire su cosa è meglio puntare per lo sviluppo dell’area, dall’altro, individuati i problemi, bisogna trovare delle possibili soluzioni. Per capire cosa si intende per “strategia di riattivazione” occorre riflettere su entrambi i termini. Va fatta prima una premessa riguardo alla possibile fattibilità del progetto. Non è detto infatti che per tutte le realtà individuate la strada da percorrere sia quella di “Re-Action”, si può valutare in certi casi che la soluzione migliore sia quella di mantenere il borgo abbandonato con le sue rovine. Strategia deriva dal greco ed è una parola composta da stratos esercito ed ago condurre. “Essa presuppone l’adozione di una serie di azioni o misure finalizzate ad ottenere un successo, nel caso specifico la vittoria sul nemico. Possiamo dunque definire la pianificazione strategica come processo di decisioni finalizzato al compimento di alcune azioni per il raggiungimento di uno scopo” (1). Quindi il concetto di strategia fa riferimento all’individuazione di possibili alternative che consentono il raggiungimento di uno o più obiettivi. Occorre inoltre definire altri due termini che all’interno di operazioni di questo tipo presentano un ruolo di grande importanza: la comunità e la partecipazione. Per quelle aree dove sono presenti ancora degli abitanti è necessario discutere e valutare le proposte da attuare. Giancarlo De Carlo parlando di progettazione partecipata afferma: “Ma quando si raggiungono fiducia e confidenza, allora il processo diventa vigoroso, spinge all’invenzione, innesca uno scambio di idee che viene continuamente alimentato dall’interazione dei modi diversi di percepire le questioni portate nel dibattito dai vari interlocutori. A questo punto l’ambiente si scalda e accade la partecipazione, che è un evento non solo intellettuale o mentale, ma anche fisico, alimentato da calore umano”(2). L’individuazione di un modello strategico si avvia con la definizione di una mission. “Nella letteratura sul tema la mission o missione è definita come lo scopo principale, il fine ultimo, individuato nella maniera più ampia ed inclusiva possibile”(3). Nel nostro caso la mission è proprio la riattivazione del luogo ed ha i seguenti obiettivi: aumento della popolazione, miglioramento dell’economia ed un aumento della socialità. Dalle conclusioni tratte dalla lettura del contesto di tipo socio demografico, economico e territoriale è possibile definire la strategia più consona e attraverso quali strumenti sia possibile attuarla. Volendo indicare per punti le fasi del processo: 1 definizione della mission; 2 lettura del contesto e messa in evidenza di risorse e problematiche; 3 individuazione del tipo di strategia e obiettivi; 4 azioni strumentali per il conseguimento degli obiettivi.(Fig.1)
Strategie di riattivazione
375
1 DEFINIZIONE MISSION
4 AZIONI STRUMENATALI
2 LETTURA CONTESTO
3 INDIVIDUAZIONE STRATEGIA E OBIETTIVI
Fig.1: Processo individuazione strategia Il secondo punto fa riferimento a due diverse modalità di analisi del contesto territoriale che sono “l’analisi dei problemi” e “l’analisi SWOT”. La prima mira alla costruzione di un albero dei problemi, ovvero di un quadro articolato e ragionato dei problemi esistenti(Fig.2). La seconda analizza debolezze e minacce, punti di forza e opportunità del territorio(Fig.3). Una volta condotta l’analisi Swot del contesto, è possibile articolare le strategie di piano, individuando le azioni da compiere per sfruttare le opportunità, valorizzare i punti di forza e rimuovere ostacoli e minacce. COMPLESSIVO DEGRADO FISICO, SOCIALE ED ECONOMICO DEL CENTRO STORICO. LA POPOLAZIONE ABBANDONA IL CENTRO STORICO
DISAGIO E MARGINALITA’ SOCIALE
ASSENZA DI SVILUPPO ED ATTIVITA’ ECONOMICHE
MARCATO DISAGIO ABITATIVO CATTIVE CONDIZIONI ABITATIVE, AMBIENTALI
VIABILITA’ E PARCHEGGI
ASSENZA AREE VERDE SPORT
ELEVATI LIVELLI DI VULNERABILITA’ SISMICA PATRIMONIO EDILIZIO IN PESSIME CONDIZIONI
ELEVATA VULNERABILITA’ DEI FABBRICATI
ASSENZA DI CAPACITA’ IMPRENDITORIALI BASSO LIVELLO FORMAZIONE PROF.
CARENZA INFORM. MERCATO DEL LAVORO
MANCATO SVILUPPO TURISTICO PATRIMONIO STORICO SOTTO UTILIZZATO
Fig.2: Un esempio albero dei problemi Tratto da “Comunità, urbanistica, partecipazione” di Giuseppe Fera
PERDITA TRADIZIONI ARTIGIANALI
DISAGIO SOCIALE FASCE DEBOLI CARENZA ATTIVITA’ CULTURALI
CARENZA SERVIZI SOCIALI
376
RICERCA*AZIONE
Individuata la strategia bisogna definire attraverso quali strumenti operare. Una prima casistica è fornita dallo studio di casi già esistenti. È possibile valutare come questi strumenti agiscono, i loro benefici o le loro problematiche. Citandone alcuni: albergo diffuso, telelavoro, comunità di artisti, eco villaggio, eventi temporanei, attività artigianali. Accanto agli strumenti esistenti è possibile individuarne di nuovi. L’altro elemento da analizzare riguarda la gestione del progetto, ovvero capire quali attori partecipano ed il ruolo che hanno all’interno del sistema. Dalla lettura dei casi studio si possono valutare modi di gestione, attori e politiche adottate. Solo da uno studio molto attento delle pratiche esistenti è possibile individuare la soluzione migliore per l’oggetto del nostro intervento. che avrà una sua strategia specifica in base alle sue potenzialità da sfruttare.
(1) Giuseppe Fera, Comunità,urbanistica, partecipazione, op.cit., 50 (2) Gincarlo De Carlo, La progettazione partecipata, in “Avventure Urbane” di Marianella Sclavi, op.cit., 244 (3) Giuseppe Fera, Comunità,urbanistica, partecipazione, op.cit., 74
Strategie di riattivazione
fattori interni PUNTI DI FORZA: risorse o positività che possono favorire il processo di sviluppo di una comunità.
PUNTI DI DEBOLEZZA: negatività o limitazioni che possono ostacolare il processo di sviluppo della comunità.
fattori esterni OPPORTUNITA’: una situazione favorevole prodottasi nell’ambiente esterno alla comunità che può favorire lo sviluppo della comunità.
Fig.3: Schema analisi Swot
MINACCE: una situazione sfavorevole esterna alla comunità che può limitare lo sviluppo della comunità.
377
378
RICERCA*AZIONE
3.1RACCOLTA PRATICHE Definita una possibile strategia di riattivazione è necessario individuare attraverso quali strumenti renderla operativa. L’indagine sulle pratiche fa riferimento sia agli strumenti che agli attori in gioco. Dalla lettura di casi studio, ovvero di interventi che sono già stati attuati e sono presenti in Italia, è possibile raccogliere un primo gruppo di strumenti. Ogni caso studio verrà di seguito analizzato sotto due punti di vista: 1 lo strumento/gli strumenti utilizzati; 2 gli attori in gioco e la gestione. Questo lavoro sarà utile nel momento in cui sceglieremo attraverso quali strumenti operare sul nostro territorio. I casi studio forniscono solo alcuni tipi di strumenti; il nostro compito è infatti quello di individuarne di nuovi. Inoltre non bisogna dimenticare l’importanza che investe la specificità di ogni singolo luogo, non a caso una parte cospicua del lavoro si basa sulla lettura del contesto. Risulta evidente come ogni strategia cambi caso per caso perchè ogni volta punterà l’attenzione su aspetti diversi. E’ possibile fare un elenco dei maggiori strumenti già in uso dividendoli per gruppi tematici. Il primo gruppo è quello che fa riferimento ad uno sviluppo turistico dell’area e comprende interventi come quello dell’albergo diffuso e dell’installazione di eventi temporanei che spaziano fra campi diversi come musica, teatro, danza, incontri specifici di architettura. Il secondo gruppo punta sull’insediamento di comunità come l’ecovillaggio e le comunità di artisti. Il terzo riguarda lo sviluppo come polo tecnologico-didattico; in Italia abbiamo solo il caso di Colletta di Castelbianco dell’Arch. De Carlo. In Europa casi di questo tipo sono più sviluppati. Altri strumenti su cui è possibile puntare sono le attività produttive come l’artigianato e l’agricoltura di prossimità. Perchè questi strumenti trovino un loro campo di applicazione bisogna individuare gli attori, pubblici e privati, che partecipano all’interno di questa organizzazione e capire a quale ruolo corrispondono.Tra gli enti pubblici grande importanza rivestono comunità montane, province, e regioni. Anche dal punto di vista gestionale esistono modelli diversi di attuazione dei piani: società private, società miste o pubbliche.
PRATICHE ATTORI PUBBLICI
AZIONI PRIVATI
TELELAVORO
ENTI PUBBLICI
COMUNITA’ POTENZIALI
ASSOCIAZIONI
ALBERGO DIFFUSO EVENTI TEMPORANEI POLI DIDATTICI ATTIVITA’ PRODUTTIVE AGRICOLTURA DI PROSSIMITA’
ECOMUSEO
STRUMENTI DI ATTUAZIONE SOCIETA’ PUBBLICHE SOCIETA’ PRIVATE SOCIETA’ MISTE
La risorsa 380 turismo RICERCA*AZIONE Pratiche di valorizzazione turistica 1 SANTO STEFANO DI SESSANIO (AQ), SASSI DI MATERA AZIONE
Albergo diffuso. Il borgo di Santo Stefano di Sessanio, alle pendici del Gran Sasso, è stato trasformato in un “villaggio-albergo” dall’Arch. Lelio Oriano Di Zio per conto dell’imprendotore italo-svedese Daniele Kihlgren. Visto il successo dell’operazione è riuscito ad ottenere dal Comune di Matera 20 concessioni trentennali per altrettanti Sassi e ha inaugurato sul costone della Civita il secondo “albergo diffuso” . L’idea dell’albergo diffuso origina in Carnia a seguito del terremoto del 1976. Questa pratica consiste nel riuso di case e borghi disabitati a fini turistico-ricettivi. L’albergo diffuso può essere definito come un albergo orizzontale, situato in un centro storico, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro. E’ definito orizzontale perché è composto da una struttura centrale, la reception, che funge da centro accoglienza clienti e punto d’incontro, e da una serie di unità abitative, le camere, dislocate in edifici diversi nel centro del paese, ma non troppo distanti dalla reception. L’idea è quella di mantenere il più possibile le caratteristiche e le usanze del luogo: dal punto di vista dei locali spesso si sceglie l’arredamento originario. L’offerta dell’albergo diffuso presenta numerosi vantaggi: - rispetta l’ambiente culturale: recupero del patrimonio artistico e culturale dei centri minori; - può avere la funzione di “animatore” culturale ed economico dei centri storici; - autenticità.
GESTIONE:
Daniele Elow Kihlgren, un giovane imprenditore svedese, ha acquistato la maggior parte degli edifici abbandonati del borgo di Santo Stefano di Sessanio per realizzare il progetto dell’ albergo diffuso. In questo caso siamo di fronte ad un privato che grazie ad una disponibilità elevata di denaro acquista parte delle case del borgo. Ha cominciato a cercare uno per uno i vecchi proprietari delle case diroccate abbandonate, poi ha fatto loro un’offerta e quasi tutti hanno accettato, dopo di che ha cominciato a restaurare il borgo: se nel 2001 il 75% delle abitazioni del borgo erano abbandonate, alla fine del 2008 c’erano già 120 abitanti, circa 30 attività commerciali e 7.300 presenze annue in 5 strutture ricettive. Nel 1999 è stata costituita la società dall’unico socio Daniele Kihlgren. La pianificazione delle attività e delle risorse, effettuata nel corso del 2005-2006 nell’ambito di nuovi investimenti intrapresi, ha evidenziato la necessità di rafforzare la governance, di creare una struttura aziendale in grado di gestire organicamente le varie iniziative. I quattro attuali soci della Sextantio srl hanno sottoscritto un patto in forza del quale verranno destinate alla costituenda Fondazione Sextantio una percentuale degli utili lordi di bilancio ed una parte delle eventuali plusvalenze da alienazione (anche parziale) della partecipazione nella stessa Sextantio Srl.
Strategie di riattivazione
381
SEXTANTIOALBERGO DIFFUSO
mq 4.000 € 4.500.000,00
Imprenditore privato
SUPERFICI DI INTERVENTO INVESTIMENTO TOTALE (90% privato - 10% pubblico)
Proprietari case
CAMERE
N° 42
SPAZI CONVIVIALI
N°
8
SALA RISTORANTE
N°
1
SALA CONVEGNI/CONCERTI
N°
1
BOTTEGHE
N°
6
CENTRO RELAX
N°
1
ATTORI
Sextantio Srl Comune
La risorsa 382 turismo RICERCA*AZIONE 2 CASTELFALFI (FI) AZIONE
Toscana Resort La multinazionale tedesca TUI intende realizzare un importante intervento di edilizia turistico-ricettiva accompagnato da un piano di recupero agricolo-ambientale nell’area del comune di Montaione denominata Castelfalfi. L’intervento è fondato su tre linee strategiche fondamentali: - il recupero conservativo del borgo storico e dei casalipresenti nella tenuta; - la realizzazione di nuove infrastrutture turistico ricettive; - lo sviluppo dell’attività agricola preesistente ai finidella conservazione del territorio e del paesaggio e della fornitura di prodotti agricoli locali agli ospiti della tenuta. Per quanto riguarda il recupero e la conservazione, il progetto prevede il restauro e la suddivisione in appartamenti, botteghe, bar e ristoranti degli edifi ci all’interno del borgo di proprietà di Tenuta di Castelfalfi spa nonché il restauro dei casali della Tenuta ritenuti recuperabili. La realizzazione di nuove infrastrutture turistiche prevede invece: la costruzione di un villaggio vacanze da 430 posti letto (Robinson Club) che richiama specularmente la morfologia del borgo, la realizzazione di un albergo da 240 posti letto (Iberotel) e contestualmente lo sviluppo della parte a nord del borgo con la costruzione di un “nuovo centro” polifunzionale, la realizzazione di quattro ulteriori borghi (“villaggi”) a partire da micro-insediamenti esistenti e il raddoppio dell’attuale campo da golf.
GESTIONE:
Nel 1982 l’imprenditore milanese Virginio Battanta rilevò dal tribunale di Firenze le società che detenevano tutto il borgo medievale ed i 1320 ettari di terreno agricolo che costituivano la Tenuta di Castelfalfi, incluse le 36 case coloniche e il campo da golf (di cui lo stesso Battanta era presidente) progettato dall’architetto Mancinelli. Tutti i beni ed i terreni erano infatti detenuti da diverse società che avevano sottoscritto un concordato fallimentare con il tribunale di Firenze. Successivamente, Battanta vendette tutto alla multinazionale tedesca TUI AG la quale, dopo diversi anni di completo abbandono dell’intero complesso urbanistico, ha recentemente avviato il progetto Toscana Resort che si prefigge di eseguire opere di restauro degli edifici abbandonati e costruzione di nuove strutture turistiche capaci di ospitare fino a 4000 persone. Questo progetto di recupero territoriale imporrebbe anche la costruzione di edifici nuovi che deturperebbero l’ambiente circostante. Per questo motivo Legambiente si sta opponendo all’attuale conduzione del progetto ed ha lanciato un appello di sensibilizzazione agli inevitabili danni ambientali che il paesaggio subirebbe. L´amministrazione di Montaione ha quindi deciso, prima di approvare qualunque tipo di realizzazione urbanistica, paesaggistica ed edile, di avviare un’ampia consultazione per consentire a tutti i cittadini interessati di esprimere la propria opinione su questo intervento tramite un dibattito pubblico.
Strategie di riattivazione
383
IL PROGETTO DI CASTELFALFI
ATTORI
SUPERFICI DI INTERVENTO INVESTIMENTO TOTALE
mq 8.436 € 295.000.000
Multinazionale TUI AG Comune Abitanti
POSTI LETTO
N° 670
SPAZI CONVIVIALI
N°
8
RISTORANTI, BAR CENTRO POLIFUNZIONALE
N°
1
N°
1
BOTTEGHE CENTRO RELAX
La risorsa 384 turismo RICERCA*AZIONE 3 ORROLI (NU)
AZIONE
Villaggio-Albergo, Museo etnografico In questo caso di recupero del borgo accanto alla realizzazione dell’albergo diffuso”Omu axiu” sono stati creati due musei: quello etnografico e quello del ricamo. Sono stati conservati i locali adibiti a deposito degli atrezzi agricoli, le stanze con i forni per il pane, la cantina e la dispensa nella quale vengono ancora conservati salumi e formaggi. Anche le camere sono caratterizzate da arredamenti e tessuti tipici sardi.
GESTIONE:
il progetto nasce grazie alla geniale intuizione di una società di giovani, nata ad Orroli con i benefici della legge 28. Il suo presidente Agostino Vargiu ha riportato la casa di sua proprietà, posta in pieno centro, al suo antico splendore. Questa è una delle abitazioni tradizionali più antiche del paese che è stata trasformata in museo etnografico. La parte più interessante ed innovativa del progetto riguarda l’animazione dell’abitazione rurale in quanto tutti all’interno potranno osservare la lavorazione del pane o quella delle olive. Vi è poi l’area ospitale sviluppata attorno a 9 camere matrimoniali e 2 junior suite. Bisogna inoltre ricordare che la regione Sardegna si è dotata già nel 1998 di una legge(1) che prevede l’aggiornamento di un repertorio dei centri storici in cui vengono evidenziati i complessi edilizi ritenuti di valore storico, culturale ed ambientale cui destinare finanziamenti a titolo di incentivo.
(1)Regione Sardegna, Legge Regionale 13/10/1998 n.29, “Tutela e valorizzazione dei centri storici della Sardegna”.
Strategie di riattivazione
385
IL PROGETTO OMU-AXIU
ATTORI
GESTIONE FAMIGLIARE
Privato(proprietario)
CAMERE
N째 11
Comune
SPAZI CONVIVIALI
N째
1
SALA RISTORANTE
N째
1
Abitanti
La risorsa 386 turismo RICERCA*AZIONE 4 MILLION DONKEY HOTEL, PRATA SANNITA (CE)
AZIONE
Albergo Un originale albergo progettato con la partecipazione della popolazione locale per rivitalizzare un borgo medievale semiabbandonato nel massiccio del Matese. L’idea di progetto per Prata Sannita è stata quella di vedere il paese come un grande albergo con ancora delle stanze da affittare: gli spazi abbandonati si trasformano in stanze importanti non come luoghi della memoria, ma per il loro potenziale d’uso futuro. Queste stanze diventano una parte di un organismo più grande in cui l’intera Prata Sannita diviene un unico campo d’azione progettuale. Il primo intervento riguarda la creazione di tre ambienti, tre camere d’albergo, per turisti stagionali. Ogni spazio è abbinato ad un tema specifico e ad un’atmosfera ogni volta diversa, ispirata alla storia e all’emigrazione. (FELD72)
GESTIONE:
il Million Donkey Hotel è stato progettato per “il villaggio dell’arte”, un evento annuale organizzato da paesaggio workgroup, che opera nel Parco regionale del Matese vicino a Caserta. Nell’agosto del 2005, un gruppo di architetti ed artisti internazionali è stato invitato ad affrontare, attraverso la realizzazione di progetti che coinvolgessero in modo attivo la popolazione locale, le questioni dell’identità, del territorio, del paesaggio sociale. Con la partecipazione della popolazione è stato organizzato un workshop che ha portato alla realizzazione di queste stanze particolari. Il budget a disposizione era contenuto(10.000 euro) e anche gli strumenti limitati.
Strategie di riattivazione
MILION DONKEY HOTEL za az pi
a ies h chhurc c
1 2 3
4
Million Donkey Hotel PRata Sannita inferiore borgo medioevale
il letto volante the flying bed
lo spazio d‘argento silverspace
wellness
il bagno bathroom
museo museum rovina industriale industrial ruin
castello castle
alimentari shop
f rivium er e l let ete e
il buco nero the black hole
piazza
welcome TO the
Prata Superiore Lobby / Lounge
o
tell
cas
387
chiesa church
fontana fountain
piazza
the million donkey hotel
rooms /stanze
mulino vecchio old mill
Million Donkey hotel
pizzeria / piscina swimming pool
Prata Sannita Inferiore (Borgo Medioevale) I - 81010 Prata Sannita (CE) Provincia di Caserta, ITALIA
Pratella fontana fountain la trota
info & prenotazione / booking:
info@milliondonkeyhotel.net +39 339 1858454
te e le fium lete r rive
chiedi di / ask for: Anna Maria Lauro, Giovanni Riccio o/or Giuseppe Riccio
ATTORI Azione matese FELD72(architetti) Abitanti
GESTIONE DEGLI ABITANTI BUDGET
€ 10.000
VOLONTARI LOCALI
N° 60
ORE DI LAVORO
N° 4.300
CAMERE
N°
3
BAGNO
N°
1
BAR
N°
4
BOTTEGHE
N°
7
La risorsa 388 turismo RICERCA*AZIONE
Pratiche di ripopolazione con inserimento di nuove comunità 1 ECOVILLAGGIO TORRI SUPERIORE (IM) AZIONE
Creare una comunità solidale Torri Superiore e l’ecovillaggio sono una cosa sola: l’ecovillaggio comprende tutti i membri residenti e non residenti, e anche gli ospiti della struttura ricettiva sono invitati a seguirne i principi. Sin dall’inizio l’idea di restaurare il villaggio si è fondata su principi ecologici. La comunità residente a Torri Superiore è iniziata con un primo piccolo gruppo nel 1993, ed ora conta circa 20 membri permanenti, tra cui 5 bambini. Per le operazioni di restauro sono stati utilizzati materiali naturali locali, l’acqua calda viene prodotta con pannelli solari e l’energia elettrica viene fornita da una ditta privata, prodotta interamente da fonti rinnovabili. Anche l’alimentazione segue principi biologici, coltivano frutta e verdura e hanno qualche animale da allevamento.
GESTIONE:
Torri Superiore, la frazione più alta del comune di Torri, è un piccolo borgo, rimasto a lungo in stato di totale abbandono viene fatto oggetto, sul finire degli anni ’80, di un’iniziativa di recupero. Una donna originaria di Torri ne acquista, assieme al compagno, una buona porzione. Si innesta così un processo che indurrà anche altre persone a coinvolgersi, in vari modi, nel progetto. Viene fondata un’associazione (Associazione Culturale Torri Superiore), con l’esplicito obiettivo di ripristinare, a scopo esplicitamente abitativo, i vecchi alloggi. Anno dopo anno le case di Torri Superiore vengono quasi tutte acquistate e divise tra i singoli soci e l’associazione. Al momento vivono stabilmente nel borgo -in parte ristrutturato un adolescente e 4 bambini, cui si affiancano altri 15-20 soci che lo abitano più o meno saltuariamente. L’ecovillaggio, offrendo corsi residenziali ed ospitalità in una foresteria, dà qualche opportunità di lavoro ai propri membri, la maggior parte dei quali, tuttavia, mantiene impieghi esterni. Nello specifico, l’attività recettiva viene gestita da una cooperativa in cui lavorano sei soci, cinque dei quali risiedono in pianta stabile nell’ecovillaggio. Può essere interessante segnalare, inoltre, che fino al 2004 il Regional Office europeo del GEN (che cambia sede ogni tre anni) era a Torri Superiore e dava lavoro a tempo pieno a tre residenti. L’economia interna è di tipo misto; ciascuno è padrone del proprio reddito, fatta salva una quota che viene versata in una “cassa-alimenti” per finanziare i pasti comuni, le utenze di riscaldamento ed elettricità e l’ammortamento di vari acquisti. Nei due ettari di terra di proprietà dell’associazione viene praticata un po’ di agricoltura biologica, quel tanto che basta per soddisfare la domanda interna di olio ed ortaggi. Testo tratto dal libro “Comuni Comunità Ecovillaggi in Italia in Europa e nel Mondo”, M. Olivares, Editrice AAM Terra Nuova”, pp 30-32).
Strategie di riattivazione
389
ECOVILLAGGIO
ATTORI
GESTIONE ASSOCIAZIONE CULTURALE TORRI SUPERFICIE
2 ettari + borgo
Associazione Culturale Torri Superiore
PROPRIETA’
Comunità
INIZIO PROGETTO
anni ‘90
RESIDENTI STABILI
N° 15 adulti 5 bambini
metà singoli soci metà associazione
ECONOMIA MISTA
individuale e cassa comune
ORGANIZZAZIONE INTERNA l’associazione si gestisce a livello assembleare con una maggioranza qualificata, almeno del 70%
La risorsa 390 turismo RICERCA*AZIONE 2 BUSSANA VECCHIA (SR) AZIONE
Villaggio degli artisti E’ una frazione collinare del Comune di Sanremo. Il violento terremoto del 23 febbraio 1887 semidistrusse il paese, fino a quel momento chiamato semplicemente “Bussana”, tanto da venire completamente evacuata dagli abitanti che si spostarono circa tre chilometri più a valle fondando il paese di Bussana Nuova. Totalmente abbandonata per decenni, ha ricominciato ad essere abitata dal finire degli anni cinquanta del Novecento da artisti italiani e stranieri, attratti dalla particolarità del luogo, che ristrutturarono e resero nuovamente abitabili gli edifici meno danneggiati. Attualmente ospita una comunità internazionale di artisti, con botteghe artigiane ed alcuni punti di ristoro, tanto da essere divenuto, negli anni, un caratteristico “villaggio di artisti” in un’ambientazione da borgo medioevale. Oggi Bussana Vecchia ospita botteghe e laboratori artistici ed artigianali di ogni sorta, dall’oreficeria all’artigianato, dal design alla botanica. Il borgo è ritornato a vivere, circondato da un’atmosfera del tutto particolare che ogni anno attira migliaia di turisti.
GESTIONE:
La storia della comunità artistica di Bussana prende l’avvio alla fine degli anni Cinquanta, quando il torinese Mario Giani, in arte, Clizia, ceramista, visitò il borgo diroccato, allora completamente disabitato e lanciò l’idea di fondare una comunità internazionale di artisti, dotata di uno statuto, una sorta di piccola Costituzione volta a regolare i rapporti sociali fra i suoi membri. Gli edifici di Bussana erano a disposizione della comunità; di essi non era possibile rivendicare la proprietà, ma ne era consentito l’utilizzo per lo svolgimento di attività artistiche. Nell’ aprile del 1980, con una sorta di rinnovato atto costituente, nasce la Nuova Comunità Internazionale Artisti (NCIA), che ha l’intento di dare ai cittadini di Bussana uno strumento ideologico e pratico in grado di regolare le loro attività, Fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta si é assistito a una sempre più evidente crescita del fenomeno speculativo immobiliare del paese. Alle origini, chi abbandonava Bussana Vecchia e l’abitazione che aveva restaurato chiedeva a chi subentrava stabilmente al suo posto un semplice rimborso per le spese sostenute in quella che spesso era stata una radicale ricostruzione degli edifici; ma successivamente, il grande aumento dell’afflusso di artisti e artigiani verso il borgo ha provocato l’instaurarsi di un vero e proprio mercato immobiliare. In questi ultimi anni un numero sempre maggiore di abitazioni é stato acquistato da persone che risiedono a Bussana esclusivamente per ragioni turistiche. Oggi dopo diverse dispute di ordine legale la maggior parte degli immobili dichiarati abitabili risultano essere di proprietà degli artisti, mentre gli spazi comuni, quali strade, piazze, cimitero, lavatoi ed il municipio risultano appartenere al comune di Sanremo. tratto da : www.bussanavecchia.com/docStoria
Strategie di riattivazione
COMUNITA’ DI ARTISTI
ATTORI Comunità di artisti Comune Abitanti
INTERVENTO SPONTANEO COMUNITA’ DI ARTISTI
391
La risorsa 392 turismo RICERCA*AZIONE 3 BORGO DI CALCATA (TE) AZIONE
Villaggio degli artisti Il borgo antico emerge dalla valle del Treja come un monumento solenne: i pochi abitanti rimasti (la maggior parte si è tra sferita a Calcata nuova) tengono compa gnia a un gruppo sempre più nutrito di forestieri e artisti che hanno acquistato le vecchie case trasformandole in sofisticate abitazioni. Diffuse ed esclusive le attività culturali riunite intorno ad antiche botteghe (la “cacera”, il “forno a soccio”, il “for no venale”), al magazzino “documenta” e al “granarone”, i cui spazi accolgono mostre, conferenze, concerti e altro. Negli anni ‘60 ha subito per la crisi agraria un forte processo di emigrazione che fece ridurre i suoi abitanti a poche decine. Negli annni ‘80 è diventato oggetto di un elaborato studio di rivitalizzazione fortemente voluto e promosso dall’amministrazione comunale di Castellalto la quale ha in un primo luogo decretato l’elaborazione di un piano territoriale. L’idea è stata quella di perseguire una vocazione culturale del borgo con il desiderio di farne un centro artistico senza rinunciare a destinare il centro storico ed il territorio agricolo a residenza abituale e ed a sede di attività primarie condotte dai locali.
GESTIONE:
l’amministrazione comunale ha elaborato negli anni ‘80 un piano un piano territoriale che prevedeva: il recupero architettonico del borgo, la creazione di zone naturali protette e di un parco botanico, il risanamento ambientale di un tratto del fiume Vomano ed il restauro di una ventina di casali prossimi al paese, da destinare ad interventi agrituristici. Le opere, miranti in primo luogo allo sviluppo economico e occupazionale di Castelbasso, sono state finanziate con fondi di gestione, con fondi destinati dalla Cee ai PIM( Piani integrati mediterranei). L’iniziativa di Castellarte ‘88 è consistita nella trasformazione del centro in una galleria d’arte all’aperto. L’idea è stata ripresa ed integrata nel 2000 dal “Castelbasso progetto cultura”, l’evento riscuote notevole successo e propone diverse iniziative nell’ambito delle quattro sezioni: arte, letteratura, teatro, musica e gastronomia.
Strategie di riattivazione
393
VILLAGGIO DEGLI ARTISTI
ATTORI
RIVITALIZZAZIONE VOLUTA DAL COMUNE
Comune di Castellalto
EVENTI : CASTELBASSO PROGETTO CULTURA
Artisti
CAMPI: ARTE, TEATRO, DANZA, MUSICA
Abitanti
La risorsa 394 turismo RICERCA*AZIONE Pratiche di riconversione in poli tecnologici 1 COLLETTA DI CASTELBIANCO AZIONE
Borgo telematico Il terremoto del 1987 ha portato all’abbandono definitivo del borgo del XIII secolo, ma la sua decadenza era già in att da tempo. Nel 1995 è divenuto oggetto di uno studio sperimentale di recupero che, sul modello dei televillages americani e dei telecottages scandinavi, ne ha proposto la trasformazione in “cybervillage”. Il borgo di Colletta di Castelbianco, in Italia è il primo ed unico Borgo Telematico. “Telematico” in quanto tutte le unità abitative sono cablate con cavi a fibra ottica e lo stesso Borgo è nodo Internet ad alta velocità. La rivitalizzazione del borgo in abbandono è stata dunque perseguita attraverso la sperimentazione tecnologica avanzata, reinventando completamente il suo ruolo e proponendolo quale sede di studi telematici, oggi frequentata da scrittori e da docenti italiani e stranieri che elaborano le loro ricerche. Questo strumento consente agli abitanti del borgo di beneficiare di tutti i vantaggi del vivere in zone rurali, senza rinunciare ai servizi informativi e culturali divenuti indispensabili nella nostra epoca. Il progetto di De Carlo per il villaggio di Colletta di Castelbianco applica, nella risoluzione delle interfacce fra muratura e impianti, fra cellule strutturali e reti impiantistiche, un metodo di progettazione sull’esistente che coniuga cultura tecnica tradizionale, come componente del valore ambientale di un luogo, con innovazione tecnologica, come risorsa per il soddisfacimento di nuove e più elevate richieste di comfort e disponibilità di attrezzature.
GESTIONE:
l’operazione è stata condotta per iniziativa della Sivim di Alessandria che nel 1995 ha acquistato l’intero borgo per circa 2 milioni di dollari. E’ stato incaricato l’arch. Giancarlo De Carlo di redigere il progetto di trasformazione in televillaggio. I lavori di restauro sono stati condotti utilizzando solo materiali e tecniche tradizionali. Particolarmente colpito dall’interessante tipologia degli edifici che consentivano accessi a diversi livelli, l’ha utilizzata come spunto progettuale. Il progetto è rivolto a coloro che, sfruttando le possibilità offerte dal telelavoro e stanche di vivere nella confusione urbana cercano solitudine nelle poccole comunità dotate di sistemi di comunicazione efficienti.
Strategie di riattivazione
395
BORGO TELEMATICO
Cablaggio a larga banda (155 mbs) Centrale telefonica digitale privata Voice mail Telefonia mobile (cordless) Router personale che interconnette la rete locale con la rete Internet. Firewall con funzione di filtraggio monodirezionale del traffico di rete Intranet server Web server Tv sat
ATTORI
SUPERFICIE
Sivim di Alessandria
COSTO ACQUISTO
Arch. Giancarlo De Carlo
ABITANTI ATTUALI
nuovi abitanti
mq
3.151
â&#x201A;Ź
2.000.000
396
RICERCA*AZIONE
3.2 RACCOLTA POLITICHE Accanto alle pratiche di rivitalizzazione di un centro esistono anche delle politiche di incentivazione che possono essere di supporto alla prime oppure agire singolarmente. Azioni di questo tipo potrebbero riguardare particolari accordi tra i proprietari del patrimonio edilizio e le società o i privati che intendono acquistarli per recuperarli. Altri tipologie riguardano contratti d’affitto particolarmente favorevoli all’insediamento di popolazione nuova o incentivi sull’apertura di attività locali: artigianali o agricole. Le politiche consistono quindi in azioni puntuali mirate allo sviluppo e al ripopolamento del territorio. Vere e proprie sperimentazioni di politiche di ripopolamento di questi abitati sono state attuate in Europa, nello specifico in Irlanda e in Spagna. L’idea nasce nel 1990 in Irlanda, dove lo scultore Jim Connolly ha creato la “Rural Resettlement Ireland”(RRI), che ha favorito le successive esperienze spagnole. Si tratta di un’associazione apolitica volontaria che si occupa di promuovere ed assistere il ripopolamento delle aree rurali dell’occidente irlandese. L’organizzazione individua case disponibili per l’affitto o la vendita e si occupa della selezione delle famiglie interessate al programma. “Gli aspetti che interessano maggiormente le famiglie riguardano le possibilità occupazionali, i costi, le reti di collegamento e la vicinanza ai servizi di base come scuole, ospedali, centri culturali, aree sportive e negozi. L’iniziativa ha riscosso un discreto successo e delle 400 famiglie, trasferitesi dal 1999 al 2003, l’80% è rimasto in sito. Le principali difficoltà incontrate sono dovute a problemi di integrazione con la popolazione locale che, seppur animata da un forte desiderio di ripopolamento, non ha manifestato particolare disponibilità a favorire i processi di integrazione.” (1). Questa associazione non si occupa solo di organizzare corsi per preparare gli abitanti alla nuova vita rurale, ma anche di educare all’accoglienza i locali. L’associazione è finanziata per tre quarti con fondi pubblici e per il resto con donazioni private. I suoi promotori aspirano ad estendere la loro esperienza a tutto l’ambito europeo, adattandola ai singoli paesi. In Italia non esistono esperienze di questo tipo, ovvero mirate alla creazione di associazioni per il ripopolamento dei luoghi. Sono nella maggioranza dei casi delle azioni strumentali, per lo più orientate ad uno sviluppo turistico della zona. L’unico caso italiano di promozione dei centri storici minori abbandonati come risposta al problema dell’immigrazione è quello della regione Calabria che il 12 giugno 2009 ha varato la legge: “Accoglienza dei richiedenti Asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale, economico e culturale delle Comunità locali”(2). La Calabria, meta di numerosi attracchi di profughi, ha pensato di trasformare la presenza degli immigrati e dei rifugiati in un’opportunità per il territorio: quella della crescita economica e del ripopolamento dei centri storici abbandonati. Una politica di accoglienza, dunque, che vede nell’immigrato una risorsa, non un costo sociale da mantenere, e soprattutto una persona da inserire nella società attraverso il lavoro.
(1) Colletta Tiziana, La conservazione dei centri storici minori abbandonati: il caso della Campania, op.cit., 163-164 (2) Legge regionale 12 giugno 2009, n. 18, regione Calabria
POLITICHE
INCENTIVI
PROGRAMMI DI RIPOPOLAMENTO
AFFITTI ABIT.
IMMIGRAZIONE
ATTIVITA’
COMUNITA’
La risorsa 398 turismo RICERCA*AZIONE Badolato e Riace, l’dea dell’accoglienza e lo sforzo “La legge regionale della Calabria sull’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati politici come modello da seguire in tutt’Italia e riferimento per una legge nazionale. L’importante riconoscimento è arrivato oggi a Roma al presidente della Regione Agazio Loiero dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr. “Abbiamo sempre creduto in questa politica che mira a trasformare la presenza degli immigrati e dei rifugiati – ha detto Loiero – in un’opportunità per il territorio, quella della crescita economica e del ripopolamento dei centri storici abbandonati. Lo spopolamento dei nostri paesi è un dramma, perché è perdita di identità e memoria”. Il presidente della Regione si è soffermato sull’esperienza di integrazione portata avanti nella Locride, e in particolare nei tre comuni di Riace, Caulonia e Stigliano. “Con la legge regionale abbiamo dato incentivi a quei progetti che includono i rifugiati. La Calabria è fatta per il 90% di montagne e colline, un territorio dunque che tende allo spopolamento. Con questa legge ristrutturiamo i borghi, diamo incentivi all’edilizia popolare, utilizzando i fondi europei”. Una politica di accoglienza, dunque, che vede nell’immigrato una risorsa, non un costo sociale da mantenere, e soprattutto una persona da inserire nella società attraverso il lavoro. “Questo modello calabrese di legge che coniuga lo sviluppo delle comunità locali con l’integrazione dei rifugiati – ha detto Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – è assolutamente da imitare, da riprodurre e portare come esempio”. Parole di elogio sono state espresse anche da Laurens Jolles, rappresentante regionale in Italia dell’agenzia delle Nazioni Unite. “L’integrazione è molto importante, e viene dopo l’accoglienza – ha commentato – e la Calabria con la sua legge regionale che integra i rifugiati politici è un ottimo esempio e noi speriamo vivamente venga preso come punto di riferimento per una legge nazionale. In alcuni comuni, come Riace, le scuole non sono state chiuse proprio grazie alla presenza di piccoli rifugiati, perfettamente integrati”. Il presidente Loiero è tornato sull’esperienza dei comuni calabresi. “Voglio precisare che si tratta di una legge regionale votata anche dal centro destra, all’unanimità, quindi in essa non c’è niente di ideologico – ha aggiunto – pensiamo che tra i primi comuni che hanno deciso di attuarla c’è Stigliano, amministrato dal centro-destra”. Il presidente della Regione è tornato poi sull’opportunità di simili politiche sull’immigrazione. “Gli indicatori demografici ci dicono che tra 25 anni il 30% della popolazione sarà ‘meticcia’. Noi siamo per l’integrazione, guardiamo al futuro e pensiamo alle generazioni che verranno”. Loiero ha voluto poi concludere sottolineando come l’immigrazione si possa intendere e vivere in tanti modi diversi. “Il tema della sicurezza da alcune politiche viene strumentalizzato, e si instilla nella popolazione la paura dell’altro”. E la Calabria? “Da noi c’è meno paura dell’altro. I figli dei rifugiati accolti nei nostri paesi parlano perfettamente il calabrese. I flussi migratori vanno governati non incutendo paura ma con la sapienza delle proprie leggi”. Tratto da: www.regione.calabria.it
Strategie di riattivazione
399
Legge regionale 12 giugno 2009, n. 18 (Calabria)
Accoglienza dei richiedenti Asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale, economico e culturale delle Comunità locali. (BUR n. 11 del 16 giugno 2009, supplemento straordinario n. 1 del 19 giugno 2009)
Art. 4 (Tipologia di interventi ammessi) 1. La Regione con il Piano regionale di cui all’articolo 2 della presente legge sostiene con priorità interventi, di durata anche pluriennale, in favore di comunità interessate da un crescente spopolamento o che presentano situazioni di particolare sofferenza socio- economico che intendano intraprendere percorsi di riqualificazione e di rilancio socio- economico e culturale collegati all’accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati, e dei titolari di misure di protezione sussidiaria e umanitaria. 2. La Regione sostiene inoltre la produzione e la diffusione di eventi culturali volti a sensibilizzare l’opinione pubblica ad una cultura dell’accoglienza e ad una conoscenza del diritto d’asilo, anche allo scopo di prevenire e contrastare situazioni di intolleranza e razzismo, nonché sostiene programmi di formazione rivolti anche agli operatori della pubblica amministrazione nel campo del diritto d’asilo e del diritto dell’immigrazione in generale. 3. Sono titolari degli interventi di cui al comma 1, i Comuni, singoli o associati, le Province e le Comunità montane. Sono titolari degli interventi di cui al comma 2, nell’ambito delle reciproche competenze, gli Enti locali, le Istituzioni scolastiche, le Aziende sanitarie e gli altri soggetti pubblici nonché le Associazioni ed enti senza scopo di lucro operanti nel territorio regionale. Agli interventi di cui al comma 2 è destinata una quota comunque non superiore al 15% delle risorse finanziarie disponibili. 4. Gli interventi di accoglienza ed inserimento sociale di cui al comma 1 debbono essere dimensionati in modo da risultare congrui e socialmente sostenibili rispetto alle potenzialità, culturali ed economiche del territorio in cui si inseriscono. A tal fine l’amministrazione regionale valuta i progetti che le vengono sottoposti sotto il profilo della loro fattibilità, sostenibilità ed effettiva costruzione di una forte ed estesa rete sociale di interesse e di condivisione delle finalità dell’intervento. È data priorità ai progetti che valorizzino le produzioni artigianali, le competenze e le tradizioni locali, ovvero che prevedano forme di commercio equo e solidale, di turismo responsabile e programmi di economia solidale e cooperativa. Sono in ogni caso esclusi dal finanziamento interventi che non siano frutto di una progettazione complessiva ed integrata che preveda la gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei titolari di forme di protezione sussidiaria o umanitaria quale parte integrante di programmi mirati di sviluppo delle comunità locali interessate.
WIM WENDERS “IL VOLO”
4 UNA IPOTESI OPERATIVA
LA VALLE DI ZERI VERSO UN TERRITORIO SOSTENIBILE
404
RICERCA*AZIONE
4 UNA IPOTESI OPERATIVA Il primo passo all’interno del processo di definizione della strategia progettuale consiste nella valutazione di tutte le informazioni ricavate dalla lettura del territorio svolta nella fase precedente. Nel caso specifico della Valle di Zeri le problematiche emerse rispetto ai vari aspetti sono: 1 aspetti sociodemografici - diminuzione graduale della popolazione con un indice di diminuzione costante dalla metà degli anni ’80; - popolazione con un indice di anzianità elevato; - scarsa presenza di giovani e bambini; 2 aspetti economico produttivi - l’ economia attuale si basa sopratutto su qualche attività commerciale e attività amministrative; - attività di allevamento ovino(agnello di Zeri); - campi agricoli non utilizzati; - turismo in forte diminuzione. 3 aspetti territoriali - vocazione agricolo - rurale; - funziona a rete; - borghi con caratteristiche storico-ambientali di pregio; - disponibilità idrica; -elevato valore paesaggistico. La strategia individuata per la Valle di Zeri punta ad una possibile riattivazione dal punto di vista sociale ed economico del territorio attraverso metodi non invasivi e attraverso la riscoperta di antichi valori. Per queste ragioni si è pensato ad una strategia integrata che operi attraverso strumenti diversificati e che punti ad una valorizzazione sostenibile del territorio. Gli obiettivi che si pone sono: la ripresa dell’economia locale, il ripopolamento delle frazioni e uno sviluppo turistico della zona. Sulla base di queste considerazioni è stato formulato un metaprogetto. Il metaprogetto viene definito come: “un insieme di strumenti, metodologie, approcci, modi di operare in grado di supportare il professionista riflessivo e di potenziarne le capacità introspettive di auto osservazione e di ragionamento sullo e nello stesso fare progettuale: in grado di contribuire alla costruzione di modelli e ai conseguenti processi di sperimentazione, selezione e validazione della soluzione finale (…), in modo da rendere il processo via via più efficiente “(1). E’ quindi uno strumento di supporto all’agire progettuale e uno strumento di riflessione riguardo al processo ideativo. In particolare nel caso della Valle si è riflettuto su quali variabili agire per portare ad un aumento della popolazione. Da un lato si è pensato di operare sulla variabile economica e dall’altro sulla variabile della qualità della vita. Ognuno di questi elementi presenta al suo interno delle sottodeclinazioni. In generale si è pensato alla costituzione di alcuni consorzi che gestiscano i vari elementi: il consorzio della terra e quello dei servizi. At-
Una ipotesi operativa
405
torno a questi poli sono previsti una serie di dispositivi minimi che prevedono il cablaggio della Valle, l’inserimento di un polo scolastico, la possibilità di avere una casa con un terreno e un miglioramento della rete dei trasporti. La strategia si basa quindi sullo sviluppo sostenibile del territorio utilizzando le risorse che presenta e che tutt’ora non sono considerate. Tutti gli strumenti individuati infatti vengono letti sotto un tema più grande e complesso che è quello della sostenibilità. Ricaduta progettuale della strategia riguarda la creazione di micro-infrastrutture-ecologiche che sfruttano da un lato le risorse rinnovabili e dall’altro riciclano quelle esistenti. Queste “infrastrutture ambientali” diventano quindi superfici di mediazione: innescano un processo di scambio tra i manufatti e l’ambiente circostante. “Infrastrutture che operano a scale differenti, dalla più minuta l’alloggio, alla più estesa, il paesaggio e l’ecosistema. Infrastrutture intese come dispositivi sociali, in grado di stimolare una interazione e una relazione tra le funzioni in esse ospitate e i loro utilizatori. Infrastrutture rivolte ad un abitante consapevole che fa convergere le proprie risorse economiche su programmi e azioni orientate alla riduzione dell’impatto sull’ecosistema. Queste infrastrutture sono collocate in modo diffuso all’interno del territorio in modo da ristabilire un equilibrio su scala maggiore per definire le coordinate di un rinnovato abitare. L’identità del progetto si fonda sulla combinazione di una serie di dispositivi che funzionano da catalizzatori e indica una nuova capacità di oservazione e di apprendimento verso l’esistente. Queste micro-infrastrutture ecologiche si inseriscono all’interno di un più ampio programma di sensibilizzazione ai temi della gestione sostenibile del territorio. Da una lato si vuole così incentivare le economie locali legate all’agricoltura e al turismo, dall’altro si vuole indurre gli abitanti ad una maggiore coscienza del proprio territorio per uno sviluppo equilibrato dell’ecosistema.
406
RICERCA*AZIONE
obiettivo
RE-ACTION OBIETTIVO-STRATEGIA Obiettivo primario del lavoro è quello di invertire il trand attuale dell’andamento della popolazione portandolo ad un progressivo aumento. Ripopolare gradualmente un territorio significa comprendere i cambiamenti della società attuale. Per il caso della Valle di Zeri la scelta del ripopolamento deriva da una lettura sia del territorio sia da esigenze espresse dalla popolazione che vorrebbe migliorare la condizione in cui versano questi luoghi. Per generare un sistema che porti ad un aumento di popolazione è necessario tenere conto di due variabili: l’economia e la qualità della vita. Entrambi i fattori consentono di migliorare il trand e a loro volta sono costituiti da una serie di altri fattori. Per generare un’economia si può per esempio far leva sulle compravendita di beni o servizi e sulla produzione degli stessi. Come abbiamo appreso dagli studi precedenti, il territorio della Valle di Zeri è essenzialemente di tipo agricolo-rurale e sarebbe interessante e favorevole poter sfruttare questa risorsa. Inoltre in un momento in cui la società chiede migliore qualità dei prodotti, l’orto sotto casa, il controllo della coltivazione, quale soluzione migliore potrebbe esserci se non quella di utilizzare questa potenzialità? Anche il turismo oggi giorno presenta dei caratteri nuovi che fanno riferimento ad un concetto di temporalità diverso da quello precedente, che sottostava ad un ciclo classico di ferie stagionali. Si richiedono altre tipologie di soggiorno a contatto con la natura e che seguono il ciclo stesso della natura, dove si ricerca quella qualità che nelle città è andata perduta. L’altro fattore che conduce ad un aumento di popolazione è quello della qualità della vita. Quest’ultimo elemento può essere dato dall’assenza di inquinamento, sia atmosferico che acustico, dalla presenza di un paesaggio con la possibil-
qualità della vita
aumento popolazione
economia
Metaprogetto
407
progetti
collegamento
azioni della pubblica amministrazione
cablaggio internet
rete dei trasporti formazione
dispositivi minimi polo scolastico
POPOLAZIONE PASSIVA
casa+orto
casa
basso impatto ambientale
compravendita beni/servizi
azioni pubblico/privato
consorzio della terra
consorzio dei servizi
consorzi
accoglienza offerta turistica servizi per la vita nel borgo
produzione beni/servizi
POPOLAZIONE ATTIVA
408
RICERCA*AZIONE
ità di fare escursioni, dall’utilizzo di mezzi di trasporto alternativo che vanno dalla macchina elettrica alla più comune bicicletta e dalla possibilità di avere una casa con un terreno da coltivare. Tenendo conto di tutti questi fattori e relazionadoli con le possibilità offerte dalla Valle di Zeri si è pensato di orientare il progetto da un lato verso la realizzazione di dispositivi minimi che consentano un miglioramento della qualità della vita in chiave sostenibile e dall’altro alla realizzazione di attività consorziate. Con quest’ultimo termine si intendono delle unità in cui non esiste solo la produzione ma anche l’alloggio e il ristoro e sono rivolte sia a turisti che vogliono sperimentare una vacanza alternativa sia a persone esterne come gli immigrati che in cambio del lavoro non devono pagare l’alloggio. Per dispositivi minimi si fa riferimento sia a strutture collettive da inserire nel paesaggio sia a strumenti che consentono la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili come l’acqua che è presente in grande quantità sul territorio. Come risulta evidente questo schema lavora a rete con elementi che si richiamano. Anche questo tipo di approccio è una scelta che deriva da un carattere del territorio che lavora in questo modo.
marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre
marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre
marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre
novembre dicembre
ottobre
febbraio
febbraio
febbraio
sagra della castagna
sagra del fungo
mercatino slow food
gennaio
gennaio
gennaio
Metaprogetto 409
410
RICERCA*AZIONE
aspetti sociali
fascia bassa
FOCUS GROUP residenti
15
10
<5
5-9
29
36
10-14
15-19
65
20-242
88
5-29
61
70
49
73
30-34
35-39
40-44
45-49
25-49
<5-14 fascia da potenziare
fascia da attirare/potenziare
Popolazione passiva
Popolazione passiva artisti
FOCUS GROUP possibili utenti
architetti/designers scrittori professori registi pensionati
PROGETTI
consorzio della terra
consorzio accoglienza
consorzio offerta turistica
consorzio vita nel borgo
P
Metaprogetto
fascia maggiore
103
97
116
127
50-54
55-59
60-64
65-69
149
70-74
127
75-79
60
80-84
70-85
50-69
fascia da consolidare/mantenere
fascia da attirare/potenziare
Popolazione attiva giovani lavoratori pensionati
cablaggio
polo scolastico
rete trasporti
casa+orto
78
>85
411
412
RICERCA*AZIONE
dispositivi minimi: cablaggio
cablaggio
E’ previsto per ogni borgo il cablaggio della rete a banda larga. Questo consente da un lato la possibilità per i lavori che lo consentono di stare lontano dall’ufficio e dall’altro la possibilità per tutti gli abitanti di usufruire del servizio. In particolare le categorie di lavoratori che rientrano in questa tipologia sono: la ricerca, l’amministrazione, la scrittura, l’architettura, il design, il cinema.
Dispositivi minimi
413
Zum Zeri
Cernatore
Codolo
cablaggio
Bosco
cablaggio a larga banda (155mbs) Tv satellitare
414
RICERCA*AZIONE
dispositivi minimi: case+orto
casa+orto
Gli abitanti della valle di Zeri oltre ad avere una casa che risponde a determinate caratteristiche ecosostenibili di recupero e riuso delle acque, hanno anche un piccolo terreno. Questo doppio elemento è molto importante per migliorare la qualità della vita perchè ogni persona ha la possibilità di produrre ciò che consuma. Entra così a far parte di un ciclio sostenibile dove anche gli scarti vengono riutilizzati per concimare il terreno.
Dispositivi minimi
casa+orto
3 persone
60 mq
4 persone
90 mq
5 persone
120 mq
415
416
RICERCA*AZIONE
dispositivi minimi: polo scolastico
polo scolastico
Con polo scolastico si intende la possiblità di garantire una formazione fino alle scuole medie caratterizata da alcuni tratti distintivi come le attività e il dopo scuola. Dall’altro lato si fa riferimento all’installazione di un centro di ricerca immerso nella natura che si occupi dello studio della biodiversità e del controllo dell’ambiente e del territorio.
Dispositivi minimi
417
polo scolastico
centro ricerca e controllo dellâ&#x20AC;&#x2122;ambiente studio della biodiversitĂ e salvaguardia
polo scolastico
individuare risorse ambientali e naturalistiche scuola materna, elementare, media individuare risorse agrarie e culturali servizio doposcuola servizio busnavetta
418
RICERCA*AZIONE
dispositivi minimi: rete trasporti
rete trasporti
Il tema dei collegamenti è molto importante per garantire una qualità della vita migliore. L’utilizzo delle automobili viene disincentivato arrichendo i servizi pubblici. Aumentano i collegamenti con la stazione dei treni a Pontremoli e l’aereoporto più vicino. Inoltre si prevede anche l’utilizzo di macchine e bus elettrici che si spostano all’interno dei paesi.
Dispositivi minimi
419
accessibilitĂ a livello regionale(aeroporto e ferrovia) 20 min
Pontremoli FS
Zeri
rete trasporti
1h20min
accessibilitĂ a livello provinciale(cittĂ principali) Pontremoli Zeri
20 min 34 min
Aeroporto Galileo Galilei Pisa
Filattiera
40 min Mulazzo 40 min
44 min
Bagnone Villafranca in lunigiana
50 min 45 min
Aulla
Levanto
420
RICERCA*AZIONE
consorzio della terra
Il consorzio della terra, costituito dai produttori e dai proprietari delle residenze e dei terreni , provvede alla gestione di questo organismo. Infatti Zeri proprio per la vocazione agricolo-rurale del territorio si presta molto bene a questo tipo di attività che consente di avere prodotti di qualità. Il sistema è formato da lavoratori fissi e da altri mobili, turisti o lavoratori stagionali, e inoltre dà la possibilità a coloro che non hanno nè un lavoro nè una casa di poter lavorare ottenendo un alloggio a prezzi calmierati. Le principali attività riguardano l’agricoltura e l’allevamento. Per quanto riguarda la coltivazione esiste la possibilità di affittare degli orti sia alla popolazione della valle sia all’esterno come a Pontremoli ed avere il raccolto settimanalmente.
Attività
Fasi progetto
allevamento
2011 1 ettaro per orti 1 vendita prodotti 2 spazio cucina
alloggi
2013
agricoltura
spazi comuni per mangiare vendita prodotti
2 ettari per orti 2 vendita prodotti 3 spazio cucina
Consorzio della terra
421
popolazione attiva alloggio gratis guadagno
â&#x201A;Ź
socio lavoratore
mangiare anche quello che coltivo
mangiare gratis
lavoratore stagionale
alloggio gratis
lavora
guadagno minimo
â&#x201A;Ź
mangiare anche quello che coltivo alloggio a prezzi calmierati
lavoratore esterno
â&#x201A;Ź
guadagno
422
RICERCA*AZIONE
campi coltivati
allevamenti
a
alloggi
Consorzio della terra
spazi comuni
vendita prodotti
423
424
RICERCA*AZIONE
orto in affitto
Il progetto degli orti vuole essere uno strumento di riattivazione di una parte dell’economia locale. Sfruttando i terreni ora non coltivati è possibile creare un sistema che permetta la riattivazione di varie funzioni. Il progetto dell’orto in affitto è partito in due realtà italiane: a Roma con“l’orto solidale” e a Vercelli con “le verdure del mio orto”. Il concetto è quello di offrire in affitto varie metrature di terreno, a scelta in base alla richiesta degli utenti, che vengono coltivate dall’azienda. La manodopera comprende attori diversi. C’è anche chi grazie al telelavoro può seguire la coltivazione del proprio orto. Negli altri casi è l’azienda stessa che si occupa del rifornimento delle colture.
Consorzio della terra
425
orto Ort o in inaffitto affit to
+ terreni/orti
+ â&#x20AC;&#x153;azienda agricolaâ&#x20AC;?
lavoratori
A15 pontremoli zeri
aulla
cittadino zone limitrofe
abitante della valle
2.sceglie colture in base alle stagioni
2.sceglie colture in base alle stagioni
3.ogni settimana arriva il raccolto a casa
3.si porta a casa il suo raccolto
426
RICERCA*AZIONE
caratteristiche degli orti tipologie/mq
1/2 persone = 30 mq
2/3 persone = 60 mq
3/4 persone = 90 mq
5/6 persone = 120 mq
200 Kg circa per persona lâ&#x20AC;&#x2122;anno
Consorzio della terra
colture
427
gestori
ravanello lattuga romana lattuga gentilina
primavera
lattuga canasta
propietari +
rucola
fissi 2/3 dipendenti fissi
+
peperone pomodoro
volontariato/banca del tempo
pisello +
lattuga ghiaccio lattuga romana
estate +
melanzana zucchina
affittano il terreno
carota zucchina radicchio rosso cavolo
autunno
finocchio broccolo lattuga canasta radicchio rosso porro spinacio verza
bambini delle scuole
inverno
mobil
428
RICERCA*AZIONE
consorzio dei servizi
consorzio servizi
accoglienza
turismo
vita nel borgo
Consorzio dell’accoglienza e ospitalità accoglienza
Questo consorzio si dedica all’accoglienza di tutte quelle persone che decidono di trasferirsi nella valle di Zeri e di intraprendere un lavoro o all’interno del consorzio della terra o nei servizi. L’ente si occupa in particolare della distribuzione delle case e dei terreni e della gestione degli affitti. Inoltre si fa garante del tema della mobilità ecologica con la possibilità di usufruire di macchine elettriche.
Consorzio dei servizi
utenti
agricoltori/allevatori
lavoratori esterni singoli
telelavoratori
lavoratori settore servizi
famiglie
servizi
casa/affitti
terreni
429
430
RICERCA*AZIONE
consorzio dei servizi
consorzio servizi
accoglienza
turismo
vita nel borgo
Consorzio dellâ&#x20AC;&#x2122;offerta turistica turismo
Questo consorzio si occupa in particolar modo della gestione delle attivitĂ di promozione turistica come: escursioni nel territorio, visite nei borghi, promozione di settimane dedicate a particolari prodotti. Organizza inoltre in unione al consorzio del terreno delle settimane di raccolta di alcune coltivazioni, in modo da educare il turista al contatto con la natura.
Consorzio dei servizi
utenti
turisti
servizi
promozione territorio
escursioni/visite
settimane del gusto
settimane di raccolta con consorzio della terra
431
432
RICERCA*AZIONE
consorzio dei servizi
consorzio servizi
accoglienza
turismo
vita nel borgo
Consorzio della vita nel borgo vita nel borgo
Questo consorzio si occupa nello specifico dei servizi per i cittadini della valle di Zeri come lâ&#x20AC;&#x2122;assistenza medica, la scuola, il trasporto pubblico e privato.
Consorzio dei servizi
utenti
cittadini della valle di zeri
servizi
scuola
assistenza medica
mercato
trasporti
433
434
RICERCA*AZIONE
Scenari
435
SCENARI
LA VALLE DI ZERI
456
RICERCA*AZIONE
Biozeri: verso una gestione sostenibile del territorio
Il progetto si pone come obiettivo quello di sviluppare una consapevolezza di tipo sostenibile ed ecologico verso il territorio della Valle. Le micro-infrastrutture rivelano nuove potenzialità sociali per esprimere una relazione tra l’uomo e l’ambiente in cui vive. Inizialmente è stato fatto un primo censimento delle risorse energetiche presenti sul territorio per capire le potenzialità di sfruttamento. Energia solare-idrica-biomasseIn passato l’economia della Valle era basata sulle risorse locali che venivano utilizzate per soddisfare le necessità della popolazione. Oggi, che le esigenze della popolazione sono aumentate , queste risorse sono state dimenticate e anche in questo contesto si sta verificando un lento ma progressivo deterioramento dell’ambiente e quindi, paradossalmente un peggioramento della qualità della vita. Le azioni previste dal progetto sono rivolte da un lato all’utilizzo di fonti rinnovabili: sole, acqua, biomassa; dall’altro al riuso e riciclo: acque meteoriche, acque reflue, compost. Il progetto si muove quindi in due direzioni: offrire le condizioni per un insediamento stabile della popolazione, diversificare la fruizione turistica rispetto ad una dimensione stagionale. Attraverso l’energia prodotta e distribuita dagli impianti, le infrastrutture attivano processi virtuosi di rigenerazione ambientale, agiscono a supporto di nuove attività e innescano nuove forme di gestione del territorio.
Biozeri: verso un territorio sostenibile
457
458
RICERCA*AZIONE
Uso energia rinnovabile
sole
acqua
vento
biomassa
legname da ardere mulini ad acqua
solare fotovoltaico solare termico
residui agricoli e forestali reflui degli allevamenti
pale eoliche
energia elettrica
trasporto
case
macchine da lavoro
Biozeri: verso un territorio sostenibile
Riuso/Riciclo
acqua piovana
sistema di raccolta
acqua servizi igenici
acque reflue
impianto di fitodepurazione
irrigare i campi
rifiuti organici
compostaggio
concimare i campi
459
460
RICERCA*AZIONE
INFRASTRUTTURA AMBIENTALE (valle di Rossano) area intervento 4058 mq n째 pannelli 2090 pannelli solari 690 pannelli fotovoltaici 1400 inclinazione impianto 30째 produzione acqua calda 72.450 litri al giorno produzione energia elettrica 4.200.000 Kwh/a
Biozeri: verso un territorio sostenibile
solare termico 1m 1m
1 mq di pannello
80/130 litri al giorno/ T 40째C
1m 1m
690 mq di pannelli
72.450 litri al giorno T 40째C
550 persone
solare fotovoltaico 1m 1m
18 mq di pannelli
3.500 KWh/a x famiglia di 4 persone
1m 1m
1200 mq di pannelli
230.000 KWh/a
300 persone
461
462
RICERCA*AZIONE *legname da ardere
acqua fotosintesi
anidride carbonica CO2
acqua
LEGNA
acqua+minerali
essicazione
ossigeno O2
CALORE
residui della combustione
*impianto a combustione
caldaia vapore
turbina a vapore
biomassa
generatore
rete trasformatore
forno di combustione
Biozeri: verso un territorio sostenibile *residui agricoli *reflui degli allevamenti
luce solare produttori
calore
calore
erbivori metria organica di rifiuto nutrienti
catena del detrito
calore
*impianto biogas
abitazioni
elettricitĂ
calore accumulatore di acqua calda
stoccaggio letame
materiali organici
generatore di elettricitĂ rete elettrica
digestore
stoccaggio digestore
463
464
RICERCA*AZIONE
Dispositivi di raccolta e riuso delle acque
Raccolta acque meteoriche
1
1a
superficie di captazione
1a
tetto
1b
terra, sabbia, ghiaia
2
vasca di accumulo con filtri
3
tubi di collegamento
4
servizi
5
lavatrice
1b
Depurazione e riuso acque reflue
1
pozzetti di raccolta
2
degrassatore
3
vasca settica tricamerale
4
pozzetto di sollevamento
5
vasca di fitodepurazione
6
pozzetto di regolazione
7
bacino di accumulo
8
ripartitore di flusso
9
microirrigazione
1 3 2
Biozeri: verso un territorio sostenibile
5 2
3
4
6
5 4
7 8
9
465
466
RICERCA*AZIONE
Micro-Insfrastrutture-Ecologiche La strategia progettuale consiste nell’avviare un’azione di recupero del costruito per episodi minimi significativi, a partire da potenzialità in essi esistenti. Queste micro-infrastrutture ecologiche si dispongono in modo diffuso nel territorio con l’obiettivo di ristabilire un equilibrio su scala territoriale. L’infrastruttura diventa così un tema di progetto: innesca un processo di scambio tra i manufatti e l’ambiente circostante. Infrastrutture che trasformano il rifiuto in risorsa, rendendola disponibile secondo usi diversi. Infrastrutture pensate come dispositivi da abitare in cui i temi dell’ archittetura si uniscono e convivono con quelli della macchina ecologica. Le infrastrutture prodruttrici e trasformatrici di energia sono attrezzate con una serie di macchine e dispositivi la cui funzione primaria è quella di ristabilire un bilancio energetico del territorio. Infrastrutture capaci di innescare una relazione virtuosa con l’ambiente. Il progetto dei dispositivi intende orientare le attività e le funzioni individuali e collettive verso un’efficace gestione delle risorse disponibili e dei rifiuti prodotti. Le azioni previste consistono nel predisporre sistemi e tecniche atte ad arginare l’impatto antropico sull’ambiente, predisporre impianti e reti energetiche consortili gestite con la partecipazione delle stesse comunità locali.
Biozeri: verso un territorio sostenibile
Torre di recupero acqua meteorica torre
Pensilina fotovoltaica pensilina
Albero fotovoltaico
albero
467
Caratteri
468
Dispositivi
RICERCA*AZIONE
torre
Conoscitivo Fruitivo Diffuso Ecologico
pensilina
Facile da montare Trasformatore di energia Aggregatore sociale Recuperatore di risorse
albero
Rete nel territorio
Micro-Infrastrutture-Ecologiche
469
Zum Zeri
Villaggio Aracci
Cernatore
Codolo Formentara
Casa Maddalena Valditermine
Casa Rocchino
Casa Biagi
Antara
Calzavitello
Casa Tosi Patigno
Bergugliara
Noce
Castello Frandalini Fichi Coloretta Serralunga La Dolce Monte FavĂ
Ferdana
Villaggio del Rastrello
Piagna Chiesa Chioso Valle Castoglio Paretola Montelama
Bosco
470
RICERCA*AZIONE
Torre di recupero dell’acqua meteorica
torre
La torre di recupero dell’acqua meteorica svolge una duplice funzione: da un lato si colloca come punto d’ingresso per i vari borghi dall’altro come polo di riattivazione e riqualificazione dello spazio pubblico. Accanto al tema della macchina, inteso come recupero di rosorse, si accosta un carattere di tipo conoscitivo e uno di tipo fruitivo. L’acqua che viene raccolta all’interno del serbatoio viene utilizzata per l’irrigazione del verde collettivo come strumento di sensibilizzazione di una coscienza collettiva.
Micro-infrastrutture ecologiche
cisterna di raccolta dellâ&#x20AC;&#x2122;acqua v=6,28 mc
piano dâ&#x20AC;&#x2122;appoggio acciaio
scivolo acciaio/schermo interattivo
montanti profili a L 10x10 cm
traversi in acciaio
rete metallica
rubinetti
rete metallica
471
442
RICERCA*AZIONE
Fontana sotenibile quantità massima d’acqua contenuta in una cisterna
attività
annaffiare
capienza: 3.000 litri
rinfrescarsi
Micro-infrastrutture ecologiche
443
pianta/prospetto scala 1:50
474
RICERCA*AZIONE
Pensilina fotovoltaica
pensilina
La pensilina del trasporto pubblico diventa un elemento di fruizione e rigenerazione di uno spazio. Data l’importanza di incentivare l’utilizzo di trasporto pubblico elettrico, la pensilina acquista un significato particolare all’interno del sistema. La logica costruttiva riprende quella della torre. I tre lati della pensilina ospitano tre attività differenti: sopra sono collocati i pannelli fotovoltaici, da un lato è spazio gioco per i bambini e dall’altro è parete verde. L’energia prodotta viene utilizzata per i computer e per la telefonia mobile.
Micro-infrastrutture ecologiche
Pensilina fotovoltaica
10 mq film fotovoltaico
1.500 KWh/a
La nuova tecnologia sul fotovoltaico si chiama "film sottile". Essa è formata da una pellicola trasparente a base di telloruro di cadmio, racchiusa fra due lastre di vetro, che cattura i raggi del sole producendo elettricità .
film fotovoltaico
struttura in tubolari dâ&#x20AC;&#x2122;acciaio
pannelli per arrampicata
verde rampicante erica
475
476
RICERCA*AZIONE
Albero fotovoltaico
albero
Gli alberi associano alla funzione di recupero dell’energia solare quella della seduta e del verde pubblico. Questi elementi diffusi nel territorio segnano i collegamenti tra i borghi e riqualificano spazi pubblici. L’energia ricavata viene utilizzata per l’illuminazione serale e notturna.
seduta
Micro-infrastrutture ecologiche
supporto celle fotovoltaiche in acciaio
tubolari in acciaio
seduta in legno
477
478
RICERCA*AZIONE
Ambientazioni
479
AMBIENTAZIONI
BIOZERI
496
Bibliografia
Bibliografia
497
BIBLIOGRAFIA
498
Bibliografia
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BORGO: è sinonimo di centro abitato. Il termine ha origini medievali e sta ad indicare quei
paesi caratterizzati dalla presenza di un castello e delle sue fortificazioni. Spesso arroccati lungo le pendici di colline e monti, i borghi si caratterizzano per essere costituiti da un nucleo centrale, la piazza, dove si affacciano la chiesa o il comune. All’interno le vie sono molto strette e articolate e seguono l’orografia del terreno. Nella ricerca il termine borgo è usato come sinonimo di “centro storico minore”, ovvero fa riferimento ai comuni che hanno meno di 5000 abitanti (sono il 72% dei comuni italiani). Sono paesi caratterizzati dal fenomeno del disagio insediativo e che presentano numerose difficoltà sia dal punto di vista sociale che economico. La realtà dei borghi presentata nella ricerca sta ad indicare un sistema di territori e comunità legati tra loro, che hanno come peculiarità quella di avere subito il fenomeno dello spopolamento.
CENTRO STORICO MINORE: fa riferimento ai comuni che hanno una popolazione infe-
riore ai 5000 abitanti. L’individuazione dei “centri minori” è stata più volte analizzata e discussa assumendo caratteri variabili. Nella maggior parte dei casi si è sempre associato alla definizione di “centro storico minore” un’ accezione quantitativa. Mancini e Mariani ribadiscono il parametro quantitativo rappresentato dal numero di abitanti o dall’estensione territoriale.(1)”I centri minori possono essere individuati in relazione alla loro entità demografica ma anche in base a coordinate qualitative, soprattutto economiche e politiche, legate alla presenza delle funzioni basilari in un’ottica di tipo comprensoriale(2)(…)”(3). Non mancano inoltre l’uso di locuzioni alternative come quella di “piccoli centri urbanizzati” o “piccoli insediamenti”. Un sottogruppo dei centri storici minori è quello degli abbandonati o a rischio di abbandono. Non esistono definizioni sistematiche relative a questo tema, l’unica riscontrata è quella utilizzata da Alberto Predieri nella sua relazione al IV Convegno dell’A.N.C.S.A. In ogni caso l’abbandono, spesso considerato sinonimo di distacco, desolazione e rovina, lascia intendere un allontanamento definitivo che può avvenire per varie motivazioni. (1) Mancini, Mariani, centri storici minori: indagine metodologica, Roma 1981, p.7 (2) D’Agostino scrive in proposito:” Il termine centro storico minore va inteso, non come giudizio di valore estetico, bensì in relazione alla somma di funzioni e relazioni territoriali che hanno avuto o hanno una gerarchia di complessità che va da quella dei grossi insediamenti accentrati a funzione urbana, a quella delle piccole frazioni o nuclei a funzioni elementari di tipo agricolo -residenziale, ma ugualmente importanti per quella storia della civiltà materiale che considera ogni elemento della realtà in relazione al contesto storico in cui è nato.” (3) Tiziana Coletta, La conservazione dei centri storici minori abbandonati, op.cit., 16.
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a coordinate qualitative, soprattutto economiche e politiche, legate alla presenza delle funzioni basilari in un’ottica di tipo comprensoriale(2)(…)”(3). Non mancano inoltre l’uso di locuzioni alternative come quella di “piccoli centri urbanizzati” o “piccoli insediamenti”. Un sottogruppo dei centri storici minori è quello degli abbandonati o a rischio di abbandono. Non esistono definizioni sistematiche relative a questo tema, l’unica riscontrata è quella utilizzata da Alberto Predieri nella sua relazione al IV Convegno dell’A.N.C.S.A. In ogni caso l’abbandono, spesso considerato sinonimo di distacco, desolazione e rovina, lascia intendere un allontanamento definitivo che può avvenire per varie motivazioni. (1) Mancini, Mariani, centri storici minori: indagine metodologica, Roma 1981, p.7 (2) D’Agostino scrive in proposito:” Il termine centro storico minore va inteso, non come giudizio di valore estetico, bensì in relazione alla somma di funzioni e relazioni territoriali che hanno avuto o hanno una gerarchia di complessità che va da quella dei grossi insediamenti accentrati a funzione urbana, a quella delle piccole frazioni o nuclei a funzioni elementari di tipo agricolo -residenziale, ma ugualmente importanti per quella storia della civiltà materiale che considera ogni elemento della realtà in relazione al contesto storico in cui è nato.” (3) Tiziana Coletta, La conservazione dei centri storici minori abbandonati, op.cit., 16.
LUOGO: termine che definisce l’ambiente dove avvengono i fenomeni, rappresenta il posto
dove gli eventi accadono(Norberg-Schulz, 1979). Nella ricerca i luoghi sono intesi come spazi emotivamente vissuti. Nel luogo si possono individuare più caratteri : carattere ambientale, storico, simbolico, urbano, percettivo, sociologico fino a quello di non luogo. Tutti questi comuni, territori, centri minori sono luoghi dotati di senso e di un proprio sentimento. Vito Teti afferma:” I luoghi hanno una loro posizione geografica, spaziale, ma sono sempre, ovunque una costruzione antropologica. Hanno sempre una loro storia, anche quando non facilmente decifrabile; sono il risultato dei rapporti tra le persone. Hanno una loro vita:nascono, vengono fondati, si modificano, mutano, possono morire, vengono abbandonati, possono rinascere.”(1) (1) Vito Teti, Il senso dei luoghi, op.cit., X.
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TERRITORIO: la concezione di territorio delimita uno spazio antropologico dove si sviluppano, tramite relazioni, la cultura e l’identità di un gruppo sociale(Levy,1995). Territorio definisce: ”una zona di competenza, determinata unicamente da una superficie, da una forma e da confini. La territorialità, quindi, lungi dall’essere qualcosa che appartiene all’istinto va riconnessa con le condizioni tecniche, economiche e sociali e con la struttura del gruppo e dei suoi rapporti con le altre popolazioni”(1). Il territorio è lo spazio dove opera l’uomo e quindi dimensione concreta, oggettiva a cui l’individuo è legato in modo vitale (Eugenio Turri, 2002). (1) Roncayolo, voce territorio in Enciclopedia Einaudi, vol.XIV, op.cit., 222
PAESAGGIO:
nella ricerca termine riferito all’ ambito urbanistico. “Il termine paesaggio, nell’accezione più corrente, indica il settore di un territorio che la natura presenta all’osservatore, ma questa accezione banale è oggi insufficiente”.(1) Turri parla di paesaggio come “medium comunicativo per rilevare i rapporti tra società e territorio”(2); è il mezzo attraverso cui si percepiscono e si palesano le possibilità inscritte nei luoghi. Lanzani individua sette possibili scenari per il paesaggio italiano: il primo come documento storico-naturale da tutelare, il secondo come rudere con cui coabitare, il terzo come scena spettacolare del turismo globale, il quarto come risors da attivare per un differente modello di sviluppo, il quinto come nuovo territorio abitabile, il sesto come paesaggio a rete e infine un paesaggio come sfera che avvolge la vita quotidiana.(3) (1) Roncayolo, voce paesaggio in Enciclopedia Einaudi, vol.X, op.cit. (2) Eugenio Turri, La conoscenza del territorio, op.cit., 14. (3) Arturo lanzani, I paesaggi italiani.
RISORSA: “Le risorse sono ciò di cui l’uomo dispone per soddisfare i propri bisogni. L’acqua, il suolo, la terra, la vita animale e vegetale,lo stesso clima rappresentano le risorse elementari potenzialmente, ma esse diventano veramente tali quando vengono umanizzate, a partire da livelli più semplici quali la caccia/raccolta o la pastorizia fino agli stadi più complessi nei quali sorgono l’agricoltura stanziale, la città, il commercio e lo scambio e infine l’industria. La natura viene così trasformata in beni direttamente utilizzabili”. (1) , voce risorsa in Enciclopedia Einaudi, vol.XI, op.cit.
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VALORIZZAZIONE: il termine identifica “ogni attività diretta a migliorare le condizioni di
conoscenza e conservazione dei beni culturali e ad incrementarne la fruizione”.(1) La valorizzazione è uno degli obiettivi della ricerca in quanto è indispensabile promuovere attività di studio e di ricerca per la diffusione della conoscenza del patrimonio culturale. (1) Art.148 D.Lg. 112/1998