In copertina: Yves Klein, Le Saut dans le vide (Leap into the void), 1960
Oltre il muro Crescita sviluppo e ricchezza dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini
Tesi di Laurea Magistrale in Architettura Studenti: Covelli Francesco 780892, Martelli Elisabetta 782569 Relatore: Postiglione Gennaro Correlatori: Scaramellini Enrico Attilio, Bricocoli Massimo
Politecnico di Milano Facoltà di Architettura e Società Anno Accademico 2013/2014
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Indice Abstract
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1. Viaggio alla scoperta degli ex Ospedali Psichiatrici italiani: conoscenza, conservazione, valorizzazione
1.1 Evoluzione storico-normativa degli Ospedali Psichiatrici in Italia
1.2 Evoluzione storico architettonica degli Ospedali Psichiatrici in Itailia
2. Nuove fragilità e politiche sociali
2.1 Vecchie e nuove fragilità: il problema dell’esclusione sociale 2.2 Iniziative sociali del Comune di Milano
3. Arte e terapia - Arteterapia
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3.1 Che cos’è l’Artetarapia
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3.3 Teatro e danza: la liberazione dell’individuo
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3.2 L’Arteterapia dall’Italia a Milano 3.4 Dipingere il mondo
3.5 La forza delle parole 3.6 Il caso Alda Merini
4. Ambito d’azione: ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini
4.1 Ex O.P. nel contesto multiculturale della periferia Nord di Milano
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4.2 Breve stora dell’ex O.P. Paolo Pini
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4.4 Analisi funzionale
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4.3 Analisi del Verde 4.4.1 Sanità
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4.4.2 Servizi
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4.4.4 Associazioni
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4.4.3 Edifici in disuso
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5. Il verde come legante
6.1 Caso studio: ex Ospedale Psichiatrico San Giovanni, Trieste 6.3 Caso studio: Insel Hombroich Museum, Neuss 6.2 Caso studio: Parco Trotter, Milano
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6. Conclusioni critiche ed obiettivi
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7. Programma d’ intervento
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7.1 Progetto 1: Skate Park
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7.3 Progetto 3: Riqualificazione sede Banda d’Affori
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7.2 Progetto 2: Drivein - Palestra d’arrampicata 7.4 Progetto 4: Hub Spaces, Ostello 7.5 Progetto 5: Urban Camping 7.6 Progetto 6: Oltre il Muro 7.7 Progetto 7: Postazioni
8. Progetto 8: Spazio di aggregazione e gioco giovanile 8.1 Stato di fatto
8.2 Descrizione dell’intervento 8.3 Disegni architettonici Bibliografia
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ææ abstract
«E’ facile cambiare uno spazio è molto più difficile cambiare le persone» Thomas Emmenegger
L’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini è oggi una realtà varia e dinamica grazie alle molteplici attività che si sviluppano tra le mura del complesso. Il nostro intervento si pone l’obiettivo di indagare ed intervenire sul terreno comune, sullo spazio che tiene uniti i vari attori che recitano la propria parte, uno spazio vivo, vissuto ed aperto alla collettività, un vasto parco che caratterizza tutta l’area del Paolo Pini. Da qui la volontà di tessere nuove trame che valichino i confini e definiscano legami sociali e culturali dinamici tra interno ed esterno.
In che modo? Implementando le attività che già creano sinergie e ricchezza, come quelle promosse dal Mapp e dall’Associazione Olinda ed andando a definirne di nuove, che contribuiscano all’immagine di uno spazio non più chiuso in sè stesso. Si andrà a delineare un polo attrattivo, fulcro, dinamico e versatile, di una forma spaziale di socialità e condivisione per l’intera città.
1. Viaggio alla scoperta degli ex ospedali psichiatrici italiani: conoscenza, conservazione, valorizzazione
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Murales, liberazione sociale del Manicomio di Rovigo, 1979
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1.1Evoluzione storica-normativa degli Ospedali Psichiatrici in Italia
L’evoluzione della normativa riguardante gli Ospedali Psichiatrici italiani è lunga e controversa e localizza negli anni settanta dello scorso secolo il punto di massima discussione.
La visone ormai alterata che questi contenitori della pazzia hanno sviluppato nella loro storia, non è più sostenibile. Visti come puro strumento di custodia, inadatti e sconvenienti per la gestione della controversa figura della “malato mentale”, richiedono al più presto una riformulazione completa. La figura che in Italia seppe liberare gli ospedali psichiatrici di questa pesante eredità fu Franco Basaglia, che nel 1978, con la legge n.180, ne rivoluzionò completamente la concezione. Abbiamo dimostrato che l’impossibile può diventare possibile(…)potrà accadere che i manicomi torneranno ed essere chiusi ancora più di prima(…)Ma in tutti i modi abbiamo dimostrato che si può assistere il folle in altra maniera( …) Non credo che essere riusciti a condurre una azione come la nostra sia una vittoria definitiva, l’importante è un’altra cosa, è sapere ciò che si può fare”. 1
Naturalmente il percorso per arrivare fino agli anni settanta, caratterizzati dal tentativo di superare gli Ospedali Psichiatrici, è contraddistinto da una serie infinità di rimandi storici e normativi, che hanno mutato non poco la figura di questi complessi edilizi sia nella forma che nella funzione. Le prime organizzazioni che nel nostro paese accolgono i folli sono antiche e risalgono al primo secolo d.C.. A differenza delle strutture più recenti, questi primi contenitori, non sono però luoghi di accoglienza specifica per disagiati mentali, ma accolgono al suo interno lebbrosi ed appestati, nonché poveri e indigenti d’ogni tipo. Il primo esempio di questi agglomerati è il San Lazzaro di Reggio Emilia, destinato prima ai lebbrosi nel 1217 e aperto poi anche agli appestati nel 1348. Altri casi, sempre nel ‘200, sono quelli di Aversa (1269) e di Torino, mentre nel ‘300 ricordiamo Bergamo (1352) e Feltre (1369-93). Il principale ruolo che questi nuclei di assistenza svolgono è quello di dare una regola al vagabondaggio e di circoscrivere la virulenza sempre più ritenuti dannosi per la nascente società europea.
Nel ‘400 e nel ‘500 è l’Inquisizione, con le persecuzioni per stregoneria e per eresia, ad assumersi il controllo dell’ordine sociale e della devianza. Nella seconda metà del ‘500 invece, con la spaccatura tra riforma e controriforma e l’affermarsi dello spirito del capitalismo nascente, si delinea un contrasto tra ragione produttiva e non-ragione. Questa suddivisione fa si che la concezione tipicamente cristiana della devianza come una componente non naturale del mondo rimanga comunque in auge ma si comincia a ragionare sulla non-ragione come facente parte dell’apparato giudiziario atto a remunerare le casse dello stato. All’interno del manicomio troviamo quindi reclusi sia i pazzi che tutti quegli individui ritenuti non adatti alla società . La follia viene considerata a tutti gli effetti una malattia da recludere in questi spazi e la carità non è più considerata come manifestazione divina che si apre alla carità come piaga sociale. Queste istituzioni tardorinascimentali rimangono sostanzialmente tali 1 Franco Basaglia
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sino al secolo dei lumi dove una nuova e più efficiente razionalità si fa largo pretenziosamente. Nel ‘600 infatti, su modello francese, queste costruzioni non seguono più una concezione detentiva puramente riservata ai folli ma si allestiscono, delle concentrazioni di “disoccupati”. Ne sono un esempio le strutture costruite a Napoli, a Genova, a Roma e in Savoia
Ospedale Psichiatrico di Aversa, incisione d’epoca
Risale al ‘700 il vistoso riadattamento istituzionale che porta la specializzazione delle istituzioni ad assumere la fisionomia a noi ancora nota. Ne sono un esempio i lavori di riadattamento e trasformazione che fervono soprattutto nelle città la dove la pressione economica è più urgente. Torino, Milano, Voghera, Bologna, Lucca, Roma, Pescara sono solo alcuni casi. Di tutte queste esperienze, quella di Firenze del S. Bonifacio, con la figura importante del Chiarugi a dettarne il regolamento nel 1789, è senz’altro da considerarsi come la capostipite. Chiarugi è il primo a identificare la struttura manicomiale, fin ad allora vista come un contenitore indefinito di persone, come esplicitamente medica e psichiatrica. Il S. Bonifacio di Firenze rispecchia in pieno queste caratteristiche e bene esemplifica la necessità della psichiatria di operare seguendo precise regole e strutture. Eccoci davanti quindi al primo ospedale psichiatrico italiano di concezione “moderna”. Tuttavia, a parte questo primo caso, lo squilibrio evolutivo dell’economia del paese fa si che l’estensione di questa tipologia di istituti rimanga limitata e che l’amministrazione della devianza continui ad operare secondo il vecchio modello degli ordini religiosi che, seppur offrendo locali apparentemente consoni alle esigenze segregative, non lascia sufficiente spazio alle esigenze psichiatriche, rimanendo così ancorato alle vecchie concezioni di reclusione sdoganate dal Chiarugi. Con l’avvento degli anni napoleonici, un nuovo fenomeno organizzativo attraversa la penisola. È infatti con la riorganizzazione di Aversa, promossa da Murat nel 1813, che si incappa nel primo tentativo di regolamentazione normativa di questi contenitori. È proprio quest’ultimo, ispirato dai ministri
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illuminati, a dettare una legge nel marzo del 1813, che promuove come fine della degenza il «ristabilimento morale» dei malati, senza stabilire però presici intenti di custodia. Anche la concezione stessa del manicomio, termine che sarà sostituito nel 1881 con ospedale psichiatrico, viene rivoluzionata. Programmato come luogo alternativo a un mondo esterno travagliato e sconvolto, il manicomio, assume le sembianze di una cittadella ideale, un falanstiero laborioso, il cui direttore è la figura centrale attorno alla quale ruota tutto il sistema. Esso oltre ad essere un medico annovera in se tutti i poteri possibili, fisici e morali.
Ospedale Psichiatrico di San Lazzaro, incisione d’epoca
Questo modello, che trae origini da una concezione francese firmata dallo psichiatra d’oltralpe Esquirol, diventa attuale e consapevole in Italia nel terzo e quarto decennio dell’’800 quando vengono tradotte le opere di Pinel e dello stesso Esquirol. In termini numerici questa tipologia fa riscontrare in Italia un immediato aumento delle degenze. Con questa nuova classificazione arriviamo quindi, dopo i nuclei antichi e la riforma settecentesca, al terzo strato del palinsesto attestabile tra il 1820-1830. Le esperienze principali avvengono a Palermo e a Reggio Emilia, ma da non tralasciare sono i casi di ampliamento a Lucca, Bergamo, Milano e Genova. Questa nuova concezione espressa sia in modo architettonico che organizzativo, prelude alla successiva scelta ideologica che in senso clinico ci appare in tutta la sua evidenza nelle parole di un protagonista come Carlo Livi: Fino al 1840 si può dire che l’Italia conservasse sempre una certa superiorità in fatto di Manicomi. Le sagge e temprate tradizioni del Chiarugi continuavano a Bonifazio. Il Linguiti in Aversa, il Pisani in Palermo, avevano aperto nuove e intentate via alla cura de’ pazzi(...) in essi il cuore e l’immaginativa più che la scienza dell’uomo fisico primeggiava. Né meno benemeriti per savie riforme si resero il Galloni a Reggio, il Gualandi a Bologna, il Lodoli a Siena, il Massari a Perugia. I medici e con le parole e con le opere non se ne stavano; i governi poco e male corrispondevano: ma pure le condizioni de’ pazzi miglioravansi dappertutto. Le catene erano state bandite dovunque e solamente a Roma, all’ombra delle somme chiavi, duravano.
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Ma questa nuova ventata di ottimismo si arresta nella seconda parte del secolo quando la penisola subisce un profondo rimaneggiamento sociale ed economico. Le guerre risorgimentali e la successiva unità del paese, dissolvono l’equilibrio che i piccoli stati hanno acquisito a favore di un unica nazione orientata a massimizzare i rapporti produttivi. Questa trasformazione culturale porta gli psichiatri ad abbandonare definitivamente le posizioni filantropiche e morali per puntare alla «scienza fisica dell’uomo». Il manicomio diventa lo spazio elettivo di tale ricerca: nato per salvare il folle dall’indigenza, dal pregiudizio, per rincuorarlo e guarirlo, diventa ora il mezzo per studiarlo, per oggettivarlo come malattia e quindi negarlo come persona. E Livi ci esplica con estrema chiarezza quanto sopra: «La carità ha fatto il suo compito. La ragione medica e la ragione architettonica faranno ognuna la sua».
Ospedale Psichiatrico di Torino, foto d’epoca
Questa ultime linee guida esigono la costruzione di strutture consone alle nuove direttive. Edifici come monasteri e conventi, che fino a quel momento erano serviti come contenitori, vengono sorpassati, dietro anche la spinta di una nuova generazione borghese che esaurisce la delega ai religiosi e alle confraternite. A farsi portavoce dei nuovi metodi razionali di controllo, non sono più benefattori o intellettuali illuminati, ma amministratori e tecnici. Essi arrivano, dopo lunghi confronti, relazioni, viaggi alla scoperta delle strutture d’oltralpe, alla formulazione di un manicomio tipo dove il distacco dalla vita “normale” sotto le ali del direttore sia la miglior via auspicabile per un paziente che voglia ristabilirsi. Concezioni ben espresse nelle parole del Girolami del 1871: Siamo convinti che nei morbi mentali sono le mura del Manicomio che in gran parte risanano: sono i collettivi espedienti igienici, la quiete, le occupazioni, le distrazioni, l’ordine infine che grandemente coadiuvano il buon risultato; è altresì la forza morale che promana dalla persona del Direttore.
È proprio questa impostazione a conferire al manicomio la caratteristica di una cittadella distaccata dalla storia, con una sua organizzazione e un suo scambio interno. Questo entusiasmo rieducativo si scontra però, nel ventennio che va dal 1861 al 1881, con la situazione drammatica che affligge il paese. Il profondo squilibrio tra Nord e Sud che sfocia nel più basso consumo pro capite mai raggiunto, nello spopolamento delle campagne e nelle migrazioni transoceaniche,
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ferma sostanzialmente la corsa di questa avanguardia psichiatrica. Nella fine del secolo, tra gli anni 1887-1896, in pieno periodo autoritario crispino, la politica manicomiale diventa il fondamentale dispositivo di repressione da parte del governo. I manicomi, concepiti come “ambulanze di feriti sociali”, crescono a vista d’occhio, sia nei numeri ma soprattutto in maniera impressionante nella popolazione internata, sino a mettere in pericolo i bilanci delle province. Sono proprio le lamentele economiche delle province a impedire che la rete psichiatrica abbia estensione anche più ampia su tutto il territorio nazionale.
Telemaco Signorini, “La sala delle agitanze al San Bonifazio di Firenze”, 1865
L’idea originale del manicomio come struttura modello della riabilitazione fisico-morale gradualmente perde di significato. All’inizio del secolo è il mero taglio scientifico dato dagli specialisti sul controllo e sull’emarginazione a farla da padrone. Oltretutto la legge del 1904 ei successivi disegni di legge, sanciscono il definitivo avvicinamento alla rigida psichiatria tedesca. Con le strutture sempre più sature, la voce psichiatrica diventa preoccupante per il bilancio del paese e il lungo contrasto tra Province e Comuni sugli oneri da incassare per la gestione dei manicomi, ritarda la stesura di norme legislative e inasprisce le discussioni parlamentari. Nicotera nel 1891 riconosce che «l’accrescimento vero ed apparente dei pazzi minaccia le economie e la sicurezza dello Stato». È il 1898 l’anno in cui questa escalation tocca il suo apice: i ricoverati passano da 12.000 del 1874, a 36.900. A Crispi affidiamo un attenta analisi della situazione manicomiale di inizio secolo:
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Il numero dei ricoverati deve aumentare costantemente, almeno per quanto è lecito presumere, perché la pazzia aumenta di per sé e con maggiore rapidità quando le condizioni economiche peggiorano, perché va sempre scemando il ritegno che le famiglie hanno a far ricoverare i loro malati, e anzi qua e là si vede sorgere vivo il desiderio di rinchiudere i propri infermi nel Manicomio e una ripugnanza a trattenerli fuori. Inoltre la riapertura di nuovi Manicomi va diminuendo la spesa e il disagio che talvolta oggi si incontrano, per provvedere ai ricoveri e li rende sempre più facili e più numerosi... le cattive condizioni economiche generali, facilitando le recidive, accrescono le riammissioni.
Il governo liberale, con la già citata legge del 1904 e il successivo regolamento del 1909, attua una importante iniziativa edile con l’obbiettivo di accrescere il più possibile il patrimonio manicomiale italiano. L’allestimento del nuovo S. Maria della Pietà a Roma termina nel ‘14 ne è un ottimo esempio. Dopo la guerra, 1918, viene confermato da parte dello stato il bilancio espansionistico nel campo della psichiatria, nell’allora figura del ricoperta da Tamburini, il quale, incentrandosi solo sugli aspetti custodialistici, non parla più di utopie e di cure, ritenendo obbligatorio il ricovero dei casi di pazzia anche quando non siano pericolosi. Questa realtà dell’ordine, della repressione attraverso un inesistente e quanto improbabile pretesa clinico-scientifica è la linea seguita ancor con più forza del periodo fascista. La psichiatria, scoprendo la sua importanza razzistica, diventa strumento del regime. Tramontato ogni entusiasmo riformatore, alternativo e ogni ottimismo positivo, le istituzioni si riducono gradualmente a quella ripetitività e a quello squallore ancora largamente diffuso fino agli anni ‘70. Le terapie di shock e la psicochirurgia, con le loro caratteristiche di annientamento, contribuiscono in modo decisivo a che l’irrequietezza della diversità diventi silenzio e vuoto. L’equiparazione tra due forme di reclusione quali il manicomio e il carcere non fu mai così vicina. Nel dopoguerra si rende quindi necessaria la promulgazione di una legislazione in merito “essenzialmente sanitaria” e non più “giudiziaria”. Intanto il processo di ricostruzione e di industrializzazione in Italia sta trasformando il tessuto sociale del paese: le migrazioni interne e l’urbanizzazione di grandi masse che erano rimaste contadine fino alla generazione precedente, pone nuovi problemi e suscita nuovi consumi e richieste di partecipazione e rinnovamento, anche nel campo della sanità senza trovare sbocchi normativi. Da segnalare sono due proposte elaborate dall’onorevole Tessitori e dal senatore Banfi, rispettivamente del ‘56 e del ’58, entrambe con esito negativo. Nei seguenti dieci anni, l’industrializzazione del paese porta a un grande sviluppo che si traduce nella società dei consumi e in un livello di vita più confortevole: queste nuove condizioni, per la prima volta elevano la maggior parte della società italiana al di sopra del livello di pura sopravvivenza, producendo una potente spinta al cambiamento. Tutto questo causa tensioni crescenti, anche in campo scientifico e culturale, investendo in pieno la psichiatria, portandola fino al movimento dell’antipsichiatria introdotto tra la fine degli anni ‘50 e i primi anni ‘60 da Donald Laing e David Cooper che propongono in Gran Bretagna nuove interpretazioni e cure, decisamente anticonformiste, della condizione schizofrenica. Da quel momento in poi in tutta Europa nascono, una serie di tentativi che cercano di dare alla follia quei diritti che le istituzioni psichiatriche pubbliche negavano, mettendo prima in crisi la concezione tradizionale dei manicomi proponendo l’esperienza britannica della “comunità terapeutica”.
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In Italia, con “l’istituzione negata”, Franco Basaglia per la prima volta, effettua una critica serrata al sistema manicomiale. Proprio nella sua figura possiamo trovare il simbolo della lotta anti-istituzionale italiana, specialmente contro la legge 431 del 1968, che equipara gli ospedali psichiatrici a quelli generali. Negli anni delle grandi manifestazioni e proteste di piazza la psichiatria ricopre un ruolo fondamentale nel diritto alla salute. Negli anni 70 i riformatori, sia psichiatri che politici, sono concordi che il manicomio, così come inteso fin ora, non può essere migliorato e riformato, ma che ha bisogno di una profonda rivoluzione, procedendo al superamento definitivo di quella che Goffmann ha definito come “istituzione totale”. A questo proposito il 13 Maggio del 1978 il parlamento approva la legge 180. Questa legge, soprannominata anche come “legge Basaglia”, introduce nel sistema politico, culturale e scientifico, degli elementi profondamente innovativi: 1. Decreta il superamento degli ospedali psichiatrici; 2. Abroga la legge del 1904 e il regolamento del 1909; 3. Inserisce il malato di mente e l’operatore psichiatrico nel pieno contesto della medicina generale, in unità intra ed extra-ospedaliere; 4. Fissa nuove regole per il ricovero obbligatorio ( che no ha più alcun riferimento alla “pericolosità), con la possibilità che sia il paziente che i parenti possano chiedere la revoca del provvedimento; 5. Prevede l’istituzione dei servizi di Diagnosi e Cura negli ospedali generali con un numero di letti non superiore a 15; 6. Il territorio viene riconosciuto come sede dell’intervento terapeutico e riabilitativo del malato mentale; 7. I servizi psichiatrici devono essere ristrutturati su base dipartimentale (Centri di Igiene Mentale; strutture residenziali; comunità protette; case-famiglia; casealloggio; ecc.)
Il processo di applicazione della nuova legge incontra da subito delle grandissime difficoltà e fortissime resistenze. Si creano così accese dispute ideologiche, scientifiche e politiche, cui certo non sono estranei, almeno in parte, gli interessi economici delle numerose case di cura private, che si vedono concretamente minacciate dalla diffusione territoriale dei servizi psichiatrici. L’inevitabile crearsi di due poli contrastanti rallenta non poco il cammino e la conseguente attuazione delle normative contenenti nella legge. La legge 180 infatti, nei primi anni, viene poco e male applicata. Bisogna attendere sedici anni perché il Ministero della sanità emani nel 1984 il primo Progetto obiettivo “Tutela della salute mentale 94-96” che prescrive la chiusura degli ospedali psichiatrici entro la fine del 1996, suggellando così, almeno in linea di principio, la fine dell’istituzione manicomiale. Successivamente, negli anni ‘90, viene varata la legge quadro n° 104 del 1992, che integrandosi alla 180, prevede la costituzione delle comunità-alloggio, delle case-famiglia, ecc. come normale conseguenza della chiusura imminente delle case di cura. Ultima legge da citare è la n° 724 ( allegato alla Legge finanziaria del 23 dicembre 1994) che dispone la chiusura definitiva del “ residuo” degli ospedali psichiatrici entro il dicembre del 1996, termine poi prorogato al 31 gennaio del ’97, e, successivamente al 31 dicembre del ’98.2 2 F.M.Ferro, La storia dei Manicomi in Italia, Lineamenti storici sulle politiche dell’assistenza psichiatria dall’unità d’Italia alla chiusura dei manicomi
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1.2 Evoluzione storico architettonica degli ospedali psichiatrici in Itaila.
L’intreccio tra “finalità custodialistiche” e “terapeutiche” avviene in Italia già prima dell’unità nazionale, secondo modalità localmente differenziate , mentre analogo è il principio ispiratore in base al quale rinchiudere i soggetti considerati folli, dando loro una precisa regola di vita, “rappresenta già in sé una cura” 3
La loro reclusione e segregazione, lontano dalle famiglie d’origine e dalle città, appare la soluzione più appropriata all’idea di progresso, di origine e di decoro che a metà ‘800 si sviluppa in Europa nei confronti dei poveri, degli invalidi, degli ammalati e degli alienati. Da ribadire è il concetto che non mancano precedenti di asili per l’internamento coatto dei folli promiscuamente con soggetti affetti da altre forme di malattia cronica o di devianza. È solo con il XIX secolo che si stabiliscono appositi “contenitori edilizi” destinati alla loro cura, che segnano inoltre, uno scarto dalle settecentesche realizzazioni assistenziali del dispotismo illuminato come gli “Alberghi dei Poveri”. Nel secolo intercorso tra metà Ottocento e anni ’50 del Novecento finalità e pratiche risultano inequivocabilmente indirizzate all’elaborazione di un nesso profondo tra funzione e forma, tra presupposti del trattamento segregativo e caratteri dell’architettura manicomiale, quale declinazione specifica delle strutture ospedaliere. Una spinta venne data, dopo l’Unità di Italia, dalla soppressione di tutti gli ordini religiosi che, specialmente nel meridione, diedero disponibilità dei “contenitori edilizi”, favorendo gli esordi dell’architettura manicomiale ottocentesca. Queste strutture soventemente ubicate nel contesto urbano e dotati di un organizzazione interna difficilmente adatta alla nuova funzione, furono dal 1865 lasciate in gestione alle Provincie che si ritrovarono ad affrontare il problema del sovraffollamento e a lottare contro il bilancio, sempre più gravoso per le già deboli amministrazioni. Tra i fattori che fino al volgere del secolo favorirono la moltiplicazione delle strutture, accanto alle motivazioni scientifiche e umanitarie, ai riflessi di un inurbamento che porta lo svuotamento delle campagne e l’incremento del disagio, con conseguente sviluppo della povertà e della pellagra, rilevante resta il ruolo della componente economica. Si vede infatti nella costruzione di propri stabilimenti per il “ritiro dei folli” un sistema promettente di indotti, sia in fase di gestione che di costruzione. I complessi manicomiali rientrano in quegli anni tra le grandi opere della nuova Italia, rivestendo il ruolo di monumenti del progresso civile. La stretta collaborazione tra tecnici e psichiatri, impone la definizione di un “tipo” relativamente nuovo. Le strutture manicomiali europee infatti, avevano tratto gradualmente una loro singolarità organizzativa e formale all’interno dei processi evolutivi del cosiddetto “ospedale omnicomprensivo”. Si cerca così di staccarsi dalla concezione classica di ospedale, sostanzialmente differente, non solo per la durata di permanenza dei ricoverati, ma per il prevalente ruolo terapeutico assegnato all’architettura in termini d’igiene, disposizione del luogo, aspetti costruttivi e stilistici. Si cercano così di staccarsi dalle vicende progettuali dei manicomi ottocenteschi rifacendosi a casi esteri
3 P.Galliani, “Recupero e valorizzazione dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini a Milano, in TERRITORIO, N.65, 2013, p. 100
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e italiani di nuova concezione. Dopo la convergenza verso l’impianto a blocco, più assimilabile alla tradizione dei grandi edifici di reclusione, la linea architettonica da seguire sarà quella dei padiglioni staccati o connessi da gallerie o organizzati secondo il “sistema a villaggio”. Schema ideale per la costruzione di uno “spazio differenziale”, il sistema a padiglioni risultava utile a definire livelli precisi di ordine, fondati sui nuovi presupposti scientifici di osservazione, diagnosi e trattamento. Dal punto di vista architettonico, tale sistema concretizzava l’istanza meccanicistica di massimo controllo rispondente alle esigenze di ordine dell’Ottocento. Queste linee guida, tradotte poi anche nella pianificazione delle città attraverso criteri di regolarità, ripetizione, gerarchia, separazione, isolamento, portano alla definizione di ambiti e strutture specialistiche quali caserme, macelli e appunto ospedali. Il sistema tipo-morfologico a padiglioni, divenuto figura paradigmatica di efficienza nella cura delle malattie, individua nei singoli tipi edilizi che lo compongono dirette corrispondenze rispetto alle attività necessarie alla sua stessa esistenza secondo un preciso diagramma funzionale interno, che nei complessi per la psichiatria si evidenzia con nette separazioni dei ricoverati in base al sesso, al genere di patologia e all’intensità di applicazione delle terapie. Il tipo a padiglione autonomo, articolato attorno ad uno spazio centrale con disposizione semplice e simmetrica degli spazi, associato a una modalità di controllo totale del paziente, secondo i criteri di igiene e salubrità, riassume i caratteri della nuova cultura dominante di stampo razionalista. Ciò dimostra come la disciplina medica abbia influito sui criteri di organizzazione fisica dell’istituzione ospedale, ponendo l’isolamento come principio cardine del confronto alienato- alienista. Si ritiene che ciò consentirà, attraverso la sottrazione delle relazioni sociali, sia lo studio che la guarigione dell’alienazione mentale. Se l’isolamento ha ripercussioni sui concetti spaziali del trattamento della follia, in quanto rappresenta di per se un diagramma architettonico, la questione igienica si collega alla dislocazione territoriale dei presidi sanitari. Ubicato in zone di margine, e più raramente immersa nel cuore dell’abitato, l’ospedale psichiatrico, si pone come elemento di separazione/connessione con la città reale. Caratterizzato da rapporti abbastanza larghi per assicurare isolamento, e prospettive di ampliamento, con aree libere destinate al lavoro dei ricoverati, si configura allo stesso tempo compatibile con condizioni di accessibilità e trasporti. Questo si insedia in base a requisiti di salubrità (esposizione favorevole, qualità dell’aria) e panoramicità, ritenuti determinanti nella scelta del sito per i benefici effetti sui malati . La scala impegnata nella sua ideazione e costruzione, conferisce talvolta al complesso manicomiale configurazione e ruolo di “micro città”. Formato da un sistema di costruzioni e di spazi complementari racchiusi da muri di recinzioni con accessi vigilati, è da considerarsi come un vero organismo plurifunzionale, per la presenza, accanto agli edifici direzionali, ai padiglioni differenziati per patologie, ai gabinetti medici e agli alloggi del personale, di servizi comuni quali chiesa, teatro, biblioteca, cinema; di laboratori e officine come falegnamerie, tessitorie, calzolerie, sartorie, tipografie. Emergono inoltre spazi verdi a giardino o a orto e di colonie agricole ritenuti essenziali per il trattamento morale delle malattia mentale e per l’esercizio del corpo quale condizione necessaria alla guarigione. Con ciò vengono poste le basi per un ospedale psichiatrico a “sistema chiuso”, “luogo eterotòpico”, nel quale il recinto diventa metafora della separazione e dell’esclusione.4 4 Aa.Vv., “Temi2, conoscenza, conservazione, valorizzazione degli ex ospedali psichiatrici italiani”, in TERRITORIO, N.65, 2013, pp 60-105
2 Nuove fragilitĂ e politiche sociali
Francisco de Goya, Bobalicòn, 1815
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2.1 Vecchie e nuove fragilità: il problema dell’esclusione sociale
Nella feroce morsa delle circostanze non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia. Sotto i colpi d’ascia della sorte il mio capo è sanguinante, ma indomito. Oltre questo luogo di collera e lacrime incombe solo l’Orrore delle ombre, eppure la minaccia degli anni mi trova, e mi troverà, senza paura. Non importa quanto sia stretta la porta, quanto piena di castighi la vita, io sono il padrone del mio destino: io sono il capitano della mia anima.1
La riforma Basaglia ha comportato, una rivoluzione di civiltà. In seguito alla legge finanziaria del 1994, gli Ospedali Psichiatrici cessano di esistere. Ecco che innumerevoli individui, prima etichettati come pazzi incurabili e pericolosi, si trovano improvvisamente proiettati in una realtà nuova, in una comunità dalla quale poco prima erano emarginati. Se dunque la chiusura degli ospedali psichiatrici ha comportato una straordinaria progressione civile ed umanitaria, nel contempo ha sollevato un altro problema non trascurabile: la necessità di integrare nelle società una serie di categorie fragili di persone. Nella società contemporanea crescono la quantità e l’eterogeneità delle situazioni di fragilità. La riflessione proposta non si rivolge solo ad individui affetti da disagi psichici, ma a tutta una serie di categorie di persone che, per varie ragioni di natura economica, sociale e culturale assumono un ruolo emarginato nella società. La crisi economica degli ultimi anni ha rovesciato gli equilibri della società, aumentando il numero di individui che si annoverano all’interno delle categorie deboli: giovani in cerca di lavoro, anziani, disoccupati, famiglie che faticano a raggiungere la soglia di benessere. A queste categorie si aggiungono persone emarginate dalla società per ignoranza e diversità culturale, ovvero immigrati, carcerati, ex detenuti e disabili. Tutti questi individui sono socialmente esclusi, la loro possibilità di partecipare alla vita comunitaria è fortemente compromessa. Risolvere tale fenomeno di marginalità sociale comporterebbe l’aumento di be 1 W.E.HENLEY, Invictus, 1875
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nessere non solo dei singoli individui ma della comunità globale. E’ necessario favorire la reintegrazione delle categorie fragili attraverso politiche economiche e sociali in grado di arrestare il moltiplicarsi dei processi di emarginazione. Fondamentali per comprendere l’entità dell’esclusione sociale sono i dati ISTAT , che attraverso un censimento preciso ed accurato danno modo di verificare oggettivamente l’aumento di disagio che investe sempre più categorie. I dati che di seguito presentiamo si concentrano su alcuni aspetti fondamentali per comprendere l’entità della moderna esclusione sociale. Innanzitutto l’analisi del reddito e delle condizioni di vita mette in evidenza come la povertà sia in Italia un problema sempre più pressante anno dopo anno, andando ad investire una grande quantità di individui che rientrano nella categoria degli esclusi sociali. Dai dati analizzati1 emerge che nel 2012, il 29,9% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale. L’indicatore deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2011), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro. Rispetto al 2011, l’indicatore cresce di 1,7 punti percentuali, per l’aumento della quota di persone in famiglie severamente deprivate (dall’11,2% al 14,5. Il rischio di povertà o esclusione sociale è di 5,1 punti percentuali più elevato rispetto a quello medio europeo (pari al 24,8%) come conseguenza della più elevata diffusione della severa deprivazione (14,5% contro una media del 9,9%) e del rischio di povertà (19,4% contro 16,9%).
Rischio di povertà (a)
Grave deprivazione materiale (b) Bassa intensità di lavoro (c) Rischio di povertà
o di esclusione sociale (d)
Europa 16,9 8,8
2011
Italia
Europa
11,2
9,9
19,6
16,9
2012
Italia 19,4
14,5
10,3
10,4
10,3
10,3
24,3
28,2
24,8
29,9
Da tali percentuali emerge uno scenario in cui l’esclusione sociale diviene una realtà sempre più presente in Italia. L’esclusione non si misura solo con gli indici di povertà ma anche attraverso l’analisi di una serie di altri scenari che investono la realtà contemporanea. Ad esempio fondamentale è l’analisi dell’inclusione sociale delle persone soggette a disabilità, ovvero la verifica della presenza o meno di assistenza e servizi che rendano tali individui fragili integrati nella società. 1 ISTAT, Reddito e condizioni di vita. Periodo di riferimento: anno 2012,pubblicato:lunedì 16 dicembre 2013 (a) Persone che vivono in famiglie con reddito familiare equivalente inferiore al 60% del reddito mediano dello stesso paese. Sono esclusi i fitti imputati.(b) Persone che vivono in famiglie con almeno 4 dei seguenti 9 sintomi di disagio: i) non poter sostenere spese impreviste, ii) non potersi permettere una settimana di ferie, iii) avere arretrati per il mutuo, l’affitto, le bollette o per altri debiti; iv) non potersi permettere un pasto adeguato ogni due giorni; v) non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione e: non potersi permettere: vi) lavatrice vii) tv a colori viii) telefono ix) automobile. (c) Persone che vivono in famiglie i cui componenti di età 18-59 lavorano meno di un quinto del loro tempo.(d) Persone con almeno una condizione fra le precedenti (a), (b) e (c).
Indicatori di povertà o esclusione sociale. Anni 2011 e 2012, per 100 persone
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Anche qui ci vengono in aiuto i dati ISTAT2 attraverso lo studio dell’ inclusione sociale delle persone con limitazioni funzionali. L’indagine è stata realizzata nel 2011 con la finalità di studiare le difficoltà incontrate da tali individui nel loro contesto di vita (rete di relazioni, lavoro, tempo libero, ecc.) ed i fattori che ne ostacolano la piena partecipazione (limitazioni nella mobilità, barriere nell’accesso al lavoro, mancanza di adeguati sostegni assistenziali, ecc.). Molti sono i dati che emergono da tale indagine, dati che mettono in evidenza l’estrema difficoltà che persone con disabilità incontrano soprattutto in ambito lavorativo. Infatti la presenza di limitazioni funzionali ha un forte impatto sull’esclusione dal mondo lavorativo: solo il 16% (circa 300 mila individui) delle persone con limitazioni funzionali di 15-74 anni lavora, contro il 49,9% del totale della popolazione. Il 72% degli occupati con limitazioni funzionali sono uomini. L’esclusione sociale si misura inoltre mediante la presenza o meno di assistenza e servizi rivolti agli individui ed anche in questo caso la situazione è allarmante. Infatti Considerando congiuntamente l’assistenza sanitaria domiciliare e gli aiuti per la vita quotidiana, emerge la presenza di una quota di persone che non ha alcun tipo di sostegno (16,9%), benché abbia gravi (6,6%) o lievi limitazioni funzionali (31,8%). Fruiscono in misura maggiore sia di aiuti che di assistenza sanitaria le persone anziane (22,5% contro l’11,1% delle persone di 11-64 anni) e quanti hanno gravi limitazioni funzionali (28,8% contro il 6,8% di quanti hanno limitazioni funzionali lievi).
Totale
Ha sia aiuti non sanitari che assistenza sanitaria
Ha solo aiuti non sanitari
Ha solo assistenza sanitaria
Persone di 11-87 anni con limitazioni funzionali secondo la fruizione di assistenza sanitaria e/o di aiuti non sanitari, per livello di gravita’ delle limitazioni funzionali – anno 2011 - per 100 persone con le stesse caratteristiche
Non fruisce nè di assistenza sanitaria nè di aiuti non sanitari 0,0
10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 100,0
Persone con limitazioni funzionali gravi
Persone con limitazioni funzionali lievi
Totale
2 ISTAT: Inclusione sociale delle persone con limitazioni funzionali. Periodo di riferimento: anno 2011,pubblicato:martedì 15 gennaio 2013
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60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0
Occupati
Disoccupati Ritirati dal lavoro Altri inattivi Persone con limitazioni funzionali Popolazione residente in Italia *
Persone di 15-64 anni secondo la condizione lavorativa – confronto tra persone con limitazioni funzionali anno 2011 e popolazione residente in Italia 2011 - per 100 persone * Fonte: Istat Indagine sulle forze di lavoro. Primo trimestre 2011
Vi è un ulteriore dato fondamentale per percepire l’entità dell’esclusione sociale: la disoccupazione ed in particolare quella giovanile. I dati ISTAT3 aggiornati mensilmente mostrano l’aumento della disoccupazione nella fascia 15-24 anni. Per quanto riguarda il mese di marzo 2014 i disoccupati tra i 15-24enni sono 683 mila. L’incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’11,4%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,8 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione dei 1524enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 42,7%, sostanzialmente stabile rispetto al mese precedente ma in aumento di 3,1 punti nel confronto tendenziale. 50,0 45,0 40,0 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0
2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004
Serie storiche mensili Tasso di disoccupazione 15-24 anni
3 ISTAT: Occupati e disoccupati (dati provvisori). Periodo di riferimento: Marzo 2014, pubblicato:mercoledì 30 aprile 2014
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Tali dati non possono essere ignorati: l’esclusione sociale diviene giorno dopo giorno una realtà sempre più opprimente, una condizione di emarginazione che investe molteplici categorie di individui che pur avendo la volontà di partecipare attivamente alla vita comunitaria non sono messi nelle condizioni di agire come promotori di progresso.
2.2 Iniziative sociali del Comune di Milano
Da anni il Comune di Milano si impegna nell’individuazione di strategie volte a combattere le fragilità e le inclusioni sociali. Molteplici sono le gli sportelli informativi promossi dal Comune per ottenere direttive adeguate in caso di bisogno. Ma l’intervento non si limita alla sola informazione: vi sono infatti diverse iniziative e centri no profit che attuano attivamente politiche sociali strategiche ed efficaci per contrastare situazioni di crisi. Di seguito la trattazione di alcune tra le molte iniziative promosse dal comune. Fondamentale per il supporto agli stranieri è il centro COME, servizio della Cooperativa Farsi Prossimo della Caritas Ambrosiana e del Settore Servizi Sociali della Provincia di Milano. L’ente promuove percorsi di accoglienza, integrazione, interazione multiculturale al fine di fornire alle famiglio straniere strumenti atti ad affrontare l’esclusione sociale. Di notevole interesse il progetto A.R.I.A. promosso dal Comune di Milano in collaborazione con la fondazione Cariplo e la Regione Lombardia, rivolto al superamento delle difficoltà di detenuti ed ex detenuti. Il progetto ha diverse finalità tra cui favorire un valido supporto psicologico a detenuti e famiglie e reinserire socialmente i detenuti, una volta scontata la loro pena. Il reinserimento in società è di fondamentale importanza ed il progetto A.R.I.A. si propone di affiancare gli individui fragili durante il loro percorso ed aiutarli sotto diversi aspetti: accoglienza abitativa, salute, consulenza legale, supporto alle famiglie, orientamento al lavoro ed alla formazione professionale ed altri servizi . Ulteriore associazione no profit milanese è la CASA DELLA CARITA’, che offre numerosi e svariati servizi ad individui in difficoltà. L’associazione si propone di garantire non solo mensa ed alloggi di prima accoglienza ma anche servizi più specifici e professionali come ambulatori medici e comunità alloggio per disagio psichico . Queste sono solo alcune tra le innumerevoli politiche sociali promosse all’interno della realtà milanese, una dimensione che cerca sempre più di trasformare la diversità in ricchezza, la fragilità in forza per tutta la comunità.
3 Arte e terapia - Arteterapia
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Alda Merini
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3.1 Che cos’è l’Artetarapia
In una società in cui le categorie fragili continuano ad avanzare, anche l’arte entra in gioco ponendosi come strumento di miglioramento di una condizione di disagio. Nel corso degli anni l’arte come terapia ha acquisito sempre più importanza con riscontri estremamente positivi nel superamento di stati di varia difficoltà. L’Arteterapia si pone come medium terapeutico finalizzato alla crescita della persona nella sfera affettiva, relazionale ed emotiva, attraverso una serie di tecniche e metodologie legate all’identità dell’arte stessa, ovvero le rappresentazioni grafiche, musicali, teatrali. Mediante l’arte si intraprende un percorso profondo, rivolto sia agli individui ostacolati da disagi fisici, mentali od emotivi sia a tutti coro la cui sensibilità li spinga verso un processo di arricchimento. Il percorso creativo messo in atto nel fare arte produce benessere e migliora la qualità della vita: l’arte permette di superare limiti e sconfiggere l’oppressione di una società sempre più cinica verso la fragilità. Ed ecco che attraverso un disegno, un colore si può contrastare l’aggressività ed una melodia può facilitare l’espressione dei sentimenti. La danza libera il linguaggio del corpo ed il teatro valica i confini della persona permettendo ad ognuno di impersonificare infiniti ruoli. l’Arteterapia, con le sue tecniche e materiali, favorisce la conoscenza di sé stessi e delle proprie potenzialità rendendo possibile l’integrazione di tutte le risorse di cui disponiamo per poter vivere meglio. La produzione artistica non avviene mai in solitudine ma comprende il dialogo tra persone tra individui che si confrontano l’un l’altro. Fondamentale è la figura del terapeuta, un soggetto che, grazie ad un appropriato percorso professionale di apprendimento è in grado di affiancare personalità con un disagio da superare. L’arteterapeuta deve saper quindi accogliere, legittimare, amplificare i messaggi dell’altro con parole, disegni e proposte che esulino dal proprio gusto estetico. I canoni di bellezza sono sostituiti dal significato che il soggetto vuol far trasparire dalle proprie opere, attraverso il proprio corpo. Ed è a attraverso il confronto artistico che l’individuo si emancipa dalla propria condizione di negatività per proiettarsi verso una condizione di conquista.
3.2 L’Arteterapia dall’Italia a Milano
Fin’ora in Italia l’Artetarapia ha subito un forte rallentamento rispetto ad altri Stati, come ad esempio l’Inghilterra, per la mancanza di professionisti formati appositamente per questa disciplina. L’Arteterapia è stata infatti utilizzata da professionisti esperti in vari settori come la musica e la letteratura, per mancan
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za di strutture che formassero la figura dell’Arteterapeuta in senso stretto, con appropriate nozioni di psicoterapia correlate alla loro applicazione nel mondo dell’arte. Al momento, cominciano a svilupparsi scuole di questo tipo. A Milano molteplici sono i corsi istituiti per formare personale adeguato, corsi rivolti alla definizione di due figure: il terapeuta primario, in possesso di laurea in Psicologia o Medicina ed il professionista che, garante di laurea in discipline artistiche, interviene in affiancamenti alla prima figura. Le figure professionali che si affacciano al mondo dell’Arteterapia dovranno avere tali competenze: 1) conosce il linguaggio artistico, i materiali e le tecniche specifiche dell’Arte anche in riferimento all’evoluzione storico-artistica dai primordi alla contemporaneità; conosce il processo creativo e le sue implicazioni sul piano emotivo, psicologico e cognitivo; 2) impiega queste competenze nei diversi ambiti di intervento (sostegno, prevenzione e orientamento, riabilitazione), e con diverse modalità organizzative degli incontri (incontri individuali e di gruppo) come terapeuta primario o in affiancamento; 3) si assume la responsabilità della relazione terapeutica, formulando piani di intervento differenziati a seconda dei bisogni educativi, riabilitativi o terapeutici dell’utenza; 4) svolge il proprio intervento, osservando e riflettendo sugli accadimenti, facendo riferimento a modelli teorici che permettano di inquadrare e decodificare gli avvenimenti della seduta svolta con il/i paziente/i; 5) mantiene l’impegno di supervisione periodica per accrescere le proprie capacità di intervento e garantire un intervento depurato da problematiche proiettive; è tenuto alla formazione permanente; 6) si inserisce in strutture ed enti, comprendendo il proprio ruolo e sapendo collaborare, nel lavoro d’équipe, al progetto individuato sul cliente. Ciò significa anche sapere informare in modo idoneo i responsabili sul percorso che il cliente compie con e attraverso l’Arte- terapia. Può svolgere, se in possesso dei requisiti precedentemente esposti per il terapeuta primario, la libera professione; 7) svolge la propria pratica professionale in ambito pubblico e/o privato, nel rispetto della deontologia professionale e di quanto stabilito dal Codice Etico del Registro Professionale degli Arteterapeuti Italiani.1
L’arte dunque fa crescere, aiuta, fa superare le avversità. E’ uno strumento riabilitativo e di sostegno per ridurre disagi psicofisici, per migliorare le capacità relazionali di individui oppressi ed in condizioni di difficoltà. Vedremo di seguito alcuni casi applicativi in cui attraverso l’arte, nelle sue molteplici forme, si affrontano e si superano le fragilità.
1 A.Caputi, L’Arteterapia: efficacia, efficienza e sostenibilità in Italia e all’estero, 2011, pp. 13-14
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3.3 Teatro e danza: la liberazione dell’individuo
INCONTRO Un incontro di due: occhi negli occhi, volto nel volto. E quando tu sarai vicino: io coglierò i tuoi occhi, e li metterò al posto dei miei, e tu prenderai i miei occhi e li metterai al posto dei tuoi. Così io guarderò te con i tuoi occhi e tu guarderai me con i miei. Così persino la cosa comune impone il silenzio e il nostro incontro rimane la meta della libertà: il luogo indefinito, in un tempo indefinito, la parola indefinita per l’uomo indefinito.1
Già nell’antica Grecia arte teatrale diventa momento privilegiato per superare difficoltà e tensioni interiori. Aristotele, nel testo La Poetica dipinge la rappresentazione teatrale tragica come momento di purificazione da parte di colui che osserva ciò che va in scena, il compimento della catharsi. Lo spettatore non osserva passivamente la azioni ma ne prende parte con il proprio coinvolgimento emotivo: tale partecipazione passionale rappresenta uno sfogo, una liberazione che nel culmine della rappresentazione teatrale si tramuta in rasserenamento e calma interiore. Tragedia dunque è mimesi di un’azione seria e compiuta in se stessa, con una certa estensione; in un linguaggio abbellito di varie specie di abbellimenti, ma ciascuno a suo luogo nelle parti diverse; in forma drammatica e non narrativa; la quale, mediante una serie di casi che suscitano pietà e terrore, ha per effetto di sollevare e purificare l’animo da siffatte passioni.2 Queste emozioni come pietà, paura ed entusiasmo, che in alcuni hanno una forte risonanza, si manifestano però in tutti, sebbene in alcuni di più e in altri di meno. E tuttavia vediamo che quando alcuni, che sono fortemente scossi da esse, odono canti sacri che impressionano l’anima, allora si trovano nelle condizioni di chi è stato risanato o purificato. La stessa cosa vale necessariamente anche per i sentimenti e gli affetti di cui abbiamo parlato, che possono prodursi in chiunque per provare una purificazione ed un piacevole alleggerimento. Analogamente, le musiche particolarmente adatte a produrre
1 J.L. Moreno, Einladund zu einer begegnung, Vienna, 1914 2 Aristotele, Dell’Arte Poetica, IV secolo a.C., Arnaldo Moldadori Editore, Milano 1978, trad. M. Valgimigli, cap 6, 1449b 24-28.
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purificazione danno agli uomini una innocente gioia. 1
L’uomo attraverso l’arte teatrale è in grado di far superare paure e difficoltà. Se da un lato la purificazione greca avviene per immedesimazione emotiva, senza una reale azione recitativa da parte del soggetto che assiste alla scena,dall’altrolato, nel corso dei secoli, si sono sviluppate diverse tecniche teatrali di tipo più attivo, in cui gli individui agiscono come veri e propri attori. Un passo fondamentale verso la definizione di teatro in vesta terapeutica avviene con l’invenzione nel 1921 da parte dello psichiatra J.L.Moreno dello psicodramma. Esso consiste in una terapia di gruppo in cui i soggetti, improvvisando, mettono in scena diverse dimensioni della loro vita. L’immediata conseguenza è lo sblocco di situazioni psicologiche cristallizzate e ripetitive fino a riscoprire la propria spontaneità e creatività. Diversi sono i protagonisti: lo psicodrammatista ,un palcoscenico (ovvero una scena dove si svolge l’azione),un protagonista della rappresentazione, un’équipe psicodrammatica, gli spettatori, con la stessa funzione del coro della tragedia greca. 2
Tradurre in azione, drammatizzare costituisce un canale diretto di comunicazione con l’individuo che, svincolandosi da restrizioni, si libera ed affronta i propri conflitti ed i propri fantasmi. La recitazione è forza, è pura energia che si insinua negli individui rendendoli impavidi di fronte alla realtà. Non sono solo le parole ma è soprattutto il corpo che in teatro viene liberato da catene fisiche ed emotive. Si pensi, ad esempio, all’influenza che hanno avuto sull’utilizzo libero del corpo nell’azione teatrale diverse personalità artistiche tra cui la coreografa tedesca Pina Bausch.
Pina Bausch, Teatrodanza “Ifigenia in Tauride”, Wuppertal 1974
1 Aristotele, Politica, IV secolo a.C., Arnaldo Moldadori Editore, Milano 1978, trad. Augusto Viano, cap 7, 1341b 32 - 1342a 16. 2 G, Montesarchio, P. Sardi, Dal teatro della spontaneità allo psicodramma classico: contributo alla revisione di J. L. Moreno, Franco Angeli Editore, Milano 1987
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Quest’ultima è stata una degli ideatori negli anni settanta, insieme ad altri coreografi tedeschi, del Teatrodanza, un progetto artistico che racchiude in sé non una sola disciplina ma molteplici espressioni creative, coma la danza e la recitazione. I danzatori sono chiamati all’improvvisazione, interagiscono con la scenografia, si nutrono della scena, divengono attori ed autori dell’opera stessa. A tale proposito è stato coniato il termine danzattori. Vi è un rapporto intrinseco e diretto tra fragilità e forza, un rapporto di opposti e contrasti che caratterizza l’intera vita. I danzattori mettono in scena la loro vita che emerge in tutte le contraddizioni che le convengono. Recitare, danzare, parlare, urlare per esprimersi, emanciparsi, rappresentarsi avere dominio di sé stessi. Teatro come terapia, recitare per emanciparsi dal mondo:in Italia sono sempre più numerose le iniziative in questo senso; soprattutto Milano accoglie molteplici laboratori teatrali rivolti soprattutto ad individui con un disagio da sconfiggere. Particolare rilevanza assume un iniziativa di Teatroterapia che ha visto protagonisti i detenuti della casa circondariale di Bollate a Milano. Il progetto, denominato Raccontarsi: percorso verso la libertà, è stato finanziato per l’anno 20122013 dalla Regione Lombardia e patrocinato da ANVOLT e COOP. LUCE.
MA...LA...VITA, Casa Circondariale di Bollate, 2013
Il percorso è stato diretto dal regista Dott. Mario Ercole e dalla Psicologa Dott. ssa Ilaria Coronelli, ed ha visto la messa in scena di diversi spettacoli tra cui Amleto di Shakespeare, Il patto con il diavolo di Goethe e Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde di Stevenson Dopo le rappresentazioni , i detenuti si sono trattenuti dialogare e riflettere sulla loro condizione con il pubblico facendo emergere le loro speranze future. Di notevole interesse è stata le messa in scena ,lo scorso 12 settebre dello spettacolo “MA…LA…VITA”. in quest’occasione
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15 detenuti del carcere, accompagnati da una band composta anchessa di reclusi, i Settequarti, hanno mostrato al pubblico la loro visione della prigione e l’idea di un futuro al di là delle mura. Fondamentale è stato il dialogo con il pubblico a fine spettacolo: dal confronto si esce vincenti e positivi verso il futuro. Attraverso questo laboratorio di teatro terapia si definisce un forte momento si aggregazione e socializzazione e reintegrazione. Anche Il carcere offre dunque un’occasione di ripartenza e riflessione nella piena affermazione della dignità.
3.4 Dipingere il mondo
Il disegno, la pittura, la scultura sono mezzi molti efficaci in Arteterapia. Il soggetto convoglia le proprie emozioni nel gesto grafico, instaurando un rapporto di simbiosi tra la fantasia e realità. Il disegno, data la necessità di compiere movimenti fini e mirati, è inoltre in grado si agevolare la coordinazione visuomotoria degli individui coinvolti. Tre sono i significati fondamentali che assume il disegno in Arteterapia: un significato ludico destinato alla creazione, un significato narrativo per raccontare se stessi ed un significato conoscitivo per porsi e rispondere a delle domande. Vi è inoltre un quarto significato che racchiude in sé i precedenti, quello proiettivo: l’individuo mediante la creazione artistica trasferisce nella concretezza fisica il proprio disagio interiore. Ansie, paure e disagi sono ora elementi esterni da osservare e superare.3 Si pensi inoltre alla diversità delle tecniche pittoree e scultoree che si possono approcciare : dalla tempera, all’acquarello, all’utilizzo delle dita sulla superficie; ognuna di esse comporta una relazione particolare tra colore e corpo, tra materia plasmabile ed interiorità dell’individuo che esprime se stesso. Dipingere il mondo per creare qualcosa che permetta di sconfiggere la fragilità; affrontare le proprie paure ed annientarle con l’uso del colore: queste sono le finalità della pittura terapia e con tali obiettivi lavorano diversi laboratori specializzati in tutta Italia. Nello specifico a Milano si moltiplicano sempre di più i corsi e gli spazi dove la pittura e la scultura diventano arti al servizio della fragilità, discipline terapeutiche.
3 Aa.Vv., L’Arteterapia: efficacia, efficienza e sostenibilità in Italia e all’estero, Fondazione Istud, 2011, p. 20
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Arteterapia, la pittura
3.5 La forza delle parole
Si chiama IL DUE perché dal “Due”, da piazza Filangieri 2, a Milano, cioè dal carcere, vogliono uscire. Vogliono uscire corpi, ma vogliono uscire anche parole e immagini. Per avere più spazio, per dialogare con quelli che stanno fuori, per costruire qualcosa insieme. Per sentirsi vivi. Per farlo si sono messi insieme donne e uomini liberi, donne e uomini prigionieri.4
Diversi sono i nomi che definiscono l’uso della scrittura in Arteterapia come writing therapy, poetry therapy, bibliotherapy e molteplici sono le tecniche volte all’utilizzo della scrittura come terapia, che variano a seconda degli individui che vi si approcciano. È possibile generalmente distinguere tra due modalità di intervento , una attiva ed una passiva. Nella modalità attiva i soggetti compongono di persona brani a partire da parola chiave individuate dal terapeuta. La modalità passiva prevede la lettura e la reinterpretazione di testi già scritti. La funzione espressiva della scrittura permette di entrare in contatto con sé stessi fino ad una maggiore consapevolezza. Spesso ci si identifica nei personaggi narrati: si evade dalla realtà per poi tornarci ed affrontarla con maggior forza e determinazione. La scrittura è dunque un mezzo estremamente importante ed efficace per aiu4 Netmagazine di San Vittore, www.ildue.it, Hompage
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tare individui con disagi a superare le loro difficoltà. A tale riguardo di estremo interesse è l’iniziativa promossa da carcere San Vittore di Milano. A partire dal 1992, grazie soprattutto all’intervento della Dott.ssa Emilia Patruno, ai carcerati è stato data l’opportunità di comunicare con l’esterno attraverso un giornale. Inizialmente il giornale si presenta cartaceo ed evolve il proprio nome da Senza Titolo a Magazine2, mentre, a partire dal 1998, si tramutato nel sito internet www.ildue.it. In questo netmagazine sono presenti molteplici rubriche che trattano i più svariati temi, dall’attualità, alla poesia, dalle condizioni di detenuto, alle prospettive fuori dal carcere.
Il due, netmagazine di San Vittore, homepage
All’interno delle celle non è consentito l’utilizzo di internet e i carcerati, dunque non possono vedere online i propri pezzi, che vengono scritti su carta ed inseriti, successivamente, dall’esterno su internet. Mediante la scrittura si stabilisce una connessione fondamentale tra il recluso e l’individuo libero: ogni parola è una breccia in un muro di pregiudizi, ogni frase un passo verso la negazione delle fragilità. 3.6 Il caso Alda Merini
Ora che ti ho perduto veramente con quali rime canterò all’ingrato che mi ha mossa gemente alla follia. Dove andrò a rilavare queste vesti inondate d’amore, neanche un nume più mi vorrebbe tanto sono scesa dal mio cumulo ardente di preghiere. Nulla più che mi basti e piango e rido come una folle sopra la mia stele.5
La scrittura è una terapia, essa scava nel profondo dell’individuo e lo purifica. 5 A.Merini, Ora che ti ho perduto, Lettere al dottor G., Frassinelli Editore, Milano 2008, p.57
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Uno dei casi più emblematici a riguardo vede come protagonista una delle più grandi poetesse italiane di tutti i tempi, un’artista che ha convissuto tutta la vita con la follia ma che, grazie alla poesia è riuscita ad emergere, riscattarsi e vincere sul mondo: Alda Merini. Alda Merini nasce a Milano nel 1931 e molto presto si fa notare nel mondo letterario, ottenendo la pubblicazione delle sue liriche nella Antologia della poesia italiana 1909-1949. Il suo primo libro è La Presenza di Orfeo, pubblicato nel 1953 ed apprezzato da molti esponenti della poesia italiana. Moltissime sono le pubblicazioni ed i riconoscimenti che nel corso degli anni l’hanno vista protagonista, fino al 1 novembre 2009, giorno in cui si spegne, portata via da un male incurabile. La poetessa fin dalla gioventù, soffriva di una sindrome bipolare: un disagio psicologico di tipo nevrotico depressivo. Un disagio col qual ha convissuto coltro il quale ha lottato. Un disturbo che tra il 1965 ed il 1972 l’ha portata all’internamento presso l’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano. Fui quindi internata a mia insaputa, e io nemmeno sapevo dell’esistenza degli ospedali psichiatrici perché non li avevo mai veduti, ma quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso: mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica a uscire. Mi ribellai. E fu molto peggio. La sera vennero abbassate le sbarre di protezione e si produsse un caos infernale. Dai miei visceri partì un urlo lancinante, una invocazione spasmodica diretta ai miei figli e mi misi a urlare e a calciare con tutta la forza che avevo dentro, con il risultato che fui legata e martellata di iniezioni calmanti. Non era forse la mia una ribellione umana?6
Dolore, sofferenza,orrore: Il folle viene dimenticato dalla societò dimenticato e viene sottoposto a pratiche disumane come l’elletroshock. Ma Alda Merini ha saputo reagire allo sconforto generato da un ambiente oscuro, si è rialzata ed ha cantato al mondo le sue sofferenze per crescere e per liberarsene. La poetessa ha accettato la drammatica esperienza del manicomio come uno stimolo per elaborare delle profonde riflessioni interiori che, mescolate alla sofferenza provata e alla sua sensibilità, ha saputo trasformare in poesia. Due sono i testi che più di altri raccontano l’esperienza del suo internato: L’altra verità. Diario di una diversa pubblicato nel 1986 e La Terra Santa, pubblicato nel 1993 per il quale ha ottenuto il Premio Librex Montale. La scrittura, la poesia è di nuovo mezzo per superare la fragilità, strumento per evadere dalla realtà ed emanciparsi da una condizione di oppressione. La scrittura è terapia, aiuta a sconfiggere qualsiasi avversità. A conferma di ciò non si potrebbe omettere un altro volume che raccoglie alcuni scritti di Alda Merini, intitolato Lettere al Dottor G. L’opera nasce in seguito al ritrovamento, dopo trent’anni, di alcune fogli, scritti sotto forma di lettere e poesie, che la Merini compose durante l’internato al Paolo Pini e negli anni successivi. Ogni scritto è 6 Id., L’altra verità. Diario di una diversa,Rizzoli Editore, Milano 1986
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datato ed indirizzato ad un medico chiamato Dottor G. Il dottore in questione è lo psichiatra Enzo Gabrici, specialista che aveva i cura la poetessa durante il ricovero. Il dottore, come scrive nella prefazione del libro, non era a conoscenza delle lettere che la Merini gli indirizzava ma riconosce l’estrema importanza che la scrittura ha avuto per la poetessa durante il suo periodo di oscurità Resosi conto dell’influenza che la parola scritta aveva sulla Merini, fu lo stesso dottor Gabrici a dare alla poetessa una macchina da scrivere, convinto che, più che la disumana pratica dell’elettroschok, fosse la sua Arte la vera terapia, il rimedio alla sofferenza ed alla fragilità . La sua espressione più vera era la poesia , l’Arte che il suo oscuro spirito le aveva dato in dono con il suo oscuro messaggio. L’arte è dunque terapia, contro il dolore, contro l’emarginazione di una società troppo spesso meschina; è un inno a reagire per sconfiggere definitivamente la fragilità.
Alda Merini
4 Ambito d’azione: ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini
OLTRE IL MURO — 41
4.1 Ex O.P. nel contesto multiculturale della periferia Nord di Milano
Il Paolo Pini è un ex Ospedale Psichiatrico ubicato ad Affori, al limite con il confine comunale della città di Milano, un territorio caratterizzato da vuoti ur¬bani ed aree dismesse che solo ultimamente è diventato meno marginale grazie all’arrivo della metropolitana. La struttura, adibita ad uso manicomiale fino al 1999, composta da più di 30 edifici, si estende su un territorio di 250000 mq adibiti a parco che costituisce un polmone verde per la periferia nord di Milano. Costruito agli inizi degli anni 20’ dello scorso secolo nel territorio marginale del Comune, si trova oggi ad essere in stretta connessione con i quartieri di Comasina, Affori e Bovisasca. Durante tutto il novecento il parco ha visto consumare attorno a sé un’ingente quantità di terreno tale da farlo diventare un’ eccellenza naturalistica e polifunzionale da salvaguardare e da valorizzare, nonché la chiave di congiunzione tra tre parti di città in via di espansione. Tra i tre quartieri attigui al parco il più interessante è l’analisi del quartiere Comasina. Mentre Affori e la Bovisasca si trovano separati da esso rispettivamente dalla ferrovia e da una doppia via di circolazione su due ruote, la Comasina risulta in diretta comunicazione con la struttura. Attualmente, si configura come un quartiere multiculturale, dove centri sociali e luoghi di aggregazione sono fondamentali per un’integrazione sociale. Il Paolo Pini, dal punto di vista urbanistico, può trovare un’ identità e assumere un ruolo specifico nello sviluppo socio economico dell’intera città. I progetti di riconversione che dall’inizio del nuovo millennio si sono succeduti all’interno del recinto hanno maturato un carattere multisettoriale che ha portato a risultati tangibili e riconosciuti di inclusione sociale e di sviluppo locale. In particolare, la combinazione di progetti culturali, partecipativi, riabilitativi e aggregativi con progetti di impresa sociale orientati all’implementazione di esercizi pubblici, ha creato interessanti elementi di rigenerazione urbana. Non più una cittadella a sé stante con un muro a delimitarne il confine, come nell’idea comune rispetto a queste strutture, ma un vero polo attrattivo per la comunità e per tutta Milano.
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OLTRE IL MURO — 43
Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini: planivolumetrico con fotoinserimento del modello
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PAOLO PINI: EVOLUZIONE DELL’INTORNO EVOLUZIONE INTORNO EX. OSPEDALE PSICHIATRICO PAOLO PINI
Bruzzano
O.P.P.P.
MI
Affori
1924
Bruzzano
O.P.P.P.
MI
Affori
1965
Bruzzano
O.P.P.P.
MI
Bovisasca
Affori
2006
OLTRE IL MURO — 45
PAOLO PINI: I QUARTERI
N O Z A Z U B R
A S I N A M C O
I O R F A F C A A S S V I B O
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MILANO RETE DEI TRASPORTI 2013
MILANO RETE DEI TRASPORTI 2013
Paolo Pini
MILANO Paolo Pini RETE DEI TRASPORTI 2030
MILANO RETE DEI TRASPORTI 2030
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MILANO 1924 MILANO 1924
MILANO OGGI MILANO OGGI
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Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, vista dall’alto
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4.2 Breve storia del Paolo Pini
L’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini si sviluppa su un area di 245.000 mq dove trovano spazio padiglioni, edifici di sevizio e molto verde. Il complesso venne costruito in linea con i dettami dell’architettura civile di fine XIX secolo, seguendo la tipologia a padiglioni, con edifici di massimo due piani, ben orientati e distanti tra di loro. I padiglioni si configurando assecondando la forma ad H o a C e seguendo altre accortezze architettoniche che li fanno rientrare nella categoria delle architetture pubbliche milanesi dell’epoca, ovvero quella razionale degli anni 20. All’interno dei padiglioni aule e camere di degenza sono disposte in sequenza lungo i corridoi che attraversano gli edifici per tutta la loro lunghezza. Fondamentale è l’asse simmetrico ordinatore di tutti gli edifici, fatta eccezione per quelli di servizio, che risultano marginali rispetto alla planimetria complessiva. Esempi di questi schemi si possono ammirare anche negli ex ospedali psichiatrici di San Giovanni a Trieste e Santa Maria della Pietà a Roma. L’ex O.P. Paolo Pini occupa una zona marginale della città, periferica: Affori, nello specifico via Ippocrate 45. Affori è stata una cittadina autonoma fino al 1923, anno in cui è entrata a far parte del territorio comunale di Milano. Nella cintura della città, pressoché disabitata agli inizi del Noecento, prese luogo tale struttura contenitiva che, in concomitanza con l’espansione di Milano, si ingrandì e divenne una città nella città. Ora il tessuto urbano si è ampliato, andando ad inglobare anche l’area del Paolo Pini: non è ormai più possibile ignorare l’iponente muro di cinta, l’ultimo baluardo tra la città e l’ex O.P.
Ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, foto d’epoca
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A seguito verranno indicate alcune fasi fondamentali nella definizione dell’assetto dell’attuale Paolo Pini: -1906: acquisto da parte della provincia del terreno per la costruzione di un nuovo manicomio per Milano. -1923-1927: vengono edificati i primi 9 padiglioni: reparto psicogeriatrico, reparto osservazione donne, gabinetti polispecialistici, reparto osservazione uomini, reparto alcoolpatici, biblioteca degenti, accettazione, cucina e dispensa, lavanderia e guardaroba. L’istituto comincia a funzionare con il nome Casa di cura Villa delle Rose poi Villa Fiorita. -1939 si raggiungono massimo 347 malati. Nel settembre dello stesso anno la Provincia si riappropria dello stabile e lo comincia a gestire sotto il nome istituto ospitaliero psichatrico provinciale -1945 dopo la guerra il complesso viene intitolato a Paolo Pini, neuro psichiatra e benefattore. -1953-1965 vengono introdotti nuovi strumenti terapeutici tra cui l’assistenza sociale. Si verificano lavori di riammodernamento e di ampliamento. Avrà luogo l’edificazione dei seguenti padiglioni: chiesa, camera mortuaria, convitto suore, reaparto degenza e cura donne, direzione, reparto di radiologia, alloggio infermiere, isolamento, diversi magazzini e officine, C. Dei Prati, reparto di degenza e cura uomini, clinica psichiatrica universitaria, Villa Serena. Negli anni sessanta Il Paolo Pini raggiunge il massimo dei degenti toccando circa mille unità. Una vera e propria cittadella ermeticamente chiusa verso l’esterno. -1972: vengono costruiti altri due edifici con funzione di magazzino e stalle -1978: legge n° 180 “Basaglia” : propone la chiusura graduale degli ospedali psichiatrici attraverso il divieto di nuovi ricoveri, dal 1981 il divieto di costruirne altri, lo spostamento della degenza in ospedale a servizio di comunità diffusi nel territorio, la creazione dei reparti psichiatrici nell’ ospedale civile e la nascita della comunità terapeutica. Si delinea una soluzione che andava oltre la fabbrica della follia da cui chi entrava difficilmente poteva uscirne. La legge si basa su due concetti: la prima è il rispetto dell’autonomia del paziente; la seconda è l’inserimento sociale dello stesso attraverso terapie atte alla sua risocializzazione. Ecco allora la nascita di comunità protette sparse nel territorio e cooperative sociali di lavoro. Negli anni novanta il manicomio risulta comunque ancora operante. -1980 inserimento di scuola superiore( istituto commerciale Pareto e l’istituto professionale di stato per l’agricoltura e l’ambiente), la sede della banda di Affori, circolo arci e la comunità di fratello Ettore. -1984: nel gennaio di quell’anno, fra il generale consenso degli abitanti della zona, tutti i servizi della ASL (Azienda Sanitaria Locale, che allora si chiamava USSL, Unità Servizi Sanitari Locale) sono stati trasferiti dagli ambienti angusti di via Val di Bondo alla palazzina di via Ippocrate n°45. Tale trasferimento, favorito dalla Regione Lombardia ha promosso la ristrutturazione dei vani per
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rendere alla zona un utile ed efficiente servizio di assistenza sanitaria. La nuova sede ha consentito di usufruire anche degli ambulatori annessi al complesso ospedaliero dando così inizio alla trasformazione ed al recupero dell’ex nosocomio provinciale. -1986: nell’ottobre di quell’anno la Regione Lombardia ha approvato il programma di riconversione dell’ex struttura manicomiale, completatosi nel 1990 grazie a un investimento di oltre sette miliardi di vecchie lire per rendere l’ex O.P. Paolo Pini una cittadella psichiatrica aperta. Il piano regionale di ristrutturazione ha portato alla scomparsa delle divisioni psichiatriche di tipo tradizionale, sostituite da nuove comunità terapeutiche aperte. Alcune decine di pazienti sono andati ad abitare fuori dal manicomio, in comunità alloggio realizzate all’interno di stabili civili; questa promiscuità “ sani- malati “ non è stata priva di perplessità e proteste per una possibile svalorizzazione dell’edificio, o per la semplice inquietudine di fronte alla testimonianza quotidiana del disagio e della diversità. Malgrado le difficoltà, sono state aperte cinque comunità a media e una ad alta assistenza, dove gli operatori dell’ex O.P. hanno continuato a prestare servizio. L’istituto, chiuso dal punto di vista amministrativo dal 31 dicembre -1998: il 31 dicembre di quell’anno, l’istituto chiude dal punto di vista amministrativo ma non sul piano assistenziale. Da questo momento in poi iniziano e si moltiplicano le iniziative sociali e culturali, una su tutte quella di Olinda. Olinda è una organizzazione che da il maggior contributo nell’aprire il P.P. alla città. Le sue attività sono aperte a tutti e servono come strumento per integrare l’ex ospedale psichiatrico con il contesto. Il Paolo Pini non svolge più la sua secolare funzione di contenitore di sofferenza e disagio psichico, non più emblema di devianza e marginalità E’ da considerare inoltre il fatto che la chiusura degli O.P non è derivata solo da motivi morali e politici: fondamentale è stata la riflessione sui costi di mantenimento di tali strutture. La cultura odierna evidenzia l’esistenza della malattia mentale e spesso l’impossibilità di porvi rimedio, ma allo stesso tempo si rende conto che il manicomio ha spesso condotto al peggioramento delle diverse situazioni ad esso affidate. 1
1 F. Garavaglia F., Un secolo d’assistenza psichiatrica nella provincia di Milano, Milano, 1968
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SCHEMA DEMOGRAFICO: AFFLUENZA PAZIENTI AL PAOLO PINI
1920
1950
1980
2010
200 unità =
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Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, evoluzione storica
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56 — OLTRE IL MURO
OLTRE IL MURO — 57
Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, foto storica
58 — OLTRE IL MURO
4.3 Analisi del Verde
Milano Verde
A partire dalgi ultimi anni la città di Milano sta diventando sempre più sensibile circa la questione ambientale, promovendo progetti rivolti all’ampliamento di aree verdi esistenti e sviluppandone di nuove. Ciò si va a definire nella prospettiva di Expo 2015, un evento che vedrà il capoluogo lombardo al centro dell’attenzione mondiale. Il tempa dell’Expo, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, mette in luce la volontà di affrontare una realtà essenziale per l’uomo: l’alimentazione. Ci si propettano svariati obiettivi, come preservare la bio-diversità, coltivare un ambiente sano, eco sostenibile, in cui la salute ed il benessere della della Persona siano messi al primo posto. In tale contesto la studio e lo sviluppo del verde assumono un ruolo fondamentale in relazione alla qualità della vita umana. A partire dal 2008 si parla di Raggi verdi, un progetto volto a promuovere un reticolo di verde che innerva l’intero territorio della città ponendo come cardine della pinificazione urbanistica e territoriale lo spazio pubblico: da ciò deriva una città più vivibile e permeabile Tale progetto è promosso dal Settore Sviluppo del Territorio e Settore Arredo, Decoro urbano e Verde del Comune di Milano a partire da un’idea di AIM, Associazioni Interessi Metropolitani, con lo Studio Land che ne ga presentat la prima articolazione sul territorio. Si prevede la realizzazione di 8 raggi di lunghezza media tra i 7 e i 12 km lineari. I Raggi Verdi saranno spazi lineari, ombrreggiat da migliaioa di alberi, definiti da un susseguirsi di verdi differenti; una piazza alberata, un giardino, un grande parco urbano, un parco di quartiere. Sarà possibile correre in mezzo alla natura, oziare, sostare o vivere per intero un percorso verde e vivo fatto di luci, suoni, colori e profumi. Ogni raggio parte dal centro della città fino a confluire nella cintura urbana che cinge la città, un vero e proprio anello verde. Tale spazio circolare, propulsore di energia e dinamismo, sarà sede di un futuro percorso ciclopedonale di 72 km lineari. Esso, come un anello , collega tra loro i grandi parchi urbani, come il Parco Nord, ed i parchi di Cintura e contribuisce nella sua forza ad avvicinare Milano ad un idea di città verde e sostenibile
OLTRE IL MURO — 59
MILANO: I Parchi di Cintura I Raggi Verdi
60 — OLTRE IL MURO DISPONIBILITÀ
E DENSITÀ DI VERDE URBANO NEI COMUNI CON PIÙ DI 200 MILA ABITANTI O CENTRI DI AREA METROPOLITANA.*
40
ITALIA
Cagliari
30
Catania
20
Messina
10
Palermo
0 Densità Sau
30 40 50 Densità aree naturali protette
Bari
Napoli
Roma
Firenze
Bologna
Trieste
Padova
Venezia
10 20 0 Densità verde urbano
Verona
Milano
Genova
Torino
Disponibilità di verde urbano Densità di verde urbano m2 per abitante % sulla DENSITA’ DI VERDE URBANO, AREE DISPONIBILITA’ DI VERDE URBANO NEIsuperficie CAPOLUOGHI DI PROVINCIA. m2 per abitante* NATURALI PROTETTE E SUPERFICIE 4 4 AGRICOLA UTILIZZATA NEI CAPOLUOGHI 35 35 DI PROVINCIA.* 30 30 25 2,7 25 30,3 14,8 Italia Italia 20 20 45,5 5,3 15 15 24,3 12,2 Nord-ovest Nord-ovest 32,2 10 10 3,8 5 5 15,5 45,4 Nord-est Nord-est 49,5 0 0 2,1 17,7 37,1 Centro Centro 40,4 2,8 13,8 23,0 Sud Sud 52,4 1,2 12,8 26,7 Isole Isole 47,4 50
CAPOLUOGHI DI PROVINCIA CON DENSITA’ DI VERDE URBANO SUPERIORE AL 10% DEL TERRITORIO.* Media Capoluoghi: % DISPONIBILITÀ E DENSITÀ DI 2,7 VERDE URBANO NEI COMUNI CON PIÙ DI 200 MILA ABITANTI O CENTRI DI AREA METROPOLITANA.* Sondrio 31,7
Trento 24,4urbano Densità di verde
Disponibilità di verde urbano
% sulla superficie
15,8 15,5 14,6 14,0 13,7
ITALIA
30
Cagliari
Catania
25
Messina
Palermo
Bari
20
Napoli
Roma
15
Firenze
Bologna
11,9 Trieste
10
Padova
Venezia
5
Verona
Milano
Genova
0
Torino
Monza m2 per abitante Como 4 Matera 35 30 Torino 25 20 Potenza 15 Pescara 10 5 Milano 0 * Dati ISTAT
34,2
4 35 30 25 20 15 10 5 0 35
OLTRE IL MURO — 61
COMUNI CON PIÙ DI 200 MILA ABITANTI O CENTRI DI AREA METROPOLITANA
DENSITA’ VERDE URBANO, DISPONIBILITA’ DI VERDE URBANO NEI PERDI TIPOLOGIE DI VERDEAREE URBANO E RIPARTIZIONE GEOGRAFICA*. NATURALI PROTETTE E SUPERFICIE CAPOLUOGHI DI PROVINCIA. m2 per abitante* Composizione percentuale AGRICOLA UTILIZZATA NEI CAPOLUOGHI DI PROVINCIA.*
Torino Genova 2,7 14,8 Milano Italia 45,5 Verona 5,3 12,2 Venezia Nord-ovest 32,2 Padova 3,8 15,5 Trieste Nord-est 49,5 Bologna 2,1 17,7 Firenze Centro 40,4 Roma 2,8 13,8 Napoli Sud 52,4 Bari 1,2 12,8 Palermo Isole 47,4 Messina 10 20 30 40 50 Catania 0 Densità aree Caglairi Densità verde urbano naturali protette Italia 0
5
10
15
Verde storico Giardini scolastici
20
25
30
35
40
Verde attrezzato Orti urbani
30,3
Italia
24,3
Nord-ovest
45,4
Nord-est 37,1
Centro 23,0
Sud
26,7
Isole 0 Densità Sau 45
50
55
60
10
65
20
70
Aree di arrredo urbano Forestazione urbana
75
30
80
85
40
90
50
95
100
Aree sportive all’aperto Altro
DISPONIBILITÀ E DENSITÀ DI VERDE URBANO NEI COMUNI CON PIÙ DI 200 MILA ABITANTI O CENTRI DI AREA METROPOLITANA.*
Disponibilità di verde urbano
m2 per abitante
% sulla superficie
ITALIA
Cagliari
Catania
Messina
Palermo
Bari
Napoli
Roma
Firenze
Bologna
Trieste
Padova
Venezia
Verona
Milano
Genova
Torino
4 35 30 25 20 15 10 5 0
Densità di verde urbano
4 35 30 25 20 15 10 5 0
62 — OLTRE IL MURO
Parchi e Giardini attorno al Paolo Pini
Il Comune di Milano è amministrativamente suddiviso in nove zone di decentramento. L’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini si trova nella zona 9, che accoglie i quartieri di Comasina, Affori, Porta Nuova, Niguarda, Bovisa, Fulvio Testi. All’interno di tale area vi sono diversi parchi ed aree verde che differiscono notevolmente tra loro per dimensione e sviluppo spaziale. Di notevole rilevanza è il Parco Nord, vero e proprio polmone verde di Milano, una realtè che si estende per circa 640 ettari e rappresenta uno degli esempi più riusciti e più vissuti tra i parchi della cintura metropolitana. La zona 9 non è occupata solo da parchi di grandi dimensioni, ma anche da un susseguirsi di piccoli giardini pubblici, spesso attrezzati per il gioco dei bambini, come il Giardino Bruno Munari o il Giardino Gina Galeotti Bianchi. Le due aree verdi più prospicenti al Paolo Pini sono il Parco di Villa Litta ed il Pioppeto Bovisasca. Il primo è un ampio parco all’inglese che ospita la settecentesca Villa Litta, oggi biblioteca comunale. Nel primo dopoguerra l’amministrazione provinciale aveva incaricato della sua manutanzione alcuni ospiti dell’Ex Ospedale Psichiatrico. Il secondo è una fascia verde, un pioppetogiardino lungo via bovisasca, uno spazio per passeggiare e ristorarsi. Molte sono le aree verdi che interessano la zona nove, ognuna con le proprie caratteristiche e peculiarità ma, il parco del Paolo Pini presenta delle qualità che lo rendono unico, ricco e dinamico
Milano Parco Nord
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64 — OLTRE IL MURO
Il Parco al Paolo Pini
Alberi, fiori, vaste zone di manto erboso e padiglioni circondati da alti alberi: questo è il Paolo Pini, così appare il suo spazio, una realtà in cui il verde domina su tutto quanto. Vi è una forte dicotomia tra dentro e fuori il parco, per via della presenza di un possente muro di cinta, una barriera che un tempo definiva il margine tra la sanità e la malattia. Ecco che camminando lungo le strade che circondano il Paolo Pini si è aggrediti da traffico e rumore, ma è sufficiente varcare le soglie del muro per ritrovarsi immersi in un’oasi, uno spazio estraneo alla frenesia della città, un luogo nel quale rilassarsi in contatto con la natura. L’intero muro di cinta è definito da una folta massa arborea che, innalzandosi ben al di sopra dell’altezza del confine, diventa il nuovo perimetro del Paolo Pini: non più cemento impenetrabile, ma alti alberi che incuriosiscono i passanti e li invitano ad entrare. Il verde è, dunque, il carattere domaninante del Paolo Pini, è definito da una molteplicità di spazi differenti tra loro che vanno a definire una realtà unica e dimamica, un parco ricco di luci suoni e colori. La massa arborea, oltre a svilupparsi lungo i confini, definisce le strade interne, andando a svlipuppare lunghi e suggestivi viali alberati. E’ possibile suddividere il manto erboso in tre categorie in base alla cura ed alla manutenzione che vi si rivolge. Vi sono degli appezzamenti di verde estremamente curato in corrispondenza dell’ingresso principale e nelle aree destinate alle scuole: l’erba è cortissima, le chiome degli albei squadrate e i fiori ordinati a definire delle aiuole. La maggior parte del restante manto erboso è in buono stato: vasti prati verdi e rigogliosi si susseguono fra loro e incntrano alberi, fiori e padiglioni. Prevale la spontaneità sul rigore ed il disegno del verde, prevale la natura sull’artificio. Vi sono infine alcune zone in totale abbandono, trascurate, dove il soffice manto erboso ha lasciato posto a rovi ed erbacce. Queste zone occupano soltanto acune aree limitate del parco. Fondamentali sono inoltre gli spazi dedicati alla coltivazione ortofruttifera, attività che verrà trattata nello specifico nei capitoli successivi: da diversi anni all’interno del Paolo Pini opera Olinda, un’associazione promotrice di diverse iniziative rivolte soprattutto a persone svantaggiate. Una di queste iniziative consiste nella coltivazione di ortaggi, frutta e piante aromatiche, promuovendo attività di tipo didattico e terapeutico. Il verde del parco è vivo e dimanico nel proporisi alle persone che varcano le mura dell’ex Ospedale Psichiatrico. E’ possibile passeggiare all’ombra degli alberi e sostare sotto le loro fronde. Ci si può divertire giocando una partita di calcio o coltivando la terra. Il parco è inoltre sinonino di cultura: passeggiando ci si pu imbattere in diverse opere d’arte, o si può assistere a degli spettacoli teatrale stando seduti sul prato. Che si entri per riposarsi, per divertirsi o per assistere ad un evento culturale, il parco del Paolo Pino costituisce una sosta dalla frenesia della quitidianità, un oasi di ricchezza integrazione e vita.
MAS
VER
VER
VER
COL
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MASSA ARBOREA
VERDE CURATO
VERDE IN BUONO STATO
VERDE TRASCURATO
COLTIVAZIONI
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Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, analisi del verde
68 — OLTRE IL MURO
4.4 Analisi funzionale
Il carattere multisettoriale che i progetti di riconversione del Paolo Pini hanno maturato in questi anni ha portato a risultati tangibili e riconosciuti di inclusione sociale e di sviluppo locale. In particolare la combinazione di progetti culturali, partecipativi, riabilitativi e aggregativi (libero orto, atelier di pittura, laboratori di teatro, attività sportive, spettacoli per bambini) con progetti di impresa sociale orientati all’implementazione di esercizi pubblici (bar, ristorante, catering, ostello, teatro, festival) ha creato interessanti elementi di rigenerazione urbana. Diversi sono i problemi che oggi investono il Paolo Pini, soprattutto legati alla molteplicità di interlcutori che dialogano all’interno della struttura, spesso senza trovare dei punti di accordo. Da ciò deriva una evidente frammentazione a livello sia di iniziative sia di gestione delgi spazi. La prima evidenza di ciò si evince nella proprietà del Paolo Pini, non affidata ad un unico organismo ma suddivisa tra tre proprietari: ASL, Ospedale Niguarda Ca’ Granda e Provincia di Milano. Questi, pur condividendo il medesimo suolo comune, difficilmente dialogano tra loro, cosicchè iniziative che potrebbero essere gestite al meglio se coadiuvate da più attori, rimangono iniziative di singoli. Attualmente, infatti, gli edifici in cui gli attori producono servizi o che contengono iniziative non sono spesso riconducibili agli stessi proprietari. Questo fa si che ci sia una complessità e difficoltà nella gestione di una così estesa superficie. L’attuale assetto del Paolo Pini può essere suddiviso in tre macrocategorie: sanità, servizi al cittadino ed associazioni. I servizi sanitari sono gestiti soprattutto da ASL ed Ospedale Niguarda e si rivolgono sia a problemi di salute generica, sia a problemi si salute mentale. Non più ospedale psichiatrico, luogo di reclusione e sofferenza, ma istituto di cura: la sanità al Paolo Pini assume un ruolo decisivo nella cura e riabilitazione di disagi pschici di tutte le fasce d’età attraverso tecniche sanitarie all’avanguardia. All’Inteno delle strutture sanitarie sono nate diverse comunità aperte che offrono sostegno psicologico a persone fragili. Molti sono i servizi pubblici all’interno dell’ex Paolo Pini: lo sviluppo di due scuole secondarie superiori, in alcuni dei padiglioni, da modo a molti giovani di varcare le soglie dell’ex ospedale psichiatrico ed affacciarsi ad una realtà piena di vita e cultura. Una chiesa Copto Ortodossa, un centro ACLI e la sede della Banda d’Affori sono altri servizi rivolti al cittadino, affinchè i confini del Paolo Pini non restino impenetrabili, ma si frammentino per accogliere l’esterno, per offrirsi alla comunità. L’aspetto più innovativo del Paolo Pini è la presenza di molte associazioni che, a partire dalla defnitiva dismissione dell’ Ospedale Psichiatrico, si battono per promuovere iniziative culturali e ludiche rivolte sia a persone svantaggiate, sia a tutti i cittadini. Un museo di arte contemporanea, un bar, degli orti comunitari sono solo alcune delle attività che oggi definscono il nuvo volto del Paolo Pini. Oggi si varca il muro per andare a teatro, per pranzare in compagnia o per
OLTRE IL MURO — 69
passeggiare immersi nella natura, facendosi cullare dall’odore di frutta ed erbe aromatiche. Tutto lo spazio è pensato per produrre benessere: anche coloro che si recano al Paolo Pini per questioni di salute non sono proiettate in un ambiente asettico ed impersonale ma in un oasi di natura e tranquillità che, grazie all sue qualità, contribuisce ad alleviare il peso della malattia e delle difficoltà. Varcare il muro dunque, per scoprire una realtà ricca dinamica e piena di vita, un crocevia di spazi, servizi ed attività che spesso si incontrano, si sovrappongono e si scontrono: il Paolo Pini è diventato un luogo di dialogo, una dimensione per riscoprire se stessi e gli altri, abbandonando pregiudizi e facendosi investire da sempre nuove iniziative ed idee.
PAOLO PINI: MAPPA DELLE PROPRIETA’
ASL PROVINCIA NIGUARDA
Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, analisi funzionale
72 — OLTRE IL MURO
4.4.1 Sanità
OLTRE IL MURO — 73
EDIFICIO 1: ASL: UFFICI DIREZIONE ASL
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE Ufficio Relazioni con il Pubblico
10-20
Fascia oraria: 09.00 - 12.30 13.45 - 15.00
5%
60-100
G
Sportello polifunzionale Fascia oraria: 09.00 - 12.30 13.45 - 15.00
25%
Coordinamento attività sanitaria e medicina convenzionata
70% 20-60
Fascia oraria: 09.00 - 12.30 13.45 - 15.00 Protesica e riabilitativa Fascia oraria: 09.00 - 12.30 13.45 - 15.00
74 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 2: ASL: CONVITTO INFERMIERI
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
10%
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE Convitto infermieri
10-20
60-100
G
Fascia oraria: 00.00 - 24.00
5%
85% 20-60
OLTRE IL MURO — 75
EDIFICIO 3: ASL: MEDICINA LEGALE-POLIAMBULATORIO
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
100
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
10-20 5%
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE
0-10
60-100
G
5%
ASL: MEDICINA LEGALE: commissione patenti,commissione invalidi, medicina fiscale Fascia oraria: 09.00 - 13.00 13.30 - 16.30
35%
P.T. ASL: Poliambulatorio Ippoctrate Fascia oraria: 09.00 - 13.00 13.30 - 16.30
55%
20-60
P.1. ASL: dipartimento farmaceutico Fascia oraria: 14.00 - 17.00
76 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 4: ASL: UFFICI E MAGAZZINO
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE Ufficio
10-20
Fascia oraria: 09.00 - 12.30 13.45 - 15.00
60-100 2%
Magazzino Fascia oraria: 09.00 - 12.30 13.45 - 15.00
15%
83% 20-60
OLTRE IL MURO — 77
EDIFICIO 5: ASL: ARCHIVIO
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE Archivio
10-20
Fascia oraria: 09.00 - 12.30 13.45 - 15.00
60-100 2% 15%
83% 20-60
78 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 6: NIGUARDA HOSPICE IL TULIPANO
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
G
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA' 0-10 60-100
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE NIGUARDA: hospice "Il Tulipano" (cure palliative)
10-20
Fascia oraria: 24h su 24
2% 2%
56% 40%
20-60
OLTRE IL MURO — 79
EDIFICIO 7: NIGUARDA: AMBULATORIO
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
10-20
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE NIGUARDA: ambulatorio di neuropsichiatria infantile
60-100
20-60
G
Fascia oraria: 09.00 - 12.00 14.00 - 18.00
10% 10%
30% 50% 0-10
80 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 8: NIGUARDA: AMBULATORIO E COMUNITA'
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
100
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE Niguarda ambulatorio adoloscenti
60-100
0-10
Fascia oraria: 09.00 - 12.00 14.00 - 18.00
10% 10%
Comunità "Arcobaleno" Fascia oraria: 00.00 - 24.00
30%
20-60
Comunità "Delfino"
50%
10-20
Fascia oraria: 00.00 - 24.00
OLTRE IL MURO — 81
EDIFICIO 9: NIGUARDA: CRA
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA' 20-60
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE NIGUARDA: CRA (centro residenziale alta assistenza)
0-10
Fascia oraria: 24h su 24
10% 15%
80%
10-20
82 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 10: NIGUARDA: CENTRO DIURNO AULE UNIVERSITARIE
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
S
D
P.T. NIGUARDA: centro diurno riabilitativo 10-20
5%
V
ANALISI FUNZIONALE
0-10
60-100
G
Fascia oraria: 09.00 - 18.00
5%
30%
P.1. NIGUARDA: aule universitarie, biblioteca, uffici Fascia oraria: 09.00 - 18.00
60%
20-60
OLTRE IL MURO — 83
EDIFICIO 11: NIGUARDDA: AMBULATORIO
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA' 20-60
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE NIGUARDA: ambulatorio centro adolescenti
0-10
Fascia oraria: 09.00 - 18.00
10% 15%
80%
10-20
84 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 12: NIGUARDA: AMBULATORI
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE P.T. NIGUARDA: Ambulatori di psicopatologia infantile
60-100
Fascia oraria: 09.00 - 18.00
10% 10%
0-10 30% 50%
20-60
10-20
P.1. centro odontostomatologico Fascia oraria: 09.00 - 18.00
OLTRE IL MURO — 85
EDIFICIO 13: NIGUARDA: CENTRO DIURNO-COMUNITA'
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE P.T. NIGUARDA: Ex Villa Serena: CPS, centro diurno Fascia oraria: 09.00 - 18.00
60-100
P.1. NIGUARDA: Angera, Litta1 e Litta2 (Comunità)
35%
Fascia oraria: 09.00 - 18.00 65%
20-60
86 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 14: NIGUARDA: DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE NIGUARDA: dipartimento di salute mentale: (CPM, CRM)
60-100
Fascia oraria: 09.00 - 18.00
35% 65%
20-60
OLTRE IL MURO — 87
4.4.2 Servizi
88 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO15: ISTRUZIONE: SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO "V. F. PARETO"
1000
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
900 800 700 600 500 400 300 200 100 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE Tecnico Commerciale
60-100
20-60 7%
Fascia oraria: 08.00 - 14.00
3%
Liceo Scienze Umane Fascia oraria: 08.00 - 13.00 Tecnico agraria
90%
Fascia oraria: 08.00 - 14.00 10-20
OLTRE IL MURO — 89
EDIFICIO 16: ISTRUZIONE: SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO "G.L. LAGRANGE"
500
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
450 400 350 300 250 200 150 100 50 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE Istituto Tecnico Industriale
60-100
20-60 7%
Fascia oraria: 08.00 - 14.00
3%
Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione Fascia oraria: 08.00 - 16.00 Liceo scientifico tecnologico
90%
Fascia oraria: 08.00 - 13.00 10-20
90 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 17: CHIESA COPTO ORTODOSSA ERITREA
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE Funzione religiosa
0-10
60-100 10%
10-20
7% 8%
Fascia oraria: 08.00 - 12.00 Domenica Insegnamento religioso Fascia oraria: 16.00 - 18.00 mercoledì e sabato pomeriggio
75%
20-60
OLTRE IL MURO — 91
EDIFICIO18: ACLI
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE UFFICIO
10-20
Fascia oraria: 09.00 - 12.00 2% 40%
58%
60-100
20-60
92 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 19: BANDA D'AFFORI
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE PROVE BANDA
0-10
Fascia oraria: 09.00 - 24.00
60-100
10%
10-20 15%
40%
SCUOLA DI MUSICA danza, calcio e bocce
35%
20-60
OLTRE IL MURO — 93
4.4.3 Edifici in disuso
21 20
94 — OLTRE IL MURO
EDIFICO 20: AUTORIMESSA
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
G
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
V
S
ANALISI FUNZIONALE AUTORIMESSA 0-10
10-20
20-60
60-100
D
OLTRE IL MURO — 95
EDIFICO 21: MAGAZZINO
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
G
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
V
S
ANALISI FUNZIONALE MAGAZZINO 0-10
10-20
20-60
60-100
D
96 — OLTRE IL MURO
4.4.4 Associazioni
OLTRE IL MURO — 97
EDIFICIO 22: CIRCOLO ARCI
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE BAR - TAVOLA FREDDA
0-10 60-100
Fascia oraria: 09.00 - 24.00
5%
10-20 5%
40%
ATTIVITA' LUDICHE / SPORTIVE danza, calcio e bocce
40%
20-60
98 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 23: OPERA FRATEL ETTORE: VILLAGGIO DELLA MISERICORDIA
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
10-20 2%
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE ASSISTENZA A SENZATETTO
0-10
60-100
G
3%
40%
40%
20-60
Fascia oraria: 21.00 - 07.00
OLTRE IL MURO — 99
Cooperativa OLINDA e Fabbrica OLINDA
Olinda è il nome di una delle città invisibili di Calvino quella che cresce e non produce periferia. È quello che si è cercato di fare qui adoperandosi affinché la periferia diventasse attrattiva quanto o più del centro. Organizzare un concerto con Piero Pelù o uno spettacolo teatrale di Marco Paolini significa richiamare persone non solo da Milano ma da tutta Italia. 1
La Cooperativa Olinda nasce nel 1996 all’interno delle mura dell’Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, con lo scopo di integrare socialmente persone con problemi di salute mentale. Essa si configura come una Onlus iscritta al Registro Generale Regionale del Volontariato nella Sezione Culturale. La Fabbrica Olinda, nasce nel 1998, come cooperativa sociale del gruppo B, una Onlus iscritta all’Albo Regionale delle Cooperative Sociali. Essa è finalizzata all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, quali portatori di handicap fisici e psichici, tossicodipendenti ed ex detenuti. La fabbrica ha l’obiettivo, lavorando direttamente sul campo, di un’ integrazione sociale finalizzata ad un successivo inserimento nel mondo del lavoro. Olinda coinvolge enti ed associazione esterne, pubbliche e private (ASL, regione Lombardia, enaip) combinando obiettivi sociali con quelli economici. La volontà di Olinda è infatti duplice: da un lato sconfiggere la fragilità, accogliendo individui svantaggiati, nella prospettiva di una totale reintegrazione di questi nel tessuto sociale; dall’altro lato vi è la volontà di promuovere attività economicamente proficue, nell’ottica di uno sviluppo socio-culturale dell’intera città.
Olinda negli anni
Siamo convinti che prendersi cura delle persone significa anche prendersi cura degli spazi, dei nostri spazi. Spazio inteso come una configurazione ricca di risorse che permette di applicare le proprie capacità. Come se il progetto avesse la funzione di un cannocchiale attraverso il quale fosse possibile guardare al proprio futuro. Sappiamo che per molte “persone dell’era flessibile” la maggiore sofferenza sembra essere legata proprio alla difficoltà di dare forma a una narrazione orientata alla propria vita, di definire una storia, di riconoscere una “trama” nelle cose che fanno, come individuare un obiettivo riconoscibile da raggiungere. 2
1 Massimo Bricocoli 2 www.olinda.org
100 — OLTRE IL MURO
Un passo decisivo nello sviluppo di Olinda è stato compiuto con l’organizzazione delle prime feste, all’inizio prettamente tra gli addetti ai lavori, iniziative che hanno fatto affiorare le paure di affrontare il limite con l’esterno. La paura di varcare il portone del manicomio era distribuita in forma uguale tra chi stava fuori e chi stava dentro. Si Rischiava di riprodurre il ghetto. Per questo motivo, i cittadini di Milano dovevano varcarne le soglie del muro e cominciare ad interagire con spazi e persone. Olinda decise così di dare appuntamento alla città, un motivo vero per prendere visione del cambiamento. Nel 1996 venne organizzato “Sogno di mezza estate”, una festa cittadina, il primo progetto pubblico. Un evento che ha richiesto più di un anno di preparazione da parte di Olinda. Un’invasione pacifica di quasi 20.000 persone terminata con un Gran Ballo. Immerse nella danza le persone si sono sentite parte di quel luogo, di quella festa: il senso di appartenenza generato, ha regalato alla serata qualcosa di speciale, finalmente gli Ospiti e gli addetti non erano più soli. E’ stato così presentato un nuovo mondo tra le mura del Paolo Pini. Da quel momento sono nati molti nuovi progetti che compongono una sorta di sistema culturale locale per la cittadinanza, un mix di impresa sociale, cultura e welfare. Nel 1996 hanno avuto luogo altre iniziative: libreria “Sogno di mezza estate”, noleggi bici “il biciclo” e il bar Jodok, nel 1999. Questo è divenuto in breve tempo sia punto d’incontro quotidiano tra dentro e fuori sia emblema del piano di riconversione, essendo ricavato dall’ex camera mortuaria dell’ospedale psichiatrico. Tale trasformazione lo ha reso luogo di relazione e di scambi pieni di vita. La libreria si è sviluppata al primo piano dell’ex camera mortuaria, uno spazio rinominato “spazio kambusa”. Questa attività, dopo un iniziali periodo di successo è stata abbandonata. Stessa sorte è toccata al noleggio delle biciclette Nel 1997 di notevole rilievo è stata la prima edizione del il festival estivo “Da Vicino Nessuno è Normale”, rinnovatosi ogni anno. Il festival accoglie una serie di iniziative e rassegne che alimentano tutte le attività gravitanti nell’ex ospedale psichiatrico e fanno della cultura il volano per tutto il Paolo Pini. Tra i progetti promossi da Olnda di notevole rilievo è lo sviluppo di una falegnameria negli spazi dell’ex lavanderia. Tale iniziativa si è protratta fino al 2003 dando una concreta occasione lavorativa a persone che in molti casi soffrono d’inadeguatezza rispetto ai modi e ai tempi del mercato Agli inizi del nuovo millennio, all’interno di Olinda troviamo altre due associazioni: il Giardino degli Aromi e Ostellolinda. Quest’ultimo, aperto nel 2000, ubicato nel vecchio convitto delle suore, ospita una struttura recettiva e da spazio ad ex pazienti bisognosi di un alloggio. All’epoca vi era inoltre la prospettiva di renderlo un hotel a tre stelle, dal nome “via dei matti numero zero”, ma le disponibilità economiche hanno reso impossibile l’impresa. Fondamentale all’interno di Olinda è Il Giardino degli Aromi, una onlus creatasi nel 2003 come corso di formazione e lavoro per donne disoccupate ed individui con disagi di varia natura. Partiti con due serre successivamente si sono espansi fino ad arrivare ad un centinaio di orti comunitari: alla coltivazione si associa un interessante approccio alla terapia orticulturale per persone afflitte da disagio sociale.
OLTRE IL MURO — 101
Nel 2008, negli spazi dell’ex mesa, trova la sua giusta collocazione un teatro. Questo nasce con la vocazione di cantiere residenziale per artisti, aperto a compagnie italiane, provenienti dal territorio, ma anche straniere. La volontà di Olinda è quella di costruire un cantiere culturale fuori dai canoni tradizionali dei teatri di giro, come accade in altri luoghi d’Italia (Castiglioncello, Santarcangelo, Volterra e altri), dove sperimentare nuove modalità organizzative, produttive e di ospitalità, che possano restituire al teatro il senso della ricerca. Pratichiamo il riuso di spazi abbandonati, combinando la loro dimensione fisica e la loro dimensione sociale a cui corrisponde un approccio fertile per l’interdisciplinarietà, per non dire l’indisciplina. Sappiamo che la geografia dei disagi si è molto estesa e atomizzata. Per questo siamo affascinati da un’idea ambiziosa: fondare una città là dove non c’è, trasformare il Paolo Pini in un luogo di cultura e di vita partecipata. 3
Le compagnie ospiti all’interno trovano la possibilità di creare e di soggiornare al Pini, grazie all’Ostello e al Ristorante gestiti da Olinda. Questa combinazione tra opportunità di ricerca teatrale e occasione di presentazione pubblica è un investimento sulla città, inteso non come evento, ma come capacità lungimirante di reinterpretare i dilemmi nei quali viviamo. Molte altre sono le iniziative e le attività commerciali promosse da Olinda. Una tra tutte è “Bistro Olinda”, ovvero la gestione del bar e punto ristorazione all’interno del teatro Elfo Puccini di Milano. Fondamentale è inoltre l’attività di catering connessa con la ristorazione del bar Jodok. Tra le iniziative più recenti di Olinda si possono citare corsi di Yoga, il laboratorio teatrale “Non Scuola”, e servizi doposcuola per i ragazzi. Olinda è dunque una realtà dinamica, attiva, colma di energie volte al superamento delle fragilità: le diversità assumono valore ad arricchiscono la vita delle persone capaci di interagire con un mondo vario e movimentato.
3 www.olinda.org
102 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 24: OLINDA: BAR JODOK - SPAZIO KAMBUSA
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
G
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE JODOK
0-10
Bar Fascia oraria: 10.00 - 16.30
60-100 20%
7%
10-20 13%
60% 20-60
Aperitivi-Eventi musicali Fascia oraria: Giovedì 19.30 - 24.00 Ristorante Fascia oraria: 12.30 - 14.30 SPAZIO KAMBUSA Corsi-Feste-Matrimoni Fascia oraria: 10.00 - 24.00 Doposcuola Fascia oraria: 14.00 - 18.00
OLTRE IL MURO — 103
JODOK
Il bar ristorate Jodok nasce nel 1999 all’interno del piano terra dell’ex camera mortuaria dell’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini. In questo spazio è possibile gustare piatti della cucina tradizionale preparati con cura e con l’utilizzo di prodotti biologici coltivati all’interno degli orti del Giardino degli Aromi. Oltre all’attività di ristorazione fondamentali sono le iniziative ricreative promosse dal bar: feste, aperitivi e musica dal vivo. A tale proposito, ogni giovedì sera ha luogo l’iniziativa “Storie di Jodok”, un evento musicale di intrattenimento, divenuto appuntamento fondamentale della settimana . Il bar Jodok nasce dall’esigenza di aprire i cancelli del Paolo Pini, di sconfiggere le fragilità dando l’occasione ai cittadini di Milano di entrare in contatto con una realtà dinamica e creativa, dove disagi psichici ed emotivi si frantumano di fronte alla forza della comunità. SPAZIO KAMBUSA Lo spazio Kambusa, nasce in concomitanza con il bar Jodok, all’interno del primo piano dello stesso edificio. Inizialmente vi si sviluppa un’attività commerciale, la libreria “Sogno di Mezza Estate” , attività che va scemando dopo un iniziale periodo di successo. Attualmente lo spazio si configura come un ambiente polifinzionale dando luogo a molteplici iniziative: cineforum, letture concerti, convegni, mostre e anche matrimoni. Ogni giovedì mattina lo Spazio Kambusa si trasforma per diventare un laboratorio di pasta fresca dal nome “Le mani in pasta”, nei pomeriggi infrasettimanali Il Bruco (Coop Diapason) propone attività di doposcuola per studenti delle scuole medie e superiori.
Bancone del Bar Jodok
104 — OLTRE IL MURO
OLTRE IL MURO — 105
Bar Jodok, esterno
106 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 25: OLINDA: OSTELLOLINDA
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
G
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
D
OSTELLOLINDA Pernottamento Fascia oraria: 00.00 - 24.00
10-20 5% 2%
S
ANALISI FUNZIONALE
0-10
60-100
V
10%
83% 20-60
OLTRE IL MURO — 107
OSTELLOLINDA
L’ OstellOlinda nasce nel 2000 all’interno dell’ex convitto delle suore, che operavano nel Paolo Pini. Esso ospita al suo interno diverse stanze e soluzioni e propone ai propri ospiti molteplici servizi, come una cucina nella quale ciascuno si può preparare il pasto. La struttura è immersa nel verde e, pur essendo vicina al la città caotica, si delinea come una nicchia di pace e tranquillità
Fondamentale per lo sviluppo dell’ostello è il concetto di integrazione, ovvero dialogo aperto e confronto tra individui svantaggiati e personalità aperte al confronto. All’interno dell’ostello sono infatti ospitati alcuni soggetti che per via della loro fragilità trovano difficoltà nell’integrazione con la società. Tale spazio diviene dunque un progetto di accoglienza integrata tra persone “interne” ed “esterne”, tra persone che durante il loro tragitto si fermano e si confrontano con le molteplici realtà che l’ostello propone. L’accoglienza è stumento di integrzione e libertà. L’ostello è inoltre punto di appoggio fondamentale per gli artisti e le compagnie teatrali itineranti che si susseguono durante l’anno in un altro spazio di Olinda, i l Teatro la Cucina. Coloro che abitano all’OstellOlinda trovano occasioni di socializzare e, nel contempo, ai clienti dell’ostello si prospetta un’ accoglienza alberghiera centrata sulla qualità del servizio e delle relazioni, in una cornice urbana assolutamente insolita e unica a Milano.
Corte interna dell’ostello Olinda
108 — OLTRE IL MURO
PERCENTUALE DI AFFLUENZA OSTELLO OLINDA: 2006-2013
0,00
10,00
20,00
30,00
40,00
50,00
60,00
70,00
80,00
percentuali
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
2006 2007
Novembre
2008 2009 2010
Dicembre
mesi
2011 2012 2013
OLTRE IL MURO — 109
INCREMENTO DI AFFLUENZA OSTELLO OLINDA: 2006-2013
1000
2006
2007
2008
2009
2010
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
4334
4649
6047
6589
7142
2011
2012
2013
anni
7906
6357
7372
9000
totale letti
110 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 26: OLINDA: CENTRO OPERATIVO
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
G
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
D
UFFICI Uffici Fascia oraria: 09.00 - 18.00
10-20
60-100 0%
S
ANALISI FUNZIONALE
0-10
20%
V
10%
72% 20-60
OLTRE IL MURO — 111
CENTRO OPERATIVO
Il cuore organizzativo di Olinda, gli uffici amministrativi sono tutti collocati in un edificio del Paolo Pini, destinato ai tempo dell’Ospedali Psichiatrico alla degenza di uomini con disagi psichici.
Gli uffici si occupano della gestione di tutte le attività di volontariato e le imprese economiche di Olinda. Tramite il personale che vi lavore Olinda organizza una molteplicità di eventi rivolti a tutti coloro che vogliano superare le mura del Paolo Pini. Uno degli eventi più rilevanti è il festival estivo “Da Vicino Nessuno é Normale”, un appuntamento che si ripete ogni anno dalla sua prima edizione nel 1997. Il festival accoglie una serie di iniziative che coinvolgono tutti i campi artistici che gravitano attorno ad Olinda: cinema, teatro, musica sono solo alcune degli ambiti protagonsti di un festival versatile, aperto e dinamico che, anno dopo anno propone sempre nuove attività che arricchiscono i visitatori. Il muro che racchiude il Paolo Pini è destinato a frammentersi, a distruggersi di fronte alla forza centrifuga di Olinda che continua ad aprirsi nuovi varchi verso l’esterno.
Da vicino nessuno è normale, locandina 2013
112 — OLTRE IL MURO
HAPPY HAPPY JOY JOY - ATTENTI SI SCIVOLA - POLLO ALLE PRUGNE - DUE LUPI - IL S TUTTE LE COSE SONO IMERFETTE - CENA SICILIANA - INCANTATI - LA NOTTE BIAN FINALE FLAUBERT - ROBERTA TORNA A CASA - THE ARTIST - POLLO ALLE PRUGNE - M - NOT HERE NON NOW - FRATTO X - ULTIMA NOTTE MIA - ORTI URBANI - FINALE TO - P.P.P POETA HIP HOP - UN BE’S - EFFETTO THIORO - POCO LONTANO DA QUI - DISCO 48 ORE - UN ODISSEA - SOLO GOLDBERG IMPROVISATION - WELCOME - QUESTIAMAT NERA - IL RESPONSABILE DELLE RISORSE UMANE - SCUOLA DI CIRCO AL PARCO - FIN DI PECORE - I RAGAZZI STANNO BENE - ANOTHER YEAR - MACHETE - COMUNITÀ NU CRATE45 - IL REGNO PROFONDO - DIMMI CHE PRINCIPESSA SEI - TRASFIGURATA - IL AL PARCO - IL GRINTA - DIOL KADD - HABEMUS PAPAM - CONCERTO TRA GLI ORTI - R - MALAPIZZICA - MARAT-SADESOUL KITCHEN - THE SECRET ROOM - LA NOTTE BIAN DEDALO SRL - PREGHIERA DARWINIANA - SE SI PUO’ RACCONTARE - CANTO PER LA C - BOXE A MILANO - LA PRIMA COSA BELLA - MATRIMONIO D’INVERNO DIARIO INTIM LUPO -SUPERWOOBINDA - IL MITO DI SUNDIATA KEITA - L’ULTIMA ASTRONAVE - A ODISÉA - SUNDIATA - BELLA TUTTA - FANTASTIC MR. FOX - GRINDHOUSE-A PROVA D NICOLAS E I SUOI GENITORI - NON-SCUOLA - IL MIO AMICO ERIC - COSA VOGLIO DI DI CIRCO - DEPARTURES - SCHWAB - TUTTA LA VITA DAVANTI - ORSON WELLES’ROA CANTO PER FALLUJA - LO ZOO SENTIMENTALECOUS COUS - APERTURA STAND - L’AV FABRICAS - UN BACIO ROMANTICO - UN PETIT POE - STORIE PER SENTIRSI VIVI - LA FA ABYNIGHT - NON-SCUOLA - PERSEPOLIS - ONORAIL PADRE E LA MADRE - IL SIGNOR FALLA - INTO THE WILD - NEL NUMERO DEI +TUMORE,UNO SPETTACOLO DESOLATO SANTE - IL PETROLIERE - ILCANTANTE AL MICROFONO - ATIR - PACIFICO - NON WELLES’ROAST - L’AMICO DI FAMIGLIA - FINALE TORNEO DI CALCIO - DAI CHE TI RA DELLA TENSIONE - GLI IMBROGLIONI - BAHAMUTLA VACANZA - FESTIVAL NEL FES LEVI - LE FERIE DI LICU - IL TRENOPER IL DARJEELING - GOMORRA - DONNE POLIT NAWETAK NOOR - FREEDOM - SENZACARITÀ - WATER+ FIRE - ERRATACORRIGE - NUO QUELLOCHE LE DONNE - STERMINIO - FESTIVAL POPOLARE DELLE CULTURE - IL GR SINGOLARE - LABANDA - IL GRANDE SILENZIO - RIFÙGIÀ-TI - VISIONI PERIFERICHE LARE PAROLE - LE LUCI DELLA SERATRANSAMERICA - LA CARRETTA DELLE STELLE BACH - IL MATRIMONIO CHE MANCAVA - FINALE TORNEO DI CALCIO - LIBRI DA ARDE ED- IL BENE E IL MALE - ALICE,UNA MERAVIGLIA DI PAESE - INLAND EMPIRE - CACCIA VITA - LENINGRAD COWBOYS GO AMERICA - MILANO - IL BURQA E LA VELINA - LA T - NON SEMPRE LE COSE SONO QUEL CHE SEMBRANO - NOTTE EXOTICA - A HISTORY F.P. E DEGLI I.M.GRBAVICA-IL SEGRETO DI ESMA - LE CHIAVI DI CASA - LE COSE SO CACIÓN - DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO D’AMORE? - MITOKA SAMBA - MAPU TA - INGANNEVOLE È IL CUORE PIÙ DI OGNI COSA - I PESCECANI - APERITIVO GALEO CAVALIERI DEL TORNIO - L’INCHIESTA VECCHIO STILE - PAROLE CORSARE - LA TERR ATE - LE NEVROSI SESSUALI - A QUEL CIELO LONTANO - TOKO LOCO 5 - GRIMMM - GO DI PASSE-PARTOUT E GIRAMONDOA - SCUOLA DI DOCUMENTARIO - RICCARDO III - L MILANUIT - MATCH POINT - ERCOLE IN POLESINE - FERRO 3 - QUO VADIS, BABY? - IL CONSEGUENZE DELL’AMORE - L’UOMO IN PIÙF - ASTER PUSSYCAT, KILL! KILL! - LA S OCCHI NERI - SUI FIORI DEL MIO CUORE - TESTE PERSE - LA DONNA DI GILLES - FAM
OLTRE IL MURO — 113
UPI - IL SORRISO DEL CAPO - PINA - IL MIO DOMANI - SE NO CHE GENTE SAREMMO TE BIANCA DEL CONSUMO CRITICO - IT’S ALWAYS TEA-TIME - FUOCO FATUO - ATTO GNE - MURI - MILANO IN 48 0RE - NOBRAINO IN CONCERTO - LOLA POLIO - INCISIONI NALE TORNEO DI CALCIO - PLAY - ROOM - LA PORTA - SCENA MADRE - NON-SCUOLA - DISCORSO GIALLO - PAURA DISEGUALE - IN CASA CON ANNE SEXTON - MILANO IN TIAMATI ORRORI - IRAK - CORSIA DEGLI INCURABILI - LA FILA INDIANA - LA PECORA RCO - FINALE TORNEO DI CALCIO - NESSUNO PUÒ COPRIRE L’OMBRA- LE FUMATRICI NITÀ NUOVA DAY - LA STAGIONE DELLE PIOGGE - I MUZIKANTI DI BALVAL - VIAIPPOATA - IL DISCORSO DEL RE - FANTASMI - ITALIAN GHOST STORIES - SCUOLA DI CIRCO ORTI - RUMORE DI ACQUE - BIUTIFUL - NON-SCUOLA - IL POPOLO DEI TOPI - RANGO TTE BIANCA DEL CONSUMO CRITICO - LUCIDO - IN UN MONDO MIGLIORE - ICARO & ER LA CITTÀ - IL CONCERTO - A SERIOUS MAN - BASTARDI SENZA GLORIA - INVICTUS O INTIMO - IL PROFETA - IN COMASINA SI SOGNA ANCORA - BRUTO - LA BOCCA DEL NAVE - ACQUA IN FESTA - MATRIMONIO D’INVERNO DIARIO INTIMO - VENDICAMI PROVA DI MORTE - AN EDUCATION - L’UOMO CHE VERR -FARSA MADR - IL PICCOLO GLIO DI PIÙ - QUINDI - ROSVITA - BABA - ORTI INSORTI - REZZ MASTRELLA - SCUOLA LES’ROAST - NON È UN PAESE PER VECCHI - IL PONTE - LASCIA PERDERE, JOHNNY! ND - L’AVVENTURA DITOM E MILLA - MUNDUSGERRY+ELEPHANT+PARANOID PARK VI - LA FAMIGLIA SAVAGE - UNDERGROUND - IL CORTILE - CONFERENZA - ELLALULLSIGNOR LORCO - BESTIE CIRCO FILOSOFICO DA CORTILE - LO SCAFANDRO E LA FARSOLATO - È FINITO - IL TEMPODELLE LACRIME - FINALE TORNEODI CALCIO - PAROLE - NON PENSARCI - ANIMENERE - SISSI ATANASSOVAAND CHALGA BAND - ORSON HE TI RACCONTO - SPIRALI DI SABBIA - MIRAGE - AMARA TERRA MIA - LA STRATEGIA NEL FESTIVAL - DONNA NON RIEDUCABILE - APPUNTI PER UN FILM - LA STRADA DI E POLITICA&PASSIONE - JUNO - VERSO UN SOGNO - IL DIARIO DI UN PAZZO - LEEBU GE - NUOVOMONDOINTERNO FAMILIA - REIN - VIAGGIO CON GLI SPAVENTAPASSERI E - IL GRANDE CAPO - VOLAMMO DAVVERO - LA ZONA - DIOL KADD - FEMMINILE E ERICHE - L’ESTATE. FINE - OGNI COSA È ILLUMINATA - L’ARTE DEL SOGNO - PASCOSTELLE - NOTTE ROSA - ME AND YOU AND EVERYONE WE KNOW - PENSAVO FOSSE DA ARDERE - NIENTE DA NASCONDERE - L’ANALFABETAe L’ORA GRIGIA - THE DEPART- CACCIATORE DI TESTE - BROKEN FLOWERS - LE VITE DEGLI ALTRI - IL LIBRO DELLA A - LA TORRE DI BABELE - GRIGIO LIMITE 4 - ATA - BENVENUTI AL CIRCO LIBELLULA ISTORY OF VIOLENCE - SONG N.32 - INCANTADORA - LA FESTA - LA CANZONE DEGLI OSE SOTTILI NELL’ARIA - LA MEDICINA MAGICA - MONDO - VINO - LA MALA EDUA - MAPU.TERRA. - IL GIGANTE MOLTO ELEGANTE - GRIGIO LIMITE 3 - LADY VENDETO GALEOTTO - HONG KONG EXPRESS - UN SILENZIO PARTICOLARE - DOCUMENTA - I LA TERRA - SIDEWAYS - LE AVVENTURE ACQUATICHE DI STEVE ZISSOU - INDEMONIMM - GOLES - CONFIDENZE TROPPO INTIME - POMPEO - BALLATI - I GRANDI VIAGGI DO III - LA CANZONE DEGLI F.P. E DEGLI I.M.SOY CUBA - CRUDA BELLEZZA - MILANOIR ABY? - IL FUOCO SOTTO LA NEVE - COMANDANTE - LAST DAYS - SUPER SIZE ME - LE L! - LA SPOSA TURCA - IL SOLE DEL BRIGANTE - OLD BOY - LORNA - CON STIVALI DI ES - FAME MI FA FAME - UN CERCHIO ALLA TESTA - MOTORPSYCHO - SEXMACHINE. Da Vicino Nessuno è Normale: spettacoli dal 2005 a oggi
114 — OLTRE IL MURO
FESTIVAL DA VICINO NESSUNO E' NORMALE
anni
Quantutà eventi
Bambini
Feste
Cinema
Teatro
2013
2013
2012
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
0
1
2
3
4
5
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9
Da Vicino Nessuno è Normale: spettacoli dal 2005 a oggi
10
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12
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14
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20
21
22
23
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25 Numero eventi
OLTRE IL MURO — 115
FESTIVAL DA VICINO NESSUNO E' NORMALE
anni Affluenza 2013
2012
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
0
eventi
5000
10000
15000
20000
25000
Numero persone
116 — OLTRE IL MURO
FILM: VIA IPPOCRATE 45
Il Paolo Pini è diventato un polo in periferia: tutta la città sa che è un luogo dove si fa cultura, dove arriva gente sia dalla periferia che dal centro, e si può sperimentare. Olinda è pensata come una piccola città dove le attività non sono mai fini a se stesse ma tutte collegate tra loro. In questo modo si crea un posto vivo dove le persone (sia il pubblico che gli stessi lavoratori) non vengono solo per consumare ma per stare1 Via Ippocrate 45, periferia nord di Milano. Lo sguardo è investito da palazzi traffico e confusione, ma soprattutto da un muro, perentorio nella sua dimensione. E’ il muro dell’Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, un recinto che un tempo accoglieva, o per meglio dire, rinchiudeva persone svantaggiate, individui colpevoli di avere degli squilibri mentali. Ora, invece oltre quel muro vi è un luogo di incontro, di abbattimento di barriere mentali, di libertà. Tutto ciò è stato possibile grazie alla Coopetativa Olinda, che da anni si batte per sviluppare una realtà viva e dinamica dove non vi sia più differenza tra individui fragili e non. Via Ippocrate 45 è un documentario che racconta questa straordinaria realtà, vista attraverso gli occhi di Gianni, Petro, Maria ed Andrea, quattro frequentatori del nuovo volto del Paolo Pini ed attraverso le voci di alcuni operatori di Olinda, come Thomas Emmenegger e Antonio Restelli. Il documantario è diretto da Alessandro Penta, uno psicologo appassionato di filmografia ed è stato realizzato nella primavera estate del 2009. Penta per questo lavoro ha inoltre vinto il premio del festival “Lo spiraglio”, dedicato ai temi della salute mentale.
Via Ippocrate 45 Locandina del film 1 Alessandro Penta
OLTRE IL MURO — 117
Via Ippocrate 45 Scena tratta dal film
Via Ippocrate 45 Scena tratta dal film
118 — OLTRE IL MURO
EDIFICIO 27: OLINDA: TEATRO LA CUCINA
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
G
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
S
D
ANALISI FUNZIONALE TEATRO LA CUCINA
0-10 60-100 20%
V
Teatro Fascia oraria: 09.00 - 18.00
10% 20%
10-20
Laboratorio Teatrale Fascia oraria: Venerdì 16.00 - 18.00
50%
20-60
OLTRE IL MURO — 119
TEATRO LA CUCINA
Fin dalla fondazione di Olinda il teatro ha assempre avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’associazione. Manti erbose e superfici improvvisate accoglievano gli spettatori delle rappresentazioni che nel corso degli anni si sono susseguite all’interno del Paolo Pini. La svoltà avenuta nel 2008, quando gli spazi della ex mensa sono stati convertiti in un vero e proprio teatro, divenuto il TeatroLaCucina. Esso si configura come un cantiere culturale, non solo uno spazio dove recitare ma una realtà dove vivere. Il teatro non è una struttura isolata ma l’ organo di una complesso molto più ampio che coinvolge l’intero Paolo Pini: gli artisti possono provare il loro pezzi, pranzare al BarJodok e pernottare all’OstellOlinda; il tutto senza abbandonare la realtà del Paolo Pini. Questi spazi definiscono una vera e propria cittadella culturale, viva e dinamica. All’interno del TeatroLaCucina, Olinda propone inoltre molti laboratori teatrali stagionali; ad esempio 4 novembre al 17 novembre 2013 Olinda ha dato vita a “Progetto Ligabue”, un laboratorio dedicato ad attori e drammaturghi.
Il progetto più rilevante è “Non-scuola”, un labpratorio invernale permanente destinato ad adolescenti anche alle prime esperianze teatrali. Il gruppo può partecipare gratuitamente sia al laboratorio sia agli spettacoli ospiti del TeatroLaCucina. Il laboratorio dura da ottobre a marzo tutti i venerì pomeriggio.
Marco Paolini, “Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute” 26 gennaio 2011, Paolo Pini
120 — OLTRE IL MURO
SPAZIO 28: OLINDA: IL GIARDINO DEGLI AROMI
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
G
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE IL GIARDINO DEGLI AROMI
0-10 60-100 30%
Coltivazione ortofruttifera Fascia oraria: 08.00 - 18.00
10% 15%
10-20
Terapia orticulturale Fascia oraria: 08.00 - 18.00 45%
20-60
OLTRE IL MURO — 121
IL GIARDINO DEGLI AROMI
Il Giardino degli Aromi Onlus nasce nel 2003 negli spazi dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, a partire dall’iniziativa di un gruppo di donne esperte nella raccolta e nella coltivazione di erbe medicinali ed aromatiche.
L’associazione oggi conta più di 200 soci e promuove il reinserimento sociale di persone svantaggiate attraverso attività immerse nel verde. Gli individui che si avvicinano al Giardono degli Aromi intraprendono una ricca esperienza di studio e lavoro, entrando in contatto con molteplici speci di piante ed erbe. La ricchezza deriva inoltre dal dialogo tra i soggetti che mettono a disposizione il loro tempo e la loro voglia di confronto in una realtà dinamica, sana e naturale. Il recupero di un rapporto diretto con il mondo naturale urbano contribuisce a ritrovare un equilibrio interiore ed un ritmo biologico più sereno: tale conquista è utile sia a coloro che attraversano una forma di disagio sia per tutti coloro che vogliono avvicinarsi a tale esperienza. L’associazione promuove percorsi di terapia orticulturale, tirocini e forme di accoglienza personalizzate. Molte sono le iniziative e gli spazi con i quali si entra in contatto: il Giardino degli Aromi promuove la conoscenza, l’uso e la diffusione di piante aromatiche, oricole e medicinali,supporta la diffusione di esperienze di orti e di giardini comunitari, organizza un centro di documentazione e offre corsi di formazione e approfondimento aperti a tutti i cittadini.
Un abitante del Giardino degli Aromi
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LUOGHI MANDALA DELLE ERBE Il mandala è la prima area sviluppatasi nel giardino. Qui gli individui possono coltivare piante aromatiche e medicinali che vanno a configurarsi seguendo il disegno compositivo del suolo. Le essenze prodotte vengono trasforamte in prodotti per il benessere e preparazioni erboristiche. Il mandala è uno spazio per la riflessione, la sosta, l’immrsione totale con la natura Di fianco al madala si sviluppano due aree: una serra vivaio dove si riproducono le piante orticole ed aromatiche, ed una zona umida. Questa accoglie piante acquatiche e si pffre quale rifugio ed abbeveraggio di diversi animanli come rane e rospi.
Mandala dell erbe planimetria
Mandala dell erbe
LIBERO ORTO, L’ORTO COMUNITARIO Il “Libero Orto-L’orto comunitario” nasce nel 2005 dall’incontro di persone desiderose di intraprendere un’iniziativa a diretto contatto con la terra ed il verde Libero orto dispone sia di parcelle di terreno affidate a coloro che partecipano all’iniziativa, sia di una serie di appezzamenti dedicati alla coltivazione collettiva. Gli spazi del libero orto sono caratterizzati da una forte biodiversità. Vi si coltivano ortaggi erbe aromatiche e varietà antiche.
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Persone al lavoro nell’orto
GIARDINO TERAPEUTICO DELL’ HOSPICE Il Giardino terapetuco nasce nel 2012, attorno agli spazi dell’Hospice il Tulipano (Centro di cure palliative). Il verde diviene momento di riposo e riflessione, uno spazio fiorito per rendere meno gravoso per i pazienti la permanenza nel centro. In questo spazio i pazienti si immergono nella natura, alla ricerca di uno spazio in cui riposare, un angolo di pace che, anche in una situazione negativa, possa conciliare il dolore e produrre un barlume di felicità Tutti i luoghi del Giardino degli Aromi sono dei promotori di inclusione sociale, degli spazi nei quali dialogare e confrontarsi con molteplici realtà e, nel contempo, etrare in contatto con l’essenza più pura e pulita della natura
Persone al lavoro nel giardino dell’Hospice il Tulipano
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ATTIVITA’
ORTO GIARDINO DEL BENESSERE Il benessere psico-fisico di ciascuno è legato alla riscopertà del verde come raltà viva, dalla quale trarre energia. Questo l’obiettivo che si propone l “ Orto Giardino del benessere” un persorso per imparare nome ed utilizzo delle piante ed, un progetto per imapare a vivere il verde in totale armonia. TRASFORMAZIONE ERBE MEDICINALI E SELVATICHE Il corso popone un percorso di conoscenza delle piante aromatiche e spontanee. L’obiettivo è quello di approfondirne le caratteristiche organolettiche e botaniche per evidenziare le virtù culinarie e curative e per capire in che circostanze usarle. Mediante l’acquisizione di nozioni di base di aromaterapia e trasformazione delle erbe medicinali e selvatiche i partecipanti sono messi nella condizione di poter realizzare prodotti per il benessere “fai da te” quali: oli, aceti e sali aromatici, oleoliti , unguenti e oli essenziali.
Persone al lavoro negli orti
TERAPIA ORTICULTURALE I corsi di terapia orticolturale sono un percorso di conoscenza e pratica dell’orticoltura come strumento terapeutico rivolto a persone svantaggiate, soggette a disagi fisici o psico-fisici. I corsi sono inoltre rivolti ad operatori e volontari di comunità e stutture socio-sanitarie di accoglienza L’indivudo entra in contatto con la natura e viene coinvolto dai suoi ritmi. Il malessere si allontana lasciando il posto ad una nuova coscienza di sè in totale contatto con la natura. I partecipanti si confrontano con individui aperti al dialogo ed all’integrazione.
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EDUCAZIONE AMBIENTALE I percorsi di educazione ambientale sono rivolti soprattutto a studenti delle scuole primarie a cui viene dala l’occazione di entrare in contatto con una realtà spesso insolita per la maggior parte di loro: un orto-giardino biodiverso, uno spazio fatto di luci odori e sapori. I ragazzi si sporcano le mani con la terra, imparano a riconoscere specie animali e vegetali e si avvicinano ad una realt lontata da caos inquinato della città milanese.
AROMI A TUTTO CAMPO Nel 2010 a partire dall’iniziativa di un gruppo di volontarie del Giardino degi Aromi nasce la Cooperativa Sociale “ Aromi a tutto Campo”. La cooperativa offre diversi servizi, in particolare quello di manutenzione di giardini. Aromi a tutto Campo inolte specializzata nell’organizzazione di eventi, come feste e catering con cucina biologica prevalentemente vegetariana che fa uso di ingredienti genuini, erbe aromatiche e piante spontanee.
BOTTEGA Il Giardino degli Aromi gestisce uno spazio commerciale destinato alla vendita di prodotti coltivati all’interrno degli orti. La vendita coinvolge sia materia prime quali ortaggi ed ebe aromatiche, sia prodotti realizzati dai volonati per la cura della persona, come oli e balsami naturali ed unguenti.
Ortaggi ed erbe aromatiche
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Il Giardino degli Aromi: orti
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MAPP: Museo d’arte Paolo Pini
Il MAPP, Museo d’Arte Paolo Pini, è un museo di arte contemporanea situato all’interno delle mura dell’ ex ospadale psichiatrico Paolo Pini. Esso viene alla luce nel 1993 grazie all’iniziative della Dott.ssa Teresa Melorio e la Dott. ssa Enza Baccei, con la collaborazione del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda, la direzione artistica di Marco Meneguzzo e l’adesione di alcune note gallerie d’arte milanesi. L’obiettivo del progetto era quello di definire un luogo in cui l’arte fosse veicolo di incontro e di sfogo tra artisti affermati ed individui afflitti da difficoltà e disagi. L’arte così facendo diviene mezzo per sconfiggere e superare le proprie fragilità in un ambiente emblematico, un ex Ospedale Psichiatrico, carico di sofferenza ed incomunicabilità. Molte delle opere sono realizzate direttamente sui muri dei padiglioni, quasi a voler affermare a gran voce la straordinaria forza trasformatrice dell’arte: non solo gli individui, tramite la loro creatività, ricevono beneficio, ma anche lo spazio stesso muta, si trasforma da luogo di disperazione ad ambiente creativo Il museo si contraddistinge per un gran patrimonio artistico comprende murales, installazioni e sculture situate all’esterno ed all’interno dei padiglioni e nel parco del Paolo Pini, e le opere realizzate “a quattro mani” da artisti e pazienti. Fondamentale è la collaborazione che nel corso degli anni si è attestata con artisti di livello internazionale tra cui Enrico Baj, Emilio Tadini, Günter Brüs, Martin Disle, personalità che vanno ad arricchire una collezione che si amplia anno dopo anno. Proprio il “fare arte” diventa occasione di condivisione, scambio e dialogo per affrontare e superare le difficolta. A tale proposito all’interno di uno dei padiglioni che ospita il MAPP sono attive le botteghe dell’arte, laboratori di Arteterapia, nei quali l’arte viene utilizzata come strumento terapeutico per affrontare i disagi e disturbi di vario genere. Tutto quello che viene prodotto all’interno dei laboratori varca le mura del Paolo Pini e si confronta con la realtà attraverso mostre, convegni, spettacoli e pubblicazioni che contribuiscono in maniera molto efficace al superamento dell’esclusione sociale. Breve storia del MAPP
Il percorso di crescita del MAPP inizia nel Novembre del 1993 con l’allestimento delle prime botteghe d’Arte (pittura, musica, teatro, poesia, decoro, design) nell’ Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini. In questa occasione furono invitati docenti dell’Accademia di Brera e artisti professionisti a “fare arte” insieme ai pazienti e
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agli operatori del Pini. Successivamente nel novembre dello stesso anno il MAPP promuove il “pro getto risveglio”, il quale si prefiggeva come obiettivo quello di avviare un programma riabilitativo finalizzato al riappropriamento delle abilità di vita quotidiana, di incremento della propria autonomia e di sviluppo delle risorse personali da parte degli ospiti di tutte le comunità del Pini. Il programma prendeva in considerazione settori come: pittura, musica, psicomotricità, sartoria, decorazione di mobili, alfabetizzazione, teatro. Nel maggio del 1995 si ha l’inaugurazione del Museo all’interno del padiglione 7 dell’Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini. Per l’occasione furono invitati, importanti artisti italiani e stranieri, a portare l’arte contemporanea sui muri dei padiglioni con l’intento di rendere “bello” un luogo degradato e permettere così a tutti e non solo agli psicolabili di vivere a contatto con l’arte e la creatività. Inoltre il progetto ha permesso di aprire i cancelli del Paolo Pini alla cittadinanza favorendo incontri e contatti tra gli ospiti e la società al fine di facilitare un’integrazione sociale e rompere l’isolamento e il pregiudizio che regna negli ex Ospedali Psichiatrici. Durante la creazione delle opere gli artisti che hanno lavorato per il MAPP hanno effettuato stage nelle botteghe d’Arte a stretto contatto con i pazienti e gli operatori realizzando con loro creazioni a quattro mani. Nasce così nel 1996 ARCA onlus, grazie alla gentil concessione dell’ASL, che s’impegna a sostenere le botteghe d’arte mettendo a disposizioni fondi e spazi all’interno del Paol Pini. Spazi poi affidati alla Facoltà di Architettura dell’Università di Milano per la stesura di un progetto di sistemazione ambientale da destinare a sede museale. Nel 1998 ARCA onlus stipula una convenzione con il Dipartimento di Salute Mentale di Niguarda per l’integrazione e l’accreditamento delle botteghe d’Arte nel Centro diurno dell’Unità Operativa 48 a Direzione Universitaria, rendendo così accessibili tutte le attività per tutti gli utenti di Milano e provincia. Nello stesso anno regione Lombardia inserisce tutte le opere del MAPP e delle botteghe d’arte all’interno del patrimonio storico-artistico della Regione Lombardia. L’anno successivo il museo diventa parte integrante della costellazione dei musei della Regione Lombardia diventando anche un polo di escursione per i bambini delle elementari delle scuole limitrofe. I suoi laboratori sono tutt’ora utilizzati per accrescere la creatività nell’età dell’infanzia. L’evoluzione del MAPP rimane invariata sostanzialmente fino al 2007 quando il museo va a costituire la sezione artistica del Museo Regionale della Psichiatria dell’Ospedale Niguarda, riconosciuto nel 2007 dalla Regione Lombardia come Raccolta museale. Lo stesso anno il MAPP viene insignito dal Comune di Milano dell’’attestato di Civica Benemerenza Ambrogino d’Oro grazie ai meriti conseguiti fin ora.
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EDIFICIO 29: MAPP: MUSEO D'ARTE PAOLO PINI
100
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE ORARIE
08.00 -12.00
12.00 -18.00
18.00 -24.00
24.00 -08.00
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
L
M
M
AFFLUENZA GIORNALIERA FASCE D'ETA'
G
V
S
D
ANALISI FUNZIONALE MAPP
60-100 5%
0-10 25%
10% 60%
20-60
Visita Fascia oraria: 09.30 - 16.00 BOTTEGHE D'ARTE
10-20
Laboratori Fascia oraria: 09.00 - 13.00 14.00 - 18.00
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MAPP : BOTTEGHE D’ARTE
Il padiglione 7 dell’ex O.P. Paolo Pini oltre ad essere la sede dell’associazione ARCA onlus con uffici e una piccola sala riunioni, accoglie al suo interno un piccolo museo di arte contemporanea composto dalle principali opere scaturite dalle realizzazioni a “quattro mani “ tra artisti e pazienti. Questi due ambienti occupano tuttavia una piccola parte dell’edificio relegata alla parte frontale dell’edificio. I restanti spazi sono occupati dai laboratori di arteterapia che prendono il nome di “Botteghe dell’Arte”. I laboratori sono il vero fulcro dell’attività del MAPP. In questi luoghi artisti, pazienti ed educatori entrano in contatto con il mondo dell’arte, ognuno mettendo i propri saperi, le proprie emozioni e i propri desideri. Da questi incontri scaturiscono opere, progetti, relazioni che ampliano si l’archivio del museo ma anche il bagaglio emozionale e culturale delle persone, che escono da questa esperienza accresciute. L’intento delle botteghe d’arte, che si articola tra musicaterapia, arteterapia e danzaterapia, è quello di massimizzare l’utilizzo della creatività nei processi del “fare arte”, riconoscendolo come valore riabilitativo e strumento di cura.
Botteghe dell’arte
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MAPP: SCHEDATURA OPERE PARCO PAOLO PINI
La collezione artistica del MAPP non si sviluppa solo all’interno dei padiglioni ma investe l’intero parco. Passeggiando nel verde ci si imbatte in installazioni, sculture pensate per quel determinato luogo, ideate per suscitare emozioni al visitatore che percorre il Paolo Pini. Ecco che l’arte esce, prende vita e movimento, dialoga con i visitatori: l’invito è quello di scoprire non solo l’opera d’arte in sé, ma il contesto nella quale è posta, un parco straordinario e pieno di ricchezza. L’arte qui riveste infiniti ruoli, aiuta individui fragili a superare i propri limiti, rende meno doloroso il passaggio ed il soggiorno di individui che vi si recano per gravi patologie, ma soprattutto da nuova vita ad un luogo che in passato era sinonimo di reclusione e sofferenza: oggi il Paolo Pini è il parco dell’armonia e della vitalità.
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Logo MAPP
MARIO AIRÒ - ALESSANDRO ALDOVRANDI - DAVIDE ANTOLIN - SIEGFRIED ANZINGER - MAURIZIO ARCANGELI - GIULIANO AZZONI - ENRICO BAJ - STEFANO BINI - MARINA BALLO CHARMET - PAOLO BARATELLA - BARTY - LUCA BERTASSO - ANDREA BOLDRINI - CLARA BONFIGLIO - CORRADO BONOMI - PAOLO BRENZIN - GUNTER BRUS-PAOLA BRUSATI- BUELL-PAOLO CANEVARI- LETIZIA CARIELLO- MARCO CASENTINI- GENNARO CASTELLANO- GIANLUIGI CASTELLI- ANDREW CASTRUCCI-VITTORIA CHIERICIANDREA CHIESI-PATRIZIA CIGOLI-GIANMARIA CONTI, LAMBERTO CORREGGIARIMICHELANGELO COVIELLO- GIANNI CUOMO- GIULIANO DAL MOLIN- GIANFRANCO D’ALONZO-VALENTINA D’AMARO-FABIANA DE BARROS-FERNANDO DE FILIPPI-LEONIDA DE FILIPPI- FRANCESCO DE GRANDI-ENRICO T. DE PARIS-MARTA DELL’ANGELOPINO DEODATO- FRANCESCO DI LERNIA-MARTIN DISLER-CHIARA DYNYS- STEFANIA FABRIZI-DAVID FAGIOLI-FEDERICA FERZOCO-PIETRO FINELLI-ROBERTO FLOREANIENRICO FRANCIA-GIULIANA FRESCO-FULVIO FROLA-ROSSELLA FUMASONI- DANIELE GALLIANO-SALVATORE GARAU-XAVIER GARCERÀ-ANGELO GENERALI- PIERO GILARDIALESSANDRO GIOVANNINI- GIULIANO GIULIANI- PAUL GOODWIN- FRANCESCA GUFFANTI-NAZZARENO GUGLIELMI-FEDERICO GUIDA- RICCARDO GUSMAROLIMATTEO GUZZINI- MOANI HAGHIGHI-FRANCESCO IMPELLIZZERI-BENEDETTA JACOVONI- RONALD VICTOR KASTELIC- MASSIMO KAUFMANN-DAVIDE LA ROCCAGABRIELE LANDI- VALERIA TOGNONI- FERNANDO LEAL AUDIRAC- LUCAVALERIOROBERTO LUCCA TARONI-TITO MAFFEI-GIUSEPPE MARANIELLO-CLAUDIO MARCONI- MARCOVINICIO-UMBERTO MARIANI-MARIO MARTINELLI- FLORENCIA MARTINEZ-LUCIANO MASSARI-MATIA-GIULIANO MAURI- KLAUS KARL MEHRKENSANDREA MORALES, MARICA MORO, ANGELO MOSCA, MARCO NERI-DAVIDE NIDOANGELA OCCHIPINTI- LUCA PANCRAZZI-MARINA PARIS-FEDERICO PIETRELLASTEFANO PIZZI-PIERO PIZZI CANNELLA-GABRIELE POLI- LUIGI PRESICCE-PIERLUIGI PUSOLE-SIMONE RACHELI-OLIVIERO RAINALDI- FRANCO RASMA-DOMENICO REALIANTONIO RIELLO-GIOVANNI RIZZOLI- ANDREA SALVINO-ANNAMARIA SANTOLINIPAOLO SCIRPA- GIANLUCA SGHERRI- ANTONIO SOFIANOPULO- ALESSANDRO SPADARI-GIANGIACOMO SPADARI-ALESSANDRO SPOLDI-CARLO STEINER- EMILIO TADINI- ADRIAN TRANQUILLI-LEIF TRENKLER-FRANCESCA TULLI- MARCO VACCHETTIMANUELA VALLICELLI- DANY VESCOVI- ELISABETTA VIGNATO- EMANUELE VISCUSOCINZIA VITALI-SERGIO VOCI-DEON WINTER- SILVIO WOLF- CARLO ZAULI- BERND ZIMMER- ANDREA ZUCCHI Elenco artisti MAPP
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1 Titolo: Attraverso Autore: Clara Bonfiglio Anno: 1997
2 Titolo: La fontana della luce Autore: Isabella Puliafito Anno: 1995
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3 Titolo: Venni e vidi voli folli Autore: Giuliano Azzoni Anno: 1997
4 Titolo: Senza titolo Autore: Giuliano Giuliani Anno: 1996
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5 Titolo: Il destino e la fragilità Autore: C R. Lucca Taroni U. Nannelli T. Scacchi V. Scalzo Anno: 2005
6 Titolo: Il destino e la fragilità Autore:C R. Lucca Taroni U. Nannelli T. Scacchi V. Scalzo Anno:2005
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7 Titolo: Senza Titolo Anno: 1997
8 Titolo: Adamo Autore: Chiara camoni Anno: 1997
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9 Titolo: Osso Sacro Autore: Chiara Camoni Anno: 2005
10 Titolo: Sottovuoto Autore: David Fagioli Anno: 2000
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11 Titolo: Camera di decompressione Autore: Giulinao Mauri Anno: 1995
12 Titolo: Albero Autore: Chiara Dynis Anno: 1997
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13 Titolo: Chiosco Culturale Autore: Fabiana De Barros Anno: 2007
14 Titolo: Serra Bambù Autore: Studio Land Anno: 2007
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15 Titolo: Senza titolo Autore: Il Giardino degli Aromi Anno: 2013
16 Titolo: Senza titolo Autore: Il Giardino degli Aromi Anno: 2013
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17 Titolo: Senza titolo Autore: Il Giardino degli Aromi Anno: 2013
18 Titolo: Senza titolo Autore: Il Giardino degli Aromi Anno: 2013
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Titolo: Senza titolo Autore: Roberto Lucca Taroni Anno: 2008
Titolo: Murales Autore: Kastellic Anno: 2001
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Titolo: Fiore Fuori di Zucca Autore: Stefano Pizzi Anno: 1995
Titolo: Francesco De Grandi Autore: Psicocittà Anno: 1997
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Titolo: Accelerazione Autore: Costrucci Anno: 2009
Titolo: Un punto e baste Autore: Nazareno Guglielmi Anno: 2008
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Opere all’interno dei padiglioni dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini
5. Il Verde come legante
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CASO STUDIO 1 : Ex Ospedale Psichiatrico San Giovanni, Trieste, Italia
CASO STUDIO 2 : Insel Hombroich Museum, Neuss, Germania
CASO STUDIO 3 : Parco Trotter, Milano, Italia
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5.1 Caso studio 1: ex Ospedale Psichiatrico San Giovanni, Trieste, Italia
L’ex O. P. San Giovanni a Trieste è oggi una realtà viva e dinamica, colma di iniziative culturali rivolte ai cittadini. Da anni ha abbandonato il ruolo di spazio di reclusione per aprirsi al dialogo con la città. L’istituto venne inaugurato nel 1908 su progetto dell’architetto Ludovico Braidotti, che delineò uno sviluppo a padiglioni separati immersi un vastissimo parco circondato da mura. I padiglioni si disposero simmetricamente lungo una spina centrale viabilistica. Negli anni successivi L’Ospedale Psichatrico divenne luogo di ricovero coatto, spazio in cui allontanare dalla comunità persone considerate pericolose ed indegne della società: qui i pazienti venivano sottoposti all’elettroshock ed ad altre terapie inumane. La svolta avvenne nel 1971 quando Franco Basaglia assunse la direzione dell’ospedale: egli fin da subito dimostrò la volontà di riformare l’Ospedale Psichiatrico, abbattendo recinzioni, aprendo le porte all’esterno, alla città. La pazzia non è più una male pericoloso da nascondere in silenzio: si cominciò ad organizzare soggiorni all’esteno , si crearono laboratori artistici e si richiamarono i cittadini attraverso spettacoli musicali e teatrali nel Parco. In seguito all’approvazione nel 1978 della legge 180 che prevedeva la chiusura dei manicomi su tutto il territorio nazionale, l’Ospedale Psichiatrico di Trieste venne chiuso e si donò ai suoi cittadini. Dopo la chiusura L’ex O.P ha conosciuto un periodo di degrado e di abbandono, fino agli anni 90. Da allora gli edifici sono stati in gran parte recuperati e destinati ad uno pubblico . Una parte è stata acquistata dall’ Università delgi studi di Trieste che vi ha collocato alcuni dipartimenti ed un museo, il Museo dell’Antartide. L’ Università è inoltre promotrice dello sviluppo di un bar, Il Posto delle Fragole, che fin dalla sua apertura si è dimostrato un tassello essenziale per la riunificazione tra esterno ed interno, divenendo un centro di aggregazione e socialità. E’ in programma la ristrutturazione di alcuni grandi edifici per trasferirvi la Facoltà di Psicologia con annesso Museo della Psichiatria. Diversi edifici sono di proprietà della ASL, che vi ha collocato servizi rivolti al cittadino ed uffici. La Provincia è intervenuta nella ristrutturazione del preesistente teatro ed ha sviluppato il progetto Mini-Mu, un mini museo e laboratorio espressivo per bambino. All’interno del Parco è inoltre presente una casa di riposo ed è in progetto un centro per l’Alzheimer. Sono inoltre presenti delle scuole superiori di minoranza slovena. Questi sono solo alcuni degli interventi che, nel corso degli anni, hanno contribuito a superare l’emarginazione dell’Istituto, aprendolo alla collettività. A tale riguardo uno è l’ intervento che ha fisicamente portato la città dentro l’ex O.P. : la spina viaria centrale del progetto originario è stata trasformata in strada pubblica di collegamento della parte alta della città con il sottostante quartiere di San Giovanni. Lungo tale strada transita inoltre il trasporto pubblico e vi è un capolinea dello stesso1. Numerose sono le attività ricreative ed i luoghi di ritrovo che hanno contribuito all’instaurarsi di un senso largamente condiviso di appartenenza. Il tutto è tenuto insieme dalla presenza di un vasto Parco di 22 ettari, curato e ricco di
1 Bricocoli M., Breckner I., Prisons of Madness as Sources of Urban Innovation, Paolo Pini, Milan and San Giovanni, Trieste, in Eisinger A., Brodowski N., Seifert J., Urban Reset. How to Activate Immanent Potentials of Urban Spaces, Birkhäuser, Zurich 2011, pp 146-156
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essenze e fiori pregiati , come un roseto di 8000 piante. In questa dimensione verde si gioca si passeggia ci si rilassa immersi in una natura pura, ricca di suoni ed odori. Molte sono inoltre le attività connesse al Parco come manifestazioni florovivaistiche festival culturali, mostre artistiche e iniziative rivolte ai bambini. Oggi assistiamo ad una totale integrazione urbana dell’originaria cittadella della salute mentale: cultura, musica, svago sono le nuove attività che anno dopo anno crescono sempre più all’interno di padiglioni non più destinati alla sofferenza ed alla reclusione, ma al confronto ed all’apertura. 2
San Giovanni a Trieste Roseto
2 F.Zanzottera, “Il destino controverso degli ospedali psichiatrici in Italia: tra riusi e abbandoni”, in TERRITORIO, N.65, 2013, p. 82-83
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Udine Pordenone Gorizia
TRIESTE
SAN GIOVANNI
TRIESTE
San Giovanni a Trieste Inquadramento
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Sentiero pedonale Strada secondaria Strada principale
San Giovanni a Trieste Planimetria
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San Giovanni a Trieste Installazione: Marco Cavallo
San Giovanni a Trieste Il Posto delle Fragole
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San Giovanni a Trieste Il Parco d’autunno
San Giovanni a Trieste Roseto
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5.2 Caso studio 2: Insel Hombroich Museum, Neuss, Germania
L’Insel Hombroich Museum è un vasto parco dove arte architettura e natura si fondono in una simbiosi assoluta. Esso si sviluppa lungo le sponde del fiume Erft, a Neuss, nei pressi di Dusseldorf ed accoglie il ricchissimo patrimonio artistico del collezionista e fondatore Karl-Henrich Müller. Egli, a partire dal 1987, incaricò il paesaggista Bernhard Korte e lo scultore Erwin Heerich di sviluppare un progetto che si discostasse dalla logica mercantile ed architettonica dei musei e delle gallerie d’arte, per riscoprire un contatto diretto con la natura. Il risultato fu la costruzione da parte di Heerich di dieci padiglioni accompagnati da due edifici preesistenti, un asilo e delle abitazioni, dislocati in un parco ricolmo di flora e di fauna. Il visitatore che oggi si reca all’ Insel Hombroich Museum si ritrova immerso in un percorso paesaggistico pieno di vita: cammina attraverso sentieri circondati da alberi e fiori di diverse specie, passeggia nei padiglioni, ammira le opere d’arte dislocate ovunque all’interno di questa realtà. La collezione di Müller è di ampio respiro, spaziando dall’antichità classica, ad antichi oggetti rituali, fino all’arte contemporanea. Accanto ad opere in vetro cinese del diciottesimo secolo si possono ammirare realizzazioni di Hans Arp e Kurt Schwitters; dopo aver ammirato esempi di scultura cambogiana, il visitatore si imbatte in opere di Alexander Calder e Gerard Richter e di innumerevoli altri artisti contemporanei e non. Ogni padiglione ha la propria identità ed esprime un rapporto diverso con la natura che lo circonda, come ad esempio il padiglione Labyrint, una costruzione di pianta quadrata, che al suo interno si sviluppa come un vero e proprio labirinto di stanze e spazi che si susseguono, mostrando capolavori artistici ed incrementando passo dopo passo la curiosità del visitatore. Labytint predispone quattro uscite, ognuna delle quali da inizio ad un nuovo percorso nel verde, in direzione di altri padiglioni. Diversi sono inoltre i padiglioni in cui la relazione interno ed esterno, natura ed artificio, diviene fondamentale. Entrando nel Graubner Pavillon, il visitatore rimane inizialmente disorientato, per via dell’estremo candore delle murature ma, qualche passo più in là, si trova avvolto in uno spazio vetrato di forma semicircolare, un rifugio che funge da cassa di risonanza. I suoi passi, il suo respiro il suo battito aumentano e diventano l’oggetto di interesse dello spazio nel quale si trova: il visitatore si accorge improvvisamente di essere l’opera d’arte esposta nel padiglione. Se dall’interno quell’ambiente vetrato appare come un rifugio, un punto di vista privilegiato dal quale osservare la natura circostante, all’esterno acquista le sembianze di un palco, un piedistallo sul quale mostrare il visitatore che si muove al suo interno. Moltissime sono le attività parallele all’esposizione d’arte, che si sviluppano all’interno del complesso museale: un asilo totalmente immerso nel verde oppure lo Scheune, un padiglione costruito interamente in legno, che accoglie un ampio spazio destinato a concerti ed assemblee. Di grande interesse è il Tadeusz Pavillon, un padiglione su due livelli che accoglie al piano terra delle opere dell’artista Norbert Tadeusz, mentre al piano superiore si presenta uno degli am-
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bienti più straordinari del complesso museale. Dopo aver percorso delle rumorose scale d’acciaio, il visitatore spinge a fatica una pesante porta e si ritrova in uno spazio di totale contemplazione: prima incontra un basso scaffale con una fila li libri ordinati, poi quattro sedie rivolte ad una vetrata che occupa l’intera parete di fondo. Il visitatore prende un libro, si siede e contempla in silenzio la bellezza dello spazio che lo circonda. Pressappoco al centro del vasto parco si trova la Caféteria, un padiglione aperto al pubblico del museo, all’interno del quale trovare ristoro con prodotti di biologici di stagione. Anche questo spazio acquista la medesima valenza degli altri padiglioni, permettendo, attraverso della ampie vetrate e degli spazi esterni, un totale coinvolgimento con la natura. L’ Insel Hombroich Museum è una realtà ricca, piena di arte e natura in cui ognun può perdersi ed evadere dalla realtà caotica e frenetica della città per abbracciare un ambiente ricolmo di attività e di splendore. E’ uno spazio nel quale convivono attività diverse tra loro, ma connesse in un sistema vivo e dinamico, un vero e proprio organismo1.
Kinder Insel Hombroich
Kastner J.P., Erwin Heerich: Museum Insel Hombroich, Hatje, Stuttgart 1996
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Munster
Detmold
Arnsberg Dusseldorf NEUSS
Kohln
NEUSS
INSEL HOMBROICH MUSEUM
Insel Hombroich Museum Inquadramento
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Graubner Pavillon
Labyrinth Atelier- und Wohnhaus
Turm
Orangerie Hohe Galerie
Atelier von Anatol „Müller-Raum“
Rosa Haus
Kassenhaus, WC
Parkplatz
Soumagne Klause Cafeteria, WC ehemaliges Heerich-Atelier
Schnecke
N
Scheune, WC Tadeusz Pavillon
öffentlich zugängliche Gebäude
Zwölf-Räume-Haus
Kinder Insel Hombroich
Parkplatz für Rollstuhlfahrer
private Nutzung/zugänglich bei Führungen
Insel Hombroich Museum Planimetria
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Insel Hombroich Graubner Pavillon
Insel Hombroich Cafeteria
OLTRE IL MURO — 161
Insel Hombroich Installazione nel Parco
Insel Hombroich Tadeus Pavillon
162 — OLTRE IL MURO
5.3 Caso studio: Parco Trotter, Milano, Italia
Il Parco Scolastico ex Trotter è uno spazio urbano multifunzionale collocato in un’area verde di 126.000 mq nel cuore della città, tra Via Padova e Viale Monza. Molto più di un plesso scolastico di quartiere, il Trotter, con tutte le strutture che ospita e le attività che si svolgono, è un’esperienza unica nel suo genere, paragonabile quasi a una piccola città. Fondato nei primi anni ‘20, su un progetto del Comune di Milano, con l’obiettivo di costituire una scuola all’aperto rispondente ai canoni della pedagogia moderna, il complesso sorge su uno spazio precedentemente occupato dall’Ippodromo Trotter, di cui troviamo ancora traccia nel viale circolare che percorre l’intero parco. Dal 1924 la suddetta costituisce il più grande esempio in ambito italiano ed europeo, riguardante le scuole all’aperto. Accogliendo al suo interno circa 1400 alunni, l’istituto propone un programma scolastico innovativo basato sulle lezioni all’aperto e sulla partecipazione attiva dei bambini alle attività. Insieme alle lezioni il parco, grazie alla sua connotazione, offrì asilo per i “bambini gracili e con precarie condizioni familiari” . Quasi totalmente distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale, venne ricostruita negli anni ’50. La scuola oggi chiamata Casa del Sole, nel dopoguera, perse il suo ruolo igienico-sanitario e propose un progetto educativo particolare in cui si valorizzavano le potenzialità espressive degli alunni. Progetto che rese la rese, per l’ennesimavolta, famosa in Italia e all’estero. Dal 1975 la scula perse la sua caratteristica di scuola speciale, diventando scuola di quartiere. Questo avvenimento incise sull’utilizzo del Parco che, poco a poco, modificò le caratteristiche originarie e la sua funzionalità specifica e divenne fruibile in parte anche dagli abitanti della zona. Il parco infatti, circondato da un alto muro storico, fino a quella data, non era mai stato considerato dai milanesi come uno spazio pubblico. Da questo momento in poi il Parco accolse nelle ore extrascolastiche, anche attività di interesse collettivo per il quartiere e la cittadinanza ospitando nei mesi estivi iniziative pubbliche e laboratori. Nel 1986 il complesso scolastico, visto il suo grande valore naturale, comprendente più di 1000 alberi di 63 specie diverse, venne vincolato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. A conferma del valore ambientale presente nel parco, il Trotter è attualmente nell’elenco redatto dal Fai dei Beni Ambientali di Milano da conservare e valorizzare. Durante il corso degli anni 90 la Casa del Sole continuò a non essere una scuola staccata dalla vita, aperta alle sfaccettature culturali del quartiere, offrendo i suoi insegnamenti a un gran numero di bambini non italiani e con disabilità. La scuola dunque rappresenta un’esperienza positiva di integrazione riconosciuta da tutti. Oltre che una realtà unica per la città, il Parco Trotter costituisce per il quartiere in cui è inserito una rara risorsa ambientale, sociale, educativa da salvaguardare e valorizzare: un polo sociale e di aggregazione per il quartiere e per la città.1
1 Comune di Milano, Parco Trotter: il verde storico in periferia, 2009, p. 9-15;
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Parco Trotter Fattoria della casa del sole
Parco Trotter fioritura
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Sondrio Varese
Lecco
Como MILANO
Bergamo Brescia
Lodi Pavia
Cremona Mantova
PARCO TROTTER
MILANO
Parco Trotter Inquadramento
OLTRE IL MURO — 165
Parco Trotter Planimetria
166 — OLTRE IL MURO
Parco Trotter Iniziative per bambini
Parco Trotter alberatura
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Parco Trotter La casa del sole
Parco Trotter La casa del sole