Fiscalità internazionale Esterovestizione: le regole sulla presunzione di residenza della società di Ignazio La Candia*
Il Decreto Legge del 4 luglio 2006, n.223 (Decreto Bersani) all’art.35, co.13, ha introdotto nel nostro ordinamento una presunzione legale relativa in base alla quale si presume esistente in Italia la sede dell’amministrazione di società (ovvero enti), formalmente costituite all’estero, ma nella sostanza amministrate e gestite da soggetti italiani9. In particolare, sono stati introdotti nell’art.73 del Tuir10, il co.5-bis e il co.5-ter, i quali dispongono che:
co.5-bis
salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’art.2359, co.1 c.c., nei soggetti di cui alle lett.a) e b) del co.1 dell’art.73 se, in alternativa: sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’art.2359, co.1 c.c., da soggetti residenti nel territorio dello Stato; sono amministrati da un CdA, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
co.5-ter
ai fini della verifica della sussistenza del controllo, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o del periodo di gestione del soggetto estero controllato.
Tale normativa che si applica a decorrere, per la generalità dei soggetti, dal periodo di imposta 2006, a giudizio della nostra Amministrazione Finanziaria (C.M. n.28/06), persegue (probabilmente in maniera eccessivamente sproporzionata) l’obiettivo di migliorare l’efficacia dell’azione di contrasto nei confronti delle pratiche elusive: ! facilitando il compito dei verificatori nell’accertamento degli elementi di fatto per la determinazione della sede dell’amministrazione effettiva delle società; * 9
10
Dottore commercialista e Revisore contabile – Studio Pirola Pennuto Zei & Associati Cfr., in dottrina, A.Ballancin, “Note in tema di esterovestizione societaria tra i criteri costitutivi della nozione di residenza fiscale e l’interposizione elusiva di persona”, in Riv.Dir.Trib., 2008, I, pagg.975 e ss.; E.M.Bagarotto, “La residenza delle società nelle imposte dirette alla luce della presunzione di “esterovestizione””, in Riv.Dir.Trib., 2008, I, pagg.1155 e ss.; E.Iascone, “La residenza fiscale delle società: il caso delle holding di partecipazioni”, in Riv.Dir.Trib., 2008, V, pagg.173 e ss.; M.Antonini, “Un’ulteriore presunzione in tema di residenza fiscale di società ed enti: l’Amministrazione Finanziaria ancora una volta sollevata (parzialmente) dall’onere probatorio”, in Riv.Dir.Trib., 2009, V, pag.49 e ss.; D.Stevanato, “La presunzione di residenza delle società esterovestite: prime riflessioni critiche”, in Corr.Trib., 2006, pagg.2952 e ss.; R.Rizzardi, R.Lugano, E.M.Simonelli, “La residenza fiscale delle società tra esterovestizioni e nuove presunzioni attrattive”, in Rivista dei Dott. Comm., 2006, pagg.1107 e ss.; G.Marino, R.Lupi, “Quale valore sistematico per le nuove disposizioni sulla residenza in Italia delle “holding estere”?” in Dialoghi Dir.Trib., 2006, pagg.1013 e ss.. Come noto, l’art.73 del Tuir - rubricato Soggetti passivi - disciplina al co.3 la residenza fiscale dei soggetti passivi Ires. Sul concetto di residenza, cfr. in dottrina, senza pretesa di esaustività, G.Maisto, “Brevi riflessioni sul concetto di residenza fiscale di società ed enti nel diritto interno e convenzionale”, in Dir.Prat.Trib., I, 1988, pagg.1358 e ss; G.Marino, “La residenza nel diritto tributario”, Padova 1999, pagg.8 ss.; dello stesso Autore, “La residenza”, in AA.VV. “Diritto tributario internazionale”, coordinato da V.Uckmar, Padova 2005, pagg.359 ss.; R.Schiavolin, “I soggetti passivi”, in AA.VV., “L’imposta sul reddito delle persone giuridiche. Imposta locale sui redditi, in Giurisprudenza sistematica di diritto tributario”, a cura di F.Tesauro, Torino 1996, pagg.99 ss.; G.Fransoni, “Concetto di residenza: prevalenza degli aspetti sostanziali”, Nota a CTP Verona, sent. n.24 del 28 aprile 2005, in Bollettino Tributario d’Informazioni, 2006, XXI, pagg.1743 e ss..
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valorizzando gli aspetti certi, concreti e sostanziali della fattispecie, in luogo di quelli formali, in conformità al c.d. principio della “substance over form” (prevalenza della sostanza sulla forma) utilizzato in campo internazionale. L’Amministrazione Finanziaria ha commentato le novità introdotte nella C.M. n.28/06, nella C.M. n.11/07 e nella R.M. n.312/07. L’Assonime ha fornito importanti chiarimenti nella Circolare n.67/07. Lo schema societario tipico contemplato dalla norma è il seguente: Esempio n.1 Prima fattispecie presuntiva BETA Società con sede in uno Stato UE
ALFA Spa controllo diretto o indiretto (controllo passivo)
controllo diretto (controllo attivo)
GAMMA Spa
Esempio n.2 Seconda fattispecie presuntiva ALFA Società con sede in uno Stato UE controllo
BETA Società con sede in uno Stato UE Maggioranza Amministratori residenti in Italia controllo diretto
GAMMA Spa
In tali due fattispecie presuntive (che operano alternativamente), a giudizio del nostro Legislatore, è particolarmente evidente l’esistenza di un attendibile, nonché stabile, collegamento territoriale della società estera con il nostro Paese. Alcune osservazioni sul requisito del controllo Nell’esempio n.1 si ritiene esistente in Italia la sede dell’amministrazione di Beta quando quest’ultima detenga il controllo diretto di Gamma Spa (società italiana) e sia a sua volta controllata, anche indirettamente, da Alfa Spa (società italiana). Il controllo di Beta su Gamma Spa - c.d. controllo attivo - può essere solo diretto e deve essere esercitato ai sensi del co.1 dell’art.2359 c.c., il quale, come noto, prevede tre fattispecie di controllo: controllo di diritto
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che si configura quando la società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della società controllata;
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controllo di fatto
esistente quando la società dispone dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria della società controllata;
controllo in base a vincoli contrattuali
che si ha quando una società esercita un’influenza dominante su un’altra, in base a particolari vincoli contrattuali, ossia in base a contratti o clausole statutarie.
Inoltre, poiché il co.5-bis dell’art.73 del Tuir fa esplicito riferimento alla detenzione, da parte della società o ente estero, di partecipazioni di controllo va ritenuto che detto controllo deve essere esercitato tramite la detenzione di un possesso partecipativo nel soggetto italiano. Ne consegue, quindi, che la nozione di controllo attivo rilevante è solamente quella di cui ai nn.1) e 2) del co.1 dell’art.2359 c.c. e, pertanto, rilevano esclusivamente le fattispecie di controllo di diritto e di fatto. Il controllo di Alfa Spa su Beta, c.d. controllo passivo, deve essere esercitato, anche indirettamente, ai sensi del co.1 dell’art.2359 c.c. e, quindi, secondo le tre fattispecie di controllo in precedenza menzionate. Tuttavia, a differenza di quanto osservato in relazione al c.d. controllo attivo, poiché nella norma non viene operato nessun riferimento alla detenzione di partecipazioni e, quindi, al possesso partecipativo, tale controllo oltre che di diritto, ovvero di fatto, può essere esercitato sul soggetto estero anche in base a particolari vincoli contrattuali. Ne consegue, quindi, che il concetto di controllo passivo, proprio perché comprendente anche l’ipotesi di controllo esercitato in base a particolari vincoli contrattuali, risulta essere molto più ampio di quello di controllo attivo. Per espressa previsione normativa, il controllo passivo della società non residente da parte del soggetto residente, esercitato secondo le caratteristiche in precedenza commentate, può essere non solo diretto, ma anche indiretto. Patto parasociale e art.2359 c.c. Pur nella consapevolezza di non poter esaurire la questione in queste brevi osservazioni11, si ritiene che, anche qualora si disponga della maggioranza assoluta dei diritti di voto, l’esistenza di un patto parasociale (quali ad esempio i sindacati di voto12 o di blocco) che di fatto impedisce (e non semplicemente limita) ad una società di esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria di un’altra società, non dovrebbe far ritenere operante la presunzione di esterovestizione in commento13. In altri termini, nel primo esempio proposto, l’esistenza di un patto parasociale che impedisce ad Alfa Spa di determinare in modo unilaterale l’indirizzo operativo di Beta in autonomia rispetto ad altri soci di minoranza di Beta, dovrebbe rendere inoperante la presunzione in esame. In questo caso, infatti, il pacchetto azionario posseduto da Alfa Spa in Beta, pur essendo rappresentativo di un rapporto di controllo civilistico di diritto non ha la capacità di orientare la volontà
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Cfr., in dottrina, per un’analisi approfondita della dinamica dei patti parasociali, F.Bonelli, P.J.Jaeger, “Sindacati di voto e sindacati di blocco”, Giuffrè, Milano, 1993. Il sindacato di voto è una fattispecie dei patti parasociali, attraverso la quale i soci dispongono, in modo separato, dei diritti a loro derivanti dallo status di socio; in particolare, si è fatto esplicito riferimento ai sindacati di voto nell’art.23 del Testo Unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. n.385/93), nell’art.26, co.2, del D.Lgs. n.127/91, in tema di redazione del Bilancio Consolidato, nell’art.10, co.2, della L. n.20/91 in tema di società assicurative e nell’art.93 del D.Lgs. n.58/98 in tema di società quotate. Tra l’altro, si tenga presente che negli accertamenti compiuti in tema di esterovestizione societaria i verificatori tendono sempre più a valorizzare gli aspetti certi, concreti e sostanziali della fattispecie, in luogo di quelli formali, in conformità al principio della “substance over form”.
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dell’assemblea ordinaria di Beta14. Analoghe conclusioni dovrebbero valere anche con riferimento al c.d. controllo attivo esercitato da Beta su Gamma Spa. A tal fine, possiamo richiamare la Comunicazione Consob DAC/98076144 del 28 settembre 1998 relativa al consolidamento della partecipazione nella Banca Popolare di Spoleto da parte della Spoleto-Crediti e Servizi. In tale fattispecie, la Spoleto-Crediti e Servizi, benché possedesse la maggioranza assoluta dei diritti di voto, non era stata ritenuta controllante della banca popolare, in quanto erano stati stipulati dei patti parasociali che impedivano, e non semplicemente limitavano, alla Spoleto-Crediti e Servizi di esercitare un’influenza dominante sia nelle assemblee che nel Consiglio di Amministrazione della Banca popolare. Va, comunque, osservato che l’Amministrazione Finanziaria nella recente R.M. n.245/09, interpretando il requisito del controllo rilevante nell’ambito della disciplina del Consolidato Fiscale Nazionale, ha ritenuto (ad avviso di chi scrive in maniera non del tutto condivisibile) che il requisito del controllo di diritto di cui al n.1, co.1, dell’art.2359 c.c. (richiamato dall’art.117 del Tuir) deve essere verificato a prescindere dalla reale influenza decisionale all’interno del gruppo da parte di una società e senza tenere conto di quanto disposto da determinate clausole statutarie che, nello specifico, potrebbero assegnare il controllo di fatto ad un socio di minoranza. In altri termini, l’eventuale impossibilità, di fatto, del soggetto controllante di diritto di esercitare il potere di determinare in modo unilaterale ed autonomo le scelte gestionali della società consolidata e di imporre definitivamente ed autonomamente la propria volontà nell’organo assembleare di quest’ultima, non costituisce causa ostativa all’attivazione del regime del Consolidato Fiscale Nazionale, qualora, come nel caso di specie, detto soggetto detenga una partecipazione cui corrisponde la maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria della società partecipata. Il caso particolare delle società fiduciarie Rientra nel concetto di controllo diretto anche l’ipotesi in cui le partecipazioni sono detenute per il tramite di società fiduciarie, le quali operano in qualità di mandatarie senza rappresentanza degli effettivi titolari delle partecipazioni. Tali società sono considerate nel nostro ordinamento trasparenti ai fini fiscali. In particolare, come chiarito dall’Amministrazione Finanziaria, nelle R.M. n.136/06, n.37/06 e n.49/04, nonostante l’intestazione fiduciaria il soggetto passivo è il fiduciante. Verifica del requisito del controllo Come in precedenza osservato, il co.5-ter dell’art.73 del Tuir dispone che, ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al co.5-bis, rileva la situazione esistente alla data della chiusura dell’esercizio, ovvero del periodo di gestione, del soggetto estero controllato. Tale verifica si basa su un elemento estremamente puntuale, dovendosi fare riferimento alla sussistenza del controllo alla chiusura del periodo d’imposta del soggetto estero partecipato. Tale elemento soffre di una notevole rigidità che, tra l’altro, non è dato riscontrare con riferimento alla seconda fattispecie presuntiva, fondata sulla residenza degli amministratori del soggetto estero, per cui è stato chiarito che questi devono essere residenti nel nostro Paese
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Cfr., in tal senso, la Comunicazione Consob DEM/3074183 del 13 novembre 2003 avente ad oggetto la qualificazione dei rapporti partecipativi che intercorrevano tra Pirelli Spa e Olimpia Spa, nonché tra quest’ultima e Olivetti Spa, con riguardo al periodo che ha preceduto la fusione per incorporazione di Holy Spa in Olimpia e la fusione per incorporazione di Telecom Italia in Olivetti. In tale Comunicazione è stato ritenuto che la situazione di controllo di diritto di cui all’art.2359, co.1, n.1, c.c. dipende dalla capacità del pacchetto azionario posseduto di orientare la volontà dell’assemblea ordinaria della società partecipata.
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per la maggior parte del periodo d’imposta15. L’aver collegato la verifica del requisito del controllo ad un dato puntuale, qual è appunto la data di chiusura dell’esercizio o del periodo di gestione del soggetto estero controllato, non equivale a dire, infatti, né che il controllo nel soggetto estero e di quest’ultimo nel soggetto italiano avviene per la maggior parte del periodo d’imposta (requisito questo che, a mio avviso, dovrebbe ricorrere per rendere operante la presunzione di esterovestizione), né che il collegamento del soggetto estero con il nostro Paese è particolarmente evidente e continuativo. Va, comunque, osservato che - forse con qualche incoerenza di fondo con il dato normativo - la C.M. n.28/06, nel commentare il requisito del controllo con riferimento alla prima fattispecie presuntiva, ha chiarito che “nel suo complesso la previsione normativa vale a circoscrivere l’inversione dell’onere della prova alle ipotesi in cui il collegamento con il territorio dello Stato è particolarmente evidente e continuativo”.
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Con riferimento a tale fattispecie presuntiva, la C.M. n.11/07 ha chiarito che “la società, inoltre, sarà considerata fiscalmente residente in Italia qualora, per la maggior parte del periodo d’imposta, risulti prevalentemente amministrata da consiglieri residenti nel territorio dello Stato”.
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