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internazionale Modifiche alla disciplina CFC di Ignazio La Candia e Stefano Tronconi
l D.L. n. 78/2009, al fine di contrastare l’evasione fiscale internazionale realizzata tramite fittizia localizzazione dell’attività d’impresa in paradisi fiscali, ha novellato la normativa, ai fini delle imposte sui redditi, delle imprese controllate e collegate estere (cd. disciplina CFC), modificando una delle circostanze esimenti ed estendendo la disciplina anche alle società comunitarie. A seguito di tali modifiche, l’accesso a regimi che possono favorire disparità di trattamento fiscale, anche con particolare riferimento alle operazioni infragruppo, viene subordinato ad una verifica di effettività sostanziale.
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Il legislatore, a mezzo del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (cd. decreto «anticrisi»), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha radicalmente modificato, a pochi anni dalla sua introduzione (1), la normativa italiana sulle imprese controllate, nonché collegate, estere (cd. disciplina CFC) di cui agli artt. 167 e 168 del T.U.I.R.; in particolare, con l’approvazione della legge di conversione del D.L. n. 78/2009 sono divenute definitive le stringenti modifiche apportate dall’art. 13 di detto decreto (rubricato «Contrasto agli arbitraggi fiscali internazionali») alla normativa in commento. Le finalità della novella legislativa sono rinvenibili, come si legge nella relazione illustrativa alle nuove norme introdotte, nella volontà di armonizzare la normativa italiana con quanto disposto in altri ordinamenti europei allo scopo di evitare, ovvero contrastare, indebiti arbitraggi fiscali. In altri termini, l’art. 13 del D.L. n. 78/2009, in linea con quanto disposto dall’art. 12 dello stesso decreto (2), prevede specifiche disposizioni finalizzate a contrastare l’evasione fiscale internazionale realizzata tramite fittizia localizzazione dell’attività d’impresa in paradisi fiscali. Ne consegue che l’accesso a regimi che possono favorire disparità di trattamento fiscale, anche con particolare riferimento alle operazioni infragruppo, viene subordinato ad una verifica di effettività sostanziale (3). Modifica alla prima circostanza esimente L’art. 13, comma 1, lett. a), del D.L. n. 78/2009 ha modificato l’esimente di cui alla lett. a) del comma 5 dell’art. 167 del T.U.I.R., al ricorrere della
quale la normativa in commento non trova applicazione; in particolare, è stato disposto che tale circostanza esimente ricorre qualora la società controllata estera residente, ovvero localizzata, in un paradiso fiscale svolge un’effettiva attività industriale o commerciale come sua principale attività nel mercato dello Stato o nel territorio di insediamento. Appare evidente, quindi, l’attenzione posta dal legislatore al mercato locale, ossia al mercato dello Stato o territorio nel quale la società controllata estera è insediata. La vecchia formulazione della lett. a) del comma 5 dell’art. 167 del T.U.I.R. prevedeva la non applicazione del regime CFC quando il soggetto con-
Ignazio La Candia e Stefano Tronconi - Studio Pirola, Pennuto, Zei & Associati (*) Note: (*) Si ringrazia per la fattiva collaborazione alla stesura del presente articolo la Dott.ssa Silvia Lancini dell’Ufficio Studi dello Studio Pirola, Pennuto, Zei & Associati, Milano. (1) La disciplina in oggetto è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 21 novembre 2000, n. 342 (collegato alla legge Finanziaria 2001). L’OCSE ha fortemente raccomandato gli Stati membri ad adottare nei loro ordinamenti normative CFC nelle Raccomandazioni n. 1 e n. 10 contenute nel Rapporto OCSE del 1998 «Harmful Tax Competition: An Emerging Global Issue». (2) Cfr. art. 12 del D.L. n. 78/2009, rubricato, «Contrasto ai paradisi fiscali». (3) Cfr. art. 13, comma 1, del D.L. n. 78/2009 e la Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee del 10 dicembre 2007, COM (2007) 785 def. - rubricata «L’applicazione di misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta - all’interno dell’UE e nei confronti dei Paesi Terzi», in particolare, il par. 2. Cfr. anche le Osservazioni del tavolo interassociativo Abi-Ania-AssonimeConfindustria (Note e Studi 15/2009) rubricato «Commenti in relazione all’articolo 13 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78».
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tività industriali di produziotrollante residente dimostrava Prova dell’effettivo ne di beni nello Stato con reche la società controllata radicamento economico gime fiscale privilegiato sodestera svolgeva un’effettiva La prova dell’effettivo radicamento disfa comunque la condizioattività industriale o commereconomico della struttura estera con lo ne dell’esimente anche se il ciale come sua principale atStato estero di insediamento dovrebbe mercato (di approvvigionatività nello Stato o territorio essere fornita solamente dimostrando mento e di sbocco) non è lonel quale aveva la propria sel’esistenza di una idonea struttura calizzato in quello Stato o de (4); ne deriva che, a diffeproduttiva, di per sé espressiva di una area geografica. Diversamenrenza della previgente formusostanza economica reale te, si penalizzerebbe la delolazione, ora viene richiesto dell’insediamento estero; per contro, calizzazione delle attività un radicamento non solo geola dimostrazione da parte del produttive di gruppi italiani grafico ma anche economico soggetto italiano della sussistenza di in Paesi maggiormente comcon lo Stato estero di insediaelementi di collegamento di carattere petitivi sotto il profilo indumento. Pertanto, dal confroneconomico, politico, geografico o striale (ad esempio, per mito di tali disposizioni normastrategico, e quindi di una nor costo del lavoro o knowtive, appare evidente che la connessione extra-tributaria, della how nella produzione di parvalutazione relativa alla susstruttura estera con il Paese ospitante ticolari beni). Pertanto il risistenza della circostanza esirenderebbe eccessivamente ferimento al mercato rilevanmente in parola si caratterizsproporzionata la disciplina CFC. te dovrebbe riguardare solo za per un ben più ampio marle attività commerciali e non gine di discrezionalità rispetanche quelle industriali». to al passato; è profondamente diverso, infatti, veAltri Autori (8) hanno ritenuto che il mercato deve rificare se una data impresa ha una struttura mateessere interpretato non solo avendo come presupriale in un dato territorio rispetto alla valutazione posto il dato numerico delle vendite o degli acquidel grado di radicamento economico. Al riguardo, sti effettuati all’interno dell’area considerata, ma, si ritiene opportuno osservare che diversi sono gli più in generale, anche in base ad elementi politici, elementi che devono essere presi in consideraziostrategici e normativi; infine, altra dottrina (9) ha ne al fine di provare l’effettivo radicamento della ritenuto che il mercato dovrebbe essere inteso cosocietà controllata nello Stato o territorio estero; in particolare, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che questo può essere provato dimostrando Note: che la società controllata estera partecipa in modo (4) Cfr. circolare 12 febbraio 2002, n. 18/E e risoluzioni 31 ottobre 2002, n. 343/E; 19 dicembre 2002, n. 386/E; 19 dicembre stabile e continuativo alla vita economica dello 2002, n. 389/E e 5 maggio 2008, n. 187/E, tutte in Banca Dati BIG, Stato o del territorio estero ospitante, ossia che è IPSOA. rinvenibile un nesso politico, economico, geogra(5) Cfr. le risoluzioni 8 aprile 2009, n. 100/E; 10 novembre 2008, fico, ovvero strategico dell’attività della società n. 427/E e 22 giugno 2009, n. 165/E, tutte in Banca Dati BIG, IPSOA. controllata estera con lo Stato estero (5). Definizione di mercato locale Appare di estrema importanza definire il concetto di mercato locale; a tal fine, autorevole dottrina (6) ha ritenuto che, conformemente a quanto già espresso dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione 26 maggio 2009, n. 128/E (7), «il riferimento al mercato dello Stato o territorio di insediamento potrebbe essere sostituito con un più ampio richiamo al mercato regionale di riferimento cui appartiene lo Stato o territorio di insediamento. Inoltre, sarebbe opportuno prevedere che l’esercizio di at-
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(6) Cfr., in dottrina, G. Maisto, «Controllate estere poco allineate», in Il Sole - 24 Ore dell’8 luglio 2009, pag. 29. (7) In Banca Dati BIG, IPSOA. In particolare, in detta risoluzione è stata fornita una definizione più estesa di mercato di riferimento al fine di ricomprendere il mercato regionale e l’area geografica economica adiacente (ad esempio, Sud Est Asiatico per Hong Kong e Singapore). A tal fine, ci auspichiamo che tale interpretazione possa essere in futuro confermata dalla nostra Amministrazione finanziaria. (8) Cfr., in dottrina, R. Giorgetti e B. Santacroce, «La lotta all’evasione punta alle controllate nei paradisi fiscali», in Il Sole - 24 Ore del 25 luglio 2009, pag. 4. (9) Cfr., in dottrina, G. Rolle, «La stretta sulle “Cfc” scatta su due vie», in Il decreto anti-crisi/Lo scudo fiscale, Le Guide Norme e Tributi, in Il Sole - 24 Ore del 7 agosto 2009, pagg. 14 ss.
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internazionale me il complesso delle relazioni economiche e locali, ovvero delle peculiarità del settore, valorizzando fattori quali le fonti di approvvigionamento, le risorse umane, i rapporti con Università e centri di ricerca. Al riguardo, ci sembra opportuno richiamare anche quanto chiarito recentemente sul tema da Confindustria la quale ha ritenuto, in maniera condivisibile, che è necessario che si dimostri che la società controllata estera dispone nel proprio Stato di residenza delle principali funzioni organizzative, nonché delle risorse necessarie per svolgere autonomamente la propria attività, concretizzando così il proprio oggetto sociale. Deve prendersi, comunque, atto della difficoltà pratica di definire correttamente la nozione di mercato locale, nonché quella correlata di prevalente attività esercitata, perché, al di là della mera definizione normativa, non risulta agevole definire concetti come quelli del radicamento politico, economico, ovvero strategico, della società controllata estera con il proprio Stato o territorio di insediamento. Inoltre, va osservato che il riferimento operato dalla norma al mercato locale rende difficile la dimostrazione della prima circostanza esimente nel caso di società controllate estere black list che svolgono attività off-shore; ciò appare ingiustificato, qualora ovviamente dette società siano dotate in loco di idonea struttura organizzativa, nonché eccessivamente penalizzante. A nostro avviso, dovrebbe ritenersi escluso che le imprese debbano dimostrare che l’attività industriale e commerciale è rivolta al mercato del Paese di insediamento, nel senso che l’approvvigionamento (fornitori) e/o lo sbocco (clienti) è rivolto al mercato dello Stato ospitante; una simile posizione, infatti, ancora una volta, oltre ad essere di difficile dimostrazione, comporterebbe pesanti aggravi amministrativi, nonché penalizzerebbe la competitività di quei gruppi che hanno insediamenti all’estero operanti in diversi mercati nazionali. È difficile comprendere, infatti, per quale motivo le imprese dotate di strutture organizzative e produttive effettive nei paradisi fiscali non possano ottenere la dimostrazione della prima circostanza esimente anche se l’approvvigionamento e lo sbocco non siano localizzati in quello Stato o territorio, ancorché dimostrino di essere dotate in loco di strutture organizzative e funzionali che le consentono di svolgere la propria attività in via autonoma. La prova del-
l’effettivo radicamento economico della struttura estera con lo Stato estero di insediamento dovrebbe essere fornita solamente dimostrando l’esistenza di una idonea struttura produttiva, di per sé espressiva di una sostanza economica reale dell’insediamento estero; per contro, la dimostrazione da parte del soggetto italiano della sussistenza di elementi di collegamento di carattere economico, politico, geografico o strategico, e quindi di una connessione extra-tributaria, della struttura estera con il Paese ospitante rende eccessivamente sproporzionata la normativa in commento. Al riguardo, verrebbe da chiedersi se la stipulazione da parte della società controllata estera di un ruling con l’Autorità fiscale estera che comporti l’impegno di effettuare investimenti, di disporre di strutture adeguate e di assumere dipendenti, possa costituire valida prova della dimostrazione della volontà di instaurare con lo Stato estero una connessione stabile e continuativa nel tempo. Inoltre, nel caso di società estera che svolge sia servizi off-shore (consistenti, ad esempio, nella gestione centralizzata della tesoreria, nei servizi di marketing, ovvero di pubblicità, a favore di tutte le società del gruppo) sia attività produttiva rivolta al mercato locale, qualora quest’ultima non sia prevalente rispetto alla prima, è dubbio che si possa invocare la prima esimente ed ottenere la disapplicazione della normativa CFC. In tale ipotesi, infatti, pur esistendo in loco una effettiva struttura organizzativa, qualora l’attività rivolta al mercato locale dello Stato o territorio estero non fosse prevalente rispetto a quella di svolgimento dei sopra citati servizi, non si potrebbe invocare la prima circostanza esimente; tale conclusione, oltre che essere poco ragionevole in punto di diritto, ci sembra essere eccessivamente penalizzante, dal momento che tutte quelle imprese insediate genuinamente all’estero - e, quindi, dotate di una sostanza economica reale - sarebbero fortemente ed ingiustamente penalizzate. Al riguardo, si osserva che l’Agenzia delle entrate (10) ha ritenuto la normativa CFC non disapplicabile qualora la società controllata residente, ovvero localizzata, in un Paese a regime fiscale privilegiato svolga attività estero su estero;
Nota: (10) Cfr. risoluzione n. 427/E del 2008, cit.
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internazionale è auspicabile che, per evitare risultati del tutto irragionevoli, la nozione di estero su estero non sia limitata al mercato di sbocco, ma prenda in considerazione, al fine della dimostrazione dell’effettivo radicamento economico con lo Stato estero di insediamento, anche ogni altro possibile legame con il Paese di insediamento quale, ad esempio, il rapporto con le fonti di approvvigionamento.
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Attività bancarie, finanziarie e assicurative L’art. 13, comma 1, lett. a), del D.L. n. 78/2009 dispone che, per le attività bancarie, finanziarie e assicurative, il criterio del radicamento economico, ovvero lo svolgimento dell’attività principale nel mercato locale, si ritiene soddisfatto nel caso in cui la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento. Sul punto, va osservato che la Scheda di lettura del Servizio Studi del Senato del luglio 2009, n. 145/I, ha ritenuto che «sembrerebbe opportuno chiarire la portata della locuzione “originano nello Stato o territorio di insediamento” riferita a fonti, impieghi o ricavi delle società o degli enti “esteri” controllati da banche e assicurazioni, ai fini dell’esclusione dalle norme CFC» (11). Introduzione del nuovo comma 5-bis dell’art. 167 del T.U.I.R. L’art. 13, comma 1, lett. b), del D.L. n. 78/2009, con l’aggiunta del nuovo comma 5-bis all’art. 167 del T.U.I.R., ha previsto un’ulteriore limitazione alla possibilità di provare l’effettivo svolgimento di un’attività industriale e commerciale principale nel mercato del Paese ospitante; in particolare, è prevista l’impossibilità di applicare la prima esimente, in precedenza descritta, qualo-
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ra i proventi della società partecipata estera o dell’ente non residente provengano da fonti qualificate per una percentuale superiore al 50%. Nello specifico, sono considerate fonti qualificate: a) la gestione, la detenzione ovvero l’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie; b) la cessione, ovvero la concessione in uso di diritti immateriali, relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica; c) la prestazione di servizi nei confronti di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati ovvero sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, compresi i servizi finanziari. In altri termini, la prima esimente in precedenza commentata non potrà essere invocata qualora i proventi conseguiti dalla società controllata estera derivino per una percentuale superiore al 50% da passive income, nonché da servizi intercompany. L’Agenzia delle entrate (12), in realtà, aveva già
Estensione della disciplina CFC alle imprese non «black list» Per effetto dell’ampliamento dell’ambito di applicazione della disciplina CFC a società controllate residenti in Paesi comunitari in funzione del livello di tassazione, nonché della composizione dei proventi percepiti, si hanno due categorie distinte di società controllate estere: quelle rientranti nell’ambito di applicazione del regime CFC in ragione del livello di imposizione effettivo e della composizione dei proventi conseguiti e quelle assoggettate al medesimo regime in funzione della localizzazione in un Paese o territorio considerato «black list» a prescindere, in alcuni casi, dal livello di imposizione effettivo. L’estensione della disciplina CFC anche alle società residenti, ovvero localizzate, in Stati o territori considerati a fiscalità ordinaria non trova applicazione nei confronti delle imprese estere collegate ivi residenti.
Note: (11) Al riguardo, Confindustria, con particolare riferimento all’attività di riassicurazione - che è rivolta al mercato mondiale -, ha auspicato che il radicamento con il territorio estero non possa essere comprovato dalla prevalenza delle fonti e degli impieghi, ma debba poter essere dimostrato in altro modo. (12) Cfr., al riguardo, la risoluzione 29 gennaio 2003, n. 18/E, in Banca Dati BIG, IPSOA, nonché, sia pur in tema di participation exemption, la risoluzione 18 agosto 2009, n. 226/E, ivi. In tale ultima risoluzione, è stato escluso che le attività di mero godimento hanno carattere commerciale, con la conseguenza che l’attività della società partecipata consistente nel mero sfruttamento economico del marchio di proprietà - e nella percezione di royalties conseguenti alla concessione in licenza d’uso - non soddisfa il requisito della commercialità e, quindi, non beneficia, al momento della cessione della partecipazione, del regime della participation exemption. Cfr., in dottrina, G. Ferranti e L. Miele, «L’attività di godimento mette fuori gioco la Pex», in Il Sole - 24 Ore, Norme e Tributi, del 31 agosto 2009, pag. 4.
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internazionale SOLUZIONI OPERATIVE
stenza nello Stato estero di chiarito che, qualora l’attiTassazione del reddito della CFC diversi enti territoriali impovità svolta dalla società estein capo al controllante italiano sitori e di eventuali divergenra fosse limitata alla mera La tassazione per trasparenza del ze temporanee inerenti alla intestazione di attività finanreddito della CFC in capo al soggetto determinazione della base ziarie e al godimento degli controllante italiano consente allo imponibile (17), nonché l’eeventuali frutti da esse proStato della società madre ventuale opzione per regimi dotti, il reddito non poteva controllante di assoggettare a di consolidamento fiscale. Le essere ricondotto ad un’attitassazione per trasparenza il reddito disposizioni in esame non vità commerciale svolta aldella società figlia controllata. trovano applicazione qualora l’estero. Stante il richiamo il soggetto residente dimostri operato dal comma 1 delche l’insediamento all’estero non rappresenta una l’art. 168 del T.U.I.R. (13) all’art. 167 del costruzione artificiosa volta a conseguire un indeT.U.I.R., le modifiche in precedenza descritte bito vantaggio fiscale (18) e, a tal fine, il contritrovano applicazione anche nel caso di partecipabuente dovrà ricorrere alla procedura di interpello zioni in imprese estere collegate. di cui all’art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (19), come espressamente previsto dall’art. 167, Estensione della disciplina CFC alle imprese comma 5, del T.U.I.R. È importante notare che residenti in Stati o territori non «black list» non viene richiesto che l’impresa estera controllaAi sensi del nuovo comma 8-bis dell’art. 167 del ta non residente in un Paese black list dimostri il T.U.I.R., l’ambito di applicazione della disciplina radicamento geografico ed economico con lo Stato CFC viene esteso a tutte le imprese estere controlestero di insediamento; viene ad evidenza quindi late ovunque residenti, pertanto anche comunitaquello che a noi pare essere un possibile contrasto rie. A tal fine, è necessario che si verifichino condella normativa in esame con la giurisprudenza giuntamente, in capo ad esse, due condizioni attielaborata dalla Corte di giustizia (in particolare, nenti al livello di imposizione ed alla composiziocon la sentenza del 12 settembre 2006, causa Cne dei proventi. In particolare, l’estensione della 196/04, «Cadbury Schweppes») (20) che invece, disciplina CFC troverà applicazione qualora la società controllata estera: 1) sia assoggettata a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella Note: a cui sarebbe stata soggetta ove residente in Italia (13) Cfr. art. 168 del T.U.I.R. rubricato «Disposizioni in materia di - la relazione illustrativa al D.L. n. 78/2009 ha imprese estere collegate». (14) Cfr., in dottrina, L. Miele, «Il bilancio detta il confronto sul precisato che il riferimento alla tassazione inferioprelievo CFC», in Il Sole - 24 Ore, Norme e Tributi, del 3 agosto re si intende relativo al carico effettivo di imposi2009, pag. 1, il quale ha sottolineato l’importanza di far riferimenzione e non solo all’aliquota nominale di imposito al livello di tassazione effettiva in concreto assolta all’estero e zione societaria gravante sulla società estera connon alle aliquote nominali. trollata (14) - e: 2) abbia conseguito proventi deri(15) Cfr., in dottrina, G. Rolle, «Modifiche alla “CFC Legislation” dopo la conversione del decreto “anticrisi”», in Corr. Trib. n. vanti per più del 50% da passive income, nonché 34/2009, pag. 2806. da servizi intercompany. Al riguardo, è sicuramen(16) Cfr. OECD, Controlled Foreign Company Legislation, Parigi, te condivisibile l’orientamento espresso da alcuni 1996, pagg. 42 ss. Autori (15) i quali hanno ritenuto che la formula(17) Cfr., in dottrina, C. Feliziani e A. Manzitti, «Alle società estere regole lontane dai principi UE», in Il Sole - 24 Ore del 18 luglio zione della norma pone la necessità di confrontare 2009, pag. 21. la tassazione effettiva subita all’estero e quella (18) Cfr. art. 167, comma 8-ter, del T.U.I.R., introdotto dall’art. 13, virtuale che sarebbe stata applicabile in Italia, secomma 1, lett. c), del D.L. n. 78/2009. condo il cd. modello del comparable tax approach (19) Cfr. art. 11 della legge n. 212/2000, rubricata «Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente» e, in dottrina, G. (16); inoltre, come opportunamente evidenziato Marongiu, «Lo Statuto dei diritti del contribuente nella quinquenanche dalla dottrina citata, assumono rilievo, ad nale esperienza giurisprudenziale», in Dir. prat. trib. n. 5/2005, Paresempio, la corretta individuazione delle imposte te I, pag. 1045. estere nel caso in cui queste abbiano un presuppo(20) In GT - Riv. giur. trib. n. 1/2007, pag. 17, con commento di T. Marino, e in Banca Dati BIG, IPSOA. sto diverso da quello delle imposte italiane, l’esiCorriere Tributario 5/2010
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internazionale IL PROBLEMA APERTO
utili distribuiti in occasione al fine di definire una costruDefinizione di società diversa dalla liquidazione zione come non artificiosa, come costruzione di puro artificio della società figlia, lo Stato dà importanza esclusivamenNella giurisprudenza comunitaria, al della società madre e lo State alla reale esistenza della fine di definire una società come una to della sua stabile organizstruttura all’estero e non ancostruzione di puro artificio, non zazione si astengono dal sotche al livello di tassazione. In assume alcuna rilevanza il livello di toporre tali utili ad imposialtri termini, come meglio si tassazione effettivamente applicato; zione (23). La tassazione per dirà di seguito, l’aver ampliatuttavia, anche tenuto conto della trasparenza del reddito della to l’ambito di applicazione prassi ministeriale in materia, si ritiene CFC in capo al soggetto della disciplina CFC a sofondato il sospetto che per la nostra controllante italiano detercietà controllate residenti in Amministrazione finanziaria possano mina invece un effetto oppoPaesi comunitari in funzione essere considerate di puro artificio sto a quello derivante dalla del livello di tassazione, nonquelle società assoggettate ad un direttiva citata, consentendo ché della composizione dei livello di tassazione effettivo allo Stato della società maproventi percepiti, non ci minimo, ancorché effettivamente e dre controllante di assoggetsembra in linea con l’indirizstabilmente insediate, per il tramite di tare a tassazione per traspazo giurisprudenziale comunilocali, personale e attrezzature, nello renza il reddito della società tario. Inoltre, va osservato Stato estero. figlia controllata (24). che, per effetto delle modifiche, si avranno due categorie CFC e Corte di giustizia UE distinte di società controllate estere per le quali Come disposto dal comma 8-ter dell’art. 13 del troverà applicazione l’art. 167 del T.U.I.R.; quelle D.L. n. 78/2009, l’estensione della CFC alle sorientranti nell’ambito di applicazione del regime cietà controllate residenti in Stati o territori diversi CFC in ragione del livello di imposizione effettivo da quelli inclusi nelle black list non trova applicae della composizione dei proventi conseguiti e zione qualora il soggetto residente dimostri che quelle assoggettate al medesimo regime in funziol’insediamento all’estero non rappresenta una cone della localizzazione in un Paese o territorio struzione artificiosa volta a conseguire un indebito considerato black list a prescindere, in alcuni casi, vantaggio fiscale. L’espressione costruzione artifidal livello di imposizione effettivo (si pensi, ad ciosa è mutuata dalla giurisprudenza elaborata delesempio, a giurisdizioni estere considerate dalla la Corte di giustizia nella sentenza «Cadbury black list come paradisi fiscali puri) (21). L’estensione della disciplina CFC anche alle società resiNote: denti, ovvero localizzate, in Stati o territori consi(21) Cfr., ad esempio, la risoluzione 21 settembre 2007, n. 262/E, derati a fiscalità ordinaria non trova applicazione in Banca Dati BIG, IPSOA. nei confronti delle imprese estere collegate ivi re(22) Cfr. direttiva del Consiglio 2003/123/CE, che ha modificato sidenti. la direttiva 90/435/CEE del 23 luglio 1990 e, in dottrina, la lettera Rapporti tra la disciplina CFC e la direttiva Madre-figlia L’estensione della disciplina CFC anche alle società residenti in Paesi comunitari pone dei profili di contrasto con quanto disposto dalla direttiva 2003/123/CE del 22 dicembre 2003 (22), concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi. Infatti, l’art. 1, par. 4, di detta direttiva dispone che quando una società madre (o la sua stabile organizzazione), in virtù del rapporto di partecipazione tra la società madre e la società figlia, riceve
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circolare Assonime del 4 agosto 2006, rubricata «Imposte sui redditi - Schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2003/123/CE, recante modifiche alla direttiva n. 90/435/CEE (direttiva cd. Madre-Figlia)». (23) Per effetto di quanto disposto dal comma 2 dell’art. 89 del T.U.I.R. - rubricato «Dividendi e interessi» - gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società di capitali residenti e non residenti (non black list, salvo interpello favorevole) sono esclusi dalla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 95% del loro ammontare. (24) Cfr., in dottrina, P. Pistone, «Normativa CFC, convenzioni internazionali e diritto comunitario», in TributImpresa n. 3/2005; inoltre, cfr. P. Gariboldi - I. La Candia - V. Marraffa, «Sulla compatibilità della normativa CFC con le Convenzioni Internazionali e il Diritto Comunitario», in Dir. prat. trib. n. 3/2007, pag 960.
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internazionale Schweppes» (25). In particolare, la Corte di giustizia in tale sentenza (relativa alla società inglese «Cadbury Schweppes» che aveva delle società controllate in Irlanda) ha chiarito che costituisce costruzione di puro artificio una società fantasma o schermo e, pertanto, saranno considerate tali le società che non hanno nessuna sostanza economica. In altri termini, deve essere considerata costruzione di puro artificio qualsiasi società fittizia che non esercita alcuna attività economica reale nel territorio dello Stato membro di insediamento. Pertanto, l’insediamento è considerato reale qualora tale società abbia sostanza economica, a nulla rilevando la circostanza che nello Stato estero di insediamento la tassazione è inferiore a quella dello Stato della società madre. La Corte di giustizia, infatti, nel par. 37 della sentenza «Cadbury Schweppes» ha chiarito che la costituzione di una società allo scopo di fruire di una legislazione più vantaggiosa o, più specificamente, dei vantaggi fiscali legalmente offerti dalle norme in vigore in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede non costituisce abuso della libertà di stabilimento (26). L’effettiva compatibilità dei commi 8-bis e 8-ter dell’art. 167 del T.U.I.R. con il diritto comunitario - e, segnatamente, con la libertà di stabilimento (artt. 43-48 del Trattato CE) - dovrà essere valutata nel tempo alla luce della concreta prassi applicativa; premesso che le restrizioni alla libertà di stabilimento sono vietate, secondo la Corte di giustizia non costituiscono costruzioni di puro artificio gli insediamenti effettivi, ovvero le attività economiche reali, che si configurano quando la società ha una sostanza economica reale e non è, quindi, una società fantasma o schermo. Nella giurisprudenza comunitaria elaborata in materia, al fine di definire una società come una costruzione di puro artificio, non assume nessuna rilevanza il livello di tassazione effettivamente applicato; tuttavia, anche tenuto conto della prassi ministeriale in precedenza commentata, ci sembra fondato il sospetto che per la nostra Amministrazione finanziaria possano essere considerate di puro artificio quelle società assoggettate ad un livello di tassazione effettivo minimo, ancorché effettivamente e stabilmente insediate, per il tramite di locali, personale e attrezzature, nello Stato estero. Tra l’altro, non sembra compatibile con la giurisprudenza comunitaria neanche un’interpretazione che ricon-
duca fra le costruzioni di puro artificio quelle strutture che, pur dotate di adeguate risorse umane e mezzi tecnici, conducano attività prive di apprezzabili elementi di collegamento con l’economia del territorio di insediamento. Decorrenza delle modifiche Il D.L. n. 78/2009 non prevede norme specifiche con riferimento all’entrata in vigore delle modifiche di cui supra; tenuto conto di quanto disposto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) (27), nonché della natura innovativa di tali modifiche, va ritenuto che le novità in commento, entrate in vigore dal 1° luglio 2009 (data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L. n. 78/2009), produrranno i loro effetti, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto in parola e, quindi, a decorrere dal 1° gennaio 2010.
Note: (25) Con tale caso giurisprudenziale, la Corte di giustizia è stata invitata ad esaminare la compatibilità delle CFC rules (nella specie quelle inglesi, contenute negli artt. 747-756 e negli Allegati 24-26 della legge inglese del 1988 sull’imposta sul reddito delle società) con il diritto comunitario e, in particolare, con le libertà di stabilimento e di circolazione di capitali. (26) Tale affermazione è senz’altro condivisibile; cfr., anche il par. 96 della sentenza della Corte di giustizia UE, 30 settembre 2003, causa C-167/01, «Inspire Art», in Banca Dati BIG, IPSOA, e, in dottrina, R. Lupi, «Illegittimità delle regole CFC se rivolte a Paesi comunitari: punti fermi e sollecitazioni sulla sentenza Schweppes», in Dialoghi dir. trib. n. 12/2006, pag. 1589, R. Fontana, «The Uncertain Future of CFC Regimes in the Member States of the European Union - Part. 2», in European Taxation n. 7/2006, pag. 317; A. Rainer - J. Roels - O. Thommes - E. Tomsett - H. Hurk - G. Weening, «ECJ Restricts Scope of CFC Legislation», in Intertax,Volume 34, Issue 12/2006, pag. 636. (27) L’art. 3, comma 1, della legge n. 212/2000 prevede che relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.
Corriere Tributario 5/2010
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