LA DISCIPLINA DOGANALE NEGLI SCAMBI CON L’ESTERO MASTER IVA IV GIORNATA
con la collaborazione scientifica di
Materiale didattico non vendibile riservato ai partecipanti al Corso di “Master IVA - IV giornata” Dispensa chiusa per la stampa il 28/01/2010
GRUPPO EUROCONFERENCE S.P.A. Via E. Fermi, 11/A - 37135 Verona Tel. 045/8201828 - Fax 045/583111 e-mail: patrizia.ballarini@euroconference.it sito internet: www.euroconference.it Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione anche parziale Stampa a cura di Verona Grafica S.r.l.
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INDICE LE IMPORTAZIONI – Schemi di sintesi
pag.
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a cura di Ignazio La Candia APPROFONDIMENTO: LA PROVA NELLE CESSIONI INTRACOMUNITARIE – Schemi di sintesi
pag. 12
a cura di Ignazio La Candia I DEPOSITI IVA – Schemi di sintesi
pag. 14
a cura di Ignazio La Candia LA DISCIPLINA DOGANALE
pag. 18
a cura di Zeno Poggi LA DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLE MERCI ALL’IMPORTAZIONE
pag. 36
a cura di Luigi Bellante e Zeno Poggi DICHIARAZIONI D’ESPORTAZIONE IN VIA TELEMATICA. NOVITÀ DAL 1° LUGLIO 2009
pag. 46
a cura di Massimo Sirri e Riccardo Zavatta PROVE E DOCUMENTI PER CERTIFICAZIONE DI ORIGINE
pag. 51
a cura di Zeno Poggi REGIMI DOGANALI E LA PIANIFICAZIONE DEL MOVIMENTO DELLE MERCI: IMMISSIONE IN LIBERA PRATICA ED ESPORTAZIONE
pag. 59
a cura di Zeno Poggi LE OPERAZIONI DI LAVORAZIONE ALL’ESTERO DEI PRODOTTI
pag. 63
a cura di Zeno Poggi LE DESTINAZIONI DOGANALI NELLA CLASSIFICAZIONE DEL CODICE DOGANALE COMUNITARIO a cura di Piero Bellante LE INDICAZIONI DI ORIGINE GEOGRAFICA E COMMERCIALE E LE PRATICHE COMMERCIALI SLEALI
pag. 67
pag. 68
a cura di Piero Bellante e Zeno Poggi MODIFICHE APPORTATE CON LEGGE 23.7.09, N. 99, ART. 15 (G.U. 31.7.09, N. 176) IN VIGORE DAL 15.8.2009
pag. 78
MODIFICHE ALLA LEGGE 24.12.2003, N. 350
pag. 79
NUOVE REGOLE PER LA DICHIARAZIONE DI ESPORTAZIONE E SECONDA FASE ECS
pag. 83
DISPOSIZIONI SULLA CHIUSURA DEI MOVIMENTI SCADUTI E ANCORA INAPPURATI
pag. 96
CIRCOLARE N. 169792 DEL 23 DICEMBRE 2009
pag. 105
CONTRATTO DI TRASPORTI AEREO. INCOTERMS - Schemi di sintesi
pag. 112
a cura di Andrea Silla
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LE IMPORTAZIONI a cura di Ignazio La Candia
IMPORTAZIONI E OPERAZIONI INTRACOMUNITARIE ¾ I concetti di importazione e di esportazione sono legati al passaggio della linea doganale 9 IMPORTAZIONE: ingresso delle merci nel territorio doganale
9ESPORTAZIONE: uscita delle merci dal territorio doganale
IMPORTAZIONI Art. 67 D.P.R. n. 633/1972 ¾ Per importazione si intende l’introduzione nel territorio dello Stato di beni provenienti da Paesi o territori non compresi nel territorio comunitario che non siano già immessi in libera pratica in altro Paese membro, ovvero che siano provenienti da territori considerati esclusi dalla Comunità Europea ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 633/1972
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Le importazioni
IMPORTAZIONI Esempio Cessione effettuata da A (svizzero) a B (italiano)
SVIZZERA A B
B effettua un’importazione IMPONIBILE in Italia (art. 67 del D.P.R. n. 633/1972)
IVA VERSATA DA B IN DOGANA
ITALIA 3
APPLICAZIONE DELL’IMPOSTA IVA sulle importazioni
L’IVA viene assolta in Dogana dal proprietario della merce o da colui che la detiene al momento del passaggio in Dogana *
* Ai soli fini doganali è considerato proprietario della merce chi la detiene al momento del passaggio in Dogana (cfr. art. 56 T.U.L.D. e art. 64 del Regolamento CEE n. 2913 del 12 ottobre 1992)
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DETRAZIONE DELL’IMPOSTA IVA sulle importazioni Consentita la detrazione anche a chi non è proprietario dei beni
IVA sugli acquisti intrac. Consentita la detrazione solo al proprietario dei beni
Sentenza Cassazione n. 7016 del 22/02/2001 “...tutti i soggetti cui compete la qualità di debitori dell’IVA in relazione ad operazioni di importazione hanno, in astratto, il diritto di detrazione del tributo pagato, purché ricorrano le ulteriori condizioni per la nascita di tale diritto, e principalmente l’impiego del bene importato per l’esercizio dell’impresa e per il compimento di operazioni soggette ad IVA, ovvero, secondo l’espressione corrente nella prassi italiana, l’inerenza all’esercizio dell’impresa” R. M. n. 96/2007 e n. 346/2008 “la proprietà sui beni non è condizione necessaria per ottenere la detrazione dell’IVA pagata, bensì occorre che i beni o servizi acquisiti presentino un nesso immediato e diretto con l’oggetto dell’attività d’impresa, ossia siano ad essa inerenti”
CESSIONI DI BENI IN TRANSITO O IN DEPOSITO DOGANALE Art. 7, comma 2, D.P.R. n. 633/1972 ¾ Devono essere fatturate e registrate (senza applicazione dell’IVA) le cessioni di beni esteri: 9in transito nel territorio italiano (provenienti da e diretti in un altro Stato extra-UE) 9che si trovano fisicamente nel territorio italiano, ma in luoghi soggetti a vigilanza doganale
N.B.: Si tratta di operazioni non rilevanti ai fini IVA in Italia per carenza del presupposto di territorialità
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Le importazioni
IMPORTAZIONI NON SOGGETTE Art. 67 D.P.R. n. 633/1972 ¾ Non è soggetta ad IVA l’immissione in libera pratica di beni destinati a proseguire verso altri Stati UE (è prevista la sospensione del pagamento dell’IVA (condizioni più restrittive sono previste dalla nuova Direttiva 2009/69/CE del 25 giugno 2009) ¾ Non sono soggette ad IVA le operazioni di “ammissione temporanea” che hanno ad oggetto beni destinati ad essere riesportati “tal quali”* che fruiscono dell’esenzione totale dai dazi di importazione * Con la locuzione “tal quali” si identificano le merci che non hanno subito operazioni di perfezionamento o trasformazione (cfr. art. 84, comma 3, del Regolamento CEE n. 2913 del 12 ottobre 1992)
IMPORTAZIONI NON SOGGETTE Art. 68 D.P.R. n. 633/1972 ¾ Importazioni di beni indicati negli artt. 8-bis e 9 (navi, aeromobili, dotazioni di bordo, ecc.) del D.P.R. n. 633/1972 ¾ Importazioni di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati (cfr. R.M. n. 430288 del 30 luglio 1991) ¾ Importazioni di beni la cui cessione sarebbe esente (organi, sangue, latte umano, plasma) o non imponibile (in base ad accordi internazionali) se effettuata in Italia
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REIMPORTAZIONE A SCARICO DI ESPORTAZIONE TEMPORANEA Art. 67 D.P.R. n. 633/1972 ¾ Nel caso di beni inviati fuori dal territorio comunitario in regime di temporanea esportazione per essere ivi sottoposti ad un trattamento di lavorazione, trasformazione o riparazione
la base imponibile IVA (all’atto della reimportazione) è pari al valore della lavorazione, trasformazione o riparazione
IMMISSIONE IN LIBERA PRATICA DI BENI CON INTRODUZIONE NEL DEPOSITO IVA ¾
Importazione senza pagamento dell’IVA
¾
Richiesta cauzione (a titolo di garanzia) dalla Dogana
¾
Necessaria l’introduzione fisica dei beni nel deposito IVA
¾
Se l’operazione è effettuata da un soggetto non residente (non identificato ai fini IVA in Italia) gli obblighi IVA sono effettuati dal gestore del deposito IVA che assume la rappresentanza fiscale limitata ex art. 44 D.L. n. 331/93 (c.d. rappresentante “leggero”; gli obblighi IVA sono semplificati e riguardano in particolare la fatturazione e la presentazione dei modelli Intrastat, ove richiesti)
Cfr. R.M. n. 198 del 21 dicembre 2000
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Le importazioni
DIRETTIVA 2009/132/CE DEL CONSIGLIO del 19 ottobre 2009 che determina l’ambito d’applicazione dell’articolo 143, lettere b) e c), della direttiva 2006/112/CE per quanto concerne l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di talune importazioni definitive di beni
BENI D’INVESTIMENTO E ALTRI BENI STRUMENTALI IMPORTATI IN OCCASIONE DI UN TRASFERIMENTO DI ATTIVITÀ DIRETTIVA 2009/132/CE - Articolo 25 ¾ Senza pregiudizio delle misure di politica industriale e commerciale vigenti negli Stati membri, gli stessi possono, fatti salvi gli artt. da 26 a 29, ammettere in esenzione le importazioni dei beni di investimento e di altri beni strumentali appartenenti a imprese che cessano definitivamente la loro attività nel paese terzo o territorio terzo di provenienza per esercitare un’attività simile nella Comunità e che hanno dichiarato, anticipatamente, l’inizio di tali attività alle autorità competenti dello Stato membro dell’attività conformemente all’art. 213, par. 1, della direttiva 2006/112/CE
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DIRETTIVA 2009/132/CE - Articolo 26 ¾ L’esenzione è limitata ai beni d’investimento e agli altri beni strumentali che: 9salvo casi particolari giustificati dalle circostanze, sono stati effettivamente utilizzati nell’impresa per un periodo minimo di dodici mesi prima della data di cessazione dell’attività dell’impresa nel paese terzo o nel territorio terzo da cui è trasferita; 9sono destinati agli stessi usi dopo il trasferimento; 9sono destinati all’esercizio di un’attività non esentata; 9sono in rapporto con la natura e l’entità dell’impresa considerata
DIRETTIVA 2009/132/CE - Articolo 27 ¾ Sono escluse dal beneficio dell’esenzione le imprese stabilite fuori della Comunità il cui trasferimento nel territorio della Comunità abbia come causa o scopo la fusione con un’impresa stabilita nella Comunità, o l’assorbimento da parte di tale impresa, senza che vi sia creazione di nuova attività
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Le importazioni
DIRETTIVA 2009/132/CE - Articolo 28 Sono esclusi dall’esenzione: 9i mezzi di trasporto che non hanno carattere di strumenti di produzione o servizi; 9 le provviste di ogni tipo destinate al consumo umano o all’alimentazione degli animali; 9 i combustibili e le scorte di materie prime o di prodotti lavorati o semilavorati; 9 il bestiame in possesso dei commercianti di bestiame
DIRETTIVA 2009/132/CE - Articolo 29 ¾ Salvo casi particolari giustificati dalle circostanze, l’esenzione è accordata unicamente per i beni d’investimento e altri beni strumentali importati prima della scadenza di un termine di dodici mesi a decorrere dalla data di cessazione dell’attività dell’impresa nel paese terzo o territorio terzo di provenienza
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APPROFONDIMENTO: LA PROVA NELLE CESSIONI INTRACOMUNITARIE a cura di Ignazio La Candia
Prova delle cessioni intracomunitarie R.M. n. 345/2007 e 477/2008 In merito alla prova delle cessioni intracomunitarie, la R.M. n. 345/2007 afferma che il cedente nazionale deve dimostrare l’invio dei beni in altro Stato membro, precisando che a tal fine può costituire idonea prova l’esibizione del documento di trasporto, da cui si evince l’uscita delle merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in altro Paese comunitario. L’invio dei beni in altro Stato membro è un elemento costitutivo della cessione intracomunitaria, in assenza del quale non può applicarsi il trattamento di non imponibilità
Prova delle cessioni intracomunitarie R.M. n. 345/2007 e 477/2008 Ai fini della prova dell’avvenuta cessione intracomunitaria e dell’uscita dei beni dal territorio dello Stato, la precedente R.M. n. 345/2007 ha indicato l’esibizione del documento di trasporto a titolo meramente esemplificativo Pertanto, nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova di cui sopra potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro
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Giurisprudenza Corte di Giustizia Sent. 27 settembre 2007, cause C-409/04 (Punto 42), C-146/05 e C-184/05 (Punto 23) È necessario che: 9 Il potere di disporre del bene come proprietario sia stato trasmesso all’acquirente 9 Il bene sia stato spedito, cioè abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione: il termine spedito non va quindi inteso in senso letterale, ma va interpretato nel contesto in cui si colloca la VI Direttiva
Giurisprudenza Corte di Giustizia Sent. 27 settembre 2007, cause C-409/04, C-146/05 e C-184/05 9 Il fornitore provi, con un documento di trasporto, che il bene è stato spedito o trasportato in altro Stato
N.B. deve tenersi conto della buona fede del cedente nazionale
Approfondimento: la prova nelle cessioni intracomunitarie
PROVA DELLE CESSIONI INTRACOMUNITARIE: Osservazioni ASSONIME (Circolare 41/2008) I documenti probatori della spedizione o del trasporto
¾ Anche in materia di cessioni intracomunitarie dovrebbe essere valido il principio secondo cui la spedizione o il trasporto del bene in altro Stato può essere provata dal fornitore tramite l’esibizione di una serie di documenti, sia commerciali che fiscali, tra loro coerenti, che comprovino l’effettività dell’operazione ¾ Dal momento che dall’esemplare del documento di trasporto in possesso del cedente non risulta l’effettiva cessione del bene nel territorio di un diverso Stato membro, potrebbe essere opportuno, per evitare contestazioni, richiedere al vettore una attestazione dell’avvenuta consegna, oppure nell’ipotesi di trasporto franco fabbrica, nell’ambito del quale la responsabilità del trasporto in altro Stato comunitario ricade contrattualmente sul cessionario, richiedere a quest’ultimo copia del documento di trasporto da lui sottoscritto all’arrivo a destino dei beni
PROVA DELLE CESSIONI INTRACOMUNITARIE: Osservazioni ASSONIME (Circolare n. 41/2008) I documenti probatori della spedizione o del trasporto
¾ Su tale linea sono anche le altre Amministrazioni che hanno affrontato il problema: così come l’Amministrazione Francese (cfr. le Istruzioni del 20 ottobre 1999 all’art. 262-ter CGI), ha precisato che tale prova è fornita dall’insieme di indicazioni risultanti dai documenti commerciali ordinariamente emessi per la vendita, quali i documenti di trasporto, la fattura del trasportatore, il contratto di assicurazione commerciale relativo al trasporto delle merci, il contratto concluso con l’acquirente, il buono d’ordine recante l’indicazione dei beni da spedire o trasportare in altro Stato membro, la bolla di consegna, la conferma scritta da parte dell’acquirente del ricevimento di beni proveniente da altro Stato comunitario, la copia della fattura di vendita ¾ Tale elencazione, come espressamente specificato dalla stessa Amministrazione, non ha carattere esaustivo, posto che il valore complessivo dei documenti, ai fini in esame, deve essere valutato in concreto in relazione ad ogni singola fattispecie
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I DEPOSITI IVA a cura di Ignazio La Candia
I depositi IVA: normativa comunitaria ¾Direttiva 91/680/CEE ¾Direttiva 95/7/CE
¾ Hanno autorizzato gli Stati membri alla istituzione di un particolare regime di deposito fiscale (diverso da quello doganale) il cui scopo è quello di differire il pagamento dell’IVA sulle operazioni aventi ad oggetto merci comunitarie ad un momento successivo (è necessaria l’introduzione fisica dei beni nel deposito)
I depositi IVA: la disciplina in Italia ¾ Legge 18 febbraio 1997, n. 28 (art. 1, comma 2) che ha introdotto nel D.L. n. 331/1993 l’art. 50-bis ¾ D.M. 20 ottobre 1997, n. 419
Speciali depositi fiscali per la custodia di beni nazionali e comunitari che non siano destinati alla rivendita al minuto
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I depositi Iva
Vantaggi delle operazioni effettuate mediante l’utilizzo dei depositi IVA ¾ È consentito che talune operazioni aventi ad oggetto merci di origine nazionale e comunitaria siano effettuate senza il pagamento dell’imposta (cfr. art. 50-bis, quarto comma, D.L. n. 331/1993: “sono effettuate senza il pagamento
dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni: b) le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA”)
¾ I depositi IVA permettono di non assoggettare ad imposizione le merci fino a quando non è definita la loro destinazione finale ¾ In alcuni casi, possono essere effettuate senza pagamento dell’IVA anche le prestazioni di servizi aventi ad oggetto i beni custoditi nei depositi
I depositi IVA: le regole per l’applicazione dell’imposta ¾ Acquirente finale delle merci custodite in un deposito IVA stabilito in Italia: al momento della estrazione delle merci dal deposito per immetterle definitivamente in consumo dovrà emettere autofattura ai sensi dall’articolo 17, comma 3, D.P.R. n. 633/1972 ¾ Beni presenti nel deposito ceduti a soggetto UE/ extra-UE ed ivi spediti: non sono assoggettati ad imposta nazionale
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Cessioni di beni con introduzione nel deposito IVA 1.B cede i beni ad A e immette gli stessi beni nel deposito IVA in Italia. La cessione nei confronti di A è effettuata senza pagamento dell’imposta
Francia A 1
2
2.A vende a C mentre i beni si trovano nel deposito IVA. La cessione nei confronti di C è effettuata senza pagamento dell’imposta
B 3
Italia
C
3.C estrae i beni dal deposito ed emette autofattura con IVA
Immissione in libera pratica di beni con introduzione nel deposito IVA 1.A cede i beni a B. B immette i beni in libera pratica in Italia, ma non versa l’IVA in Dogana perché introduce i beni nel deposito IVA
Svizzera A 1
2.B vende a C mentre i beni si trovano nel deposito IVA. La cessione nei confronti di C è effettuata senza pagamento dell’imposta
3B 2
3.C estrae i beni dal deposito ed emette autofattura con IVA
Italia
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C
I depositi Iva
Immissione in libera pratica di beni con introduzione nel deposito IVA 9 Importazione senza pagamento dell’IVA 9 Richiesta cauzione (a titolo di garanzia) dalla Dogana 9 Necessaria l’introduzione fisica dei beni nel deposito IVA
Cfr. R.M. n. 198 del 21 dicembre 2000 (già commentata)
Utilizzo dei depositi IVA: considerazioni ¾L’utilizzo dei depositi IVA in Italia è molto limitato; in altri Paesi (ad esempio, Germania e Olanda) invece l’utilizzo è più frequente (cfr. D. DESIDERIO, I depositi IVA e gli altri regimi di deposito nell’Unione Europea, Giappichelli Editore, Torino 2008) ¾ L’Amministrazione Finanziaria (cfr. C.M. n. 9/2006) ha chiarito che una priorità dell’attività di accertamento è costituita dai controlli sui depositi IVA al fine di “individuare eventuali percorsi evasivi ed elusivi nella gestione dei depositi medesimi” (cfr. anche Circolare GdF n. 1/2008)
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LA DISCIPLINA DOGANALE a cura di Zeno Poggi
1. L’accertamento doganale L’accertamento della dichiarazione doganale è un procedimento che ha lo scopo di determinare l’importo dei diritti doganali che gravano sulla merce oggetto dell’operazione doganale ed individuare il debitore doganale. Gli elementi che compongono la dichiarazione doganale, inseriti nel documento amministrativo unico (DAU), vengono sottoposti al controllo della autorità doganale a cui sono presentati per l’accertamento di: −
qualità
−
quantità
−
origine
−
valore
La dichiarazione doganale rispondente ai requisiti richiesti viene immediatamente accettata se le merci a cui si riferiscono sono presentate in dogana. L’autorità doganale effettua un mero controllo basandosi sugli aspetti formali, verificando la correttezza della compilazione del documento amministrativo, la sottoscrizione del dichiarante, la liquidazione dei tributi. L’ Autorità doganale può invece non accettare la dichiarazione di fronte ad errori o omissioni nella compilazione. Successivamente all’accettazione della dichiarazione, l’Autorità doganale provvede alla registrazione, conferendo il numero di bolletta doganale. La procedura di registrazione è meccanizzata ed avviene con l’inserimento nel sistema informatico di tutti i dati della dichiarazione doganale.
2. Qualità e classificazione delle merci e Taric La classificazione delle merci negli scambi commerciali Gli elementi di base che regolano la circolazione delle merci fra gli Stati, sono determinati dalla tariffa doganale. Essa si può definire come una codificazione delle merci, oggetto di scambi internazionali, e le tariffe daziarie che ad esse si applicano. Per le importazioni nella Unione Europea, il codice doganale comunitario, art. 20 e 21 Reg. CEE 2913/92, stabilisce che i dazi doganali dovuti per legge, sono basati sulla tariffa doganale della Comunità Europea e le altre misure stabilite con disposizioni comunitarie specifiche nel quadro degli scambi di merci sono applicabili in base alla classificazione doganale delle merci. La classificazione consente di individuare ogni merce con una designazione ed un codice numerico. La classificazione tariffaria delle merci determina a sua volta l’applicazione dell’aliquota dei dazi
doganali. La classificazione viene anche utilizzata per altre finalità riferite alla fiscalità interna, le restrizioni quantitative, individuazione delle merci ai fini statistici per gli scambi intracomunitari. La classificazione delle merci della tariffa prevede 21 sezioni: dagli animali vivi, ai tessili,dagli alimentari ai veicoli ecc.
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La disciplina doganale
La tariffa doganale comprende 1.
La nomenclatura combinata delle merci,
2.
Qualsiasi altra nomenclatura che ricalchi in tutto o in parte la nomenclatura combinata o che aggiunga altre suddivisioni e sia istituita da disposizioni comunitarie specifiche per l’applicazione delle misure tariffarie nel quadro degli dì scambi di merci,
3.
Le aliquote e gli altri elementi di tassazioni applicabili di norma alle merci contemplate dalla nomenclatura combinata per i dazi doganali e le imposizioni all’importazione istituite nel quadro della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili a talune merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli,
4.
le misure tariffarie preferenziali contenute in accordi,
5.
Le misure autonome di sospensione e altre misure tariffarie previste dalla normativa comunitaria.
La nomenclatura: il sistema armonizzato La maggior parte di Paesi ha adottato il sistema armonizzato di classificazione delle merci per facilitare il riconoscimento ed identificazione delle merci Le prime sei cifre individuano le voci e sottovoci del sistema armonizzato; le prime otto cifre rappresentano quindi la nomenclatura combinata che con le aliquote formano la tariffa. La nona e la decima servono a codificare ulteriori suddivisioni per prodotti oggetto di misure comunitarie particolari per esempio contingenti, sospensioni ecc. Un ulteriore codice addizionale può essere previsto per altre misure comunitarie, quali dazi antidumping ecc. Classificazione: esempio Identificazione della sezione, del capitolo e del prodotto Sezione XI: Materie tessili e loro manufatti >>> Comprende i capitoli da 50 a 63 Capitolo 61: Indumenti ed accessori di abbigliamento a maglia Voce doganale 6109: T-shirt, canottiere e magliette (a maglia) 6109.10-00 (00): T-shirt di cotone Interpretazione della nomenclatura combinata: le regole generali 1. I titoli delle sezioni, dei capitoli o dei sottocapitoli sono da considerare come puramente indicativi, poichè la classificazione delle merci è determinata legalmente dal testo delle voci, da quello delle note premesse alle sezioni o ai capitoli e, occorrendo, dalle norme che seguono, purchè queste non contrastino col testo di dette voci e note. 2. a) Qualsiasi riferimento ad un oggetto nel testo di una determinata voce comprende questo oggetto anche se incompleto o non finito purchè presenti, nello stato in cui si trova, le caratteristiche essenziali dell'oggetto completo o finito, o da considerare come tale per effetto delle disposizioni precedenti, quando è presentato smontato o non montato. b) Qualsiasi menzione ad una materia, nel testo di una determinata voce, si riferisce a questa materia sia allo stato puro, sia mescolata od anche associata ad altre materie. Così pure
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qualsiasi menzione di lavori di una determinata materia si riferisce ai lavori costituiti interamente o parzialmente da questa materia. 3. a) Qualora per il dispositivo della regola 2b) o per qualsiasi altra ragione una merce sia ritenuta classificabile in due o più voci, la classificazione è effettuata in base ai seguenti principi:
La voce più specifica deve avere la priorità sulle voci di portata più generale Tuttavia quando due o più voci di riferiscono ciascuna a una parte solamente delle materie che costituiscono un prodotto misto o ad un oggetto composito o una parte solamente degli oggetti, nel caso di merci presentate in assortimenti condizionati per la vendita al minuto, queste voci sono da considerare, rispetto a questo prodotto od oggetto, come ugualmente specifiche anche se una di esse, peraltro, ne dà una descrizione più precisa o completa. b) I prodotti misti, i lavori composti di materie differenti o costituiti dall'assemblaggio di oggetti differenti e le merci presentate in assortimenti condizionati per la vendita al minuto, la cui classificazione non può essere effettuata in applicazione della regola 3a) sono classificati, quando è possibile operare questa determinazione, secondo la materia o l'oggetto che conferisce agli stessi il loro carattere essenziale. c) Nei casi in cui le regole 3a) o 3b) non permettono di effettuare la classificazione, la merce è classificata nella voce che, in ordine di numerazione, è posta per ultima tra quelle suscettibili di essere validamente prese in considerazione. 4. Le merci che non possono essere classificate in applicazione delle regole precedenti sono classificate nella voce relativa alle merci che con esse hanno maggiore analogia. 5. Regola per contenitori ed imballaggi. I contenitori presentati con il loro contenuto seguono la classifica del contenuto, mentre presentati separatamente hanno una propria classificazione. 6. La classificazione delle merci nelle sottovoci di una stessa voce è determinata legalmente dal testo di queste sottovoci e dalle note di sottovoci, nonchè, mutatis mutandis, dalle regole di cui sopra, tenendo conto del fatto che possono essere comparate soltanto le sottovoci dello stesso valore. Ai fini di questa regola, le note di sezioni o di capitoli sono, salvo disposizioni contrarie, parimenti applicabili.
3. Valore e calcolo del dazio I dazi previsti nella TARIC sono nella quasi totalità calcolati sul valore. Ciò si traduce nell’applicazione di una determinata percentuale al valore delle merci in dogana che rappresenta la base imponibile delle importazioni (Codice Doganale Comunitario, artt 28-36). La base imponibile è generalmente costituita dal valore di transazione pari al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio della UE. Il prezzo viene definito come il pagamento totale effettuato o da effettuarsi da parte del compratore al venditore.
Vanno aggiunti se non compresi nel prezzo: 1. Commissioni e spese di mediazione; 2. Costo dei contenitori; 3. Costo degli imballaggi;
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La disciplina doganale
4. Le materie, i componenti, le parti similari utilizzati per la produzione delle merci; 5. Gli utensili, gli stampi, le matrici, per la produzione; 6. Le materie consumate durante la produzione; 7. I lavori di ingegneria, di studio, di arte, di design eseguiti in un paese extra UE e necessari per la produzione; 8. I corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare; 9. Le spese di trasporto e di assicurazione delle merci importate, le spese di carico e movimentazione fino al luogo di introduzione nel territorio della Comunità. Legge 4 agosto 2006, n. 248 Conversione del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale (G.U. 11 agosto 2006, n. 186, s.o. n. 183) Art. 35. Misure di contrasto dell'evasione e dell' elusione fiscale 35. L'Agenzia delle dogane, nelle attività di prevenzione e contrasto delle violazioni tributarie connesse alla dichiarazione fraudolenta del valore in dogana e degli altri elementi che determinano l'accertamento doganale ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, ha facoltà di procedere, con le modalità previste dall'articolo 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, all'acquisizione dei dati e dei documenti relativi ai costi di trasporto, assicurazione, nolo e di ogni altro elemento di costo che forma il valore dichiarato per l'importazione, l'esportazione, l'introduzione in deposito doganale o IVA ed il transito. Per le finalità di cui al presente comma, la richiesta di informazioni e di documenti può essere rivolta dall'Agenzia delle dogane, agli importatori, agli esportatori, alle società di servizi aeroportuali, alle compagnie di navigazione, alle società e alle persone fisiche esercenti le attività di movimentazione, deposito, trasporto e rappresentanza in dogana delle merci. La raccolta e l'elaborazione dei dati per le finalità di cui al presente comma è considerata di rilevante interesse pubblico ai sensi dell'articolo 53 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. In caso di inottemperanza agli inviti a comparire ed alle richieste di informazioni di cui al presente comma, l'Agenzia delle dogane procede all'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 10.000 euro, oltre alle misure di sospensione e revoca delle autorizzazioni e delle facoltà concesse agli operatori inadempienti.
Il concetto del valore in dogana nelle transazioni controllate Secondo l’articolo VII del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), costituisce legittimo impedimento all’utilizzo del valore di transazione come valore di riferimento per la determinazione della base imponibile l’esistenza di un legame fra acquirente e venditore. Pertanto, sono previsti 4 metodi alternativi per la determinazione del valore in dogana:
1. Valore di transazione adeguato - merci identiche Si fa riferimento al valore di merci con caratteristiche fisiche, qualità e reputazione identiche vendute all’esportazione allo stesso paese di importazione. Il valore viene adeguato per tenere conto di: commissioni per servizi di intermediazione; il costo degli imballaggi; l’assistenza; i diritti i autore e di
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licenza; i costi di trasporto, carico/scarico, assicurazione ecc.; altri servizi resi ed addebitati all’acquirente; i proventi della rivendita o dell’utilizzo
2. Valore di transazione adeguato - merci similari Si fa riferimento a merci con caratteristiche analoghe composte di materiali simili che possano svolgere la stessa funzione (sono previste differenze non rilevanti), vendute all’esportazione allo stesso paese di importazione, circa nello stesso periodo. Il valore viene adeguato come sopra.
3. Valore dedotto Si fa riferimento al prezzo unitario di vendita delle merci, da cui vengono dedotti le seguenti voci: -
commissioni per servizi di intermediazione
-
l’utile e spese generali
-
costi di trasporto e assicurazione in seguito all’importazione
-
trasporto marittimo, assicurazione, carico/scarico ecc.
-
dazi doganali e imposte nel paese di importazione sempre riferiti a merci con le stesse caratteristiche, vendute all’esportazione allo stesso paese di importazione nello stesso periodo.
4. Valore dedotto Si fa riferimento al costo di produzione delle merci, a cui vengono sommati le seguenti voci: -
l’utile e le spese generali
-
in via opzionale, i costi di trasporto sempre riferiti a merci con le stesse caratteristiche, vendute all’esportazione allo stesso paese di importazione nello stesso periodo.
Il prezzo di trasferimento secondo l’ocse e il valore in dogana: un confronto
1. Obiettivi e principi a) Valore di trasferimento -
applicato da autorità fiscali
-
ripartizione di utili tra giurisdizioni fiscali
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basato sul principio del prezzo di libera concorrenza
-
viene esaminato il rapporto commerciale e finanziario tra le parti controllate
-
le transazioni possono essere aggregate in determinate circostanze
-
generalmente le informazioni sono disponibili alla chiusura dell’esercizio con la dichiarazione dei redditi e/o più tardi nel caso di verifiche
-
le compensazioni a fine esercizio possono essere di routine (a seconda del regime fiscale in vigore nel paese)
b) Valore in dogana -
Le dogane sono preposte al controllo delle frontiere
-
costituisce la base imponibile per la determinazione dei dazi e delle imposte sulle merci importate
-
si dovrebbe basare sui criteri semplici ed equi compatibili con le pratiche commerciali
-
Le dogane devono analizzare ogni merce ed ogni transazione di importazione si basa sulle informazioni reperibili all’atto dell’importazione nel paese di importazione relative all’importazione
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La disciplina doganale
-
il ricalcolo di un valore determinato non è un atto di routine si tende a spostare il controllo dalla frontiera al controllo della merce all’atto di immissione sul mercato, dal controllo fisico della merce al controllo di documenti commerciali ed attività economiche
2. Tempistica a) Prezzo di trasferimento -
Al momento di conclusione della transazione (all’atto di determinazione del prezzo di libera concorrenza) oppure:
-
Al momento di presentazione della dichiarazione dei redditi (l’esito del prezzo di libera concorrenza)
b) Valore in dogana -
All’atto dell’importazione della merce nel territorio doganale (cioè all’atto di presentazione della dichiarazione doganale)
-
All’atto di un nuovo accertamento successivo all’importazione (cioè durante una verifica)
-
Per la conversione di valuta estera ai fini della determinazione del valore in dogana, sarà valido il tasso di cambio in vigore all’atto di importazione o di esportazione, secondo le norme nazionali in vigore
3. Ambito di applicazione a) Prezzo di trasferimento -
Solo tra imprese collegate, cioè quando una entità partecipa direttamente o indirettamente nella gestione, il controllo, il capitale sociale di un’altra entità, oppure le due entità sono soggetti alla stessa gestione, controllo o proprietà
-
Situazioni di realtà permanenti
-
Tutte le transazioni commerciali e finanziarie attraverso frontiere (beni, servizi, beni immateriali, prestiti ecc.)
b) Valore in dogana -
Tra parti collegate: vengono definiti i tipi di rapporto: proprietà, rapporti sociali, mansioni direttive, funzioni di controllo e anche legami di parentela
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Merci importate
-
Il valore in dogana serve per l’applicazione di dazi ad valorem su tutte le merci importate
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Non sono previste categorie differenti per beni immateriali o servizi, tuttavia diventano importanti se hanno un impatto rilevante sul valore della merce
4. Metodi di valutazione a) Prezzo di trasferimento -
Il principio della libera concorrenza richiede un confronto tra le condizioni applicate dal contribuente nelle transazioni controllate e le condizioni in una comparabile transazione non controllata
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Comparabile significa non necessariamente identica, ma senza differenze materiali, o dove sono possibili adeguamenti per compensare tali differenze.
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-
5 fattori di comparabilità: caratteristiche fisiche della merce/dei servizi; funzioni svolte/utilizzo di beni strumentali/assunzione di rischi; termini contrattuali; circostanze economiche; strategie commerciali.
-
Gli adeguamenti per consentire la comparabilità possono essere migliorativi.
-
3 metodi tradizionali preferiti (prezzo comparabile non controllato; prezzo di rivendita; costo maggiorato) e 2 metodi alternativi da usare in extremis (margine netto della transazione; ripartizione dell’utile)
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La scelta del metodo dipende dalle circostanze; occorre valutare i pregi e i difetti di ciascun metodo, effettuare l’analisi funzionale della transazione in oggetto, e valutare la qualità e la disponibilità delle informazioni
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Si basa su una gamma di valori
-
Opera al livello della singola transazione
b) Valore in dogana -
i 4 metodi alternativi devono essere applicati in ordine gerarchico solo in caso di non applicabilità del valore di transazione, cioè nel caso delle transazioni controllate
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solo un metodo concorre alla determinazione del valore in dogana
-
il valore della transazione è il metodo principale per transazioni controllate e non controllate
5. Documentazione a) Prezzo di trasferimento -
L’onere della prova viene stabilito dalla norme nazionali
-
Un numero sempre maggiore di paesi sta adottando norme che governano la documentazione richiesta nel caso dei prezzi di trasferimento
-
Momenti temporali diversi: all’atto della transazione, all’atto di presentazione della dichiarazione dei redditi, all’atto di una verifica
-
La documentazione riguarda il contesto economico (del settore e del contribuente), la transazione controllata (condizioni), il metodo di determinazione del prezzo (scelta ed applicazione), l’analisi di comparabilità (compresi i dati sulle transazioni non controllate), ecc.
-
L’accesso alle informazioni: nazionale (disposizioni generali per le verifiche fiscali, disposizioni specifiche per i prezzi di trasferimento) ed internazionale: accordi bilaterali
b) Valore in dogana -
Il GATT non specifica quali informazioni sono da valutare
-
L’onere della prova: spetta all’importatore dimostrare che il prezzo non risente del rapporto tra le parti
-
Il tipo di prova varia di caso in caso
-
Devono essere presentate prove sufficienti per dimostrare le circostanze addotte
-
Possibilità di utilizzare come prova la documentazione relativa al prezzo di trasferimento.
Le regole di origine preferenziale e non preferenziale Per determinare il Paese dove il prodotto è originario bisogna verificare:
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La disciplina doganale
Regole di origine preferenziali: Per definire il dazio agevolato / esenzione all’importazione negli
scambi commerciali con uno specifico Paese o gruppi di Paesi. Regole di origine non preferenziali: Sono utilizzate per attribuire ed attestare l’origine dei prodotti
ai fini commerciali o per informare in quale Paese il prodotto è stato ottenuto. Determinazione dell’origine Un prodotto ha sempre una origine da un determinato Paese. Essa non va confusa con la provenienza. L’origine non preferenziale di un prodotto potrebbe non coincidere con l’origine preferenziale. Per i prodotti interamente ottenuti in un unico Paese non vi sono difficoltà per rilevare l’origine. Le merci sono dichiarate come originarie del Paese dove sono state ottenute. La determinazione delle regole può invece essere molto complicata per quei prodotti ottenuti con componenti e lavorazioni che avvengono in più Paesi. Il principio di base è che una merce sia considerata originaria del Paese nel quale ha subito una trasformazione sufficiente o lavorazione sostanziale. Tre criteri per definire una trasformazione sufficiente sono: 1.
Salto tariffario del prodotto (cambio della nomenclatura) o lavorazione sostanziale
2.
Valore aggiunto minimo
3.
Lavorazione specifica che conferisce l’origine
Per i prodotti tessile ed abbigliamento le regole per definire l’origine sono esplicitamente richiamate nel Codice doganale comunitario e nelle disposizioni di applicazione del codice doganale comunitario. Prove e certificati di origine Per certificare l’origine non preferenziale, la Camera di commercio emette il certificato di origine generale su richiesta dell’esportatore. Per certificare l’origine non preferenziale del prodotto si può ottenere il certificato di origine CDO, emesso da una autorità riconosciuta nel Paese dove il prodotto è stato ottenuto. Il documento certifica la dichiarazione del richiedente che il prodotto è stato ottenuto in un determinato Paese secondo le regole di origine non preferenziale. Per il riconoscimento di un trattamento preferenziale alla importazione i prodotti devono invece essere scortati da certificati di origine EUR1, negli scambi con alcuni Paesi, o gruppi di Paesi, oppure FORM A negli scambi con i Paesi del sistema delle preferenze generalizzate. I certificati sono emessi dalle autorità doganali e comprovano che i prodotti sono originari di un determinato Paese ai sensi delle regole di origine preferenziale. Conseguenze per l’Iva nelle cessioni all’ esportazione Il Progetto comunitario AES (Automated Export System) prevede un sistema di automazione dell’intera procedura doganale di esportazione che consentirà, a regime, il tracciamento elettronico ed il controllo automatizzato delle operazioni di esportazione in ambito comunitario, basato sul modello del sistema informatico predisposto per le operazioni in regime di transito NCTS (New Computerized Transit System), già operativo in tutti gli Stati membri ed EFTA.
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Il progetto AES si sviluppa nell’ambito dell’iniziativa e-custom, che prevede a livello comunitario la costituzione di un ambiente semplificato e “senza carta” (nota dogane 4538/07) per le operazioni doganali e per il commercio di merci. Con questo sistema le dogane comunitarie avranno il pieno controllo delle operazioni di esportazione tramite un sistema elettronico di scambio dei dati tra l’ufficio di esportazione e l’ufficio di uscita. Il Progetto AES è suddiviso in due fasi funzionali: -
la “prima fase”: ECS (Export Control System) – Fase 1, che ha preso avvio il 1° luglio 2007, ha l’intento di fornire alle amministrazioni doganali il pieno controllo delle operazioni di esportazione, tramite un sistema elettronico di scambio dei dati tra l’ufficio doganale di esportazione e l’ufficio doganale di uscita dal territorio doganale della Comunità e la trasmissione della prova dell’avvenuta uscita dei beni dal territorio comunitario (c.d. “visto uscire elettronico”). Per le esportazioni effettuate in ambito AES l’apposizione del “visto uscire” (anche noto come timbro “conalbi”), sulla copia n. 3 del DAU viene sostituita dall’invio di un apposito messaggio elettronico trasmesso dall’Ufficio doganale di uscita all’Ufficio di esportazione.
-
la “seconda fase”: ECS (Export Control System) – Fase 2 che sarà operativa dal 1° luglio 2009, introduce l’obbligatorietà della comunicazione di informazioni aggiuntive in materia di sicurezza attraverso la dichiarazione doganale di esportazione anticipata e l’obbligatorietà dell’invio telematico della dichiarazione doganale di esportazione, sia in procedura ordinaria di accertamento che in procedura domiciliata/semplificata.
Il Sistema ECS (Export Control System), appartiene al sistema di automazione dell’intera procedura di esportazione AES (Automated Export System) che include, quindi, anche quelle procedure di esportazione escluse dall’ECS. Il Regolamento CE 1875/2006, fornisce la base giuridica per l’applicazione del progetto comunitario ECS (Export Control System) da parte degli Stati Membri. Il Regolamento CE 1875/2006 interviene sulle disposizioni di applicazione del Codice doganale comunitario contenute nel Regolamento CE 2454/93, in seguito alla modifica del Codice doganale comunitario apportata dal Regolamento CE 648/2005 che ha introdotto nuove norme in materia di sicurezza. L’operazione di esportazione in ambito ECS è stata chiarita dall’Agenzia delle Dogane con due distinte note (prot. n.1434 del 07.05.2007 e prot. n. 3945 del 27.06.2007), che hanno puntualizzato le fasi operative che vedono coinvolti i vari soggetti e specificato la portata e la ricaduta delle disposizioni in merito alla prova dell’avvenuta esportazione. La procedura in ambito ECS: gli adempimenti degli uffici doganali e degli operatori L’operatore presenta la dichiarazione doganale relativa alla merce oggetto di esportazioni, completa in ogni sua parte, all’Ufficio doganale di esportazione, che procede alla registrazione delle dichiarazioni per ciascuna di essa. L’ Ufficio doganale di esportazione non è determinato dall’operatore a sua discrezione ma è quello espressamente individuato come “ufficio doganale competente per la sorveglianza del luogo in cui l’esportatore è stabilito o di quello in cui le merci sono caricate o imballate per l’esportazione”, salvo in alcuni casi espressamente contemplati. Il sistema fornisce gli estremi di registrazione e l’identificativo comunitario dell’operazione, il c.d. MNR (Movement Reference Number), che consente all’operatore di interrogare il sistema informatico sul
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La disciplina doganale
sito internet dell’Agenzia delle Dogane, per seguire le fasi della movimentazione delle merci oggetto di esportazione, fino al compimento della relativa procedura doganale. L’Ufficio doganale di esportazione, eseguiti i controlli e autorizzato lo svincolo delle merci, provvede alla stampa e alla consegna al dichiarante del DAE (Documento di Accompagnamento delle Esportazioni). Per le esportazioni effettuate in procedura domiciliata in ambito AES, è l’utente telematico a procedere, dopo aver ricevuto la comunicazione dello svincolo della dichiarazione, alla produzione e alla stampa del DAE. Il DAE riporta gli estremi dell’MRN e sostituisce la copia n. 3 del DAU, con la funzione di accompagnare la merce dalla dogana di esportazione (o dal magazzino autorizzato per la partenza delle merci, nel caso di svolgimento dell’operazione in procedura di domiciliazione) alla dogana di uscita. L’Agenzia delle Dogane avverte che occorre prestare la massima attenzione nella compilazione delle caselle della dichiarazione di esportazione ed in particolare di quelle relative all’indicazione dell’Ufficio doganale di uscita, presso il quale si realizzeranno le formalità per l’uscita della merce dal territorio comunitario (casella 29 del DAU) ed al codice tariffario delle merci (casella 33 del DAU). L’Ufficio di esportazione provvede alla trasmissione in via elettronica all’Ufficio doganale di uscita dei dati riportati nella dichiarazione doganale. L’ Ufficio di uscita è l’ultimo ufficio doganale prima dell’uscita fisica delle merci dal territorio doganale della Comunità. L’operatore economico dovrà assicurarsi che il vettore della merce presenti il DAE all’Ufficio doganale di uscita. Al momento dell’arrivo delle merci presso l’Ufficio doganale di uscita, il DAE deve essere presentato al personale dell’ufficio doganale al fine di consentire l’immediato riconoscimento a sistema dell’operazione e l’effettuazione degli adempimenti connessi all’uscita della merce. Il DAE è utilizzato dall’ufficio doganale di uscita e dagli altri enti ed Autorità per espletare le medesime formalità cui era assoggettato l’esemplare 3 del DAU, con la differenza che, nella generalità dei casi, a conclusione delle predette formalità di uscita non viene apposto alcun timbro di “visto uscire” sul retro del DAE. Per le esportazioni in ambito AES l’apposizione del visto uscire sulla copia 3 del DAU viene sostituita dal messaggio “risultati di uscita” trasmesso dall’Ufficio doganale di uscita a conferma dell’avvenuta uscita delle merci all’Ufficio doganale di esportazione, al più tardi il giorno lavorativo successivo a quello in cui le merci lasciano il territorio doganale della Comunità. La comunicazione agli operatori dell’esito dell’operazione doganale effettuata in ambito AES avviene mediante
trasmissione
del
messaggio
“IVISTO”
per
ogni
dichiarazione
telematica.
L’esito
dell’operazione doganale può essere comunque verificato mediante interrogazione dell’MRN, tramite l’apposito link “Notifica di esportazione (AES)” consultabile sul sito internet dell’Agenzia delle dogane. La prova dell’avvenuta esportazione Le attuali disposizioni normative che regolano le operazioni di esportazione sotto il profilo fiscale e doganale stabiliscono che, ai fini della dimostrazione della corretta non imponibilità delle cessioni effettuate verso Paesi terzi, sia necessario dimostrare l’avvenuta uscita dal territorio comunitario delle merci oggetto della transazione.
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Tale prova era normalmente costituita dal c.d. “visto uscire” apposto sull’esemplare 3 della bolletta doganale (DAU, documento amministrativo unico) da parte dell’ultimo ufficio doganale di uscita dal territorio comunitario. L’Agenzia delle Dogane, nella nota n. 3945, precisa che per le operazioni svolte in ambito ECS, la prova dell’uscita delle merci dal territorio comunitario è costituita dal messaggio “risultati di uscita” che l’ufficio doganale di uscita invia all’ufficio doganale di esportazione e che viene registrato nella base dati del sistema informativo doganale nazionale (AIDA). Il messaggio “risultati di uscita” contiene infatti l’informazione relativa all’uscita effettiva della merce – con o senza eventuali difformità - o di uscita respinta per non conformità con la normativa doganale. Pertanto, il dato di cui è in possesso l’Amministrazione doganale equivale alla prova di uscita fornita con il sistema cartaceo dal timbro apposto dalla dogana di uscita sul retro dell’esemplare 3 della dichiarazione doganale. La citata nota n. 3945 sottolinea, peraltro, che la stampa di tale comunicazione non è rilevante al fine di dimostrare la prova dell’avvenuta esportazione a tal fine rilevando, invece, il dato contenuto nel sistema informativo dell’Agenzia delle Dogane consultabile dagli operatori economici tramite la digitazione dell’MRN (Mouvement Reference Number) assegnato dal sistema informatico AIDA al momento dell’accettazione della dichiarazione doganale e riportato sul DAE (Documento di Accompagnamento delle Esportazioni).
Operazioni incluse e operazioni escluse dall’ambito ECS Le operazioni interessate all’ECS - Fase 1 sono le esportazioni per le quali la normativa prevede che l’esemplare 3 del DAU (Documento Amministrativo Unico) scorti la merce dall’ufficio di esportazione all’ufficio di uscita presso il quale verranno espletate le relative formalità. Sono trattate in ambito AES, e pertanto l’apposizione del visto uscire sulla copia 3 del DAU viene sostituita dal messaggio “risultati di uscita”, le dichiarazioni di esportazione: -
in procedura ordinaria di accertamento presentate secondo le modalità della dichiarazione cartacea, della dichiarazione cartacea accompagnata dai dati della dichiarazione su supporto magnetico/ottico, della dichiarazione mediante invio telematico;
-
in procedura di domiciliazione presentate mediante invio della dichiarazione telematica.
Non sono incluse nell’ECS- Fase 1, le esportazioni abbinate a transito e le esportazioni dei prodotti soggetti ad accisa in quanto, l’appuramento del documento di esportazione DAU e la sua riconsegna al soggetto che lo ha presentato sono effettuati direttamente dall’ufficio di esportazione e non dall’ufficio di effettiva uscita. Le operazioni in parola sono gestite in ambito NCTS e le merci sono scortate dall’Ufficio di esportazione all’Ufficio di destinazione del transito dal Documento di Accompagnamento Transito (DAT) e dal Documento di accompagnamento Accise (DAA) nel secondo caso. Per le operazioni escluse dall’AES restano ferme in via generale le disposizioni in materia di prova dell’uscita della merce fornita dall’esemplare 3 del DAU vistato sul retro. Sono inoltre, escluse dall’applicazione del sistema AES, le operazioni di esportazione in procedura di domiciliazione
effettuate
mediante
l’invio
del
preavviso
e
della
successiva
dichiarazione
complementare e le esportazioni per le quali gli operatori economici si avvalgono della deroga di cui al comma 2. dell’art. 793 del Reg. (CEE) n. 2454/93 relativa all’utilizzo del “contratto unico di trasporto”.
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La disciplina doganale
Annullamento della dichiarazione doganale Le disposizioni di applicazione del Codice doganale prevedono che, se al termine di 90 giorni dalla data di svincolo per l’esportazione da parte dell’Ufficio doganale di esportazione, le merci non hanno lasciato il territorio comunitario o non sia possibile dimostrarne l’uscita, l’ufficio di esportazione procederà all’annullamento della dichiarazione doganale comunicandolo al dichiarante/esportatore. Le funzionalità del sistema ECS, nella Fase 1, non consentono all’Ufficio di esportazione di conoscere se, allo scadere del novantesimo giorno in assenza di ricezione del messaggio “risultati di uscita” dalla dogana di uscita, si sia verificata la mancata presentazione della merce per l’uscita, siano in corso controlli sulla merce presentata per l’uscita da parte della dogana di uscita, ovvero si sia verificato solo un mancato invio del messaggio “risultati di uscita” per merce invece già uscita dal territorio comunitario. La dogana di esportazione non è in grado di procedere allo scadere del novantesimo giorno all’annullamento automatico della dichiarazione doganale. Tale ufficio provvederà, quindi, ad attivarsi presso il dichiarante o l’esportatore per avere notizie in merito all’operazione di esportazione in corso o, se del caso, presso la dogana di uscita dichiarata; per l’Agenzia delle dogane, è auspicabile che lo stesso dichiarante o esportatore prendano l’iniziativa di informare l’autorità doganale di esportazione dello stato dell’operazione. Una volta esperiti tutti gli accertamenti del caso, qualora risultasse che la merce non è stata presentata per l’uscita e, conseguentemente, non ha lasciato il territorio doganale della Comunità, l’ufficio doganale di esportazione provvederà all’annullamento della dichiarazione doganale comunicandolo al dichiarante/esportatore il quale, provvederà eventualmente a ripresentare una nuova dichiarazione doganale, oppure applicherà l’IVA alla cessione.
Documentazione a corredo del DAE Il sistema ECS, costituito da una serie di messaggi elettronici scambiati tra le due dogane coinvolte nell’esportazione, supera l’uso dell’esemplare 3 del DAU, ora sostituito dal DAE. L’Agenzia delle Dogane rileva che, nessun cambiamento interviene per gli ulteriori documenti (ad es. gli esemplari 3a e 3b), previsti dalla normativa specifica comunitaria in relazione al tipo di merce esportata, che dovranno continuare a scortare la merce sino alla dogana di uscita per gli adempimenti del caso. Analogamente, la documentazione richiesta per motivi fiscali (ad es. l’apposizione del visto doganale sulle fatture commerciali in caso di triangolazioni), la cui funzione e relativa applicazione risultano al momento invariate.
Uscite frazionate Le uscite frazionate di merci, riguardano le spedizioni di merci destinate ad uscire dal territorio comunitario dal medesimo ufficio doganale di uscita ma a più riprese. In tal caso, l’Ufficio doganale di uscita invia il messaggio “risultati di uscita” all’ufficio di esportazione solo quando tutte le merci hanno lasciato la Comunità. Non risulterà più possibile l’uscita frazionata delle merci comprese in un’unica dichiarazione doganale, destinate a lasciare il territorio comunitario attraverso diversi uffici doganali di uscita, il quanto il sistema ECS obbliga ad indicare nella casella 29 del DAU un solo ufficio di uscita. Gli operatori che
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intendono far uscire le merci da diversi Uffici doganali dovranno predisporre più dichiarazioni doganali distinte per ciascun ufficio di uscita. Controlli doganali in materia di sicurezza dei prodotti Agli Uffici Doganali, che già effettuano controlli per fini tributari sul movimento internazionale delle merci e per la loro stessa collocazione fisica sui confini comunitari, è affidata anche una vasta serie di controlli extra-tributari concernenti il traffico commerciale da e verso Paesi Terzi. Le dogane come istituzione sono l’organo amministrativo che, oltre a provvedere ad escutere i dazi dovuti per l’ammissione ed introduzione delle merci che provengono da altri Stati nel territorio dello Stato, garantiscono un controllo a tutela della salute, della economia e della sicurezza stessa della Nazione. Il ruolo della dogana nel nuovo e moderno contesto comunitario e nazionale non è solo rivolto alla pura esazione fiscale, attuata con la riscossione di dazi e diritti doganali, ma anche nel controllo sulla sicurezza e tutela dei consumatori e delle imprese. Lo stesso mercato unico europeo prevede fra i suoi massimi principi, la libera circolazione delle merci nel territorio di tutti gli Stati membri, a condizione che le merci extracomunitarie siano immesse in libera pratica e siano immesse in consumo in conformità ai requisiti di sicurezza armonizzati nella Comunità La dogana effettua quindi rigorosi controlli sul rispetto delle norme di sicurezza, delle indicazioni e messaggi rivolti ai consumatori in materia di origine, della marcatura CE, agisce per la repressione della contraffazione ed in generale sul rispetto di tutte le norme relative alla sicurezza delle merci importate. Con i controlli sulla sicurezza la dogana esercita la propria competenza di vigilanza ai confini del territorio per la protezione del consumatore e delle stesse imprese nazionali che operano in regola con le norme vigenti. La specifica attività di vigilanza delle dogane è orientata anche alla protezione delle imprese, che invece si confrontano in un mercato libero e concorrenziale, basato sul rispetto delle regole e delle norme. L’autorità doganale si è quindi dotata di strumenti per intensificare i controlli di frontiera sulla sicurezza dei prodotti importati, attuando così quanto previsto dal Regolamento (CE) 339/1993 e dal D. lgs. 172/2004, di attuazione della Direttiva per la sicurezza generale dei prodotti, ora compreso nel codice di consumo, D. lgs. 206 del 6 settembre 2005. In particolare il Regolamento (CEE) n. 339/1993 relativo ai controlli sulla conformità delle merci importate da paesi terzi alle norme in materia di sicurezza dei prodotti si basa sul presupposto che un prodotto non può essere immesso sul mercato della Comunità se non è conforme alla pertinente regolamentazione e che pertanto gli Stati membri sono responsabili del controllo sulla conformità dei prodotti. Con la soppressione dei controlli alle frontiere interne della Comunità, occorre garantire che ciascuno Stato membro possa intervenire, nell’esercizio di tali controlli alle frontiere esterne, secondo modalità analoghe, onde evitare qualsiasi distorsione che pregiudichi la sicurezza e la salute dei cittadini europei. Le autorità doganali debbono quindi essere strettamente associate all’esercizio della vigilanza sul mercato e ai sistemi di informazione previsti dalle norme comunitarie e nazionali, nella misura in cui si tratti di prodotti provenienti dai paesi terzi.
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La disciplina doganale
L’intervento delle dogane prende forma qualora durante le operazioni di immissione in libera pratica, qualora taluni prodotti presentino caratteristiche tali da suscitare un serio dubbio circa l’esistenza di un pericolo grave ed immediato per la salute e la sicurezza. In tal caso le dogane debbono sospendono lo svincolo doganale ed informare le autorità nazionali competenti in materia di vigilanza sul mercato. L’intervento non deve limitarsi all’esame delle caratteristiche di conformità di sicurezza del prodotto, ma deve anche verificare l’assenza di eventuali documenti che deve accompagnare i prodotti e/o l’assenza di una marcatura, qualora previsti dalle norme comunitarie o nazionali in materia di sicurezza dei prodotti vigenti nello Stato membro in cui viene richiesta l’immissione in libera pratica. Tuttavia l’intervento di controllo deve avvenire entro un termine sufficientemente breve tenuto conto del serio dubbio sopra evocato e degli impegni internazionali della Comunità, specialmente in materia di controllo di conformità alle norme tecniche. La norma comunitaria definisce la marcatura qualsiasi marcatura o etichettatura che deve essere obbligatoriamente apposta su un prodotto, secondo la vigente legislazione comunitaria o nazionale, e che attesta la conformità di detto prodotto a tale legislazione. Si riferisce in questo caso alla marcatura CE: Essa può essere definita come l’insieme delle procedure armonizzate di valutazione della conformità dei prodotti industriali alle direttive comunitarie per l’abbattimento delle barriere tecniche. Queste direttive favoriscono l’immissione sul mercato europeo e contribuiscono alla realizzazione del mercato interno. La valutazione della conformità avviene in tappe che riguardano la fase di progettazione del progetto e la fase della sua fabbricazione. La conformità dei prodotti industriali ai “requisiti essenziali” fissati dalle direttive di armonizzazione tecnica ha lo scopo di tutelare interessi pubblici come la salute e la sicurezza degli utilizzatori destinatari dei prodotti. Gli Stati membri non possono limitare l’immissione sul mercato o la messa in consumo di prodotti che hanno la marcatura “CE”, tranne il caso in cui sia provata la non conformità del prodotto. La marcatura deve essere apposta prima che il prodotto sia immesso sul mercato europeo o in consumo. Nel procedere alla sospensione del vincolo, le dogane informano l’autorità competente in materia di scurezza: per l’Italia è il Ministero dello sviluppo economico. Il regolamento 393/1993 si applica a tutti i prodotti dove non siano previsti particolari disposizioni di controlli, quali nelle fattispecie disciplinate da norme comunitarie relative ai controlli fitosanitari, veterinari, zootecnici e relativi alla protezione degli animali. I controlli dell’autorità doganale potranno di conseguenza essere riferiti: 1.
controllo di conformità alle norme tecniche: ove si verifichi che le merci siano conformi alle norme internazionali, comunitarie o nazionali eventualmente previste dalla legislazione e dalla regolamentazione ad esse relative;
2.
controllo di qualità: ove ci si riferisca ad ogni altra tipologia di controllo tendente ad accertare che le merci corrispondano ai requisiti minimi di qualità previsti dalla legislazione e dalla regolamentazione ad esse relative.
La maggior parte delle norme di riferimento si applicano al momento della immissione in consumo, intesa come commercializzazione nel circuito di vendita dei vari prodotti
31
Tuttavia, vi sono diverse fattispecie di controllo per prodotti per i quali si applicano specifiche disposizioni di sicurezza per le quali le Autorità Doganali sono chiamate ad intervenire ai sensi del Reg. to (CEE) n° 339/93 e del codice di consumo D. lgs. n.206/2005. In caso di attivazione del controllo l’ operatore doganale provvede, quindi alla sospensione dell’operazione doganale. Successivamente, deve trasmettere al competente Ufficio del Ministero dello Sviluppo economico ed all’Organismo da questi delegato al controllo dei prodotti soggetti a specifiche normative. Contestualmente provvede a comunicare formalmente all’importatore, od al suo rappresentante, l’ avvenuta sospensione dello svincolo delle merci e del contemporaneo interessamento del Ministero dello sviluppo economico. A fronte di tale comunicazione, il Ministero dello sviluppo economico, o il precitato Organismo può: 1.
non fornire riscontro nei termini previsti dalla normativa comunitaria (tre giorni lavorativi). In tal caso l’operazione doganale sarà regolarmente conclusa e le merci saranno lasciate alla libera disponibilità della parte. A matrice della dichiarazione doganale verrà allegata copia della nota inviata al Ministero dello sviluppo economico.
2.
comunicare di poter procedere allo svincolo delle merci con la destinazione delle medesime presso un deposito specificatamente individuato anche ai fini di una eventuale loro regolarizzazione. In tal caso, l’operazione doganale sarà regolarmente conclusa e le merci potranno essere lasciate alla libera disponibilità della parte, dopo aver trasmesso al Ministero dello sviluppo economico una formale comunicazione concernente l’avvenuto svincolo delle merci con l’indicazione del presunto luogo di destinazione delle merci.
3.
comunicare che le merci non possono essere importate per pericolo grave ed immediato connesso alla importazione delle merci in argomento;
In caso di pericolo immediato i prodotti oggetto di controllo non potranno essere lasciati alla libera disponibilità dell’operatore. Il fatto di per se è grave, in quanto, l’Ufficio Doganale procede anche ad estendere alla competente autorità giudiziaria comunicazione di notizia di reato ed al sequestro probatorio delle merci. In caso di non conformità alle norme comunitarie,di cui al punto, la dogana provvede a trasmettere immediata e formale comunicazione all’importatore circa la certificata non rispondenza delle merci attestata dal Ministero dello sviluppo economico, invitando l’importatore medesimo, a voler attribuire alle merci, entro il termine perentorio di 72 ore, una nuova destinazione doganale (rispedizione all’estero,distruzione ecc). I prodotti disciplinati invece da una direttiva comunitaria possono essere commercializzati unicamente se non compromettono la sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni. Le direttive prevedono come regola un’armonizzazione totale, vale a dire che solamente i prodotti conformi possono essere commercializzati. Ogni direttiva contiene una descrizione dei requisiti in materia di sicurezza cui devono conformarsi tutti i prodotti che rientrano nel campo d’applicazione della direttiva. La libera circolazione del prodotto all’interno del territorio della Comunità Europea è assicurata dalla conformità dei prodotti a norme armonizzate o, in assenza di norme armonizzate, a norme nazionali. L’intervento di armonizzazione comunitaria dei prodotti riguarda i seguenti settori:
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La disciplina doganale
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Prodotti alimentari
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Materiali destinati al contatto con prodotti alimentari
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Preparati e sostanze pericolose
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Veicoli a motore
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Prodotti cosmetici
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Sicurezza dei giocattoli
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Macchine
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Impianti di trasporto pubblico a fune
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Dispositivi di protezione individuale
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Ascensori
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Materiale destinato ad essere utilizzato in atmosfera esplosiva
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Apparecchi e sistemi di protezione
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Attrezzature a pressione
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Recipienti semplici a pressione
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Dispositivi medici
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Apparecchi di refrigerazione
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Nuove caldaie ad acqua calda
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Apparecchiature a gas
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Reattori per lampade fluorescenti
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Materiale elettrico di bassa tensione
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Compatibilità elettromagnetica degli apparecchi elettrici ed elettronici
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Apparecchiature radio e apparecchiature terminali di telecomunicazione
Alcuni di questi prodotti, quali i farmaceutici, alimenti e chimici non sono soggetti alla disciplina della marcatura CE; ad essi si applicano specifiche discipline che stabiliscono i termini di sicurezza e di etichettatura. Essi sono soggetti a specifici controlli di natura sanitaria, fitosanitaria e veterinaria. I veicoli invece stradali devono invece soddisfare specifiche esigenze di sicurezza finalizzate alla loro omologazione all’interno dei singoli Stati membri. Per gli altri prodotti la rispondenza e la conformità dei prodotti alle varie normative specifiche di riferimento è dichiarata, o attestata attraverso l’apposizione sui prodotti stessi, sui loro imballaggi o recipienti della marcatura CE. Nel processo di pianificazione del movimento delle merci, l’operatore dovrà quindi definire con cura ogni aspetto riferito alla sicurezza. Ogni controllo svolto dalle autorità doganali a confine avrà il grande merito di evitare l’introduzione di merce non a norma o pericolosa nel territorio della Comunità, con l’aggravio per l’impresa di rischiare il fermo delle merci e l’eventuale sospensione dello svincolo doganale, per i prodotti non a norma. Purtroppo la globalizzazione della produzione di fatto ha incrementato il rischio della distribuzione di merce pericolosa o comunque non conforme alle norme tecniche di sicurezza che si applicano nel territorio comunitario. Nel consegue che l’impresa, che intende procurarsi merce non comunitaria all’ origine, dovrà provvedere ai necessari controlli nei luoghi di produzione, avvalendosi, se del caso, di test di laboratori e centri di prova attrezzati per la conformità alle norme tecniche europee.
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Ogni elemento utile a provare che il prodotto soddisfa i principi di sicurezza generali o specifici può garantire l’immissione in libera pratica e in consumo dei prodotti e la loro circolazione fino al Paese comunitario di destinazione.
La dichiarazione sommaria Il reg. CEE 648/2005 ha notevolmente modificato il testo dell’art. 13 del Codice doganale comunitario (CDC), consentendo all’autorità doganale di effettuare tutti i controlli necessari per garantire l’applicazione della legge doganale e di tutte le altre norme che disciplinano l’entrata, l’uscita, il transito, il trasferimento e l’utilizzazione finale di merci in circolazione tra la Comunità ed i paesi terzi. Le modalità e le eccezioni alla regola – prima disciplinate in modo minuzioso e disorganico nelle Disposizioni di attuazione – sono state appositamente modificate dal reg. CEE 1875/2006 ed entreranno pienamente a regime da 1 luglio 2009. La procedura di analisi e gestione dei rischi si innesca con la presentazione anticipata della dichiarazione sommaria; l’analisi viene compiuta in tempo reale sulla base dei dati contenuti nella dichiarazione. Qualora dalla valutazione dei dati emergano ragionevoli motivi per ritenere che dall’introduzione delle merci possa derivare una minaccia per la sicurezza della Comunità, tale da richiedere un intervento immediato, l’autorità doganale entro 24 ore dalla presentazione della dichiarazione sommaria inibisce tutte le operazioni di movimentazione che avrebbero consentito l’introduzione della merce nel territorio della Comunità. L’analisi dei rischi ai fini dei controlli sulla sicurezza viene compiuta anche sulle merci che lasciano il territorio comunitario, anche se in tal caso l’azione inibitoria non è espressamente disciplinata. I termini di presentazione anticipata della dichiarazione sommaria sono piuttosto articolati e variano secondo il tipo di trasporto, aereo, marittimo o terrestre e, all’interno di ciascun tipo di trasporto, secondo le diverse modalità in cui esso può essere realizzato. Si va, ad esempio, da un minimo di un ora prima dell’arrivo della merce all’ufficio doganale di entrata nel caso di trasporti terrestri, fino ad un massimo di 24 ore prima del carico della merce presso il porto di partenza nel caso di trasporti marittimi.
La cooperazione in materia di sicurezza con paesi terzi Stati Uniti: cooperazione doganale per la sicurezza dei containers E’ stato stipulato il 22 aprile 2004 un accordo sulla sicurezza dei containers nell’ambito della cooperazione UE - USA, con lo specifico obiettivo di accrescere in maniera reciproca la sicurezza e di assicurare il giusto equilibrio tra agevolazione e sicurezza negli scambi commerciali. In particolare: -
i controlli doganali degli scambi legittimi presteranno adeguata attenzione al fattore sicurezza;
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verranno uniformati livelli e criteri dei controlli doganali tra operatori UE e USA.
In base all’accordo, un gruppo di lavoro approfondirà gli aspetti operativi della nuova cooperazione allargata, quali criteri minimi per i porti aderenti al CSI (Container Security Initiative), criteri comuni di rischio e programmi di partenariato commerciale. L’analisi approfondita dei programmi di collaborazione commerciale ha consentito ad entrambi le parti una visione di avvicinamento del concetto AEO e del programma C-TPAT (Customs Trade Partnership Against Terrorism), ponendo le basi per future iniziative
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La disciplina doganale
congiunte per promuovere e rendere più sicuro il commercio transatlantico. I risvolti della cooperazione doganale UE-USA vengono seguiti attentamente da altre organizzazioni iniziative intraprese in altre sedi internazionali (per esempio WCO Framework of Standards
L’AEO - Operatore economico autorizzato e la gestione dei rischi Lo status di AEO è una novità introdotta dal Reg. CEE 13 aprile 2005, n. 648 e dal successivo Reg. CEE di attuazione 18 dicembre 2006, n. 1875, che ha modificato le disposizioni di applicazione al codice doganale. I requisiti previsti per poter ottenere lo status di AEO sono indicati, in linea di massima, nell’art. 5 bis, Codice doganale comunitario e le procedure per il conseguimento sono minuziosamente descritte negli articoli 14 bis e seguenti del DAC. Il richiedente deve dare prova di adeguata e comprovata osservanza degli obblighi doganali e solvibilità finanziaria, di possedere un soddisfacente sistema di gestione delle scritture commerciali e, se del caso, relative ai trasporti che consentano adeguati controlli doganali, di aver adottato appropriate norme di sicurezza. L’iter della procedura di riconoscimento si conclude con il rilascio di uno dei seguenti certificati: -
certificato AEO – Semplificazioni doganali
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certificato AEO – Sicurezza
-
certificato AEO – Semplificazioni doganali / sicurezza
Il conseguimento del certificato, riconosciuto in tutti gli Stati membri, consente di accedere al regime di agevolazioni prescelto, fino a quando non vengono meno i requisiti posseduti al momento del rilascio. La bozza di riforma del CDC prevede che in futuro possa essere concesso lo status di AEO anche ad un rappresentante doganale, che agisca “su base regolare e commerciale”. L’Operatore economico che abbia conseguito uno dei certificato AEO previsti dall’art. 14 bis, DAC, potrà usufruire delle seguenti agevolazioni: -
ottenere più facilmente alcune autorizzazioni;
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presentare le dichiarazioni sommarie contenenti un numero ridotto di dati obbligatori;
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ricevere in anticipo la comunicazione da parte dell’autorità doganale che la merce per cui l’AEO ha presentato la dichiarazione sommaria è stata selezionata per essere sottoposta a un controllo fisico complementare;
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sottostare ad un numero inferiore di controlli fisici e documentali, rispetto agli operatori;
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godere di un trattamento prioritario, rispetto agli altri operatori, se la spedizione deve essere sottoposta a controllo fisico complementare;
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richiedere che il controllo fisico sia effettuato in un luogo di sua scelta.
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LA DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLE MERCI ALL’IMPORTAZIONE articolo tratto da “Il Bollettino dell’Internazionalizzazione” - Euroconference a cura di Luigi Bellante e Zeno Poggi
Il calcolo del valore delle merci in dogana Fra gli elementi oggetto dell’accertamento doganale sono rilevanti la quantità ed il valore delle merci presentate. Essi sono gli elementi necessari al fine di determinare la base imponibile sulla quale applicare l’ammontare dei tributi all’importazione di una merce. I tributi all’importazione si calcolano applicando al valore del prodotto, generalmente, l’aliquota dei diritti doganali prevista per il corrispondente codice doganale, in rapporto alla quantità. Per la determinazione del valore la Comunità europea ha preso in considerazione le regole uniformi adottate in attuazione dell’art. VII del GATT, ora OMC. La necessità di adottare una regola comune deriva dalla prospettiva di evitare distorsioni nell’applicazione dei dazi doganali negli scambi di merci fra Paesi che hanno sottoscritto l’accordo. Il riferimento alla regola uniforme ha permesso, quindi, di instaurare un metodo per determinare il valore comune a tutti i principali Paesi a livello internazionale in modo da evitare metodi arbitrari che avrebbero potuto creare distorsioni e restrizioni. Gli articoli dal 28 al 36 del CDC e dal 141 al 181-bis del DAC contengono i criteri per la determinazione del valore in dogana delle merci. Il criterio di base per la determinazione del valore delle merci all’importazione è il valore di
transazione, cioè il prezzo di vendita effettivamente pagato o da pagare per le merci, quando queste siano dichiarate per l’esportazione con destinazione nel territorio doganale della Comunità. Ciò anche se il valore dichiarato sia notevolmente inferiore a quello di mercato del bene. La norma tuttavia pone delle limitazioni e prevede delle eccezioni.
Il valore di transazione commerciale Il valore di transazione è il valore di riferimento per la determinazione della base imponibile, nel caso di cessione della proprietà del bene. La norma prevede che le condizioni richieste per l’applicazione del criterio del “valore di transazione”, ovvero cessione della proprietà delle merci con destinazione nel territorio della Comunità, non siano viziate da situazioni particolari. In tal senso, l’esistenza delle seguenti situazioni costituisce legittimo impedimento per l’applicazione del criterio del valore di tassazione, con la conseguenza che per la determinazione del valore in dogana si dovrà fare riferimento a metodi alternativi: Â esistenza di restrizioni alla cessione o all’utilizzazione delle merci da parte del compratore, restrizioni imposte o richieste dalla legge o dalle autorità pubbliche all’interno della Comunità, restrizioni che limitino l’area geografica nella quale le merci possano essere rivendute oppure restrizioni che intacchino sostanzialmente il valore delle merci; Â la vendita o il prezzo non siano subordinati a condizioni o prestazioni il cui valore non possa essere determinato in relazione alle merci oggetto di valutazione;
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La determinazione del valore delle merci all’importazione
 nessuna parte del prodotto, in conseguenza di una qualsiasi successiva cessione o utilizzazione dello stesso da parte del compratore, ritorni di proprietà direttamente o indirettamente del venditore, salvo che non possa essere effettuata un’adeguata rettifica;  l’acquirente ed il venditore siano legati tra loro o, se lo sono, il valore di transazione sia comunque accettabile ai fini doganali.
Il legame fra l’acquirente ed il venditore L’esistenza di un legame tra acquirente e venditore impedisce l’applicazione del criterio del valore di transazione. Tuttavia, il fatto che compratore e venditore siano legati non costituisce di per sé motivo sufficiente per considerare inaccettabile il valore dichiarato; ciò che rileva è che, tenuto conto delle circostanze della vendita e del valore di transazione, il legame non abbia influito sul prezzo. Nei casi dubbi, l'Autorità può esprimere le sue perplessità al dichiarante, "fornendogli una ragionevole possibilità di risposta" (art. 29, co. 2, lett.a). È opportuno precisare che, ai sensi dell'art. 143, DAC, due o più persone sono considerate "legate" solo quando: •
una fa parte della direzione o del Consiglio di Amministrazione dell'impresa dell'altra e viceversa;
•
hanno la veste giuridica di associati;
•
una è datore di lavoro dell'altra;
•
una persona qualsiasi possegga, controlli o detenga, direttamente o indirettamente, il 5% o più delle azioni o quote con diritto di voto delle imprese dell'una o dell'altra;
•
una controlla direttamente o indirettamente l'altra;
•
entrambe sono direttamente o indirettamente controllate da una terza persona;
•
entrambe controllano, direttamente o indirettamente, una terza persona;
•
appartengono alla stessa famiglia1.
Le persone associate in affari,
"per il fatto che l'una è agente, distributore o concessionario esclusivo dell'altra, quale che sia la designazione utilizzata, si considerano legate solo se rientrano in una delle categorie" sopra elencate (art.143, co.2, DAC). Per stabilire se il valore di transazione possa essere considerato accettabile, in presenza di legami tra i predetti soggetti, è necessario verificare le circostanze della vendita e accertare se il legame abbia influito sul prezzo di cessione delle merci. Il valore di transazione è considerato adeguato, nonostante l’esistenza del legame tra venditore e acquirente, quando detto valore è molto vicino ad uno dei valori qui di seguito indicati: a ) il valore di transazione in occasione di vendita di merci identiche o similari per l’esportazione a destinazione della Comunità, tra compratori e venditori che non sono collegati; b ) il valore in dogana di merci identiche o similari; Anche i legami contrattuali, ad es. quelli derivanti da rapporti di agenzia, concessione di vendita e distribuzione, possono diventare determinanti qualora influiscano sul prezzo di vendita.
1
L'art.143, lett.h), DAC, considera come appartenenti alla stessa famiglia le persone tra cui intercorre uno di questi rapporti, individuati analiticamente come: "marito e moglie, ascendenti e discendenti in linea diretta di primo grado; fratelli e sorelle (germani o consanguinei o uterini); ascendenti e discendenti, in linea diretta, di secondo grado; zii/zie e nipoti; suoceri e generi o nuore; cognati e cognate".
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Metodi alternativi per la determinazione del valore Nel caso in cui il valore non sia determinabile facendo riferimento al valore di transazione, sono previsti alcuni metodi alternativi. Valore di transazione di merci identiche In questo caso il valore sarà determinato facendo riferimento al valore di merci con caratteristiche identiche vendute per l’esportazione con destinazione la Comunità in un momento vicino a quello della valutazione, allo stesso livello di commercializzazione e nello stesso quantitativo delle merci da valutare. Per merci identiche si fa riferimento a merci prodotte nello stesso Paese e uguali sotto tutti gli aspetti, ivi comprese le caratteristiche fisiche, la qualità e la rinomanza.
Valore di transazione di merci similari In questo caso la valutazione è fatta per analogia con merci similari, intese come merci prodotte nello stesso Paese che, pur non essendo uguali sotto tutti gli aspetti, presentano caratteristiche analoghe e sono composte di materiali simili tanto da poter svolgere le stesse funzioni e da essere intercambiabili sul piano commerciale. La qualità delle merci, la loro rinomanza e l’esistenza di un marchio di fabbrica o di commercio rientrano tra gli elementi da prendere in considerazione per stabilire se determinate merci siano similari.
Valore dedotto Si prende in considerazione il valore fondato sul prezzo unitario di vendita di merci con le stesse caratteristiche, importate nella Comunità nello stesso periodo.
Valore calcolato o ricostruito La determinazione del valore del bene avviene ricostruendo il costo per la produzione del bene, sommando il costo o valore delle materie prime, delle operazioni di processo e di fabbricazione utilizzate per produrre le merci importate. Il valore può anche essere calcolato sommando ai costi di produzione l’ammontare rappresentante gli utili e le spese generali, uguale a quello che comportano generalmente le vendite di merci della stessa qualità o della stessa specie delle merci da valutare fatte dai produttori del Paese di esportazione per l’esportazione a destinazione nella Comunità. Altri metodi di determinazione del valore fanno riferimento alle regole uniformi del GATT in base alle quali il valore può essere determinato mediante mezzi “ragionevoli”.
Il valore imponibile: elementi aggiuntivi Il ricorso al valore di transazione, comunque, non esclude la valutazione di altri elementi, necessari per la determinazione del valore imponibile su cui calcolare il dazio. Si devono, quindi, aggiungere al prezzo pagato, o quello effettivamente da pagare, i seguenti elementi
38
La determinazione del valore delle merci all’importazione
che sono a carico del compratore, ma non risultano compresi nel prezzo: f
commissioni e spese di mediazione, escluse le commissioni di acquisto;
f
costo dei contenitori, considerati ai fini doganali come formanti un tutto unico con la merce;
f
costo dell’imballaggio, comprendente sia la manodopera che i materiali;
f
il valore, attribuito in maniera adeguata, dei prodotti e dei servizi qui di seguito elencati, nella misura in cui detto valore non sia stato incluso nel prezzo effettivamente pagato o da pagare: a ) materie, componenti, parti ed elementi similari, incorporati nelle merci importate; b ) utensili, matrici, stampi ed oggetti similari utilizzati per la produzione delle merci importate; c ) materie consumate durante la produzione delle materie importate; d ) lavori di ingegneria di studio, d’arte, e di design, piani e schizzi, eseguiti in un Paese non membro della Comunità necessari per produrre le merci importate;
f
i corrispettivi ed i diritti di licenza relativi alle merci da valutare che il compratore è tenuto a pagare direttamente o indirettamente come condizione della vendita delle merci da valutare nella misura in cui detti corrispettivi ed i diritti di licenza non sono stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare;
f
il valore di ogni parte del prodotto di qualsiasi ulteriore rivendita, cessione o utilizzazione delle merci importate spettante direttamente o indirettamente al venditore;
f
le spese di trasporto per assicurazione delle merci importate e le spese di carico e movimentazione connesse col trasporto delle merci importate fino al luogo di introduzione delle merci nella Comunità.
Il valore in dogana, invece, non comprende i seguenti elementi, sempreché essi siano distinti dal valore di transazione, cioè dal "prezzo effettivamente pagato o da pagare": •
le spese di trasporto delle merci dopo il loro arrivo nel luogo di introduzione nel Territorio doganale della Comunità;
•
le spese relative ai lavori di costruzione, di installazione, di montaggio, di manutenzione o di assistenza tecnica iniziati, sulle merci importate, dopo l'importazione;
•
gli interessi conseguenti ad un accordo di finanziamento concluso dal compratore e relativo all'acquisto delle merci importate. È ininfluente la circostanza che il finanziamento sia stato garantito dal venditore o da un terzo. Condizione necessaria è che l'accordo di finanziamento sia stato concluso per iscritto e che, a richiesta dell'Autorità, il compratore sia in grado di dimostrare: a ) che le merci sono realmente vendute al prezzo dichiarato come valore di transazione; b ) che il tasso dell'interesse richiesto non è superiore, al momento, a quello comunemente praticato nel paese dove è stato garantito il finanziamento;
•
le spese relative al diritto di riproduzione nella Comunità delle merci importate;
•
le commissioni di acquisto;
•
i dazi all'importazione o le altre imposizioni da pagare nella Comunità a motivo dell'importazione o della vendita delle merci.
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Prezzo di prima vendita in caso di più cessioni della stessa merce con destinazione nella Comunità europea Il requisito destinazione nella Comunità delle merci oggetto di cessione è condizione essenziale per l’applicazione del metodo del “valore di transazione”, stabilito dall’art. 29 del CDC. L’indicazione che esse sono state vendute per l’esportazione con destinazione nel territorio doganale della Comunità è considerato necessario e sufficiente. Quando venga dichiarato un prezzo relativo ad una vendita sulla cui base le merci sono introdotte nel territorio doganale della Comunità, deve essere adeguatamente dimostrato all’autorità doganale che tale vendita è stata conclusa al fine dell’esportazione verso il territorio doganale comunitario. L’importante principio ripreso all’art. 147 del DAC stabilisce, quindi, che, nel caso di più vendite successive realizzate prima della valutazione, all’atto dell’importazione nella Comunità, detta indicazione vale solo nei confronti dell'ultima vendita sulla cui base le merci sono state introdotte nel territorio doganale delle Comunità, o nei confronti di una vendita nel territorio doganale della Comunità anteriore all'immissione in libera pratica delle merci. Il principio richiamato al precedente capoverso comprende il concetto del prezzo di prima vendita: tale disposizione consente all’operatore di dichiarare il valore del bene con riferimento al prezzo riferito ad una vendita od un acquisto anteriore rispetto all’ultima vendita o acquisto. Nel caso in cui le merci siano oggetto di più cessioni, tipico quello del cross trade, prima che esse siano importate nel territorio doganale comunitario, all’importatore è concesso di presentarle in dogana dichiarando il valore oggetto della prima cessione e quindi il valore inferiore rispetto a quello che si riferisce all’ultima cessione. L’importatore ha l’onere di provare che la vendita a cui si fa riferimento, ovvero la prima, è finalizzata all’esportazione nella Comunità. Fra gli elementi di prova possono essere presi in considerazione: ELEMENTI DI PROVA f
il fatto che le merci siano fabbricate in conformità alle specifiche tecniche comunitarie, per esempio la marcatura CE;
f
che le merci siano state fabbricate specificamente per un compratore della Comunità europea;
f
che le merci siano state ordinate da un intermediario che le ottiene da un fabbricante il quale le spedisce direttamente nella Comunità europea.
La dichiarazione di valore Qualora l’autorità doganale ritenga di dover accertare il valore delle merci, alla dichiarazione doganale si deve accompagnare una dichiarazione che individua tutti gli elementi relativi al valore in dogana. La dichiarazione viene redatta su apposito modulo, indicato negli allegati 28 e 29 del DAC. Tuttavia le autorità doganali possono accettare anche altri tipi di documenti e possono comunque richiedere ogni
documento aggiuntivo o giustificativo. Di norma vengono allegate alla dichiarazione le fatture, i contratti di trasporto e i contratti relativi alle operazioni commerciali. La dichiarazione viene compilata da una persona che risiede nel territorio della Comunità europea e sia in possesso delle informazioni necessarie, generalmente dal rappresentante doganale.
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La determinazione del valore delle merci all’importazione
La presentazione della dichiarazione di valore equivale ad un’assunzione di responsabilità del dichiarante in merito a: Â veridicità e completezza degli elementi indicati nella dichiarazione; Â autenticità dei documenti prodotti a sostegno di tali elementi ed eventuale fornitura di ulteriori informazioni o documenti necessari per stabilire il valore in dogana della merce. L’autorità doganale può, comunque, rinunciare alla richiesta della dichiarazione di valore al verificarsi delle seguenti condizioni: >
qualora il valore in dogana delle merci importate non sia superiore a 10,000 € per spedizione, a condizione che non si tratti di forniture multiple o parziali aventi lo stesso mittente e lo stesso destinatario;
>
quando le importazioni in questione non abbiano carattere commerciale;
>
quando l’indicazione degli elementi in questione non sia necessaria per l’applicazione della tariffa doganale comunitaria o quando non si possono applicare i dazi doganali previsti dalla predetta tariffa a motivo dell’applicazione di una specifica normativa doganale.
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La dichiarazione di valore
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La determinazione del valore delle merci all’importazione
Check list per determinare il valore della merce ai fini dell’applicazione dei dazi doganali 1. La Società ha verificato gli elementi per determinare il valore in dogana della merce? 2. Nel calcolare il valore in dogana, si è tenuto conto del tasso di cambio fissato mensilmente, registrato il penultimo mercoledì del mese?
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
3. Il valore indicato in dogana come “valore di transazione”, corrisponde al prezzo effettivamente pagato, o da pagare, per le merci quando esse siano state vendute dal fornitore per l’esportazione a destinazione nel territorio doganale della Comunità Europea? 4. E’ stata verificata l’esistenza di eventuali restrizioni per la cessione o per l’utilizzazione delle merci da parte del compratore? 5. La vendita e il prezzo sono subordinati a condizioni o prestazioni, il cui valore non possa essere determinato in relazione alle merci da valutare? 6. Si è verificato se nessuna parte del prodotto, di qualsiasi rivendita, cessione o utilizzazione successiva delle merci da parte del compratore ritorni, direttamente o indirettamente al venditore delle merci? 7. Il compratore o il venditore sono legati da relazione oltre quella del contratto di vendita? 8. Nel caso di risposta affermativa al quesito precedente, si è verificato che la relazione non abbia influito sul prezzo? 9. Per determinare il valore in dogana si è tenuto conto dei seguenti elementi, nella misura in cui essi non siano stati compresi nel valore di transazione (prezzo effettivamente pagato o da pagare)? a. commissioni e spese di mediazione; b. costo dei contenitori considerati, ai fini doganali, come formanti un tutto unico con la merce; c.
costo dell’imballaggio comprendente sia la manodopera che i materiali.
10. Oltre a quanto indicato nel punto 8, si è tenuto conto dei prodotti e dei servizi qui di seguito elencati, qualora questi siano stati forniti, senza spese o a costo ridotto, direttamente o indirettamente dal compratore destinatario della merce ed essi siano stati utilizzati nel corso della produzione e della vendita per l’esportazione della merce importata, nella misura in cui detto valore non sia stato compreso nel prezzo effettivamente pagato o da pagare?
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a. materie, componenti, parti e elementi similari incorporati nelle merci importate; b. utensili, matrici, stampi ed oggetti similari utilizzati per la produzione delle merci importate; c.
materie consumate durante la produzione delle merci importate;
d. lavori di ingegneria, di studio, d’arte e di design, piani e schizzi, eseguiti in un Paese non membro della Comunità europea e necessari per produrre le merci importate. Inoltre (punto 10): 11. si è tenuto di questi ulteriori elementi?: a. costo dei corrispettivi e dei diritti di licenza che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci da valutare, nella misura in cui detti corrispettivi e diritti di licenza non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente da pagare o pagato; b. valore di ogni parte del prodotto di qualsiasi ulteriore rivendita, cessione, o
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
utilizzazione delle merci importate spettante direttamente o indirettamente al venditore; c.
spese di trasporto e di assicurazione delle merci importate;
d. spese di carico e di movimentazione connesse col trasporto delle merci importate, fino al luogo di introduzione delle merci nel territorio doganale della Comunità europea. 12. Quando il valore in dogana della merce non può essere determinato sulla base del prezzo di transazione determinato come sopra, è stato considerato quale sia: a. il valore di merci identiche o similari, vendute per l’esportazione a destinazione nella Comunità Europea ed esportate nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare? b. il valore fondato sul prezzo unitario corrispondente alle vendite nella Comunità delle merci importate o di merci identiche o similari importate nel quantitativo complessivo maggiore, effettuato a persone non legate ai venditori? c.
il valore che risulta dalla somma:
- del costo o del valore delle materie prime e delle operazioni di fabbricazione o altre utilizzate per produrre le merci importate?
- di un ammontare rappresentante gli utili e le spese generali, uguale a quello che comportano generalmente le vendite di merci della stessa qualità o della stessa specie delle merci da valutare fatte dai produttori del paese di esportazione per l’esportazione a destinazione nella Comunità?
- del costo o del valore delle spese di trasporto, di assicurazione, di carico, e di movimentazione delle merci importate, fino al luogo di introduzione nel territori della Comunità?
44
La determinazione del valore delle merci all’importazione
13. Nel caso di importazione di merci in seguito a lavorazione all’estero, la Società ha determinato il valore in dogana delle merci importate sulla base
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
SI
NO
n.a.
del valore di acquisto delle materie prime? 14. Nel caso di merce difettosa o danneggiata, la Società ha provveduto alla modifica del prezzo entro 12 mesi con regolare operazione finanziaria determinante per il valore in dogana? 15. Si è tenuto conto dei seguenti elementi, che non vanno considerati nel calcolo del valore in dogana? a. spese di quota che corrispondono all’acquisto di contingenti di esportazione; b. spese per la determinazione del peso all’arrivo nel caso di contratti di vendita a destinazione, quando sono a carico del compratore. 16. La Società ha tenuto distinti nella indicazione dei valori in fattura o nei documenti per l’importazione, i seguenti elementi che non devono essere compresi nel valore in dogana delle merci importate? a. dazi doganali ed altri oneri da pagare a motivo della importazione o della vendita delle merci; b. spese relative ai lavori di costruzione, installazione, montaggio, manutenzione o assistenza tecnica iniziati dopo l’importazione; c.
spese di trasporto dopo l’arrivo delle merci nel luogo di introduzione nel territorio doganale della Comunità, in relazione ai termini di resa INCOTERMS 2000;
d. spese relative al diritto di riproduzione delle merci importate; e. commissioni di acquisto; f.
interessi.
17. Si è tenuto conto che nel caso di merci che hanno formato oggetto di una o più vendite, prima di essere introdotte nella Comunità Europea, il valore in dogana è determinato sulla base del prezzo di prima vendita, a condizione che si dimostri che tale vendita è stata conclusa ai fini della esportazione della merce verso il territorio doganale della Comunità? 18. Ai fini della prova utile per la determinazione del valore in dogana sulla base del prezzo di prima vendita, si è tenuto conto della necessità di dover dimostrare i seguenti elementi? a. le merci sono state fabbricate in conformità a specifiche CE o risulta evidente (in base ai loro marchi ecc.) che esse non hanno altro impiego o destinazione; b. le merci sono state fabbricate o prodotte specificatamente per un compratore della Comunità europea; c. le merci sono state ordinate da un intermediario, che le ottiene da un fabbricante il quale le spedisce direttamente nella Comunità europea.
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DICHIARAZIONI D’ESPORTAZIONE IN VIA TELEMATICA. NOVITÀ DAL 1° LUGLIO 2009 articolo tratto da “Il Bollettino dell’Internazionalizzazione” a cura di Massimo Sirri e Riccardo Zavatta
Le novità in materia doganale Il primo luglio 2009 sono entrate in vigore alcune novità di rilievo per i soggetti che effettuano operazioni doganali. Si tratta, più specificamente: Â
dell’introduzione del sistema unico di registrazione ed identificazione degli operatori economici EORI (Economic Operator Registration and Identification);
Â
e delle nuove modalità di presentazione, in via telematica, delle dichiarazioni d’esportazione e d’esportazione abbinata al transito, sia in procedura ordinaria che in procedura domiciliata, da integrare con l’indicazione dei c.d. “dati sicurezza”, utili a garantire un più elevato livello di sicurezza per le merci in entrata ed in uscita dal territorio comunitario.
Quanto al primo dei suddetti interventi, esso mira, in conformità alle previsioni di cui al Regolamento 2
CE 16 aprile 2009, n.312/09 , all’introduzione di un unico codice identificativo (codice EORI), valevole quale riferimento univoco in tutto il territorio comunitario, per i soggetti che partecipano ad attività regolate dalla disciplina doganale. Tale codice, come sottolinea la nota dell’Agenzia delle Dogane, prot. 82556 del 17 giugno 2009:
“va utilizzato nei rapporti tra i predetti soggetti e le Amministrazioni doganali e per lo scambio di informazioni tra le Amministrazioni doganali dei diversi Stati membri”. Conseguentemente, dal primo luglio di quest’anno, il codice EORI (si tratta di un codice alfanumerico, preceduto dal codice Iso dei vari Stati – IT per l’Italia) va utilizzato nella compilazione delle 3
dichiarazioni doganali, le cui istruzioni
sono state aggiornate, per tenere conto della novità, 4
conformemente all’allegato 5 della citata nota n.82556 . Per quanto riguarda, invece, l’avvio della fase 2 del progetto ECS (che forma oggetto del presente contributo), in vigore dal primo luglio 2009, essa completa il progetto di un sistema informatico di controllo delle esportazioni, avente come finalità la gestione telematica delle dichiarazioni doganali, mediante l’introduzione dell’obbligo generalizzato d’invio telematico delle dichiarazioni d’esportazione nonché delle comunicazioni dei dati in materia di sicurezza. Dichiarazioni telematiche Il sistema ECS fa parte del più ampio progetto comunitario d’informatizzazione delle procedure d’esportazione (AES – Automated Export System), il cui scopo, analogamente al sistema predisposto per le operazioni in regime di transito (NCTS – New Computerized Transit System), consiste nella 2
Si vedano il secondo ed il terzo “considerando” del Regolamento. Contenute nella circolare dell’Agenzia delle Dogane n.45/D/06. 4 Si segnala che l’Agenzia delle Dogane provvede alla registrazione automatica, con conseguente assegnazione del codice EORI, dei soggetti nazionali che hanno realizzato operazioni doganali in Italia negli ultimi due anni e di quelli che le effettuano a partire dal primo luglio 2009. Per i soggetti appartenenti ad altri Stati comunitari, l’attribuzione del codice avviene a cura dello Stato membro di stabilimento, mentre, per gli extracomunitari, il numero EORI sarà conferito dallo Stato membro nel quale è effettuata per la prima volta (dopo il 30 giugno 2009) un’operazione doganale. L’attribuzione del codice su richiesta di parte può riguardare, oltre che i soggetti non stabiliti nel territorio doganale della Comunità, anche quegli operatori nazionali, sprovvisti del numero identificativo (perché non hanno realizzato operazioni nel biennio, per esempio), i quali intendono acquisire il suddetto codice ancor prima di effettuare un’operazione doganale in Italia (perché, in ipotesi, intendono operare in altro Stato membro, come precisa la nota n.82556/09). 3
46
Dichiarazioni d’esportazione in via telematica. novità dal 1° luglio 2009
realizzazione di un sistema di tracciamento delle operazioni (d’esportazione, nella fattispecie) effettuate in ambiente comunitario. Terminata la prima fase di sviluppo del sistema (ECS fase 1), avviata il primo luglio 2007 ed avente come finalità:
quella di consentire lo scambio d’informa-zioni fra la dogana d’esportazione e quella d’uscita dal territorio comunitario; nonché di “dematerializzare” la prova dell’avvenuta uscita dei beni dalla Comunità, mediante sostituzione del “visto uscire” con la notifica del messaggio elettronico “risultati di uscita”, generato dalla dogana d’uscita ed acquisito nella base dati (c.d. sistema AIDA) dell’Amministrazione 6 doganale ;
il successivo passaggio (ECS fase 2), nell’ottica della realizza-zione di un 5 “ambiente privo di supporti cartacei” , è rappresentato, a far data dal primo luglio 2009: dall’acquisizione e conseguente trattamento in modalità telematica delle dichiarazioni d’esportazione e d’esportazione abbinata al regime di transito (in pari data prende anche avvio la quarta ed ultima fase del sistema di controllo delle operazioni in 7 regime di transito - sistema NCTS ).
A partire da tale data, pertanto, gli operatori sono tenuti a presentare obbligatoriamente in via telematica le dichiarazioni d’esportazione e le dichiarazioni d’esportazione abbinata a transito, a prescindere dalla procedura, ordinaria o semplificata (c.d. “procedura domiciliata”), utilizzata per l’espletamento delle pratiche doganali. Nelle suddette dichiarazioni, inoltre, dovranno essere inseriti 8
anche i c.d. “dati sicurezza” indicati nell’allegato 30-bis del Regolamento n.2454/93 , come modificati 9
dal Regolamento 16 aprile 2009, n.312/2009/CE . I formulari dei documenti d’accompagnamento dei beni che viaggiano vincolati ad un regime d’esportazione (“DAE sicurezza”) o di transito (“DAT sicurezza”) e le relative istruzioni di compilazione, 10
sono stati approvati con il Regolamento 30 aprile 2009, n.414/2009/CE .
5 L’espressione è contenuta nel quarto “considerando” della decisione 15 gennaio 2008, n.70/2008/CE del Parlamento europeo, a sua volta intitolata proprio alla realizzazione di un “ambiente privo di supporti cartacei”. 6 L’Agenzia delle Dogane ha illustrato le nuove regole del sistema ECS fase 1, con numerosi interventi interpretativi. Al riguardo, si segnalano le note n.1434 del 3 maggio 2007, nn.3945 e 4538 del 27 giugno 2007, n.6661 del 14 novembre 2007 e n.3028 del 21 luglio 2008. 7 I principali aspetti delle nuove procedure informatizzate di ricerca dei movimenti di transito e di recupero dei diritti doganali sono stati illustrati dall’Agenzia delle Dogane con nota n.85122 del 30 giugno 2009, diramata in concomitanza all’avvio della fase 4 del sistema NCTS. 8 Si tratta del Regolamento 2 luglio 1993, n.2454/93/CEE, contenente le disposizioni d’applicazione – DAC - del Codice doganale comunitario (a sua volta contenuto nel Regolamento 12 ottobre 1992, n.2913/92/CEE, ora sostituito dal Regolamento 23 aprile 2008, n.450/2008/CE, le cui disposizioni, salvo quanto previsto dall’art.188, par.2, sono entrate in vigore a decorrere dal 24 giugno 2008). L’allegato 30-bis è stato introdotto dal Regolamento 18 dicembre 2006, n.1875/2006/CE che ha modificato alcune disposizioni d’attuazione del Codice doganale comunitario. 9 Come precisato dall’Agenzia delle Dogane nella nota n.75522 del 19 giugno 2009, l’indicazione dei “dati sicurezza” è prevista anche per le operazioni di solo transito, sia in procedura ordinaria che in procedura domiciliata. 10 L’elenco dei documenti è completato dal “DAU sicurezza”, in formato cartaceo, utilizzabile per i casi di malfunzionamento dei sistemi informatici dell’autorità doganale o dell’operatore, e dal “Documento sicurezza” (DS), da utilizzare su supporto cartaceo, sempre in ipotesi di malfunzionamento dei sistemi informatici, qualora i beni formino oggetto di dichiarazioni sommarie d’entrata o d’uscita. In caso di merci destinate ad uscire dal territorio della Comunità che non formano oggetto di dichiarazione doganale, per esempio, è infatti previsto che all’ufficio doganale d’uscita sia presentata una “dichiarazione sommaria di uscita” (art.842-bis del Regolamento n.2454/93). Ai sensi dell’art.2 del Regolamento 2 aprile 2009, n.273/2009/CE, peraltro, la dichiarazione sommaria di uscita non è più obbligatoria per il periodo dal 1° luglio 2009 al 31 dicembre 2010, come confermato dall’Agenzia delle Dogane con nota n.88970 del 30 giugno 2009.
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Con la nota n.75522 del 19 giugno scorso, l’Amministrazione delle dogane ha fornito le indicazioni necessarie per l’esecuzione delle procedure telematiche di presentazione delle dichiarazioni d’esportazione ed esportazione abbinata a transito (oltre che delle dichiarazioni di transito e dei carnet TIR). Allo scopo, è disponibile, nell’appendice del manuale per l’utente, pubblicata nel sistema telematico doganale, il tracciato del messaggio “ET” per la presentazione in formato elettronico delle dichiarazioni. Considerate le difficoltà che gli operatori potrebbero incontrare nella fase iniziale, è tuttavia consentito, fino al 30 agosto 2009, servirsi dei messaggi B3 e UX che saranno resi compatibili per la “lettura” direttamente da parte dell’Agenzia delle Dogane. La presentazione telematica (con invio del messaggio “ET”) delle dichiarazioni d’esportazione in 11
procedura ordinaria
prevede che la dichiarazione sia accettata dal sistema (AIDA), mediante notifica
all’operatore di un messaggio unico, contenente gli estremi di registrazione del pertinente registro 12
meccanografico d’allibramento ed il numero MRN dell’operazione (Movement Reference Number) . L’Ufficio doganale d’esportazione, dopo aver “processato” l’operazione nell’ambito del circuito 13
14
doganale di controllo , determina il canale di selezione
e, “immediatamente, nel caso di operazioni
di esportazione selezionate <CA> - Controllo Automatizzato o dopo avere eseguito l’eventuale controllo, nel caso di operazioni selezionate dal sistema”, l’Ufficio provvede allo svincolo della merce, consegnando all’operatore il documento d’accompagnamento che scorterà i beni fino alla dogana d’uscita dalla Comunità (DAE sicurezza), convalidato con la firma del funzionario ed il timbro dello 15
stesso Ufficio di partenza . Con successiva nota, in data 30 giugno 2009 (nota n.88970), l’Amministrazione delle dogane ha fornito ulteriori chiarimenti sulla presentazione delle dichiarazioni d’esportazione e l’avvio di ECS fase 2. Nella pronuncia, dopo aver sottolineato che le principali novità riguardano l’obbligo di invio telematico delle dichiarazioni, complete dei “dati sicurezza” di cui all’allegato 30-bis del Regolamento 16
n.2454/93 , entro un tempo limite variabile in base alle diverse modalità d’effettuazione del trasporto (art.592-ter del Regolamento n.2454/93), l’Agenzia precisa che: tali novità riguardano non solo le esportazioni definitive, ma anche le operazioni di esportazione temporanea e di riesportazione, e ciò, a prescindere dalla circostanza che le merci siano accompagnate 11
Si rammenta che la presentazione avviene telematicamente sia per le operazioni in procedura ordinaria sia per quelle in semplificata/domiciliata. Anche per tali ultime operazioni, la nota n.75522/09 fornisce le opportune indicazioni ai fini del corretto adempimento del nuovo obbligo. 12 Si tratta del numero elettronico di riferimento dell’operazione doganale che, già nella prima fase del sistema ECS, identifica l’operazione a livello comunitario, consentendo d’interrogare il sistema informatico e di acquisire così le informazioni sulle varie fasi di movimentazione delle merci, fino alla completa esecuzione della procedura doganale. 13 L’Agenzia delle Dogane, con la circolare n.15/D del 23 giugno 2009, ha diramato le istruzioni che gli Uffici dovranno seguire per effettuare i controlli relativi alla operazioni dichiarate in via telematica. 14 In base ai criteri di analisi dei rischi, la dichiarazione potrà non essere soggetta ad alcun controllo documentale, né sarà effettuata la visita delle merci (canale CA), ovvero potrà essere sottoposta a controllo doganale di tipo documentale (canale CD), oppure potrà darsi luogo alla visita fisica totale o parziale delle merci, eventualmente facendo ricorso ad esami tecnici (canale VM). 15 La nota n.75522 del 19 giugno 2009 precisa che, per le esportazioni abbinate a transito e per le esportazioni di prodotti in sospensione d’accisa, restano confermate le istruzioni fornite con la nota n.4538 del 27 giugno 2007. Per tali operazioni, pertanto, non essendo gestite in ambiente AES (Automated Export System), gli adempimenti dell’Ufficio doganale d’uscita dalla Comunità sono espletati dall’Ufficio di partenza e l’esito delle operazioni è dato dall’appuramento del regime di transito o del Documento Amministrativo d’Accompagnamento – DAA – per i prodotti accise. In relazione all’avvio di ECS fase 2, tuttavia, si osserva che l’Ufficio di partenza (Ufficio d’esportazione) dovrà apporre il “visto uscire” non più sulla terza copia del DAU, ma sull’esemplare 3 del “DAU esportazione/sicurezza”. 16 L’Agenzia conferma che, ai sensi dell’art.592-bis delle DAC (Regolamento n.2454/93), alcune merci sono esonerate dalla presentazione della dichiarazione doganale con i “dati sicurezza” (si tratta, fra l’altro, delle esportazioni di energia elettrica, delle merci esportate tramite conduttura, dei beni contenuti nei bagagli personali dei viaggiatori, ecc.), oltre che dall’obbligo del rispetto dei limiti di tempo per la presentazione della dichiarazione, previsti dagli artt. da 592-ter a 592-septies delle DAC.
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Dichiarazioni d’esportazione in via telematica. novità dal 1° luglio 2009
alla dogana di uscita dal territorio comunitario dal DAE o da un documento diverso, come avviene nel caso delle esportazioni con contratto unico di trasporto a destinazione di un Paese terzo o nelle ipotesi di esportazioni abbinate a transito o, ancora, nel caso delle esportazioni di beni in regime di sospensione d’accisa.
La prova dell’uscita dei beni Dopo aver dettagliato le procedure da seguire in caso di malfunzionamenti dei sistemi informatici 17
(dell’autorità doganale o dell’operatore) , l’Agenzia fornisce importanti indicazioni con riferimento alla prova dell’uscita della merce dal territorio comunitario nell’ambito di ECS fase 2. Al par.6 della nota n.88970/09, infatti, dopo aver ribadito che, ai sensi dell’art.796-quinquies delle DAC, l’Ufficio doganale d’uscita deve procedere all’invio del messaggio “risultati d’uscita” alla dogana di partenza (c.d. Ufficio d’esportazione), al fine di certificare il buon esito dell’operazione d’esportazione, “al massimo il giorno
lavorativo successivo all’uscita effettiva della merce”, l’Amministrazione illustra le procedure (“follow up”) che lo stesso Ufficio d’esportazione pone in essere per verificare la “chiusura” delle operazioni per le quali non abbia ricevuto il suddetto messaggio “risultati d’uscita” dalla competente dogana d’uscita, nei 90 giorni dalla data di svincolo della merce. Oltre che per iniziativa dell’Ufficio, la procedura può essere azionata su sollecitazione dell’operatore anche prima che siano trascorsi 90 giorni dallo svincolo della merce, “qualora tale soggetto sia a 18
conoscenza del fatto che la merce ha lasciato il territorio comunitario” . Le dogane sottolineano che, in ogni caso, l’Ufficio può avviare la procedura di ricerca “solo previa
comunicazione” da parte dell’operatore della data d’uscita dei beni e dell’Ufficio doganale presso il quale la merce è uscita dal territorio comunitario, con ciò lasciando intendere (così si ritiene) che lo stesso operatore è comunque tenuto a “monitorare” con la dovuta diligenza lo spostamento dei beni, non potendosi sostenere che tale onere sia a carico dell’Amministrazione. Una volta ricevute le informazioni su data e luogo di uscita della merce, la dogana d’esportazione inoltra all’Ufficio d’uscita una richiesta di chiusura del movimento.
Nel caso in cui tale richiesta non trovi conferma da parte dell’Ufficio d’uscita, entro 10 giorni l’Ufficio di partenza ne dà notizia all’operatore chiedendo le “prove alternative” dell’avvenuta esportazione. 19
A tal fine, in base all’art.796-quinquies bis delle DAC , l’operatore deve presentare la prova del pagamento o, in alternativa, la fattura di vendita (è il caso, per esempio, in cui la regolazione finanziaria non sia ancora avvenuta; in quest’ipotesi, appare opportuno esibire il contratto od altra 17
Le procedure di “fall back” (procedure di soccorso) sono illustrate al par.1.2 della nota n.88970. Considerati i riflessi fiscali connessi alla prova dell’avvenuta esportazione, soprattutto con riguardo alla spettanza del regime della non imponibilità Iva, gli operatori potrebbero infatti avere tutto l’interesse ad accelerare i tempi, evitando possibili contestazioni in ordine all’effettivo esito dell’operazione. 19 La norma è stata introdotta dal Regolamento 16 aprile 2009, n.312/2009/CE. Sul punto, si osserva che l’impostazione dell’Agenzia delle Dogane appare, sotto certi aspetti, più restrittiva rispetto al dettato letterale della disposizione, la quale sottolinea che la prova “può essere fornita in particolare” mediante uno degli elementi indicati nelle lettere da a) ad e) del par.4 della norma, ovvero mediante una loro combinazione, con ciò lasciando ipotizzare un’elencazione meramente esemplificativa dei possibili mezzi di prova. Sulla base di quanto previsto dalla nota n.88970, invece, le prove ivi indicate sembrerebbero avere carattere tassativo, in linea con quello che, del resto, è l’orientamento già manifestato dall’Amministrazione con la nota n.6661 del 14 novembre 2007 (diramata in relazione alle operazioni in ambito ECS fase 1), nella quale era stata espressamente negata l’applicabilità delle indicazioni di cui alla circolare n.75/D dell’11 dicembre 2002, in tema di prove alternative dell’esportazione. 18
49
idonea documentazione dalla quale risultino le modalità di pagamento del prezzo), “unitamente a” copia della bolla di consegna, firmata o autenticata dal destinatario, oppure a copia del documento di trasporto “con attestazione di arrivo a destino del rappresentante del vettore”. Ove così sia, l’Ufficio d’esportazione può procedere alla chiusura del movimento, registrandolo a sistema e dandone comunicazione all’Ufficio doganale d’uscita dalla Comunità, oltre che all’operatore, secondo le modalità già in uso per ECS fase 1. Solo qualora:
l’Ufficio d’esportazione
non abbia ricevuto, entro 150 giorni dallo svincolo della merce, il messaggio “risultati d’uscita”;
o
l’operatore
non abbia fornito le prove d’uscita dei beni dal territorio comunitario sopra illustrate;
l’operazione potrà essere invalidata dalla dogana di partenza. In ogni caso, sottolinea l’Agenzia, la procedura di “follow up” può applicarsi solo con riguardo alle operazioni poste in essere a partire dal 1° luglio 2009 e, dunque, alle esportazioni gestite in ambito ECS fase 2; con riferimento ad esse, pertanto, è opportuno che i soggetti interessati siano debitamente sensibilizzati al fine di predisporre gli accorgimenti utili ad ottemperare alle eventuali richieste d’esibizione di prove alternative dell’avvenuta esportazione (istruendo adeguatamente i 20
destinatari della merce esportata e dando precise istruzioni ai vettori, per esempio ). La nota n.88970 si conclude, poi, rammentando che è ancora in corso di svolgimento la procedura di chiusura, adottata a livello comunitario, delle operazioni “aperte” durante il periodo di efficacia di ECS 21
fase 1 e non ancora appurate . Il termine del “primo round” di tale procedura, che vede coinvolti esclusivamente gli Uffici doganali di partenza e di uscita, era stato inizialmente fissato al 30 giugno 2009. A partire da tale data, è previsto (ma solo quando l’Agenzia ne darà notizia) il coinvolgimento degli operatori che dovranno fornire le prove alternative dell’avvenuta esportazione, sulla base delle indicazioni contenute nel comunicato dell’Agenzia delle Dogane del 20 maggio 2009. Le modalità previste per attestare la regolarità delle operazioni, tuttavia, appaiono più complesse rispetto a quelle individuate per la prova delle esportazioni in ECS fase 2 ed è, pertanto, auspicabile un allineamento alle più recenti indicazioni, tanto più doveroso ove si pensi che, spesso, la mancata chiusura delle operazioni realizzate dal primo luglio 2007 è imputabile a malfunzionamenti od altri impedimenti degli stessi Uffici doganali.
20 In tale prospettiva, potrà anche farsi riferimento alle indicazioni contenute nelle R.M. n.345/E/07 e n.477/E/08, in materia di prove delle operazioni intracomunitarie. Per un commento, si rinvia a M.Sirri – R.Zavatta, “L’Agenzia delle Entrate definisce la prova delle cessioni intracomunitarie”, in Corr. Trib. n.8/09, pag.619 ss.. 21 Come informa la stessa Agenzia delle Dogane con comunicato in data 26 giugno 2009.
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PROVE E DOCUMENTI PER CERTIFICAZIONE DI ORIGINE articolo tratto da “Il Bollettino dell’Internazionalizzazione” - Euroconference a cura di Zeno Poggi
L’origine
preferenziale e non preferenziale delle merci, la certificazione
dell’origine e le irregolarità Il concetto di origine di un bene, sia che si tratti di prodotto finito, semilavorato o materia prima, ha recentemente assunto un’importanza fondamentale nel commercio internazionale e nel mercato interno. La ragione dell’accresciuto interesse verso l’origine delle merci risiede negli importanti mutamenti intervenuti recentemente nell’economia mondiale, che hanno modificato l’attività di pianificazione della produzione e della distribuzione dei prodotti su scala globale. Se in un passato recente il ciclo produttivo di un bene e la sua distribuzione avvenivano prevalentemente all’interno del mercato nazionale oggi, a causa dell’apertura dei mercati, del progresso tecnologico e dell’accresciuta competitività dei Paesi emergenti, si ricorre sempre più spesso a fonti di approvvigionamento in Paesi esteri, si delocalizza in Paesi a basso costo produttivo e si distribuisce in tutto il mondo. Spesso la merce proveniente da un determinato Paese non è originaria dello stesso Paese. Un prodotto è spesso la risultanza di un insieme di componenti originari di differenti Paesi ed è frutto di processi di lavorazione svolti in diversi luoghi. Non è quindi la provenienza geografica a determinare l’origine del prodotto importato. L’origine di un prodotto dipende dal luogo o dai luoghi di produzione o dai processi di lavorazione che subisce in differenti Paesi, sulla base di regole prestabilite.
La finalità della determinazione dell’origine delle merci L’origine di un prodotto è la sua nazionalità con riferimento al luogo nel quale è realizzato. Determinare l’origine di un prodotto significa assegnargli la nazionalità. La determinazione dell’origine di un bene assolve differenti finalità, doganali e non doganali. La determinazione dell’origine innanzitutto funzionale all’applicazione di misure fiscali alle merci estere in importazione nella Comunità europea. La conoscenza dell’origine delle merci permette di applicare differenti misure di politica commerciale (dazi antidumping, misure di salvaguardia, limitazioni quantitative, sanzioni economiche) alle merci in importazione da Paesi terzi. Infine, la determinazione dell’origine è funzionale all’applicazione di normative che regolano materie differenti ma strettamente correlate e che utilizzano il concetto di origine doganale per finalità diverse. Si tratta, ad esempio, di norme nazionali e comunitarie e di convenzioni internazionali che riconoscono e tutelano il diritto del consumatore a ricevere informazioni corrette e veritiere sulle caratteristiche del prodotto, stabilendo le informazioni minime che il prodotto deve riportare, tra cui l’origine, ovvero il cosiddetto “Made in”.
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Le modalità di determinazione dell’origine delle merci Assegnare l’origine ad un prodotto è il risultato dell’applicazione di regole (regole di origine) che sono state stabilite appositamente per assolvere tale funzione e che scaturiscono da decisioni di natura politica e strategica finalizzate da parte dei singoli Stati o entità sovranazionali a proteggere loro interessi economici. Le regole di origine sono concepite con lo scopo di determinare la nazionalità di un prodotto al fine di rendere possibile l'applicazione di strumenti di politica commerciale destinati a riconoscere un trattamento discriminatorio o preferenziale rispetto a beni con le medesime caratteristiche provenienti da altre aree o altri Paesi. In particolare, le regole di origine si dividono in regole per la determinazione dell'origine non preferenziale (o comune) e regole per la determinazione dell'origine preferenziale. L’origine non preferenziale L’origine non preferenziale costituisce la regola generale ed è attribuita a tutte le merci, provenienti da qualunque Paese. Le regole di origine non preferenziale sono utilizzate per attribuire ed attestare l’origine dei prodotti al fine di applicare tutte le misure fiscali e gli strumenti di politica commerciale non funzionali alla concessione di trattamenti preferenziali. Pertanto si applicano in tutti i casi in cui si debba determinare il dazio all’importazione in base al principio del trattamento della nazione più favorita (MFN), riservato a merci di origine di Paesi ai quali non si applicano agevolazioni daziarie. Si tratta in sostanza di USA, Giappone, Australia e Canada, alle cui merci si applica l’aliquota daziaria prevista dalla Tariffa Doganale Comune. Le regole in materia di origine non preferenziale, inoltre, sono funzionali all’applicazione degli strumenti non preferenziali di politica commerciale:
misure antidumping;
misure di salvaguardia;
restrizioni quantitative o discriminatorie all’importazione;
contingenti tariffari.
Si applicano, inoltre, per determinare l’origine dei beni al fine dell’indicazione, facoltativa od obbligatoria, dell’origine (Made in)22; si utilizzano infine in materia di appalti pubblici e statistiche commerciali. Le regole di origine non preferenziale sono emanate in via autonoma dall'Unione Europea e sono contenute nel Codice doganale comunitario e nel regolamento di attuazione e sono utilizzate per attribuire l'origine comunitaria ai prodotti esportati verso i Paesi terzi. All'importazione di merci da Paesi terzi, l’Unione Europea accetta le certificazioni rilasciate secondo le regole autonome di ciascun Paese esportatore.
22 Il Ministero delle Finanze ha chiarito che l’origine commerciale dei prodotti, al fine di indicarne il “made in….”, si determina ai sensi delle regole “di origine non preferenziale” dettate dal codice doganale comunitario (art.22 e ss.).
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Prove e documenti per certificazione di origine
L’origine preferenziale Le regole di origine preferenziale sono utilizzate per determinare l’origine nel contesto delle relazioni commerciali tra due o più Paesi o gruppi di Paesi, al fine di riconoscere trattamenti preferenziali (dazio ridotto o esenzione ed abolizione di divieti quantitativi o contingentamenti) ai prodotti riconosciuti come originari di una delle parti (Paesi o aree geografiche) contraenti di accordi bilaterali o beneficiarie di trattamenti autonomi e trasportati direttamente fra le medesime. Si distinguono in due: CATEGORIE DI REGOLE
Regole di origine preferenziale contemplate in
Regole di origine adottate autonomamente
accordi
la
dalla CE nei confronti dei Paesi in via di sviluppo
Comunità europea e numerosi Paesi o gruppi di
(Reg. CE 980/2005) e quelle adottate, pure
Paesi istitutivi di zone di libero scambio quali:
autonomamente,
EFTA (Islanda, Norvegia, Svizzera, Liechtestein),
Repubblica
Turchia, Isole Faeroer, Algeria, Marocco, Tunisia,
Montenegro (Reg. CE 2007/2000), Ceuta e Melilla
Egitto, Giordania, Libano, Siria, Israele, territori
(Reg. CE 82/2001).
di Gaza e Cisgiordania, Repubblica di Macedonia,
Pertanto le regole di origine preferenziale si
Croazia, Sud Africa, Messico e Cile, Paesi ACP
applicano
(Africa, Carabi e Pacifico) e Paesi PTOM (Paesi e
determinato prodotto è originario di uno Stato
Territori d’Oltremare legati alla Francia, Olanda,
membro
Danimarca, Regno Unito).
accordatario/beneficiario e quindi ammissibile ad un
commerciali
bilaterali
tra
di
nei Bosnia
unicamente della
UE
confronti
di
Erzegovina,
per o
Albania, Serbia
decidere di
un
se
e
un
Paese
trattamento daziario privilegiato23. Le regole per determinare l’origine non preferenziale Un prodotto ha sempre un’origine di un determinato Paese. Essa non va confusa con la provenienza e può essere definita come la nazionalità di un prodotto. Per i prodotti interamente ottenuti in un unico Paese, non si presentano particolari difficoltà per rilevarne l’origine24. La determinazione delle regole è, invece, più complicata per quei prodotti ottenuti attraverso lavorazioni che avvengono in più Paesi, utilizzando componenti originari di Paesi diversi. L’art.24 Codice doganale comunitario stabilisce che:
“Una merce, nella cui produzione sono intervenuti due o più Paesi, è originaria del Paese dove ha avuto luogo l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata, effettuata in un’impresa attrezzata a questo scopo, e che abbia dato origine ad un prodotto nuovo o che rappresenta una fase importante della fabbricazione. L'acquisizione di una nuova origine presuppone, quindi, due condizioni principali: una "trasformazione o lavorazione sostanziale" 23 Anche gli accordi che istituiscono zone di libero scambio in altre aree geografiche, che non hanno la Comunità Europea come Paese partner, riservano i trattamenti preferenziali ai prodotti originari dei Paesi aderenti, e definiscono proprie regole di origine preferenziale, ad esempio: NAFTA (North American Free Trade Association tra USA, Canada e Messico); Mercosur (tra Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay); Gruppo Andino (tra Venezuela, Ecuador, Colombia, Perù e Bolivia); ASEAN (tra Vietnam, Cambogia, Filippine, Malesia, Singapore, Tailandia; Indonesia, Laos, Brunei; Myanmar). 24 Vedere nota 12.
53
e una "trasformazione economicamente giustificata". Per i prodotti tessili la regola è, invece, quella della trasformazione completa”. La Commissione europea, con provvedimenti di applicazione, ha delimitato e definito i suddetti concetti per alcuni prodotti di particolare interesse, fra i quali anche i prodotti tessili, stabilendo e definendo quali sono le lavorazioni o le trasformazioni che sono rispondenti ai criteri dell’art.24 e che conferiscono, quindi, ai detti prodotti il carattere originario del Paese in cui, tali lavorazioni, sono state effettuate. Esse, quindi, stabiliscono il grado minimo di lavorazione o di trasformazione da effettuare. Viceversa l’esecuzione di operazioni inferiori a quelle richieste non può conferire il carattere di prodotto originario. Le regole per determinare l’origine preferenziale delle merci Le regole per la definizione dell’origine preferenziale vanno ricercate nell'ambito di ciascun singolo accordo concluso dalla Comunità europea e i Paesi terzi e nelle disposizioni normative che riconoscono in via autonoma trattamenti preferenziali a determinati Paesi terzi. La somiglianza tra i diversi accordi e la definizione di accordi armonizzati permette tuttavia di presentarne le linee principali. Il principio di base é che una merce, è originaria di un determinato Paese quando è interamente ottenuta25 sul suo territorio oppure, qualora non presenti i requisiti per essere considerata interamente ottenuta, perché è il risultato di fasi di lavorazione che si sono svolte in due più Paesi, si considera originaria del Paese nel quale essa ha subito una trasformazione sufficiente. Gli accordi recano una lista in cui ogni prodotto, considerato in base alla voce doganale del sistema armonizzato di classificazione delle merci, ha una sua regola di origine basata sul requisito trasformazione sufficiente. Tre sono i criteri possibili per stabilire se la trasformazione è sufficiente: 1.
salto tariffario (cambiamento di voce doganale);
2.
valore aggiunto minimo;
3.
lavorazione che conferisce l’origine.
I protocolli che definiscono l’origine delle merci prevedono comunque generalmente una clausola di tolleranza che consente l’utilizzo di materiali non originari in quantità limitate e non superiori a determinate percentuali sul valore del prodotto finito. Stabiliscono, inoltre, che alcune lavorazioni sono ritenute sempre insufficienti a conferire l’origine, le c.d. trasformazioni insufficienti26. 25
Il codice doganale all’art.23, considera interamente ottenuti in un Paese: “I prodotti minerali estratti in tale Paese; i prodotti del regno vegetale ivi raccolti; gli animali vivi, ivi nati ed allevati; i prodotti
che provengono da animali vivi ivi allevati; i prodotti della caccia e della pesca ivi praticate; i prodotti della pesca marittima e gli altri prodotti estratti dal mare, al di fuori delle acque territoriali di un Paese, da navi immatricolate o registrate in tale Paese e ne battano la bandiera; le merci ottenute a bordo di navi officina utilizzando i prodotti di cui al punto precedente, originari di tale Paese, sempreché tali navi officina non siano immatricolate o registrate in detto Paese e ne battano la bandiera; i prodotti estratti dal suolo e sottosuolo marino situato al di fuori delle acque territoriali sempreché tale Paese eserciti diritti esclusivi per lo sfruttamento di tale suolo o sottosuolo; i rottami ed i residui derivanti da operazioni manifatturiere e gli articoli fuori uso sempreché siano stati ivi raccolti e possono servire unicamente al recupero di materie prime; le merci ivi ottenute esclusivamente dalle merci di cui al punto 1 a 9 o dai loro derivati in qualsiasi stadio essi si trovino”. 26
Sono considerate lavorazioni insufficienti a conferire: a) le operazioni di conservazione per assicurare che i prodotti restino in buone condizioni durante il trasporto e il magazzinaggio; b) la scomposizione e composizione di confezioni; c) il lavaggio, la pulitura; la rimozione di polvere, ossido, olio, pittura o altri rivestimenti; d) la stiratura o la pressatura di prodotti tessili; e) le semplici operazioni di pittura e lucidatura; f) la mondatura, l'imbianchimento parziale o totale, la pulitura e la brillatura di cereali e riso; g) le operazioni per colorare lo zucchero o formare zollette di zucchero; h) la sbucciatura, la snocciolatura, la sgusciatura di frutta, frutta a guscio e verdura; i) l'affilatura, la semplice macinatura o il semplice taglio; j) il vaglio, la cernita, la selezione, la classificazione, la gradazione, l'assortimento (ivi compresa la costituzione di assortimenti di articoli); k) le semplici operazioni di inserimento in bottiglie, lattine, boccette, borse, casse o scatole, o di fissaggio a supporti di cartone o a tavolette e ogni altra
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Prove e documenti per certificazione di origine
La prova dell’origine L’origine è attestata con un certificato rilasciato dalle autorità del Paese di esportazione. I certificati variano a seconda del Paese di destinazione, del tipo di prodotto e se finalizzato ad attestare l’origine non preferenziale (o origine comune) oppure l’origine preferenziale. A differente modulo corrisponde un differente complesso di regole e una diversa finalità del documento e della relativa indicazione di origine. La prova dell’origine non preferenziale Il Certificato d’Origine è il documento rilasciato dalle Camere di Commercio italiane che certifica la nazionalità di un prodotto secondo le regole di origine non preferenziali previste dal Codice doganale comunitario27. La Camera emittente riceve il formulario di richiesta compilato a macchina e in lingua italiana della ditta esportatrice designata nel certificato d’origine. Qualora, per esigenze commerciali, siano compilati in una lingua straniera può essere richiesta una traduzione scritta. Compilazione della domanda di rilascio del certificato di origine particolarità relative alla dichiarazione di origine (foglio rosa) Sul retro della domanda dovrà essere compilata la dichiarazione sull’origine delle merci da esportare, sottoscritta dal richiedente. MERCE ORIGINE INTERAMENTE COMUNITARIA
a.
(Par.1)
Merce interamente di origine italiana: indicare il nome del fabbricante, luogo di fabbricazione e non l’indirizzo della sede sociale o l’ufficio amministrativo. Nel caso in cui la merce sia stata acquistata da un commerciante il richiedente dovrà farsi rilasciare una dichiarazione che attesti il Paese della merce.
b.
Merce di origine non italiana: il richiedente deve allegare l’originale della fattura e una fotocopia dalla quale risulti la dicitura es. “made in Germany”. Se sulla fattura non c’è indicazione dell’origine, il richiedente deve farsi rilasciare una dichiarazione dal venditore comunitario che verrà trattenuta dalla Camera di Commercio.
MERCE CHE HA SUBITO UNA TRASFORMAZIONE NELLA C.E. (Par.2)
Se la merce non è interamente d’origine comunitaria, ma ha subito una trasformazione sufficiente a conferirle l’origine comunitaria, occorre indicare il nome e l’indirizzo dell’impresa che ha eseguito l’ultima trasformazione sostanziale. E’ necessario indicare la località dove è stata effettivamente eseguita la trasformazione e non l’indirizzo della sede sociale dell’impresa. MERCE DI ORIGINE NON COMUNITARIA
(Par.3)
Indicare il nome del Paese terzo.
semplice operazione di imballaggio; l) l'apposizione o la stampa di marchi, etichette, loghi o altri segni distintivi analoghi sui prodotti o sui loro imballaggi; m) la semplice miscela di prodotti anche di specie diverse; n) il semplice assemblaggio di parti di articoli allo scopo di formare un articolo completo o lo smontaggio di prodotti in parti; o) il cumulo di due o più operazioni di cui alle lettere da a) a n); p) la macellazione degli animali. 27 Reg. CE 2454/93, Disposizioni di applicazione al Codice doganale comunitario, art.47 e ss..
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a.
La ditta ha importato direttamente la merce: presenta l’originale della bolla doganale che verrà poi restituito alla ditta e una fotocopia;
b.
La merce è stata acquistata da un importatore italiano: presenta la fattura di acquisto, se da questa risulta l’origine della merce, oppure una dichiarazione del grossista/imprenditore.
La prova dell’origine preferenziale La prova dell’origine preferenziale dei beni negli scambi con Paesi legati all'Unione Europea da accordi tariffari preferenziali bilaterali, nonché con i Paesi beneficiari di concessioni tariffarie autonome è rappresentata da particolari certificazioni attestanti l’origine preferenziale, chiamati "certificati di circolazione". I certificati di circolazione sono denominati: per tutti Paesi che hanno concluso con la Comunità europea accordi bilaterali o sono beneficiari di concessioni tariffarie autonome28 per merce proveniente dai Paesi in via di sviluppo (PVS)
per gli scambi con la Turchia I certificati di circolazione sono rilasciati su domanda scritta dell'esportatore dalle autorità doganali dello Stato di esportazione al momento dell'esportazione. In via eccezionale, possono essere rilasciati anche a posteriori e possono essere rilasciati dei duplicati in caso di necessità. Certificato EUR1 e dichiarazione su fattura Il certificato EUR1 può essere emesso per qualsiasi spedizione di merce di qualunque valore. Il documento dovrà essere redatto su un formulario conforme al modello riprodotto nell'allegato 21 del Reg. 2454/1993. La dichiarazione dell'esportatore deve essere compilata con la massima precisione. I prodotti devono essere descritti secondo l'uso commerciale e con le indicazioni sufficienti a permetterne l'identificazione dichiarando che le merci sono state interamente fabbricate in Italia, oppure precisando la natura delle trasformazioni che hanno avuto come effetto quello di conferire ai prodotti l'origine comunitaria, la natura e le referenze dei documenti (ad esempio documenti d'importazione) sull'attendibilità dei quali è emesso il certificato EUR1. Per essere valido, l'EUR1 deve essere vistato dall'Ufficio doganale di uscita al momento dell'ultimazione delle formalità in dogana. L'autorità verifica in questa occasione che le informazioni e i dati riportati nel certificato EUR1 siano fondati e conformi ai prodotti citati. Nel caso di redazione di un EUR1 per merci che non soddisfino condizioni d'origine richieste l'impresa potrebbe essere sanzionata dall'amministrazione.
28 EFTA (Islanda, Norvegia, Svizzera, Liechtestein), Turchia, Isole Faeroer, Algeria, Marocco, Tunisia, Egitto, Giordania, Libano, Siria, Israele, territori di Gaza e Cisgiordania, Repubblica di Macedonia, Croazia, Sud Africa, Messico e Cile, Paesi ACP (Africa, Carabi e Pacifico) e Paesi PTOM (Paesi e Territori d’Oltremare legati alla Francia, Olanda, Danimarca, Regno Unito).
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Prove e documenti per certificazione di origine
Questo controllo può anche essere fatto dalle autorità doganali del Paese d'importazione che, in caso di dubbio fondato sull'origine dei prodotti, può domandare all'ufficio delle dogane che l' ha vistato di effettuare le necessarie verifiche. Il certificato EUR1 può essere sostituito con una dichiarazione sulla fattura, a condizione che:
¾
il valore delle merci oggetto della spedizione non superiore a 6.000 Euro;
¾
senza limiti di valore, per gli esportatori che siano stati appositamente autorizzati.
La dichiarazione su fattura deve essere compilata dall’esportatore, stampigliando, stampando o scrivendo a mano in stampatello sulla fattura, sulla bolletta di consegna o su altro documento commerciale, la dichiarazione il cui testo figura nell’allegato 18 del Reg. 2454/1998, utilizzando una delle versioni linguistiche previste. La dichiarazione deve recare la firma manoscritta in originale dell’esportatore. Nei rapporti con Paesi in via di sviluppo e con i Paesi balcanici ai quali sono accordate dalla Comunità preferenze tariffarie in via autonoma, la dichiarazione su fattura può essere utilizzata: •
da tutti gli esportatori per merci di valore non superiore a 6.000 Euro;
•
dagli esportatori comunitari “autorizzati” per qualsiasi valore.
Il fornitore o l’esportatore di prodotti non da Lui realizzati e che quindi non ha il controllo del processo produttivo non potrà conoscere con sufficiente certezza (e assumersi la responsabilità di una dichiarazione) se il prodotto è originario secondo la regola che stabilisce l’origine preferenziale del prodotto che sta vendendo fornendo o esportando. Necessita pertanto di una dichiarazione del produttore/fornitore che potrà avere la forma prevista negli allegati del Reg. 1207/2001 e che è denominata: “Dichiarazione del fornitore per prodotti avente carattere originario nell’ambito di un regime preferenziale”. Certificato Form A I prodotti originari di Paesi in Via di Sviluppo (PVS) appartenenti al Sistema delle Preferenze Generalizzate (SPG) possono all'atto dell'importazione nella Comunità, beneficiare delle preferenze tariffarie a loro concesse dalla Comunità, a condizione che siano stati trasportati direttamente nella Comunità, su presentazione di un certificato di circolazione, Form A, rilasciato dalle autorità doganali o da altre autorità pubbliche competenti del Paese beneficiario d'esportazione e allegando ogni documento giustificativo. Il certificato di origine è rilasciato se i prodotti da esportare possono considerarsi originari e allo scopo di verificare se siano soddisfatte le condizioni richieste, le autorità pubbliche competenti hanno la facoltà di richiedere qualsiasi documento giustificativo e di procedere a qualsiasi controllo da essa ritenuto utile anche a posteriori e per sondaggio. A tal fine, le autorità doganali della Comunità rispediscono alle autorità pubbliche competenti del Paese beneficiario d'esportazione il certificato Form A e tutti i documenti e possono decidere di sospendere la concessione delle preferenze tariffarie in attesa dei risultati del controllo. Se, al termine della procedura di controllo che può durare al massimo 10 mesi, i risultati non consentono di determinare l'autenticità del documento in questione o l'effettiva origine dei prodotti, le autorità rifiutano, salvo circostanze eccezionali, il beneficio delle misure tariffarie preferenziali.
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Il certificato di origine, modulo A, può essere rilasciato, in via eccezionale, dopo l'esportazione dei prodotti cui si riferisce se non è stato rilasciato al momento dell'esportazione a causa di errori, omissioni involontarie o circostanze particolari; oppure se viene fornita alle autorità doganali la prova soddisfacente che un certificato di origine, modulo A, è stato rilasciato, ma non è stato accettato all'importazione per motivi tecnici. Certificato di libera pratica per Turchia (ATR) Tra l’Unione Europea e la Turchia vige un accordo di associazione che crea un’unione doganale, anziché una zona di libero scambio come per gli altri Paesi. Il trattamento tariffario preferenziale è riservato alle merci che si trovano, nella Comunità o in Turchia, in condizioni di “libera pratica”, ovvero alle merci originarie e a quelle estere che hanno assolto le formalità di importazione in uno dei quindici Paesi membri o in Turchia. Il certificato di circolazione utilizzato in questi casi, denominato ATR, non attesta quindi l’origine della merce, bensì il suo stato di libera pratica. Per i prodotti carbosiderurgici, invece, vige un accordo di libero scambio, e il trattamento preferenziale è riservato ai prodotti originari dell’Unione Europea o della Turchia, scortati da certificato EUR1.
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REGIMI DOGANALI E LA PIANIFICAZIONE DEL MOVIMENTO DELLE MERCI: IMMISSIONE IN LIBERA PRATICA ED ESPORTAZIONE articolo tratto da “Il Bollettino dell’Internazionalizzazione” - Euroconference a cura di Zeno Poggi Attraverso la pianificazione l’operatore potrà verificare il percorso che un componente o una materia prima compie per essere trasformato in prodotto semilavorato o in prodotto finito, tenendo in considerazione il Paese di origine delle materie prime, il Paese in cui avvengono le lavorazioni o l’intera produzione del prodotto, fino a quello in cui il bene verrà immesso in consumo per la vendita al consumatore. Essa permette di definire: •
in quale Paese sia più favorevole produrre o apportare delle lavorazioni;
•
come conferire l’origine del prodotto secondo le regole di origine preferenziale e non preferenziale;
•
determinare l’ammontare delle imposte daziarie, che in alcuni casi possono essere agevolate;
•
effettuare un’analisi delle normative specifiche per ogni categoria di prodotti per l’immissione in consumo nel territorio di destinazione.
Mentre le conseguenze di una errata pianificazione possono comportare:
l’esborso di maggiori dazi;
l’eventuale pagamento di sanzioni;
ritardi per la consegna dei prodotti;
divieto di vendita e ritiro dal mercato;
eventuali reati penali connessi alla importazione, contrabbando, o connessi alla immissione in consumo, truffa.
Nel momento in cui viene effettuata la dichiarazione doganale, la merce viene vincolata ad un determinato regime doganale. Con la manifestazione della volontà, espressa nella dichiarazione, l’importatore può scegliere a quale regime assoggettare la merce destinata nel territorio doganale nell’ambito delle previsioni normative previste dal codice doganale comunitario, (regolamento CEE 2913/1992) Il Codice Doganale Comunitario nell’art.4, punto 16, elenca i diversi regimi doganali:
l’esportazione;
l’immissione in libera pratica;
il transito;
il deposito doganale;
il perfezionamento attivo;
il perfezionamento passivo;
l’ammissione temporanea;
la trasformazione sotto controllo doganale.
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I regimi doganali a loro volta si distinguono in: Regimi definitivi Essi mutano in forma definitiva la destinazione della merce, trasformandola in comunitaria o extracomunitaria. Le merci comunitarie sono le merci interamente ottenute nel territorio della Comunità Europea, ai sensi dell’art.23 del CDC, le merci importate dai paesi terzi o territori che non fanno parte del territorio doganale della Comunità ed immesse in libera pratica, ottenute o prodotte nel territorio della Comunità a partire da merci immesse in libera pratica, che circolano liberamente nel territorio doganale della Comunità e non possono essere soggette ad alcuna restrizione doganale; mentre le merci extracomunitarie sono le merci diverse da quelle sopra descritte. I regimi definitivi comprendono: •
immissione in libera pratica. Le merci provenienti da Paesi terzi, per essere immesse in libera pratica, devono essere oggetto di dichiarazione sul formulario unico DAU. La fiscalità interna, sarà pagata successivamente nel Paese membro dove la merce stessa sarà immessa in consumo;
•
esportazione. Nel caso di merci comunitarie, che lasciano il territorio doganale, queste devono essere presentate in dogana e dichiarate per il regime dell’esportazione.
Regimi sospensivi Essi hanno carattere provvisorio e sospendono il pagamento dei dazi e l’applicazione delle misure di politica commerciale. Intervengono a scelta dell’importatore per adattare l’obbligazione doganale alle specifiche esigenze logistiche e commerciali dell’impresa. I regimi sospensivi comprendono: •
transito esterno;
•
deposito doganale;
•
perfezionamento attivo;
•
trasformazione sotto controllo doganale;
•
ammissione temporanea;
•
regimi economici.
Favoriscono una funzione economica di natura non fiscale e sono subordinati ad un’apposita autorizzazione dell’autorità doganale. Il provvedimento autorizzativi stabilisce le condizioni in cui il regime è utilizzato. In buona parte i regimi economici coincidono con i regimi sospensivi: •
deposito doganale;
•
perfezionamento attivo;
•
trasformazione sotto controllo doganale;
•
ammissione temporanea;
•
perfezionamento passivo.
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Regimi doganali e la pianificazione del movimento delle merci: immissione in libera pratica ed esportazione
Regimi di circolazione A differenza dei regimi sopra indicati essi sospendono l’applicazione del dazio, come i regimi sospensivi, ma non necessitano di autorizzazione.
>
Transito comunitario esterno: Consente a merci terze, ad esso vincolate, di essere movimentate attraverso vari Paesi, è un regime sospensivo.
>
Transito comunitario interno Si applica a merci nazionali o comunitarie che devono spostarsi all’interno della Comunità attraverso Paesi Terzi, per esempio la Svizzera o i tratti via mare.
Nel caso particolare passiamo ad esaminare il regime di introduzione della merce nel territorio della Comunità: l’Immissione in libera pratica. La nozione di “libera pratica” è un concetto fondamentale ai fini del Mercato Unico interno, tanto che la definizione ed i requisiti, si ritrovano già nel tratto istitutivo delle Comunità Europee. L’art.24, infatti, considera il principio fondamentale del mercato unico europeo, in quanto “sono considerati in libera pratica in uno Stato membro i prodotti provenienti da Paesi terzi per i quali siano state adempiute in tale Stato le formalità di importazione e riscossi i dazi doganali, le tasse di effetto equivalente esigibili e che non abbiano beneficiato di un ristorno totale o parziale di tali dazi o tasse”. La libera pratica è il regime doganale che attribuisce la posizione doganale di merce comunitaria ad una merce non comunitaria. Essa implica l’applicazione delle misure di politica commerciale, per esempio restrizioni o controlli specifici previsti per l’importazione di una merce nonché l’applicazione di dazi eventualmente dovuti. Alla merce in libera pratica è concessa la libera circolazione nel territorio della Comunità Europea. Per definire la consegna della merce ed immissione in consumo in un singolo Stato membro, è necessario operare un’importazione definitiva. A questo punto occorre distinguere l’immissione in libera pratica dall’importazione definitiva. Il codice pur richiamando spesso il concetto, non riporta la nozione di importazione. Ci viene in aiuto l’art.134 del Testo Unico delle leggi Doganali, DPR n.43 del 23 gennaio 1973, il quale stabilisce che “le merci estere per le quali sono state osservate le condizioni e formalità prescritte per l’importazione definitiva diconosi nazionalizzate e sono equiparate agli effetti del presente T.U. a quelle nazionali, salvo che per esse non sia disposto altrimenti”. L’ importazione si riferisce quindi alla fattispecie che successivamente all’immissione in libera pratica la merce sia sottoposta alla fiscalità interna del singolo Stato membro per l’immissione in consumo in quello specifico territorio. Le merci terze acquistano la posizione di merci comunitarie, attraverso il pagamento del dazio nella dogana di importazione. La merce deve inoltre essere assoggettata alle norme fiscali vigenti nello Stato di immissione in consumo assolvimento dell’Iva, prevista all’art.67 del DPR n.633/72 delle accise e di altre eventuali imposte. Se la merce terza viene importata per essere direttamente immessa in consumo l’importatore opterà per l’importazione definitiva; qualora invece la merce viene introdotta in un Paese membro per poi essere spedita in altro Paese comunitario o per essere immessa temporaneamente in un deposito Iva, in sospensione dal tributo, verrà scelto il regime della libera pratica.
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Costituiscono, infatti, importazioni l’introduzione di beni nel territorio dello Stato che siano originari da Paesi o territori fuori dal territorio della Comunità Europea e che non siano già stati immessi in libera pratica in altro Paese. Il presupposto per l’applicazione dell’Iva è l’importazione ed immissione in consumo nel territorio, a prescindere quindi da cessioni o acquisti di merce extracomunitaria. La base imponibile per il calcolo dell’Iva è il valore della merce ai fini doganali a cui sono stati applicati i dazi. Con il regime dell’esportazione si consente alle merci l’uscita dal territorio doganale della Comunità. Il regime definitivo dell’esportazione trasforma la merce da comunitaria in extracomunitaria. Esso si concretizza con l’uscita fisica del bene dal territorio doganale della Comunità Europea. Ai fini della applicazione dei dazi alla esportazione non presenta grandi difficoltà, in quanto attualmente la Comunità non ha previsto merci sottoposte a detto dazio. Le esportazioni della Comunità europea verso i paesi terzi sono libere, non soggette a restrizioni quantitative. Tuttavia la Comunità può introdurre restrizioni alla esportazione giustificate da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, nonché per la tutela degli animali e della flora protetti ecc. Talune restrizioni possono anche essere poste direttamente dagli Stati membri, come i materiali di armamento o i beni artistici. Per taluni merci, quali i prodotti agricoli o prodotti sensibili come l’acciaio, vi sono regole e formalità specifiche, mentre, sotto l’aspetto della sicurezza e la tutela dell’interesse pubblico, il regime della esportazione può essere soggetto a limitazioni o restrizioni: è il caso di taluni prodotti che possono avere duplice uso militare o civile di cui è vietata l’esportazione, se non a determinate condizioni. In relazione invece agli aspetti fiscali interni, il regime della esportazione ha grande rilevanza. Infatti, mentre le cessioni a titolo oneroso che importano il trasferimento della proprietà sono soggette ad Iva sul presupposto che sono considerate effettuate nel territorio dello Stato italiano, le cessioni all’esportazione non sono soggette proprio per la mancanza del presupposto della territorialità. Spetta all’operatore esportatore dimostrare che le cessioni all’esportazione si sono concretizzate con l’effettiva uscita della merce dal territorio doganale della Comunità Europea.
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LE OPERAZIONI DI LAVORAZIONE ALL’ESTERO DEI PRODOTTI articolo tratto da “Il Bollettino dell’Internazionalizzazione” - Euroconference a cura di Zeno Poggi Con la globalizzazione gli scambi internazionali di merci sono agevolati da una serie di fattori che consentono di valutare nuove opportunità e vantaggi. In questa sede si vuole esaminare il caso di movimenti di merci comunitarie inviate a subfornitori situati in altri Paesi per essere soggette a lavorazioni e reimportate sotto forma di prodotto finito. Questi movimenti devono tuttavia essere pianificati con cura allo scopo di ottemperare le norme doganali e fiscali per l’Iva all’importazione. OCCORRE DISTINGUERE il caso di esportazione definitiva di merce senza trasferimento della proprietà e la conseguente importazione definitiva
il caso di importazione a seguito di temporanea esportazione per perfezionamento passivo
Nel primo caso la merce sarà oggetto di spedizione con lista valorizzata al fine di identificare il valore della merce per le operazioni doganali. Il valore della merce dichiarato nella lista valorizzata, più il valore della lavorazione dichiarato in dogana all’atto dell’importazione, a cui si aggiungono i dazi, se previsti, formano il valore imponibile ai fini dell’Iva dovuta per l’importazione. Per definire con chiarezza quale sistema si debba adottare in caso di invio di merci all’estero senza trasferimento della proprietà, il Ministero delle Finanze, con la circolare prot.1248, del dipartimento delle Dogane del 6 maggio 1997, ha riconosciuto che l’operatore economico, anche al fine di non sottoporsi alla più complessa procedura prevista per il perfezionamento passivo, può liberamente decidere di rinunciare ai benefici che potrebbero derivargli, tra cui la tassazione sulla differenza del valore della merce esportata temporaneamente e del prodotto finito reimportato. L’operatore potrà optare per la semplice esportazione definitiva con la conseguenza che all’atto dell’importazione dei prodotti compensatori la relativa operazione doganale altro non costituirà che un’immissione in libera pratica di merci terze soggette ai diritti doganali propri. Con successiva circolare dell’allora Dipartimento delle Entrate, n.156E del 24 luglio 1999, l’Amministrazione ha ribadito
“ai fini della corretta determinazione del valore in dogana, la presentazione dei prodotti ottenuti configura un'importazione il cui valore imponibile ai fini Iva viene commisurato al valore doganale dei beni importati, comprensivo, in particolare, non solo del compenso di lavorazione fatturato, ma anche del valore delle merci in precedenza esportate, nonché degli altri eventuali “apporti” utilizzati per l'ottenimento dei prodotti finiti e di tutti gli altri elementi da prendere in considerazione in base alla normativa in materia di valore in dogana”. Per i prodotti finiti così ottenuti che si trovano allo Stato estero è stato, peraltro, confermato che l'eventuale cessione delle merci esportate durante la loro permanenza all'estero non assume rilevanza ai fini dell'Iva ai sensi dell'art.7, co.2, del citato DPR n.633.
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Le esportazioni definitive di merce comunitarie soggette a lavorazione all’estero generalmente trovano una loro giustificazione qualora il prodotto compensatorio ottenuto sia soggetto al dazio preferenziale all’importazione nella Comunità. Per consentire l’applicazione del dazio preferenziale devono naturalmente concorrere tutte le condizioni per gli scambi di merci nell’ambito di accordi commerciali che la Comunità Europea ha concluso con i Paesi beneficiari. Non si deve confondere la merce comunitaria oggetto della lavorazione all’estero - che si trova in libera pratica nel territorio della Comunità Europea - con la merce comunitaria, in quanto merce interamente ottenuta nella Comunità Europea secondo le regole di origine preferenziale. Il beneficio del trattamento preferenziale è consentito solo alle merci che sono originarie del Paese dove hanno subito una lavorazione sostanziale. Pertanto, per ottenere il vantaggio dell’applicazione di dazio preferenziale all’importazione per i prodotti compensatori reintrodotti nella Comunità successivamente alla lavorazione, sono necessari i
PREFERENZIALE
APPLICAZIONE DAZIO
seguenti elementi: Â lavorazione sostanziale nel Paese dove la merce inviata viene trasformata: - in conformità alle regole di origine previste nello specifico accordo fra la Comunità e il Paese beneficiario; - in seguito a lavorazione a partire da merce di origine comunitaria, o di altro Paese con il quale è possibile effettuare cumuli di lavorazione, a condizione che le lavorazioni vadano oltre le minime; Â trasporto diretto; Â certificato di circolazione EUR 1, EUR MED, FORM A a prova dell’origine; Â no sospensione o esenzione di dazi per merce di origine di Paesi terzi incorporati nel prodotto ottenuto (no draw back).
È appena il caso di ricordare che qualora il prodotto non subisca una lavorazione sostanziale per conferire l’origine preferenziale, la verifica verrà posta sull’origine comunitaria delle merci, quali componenti inviate dalla Comunità.
Esempio Le merci comunitarie inviate in Croazia per subire una lavorazione, qualora la lavorazione non sia considerata quale lavorazione sostanziale per ottenere l’origine preferenziale della Croazia, all’atto dell’esportazione verso la Comunità non sarà possibile ottenere il certificato EUR 1 e, pertanto, la merce sarà soggetta a dazio. Se invece la lavorazione sia oltre le lavorazioni minime e la merce sia di origine preferenziale comunitaria, essa conferisce l’origine preferenziale. All’atto dell’importazione di merce con l’applicazione del dazio preferenziale la merce sarà soggetta ad Iva calcolata sul valore imponibile, composto dal valore delle merci precedentemente inviate per la lavorazione, il costo della lavorazione ed ogni altro elemento necessario per determinare il valore imponibile del prodotto in dogana.
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Le operazioni di lavorazione all’estero dei prodotti
Temporanea esportazione per perfezionamento passivo Qualora non sia possibile applicare un trattamento preferenziale, l’operatore potrà optare per la temporanea esportazione di merce all’estero per traffico di perfezionamento passivo. Il regime doganale del perfezionamento passivo consente di esportare temporaneamente merci comunitarie fuori dal territorio doganale della Comunità per effettuare lavorazioni o riparazioni in Paesi terzi. Le merci sono successivamente reimportate nella Comunità sotto forma di prodotti compensatori, risultato delle operazioni di lavorazione, in parziale o totale esenzione del pagamento dei diritti doganali. Il regime di temporanea esportazione per perfezionamento passivo può essere applicato sia per le merci inviate all’estero senza trasferimento della proprietà, sia con trasferimento della proprietà. Si usa il termine perfezionamento passivo, poiché il regime comporta una passività per il Paese che lo effettua, dovuta alle spese di lavorazione da corrispondere all'estero. Il vantaggio derivante dall’utilizzo dello strumento del perfezionamento passivo è quello di effettuare le operazioni di lavorazione in altri Paesi senza che la merce perda l’originario status di merce comunitaria. Il principale vantaggio di carattere fiscale che si realizza attraverso il regime del perfezionamento passivo, è quello dell’esenzione totale o parziale dei dazi all’importazione sui prodotti compensatori, ottenuto secondo il metodo della “tassazione parziale” o quello della “tassazione della plusvalenza”. Le merci oggetto della temporanea esportazione devono essere merci comunitarie, ovvero: a)
merci interamente ottenute nel territorio doganale della Comunità, senza apporto di merci importate da Paesi terzi;
b)
merci importate da Paesi terzi e per le quali sono stati pagati i diritti di dogana (Iva e dazio);
c)
merci ottenute o prodotte nel territorio doganale della Comunità esclusivamente dalle merci di cui a punto a) oppure dalle merci di cui al punto a) e b);
Lo sfruttamento del regime in questione è subordinato al rilascio, da parte dell’Autorità Doganale, di un’autorizzazione a seguito della presentazione di un’apposita domanda, a cui devono essere allegati i documenti relativi all’operazione richiesta. Sulla base dell’autorizzazione ricevuta si procede alla presentazione in dogana della dichiarazione di temporanea esportazione, nella quale viene indicato anche il termine entro il quale l’operazione dovrà essere conclusa con il rientro delle merci e della relativa merce.
Criteri per liquidazione dei diritti alla reimportazione L'importo della detrazione, va calcolato tenendo conto: a)
della quantità e della qualità delle merci temporaneamente esportate;
b)
del valore delle merci temporaneamente esportate e delle aliquote dei diritti in vigore alla data dell'accettazione della dichiarazione di reimportazione.
Per la reimportazione di merci temporaneamente esportate, oltre alla bolletta di temporanea esportazione, deve essere presentata dichiarazione doganale. La dichiarazione deve anche indicare la data e il numero della bolletta di temporanea esportazione della quale si domanda lo scarico, nonché la dogana che l'ha emessa. Riconosciuta l'identità o l'equivalenza delle merci in confronto con quelle esportate temporaneamente, è rilasciata dalla dogana la “bolletta di reimportazione”.
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Determinazione dell'imposta sul valore aggiunto L’art.69 del DPR n.633/72 stabilisce che l'Iva è commisurata al valore dei beni importati determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato dell'ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell'Iva, nonché dell'ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione all'interno del territorio della Comunità che figura sul documento di trasporto sotto la cui scorta i beni sono introdotti nel territorio medesimo. Per le merci nazionali reimportate a scarico di temporanea esportazione la detrazione si applica, ai fini dell'Iva, soltanto se i beni vengono reimportati dal soggetto che li aveva esportati o da un terzo per conto del medesimo e se lo scarico della temporanea esportazione avviene per identità. L'imposta relativa alle importazioni è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione. Le operazioni di reimportazione a scarico di temporanea esportazione sono considerate, secondo il chiaro disposto dell'art.67 del decreto Iva, importazioni e come tali soggette ad imposta. (R.M., Min.Fin.Dir.Gen.Dogane, 07/02/1989, n.4029/IX) Nell'ambito di tali operazioni è con tutta evidenza necessario, anche ai fini dell'Iva, operare una
DISTINZIONE le reimportazioni a scarico di temporanea esportazione per lavorazione, ossia di merci che siano state sottoposte all'estero a determinati trattamenti - la cui disciplina si rinviene sotto il profilo doganale nella sezione seconda del capo sesto, titolo IV del TU 23-1-1973, n.43.
le reimportazioni a scarico di temporanea esportazione effettuate nell'ambito del traffico internazionale - art.214 del medesimo Testo Unico.
Ai sensi dell'art.69, co.2 del DPR n.633/72 i beni nazionali reimportati a scarico di temporanea esportazione per lavorazione sconteranno l'imposta sul solo valore effettivamente aggiunto a seguito dei trattamenti ricevuti all'estero, dovendosi applicare, anche ai fini dell'Iva, la detrazione prevista negli artt.207 e 208 e l'esenzione di cui all'art.209 del citato TU, sempreché i beni vengano reimportati dallo stesso soggetto che li aveva esportati o per suo conto e che si tratti di scarico per identità e non per equivalenza. L'imposta sarà applicabile, nella misura determinata ai sensi dell'art.69, co.1, del DPR n.633/72, qualora, come nel caso di specie, i beni reimportati abbiano formato oggetto di una cessione ad altro soggetto prima della reimportazione e, pertanto, sia venuta meno la prescritta coincidenza tra esportatore e reimportatore. In conclusione l’operazione di reimportazione di merci comunitarie compiuta da soggetto titolare dell’autorizzazione alla temporanea esportazione per perfezionamento passivo, diverso dal soggetto che ha esportato temporaneamente le merci, comporta che i prodotti compensatori dichiarati all’importazione a scarico di temporanea esportazione sono soggetti alla detrazione del dazio nella misura applicata in seguito a detrazione, mentre, sotto il profilo dell’imposta sul valore aggiunto, si applica sulla base imponibile rappresentata dal valore totale dei beni importati. In mancanza del presupposto soggettivo non sono applicabili all’Iva le detrazioni previste per la temporanea esportazione (art.207 e 208, DPR n.43 del 23 gennaio 1973 TU, norme doganali), mentre sono sempre applicabili ai fini doganali.
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LE DESTINAZIONI DOGANALI NELLA CLASSIFICAZIONE DEL CODICE DOGANALE COMUNITARIO a cura di Piero Bellante
DESTINAZIONI
DOGANALI
immissione in libera pratica definitivi esportazione
transito interno circolazione transito esterno
regimi doganali deposito doganale
perfezionamento attivo sospensivi trasformazione sotto controllo doganale
Ammissione temporanea
perfezionamento passivo
economici
zone franche depositi franchi
riesportazione distruzione abbandono
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LE INDICAZIONI DI ORIGINE GEOGRAFICA E COMMERCIALE E LE PRATICHE COMMERCIALI SLEALI a cura di Piero Bellante e Zeno Poggi* Una delle contestazioni più frequenti sollevate dagli uffici doganali nella materia extratributaria riguarda la corretta indicazione dell’origine geografica nell’etichettatura dei prodotti presentati per l’importazione. Sebbene ancora non esista una norma che espressamente imponga l’indicazione dell’origine geografica nell’etichettatura dei prodotti destinati ad essere importati ed immessi in consumo nel territorio doganale della Comunità29, il reticolo di norme poste a tutela dei consumatori è costituito da maglie talmente strette, che omettere o dissimulare la vera origine geografica del prodotto significa assumersi il concreto e consapevole rischio di incorrere in una denuncia penale o in una pesante sanzione amministrativa e nel sequestro della merce, con gravi ripercussioni di natura commerciale, notevoli oneri e spese imprevisti e, quel che è peggio, con il rischio di dover subire la pubblicazione della sentenza penale e/o del provvedimento interdittivo e sanzionatorio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il paese o la zona geografica dove il prodotto è stato ottenuto diventa un requisito di conformità. Occorre quindi fare molta attenzione nella composizione dell’etichettatura, per non esporsi ad inutili rischi. Un’eventualità tutt’altro che remota: dal gennaio 2004 in poi le dogane hanno proceduto ad innumerevoli sequestri di merce, con altrettante denunce penali, per il solo fatto che la merce di origine extra Cee presentata per l’importazione recasse esposto il nome, il marchio, registrato o non registrato poco importa, l’indirizzo o addirittura soltanto la città dove era la sede dell’importatore. Queste iniziative si sono succedute senza sosta e le denunce penali continuano a susseguirsi nonostante i chiarimenti intervenuti da parte della Corte di Cassazione sulla nozione di origine contenuta nell’art. 517 c.p., che deve essere intesa, a determinate condizioni, come “provenienza da un determinato produttore”e non come provenienza da un determinato luogo30. I sequestri hanno avuto ad oggetto anche merce con marchi blasonati, nazionali ed esteri, nonostante la delocalizzazione della produzione di questi prodotti al di fuori dei confini nazionali sia ormai divenuta un fatto noto presso i consumatori. Poiché, come si vedrà, l’induzione in errore sull’origine geografica, inoltre, può anche costituire pubblicità ingannevole costituente pratica sleale tra imprese31, non sono da sottovalutare eventuali profili risarcitori nell’ambito delle norme sulla concorrenza sleale. Il quadro normativo attualmente in vigore entro il quale viene effettuata la contestazione è piuttosto complesso32. Tali norme svolgono un ruolo di tutela nei confronti del consumatore, il quale non deve essere tratto in inganno circa le caratteristiche e qualità del prodotto dovendone essere correttamente informato, così da poter scegliere correttamente nell’ambito di un offerta competitiva. In particolare,
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Estratto da: P. Bellante, Z. Poggi, Gli scambi commerciali internazionali: aspetti doganali e sicurezza dei prodotti, Euroconference, Verona, 2008 29 Per molti altri Paesi, invece, l’indicazione è obbligatoria per taluni prodotti: i Paesi arabi, ad es., richiedono obbligatoriamente l’indicazione di origine del prodotto in evidenza sulle etichette, sui documenti commerciali e di trasporto. Mentre altri paesi, come gli USA richiedono l’indicazione di origine in etichetta per alcuni prodotti all’atto della importazione, come tessili e abbigliamento. 30 Per un approfondimento su alcuni dei temi in discussione cfr. P. Bellante, Z. Poggi, Codice del consumo e false o fallaci indicazioni di origine, in Commercio internazionale, 2006, n. 20, p. 5 e la giurisprudenza ivi indicata. 31 V. art. 3, lett. a), D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 145. 32 Alcuni progetti di legge sono attualmente in discussione per definire le regole con le quali le imprese potranno legittimamente fregiarsi del “Made in Italy”; cfr. ad es., Camera dei Deputati: proposta di Legge n. 4497 - Istituzione dei marchi Made in Italy, Full Made in Italy, Designed in Italy e Styled in Italy per la tutela dei prodotti italiani; proposta di Legge n° 848 - Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani.
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Le indicazioni di origine geografica e commerciale e le pratiche commerciali sleali
l’etichetta, obbligatoria per tutti i prodotti posti in vendita nel territorio nazionale, deve contenere informazioni necessarie e chiare atte a non confondere il consumatore con una sovrabbondanza di indicazioni, rappresentando, invece, un mezzo di conoscenza chiaro, veritiero e tale da non indurre in errore l’acquirente-consumatore sulle caratteristiche del prodotto (natura, qualità, identità, composizione, durata, origine, ecc.). In materia di pubblicità ingannevole è prescritto, inoltre, che le informazioni commerciali su un prodotto non possano vantare proprietà che il prodotto non abbia e neppure è possibile esaltare caratteristiche che possiedono anche altri prodotti analoghi. Fra gli elementi che consentono di individuare se il messaggio è ingannevole, vi sono anche l’origine geografica e commerciale. Da ultimo non bisogna sottovalutare che la necessità di fornire chiare indicazioni al consumatore stabilisce l’obbligo di rispettare la lingua del Paese dove il prodotto viene immesso in consumo. Per orientarsi, occorre esaminare i componenti più significativi del quadro normativo.
L’Accordo di Madrid e l’art. 517, c.p. L'Accordo di Madrid ha per oggetto la "repressione delle false o fallaci indicazioni di provenienza delle merci". Stipulato il 14 aprile 1891, subì successivamente alcune modificazioni, l'ultima delle quali avvenne in Lisbona il 31 ottobre 1958. La Repubblica Italiana, aderente all'accordo, lo rese esecutivo con legge 4 luglio 1967, n. 676, cui fu data attuazione con Dpr 26 febbraio 1968, n. 65633. Nonostante il riferimento alla nozione di "provenienza" contenuta nel titolo, l’accordo si riferisce alle indicazioni di origine geografica. Ai sensi dell'art. 1, infatti, "qualsiasi prodotto che rechi una falsa o fallace indicazione mediante la quale uno dei paesi cui si applica il presente accordo o una località situata in uno di essi, siano direttamente o indirettamente indicati come paese o come luogo di origine, sarà sequestrato alla importazione in ciascuno di detti paesi". L'accordo individua nell'amministrazione delle dogane l'autorità competente per l'esecuzione materiale del sequestro, che viene effettuato "a titolo conservativo": al detentore della merce è consentito richiedere la regolarizzazione della merce, fatte salve le diverse disposizioni impartite, eventualmente, dall'autorità giudiziaria (art. 2). L’art. 3 dell’Accordo consente al venditore di apporre il proprio nome ed indirizzo sui prodotti "provenienti" da un paese diverso da quello ove avviene la vendita. Oggi questa facoltà è divenuta un obbligo: ai sensi dell’art. 6, D. Lgs. 26 settembre 2005, n. 206, Codice del consumo, non solo è obbligatorio indicare nell’etichettatura dei prodotti, in alternativa, nome, ragione sociale o marchio del produttore o dell’importatore comunitario; ma è anche obbligatorio indicarne la sede legale34. In tal caso, l’art. 3 dell’Accordo non lascia scampo: "l'indirizzo o il nome debbono esser accompagnati dalla indicazione precisa, ed in caratteri visibili, del paese o del luogo di fabbricazione o di produzione, o da un'altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore sulla vera origine delle merci". Qui occorre
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Gli altri Paesi aderenti all'Accordo sono, in ordine progressivo di adesione: Vietnam, Turchia, Tunisia, Cecoslovacchia, Svizzera, Svezia, San Marino, Regno unito, Repubblica Dominicana, Repubblica Araba Unita, Siria, Portogallo, Polonia, Nuova Zelanda, Monaco, Marocco, Liechtestein, Libano, Giappone, Israele, Irlanda, Ungheria, Francia, Spagna, Cuba, Ceylon, Brasile Germania. 34 Analogo obbligo era contenuto nell’art. 1 della L. 10.4.1991, n. 126, ora abrogata dal Codice del consumo. In attesa dell’entrata in vigore dei nuovi decreti ministeriali, per l’attuazione dell’art. 6 del Codice del consumo continua ad applicarsi il precedente DM 8.2.1997, n. 101 (v. art. 10, D.Lgs. 206/2005).
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fare una precisazione: nel caso indicato dall’art. 3 dell’Accordo, si ritiene che l’obbligo di indicare il paese di fabbricazione o di produzione (cioè il paese di origine geografica) non sia attualmente compatibile con gli art. 28 e 29 del Trattato CE, che vieta ai singoli Stati membri aderenti anche all’Accordo l’adozione di misure restrittive all’importazione o all’esportazione, o ad esse equivalenti35. Per quanto riguarda la seconda parte della norma, invece, la sua piena attualità è confermata dall’entrata in vigore nel nostro ordinamento della Direttiva Ce 2005/29/CE sulla repressione delle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, dove si afferma sostanzialmente lo stesso principio formulato nel 1891. Il Dpr 26 febbraio 1968, n. 656, ha dettato agli uffici doganali le prescrizioni per l’applicazione dell’Accordo. Gli uffici, quando vi sia fondato timore di essere in presenza di merci che rechino false o fallaci indicazioni di provenienza, ne dispongono il fermo amministrativo, fatto salvo il vero e proprio sequestro penale eventualmente disposto dall'autorità giudiziaria. Gli uffici che procedono al fermo ne danno notizia alla procura della Repubblica competente per territorio e concedono sessanta giorni di tempo al detentore della merce per richiederne la regolarizzazione, sempre che questa sia materialmente possibile.36 Regolarizzata la merce, se non vi sono provvedimenti ostativi disposti dall'autorità giudiziaria, la merce viene rimessa nella disponibilità del detentore fermo restando l’inoltro alla procura della Repubblica di notizia di reato a carico dell’importatore. La violazione alle norme dell’Accordo di Madrid infatti trova la disciplina sanzionatoria all’interno del nostro ordinamento. L'art. 571, c.p. punisce chiunque ponga in vendita “o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto”. Per questo reato è prevista la pena della reclusione fino a un anno o la multa fino a 20.000 euro37 ed è prevista la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza. L'art. 517-bis, introdotto nel codice penale con D.Lgs. 30.12.99, n. 507, prevede una circostanza aggravante specifica, se il fatto riguarda alimenti o bevande la cui denominazione di origine o geografica, o le cui specificità, sono protette dalle norme vigenti.38 Nella pratica gli uffici doganali ricorrono sempre meno alla procedura del fermo amministrativo di cui al Dpr 656/68 e procedono direttamente al sequestro penale ai sensi dell’art. 354 c.p.p, inoltrando notizia di reato alla procura della Repubblica competente per territorio. Il provvedimento di sequestro è soggetto alla convalida prevista dal codice di procedura penale nei termini di legge. La facoltà di chiedere la regolarizzazione della merce rimane invariata, ma è prassi che l’istanza venga sottoposta dalla dogana al nulla osta del magistrato inquirente. Avverso il decreto di convalida è possibile ricorrere al tribunale del riesame ai sensi degli art. 257 e ss., c.p.p.; tuttavia occorre valutare con molta attenzione se esperire o meno questo rimedio processuale, poiché il rischio di ottenere un rigetto dell’istanza di riesame è piuttosto alto dato che attualmente non c’è uniformità vedute tra i 35 Almeno fino all’entrata in vigore del regolamento comunitario in materia di indicazione obbligatoria di origine, attualmente in fase di studio. 36 Il termine decorre dalla comunicazione del provvedimento all'autorità giudiziaria. 37 Importo così modificato dal “decreto sulla competitività”, D.L. 14.3.05, n. 35, conv. con mod. in L. 14.5.05, n. 80. Originariamente l’importo massimo comminabile a titolo di multa previsto dall’art. 517, c.p. era pari a 1.032 euro. 38 In queste ipotesi il giudice, se il fatto è di particolare gravità o in caso di recidiva specifica, pronunciando la condanna può disporre "la chiusura dello stabilimento o dell'esercizio in cui il fatto è stato commesso da un minimo di cinque giorni ad un massimo di tre mesi, ovvero la revoca della licenza, dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consente lo svolgimento dell'attività commerciale nello stabilimento o nell'esercizio stesso". Cfr. art. 517-bis, comma 2, c.p.
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Le indicazioni di origine geografica e commerciale e le pratiche commerciali sleali
giudici di merito. Potendo ottenere rapidamente lo svincolo della merce ricorrendo alla regolarizzazione amministrativa, il ricorso al tribunale del riesame di fatto non porta grandi benefici, a fronte dei notevoli rischi di rigetto che potrebbero invece riflettersi negativamente sul prosieguo del processo penale. Ottenuto lo svincolo della merce, le ragioni dell’importatore potranno essere fatte valere compiutamente davanti al giudice di merito. Occorre tuttavia prestare molta attenzione nella redazione dell’istanza di regolarizzazione per evitare che questa si trasformi in un boomerang: secondo la Suprema Corte, la richiesta di regolarizzazione, formulata sic et simpliciter, “costituisce ulteriore prova della fondatezza dell’addebito”39. La legge 24.12.03, n. 350, art. 4, comma 49 e l’art. 517 c.p. Un cenno a parte merita la legge 24.12.03, n. 350, art. 4, comma 4940. L’art. 517 c.p., infatti, è un reato a condotta libera e lascia all’interprete l’individuazione della condotta da punire. Per specificare meglio la condotta vietata dall’art. 517 c.p., nell’intento di rafforzare la tutela del “made in Italy” il legislatore ha introdotto nell’ordinamento una norma tecnicamente mal formulata e controversa, inserita nella c.d. legge finanziaria 2004, n. 350/03. Questa norma inasprisce la repressione delle false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine, e si applica alle merci in “importazione o in esportazione”, e comunque commercializzate nel territorio nazionale. Nell’intenzione del legislatore, la norma dovrebbe evidenziare due diverse fattispecie: •
falsa indicazione di origine, che consiste nell’apposizione della dicitura made in Italy su prodotti e merci che non abbiano una origine italiana; per la nozione di origine rilevante ai fini di questa fattispecie, occorre fare riferimento alle disposizioni doganali comunitarie in tema di origine non preferenziale;
•
fallace indicazione di origine, che consiste, anche mediante uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli: a. nell’apposizione, su prodotti privi di indicazioni di origine, di segni, figure o quant’altro, tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana; b. nell’apposizione, su prodotti sui quali è indicata una origine e provenienza estera, di segni, figure o quant’altro, tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana.
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Cfr. Cass. pen., III, 23.12.04, n. 49394. Ai sensi dell’art. 4, comma 49, L. 24.12.03, n. 350, come modificato, da ultimo, con L. 27.12.06, art. 1, comma 941, “l’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza costituisce reato ed è punita ai sensi dell’art. 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dall’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l’uso di segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l’immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio. La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l’asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segno o delle figure o di quant’altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana. La falsa indicazione sull’origine o sulla provenienza di prodotti o merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l’esatta indicazione dell’origine o l’asportazione della stampigliatura «made in Italy»”. Un apposito decreto, in attuazione dell’art. 4, comma 60, L. 350/2003, dovrebbe in futuro regolamentare l’indicazione dell’origine e l’istituzione di un apposito marchio a tutela delle merci integralmente prodotte sul territorio italiano, o ad esse assimilate ai sensi della normativa europea in materia di origine. 40
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Mentre la prima fattispecie è ovvia ed era già punibile ai sensi dell’art. 517, c.p., la seconda fattispecie è quella destinata a creare maggiori problemi di interpretazione e coordinamento con la normativa vigente in materia di indicazioni obbligatorie sull’etichetta. Infatti, anche quando sia indicata la
corretta origine e provenienza estera, qualora su prodotti di origine extra Cee siano riportati segni, figure o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere, erroneamente, che il prodotto o la merce
sia di fabbricazione italiana, “incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli”41, l’indicazione di origine e provenienza è considerata fallace. Il reato si commette sin dalla presentazione della merce in dogana per l’immissione in consumo o in libera pratica ed è punito ai sensi dell’art. 517 c.p. La norma, inutilmente prolissa, redatta in modo oscuro e contorto, utilizza grossolanamente la terminologia doganale ed ha introdotto notevoli fattori di incertezza, ad esempio, per quanto riguarda l’uso dei marchi registrati, la cui legittimità nell’ambito dell’Accordo di Madrid costituiva ormai un dato di fatto accettato anche dalle stesse dogane42. In realtà, la nuova norma non introduce nulla di nuovo rispetto al previgente quadro normativo; l’unica novità consiste nell’aver anticipato la consumazione del reato, dal momento dell’immissione in consumo, al momento della presentazione della merce in dogana, ancora allo stato estero. Questa anticipazione lascia perplessi sotto il profilo della sua legittimità costituzionale, poiché una cosa è commercializzare in frode alla legge immettendo la merce sul mercato, comportamento già punito dall’art. 517 c.p.; altra cosa è la mera presentazione alla dogana della merce, per richiedere l’applicazione di un regime doganale. Ritenere punibile ai sensi dell’art. 517 c.p., evidentemente a titolo di tentativo, una condotta meramente prodromica all’immissione sul mercato della merce, ancora allo stato estero, sembra una forzatura: una volta sdoganata per l’importazione, infatti, la merce potrebbe essere legittimamente dichiarata per l’esportazione fuori dal territorio doganale della Comunità, senza essere stata spostata di un solo metro dagli spazi doganali dove si trova o dopo aver subito manipolazioni minime all’interno di un deposito doganale o fiscale iva. La norma, inoltre, precisa che la falsa o fallace indicazione apposta sulla merce può essere sanata, “sul piano amministrativo”, mediante l’apposizione di nuovi segni o l’asportazione di quelli contestati. Così come è formulata la norma, non è chiaro se si tratti di un’ipotesi di definizione del reato in via amministrativa, al pari di quanto previsto dall’art. 334, Tuld, oppure se la norma si limiti a riproporre la disciplina già contenuta nel Dpr 656/1968, che ha dato attuazione in Italia all’Accordo di Madrid, come ha implicitamente indicato la Suprema Corte in una delle prime sentenze che si sono cimentate con il famigerato comma 49 dell’art. 4, L. 350/03, autentico rompicapo giuridico43. Anche in quest’ultimo caso, questa norma non ha apportato nulla di nuovo se non confusione e incertezza tra gli operatori e dunque andrebbe interamente riscritta, ricorrendo questa volta al contributo di professionisti del diritto, se non addirittura eliminata.
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L’inciso è stato introdotto in sede di legge finanziaria 2007, L. 27.12.06, n. 296, art. 1, comma 941. Cfr. circ. n. 275, del 23.10.95, Ministero Finanze, Dip. Dogane e II.II.: “l’utilizzo del marchio registrato non comporta l’obbligo di indicazione del “made in” sul relativo prodotto. ovviamente deve trattarsi del solo marchio così come risulta registrato, senza l’aggiunta di qualsiasi ulteriore indicazione, circostanza, quest’ultima, che potrebbe, invece, far ricadere l’eventuale fattispecie sotto il campo di applicazione dell’Accordo di Madrid sulle repressioni delle indicazioni false delle merci”. 43 Cfr. Cass. pen., III, 23.12.04, n. 49394. 42
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Le indicazioni di origine geografica e commerciale e le pratiche commerciali sleali
La Corte di cassazione è intervenuta più volte nel difficile compito di interpretazione di questa norma ed ha ribadito che nulla o quasi è cambiato rispetto alla previsione di cui all’art. 517 c.p. Secondo la Corte non costituisce reato l’indicazione della c.d. origine imprenditoriale, cioè della ragione sociale o marchio del soggetto che si assume la responsabilità giuridica, tecnica ed economica dell’introduzione della merce nel territorio doganale della comunità, purché sia effettivo e documentabile un rapporto di subfornitura all’interno di un reale processo di delocalizzazione produttiva44. Ciò nonostante, le dogane interpretano la norma in questione nel senso di ritenere sempre e comunque fallace, cioè come atto idoneo ad indurre il consumatore in errore sull’indicazione dell’origine geografica, la sola indicazione dell’origine imprenditoriale, o anche soltanto dell’indirizzo la cui indicazione è peraltro obbligatoria ai sensi dell’art. 6, Codice del consumo. Quindi procedono a sequestro e denuncia penale. La contestazione sollevata dalle dogane, tuttavia, mantiene una sua fondatezza giuridica sotto il profilo amministrativo. Al di là del reato penale, che in concreto può non sussistere se ricorrono i presupposti indicati dalla Suprema Corte, resta pur sempre la necessità di rispettare l’Accordo di Madrid, il cui art. 3 impone di non trarre in inganno il consumatore sulla corretta origine geografica, qualora sul prodotto sia indicato il nome o l’indirizzo del “venditore”, da intendersi ai nostri giorni come produttore e/o importatore comunitario45. Ciò è tanto più vero, se si considerano le nuove norme introdotte nel Codice del consumo con D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146, in attuazione della L. 25 gennaio 2006, n. 29, di recepimento della Direttiva Ce n. 2005/29/CE sulla repressione delle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno. Gli illeciti amministrativi Anche l’acquirente di prodotti che, per la loro “qualità, condizione di chi le offre, entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme di cui sopra”, riceve una sanzione pesante. Con D.L. 14.3.05, n. 35, c.d. decreto sulla competitività, il legislatore ha introdotto un illecito amministrativo per tale ultima ipotesi, sanzionabile con una pena pecuniaria che può andare da un minimo di 500, fino ad un massimo di diecimila euro, oltre alla confisca della merce acquistata46. Ma non basta. Il “decreto sulla competitività” è stato ulteriormente modificato con l’introduzione di una circostanza aggravante prevista per la stessa violazione, questa volta commessa non più dall’acquirente, ma “da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto
diverso dall’acquirente finale”, cioè da chiunque si trovi a rivestire un ruolo di intermediazione commerciale nella distribuzione del prodotto. Per questi diversi soggetti la sanzione amministrativa va da un minimo di 20.000 euro, fino ad un massimo di un milione di euro47. 44
V. per tutte, Cass. pen., III, 2.2.05, n. 3352; 14.4.05, n. 13712. Cfr. sent. n. 157/06 del 21.12.06, TAR Friuli Venezia Giulia. 46 V. art. 7 del D.L. 35/05 cit., conv, con mod. in L. 14.5.05, n. 80. La definizione in via breve comporta un versamento di 1000 Euro, pari al doppio del minimo edittale. 47 Questa circostanza aggravante, il cui enorme massimo edittale ricorda le grida manzoniane, è stata introdotta dall’art. 2, comma 4-bis, lett. a) del D.L. 30.10.05, n. 203, conv. con mod. in L. 2.12.05, n. 248. Con questo decreto legge, in compenso, il minimo edittale previsto per la violazione commessa dall’acquirente non-operatore era stato portato dagli originari 500 euro a 100 euro. Successivamente, la legge 21.2.06, n. 49, di conversione con modificazioni del D.L. 30.12.05, n. 272, ha reintrodotto il minimo edittale di 500 euro originariamente previsto (v. art. 5-bis, D.L. 272/05). La definizione in via breve per l’illecito commesso dall’operatore comporta un versamento di 40.000 euro, pari al doppio del minimo edittale. Da notare che la contravvenzione prevista dall’art. 712 c.p. per il reato di “acquisto di cose di sospetta provenienza” (c.d. incauto acquisto), in tutto simile all’illecito amministrativo introdotto dal “decreto sulla competitività”, prevede la pena dell’arresto fino a sei mesi o l’ammenda non inferiore a dieci euro. Il ragguaglio della pena detentiva in pena pecuniaria è calcolato sulla base di 38 euro per ogni giorno di pena detentiva (art. 135 c.p.). Dunque sei mesi di arresto corrispondono ad una pena pecuniaria massima di circa 45
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4.4.2. Il Codice del consumo e la Direttiva Ce 2005/29/CE sulla repressione delle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori
Il Codice del consumo Come si è detto, ai sensi dell’art. 13, Codice doganale, l’autorità doganale effettua tutti i controlli necessari per garantire l’applicazione, a tutela dei consumatori in attuazione del principio di “gestione del rischio”, anche di tutte le norme che disciplinano l’entrata, l’uscita, il transito, il trasferimento e l’utilizzazione finale di merci in circolazione tra la Comunità ed i paesi terzi. Con decreto legislativo 206 del 26 settembre 2005 è stato adottato il Codice del consumo48, che raccoglie le norme per la tutela dei consumatore, alcune di esse già contenute in precedenti disposizioni ed ora abrogate ed integrate nel codice. Le norme del Codice riguardano le tematiche più diverse. Qui interessa esaminare la disposizione contenuta nell’art. 6. del D.Lgs. 206/2005, che disciplina il contenuto minimo delle informazioni che devono essere indicate al consumatore. L’intento del Codice è quello di garantire ai consumatori la possibilità di risalire al soggetto che si assume la responsabilità giuridica, economica e tecnica, dell’immissione in consumo di un prodotto sicuro ed esente da difetti49. Nell’art. 6 si prevede l’obbligo di indicare sui prodotti destinati al consumatore50 e commercializzati sul territorio nazionale, o sulle relative confezioni, alcune fondamentali indicazioni che devono essere apposte in modo chiaramente visibile e leggibile. a. denominazione legale o merceologica del prodotto b. nome, o ragione sociale, o marchio e sede legale del produttore o di un importatore stabilito nella Unione Europea51 c.
paese di origine se situato fuori dalla Unione Europea
d. eventuale presenza dei materiali o sostanze che possono recare danno all’uomo, alle cose o all’ambiente e. materiali impiegati e metodi di lavorazione ove questi siano determinanti per la qualità o le caratteristiche merceologiche del prodotto f.
istruzioni e eventuali precauzioni e alla destinazione d’uso utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto
Originariamente l’art. 6, comma 1, lett. c) del Codice prevedeva l’indicazione obbligatoria del paese di origine del prodotto, qualora il paese di origine fosse situato fuori dall’Unione Europea. Quest’ultimo obbligo è stato prorogato sine die52. La proroga, però, non autorizza ad avere mano libera sulla 6.840 euro. In alternativa, il massimo dell’ammenda non può essere determinato in misura superiore a 1032 euro, come previsto dall’art. 26 c.p. La sproporzione tra sanzione penale e sanzione amministrativa è di tutta evidenza. 48 Il D.Lgs. 206/2005, pubblicato sulla G.U., 8.10.05, n. 235, S.O., è entrato in vigore il 23 ottobre 2005. 49 Come rileva il Ministero delle Attività Produttive, la ratio della disposizione di cui all’art. 6 è quella di “tutelare il consumatore nella fase in cui acquista un prodotto, fornendogli tutte le informazioni utili per poter valutare e scegliere in maniera consapevole”; cfr. Circ. 24.1.06, n. 1. 50 L’art. 18, lett. a), D.Lgs. 206/05, definisce “consumatore” qualsiasi persona fisica che, […], agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale”. 51 Analogo obbligo era contenuto nell’art. 1 della L. 10.4.1991, n. 126, ora abrogata dal Codice del consumo. 52 La proroga è stata disposta con l’art. 31bis del c.d. decreto milleproroghe, D.L. n. 30.12.05, n. 273, inserito dalla Legge di conversione 23.2.2006, n. 51, ed in vigore dal 1 marzo 2006. L’entrata in vigore dell’obbligo di indicazione dell’origine
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Le indicazioni di origine geografica e commerciale e le pratiche commerciali sleali
composizione delle etichette: non bisogna dimenticare che l’Accordo di Madrid, all’art. 3, prevede comunque l’obbligo di evidenziare tutte quelle indicazioni necessarie e sufficienti “ad evitare qualsiasi errore sulla vera origine delle merci", sui prodotti da commercializzare nei Paesi aderenti all’Accordo, tra cui il nostro, qualora sul prodotto sia indicato il nome o l’indirizzo del “venditore”. Altrimenti si rientra nei rigori dell’art. 517 c.p., e della L. 350/03, art. 4, comma 49, sopra commentati. Una lettura affrettata dell’art. 10 del Codice del consumo, che prevede l’emanazione di un decreto di attuazione delle disposizioni di cui all’art. 6, può indurre nell’equivoco, spesso frequente, di ritenere che tutta la disposizione contenuta nell’art. 6 per essere operativa sia soggetta al decreto di attuazione. In realtà, in attesa dell’entrata in vigore dei nuovi decreti ministeriali, per l’attuazione dell’art. 6 continua ad applicarsi il precedente DM 8.2.1997, n. 10153, per disposizione espressa dell’art. 10 citato. Ai sensi del DM 101/97, le indicazioni di cui sopra devono figurare sulle confezioni o sulle etichette dei prodotti: •
sull’imballaggio preconfezionato oppure
•
sull’etichetta fissata o legata al medesimo oppure
•
su anelli o fascette o dispositivi i chiusura
Le indicazioni, inoltre, devono essere: •
indelebili contenute in un unico campo visivo
•
apposte in un punto evidente in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili
•
rese almeno in lingua italiana con caratteri di visibilità e leggibilità non inferiori a quelli usati per eventuali altre lingue.
Queste disposizioni si applicano a tutti i prodotti industriali, ad esclusione dei prodotti già disciplinati da direttive comunitarie e soltanto per gli aspetti da queste disciplinati. Con le precisazioni di cui sopra, gli obblighi previsti dall’art. 6 del Codice scattano apparentemente nel momento in cui il prodotto viene posto in vendita al consumatore e non nelle precedenti fasi di circolazione dello stesso. La norma di cui all’art. 6 è pienamente efficace dal 23 ottobre 2005, data di entrata in vigore del Codice, con la sola eccezione dell’obbligo di indicazione dell’origine geografica, la cui entrata in vigore come si è detto è stata prorogata al 1 gennaio 2007 e comunque fino alla data di entrata in vigore del decreto di attuazione previsto all’art. 10. Tuttavia, l’entrata in vigore della nuova disciplina sulla repressione delle pratiche commerciali sleali, di cui al seguente paragrafo, applicabile “prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto”, svuota di contenuto la proroga di cui sopra ed anticipa il momento in cui le prescrizioni dell’art. 6 del Codice del consumo diventano esigibili: ai sensi dell’art. 13, Codice doganale, l’autorità doganale può infatti applicare il nuovo complesso di norme a tutela del consumatore fin dalla presentazione della merce in dogana, anche per quanto concerne l’indicazione dell’origine geografica e
commerciale.
geografica è stato differito al 1 gennaio 2007 e comunque fino all’emanazione dei decreti di attuazione previsti dall’art. 10, Codice del consumo. Analogo obbligo era contenuto nell’art. 1 della L. 10.4.1991, n. 126, ora abrogata dal Codice del consumo. 53 L’articolo 6 del Codice di consumo riprende totalmente l’articolo 1 della legge 126/1991, ora abrogata ed integrata nel codice, recante “Norme per l’informazione al consumatore”. Il DM 8.2.97, n. 101, conteneva le norme di attuazione della legge abrogata.
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I decreti legislativi 2 agosto 2007, n. 145 e 146 e la Direttiva CE sulla repressione delle pratiche commerciali sleali Il quadro normativo a tutela del consumatore si è ora compiutamente definito con il recepimento nel nostro ordinamento della Direttiva 2005/29/CE sulla repressione delle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori54. Il 21 settembre 2007 è entrato in vigore il D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 146, che attua i principi e le disposizioni contenute nella Direttiva Ce 2005/29/CE. Il decreto 146/07 ha introdotto importanti modifiche al Codice del consumo, sostituendone integralmente gli articoli da 18 a 27 ed aggiungendone altri. La norma si applica alle pratiche commerciali scorrette poste in essere “prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto”55, dunque è applicabile fin dalla presentazione della merce in dogana ai sensi dell’art. 13 del Codice doganale. Dopo aver introdotto il principio secondo il quale “le pratiche commerciali scorrette sono vietate”, il nuovo art. 20 del Codice del consumo definisce scorrette le pratiche commerciali contrarie alla diligenza professionale, idonee “a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio” al quale essa è diretta56. La nozione di “pratica commerciale” comprende “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”57. All’interno delle pratiche commerciali scorrette si possono individuare le categorie più specifiche delle pratiche ingannevoli o aggressive, alcune delle quali sono elencate rispettivamente negli art. 23 e 26 del Codice e sono considerate tali in ogni caso. Ai fini della corretta indicazione dell’origine geografica o commerciale sono rilevanti le nuove disposizioni contenute negli art. 21 e 22 del Codice del consumo, introdotte dal D.Lgs. 146/07, che ricalcano le norme di cui alla Direttiva 2005/29/CE in materia di azioni ed omissioni ritenute ingannevoli. Ai sensi dell’art. 21, cit., sono considerate ingannevoli le pratiche commerciali che contengono informazioni non rispondenti al vero o, anche se di fatto corrette, “che inducano o siano idonee ad indurre in errore il consumatore medio, o comunque lo inducano o siano idonee ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”, riguardo alle caratteristiche principali del prodotto ed, in particolare, riguardo alla sua origine geografica o commerciale. Sotto il profilo delle omissioni, sono considerate ingannevoli le pratiche commerciali che, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omettono nelle comunicazioni commerciali che indicano le caratteristiche del prodotto (c.d. inviti all’acquisto), le informazioni rilevanti per consentire la scelta consapevole da parte del
54
La Direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento con L. 25.1.2006, n. 29, di cui il D.Lgs. 146/07 costituisce il provvedimento di attuazione. 55 V. art. 19, comma 1, D.Lgs. 206/05, Codice del consumo, nel testo modificato dal D.Lgs. 146/07. 56 L’art. 18, lett. a), D.Lgs. 206/05, definisce “consumatore” qualsiasi persona fisica che, […], agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. “Falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori” significa alterarne sensibilmente la capacità di prendere una decisione consapevole, inducendoli ad assumere decisioni di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso. 57 E’ professionista, a tali fini, “qualsiasi persona fisica o giuridica che, […], agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista”, art. 18, lett. b), D.Lgs. 206/05.
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Le indicazioni di origine geografica e commerciale e le pratiche commerciali sleali
consumatore ed, in particolare, omettono quelle relative all’”indirizzo geografico”. Come si vede vi sono molti punti di contatto tra i principi di cui alla Direttiva Ce 2005/29/CE, introdotti nel Codice del consumo dal 21 settembre 2007, e quanto stabilito nell’art. 3 dell’Accordo di Madrid e, sia pure in modo confuso, anche nel testo dell’art. 4, comma 49, della Legge 350/03 commentata più sopra. Si noti che, proprio in vista del recepimento della Direttiva sulle pratiche commerciali scorrette, nel testo dell’art. 4, comma 49, della L. 350/03 è stato inserito con Legge 27 dicembre 2007, art. 1, comma 941, nell’elenco delle fallaci indicazioni, l’inciso “incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli”. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato vigila sulla corretta esecuzione delle pratiche commerciali, d’ufficio e su segnalazione di qualsiasi soggetto, avvalendosi anche della collaborazione della Guardia di Finanza che agisce con i suoi ordinari poteri di polizia tributaria. Al termine del procedimento di accertamento, minuziosamente descritto nell’art. 27 del Codice del consumo, l’Autorità garante può vietare la diffusione o la continuazione della pratica ritenuta scorretta, infliggendo una sanzione amministrativa da un minimo di 5.000 ad un massimo di 500.000 euro. Sono previste inoltre altre sanzioni nel caso di mancata collaborazione dell’impresa nel procedimento di cui sopra o nel caso di inottemperanza ai provvedimenti dell’Autorità e, nel caso di recidiva, è prevista la sospensione dell’attività di impresa per un periodo non superiore a trenta giorni. E’ facoltà dell’Autorità garante disporre a spese e cura del trasgressore la pubblicazione del provvedimento, anche per estratto, ovvero di una apposita dichiarazione rettificativa. Avverso le decisioni dell’Autorità garante è ammesso ricorso ai giudici amministrativi, mentre per i provvedimenti sanzionatori sono esperibili le procedure previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689. Da notare che il coevo D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 145, in attuazione della medesima Direttiva Ce 2005/29/CE, ha modificato la disciplina in materia di pubblicità ingannevole. Secondo tale norma, è pubblicità ingannevole costituente pratica sleale tra imprese la diffusione di qualsiasi messaggio, “in qualsiasi modo, nell’esercizio di un attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili”, idoneo anche ad indurre in errore sull’origine geografica il soggetto cui il messaggio è destinato, pregiudicandone il comportamento economico e che, per questo motivo, sia idoneo a ledere un concorrente. Anche in questo può intervenire l’Autorità garante infliggendo una sanzione amministrativa da un minimo di 5.000 ad un massimo di 500.000 euro, al termine di un procedimento e con le conseguenze in tutto simili a quelle descritto nell’art. 27 del D.Lgs. 146/0758.
58
V. art. 8, D.Lgs. 2 agosto 2007, n. 145.
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MODIFICHE APPORTATE CON LEGGE 23.7.09, N. 99, ART. 15 (G.U. 31.7.09, N. 176) IN VIGORE DAL 15.8.2009 MODIFICHE AL CODICE PENALE ART. 517 c.p. (1) Vendita di prodotti industriali con segni
ART. 517 c.p.
mendaci 1. Chiunque pone in vendita o mette altrimenti
1. Chiunque pone in vendita o mette altrimenti
in circolazione opere dell'ingegno o prodotti
in circolazione opere dell'ingegno o prodotti
industriali, con nomi, marchi o segni distintivi
industriali, con nomi, marchi o segni distintivi
nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il
nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il
compratore sull'origine, provenienza o qualità
compratore sull'origine, provenienza o qualità
dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto
dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto
non
non
è
preveduto
come
reato
da
altra
è
preveduto
come
reato
da
altra
disposizione di legge, con la reclusione fino a
disposizione di legge, con la reclusione fino a
UN ANNO O con la multa fino a ventimila euro
DUE ANNI E con la multa fino a ventimila
(1)
euro.
(1) Importo così elevato dall'art. 1, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80. FINO AL 14.8.09
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DAL 15.8.09
MODIFICHE ALLA LEGGE 24.12.2003, N. 350 N.B. testo non in vigore Art. 4, comma 49, l. 24.12.2003, N. 350 – modifica inserita con art. 17, comma 4, L. 23.7.09, n. 99, successivamente ABROGATA con D.L. 25.9.2009, n. 135, art. 16 (in corsivo grassetto le modifiche inserite e poi abrogate)
49. L'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato ed è punita ai sensi dell'articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura "made in Italy" su prodotti e merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli, [ovvero l’uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine senza l’indicazione precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore sulla loro effettiva origine estera]. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio. La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l'asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle figure o di quant'altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana. La falsa indicazione sull'origine o sulla provenienza di prodotti o merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l'esatta indicazione dell'origine o l'asportazione della stampigliatura "made in Italy". [Le false e le fallaci indicazioni di provenienza o di origine non possono comunque essere regolarizzate quando i prodotti o le merci siano stati già immessi in libera pratica]
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NUOVO TESTO L. 350/03, ART. 4, COMMA 49 (ARTT. 49 BIS E 49 TER, INTRODOTTI CON D.L. 25.9.09, N. 135, ART. 16) Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
In vigore dal 26 settembre 2009 (commi bis e ter, dal 10 novembre 2009) N.B. testo in vigore Art. 4, comma 49, L. 24.12.2003, N. 350 (modifiche D.L. 135/09 in grassetto) 49. L'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato ed è punita ai sensi dell'articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura "made in Italy" su prodotti e merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli, fatto salvo quanto previsto dal comma 49-bis. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio. La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l'asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle figure o di quant'altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana. La falsa indicazione sull'origine o sulla provenienza di prodotti o merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l'esatta indicazione dell'origine o l'asportazione della stampigliatura "made in Italy". 49-bis. Costituisce fallace indicazione l'uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull'origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull'origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000. (1) 49-ter. È sempre disposta la confisca amministrativa del prodotto o della merce di cui al comma 49-bis, salvo che le indicazioni ivi previste siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell'illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il consumatore. (1) (1) si applicano decorsi quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (in GU il 25.9.09)
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Modifiche alla Legge 24.12.2003, n. 350
D.L. 25.9.09, N. 135 Art. 16 D.L. 25.9.2009, n. 135, art. 16 - Made in Italy e prodotti interamente italiani 2. Si intende realizzato interamente in Italia il prodotto o la merce, classificabile come made in Italy ai sensi della normativa vigente, e per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano. 3. Con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, per le politiche europee e per la semplificazione normativa, possono essere definite le modalità di applicazione del comma 1. 4. Ai fini dell'applicazione del comma 4, per uso dell'indicazione di vendita o del marchio si intende la utilizzazione a fini di comunicazione commerciale ovvero l'apposizione degli stessi sul prodotto o sulla confezione di vendita o sulla merce dalla presentazione in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e fino alla vendita al dettaglio. 5. Chiunque fa uso di un'indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, quale «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano», in qualunque lingua espressa, o altra che sia analogamente idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione, al di fuori dei presupposti previsti nei commi 1 e 2, e' punito, ferme restando le diverse sanzioni applicabili sulla base della normativa vigente, con le pene previste dall'articolo 517 del codice penale, aumentate di un terzo. 6. All'articolo 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo le parole: «pratiche commerciali ingannevoli» sono inserite le seguenti: «, fatto salvo quanto previsto dal comma 49-bis,». 7. Dopo il comma 49 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono aggiunti i seguenti: 49-BIS (OMISSIS) 49-Tter (OMISSIS) 8. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 si applicano decorsi quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 9. L'articolo 17, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99, è abrogato.
MODIFICHE APPORTATE DALL’ART. 17, L. 23.7.09, N. 99 AL D.L. 14.3.05, N. 35, CONV. IN L. 14.5.05, N. 80 Rafforzamento del sistema doganale, lotta alla contraffazione e sostegno all'internazionalizzazione del sistema produttivo ART. 1, COMMA 7
ART. 1, COMMA 7
7. [Salvo che il fatto costituisca reato,] è punito 7. È punito con la sanzione amministrativa
con la sanzione amministrativa pecuniaria[da 500 pecuniaria da 100 euro fino a 7.000 euro euro
fino
a
10.000
euro
l’acquisto
o l’acquirente finale che acquista a qualsiasi
l’accettazione, senza averne prima accertata titolo cose che, per la loro qualità o per la
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la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, cose] che, per la loro qualità o per la condizione di inducano a ritenere che siano state violate le chi le offre o per l'entità del prezzo, inducano a norme in materia di origine e provenienza dei ritenere che siano state violate le norme in materia prodotti ed in materia di proprietà industriale. di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di Restano ferme le norme di cui al decreto proprietà intellettuale. [La sanzione di cui al legislativo 9 aprile 2003, n. 70. Salvo che il presente comma si applica anche a coloro che fatto costituisca reato, qualora l'acquisto sia si adoperano per fare acquistare o ricevere a effettuato
da
un
operatore
commerciale
o
qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, importatore o da qualunque altro soggetto diverso senza averne prima accertata la legittima dall'acquirente finale, la sanzione amministrativa provenienza. In ogni caso si procede alla pecuniaria é stabilita da un minimo di 20.000 euro confisca amministrativa delle cose di cui al fino ad un milione di euro. Le sanzioni sono presente comma.] Restano ferme le norme di cui applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70. Qualora n. l'acquisto
sia
effettuato
da
un
689,
e
successive
modificazioni.
Fermo
operatore restando quanto previsto in ordine ai poteri di
commerciale o importatore o da qualunque altro accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia soggetto diverso dall'acquirente finale, la sanzione giudiziaria dall'articolo 13 della citata legge n. 689 amministrativa pecuniaria é stabilita da un minimo di del
1981,
all'accertamento
delle
violazioni
20.000 euro fino ad un milione di euro. Le sanzioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di sono applicate ai sensi della legge 24 novembre polizia amministrativa 1981, n. 689, e successive modificazioni. Fermo restando quanto previsto in ordine ai poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria dall'articolo 13 della citata legge n. 689 del
1981,
all'accertamento
delle
violazioni
provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa (1). (1) Comma modificato in sede di conversione dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, dall'articolo 2 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, dall'articolo 5-bis del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272.
ART. 17, COMMA 3, L. 23.7.09, N. 99 Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, come modificato, da ultimo, dal comma 2 del presente articolo, e salvo che il fatto costituisca reato, è prevista la confisca amministrativa dei locali ove vengono prodotti, depositati, detenuti per la vendita o venduti i materiali contraffatti, salvaguardando il diritto del proprietario in buona fede
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NUOVE REGOLE PER LA DICHIARAZIONE DI ESPORTAZIONE E SECONDA FASE ECS
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Nuove regole per la dichiarazione di esportazione e seconda fase ECS
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Nuove regole per la dichiarazione di esportazione e seconda fase ECS
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Nuove regole per la dichiarazione di esportazione e seconda fase ECS
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Nuove regole per la dichiarazione di esportazione e seconda fase ECS
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Nuove regole per la dichiarazione di esportazione e seconda fase ECS
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Nuove regole per la dichiarazione di esportazione e seconda fase ECS
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DISPOSIZIONI SULLA CHIUSURA DEI MOVIMENTI SCADUTI E ANCORA INAPPURATI
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Disposizioni sulla chiusura dei movimenti scaduti e ancora inappurati
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Disposizioni sulla chiusura dei movimenti scaduti e ancora inappurati
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Disposizioni sulla chiusura dei movimenti scaduti e ancora inappurati
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102
Disposizioni sulla chiusura dei movimenti scaduti e ancora inappurati
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CIRCOLARE N. 169792 DEL 23 DICEMBRE 2009
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Circolare n. 169792 del 3 dicembre 2009
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Circolare n. 169792 del 3 dicembre 2009
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Circolare n. 169792 del 3 dicembre 2009
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CONTRATTO DI TRASPORTI AEREO. INCOTERMS a cura di Andrea Silla
CONTRATTO DI TRASPORTO • Con il contratto di trasporto (art. 1678 c.c.) il vettore si obbliga, dietro corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo all’altro. • È un contratto: - a prestazioni corrispettive; - essenzialmente oneroso; - consensuale senza particolari oneri di forma; - è un’obbligazione di risultato a carico del vettore.
CONTRATTO DI SPEDIZIONE • Il contratto di spedizione è disciplinato dagli artt. 1737 – 1741 c.c. e rientra nella figura del mandato. • L’art. 1737 c.c. specifica che é un mandato senza rappresentanza con cui una parte (spedizioniere) assume l’obbligo di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere tutte le operazioni accessorie.
CONTRATTO DI SPEDIZIONE • È un contratto consensuale e normalmente oneroso (art. 1740 c.c.) in cui lo spedizioniere (escluso lo spedizioniere-vettore ex art. 1741 c.c.) non è responsabile della riuscita del trasporto ma solamente della scelta del vettore. • Lo spedizioniere è obbligato ad effettuare le operazioni accessorie quali: - custodia della merce, - verifiche doganali; - pesatura;
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
CONTRATTO DI SPEDIZIONE - imballaggio; - adempimenti di natura amministrativa; - operazioni necessarie e utili al trasporto (ritiro e consegna della merce al destinatario). • Lo spedizioniere deve osservare tutte le istruzioni del committente e se espressamente stabilito assicurare le cose spedite (art. 1739 c.c.).
DIFFERENZE • Il contratto di trasporto é diverso dal contratto di spedizione in quanto lo spedizioniere si obbliga solamente a concludere con altri il contratto di trasporto ma non di eseguire direttamente il trasporto con mezzi propri o altrui assumendo su di sé i rischi dell’esecuzione.
ASPETTI GENERALI • I trasporti aerei sono disciplinati dalla Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 che è stata nel corso degli anni oggetto di successive modifiche ma che è tuttora vigente. • In essa è stabilito che si considerano trasporti aerei internazionali: A) quei trasporti che hanno il punto di partenza ed il punto di destinazione in due diversi Stati aderenti
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ASPETTI GENERALI oppure b) Quei trasporti che per congiungere due punti nel territorio dello stesso Stato debbono fare scalo nel territorio di un altro Stato, sia esso aderente o meno alla Convenzione.
ASPETTI GENERALI • La Convenzione di Varsavia è diventata Legge n. 841 del 19 maggio 1932 e disciplina la materia del trasporto aereo. • Il codice della navigazione, relativamente al trasporto aereo nazionale, rinvia alla citata Convenzione. • La Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 è destinata a sostituire la Convenzione di Varsavia ma attualmente integra la Convenzione di Varsavia.
ASPETTI GENERALI • La Convenzione di Montreal ha unificato tutte le norme relative al trasporto aereo internazionale riunendo tutta normativa emanata dal 1929. Le sue disposizioni prevalgono su quelle della Convenzione di Varsavia e sulle successive modifiche. • L’art. 55 della Convenzione di Montreal specifica che “La presente
convenzione prevale su ogni altra disposizione in materia di trasporto aereo internazionale”
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
ASPETTI GENERALI • Tale Convenzione è stata approvata per conto della Comunità Europea dal Consiglio dell’Unione Europea (Decis. Cons. UE 5 aprile 2001 n. 2001/539/CE)
DOCUMENTAZIONE • •
LETTERA DI TRASPORTO AEREO O LETTERA DI VETTURA AEREA Tale documento prova: l’avvenuta conclusione del contratto; il ricevimento della merce da parte del vettore; le condizioni di trasporto. Nel caso di mancanza della lettera di trasporto è possibile provare l’esistenza del contratto di trasporto con ogni mezzo in quanto la sua irregolarità o perdita non ne inficia l’esistenza o la validità.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • -
La lettera di trasporto aereo (LTA) é chiamata anche Air Consignment Note; Air Way Bill (AWB). Viene emessa materialmente dal vettore aereo o da un suo agente autorizzato ma è una obbligazione del committente del vettore. Il vettore agisce per conto del mittente. - Viene emessa quando la merce viene consegnata al vettore o al suo agente che provvederà con i suoi mezzi a portarla a bordo dell’aeromobile.
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LETTERA DI TRASPORTO AEREO • La lettera di vettura aerea non è titolo rappresentativo della merce in quanto è: - solamente un documento di legittimazione al trasporto; - non è un documento negoziabile; - non può essere trasferita la disponibilità della merce in essa indicata con semplice girata come per i titoli di credito; - le merci e la lettera di vettura viaggiano insieme e la consegna può essere fatta solamente al legittimo intestatario del secondo originale.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • La compilazione del documento da parte del vettore non libera il mittente dalla responsabilità delle enunciazioni in essa riportate che rimangono comunque in capo al mittente. • Il mittente è responsabile per le irregolarità, l’inesattezza e incompletezza delle indicazioni che sono inserite nella lettera di trasporto.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • L’obbligazione della compilazione della lettera di vettura e il conseguente rilascio solo giuridicamente è assegnata al mittente (art. 1684 c.c.) in quanto essa è pienamente soddisfatta da parte del vettore che è l’unico a poter accedere alle procedure telematiche di trasmissioni dati. • La lettera di trasporto è redatta in tre esemplari originali e sei copie ed è numerata progressivamente con speciale numerazione (artt. 6.1 e 6.2 Conv. Varsavia, art. 7 Conv. Montreal) ed è così suddivisa:
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 1)
Di colore verde porta l’indicazione “per il vettore”. È consegnata al vettore e sottoscritta dal solo mittente. È la ricevuta del contratto di trasporto aereo. 2) Di colore rosa porta l’indicazione “per il destinatario”. È sottoscritta dal mittente e dal vettore e accompagna le cose trasportate. 3) Di colore azzurro è firmata dal vettore ed é data al mittente quando la merce è stata presa in consegna dal vettore.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Le sottoscrizioni del vettore e del mittente possono essere sostituire da timbri o possono essere prestampate (art. 7.3 Conv. Montreal) • Il vettore può richiedere al mittente tante lettere di trasporto quanti sono i colli da trasportare (art. 7 Conv. Varsavia, art. 8 Conv. Montreal)
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • 1)
Nella lettera di trasporto devono essere fornite le seguenti istruzioni: Caricatore – speditore (mittente) e ricevitore (destinatario) Devono essere indicate integralmente le coordinate del mittente e del destinatario e quindi deve essere indicato per esteso il nome, l’indirizzo, la città e la nazione di partenza e di arrivo.
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LETTERA DI TRASPORTO AEREO 2) Aeroporti Deve essere indicato per esteso il nome degli aeroporti di partenza e di destinazione. Deve essere indicato almeno uno scalo, se la partenza e la destinazione si trovano all’interno di un solo Stato contraente e sono fatti uno o più scali intermedi nel territorio di altro Stato.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 3) instradamento/destinazione Il vettore ha la facoltà di scegliere a sua discrezione l’instradamento (routing) più opportuno. Il mittente può fare specifica richiesta di un particolare instradamento e destinazione.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 4) Marche e numeri Devono essere indicati solamente quelli che appaiono effettivamente sui colli senza arbitrarie aggiunte o modifiche.
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 5) Numero e tipi di colli Quando i colli non sono imballati deve essere indicata la caratteristica di “sfusi”. Quando sono imballati deve essere indicato il numero totale e la natura o tipo di imballaggio (per es. cassa, cartoni, ecc.).
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 6) Natura e quantità della merce Il mittente deve descrivere dettagliatamente la merce spedita. La merce è suddivisa nelle seguenti categorie: - animali vivi; - armi e munizioni; - bagaglio non accompagnato; - bare ed urne cinerarie; - colli ingombranti e colli pesantissimi;
LETTERA DI TRASPORTO AEREO -
liquidi; merci deperibili di valore; fragili; pericolose; spedizioni diplomatiche: spedizioni miste e consolidate.
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LETTERA DI TRASPORTO AEREO 7) Peso lordo Deve essere specificata l’unità di misura (kg. - libbre)
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 8) Dimensioni o volume Devono essere indicate con esattezza le misure massime di lunghezza, larghezza e profondità. Deve essere indicata l’unità di misura utilizzata (centimetri, pollici).
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 9) Nolo aereo Deve essere specificato se il nolo è pagabile in partenza o all’arrivo. Nel caso in cui non sia specificato si effettua la spedizione in porto franco (pagamento del nolo in partenza).
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 10) Valore dichiarato per il trasporto La dichiarazione di valore della merce può non essere indicata. In quel caso viene espressa la formula NVD (No Value Declared)
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 11) Valore dichiarato per la dogana Il valore deve essere sempre dichiarato al fine di poter svolgere le operazioni doganali.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 12) Assicurazione Il mittente non è obbligato ad assicurare la merce se la resa (CIF o CIP) non lo prevede specificatamente. Il vettore non è obbligato ad assicurare la merce se non ha ricevuto specifiche istruzioni dal mittente. Tale principio è previsto anche dal c.c. all’art. 1739, c. 2, che riguarda gli obblighi dello spedizioniere che recita “Salvo che non gli sia stato
diversamente ordinato e salvo gli usi contrari, lo spedizioniere non ha obbligo di provvedere all’assicurazione di cose spedite”
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LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Il vettore aereo, nel caso in cui il riquadro “amount of insurance” rimanga vuoto non deve provvedere ad assicurare la merce e risponderà di avaria solamente nei limiti stabiliti dalla Convenzione di Varsavia e/o di Montreal (17 DPS Diritti Speciali di Prelievo al kg.) • Nel caso di richiesta di copertura assicurativa essa ha inizio quando la lettera di istruzioni è firmata e la spedizione cessa di essere in possesso del mittente.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Il premio che deve pagare il mittente considera la: - qualità della merce; - gli imballi; - il tipo di rischi. Tali rischi non comprendono: - cali naturali; - danni per vizio proprio della merce e degli imballaggi; - danni causati da umidità dell’aria atmosferica; - danni conseguenti a ritardi nel trasporto aereo; - danni “indiretti” di qualsiasi natura.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 13) Informazioni e note Possono essere inserite informazioni o prescrizioni concernenti il trasporto
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
LETTERA DI TRASPORTO AEREO 14) data e firma Sono obbligatorie e considerate requisito essenziale.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Fanno fede contro il vettore, salvo prova contraria, le indicazioni contenute nella lettera di trasporto che riguardano: - peso; - dimensione; - imballaggio della merce; - numero dei colli.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Non costituiscono prova contro il vettore le indicazioni contenute nella lettera di trasporto che riguardano: - quantità; - volume; - stato della merce. ECCEZIONE: verifica del vettore in presenza del mittente (art. 11.2 Conv. Varsavia).
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LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Il mittente deve allegare alla lettera di trasporto aereo tutta la documentazione o le informazioni necessarie all’espletamento delle formalità doganali, tributarie e di polizia (art. 16.1 Conv. Varsavia, art. 16.1 Conv. Montreal)
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Se il mittente vuole: - elevare l’ammontare dell’indennità dovuta dal vettore in caso di deterioramento o ritardo della merce; - avere l’integrale risarcibilità del danno per lo smarrimento della merce. deve effettuare la DICHIARAZIONE DI VALORE nella lettera di trasporto aereo.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • La lettera di trasporto aereo o vettura aerea costituisce: - ricevuta di spedizione/attestazione di presa in consegna delle merci da parte del vettore per il loro trasporto dall’aeroporto di partenza a quello di arrivo; - documento comprovante l’esistenza del contratto di trasporto;
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LETTERA DI TRASPORTO AEREO - lettera di istruzioni al vettore per l’inoltro e la riconsegna della merce; - certificato di assicurazione quando il mittente prescriva al vettore la copertura. Il vettore aereo non rilascia polizze o certificati assicurativi; - fattura di nolo aereo.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • a) b) c) d) e)
Il vettore al momento della ricezione delle istruzioni e della merce deve procedere alle operazioni di accettazione e precisamente: compilare la lettera di vettura; accertare lo stato esterno apparente della merce e degli imballaggi; calcolare il nolo; indicare la data e il luogo di pagamento sia della merce che del nolo; la data di caricazione, se prescritto.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Nel caso di accettazione della “spedizione pronta per il trasporto” dovrà essere controllata: - la documentazione; - la marcatura dei colli (stesso nome ed indirizzo del destinatario); - l’imballaggio; - l’etichettatura dei colli; - la dichiarazione del mittente per merci pericolose; - il certificato per animali vivi.
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LETTERA DI TRASPORTO AEREO VALIDITÀ E DURATA DEL CONTRATTO • Inizia dal momento in cui la lettera di trasporto viene firmata dal mittente/caricatore o da chi per lui e quando è firmata dal vettore o dal suo agente. • Cessa con la consegna al destinatario indicato sulla lettera di vettura.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO TRASPORTO DI MERCI AFFIDATO A COMPAGNIE DIVERSE DA QUELLE CHE HANNO SOTTOSCRITTO LA LETTERA DI VETTURA • Nel caso di consegna della merce a compagnie membri della IATA o che abbiano rapporti di collaborazione e reciprocità la responsabilità ricade sulla Compagnia che ha emesso la lettera di vettura e che ha stipulato il contratto di trasporto.
LETTERA DI TRASPORTO AEREO INTERESSE ALLA RICONSEGNA • Il mittente si assicura, mediante pagamento di una commissione, un veloce inoltro e una sollecita consegna a destino.
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DIRITTO DI DISPOSIZIONE • L’art. 12 della Convenzione di Varsavia specifica che “Il mittente ha il
diritto, a condizione di eseguire tutti gli obblighi risultanti dal contratto di trasporto, di disporre della merce sia ritirandola all’aerodromo di partenza o di destinazione, sia facendola fermare nel corso del trasporto in occasione d’un atterramento, sia facendola consegnare al luogo di destinazione o nel corso del trasporto ad altra persona che non sia il destinatario indicato nella lettera di trasporto aereo, sia domandandone la retrocessione all’aerodromo di partenza, purché l’esercizio di questo diritto non rechi pregiudizio né al vettore né agli altri mittenti e coll’obbligo di rimborsare le spese che ne risultano.”
LETTERA DI TRASPORTO AEREO DIRITTO DI DISPOSIZIONE • L’art. 12 della Convenzione di Varsavia specifica che “Il mittente ha il
diritto, a condizione di eseguire tutti gli obblighi risultanti dal contratto di trasporto, di disporre della merce sia ritirandola all’aerodromo di partenza o di destinazione, sia facendola fermare nel corso del trasporto in occasione d’un atterramento, sia facendola consegnare al luogo di destinazione o nel corso del trasporto ad altra persona che non sia il destinatario indicato nella lettera di trasporto aereo, sia
LETTERA DI TRASPORTO AEREO domandandone la retrocessione all’aerodromo di partenza, purché l’esercizio di questo diritto non rechi pregiudizio né al vettore né agli altri mittenti e con l’obbligo di rimborsare le spese che ne risultano.” • Tale diritto può essere esercitato solamente da chi ha titolo sulla merce indipendentemente dal possesso e/o proprietà delle stesse.
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LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Generalmente il diritto di disposizione è esercitabile dal committente di un contratto di trasporto o da un mandante di un mandato di spedizione in quanto unici soggetti che possono modificare le istruzioni già impartite indipendentemente dal fatto che la proprietà della merce è stata già trasferita (art. 1685 e art. 1739 c.c.).
LETTERA DI TRASPORTO AEREO • Il diritto di modificazione può essere esercitato fino al momento dell’arrivo della merce a destinazione a meno che il destinatario rifiuti: - la merce; - la lettera di trasporto aereo; - non possa essere raggiunto da alcuna comunicazione. • Il mittente deve pagare tutte le spese che sono sorte a seguito dell’esercizio del diritto.
CONSOLIDATORE AEREO • È un particolare spedizioniere che organizza le spedizioni aeree per conto della sua clientela facendo da tramite con i diversi vettori al fine di trarre vantaggio da tariffe economicamente più valide normalmente riservate a partite di merci di notevoli entità. • Il consolidatore stipula il contratto di trasporto con il vettore ed il documento principale rimane in possesso del consolidatore (Master HWB) in quanto appare come mittente.
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CONSOLIDATORE AEREO • Il mittente viene in possesso della lettera di vettura emessa dal consolidatore che ha la stessa validità e caratteristiche della Master AWB ma ha il nome di House AWB oppure HAWB. • Il consolidatore indica come destinatario il suo corrispondente estero presso l’aeroporto di destinazione.
CONSOLIDATORE AEREO • Il corrispondente estero del consolidatore provvede a “deconsolidare” la spedizione ed effettua la consegna ai diversi destinatari in possesso delle lettere di vettura House AWB.
CARICO E STIVAGGIO DELLA MERCE • II vettore procede alle operazioni di carico della merce. Egli ha la detenzione delle cose trasportate e ha l'obbligo di conservarle e custodirle fino alla loro consegna al destinatario. • Frequentemente il vettore affida le operazioni di carico ad una impresa di handling.
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SCARICO DELLA MERCE • Il vettore con l’impresa di handling conclude un contratto detto di assistenza allo scalo. Il mittente rimane estraneo a tale contratto ed il vettore è responsabile, nei confronti dell'avente diritto, delle eventuali perdite o avarie alla merce verificatesi in tale fase, fatte salve le relative cause di esonero.
SCARICO DELLA MERCE • Il vettore si libera dall’obbligo della custodia nel momento in cui consegna la merce sbarcata all’impresa di handling aeroportuale che diventa responsabile per la perdita e l’avaria delle merci prese in consegna (Cass. 22.6.2007, n. 14593; Cass. 25.9.2001, n. 12015).
MANIFESTO DI SBARCO • È l’elenco che riporta i dati del manifesto di imbarco dell’aeromobile in arrivo e delle relative lettere di vettura. • Viene trasmesso all’Ufficio traffico della Dogana per procedere alle operazioni di sdoganamento o all’introduzione nei magazzini doganali a cui provvederà il mittente o il destinatario.
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CONSEGNA DELLA MERCE • In base all’art. 13.2 della Convenzione di Varsavia e all’art. 13 della Convenzione di Montreal, il destinatario può, dal momento dell'arrivo della merce nel punto di destinazione, richiedere al vettore la consegna della merce verso pagamento degli importi dovuti e previa esecuzione delle condizioni di trasporto. • Il vettore, salvo diverso accordo tra le parti, è obbligato ad avvertire il destinatario al momento dell'arrivo della merce.
CONSEGNA DELLA MERCE • Se: a) la perdita della merce venga riconosciuta dal vettore; b) decorsi sette giorni dalla data in cui la merce sarebbe dovuta arrivare, ma non è ancora giunta a destinazione, il destinatario può far valere nei confronti del vettore i diritti nascenti dal contratto di trasporto.
CONSEGNA DELLA MERCE • Il vettore nel caso di rifiuto da parte del destinatario di ricevere la merce trasportata deve comunicarlo tempestivamente al mittente. • Il mittente dovrà fornire le opportune istruzioni o per dare al vettore la facoltà: - di rivendere la merce a terzi; - di chiedere il rientro della merce; - di abbandonare la merce.
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CONSEGNA DELLA MERCE • In mancanza di tale comunicazione il vettore è responsabile del pregiudizio patrimoniale sofferto dal mittente secondo le regole dettate dalla Convenzione di Varsavia per la perdita della merce (Cass. 30 dicembre 1994 n. 11294).
ACCETTAZIONE SENZA RISERVE • Gli artt. 26.1 Conv. Varsavia e 31.1 Conv. Montreal stabiliscono che “il
ricevimento senza riserve del bagaglio consegnato o della merce da parte della persona avente diritto alla consegna costituisce, salvo prova contraria, presunzione che gli stessi sono stati consegnati in buono stato e conformemente al titolo di trasporto”.
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE • La convenzione di Varsavia specifica all’art. 18 che “il vettore è
responsabile del danno verificatosi in caso di distruzione, perdita o avaria dei bagagli registrati o di merci, quando l’avvenimento che ha causato il danno sia successo durante il trasporto aereo. Il trasporto aereo, comprende il periodo durante il quale i bagagli o le merci si trovano in custodia del vettore sia in aerodromo, sia a bordo d’un aeromobile sia in un posto qualsiasi in caso d’atterramento fuori d’un aerodromo.
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RESPONSABILITÀ DEL VETTORE Il periodo del trasporto aereo non comprende nessun trasporto terrestre, marittimo o fluviale, effettuato fuori d’un aerodromo. Tuttavia, quando un siffatto trasporto viene effettuato per eseguire il contratto di trasporto aereo a motivo del carico, della consegna o del trasbordo, ogni danno è presunto, salvo prova contraria, causato da un avvenimento accaduto durante il trasporto aereo”.
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE • Il vettore non è responsabile se riesce a dimostrare che: - egli ed i suoi preposti hanno preso tutte le misure necessarie per evitare il danno o che era loro impossibile di prenderle (art. 20 Conv. Varsavia); - la colpa della persona lesa abbia causato il danno o vi abbia contribuito (art. 21 Conv. Varsavia);
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE - che il danno è determinato dalla natura o dal vizio proprio della merce trasportata, se una clausola sulla Lettera di trasporto ha previsto tale tipo di esonero (art. 23.2 Conv. Varsavia). • Il vettore è inoltre esonerato da responsabilità se prova che il danno deriva esclusivamente da uno o più dei fatti seguenti (art. 18.2 Conv. Montreal):
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RESPONSABILITÀ DEL VETTORE a) difetto, natura o vizio intrinseco della merce; b) imballaggio difettoso della merce effettuato da persona diversa dal vettore o dai suoi dipendenti o incaricati; c) un evento bellico o un conflitto armato; d) un atto dell'autorità pubblica compiuto in relazione all'entrata, uscita o transito della merce.
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE
• • • • • •
TEMPISTICA PER LA DENUNCIA DEL DANNO (artt. 26.1 Conv. Varsavia e 31.2 Conv. Montreal) MERCE Il danno deve essere denunciato: Se apparente: al momento della consegna Se non è visibile o riscontrabile al momento della consegna: entro 14 giorni dalla ricezione. La denuncia deve essere effettuata per iscritto (art. 26.3 Conv. Varsavia, art. 31.3 Conv. Montreal); In mancanza di reclamo nei predetti termini, si estinguono le azioni nei confronti del vettore, salvo in caso di frode da parte di quest'ultimo. Termine di prescrizione: due anni per l’azione di responsabilità.
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE
• • • • •
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TEMPISTICA PER LA DENUNCIA DEL DANNO (artt. 26.1 Conv. Varsavia e 31.2 Conv. Montreal) BAGAGLI Il danno deve essere denunciato: Entro sette giorni per dichiarare lo smarrimento. La denuncia deve essere effettuata per iscritto (art. 26.3 Conv. Varsavia, art. 31.3 Conv. Montreal); In mancanza di reclamo nei predetti termini, si estinguono le azioni nei confronti del vettore, salvo in caso di frode da parte di quest'ultimo. Termine di prescrizione: due anni per l’azione di responsabilità.
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RESPONSABILITÀ DEL VETTORE
• • • • •
TEMPISTICA PER LA DENUNCIA DEL DANNO (artt. 26.1 Conv. Varsavia e 31.2 Conv. Montreal) RITARDATA CONSEGNA Il danno deve essere denunciato: Entro 21 giorni dalla ricezione per elevare riserve o formale protesta nei confronti del vettore; La denuncia deve essere effettuata per iscritto (art. 26.3 Conv. Varsavia, art. 31.3 Conv. Montreal); In mancanza di reclamo nei predetti termini, si estinguono le azioni nei confronti del vettore, salvo in caso di frode da parte di quest'ultimo. Termine di prescrizione: due anni per l’azione di responsabilità
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE • L’azione di risarcimento per perdite, avarie o ritardo può essere intentata solamente da: - mittente indicato sulla lettera di trasporto aereo; - destinatario indicato sulla lettera di trasporto aereo; - persone surrogate nei loro diritti (es. assicuratore).
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE • L'azione è promossa nel confronti del vettore o di chi lo rappresenta legalmente. • In caso di trasporti successivi, l'azione deve essere promossa nei confronti del primo o dell'ultimo vettore o nei confronti del vettore che ha effettuato il trasporto nel corso del quale si è verificato l'evento dannoso o la perdita o il ritardo. Tali vettori sono responsabili in solido (art. 30.3 Conv. Varsavia, art. 36 Conv. Montreal).
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RESPONSABILITÀ DEL VETTORE • Se l'azione è intentata nel confronti del preposto del vettore, questi beneficia della limitazione di responsabilità applicabile al vettore quando provi di aver agito nell'esercizio delle proprie funzioni (art. 25 Conv. Varsavia, art. 30 Conv. Montreal).
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE • L'azione per il risarcimento del danno è promossa, a scelta dell'attore, nel territorio di uno degli Stati contraenti le Convenzioni di Varsavia o Montreal (art. 28 Conv. Varsavia, art. 33 Conv. Montreal), e quindi davanti al tribunale: - del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività; - del luogo in cui esso possiede un'impresa che ha provveduto a stipulare il contratto;
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE - davanti al tribunale del luogo di destinazione. • Si applicano le norme procedurali del tribunale adito. • Sono nulle tutte le clausole che derogano queste disposizioni relative alla competenza.
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RESPONSABILITÀ DEL VETTORE LIMITAZIONE DI RESPONSABILITÀ • L’avente diritto, in caso di sinistro, viene indennizzato entro i limiti del “valore dichiarato” per il valore integrale del danno subito. • Il vettore risponderà in caso di danno entro il limite massimo della convenzione di Varsavia che prevede all’art. 22 “Nel trasporto di
bagagli registrati e di merci, la responsabilità del vettore è limitata alla somma di duecentocinquanta franchi per chilogrammo” (250
franchi francesi oro).
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE • L’art. 22.5. della Convenzione di Varsavia precisa che “le somme sono
considerate come riferentesi al franco francese costituito da sessantacinque milligrammi e mezzo d’oro fino, al titolo di novecento millesimi. Esse possono essere convertite in ogni moneta nazionale in cifra tonda”.
• Tale importo corrisponde a 17 DSP (Diritti Speciali di Prelievo) che corrispondono a circa 15 - 16 euro al kg.
RESPONSABILITÀ DEL VETTORE • In caso di perdita, di avaria o di ritardata consegna di una parte della spedizione viene preso in considerazione il peso totale del collo/i oggetto del reclamo. • Se la perdita, l’avaria di una parte della spedizione influenza il valore degli altri colli elencati nella stessa lettera di vettura viene preso in considerazione il peso totale di tutti i colli.
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LIMITI DI RESPONSABILITÀ • In sintesi: • CON DICHIARAZIONE DI VALORE: risarcimento integrale • SENZA DICHIARAZIONE DI VALORE: risarcimento di €. 15 -16/kg. Lordo; • COLPA GRAVE O DOLO DEL VETTORE: risarcimento integrale anche senza dichiarazione di valore; • VIZI DELLA MERCE E DIFETTI DI IMBALLAGGIO: nessun risarcimento.
ASSICURAZIONE • La lettera di vettura può diventare anche certificato assicurativo dei danni alle merci trasportate. Tale assicurazione non riguarda la responsabilità vettoriale. • Con l’assicurazione il mittente viene indennizzato per il valore da egli ritenuto congruo che non necessariamente corrisponde a quello indicato in fattura. In tale caso basterebbe fornire la “dichiarazione di valore”.
ASSICURAZIONE • Il rischio di danno da trasporto viene trasferito per mezzo del contratto di assicurazione da colui che detiene un interesse assicurabile all’assicuratore che, ex art 1882 c.c., si obbliga a rivalere l’assicurato, verso pagamento di un premio ed entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro. • Sono assicurabili solo i danni materiali diretti subiti dalle merci. • I valori da assicurare devono essere concretamente ed oggettivamente determinabili.
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
ASSICURAZIONE • Nella determinazione della garanzia in un contratto di assicurazione trasporti va calcolato, volta per volta, il rischio per l’assicurazione che varia a seconda di: - valore, numero di colli e natura delle merci; - itinerario seguito e mezzo di trasporto usato; - la situazione politica e la tipologia del Paese di destinazione; - il magazzinaggio; - le condizioni di copertura richieste e la presenza di eventuali franchigie.
ASSICURAZIONE • L’assicurazione trasporti in caso di danno risarcisce come valore massimo quello della merce allo stato sano nel luogo di destinazione o il valore per il quale l’assicurato è effettivamente esposto. • Il valore assicurabile deve essere correttamente determinato. Sarebbe inutile dichiarare all’assicurazione valori superiori a quelli effettivi, e quindi pagare un premio superiore poiché in caso di danno viene sempre riconosciuto solo il valore assicurabile: - per intero, se il danno in questione è totale; - proporzionalmente alla perdita, se esso è parziale.
ASSICURAZIONE • Nel calcolo del valore assicurabile oltre al valore della merce devono essere aggiunte tutte le spese accessorie: - imballaggio; - dogana; - nolo; - premio assicurativo; - altre spese sostenute per rendere la merce nel luogo di destinazione finale.
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ASSICURAZIONE • Deve essere anche aggiunta una percentuale di utile sperabile e possibilmente derivante dalla vendita della merce, utile non più realizzabile in seguito al verificarsi del sinistro o dell’avaria (normalmente tale ricarico è del 10 per cento, ma può essere anche superiore). • In materia di liquidazione deve essere conteggiato anche il corrispettivo dovuto al professionista indipendente che si occupa di periziare la merce oggetto di sinistro.
INCOTERMS • Sono delle regole internazionali per l'interpretazione dei termini commerciali fissati dalla Camera di Commercio Internazionale. • Riguardano più specificatamente la ripartizione dei costi e dei rischi nella consegna della merce. • Il loro uso è facoltativo ma se adottati acquistano forza di norma inderogabile. • La parola INCOTERMS deriva dalla contrazione dei termini inglesi: INternacional COmmercial TERMS.
INCOTERMS • Nei contratti internazionali di compravendita devono essere definiti i seguenti elementi: - costi di trasporto; - luogo e modalità di consegna (al vettore incaricato o al destinatario) delle merci; - il luogo, il tempo e le modalità di trasferimento dei rischi di trasporto dal venditore al compratore; - il riparto degli oneri accessori (emissione di documentazione, caricazione, scaricazione, operazioni doganali, pesatura, ecc. art. 1737 c.c.)
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INCOTERMS • Quando vengono effettuate delle transazioni commerciali internazionali, deve essere precisato il luogo dove si consegna delle merci. Questo luogo, definito precedentemente tra l'esportatore e l'importatore, deve essere indicato nel contratto di compravendita internazionale.
INCOTERMS • Per indicare come verrà effettuata la consegna delle merci, il contratto potrebbe essere fatto in due modi: • 1) definendo il più esattamente possibile: - il luogo della consegna; - chi effettuerà il trasporto fino al punto determinato; - chi si assumerà il rischio; - chi deve dare luogo alle procedure di esportazione e/o importazione; - ecc.
INCOTERMS 2) utilizzando gli INCOTERMS • I 13 termini INCOTERMS della versione 2000 sono suddivisi in 4 gruppi: • Gruppo E - (derivato da ex, partenza); • Gruppo F - (derivato da Free, trasporto non pagato); • Gruppo C - (derivato da Cost, trasporto pagato in partenza); • Gruppo D - (Derivato da Destination, arrivo).
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INCOTERMS • -
Ciascuno di loro definisce chiaramente gli obblighi dell'esportatore e dell'importatore; la consegna del materiale; la responsabilità di rischio della merce durante il trasporto; la distribuzione dei costi associati all'esportazione; la documentazione necessaria.
INCOTERMS • • • • •
SONO APPLICABILI AL TRASPORTO AEREO FCA: Franco vettore nel luogo convenuto. CPT: Trasporto pagato fino al luogo di destinazione convenuto. CIP: Trasporto e assicurazione pagati fino al luogo di destinazione convenuto. DDU: Reso non sdoganato nel luogo di destinazione convenuto. DDP: Reso sdoganato nel luogo di destinazione convenuto.
FCA Franco vettore nel luogo convenuto • Il Venditore consegna la merce, sdoganata all’esportazione, al vettore designato dal Compratore, nel luogo pattuito. • Se la consegna avviene nei locali del Venditore, quest’ultimo è responsabile del caricamento della merce sui mezzi di trasporto forniti dal vettore. • Se la consegna avviene in qualsiasi altro luogo, il Venditore non è responsabile per lo scaricamento della merce dai propri mezzi di trasporto.
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
FCA Franco vettore nel luogo convenuto • Questa clausola non prevede obblighi per quanto riguarda la stipulazione del contratto di assicurazione.
FCA Franco vettore nel luogo convenuto Principali adempimenti del Venditore • Procurare la licenza di esportazione o altre autorizzazioni ufficiali e assolvere le formalità doganali per l’esportazione. • Stipulare, a richiesta del Compratore, il contratto di trasporto. • Consegnare la merce al vettore o allo spedizioniere/vettore. • Fornire al Compratore il documento di prova di avvenuta consegna della merce.
FCA Franco vettore nel luogo convenuto • Consegnare la merce in un posto di sua scelta (entro però i limiti della zona concordata con il Compratore) presso cui avverrà la consegna al vettore, qualora il luogo non sia stato reso noto dal Compratore stesso.
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FCA Franco vettore nel luogo convenuto Principali adempimenti del Compratore • Procurare la licenza di importazione o altre autorizzazioni ufficiali e assolvere le formalità doganali per l’importazione • Comunicare al Venditore il nome del vettore o spedizioniere/vettore designato e il luogo per la presa in consegna della merce e stipulare il contratto di trasporto. • Sopportare oneri e rischi dal momento in cui la consegna è perfezionata.
FCA Franco vettore nel luogo convenuto • Sopportare rischi di danni alle merci per l’eventuale ritardo nella presa in consegna dovuti alla errata, ritardata od omessa comunicazione al Venditore del nome del vettore e del luogo di consegna e alla modalità di trasporto e all’eventuale ritardo del vettore.
CPT TRASPORTO PAGATO FINO A (… LUOGO DI DESTINAZIONE CONVENUTO) • Il Venditore consegna la merce al vettore da lui designato. • Egli sopporta tutte le spese relative al trasporto della merce fino al luogo di destinazione pattuito ed è a suo carico anche lo sdoganamento della merce all’esportazione. • Sono a carico del Compratore tutti i rischi di perdita o danneggiamento della merce, così come le altre spese verificatesi a partire dal momento della sua consegna al vettore.
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
CPT TRASPORTO PAGATO FINO A (… LUOGO DI DESTINAZIONE CONVENUTO) • Nel caso in cui per trasportare la merce si utilizzino più vettori, la consegna si intende effettuata quando la merce è stata consegnata al primo vettore. • Nel termine CPT lo sdoganamento della merce all'esportazione è a carico del venditore.
CPT TRASPORTO PAGATO FINO A (… LUOGO DI DESTINAZIONE CONVENUTO) • • • •
PRINCIPALI ADEMPIMENTI DEL VENDITORE Procurare la licenza di esportazione o altre autorizzazioni ufficiali e assolvere le formalità doganali per l’esportazione. Concludere un contratto di trasporto e pagare il nolo fino al luogo di destinazione convenuto. Consegnare la merce, sdoganata all’esportazione, al vettore o al primo vettore in un trasporto intermodale. Fornire i documenti di trasporto e commerciali.
CPT TRASPORTO PAGATO FINO A (… LUOGO DI DESTINAZIONE CONVENUTO) PRINCIPALI ADEMPIMENTI DEL COMPRATORE • Procurare la licenza di importazione o altre autorizzazioni ufficiali e assolvere le formalità doganali per l’importazione. • Accettare la consegna della merce messagli a disposizione dal Venditore presso il primo vettore e quando i documenti gli sono stati presentati. • Ricevere la merce dal vettore nel luogo di destinazione convenuto.
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CIP TRASPORTO E ASSICURAZIONE PAGATI FINO A (… luogo di destinazione)
• Il Venditore consegna la merce al vettore da lui designato. • Egli sopporta tutte le spese relative al trasporto della merce fino al luogo di destinazione pattuito ed è a suo carico anche lo sdoganamento della merce all’esportazione. • Sono a carico del Compratore tutti i rischi di perdita o danneggiamento della merce, così come le altre spese supplementari verificatesi a partire dal momento della sua consegna al vettore.
CIP TRASPORTO E ASSICURAZIONE PAGATI FINO A (… luogo di destinazione)
• Qualora ci si avvalga di più vettori, i rischi passano al momento della consegna della merce al primo di essi. Il Venditore, tuttavia, ha l’obbligo di fornire una copertura assicurativa minima contro in rischio del compratore di perdita o danneggiamento della merce durante il trasporto.
CIP TRASPORTO E ASSICURAZIONE PAGATI FINO A (… luogo di destinazione)
• Il Venditore, quindi, deve stipulare un contratto di assicurazione e pagare il relativo premio. • Qualora il Compratore desideri avere una copertura assicurativa più estesa di quella minima, dovrà alternativamente stipulare egli stesso una assicurazione aggiuntiva o raggiungere un accordo esplicito in merito con il Venditore.
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
CIP TRASPORTO E ASSICURAZIONE PAGATI FINO A (… luogo di destinazione)
PRINCIPALI ADEMPIMENTI DEL VENDITORE • Procurare la licenza di esportazione o altre autorizzazioni ufficiali e assolvere le formalità doganali per l’esportazione. • Concludere un contratto di trasporto e pagare il nolo fino al luogo di destinazione convenuto. • Consegnare la merce, sdoganata all’esportazione, al vettore o al primo vettore in un trasporto intermodale. • Fornire i documenti di trasporto e commerciali • Stipulare un contratto di assicurazione sulla merce a condizioni tali da attribuire al Compratore il diritto di agire direttamente contro l’assicuratore.
CIP TRASPORTO E ASSICURAZIONE PAGATI FINO A (… luogo di destinazione) PRINCIPALI ADEMPIMENTI DEL COMPRATORE • Procurare la licenza di importazione o altre autorizzazioni ufficiali e assolvere le formalità doganali per l’importazione. • Accettare la consegna della merce messagli a disposizione dal Venditore presso il primo vettore e quando i documenti gli sono stati presentati. • Ricevere la merce dal vettore nel luogo di destinazione convenuto.
DDU RESO NON SDOGANATO (…luogo di destinazione convenuto) • Il Venditore consegna la merce, non sdoganata all’importazione e non scaricata da qualsiasi mezzo di trasporto, al Compratore nel luogo di destinazione pattuito. • Gravano sul Venditore i rischi e le spese per far giungere la merce in tale luogo, eccettuati gli oneri per l’importazione nel paese di destinazione.
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DDU RESO NON SDOGANATO (…luogo di destinazione convenuto)
• Tali oneri, infatti, sono a carico del Compratore, così come tutte le spese supplementari e i rischi derivanti dal mancato sdoganamento della merce all’importazione nel tempo dovuto.
DDU RESO NON SDOGANATO (…luogo di destinazione convenuto)
PRINCIPALI ADEMPIMENTI DEL VENDITORE • Procurare la licenza di esportazione o altre autorizzazioni ufficiali e assolvere le formalità doganali per l’esportazione. • Consegnare la merce, sdoganata all’esportazione, non scaricata da qualsiasi mezzo di trasporto, nel luogo convenuto nel paese di destinazione. • Fornire al Compratore la documentazione necessaria a svincolare la merce e prenderla in consegna dal luogo convenuto.
DDU RESO NON SDOGANATO
(…luogo
di destinazione convenuto)
PRINCIPALI ADEMPIMENTI DEL COMPRATORE • Procurare la licenza di importazione o altre autorizzazioni ufficiali e assolvere le formalità doganali per l’importazione. • Svincolare e prendere in consegna la merce dal luogo convenuto nel paese di importazione (destinazione).
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Contratto di trasporti aereo. Incoterms
DDP RESO SDOGANATO
(…luogo di destinazione convenuto) • Il Venditore consegna la merce, sdoganata all’importazione e non scaricata da qualsiasi mezzo di trasporto, al Compratore nel luogo di destinazione pattuito. • Il Venditore sopporta i rischi e le spese per poter effettuare la consegna della merce in detto luogo, compreso qualsiasi eventuale onere per l’importazione nel paese di destinazione.
DDP RESO SDOGANATO
(…luogo di destinazione convenuto) PRINCIPALI ADEMPIMENTI DEL VENDITORE • Procurare la licenza di esportazione e di importazione o altre autorizzazioni ufficiali e assolvere tutte le relative formalità doganali. • Consegnare la merce, sdoganata all’esportazione e all’importazione, non scaricata da qualsiasi mezzo di trasporto, nel luogo convenuto del paese di destinazione. • Fornire al Compratore la documentazione necessaria a svincolare al merce e per prenderla in consegna dal luogo convenuto.
DDP RESO SDOGANATO
(…luogo di destinazione convenuto) PRINCIPALI ADEMPIMENTI DEL COMPRATORE • Svincolare e prendere in consegna la merce dal luogo convenuto del paese di importazione (destinazione). • Assistere il Venditore, a richiesta e spese di quest’ultimo, nell’ottenimento della licenza di importazione o altre autorizzazioni ufficiali.
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