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Participation exemption e pro rata patrimoniale: requisito period di Ignazio La Candia (in "il fisco" n. 37 del 9 ottobre 2006, pag. 1-5798)
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dell'holding
Premessa Nel presente contributo si intende analizzare brevemente il rapporto sussistente tra la disciplina della participation exemption (art. 87 del Tuir, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) e quella del pro rata patrimoniale di indeducibilità degli interessi passivi (art. 97 del Tuir), con particolare riferimento al requisito dell'holding period che, come noto, individua il periodo di possesso necessario affinché una possa partecipazione iscritta quale immobilizzazione finanziaria (1) qualificarsi per l'esenzione da tassazione. Al riguardo, va innanzi tutto osservato come il regime di esenzione sulle plusvalenze realizzate a seguito della cessione di partecipazioni immobilizzate abbia subito, sin dalla sua introduzione, rilevanti e sostanziali modifiche (2) che, oltre a "snaturare" l'essenza dell'istituto, mal si armonizzano con altre novità introdotte dalla riforma fiscale Tremonti (ad esempio, pro rata patrimoniale e disciplina fiscale delle minusvalenze su partecipazioni). Inoltre, mentre il legislatore nazionale restringe notevolmente i benefici derivanti dall'istituto (come si dirà di seguito), il legislatore comunitario, a mezzo della Direttiva del 22 dicembre 2003, n. 2003/123/CE (3), ha operato una progressiva riduzione della soglia delle partecipazioni detenute nel capitale delle società figlie comunitarie dall'originario 25 per cento al 10 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2009. Di certo, la riduzione in parola amplia notevolmente la possibilità in capo alle società comunitarie, aventi i requisiti richiesti dalla Direttiva in parola, di percepire dividendi senza applicare alcuna ritenuta alla fonte e di tassarli limitatamente al 5 per cento del loro ammontare. Nel caso della participation exemption, a seguito dell'introduzione delle citate modifiche, sono notevolmente ristretti i benefici derivanti dall'esenzione delle plusvalenze in capo ai contribuenti. Non va, del resto, trascurato lo stretto legame esistente tra esenzione da tassazione sulle plusvalenze ed esclusione da tassazione sui dividendi, dal momento che le prime rappresentano dividendi non distribuiti dalla società partecipata, ovvero dividendi che la stessa distribuirà in un momento futuro. Con riferimento, poi, alla disciplina del pro rata patrimoniale di indeduciblità degli interessi passivi, va rilevato che, ai fini della determinazione della quota indeducibile degli interessi passivi che residuano dopo l'applicazione della thin capitalization rule di cui all'art. 98 del Tuir (4), assume rilevanza il valore di libro delle
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partecipazioni esenti eccedenti il patrimonio netto contabile della società detenute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello della fine del periodo d'imposta. In particolare, l'Amministrazione finanziaria (5) ha confermato che, benchÊ ai fini della participation exemption il requisito dell'ininterrotto possesso delle partecipazioni deve sussistere dal primo giorno del diciottesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione, per l'applicazione della disciplina relativa al pro rata patrimoniale detto requisito rimane di dodici mesi. Participation exemption e holding period Per effetto delle modifiche apportate dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, ai fini della applicabilità del regime della participation exemption alle cessioni di partecipazioni effettuate a decorrere dal 4 ottobre 2005 (giorno di entrata in vigore del decreto in oggetto), è necessario che le partecipazioni risultino iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie dal primo giorno del diciottesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione (6). Pertanto, le partecipazioni che soddisfano tale requisito temporale generano plusvalenze parzialmente esenti - ad oggi, limitatamente al 91 per cento del loro ammontare. Al riguardo, pare utile ricordare che, ai fini dell'applicazione del regime della participation exemption, in relazione alla data di cessione delle partecipazioni, dovranno essere presi in considerazione gli elementi riportati nella Tabella n. 1.
Ne deriva che, a seguito delle modifiche sopra descritte, nel corso del 2006 si potranno verificare i casi riportati nella Tabella n. 2.
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Da quanto riportato, è di tutta evidenza l'asimmetria fiscale relativa al trattamento delle plusvalenze e delle minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni oltre i dodici mesi; entro tale limite temporale il sistema, invece, non presenta profili di incoerenza sistematica. Gli oneri accessori di diretta imputazione (8), sostenuti per la cessione di una partecipazione che genera una plusvalenza esente, sono deducibili in misura corrispondente alla misura della tassazione subita dalla plusvalenza; ne consegue che la parte di oneri deducibile, nel 2006, è pari al 9 per cento (9). Pro rata patrimoniale e holding period secondo le ministeriali
recenti
interpretazioni
La ratio dell'istituto del pro rata patrimoniale è rinvenibile nella volontà del legislatore di impedire che il contribuente deduca gli interessi passivi dovuti in relazione a finanziamenti contratti per acquisire partecipazioni suscettibili di generare plusvalenze esenti, ovvero dividendi esclusi. È stato, così, introdotto nel nostro ordinamento un principio di inerenza tra componenti positivi imponibili e componenti negativi deducibili, con la conseguenza che, se i componenti positivi derivanti dall'acquisto, gestione e successiva cessione di una determinata partecipazione non concorrono alla formazione del reddito - in quanto plusvalenze esenti, ovvero dividendi esclusi - gli interessi passivi derivanti da finanziamenti contratti per acquisire la stessa partecipazione devono essere considerati indeducibili. In particolare, come già anticipato, l'Amministrazione finanziaria, con le circolari sopra citate, ha precisato che, ai fini della identificazione del periodo minimo di possesso delle partecipazioni esenti, il cui valore di libro costituisce il primo elemento del differenziale posto al numeratore del rapporto del pro rata patrimoniale (10), si deve fare riferimento, come ambito temporale, alle partecipazioni detenute nei dodici mesi precedenti. Tale requisito temporale deve, altresì, sussistere al termine del periodo d'imposta. In altri termini, per il calcolo del rapporto di indeducibilità degli interessi passivi, occorre tener conto del valore di libro delle partecipazioni che si qualificano per l'esenzione possedute alla fine del periodo d'imposta. Pertanto, nel primo periodo d'imposta in cui la partecipazione è stata acquisita, il requisito dell'ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione non potrà mai essere soddisfatto. Tale partecipazione, infatti, alla chiusura del periodo di imposta, non soddisfa il requisito temporale richiesto dalla norma e, dunque, la stessa non rientra nel rapporto previsto dall'art. 97 del Tuir. Osservazioni conclusive Innanzitutto, va osservato come le recenti modifiche apportate al regime della participation exemption disattendono, in gran parte, l'ambizioso obiettivo che il nostro legislatore si era posto con la sua introduzione (11) e, in particolare, "incrementare la competitività del
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sistema produttivo, adottando un modello fiscale omogeneo a quelli più efficienti in essere nei Paesi membri dell'Unione europea ...". Il regime in parola, dunque, da strumento di politica fiscale di incentivo alla circolazione delle partecipazioni e del capitale, si è trasformato in una misura fiscale che, seppure ancora sostanzialmente favorevole per le imprese, perde gran parte del suo appeal originario, soprattutto in relazione al possibile reingresso di società holding nel nostro Paese. In particolare, con riferimento al requisito dell'holding period, non si può non rilevare una incongruenza di fondo: se una partecipazione, detenuta ininterrottamente per dodici mesi (ovviamente per le cessioni effettuate a decorrere dal 4 ottobre 2005), non si qualifica come esente ai fini della participation exemption, non si comprende la ratio sulla base della quale la stessa debba qualificarsi come tale (rectius: esente) e, pertanto, ricompresa nell'ambito di applicazione del pro rata patrimoniale. Con il risultato che la detenzione ininterrotta delle partecipazioni per dodici mesi rileva negativamente ai fini della disciplina della participation exemption, normativa di vantaggio per il contribuente, e positivamente ai fini del pro rata patrimoniale, istituto di vantaggio per il Fisco. Forse avrebbe avuto più senso, nell'ottica della salvaguardia di quei principi di "coerenza sistematica e simmetrica" che dovrebbero "governare" il nostro sistema fiscale, uniformare per ambedue le normative il periodo minimo di detenzione delle partecipazioni a diciotto mesi, a partire dalla data del 4 ottobre 2005. Del resto, l'adozione di provvedimenti in ambito fiscale non dovrebbe essere unicamente preordinata al soddisfacimento di esigenze di gettito che, per quanto fondamentali, non possono costituire il fine esclusivo che alimenta ed ispira l'azione di Governo. Questa, per contro, dovrebbe essere volta alla salvaguardia, in capo ai contribuenti, di quei principi di stabilità, nonché, come detto, di coerenza del sistema, che dovrebbero auspicabilmente governare il nostro sistema fiscale, anche alla luce dei principi statuiti dal cosiddetto Statuto dei diritti del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212) (12). Quanto agli aspetti formali, va rilevata l'anomala abitudine, oramai tipica del nostro legislatore, di legiferare in campo fiscale per il tramite di decreti-legge (13), tra l'altro, come più volte accaduto, modificati in sede di conversione in legge; sarebbe, a tal fine, auspicabile, per esigenze di certezza del sistema, prevedere, in luogo di questi, leggi stabili, certe, coerenti e, soprattutto, volte a favorire la semplificazione e la crescita delle imprese (14). Del resto, le imprese, facendo affidamento sul principio della certezza del diritto, pianificano, programmano investimenti, acquisizioni, ovvero dismissioni di comparti aziendali, sulla base di programmi di medio-lungo periodo che, negli ultimi tempi, necessitano di continui aggiustamenti che tengano conto dei sempre più frequenti e non sempre coerenti cambiamenti legislativi. In tale contesto, è senz'altro condivisibile l'auspicio formulato di recente da Assonime (15) volto a far sì che "l'azione del Governo sia volta in primo luogo a dare continuità al sistema, mantenendo gli obiettivi strategici della riforma Ires ... L'istanza principale, infatti, di un
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sistema fiscale moderno per un'ordinata evoluzione del mercato è quella di garantire agli operatori economici continuità, certezza e stabilità delle norme. È forse questo il connotato più importante, ancorché non sempre attentamente valutato dai Governi nazionali, che un ordinamento fiscale dovrebbe offrire, anziché proporsi, di volta in volta, come un'improbabile leva propulsiva dello sviluppo economico" -------Ignazio La Candia è componente della Commissione Fiscalità Internazionale dell'Ordine dei Dottori commercialisti di Milano. Si ringrazia per la fattiva collaborazione alla stesura di questo articolo il Dottor Matteo V. Barazetti dell'Ufficio Studi dello Studio Pirola, Pennuto, Zei & Associati di Milano.
Note: (1) Al riguardo, l'art. 2424-bis, commi 1 e 2, del codice civile rubricato "Disposizioni relative a singole voci dello stato patrimoniale" dispone che "Gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni. Le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal terzo comma dell'articolo 2359 si presumono immobilizzazioni". (2) Cfr. D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, rubricata "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, recante misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria". (3) Cfr. Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 2003, n. 2003/123/CE, attualmente in fase di recepimento nel nostro Paese, che ha modificato la Direttiva n. 90/435/CEE del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi. Assonime ha commentato lo schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva in parola, approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 luglio 2006, nella lettera circolare del 4 agosto 2006, rubricata "Imposte sui redditi - Schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva n. 2003/123/CE, recante modifiche alla Direttiva n. 90/435/CEE (Direttiva cosiddetta 'madre figlia')". In particolare, l'art. 2, comma 1, dello schema di decreto legislativo prevede che le nuove disposizioni trovano applicazione per gli utili distribuiti a decorrere dal 1° gennaio 2005. (4) La normativa sulla thin capitalization, introdotta anche in altri Stati membri dell'Unione europea, vuole impedire la deducibilità degli interessi passivi sui finanziamenti direttamente erogati dai soci o loro parti qualificate che eccedono un determinato rapporto tra debito e capitale - cosiddetta debt/equity ratio, attualmente pari a 4:1. Come osservato da autorevole dottrina, "Il Governo ... aveva assunto un formale impegno all'introduzione di disposizioni di contrasto al fenomeno della capitalizzazione sottile nel cosiddetto Patto per l'Italia, firmato tra il
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Governo ed alcune parti sociali il 5 luglio 2002. Si legge in particolare nel paragrafo 1 del Patto in materia di politica dei redditi e di coesione sociale: 'Il Governo si impegna quindi ... ad applicare le norme sulla capitalizzazione sottile (thin capitalization) in termini compatibili con le caratteristiche del sistema produttivo italiano, tenendo conto dei livelli di coinvolgimento del patrimonio individuale del titolare e dei soci'", cfr. G. Maisto, Profili internazionalistici dell'imposizione delle imprese nella delega per la riforma tributaria, in "Rivista di diritto tributario" n. 9/2003, Parte I, pag. 760, nota 146. Cfr., in senso critico, A. Garcea, La non neutralità della disciplina di contrasto alla in capitalizzazione sottile nella tassazione dei redditi societari, "Rassegna Tributaria" n. 2/2005, pag. 510. (5) Cfr. circolari 13 marzo 2006, n. 10/E, rubricata "Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria - Decreto-legge n. 203 del 2005, cosiddetto Collegato alla legge Finanziaria per il 2006" (in "il fisco" n. 13/2006, fascicolo n. 2, pag. 1974), e del 2 novembre 2005, n. 46/E, rubricata "Circolare IRES/9. Riforma del sistema fiscale statale. Pro rata patrimoniale e generale di indeducibilità degli interessi passivi. Decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344" (in "il fisco" n. 42/2005, fascicolo n. 2, pag. 6461). (6) Sul punto, cfr. anche circolari Assonime del 7 ottobre 2005, n. 54 - rubricata "Imposte dirette - Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria - Decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (decreto di accompagnamento alla legge Finanziaria per il 2006)" - e del 28 novembre 2005, n. 62, rubricata "Imposte dirette Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria - Disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, in corso di approvazione Disposizioni in tema di deducibilità degli ammortamenti nei settori dell'energia elettrica e del gas e relativi riflessi sugli acconti". (7) Al riguardo, Assonime - circolare n. 54/2005, paragrafo 1.1 - in maniera condivisibile, ha osservato che "la riduzione della misura dell'esenzione al 95 per cento delle plusvalenze disposta dall'art. 5, comma 1, lettera b), del decreto in rassegna potrebbe apparire - prima facie - coerente con il sistema di esclusione da imposizione degli utili societari; esclusione che, come noto, è anch'essa limitata al 95 per cento dell'ammontare dei dividendi. In altri termini, posto che la 'detassazione' delle plusvalenze muove dal presupposto che esse rappresentano sul piano fiscale proventi equivalenti ai dividendi dichiarati non imponibili fino al 95 per cento del loro ammontare, parrebbe logica la scelta di omogeneizzarne in modo completo il trattamento ... Laddove si fosse voluto effettivamente equiparare il regime di 'detassazione' delle plusvalenze su partecipazioni 'esenti' con quello di esclusione da imposizione dei dividendi, sarebbe stato forse opportuno, per motivi di coerenza sistematica, riqualificare l''esenzione' da imposizione del 95 per cento di tali plusvalenze in una 'esclusione' dal concorso alla formazione del reddito; riqualificazione cui avrebbe dovuto far seguito, coerentemente, anche l'abolizione del meccanismo del pro rata patrimoniale". (8) Per oneri accessori di diretta imputazione si intendono quei costi che individuano le spese specificatamente sostenute per il compimento della cessione della partecipazione dalla quale deriva la plusvalenza. Tra
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queste, a titolo puramente esemplificativo, si ricordano le spese notarili, quelle per le perizie tecniche ed estimative, ovvero per le provvigioni dovute agli intermediari e mediatori intervenuti nell'operazione. Tuttavia, in concreto, l'identificazione di detti costi non pare del tutto pacifica; infatti, come osservato da Assonime - circolare del 6 luglio 2005, n. 38, rubricata "Imposte sui redditi - Decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, recante 'Riforma dell'imposizione sul reddito delle società, a norma dell'articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80' - Nuovo regime delle plusvalenze esenti (cosiddetta participation exemption)", Paragrafo 5 - "... non esistono indicazioni che chiariscono in modo puntuale la diversità fra gli oneri che concorrono alla formazione delle plusvalenze e quelli che concettualmente se ne differenzierebbero, pur rimanendo anch'essi spese collegate alla realizzazione di tali plusvalenze" (cfr. anche circolare Assonime n. 54/2005). (9) Cfr. circolare n. 10/E del 2006. (10) Cfr., in dottrina, D. Stevanato, Le politiche dei dividendi nei gruppi di società: l'impatto sulla Thin Cap e il pro rata patrimoniale, in "Dialoghi di Diritto Tributario" n. 1/2005, pagg. 104 e seguenti, il quale afferma che, con riferimento al pro rata patrimoniale, "... l'incasso di dividendi aumenta il patrimonio netto della holding e riduce il valore delle partecipazioni, con conseguente diminuzione del numeratore del rapporto. (Si osserva che il numeratore del rapporto del pro rata patrimoniale è costituito dalla differenza tra il valore di libro delle partecipazioni che si qualificano per l'esenzione e il patrimonio netto contabile rettificato, n.d.A.). Se dunque la holding è una società che, avendo ricevuto dei prestiti ... ha un problema di indeducibilità degli interessi passivi legato al pro rata patrimoniale o alla thin cap, è fiscalmente conveniente deliberare la distribuzione alla holding delle riserve di utili, se esistenti presso le società operative partecipate ... (Va, infatti, osservato che la distribuzione degli utili, aumenta il patrimonio netto contabile della holding per un importo pari ai dividendi ricevuti e riduce il valore delle partecipazioni con conseguente diminuzione del numeratore del rapporto del pro rata patrimoniale, n.d.A.)]. La distribuzione delle riserve di utili alla holding potrebbe tuttavia rivelarsi, dal punto di vista extrafiscale, una soluzione inefficiente, magari perché la liquidità autoprodotta serve a finanziare le attività e gli investimenti della società operativa, e non quelli della holding". (11) Cfr. art. 4, comma 1, lettera c), della legge delega del 7 aprile 2003, n. 80, rubricata "Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale". (12) Cfr. L. 27 luglio 2000, n. 212, rubricata "Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente". (13) Si ricorda, infatti, che il Governo, in casi di straordinaria necessità e urgenza, può, sotto la propria responsabilità, adottare provvedimenti provvisori con forza di legge; il potere del Governo di adottare decreti-legge assume, quindi, carattere di eccezionalità. In particolare, il Governo potrà sostituirsi alle Camere ed approvare un atto avente la stessa efficacia della legge soltanto qualora la straordinarietà del caso e la necessità ed urgenza di provvedere impediscano alle Camere di intervenire tempestivamente attraverso il normale procedimento di
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formazione della legge. Al riguardo, si può riportare l'esempio di una grave calamità naturale, di un vuoto legislativo provocato da una sentenza della Corte Costituzionale che necessita di essere immediatamente colmato, ovvero dei cosiddetti decreti catenaccio impiegati per adottare, con effetto immediato, variazioni a prezzi, ovvero tariffe, di dazi doganali in modo da evitare possibili speculazioni. (14) Putroppo, il recente D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella L. 4 agosto 2006, n. 248, recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale" (testo coordinato in "il fisco" n. 32/2006, fascicolo n. 2, pag. 4795), che aveva suscitato forti polemiche soprattutto con riferimento alle disposizioni previste nel settore della fiscalità immobiliare, commentate nella recente circolare 4 agosto 2006, n. 27/E - rubricata "Decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006 Revisione del regime fiscale delle cessioni e locazioni di fabbricati (art. 35, commi da 8 a 10-sexies). Primi chiarimenti" (in "il fisco" n. 32/2006, fascicolo n. 2, pag. 4969). - costituisce, ancora una volta, un esempio negativo in tal senso. Non solo, come detto, l'emanazione di provvedimenti normativi in campo fiscale non dovrebbe essere giustificata esclusivamente dal soddisfacimento di esigenze di gettito ma, in punto di diritto, ogni mutamento di regime fiscale deve esplicare i suoi effetti solamente per il futuro e non retroattivamente (cfr. art. 3 della L. n. 212/2000). (15) Cfr. Audizione Assonime del 19 luglio 2006 svoltasi presso la Commissione consultiva sulla imposizione fiscale delle società, istituita dal Ministro dell'economia e delle finanze con decreto del 27 giugno 2006.
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