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Periodo d'imposta di durata inferiore o superiore ai dodici chiarimenti ministeriali di Paolo Gariboldi, Ignazio La Candia e Mario Starita (in "il fisco" n. 32 dell'8 settembre 2003, pag. 1-5015)
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Premessa Il reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 52 del Tuir (approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo di imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nel Titolo I, capo IV, del Tuir. L'art. 90 del Tuir (1) stabilisce che la durata del periodo di imposta, per le società di capitali, è costituita dalla durata dell'esercizio indicata dalla legge o dall'atto costitutivo; il comma 4 dello stesso articolo prevede espressamente che, nel caso in cui il periodo di imposta sia di durata superiore o inferiore a dodici mesi, i componenti positivi e negativi di reddito sono ragguagliati a tale durata. Accade talvolta che l'esercizio "che costituisce il periodo d'imposta, abbia durata inferiore o superiore a dodici mesi, tant'è che la norma del comma 2 considera espressamente questa ipotesi. Quando ciò avviene, salvi i casi in cui l'esercizio si protragga per due o più di due anni, o non venga affatto stabilita dalla legge o dall'atto costitutivo la durata di esso, si pone il problema della determinazione di alcuni componenti positivi e negativi del reddito la cui disciplina ha riguardo ad un periodo di imposta di durata pari ad un anno solare" (2). Il comma 4 dell'art. 90 del Tuir [il nuovo testo unico proposto in bozza (3) non modifica sostanzialmente il suddetto articolo del Tuir, ora rinumerato nell'art. 86, comma 4 (4)] prevede espressamente che il ragguaglio alla durata dell'esercizio debba avvenire: - per i proventi immobiliari (art. 57 del Tuir), normalmente determinati catastalmente; - per quelli delle imprese di allevamento, determinati con criterio forfetario sulla base del reddito agrario (art. 78 del Tuir); - per le quote di deducibilità degli ammortamenti ordinari, le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione e degli ammortamenti per i beni concessi in locazione finanziaria (art. 67, commi 2, 7 e 8, del Tuir); - per le quote di ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili (art. 69 del Tuir); - per gli accantonamenti per rischi su crediti (art. 71 del Tuir); - per gli accantonamenti al fondo per lavori ciclici su navi ed aereomobili e di quelli ammessi a fronte delle spese di ripristino o sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili dalle imprese
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concessionarie della costruzione e manutenzione di 73, commi 1 e 2, del Tuir).
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opere
pubbliche
(art.
Il Principio contabile n. 30, in tema di bilanci intermedi, elaborato dal Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti (in "il fisco" n. 7/2002, fascicolo n. 2, pag. 966), integrando quanto affermato al punto D.XI del Principio contabile n. 16 (in banca dati "il fiscovideo") (5) ha stabilito espressamente ciò che, in base al principio di competenza, era in qualche modo già desumibile implicitamente dalla prassi contabile, ossia che "... è corretto calcolare l'ammortamento relativo alla frazione dell'esercizio nel quale il cespite medesimo è stato utilizzato e quindi la plusvalenza o minusvalenza al netto di tale ammortamento" (6). In tema di ammortamenti è opportuno ricordare che seppure l'art. 90, comma 4, del Tuir non richiami espressamente gli ammortamenti anticipati, accelerati (7), decelerati o ridotti, di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 67 del Tuir, nella relazione allo schema di testo unico delle Imposte sui redditi viene affermato che "non sorgono problemi di ragguaglio al periodo di imposta, né per l'ammortamento accelerato, dovendosi per questo avere riguardo all'effettiva più intensa utilizzazione del bene, né per l'ammortamento anticipato essendo la misura di esso, secondo le nuove norme del comma 3 dell'art. 67, fissata in funzione delle quote dell'ammortamento ordinario, sicché l'eventuale ragguaglio di queste alla minore o maggiore durata del periodo di imposta comporta automaticamente la commisurazione delle quote di ammortamento anticipato". Stando al dato letterale, sembra rimanere escluso il cosiddetto ammortamento ridotto (8) (tra il 50 per cento ed il 100 per cento dell'aliquota ordinaria) mentre l'ammortamento decelerato (9) (inferiore al 50 per cento dell'aliquota ordinaria), comporta, ai fini della deducibilità, che sia dimostrata l'effettiva minore utilizzazione del bene rispetto a quella normale del settore, presupponendo quindi, in via automatica e consequenziale, il ragguaglio pro rata temporis al minore periodo d'imposta. L'art. 67 del Tuir, in tema di ammortamento dei beni materiali, è stato rinumerato nell'art. 114 della bozza di testo unico e, seppure quest'ultimo articolo risulti non essere ancora definitivo, per completezza di informazione si segnala che è stata prevista sia l'abolizione della riserva per ammortamenti anticipati e accelerati (10) - in funzione anche del cosiddetto doppio binario - sia l'abrogazione dell'ammortamento decelerato e ridotto.
La risoluzione del 1° aprile 2003, n. 82/E (11) Nel caso oggetto di interpello, una banca ha deliberato di modificare, con verbale di assemblea straordinaria, la data di chiusura dell'esercizio sociale anticipandola dal 31 dicembre al 30 giugno dello stesso anno con la conseguenza che il periodo d'imposta, successivo alla delibera, aveva una durata inferiore ai dodici mesi (1° gennaio 2002-30 giugno 2002). L'istante ha espresso i suoi dubbi circa le modalità di coordinamento dell'art. 71, comma 3, del Tuir, concernente la deducibilità delle svalutazioni dei crediti per gli enti creditizi e finanziari (12), con il comma 4 dell'art. 90 del Tuir che richiama espressamente questo articolo in
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tema di svalutazione dei crediti per gli enti creditizi e finanziari. Il comma 3 dell'art. 71 del Tuir prevede che: - le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, derivanti da erogazioni di credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,60 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio; - nel caso in cui le svalutazioni dei crediti eccedano lo 0,60 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, tale eccedenza è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi [sette esercizi prima della modifica apportata dall'art. 23, comma 1, della L. 21 novembre 2000, n. 342 (13)]. Gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo abbia raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.
La soluzione interpretativa proposta dalla società istante La società istante ha affermato che interpretando letteralmente il comma 4 dell'art. 90 del Tuir anche la quota di 1/9, prevista dal comma 3 dell'art. 71 del Tuir, dovrebbe essere commisurata alla minore durata del periodo d'imposta con la conseguenza che la riduzione del periodo d'imposta a sei mesi comporterebbe la correlata riduzione della quota deducibile delle svalutazioni eccedenti. Ai fini del recupero della minore deduzione effettuata, occorrerebbe procrastinare di un esercizio la deducibilità delle stesse quote ma ciò sarebbe contrario al dettato letterale del comma 3 dell'art. 71 del Tuir che prevede la deducibilità delle svalutazioni eccedenti lo 0,6 per cento in nove esercizi e non in dieci. In caso contrario, se fosse mantenuto invariato l'importo della quota deducibile si rispetterebbe il disposto dell'art. 71, comma 3, del Tuir ma verrebbe disatteso quello dell'art. 90, comma 4, che prevede il ragguaglio dei componenti negativi menzionati alla durata del periodo d'imposta. Al fine di coniugare tali ultime disposizioni normative, la società istante ha ritenuto che sarebbe corretto che la quota relativa alle svalutazioni eccedenti lo 0,60 per cento dei crediti effettuate in esercizi precedenti di cui al comma 3 dell'art. 71 del Tuir debba essere commisurata alla minore durata del periodo d'imposta rispetto a quello ordinario di dodici mesi. Per evitare di allungare di un esercizio la durata del periodo di deducibilità delle quote di svalutazioni eccedenti, la società istante riterrebbe corretto dedurre l'ammontare residuo in quote costanti nei restanti esercizi in modo da completare la deduzione dell'eccedenza medesima entro il nono esercizio, come previsto dall'art. 71, comma 3, del Tuir.
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Soluzione prospettata dall'Agenzia delle Entrate L'Agenzia delle Entrate ha affermato che la disposizione che prevede la deduzione differita per la parte eccedente il limite dello 0,60 per cento della svalutazione dei crediti risultanti in bilancio, aumentati della svalutazione dell'esercizio, "è un meccanismo di carattere forfetario che disciplina la deducibilità, in (sette o) nove esercizi, di un costo fiscalmente riconosciuto che si riferisce al periodo d'imposta in cui la svalutazione è stata effettuata. Tale eccedenza, quindi, costituisce un componente negativo di reddito autonomo che non interferisce più con le vicende successive del credito (14) la cui deducibilità non è, in alcun modo, correlata alla durata del periodo d'imposta". Non è chiaro in base a quali principi tale eccedenza, rateizzata in più esercizi, debba essere considerata come un componente negativo di reddito autonomo e, anche qualora il credito non sia più iscritto in bilancio, debba continuare ad essere dedotta. Due possibili spiegazioni sono che: - l'accantonamento è stato effettuato per masse di crediti (15), quindi perde la sua correlazione al singolo credito cui si riferisce e, pertanto, non risulta più teoricamente possibile effettuare successive variazioni in aumento qualora il suddetto credito si estingua; - la svalutazione eccedente la quota fiscalmente ammessa deve essere considerata autonoma in quanto il diritto alla deducibilità della svalutazione del credito iscritto in bilancio è sorto nel momento in cui si è fiscalmente originata tale eccedenza; ai fini del riconoscimento della deducibilità di tali quote pari ad 1/9 per i nove esercizi successivi, a nulla rileva che il requisito che sussisteva quando si è effettuata la svalutazione debba ancora sussistere quando si deducono le successive quote. Contrariamente al disposto letterale dell'art. 90, comma 4, del Tuir, l'Amministrazione finanziaria nella risoluzione in commento afferma che «il
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ragguaglio alla superiore o minore durata del periodo d'imposta, previsto nell'ultimo periodo del citato art. 90, comma 4, del Tuir si applica a quei componenti negativi di reddito la cui deducibilità è stabilita forfetariamente sulla base di percentuali che sono state calcolate in ragione della normale durata del periodo d'imposta pari a dodici mesi. Ne sono un classico esempio le quote di ammortamento dei beni materiali di cui al comma 2 dell'art. 67 del Tuir. Ne consegue che il ragguaglio alla durata del periodo d'imposta non si applica, invece, a quei componenti negativi la cui deducibilità è stabilita in misura fissa indipendentemente dalla durata del periodo d'imposta». Pertanto, nel periodo d'imposta di sei mesi, ad esempio 1° gennaio-30 giugno, la quota relativa alle eccedenze di svalutazioni effettuate nei periodi d'imposta precedenti resta invariata.
Si osserva che la risoluzione in commento non considera che, in base a quanto disposto dall'art. 90, comma 4, del Tuir, vanno ragguagliati anche i componenti positivi di reddito richiamati dallo stesso articolo.
Casi in cui si modifica la durata dell'esercizio Oltre al caso di modifica statutaria della durata dell'esercizio sociale, i casi più importanti in cui vi è una durata diversa dell'esercizio rispetto all'anno solare sono quelli della: - fusione; - scissione; - trasformazione; - liquidazione volontaria, relativamente al antecedente alla messa in liquidazione della società.
periodo
d'imposta
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Ci soffermeremo solo su alcune operazioni straordinarie, in particolare, fusione e scissione, e riteniamo che analoghe considerazioni vadano svolte, mutatis mutandis, negli altri casi menzionati; inoltre, considereremo espressamente anche il caso della rateizzazione delle svalutazioni delle partecipazioni immobilizzate effettuate in vigenza del D.L. 24 settembre 2002, n. 209 (16) e, sebbene l'interpello in esame menzioni solamente le componenti negative di reddito, estenderemo le nostre considerazioni anche a quei componenti positivi di reddito la cui tassazione è rinviata in più esercizi, come, per esempio, le plusvalenze rateizzate ex art. 54, comma 4, del Tuir.
La fusione di società In caso di fusione, senza effetto retroattivo, abbiamo, di frequente, la creazione di due distinti ed autonomi periodi d'imposta, uno relativamente alla società incorporata (ad esempio, dal 1° gennaio al 31 marzo) l'altro relativo alla società incorporante (ad esempio, dal 1° gennaio al 31 dicembre dello stesso anno). Ritenendo applicabile il principio affermato nella risoluzione in commento, ossia la non applicazione del ragguaglio alla durata del periodo d'imposta ex art. 90, comma 4, del Tuir a quei componenti negativi la cui deducibilità è stabilita in misura fissa indipendentemente dalla durata del periodo d'imposta, ne consegue che: - la società incorporata potrà dedurre integralmente un quinto delle spese di manutenzione eccedenti il 5 per cento relativamente agli esercizi precedenti ed il cinque per cento delle spese anche nel periodo di minore durata ante fusione (1° gennaio-31 marzo); le eccedenze si trasferiranno alla società incorporante che le dedurrà nei cinque periodi d'imposta successivi; - la società incorporante potrà dedurre integralmente dal periodo d'imposta in corso della fusione un quinto delle spese di manutenzione eccedenti il 5 per cento provenienti dalla società incorporata relativamente ai periodi d'imposta ante fusione (compreso anche il periodo 1° gennaio-31 marzo); rimane, altresì, possibile per la società incorporante la deduzione delle spese di manutenzione "proprie" nei limiti della loro deducibilità in base all'art. 67, comma 7, del Tuir, comprendendo nel calcolo del 5 per cento anche il valore dei cespiti provenienti dalla società incorporata. Ne deriverebbe, quindi, un'accelerazione della deducibilità delle spese di manutenzione (17) che lambisce, senza modificare sostanzialmente, il principio di neutralità della fusione, almeno con riferimento ai tempi di esecuzione della stessa (18).
La scissione di società Per quanto riguarda i costi fiscalmente ammessi sostenuti in un determinato periodo d'imposta ante scissione e la cui deducibilità è stata
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procrastinata per disposizione di legge (come, per esempio, le spese di manutenzione eccedenti il 5 per cento) valgono alcune fondamentali considerazioni in tema di scissione. Come affermato nella risoluzione del 1° aprile 2003, n. 82/E, tali componenti negativi di reddito dedotti in esercizi successivi in base a disposizioni di legge sono del tutto autonomi e, anche qualora il bene cui si riferiscono non sia più iscritto in bilancio, continuano ad essere dedotti, in caso di scissione parziale, dalla società scissa; in caso di scissione totale, la deduzione è effettuata proporzionalmente al patrimonio netto trasferito alle società beneficiarie (19). La scissione totale, ma anche quella parziale, comporta, di frequente, la creazione di due distinti ed autonomi periodi d'imposta, uno relativamente alla società scissa (ad esempio, dal 1° gennaio al 31 marzo) e l'altro relativo alla società beneficiaria, ove preesistente (ad esempio, dal 1° gennaio al 31 dicembre). Ritenendo applicabile anche nel caso di scissione totale non retrodatata il principio affermato nella risoluzione in commento e riferendoci, per semplicità, alle spese di manutenzione avremo che: - la società scissa per il periodo 1° gennaio-31 marzo potrà dedurre nella misura del 5 per cento le spese di manutenzione sostenute nel periodo ragguagliate alla durata di utilizzo dei beni materiali da parte della medesima; potrà, inoltre, dedurre un quinto delle spese di manutenzione eccedenti il 5 per cento provenienti dagli esercizi precedenti mentre saranno trasferite alle società beneficiarie le eccedenze non dedotte dalla società scissa in proporzione alle quote di patrimonio netto trasferite; - la società beneficiaria del trasferimento del cespite cui si riferiscono le spese di manutenzione potrà dedurre, proporzionalmente al patrimonio netto ricevuto, sia un quinto delle spese di manutenzione eccedenti il 5 per cento provenienti dalla società scissa sia la percentuale residua del 5 per cento, non dedotta dalla società scissa, nei limiti della durata di utilizzo dei beni da parte della società beneficiaria; rimane, altresì, possibile per la società beneficiaria la deduzione delle spese di manutenzione "proprie" nei limiti della loro deducibilità. Anche in questo caso, come per la fusione, ne deriverebbe un'accelerazione della deducibilità delle spese di manutenzione che lambisce, senza modificare sostanzialmente, il principio di neutralità della scissione (20).
La svalutazione delle partecipazioni Come disposto dalla L. 22 novembre 2002, n. 265 di conversione del D.L. n. 209/2002 citato, le minusvalenze non realizzate (21) relative a partecipazioni iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie, negoziate e non nei mercati regolamentati, non sono integralmente deducibili nel primo esercizio in cui sono state iscritte bensì sono dedotte in quote costanti nell'esercizio (rectius: nel periodo d'imposta) e nei quattro successivi (22).
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Dal momento che, come previsto dalla risoluzione in commento, il ragguaglio alla durata del periodo d'imposta non si applica a quei componenti negativi la cui deducibilità è stabilita in misura fissa indipendentemente dalla durata di quest'ultimo, ciò lascerebbe intendere che, anche qualora il periodo d'imposta abbia durata inferiore all'anno solare, risulti possibile dedurre integralmente le quote di minusvalenze non realizzate (23) relative a partecipazioni immobilizzate.
Conclusioni Nonostante l'interpello abbia valore vincolante per l'Amministrazione finanziaria solo nei propri confronti e relativamente al singolo caso prospettato, si ritiene che nella risoluzione in commento siano stati affermati principi aventi una portata generale che possono essere presi in considerazione ogni qual volta si crei un periodo d'imposta di durata inferiore, o superiore, all'anno solare; intendiamo riferirci: i) alle ipotesi di operazioni straordinarie; ii) al caso in cui vi siano minusvalenze non realizzate relative a partecipazioni iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie, a seguito dell'introduzione della L. n. 265/2002 citata; iii) alle plusvalenze rateizzate di cui all'art. 54, comma 4, del Tuir; iv) alle spese di rappresentanza di cui all'art. 74, comma 2, del Tuir. I componenti negativi di reddito la cui deducibilità è stabilita in misura fissa nei confronti dei quali, stante l'interpretazione ministeriale, non si applica il ragguaglio alla minore o superiore durata del periodo d'imposta, e che risultano altresì espressamente richiamati dall'art. 90, comma 4, del Tuir, sono: di manutenzione, riparazione, ammodernamento i) le spese trasformazione; ii) gli accantonamenti per rischi su crediti; iii) gli accantonamenti al fondo per lavori ciclici su navi aeromobili.
e
ed
Le chiusure anticipate dell'esercizio effettuate al solo fine di beneficiare della maggiore accelerazione della deducibilità delle componenti negative di reddito, prive di valide ragioni economiche, potrebbero essere considerate potenzialmente elusive (24). Nel caso in esame, più che un indebito vantaggio tributario si avrebbe un vantaggio finanziario dato che queste componenti negative sarebbero state comunque dedotte in futuro. Se, da un lato, in caso di periodo d'imposta di durata inferiore all'anno solare, si ha una accelerazione della deduzione di quei componenti che, in base al principio affermato nella risoluzione in commento, non sono ragguagliati pro rata temporis è pur vero che accade l'opposto, ossia si ha:
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i) una decelerazione della deduzione degli stessi componenti nel caso di durata del periodo d'imposta superiore all'anno solare, ipotesi piuttosto rara; ii) una anticipazione per quei componenti positivi la cui tassabilità è rinviata negli esercizi successivi (come, per esempio, per le plusvalenze di cui all'art. 54, comma 4, del Tuir). Il testo unico proposto in bozza non modifica sostanzialmente l'attuale art. 90, comma 4, del Tuir; si attende, perciò, che si prenda in considerazione anche l'opportunità di riformulare la suindicata norma in modo da rendere esplicito quali componenti reddituali vadano ragguagliati, in caso di durata inferiore o superiore dell'anno solare, pro rata temporis.
Note: (1) D.P.R. 22 dicembre integrazioni
1986,
n.
917
e
successive
modificazioni
e
Art. 90 Periodo d'imposta 1. L'imposta è dovuta per periodi di imposta, a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma salvo quanto stabilito negli artt. 94 e 102. Il periodo di imposta è costituito dall'esercizio o periodo di gestione della società o dell'ente, determinato dalla legge o dall'atto costitutivo. Se la durata dell'esercizio o periodo di gestione non è determinata dalla legge o dall'atto costitutivo o è determinata in due o più anni il periodo di imposta è costituito dall'anno solare. L'imputazione dei redditi al periodo di imposta è regolata dalle disposizioni relative alle categorie nelle quali rientrano. Se il periodo di imposta è superiore o inferiore a dodici mesi i redditi di cui agli artt. 57 e 78 sono ragguagliati alla durata di esso. Il ragguaglio si effettua anche ai fini delle disposizioni di cui ai commi 2, 7 e 8 dell'art. 67, agli artt. 69 e 71 e ai commi 1 e 2 dell'art. 73. (2) Cfr. relazione accompagnatoria allo schema di testo unico delle imposte sui redditi. (3) In banca dati "il fiscovideo". (4) L'art. 86, comma 4, della bozza di nuovo testo unico prevede che: "Se il periodo di imposta è superiore o inferiore a dodici mesi i redditi di cui agli articoli 102 e 128 sono ragguagliati alla durata di esso. Il ragguaglio si effettua anche ai fini delle disposizioni di cui ai commi 2, 7 e 8 dell'articolo 114, agli articoli 116 e 118 e ai commi 1 e 2 dell'art. 120". (5) Il Principio contabile n. 16 ha per oggetto la disciplina delle Immobilizzazioni materiali. (6) Cfr. Paragrafo 5.4.5 - Ammortamento delle immobilizzazioni - del
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Principio contabile n. 30 citato. (7) In tema di ammortamento accelerato, cfr. risoluzione del 1° luglio 2003, n. 145/E, in "il fisco" n. 27/20003, fascicolo n. 2, pag. 4230. (8) La parte di costo non ammortizzata, e non dedotta nell'esercizio di effettuazione dell'ammortamento ridotto, viene recuperata a condizione che non sia inferiore alla metà dell'aliquota ordinaria in quanto, in questo caso, potrebbe risultare non più recuperabile negli esercizi successivi, salvo i limiti stabiliti dai coefficienti ministeriali. Nel caso in cui l'ammortamento effettuato risulti inferiore alla metà, la differenza tra questo e l'aliquota ordinaria ridotta alla metà, potrà essere recuperata soltanto in sede di cessione del bene cui si riferisce. Ciò viene dedotto dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione tributaria, del 1° aprile 1996, n. 2992 e, in senso conforme a quest'ultima, dalla più recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione tributaria, del 21 ottobre 1998, n. 10412 (in banca dati "il fiscovideo"), in cui viene affermato che "in tema di imposte sui redditi, nella ipotesi di eliminazione dal complesso produttivo di beni non completamente ammortizzati, il costo residuo che il contribuente può dedurre dall'imponibile è determinato tenendo conto degli ammortamenti effettivamente operati, ancorché siano stati calcolati in misura inferiore (anche di oltre la metà) a quella massima fiscalmente consentita". Tuttavia, tale orientamento della Suprema Corte risulta non conforme a quanto affermato nella circolare del 7 maggio 1977, n. 9/603 (in banca dati "il fiscovideo"), in cui si dispone che "se la quota di ammortamento calcolata in un certo esercizio è inferiore alla metà della quota massima fiscalmente consentita, la differenza tra la quota effettiva e il 50 per cento dell'aliquota massima va separatamente indicata (di fatto, trattandosi di quota che non sarà mai più detraibile, affluirà comunque a formare la consistenza fiscale del fondo ammortamento)". (9) Cfr. risoluzione del 22 novembre 2001, n. 187/E (in "il fisco" n. 2/2002, fascicolo n. 2, pag. 254), in cui si afferma che l'ammortamento decelerato non è ammesso se l'effettiva minore utilizzazione del bene rispetto a quella normale del settore non deriva dalla minore utilizzazione dei beni ma dal più elevato livello di manutenzione svolto dalla società per garantire un livello di sicurezza per il servizio pubblico. (10) Il nuovo comma 3 dell'art. 67 del Tuir dispone che «La misura massima indicata nel comma 2 può essere superata in proporzione alla più intensa utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore. La misura stessa può essere elevata fino a due volte, per ammortamento anticipato nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima volta e nei due successivi ... nell'ipotesi di beni già utilizzati da parte di altri soggetti, l'ammortamento anticipato può essere eseguito dal nuovo utilizzatore soltanto nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione. Con decreto del Ministro delle finanze, la indicata misura massima può essere variata, in aumento o in diminuzione, nei limiti di un quarto, in relazione al periodo di utilizzabilità dei beni in particolari processi produttivi ...". (11) In "il fisco" n. 14/2003, fascicolo n. 2, pag. 2186 (12) La disciplina delle svalutazioni dei crediti degli enti creditizi e finanziari è stata introdotta dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, legge Finanziaria 1996, con effetto dal 1° gennaio 1996, per "... attribuire pieno riconoscimento alle svalutazioni imputate a conto economico onde
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allineare il valore fiscale a quello risultante in bilancio, senza con ciò eliminare la previsione del limite massimo di deducibilità in ciascun esercizio ...". Cfr. relazione di accompagnamento alla legge citata. (13) L. 21 novembre 2000, n. 342 Art. 23 Svalutazione dei crediti ed accantonamenti per rischi su crediti (comma 1) 1. Al comma 3 dell'articolo 71 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti, ovunque ricorrano, le parole: "0,50 per cento" sono sostituite dalle seguenti: "0,60 per cento" e le parole: "nei sette esercizi successivi" sono sostituite dalle seguenti: "nei nove esercizi successivi". (14) Pertanto, si continuerà a dedurre la quota di 1/9 dell'eccedenza della svalutazione fiscalmente ammessa anche in caso di successiva estinzione del credito. (15) Come sostenuto dalla dottrina. Cfr., Testo Unico delle imposte sui redditi, P. Ceppellini, R. Lugano, Ed. "Il Sole-24 Ore", VII Ed., pag. 552, per quanto riguarda gli enti creditizi e finanziari i crediti devono essere valutati singolarmente, ossia deve essere monitorata ogni partita creditoria. Tuttavia, l'art. 20, comma 5, del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87, avente ad oggetto "Attuazione della direttiva n. 86/635/CEE, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, e della direttiva n. 89/117/CEE, relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro", dispone che la svalutazione dei crediti bancari possa avvenire oltre che analiticamente anche in modo forfetario o attraverso la costituzione di fondi rischi nel passivo dello stato patrimoniale, purché tali fondi siano destinati a fronteggiare rischi soltanto eventuali sui crediti. (16) D.L. 24 settembre 2002, n. 209, avente ad oggetto le "Disposizioni urgenti in materia di razionalizzazione della base imponibile, di contrasto all'elusione fiscale, di crediti di imposta per le assunzioni, di detassazione per l'autotrasporto, di adempimenti per i concessionari della riscossione e di imposta di bollo". (17) Per quanto riguarda la deducibilità delle spese di manutenzione e riparazione della società incorporata eccedenti la quota fiscalmente deducibile ai sensi dell'art. 67, comma 7, del Tuir, la circolare della Direzione imposte dirette del 7 novembre 1988, n. 5/3401, ha precisato che tali spese sono fiscalmente deducibili sia nei confronti della società incorporata che della società incorporante nella misura del 20 per cento (per gli anni successivi alla data di effetto della fusione) prevista dalla norma citata, per ciascuna società e con riferimento ai rispettivi periodi di imposta. L'art. 90, comma 4, del Tuir dispone, comunque, che le manutenzioni deducibili debbano essere calcolate pro rata temporis. (18) Cfr. art. 123, comma 1, del Tuir, in tema di fusione di società, che dispone che "La fusione tra più società non costituisce realizzo né
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distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento. Le plusvalenze e minusvalenze risultanti dalle situazioni patrimoniali prescritte dall'art. 2502 (ora: 2501-ter, n.d.r.) del codice civile non si considerano iscritte in bilancio" (19) Questo deriva dal fatto che: - il diritto alla deduzione di quel costo è sorto antecedentemente e quindi fa parte, nel momento in cui si effettua la scissione, del patrimonio netto e non è più legato a quel cespite ma a tutto il patrimonio; ne consegue che dovrà essere trasferito con il metodo della proporzionalità; - la spesa eccedente la quota fiscalmente ammessa deve essere considerata autonoma e di pertinenza della società scissa in quanto il diritto alla deducibilità di tale componente negativo di reddito è sorto nel momento in cui si è fiscalmente originata tale eccedenza; ai fini del riconoscimento della deducibilità di tali quote, a nulla rileva che il requisito che sussisteva quando si è effettuata la spesa fiscalmente ammessa debba ancora sussistere quando si deducano le successive quote; - di frequente, la spesa sostenuta è stata effettuata per masse di beni, quindi perde la sua correlazione al singolo bene cui si riferisce e non risulta più teoricamente possibile effettuare successive variazioni in aumento qualora il suddetto bene sia trasferito ad altro soggetto giuridico (rectius: alla società beneficiaria). (20) Cfr. art. 123-bis, comma 1, del Tuir, in tema di scissione di società, che dispone che "La scissione totale o parziale di una società in altre preesistenti o di nuova costituzione non dà luogo a realizzo né a distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della società scissa, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamento. Le plusvalenze e le minusvalenze risultanti dai progetti di scissione redatti a norma dell'art. 2504-octies del codice civile o delle situazioni patrimoniali redatte a norma dell'art. 2504-novies dello stesso codice non si considerano iscritte in bilancio". (21) Come affermato nella circolare del 26 novembre 2002, n. 85/E (in "il fisco" n. 45/2002, fascicolo n. 2, pag. 6475), "Si intendono minusvalenze non realizzate tutte quelle che derivano dalla valutazione dei titoli o quote di partecipazione ...". (22) Come disposto nel Principio contabile n. 25 elaborato dal Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti (Pocket n. 3 allegato a "il fisco" n. 15/2003, pag. 6524) - Il trattamento contabile delle imposte sui redditi - la rateizzazione in cinque esercizi della deduzione delle svalutazioni fiscalmente rilevanti comporta, qualora ne sussistano i presupposti, l'iscrizione in bilancio delle imposte anticipate. (23) Le minusvalenze realizzate solo mediante cessione a titolo oneroso o di indennizzo sono interamente deducibili nell'esercizio del loro realizzo. Secondo l'Assonime - cfr. circolare Assonime del 1° dicembre 2002, n. 71, pag. 20 - dovrebbe continuare a valere il regime (facoltativo) di deduzione immediata dei versamenti e delle remissioni di debito a copertura di perdite per la parte che eccede il patrimonio netto della società emittente risultante dopo la copertura di cui all'art. 61, comma 5, del Tuir. Infatti, tale onere viene concepito dal sistema fiscale come una spesa d'esercizio e non come una svalutazione (ultimo capoverso del comma 5
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dell'art. 61 del Tuir) e, pertanto, è deducibile nel momento in cui è effettivamente sostenuto. (24) Tuttavia, l'art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che prevede, al comma 1, che "Sono inopponibili all'Amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti" ha una portata non generale ma limitata nel senso che si applica solamente qualora il vantaggio tributario sia conseguenza di una o piÚ operazioni, anche collegate tra di loro, elencate nel comma 3 dello stesso articolo (fusioni, scissioni, conferimento di attivo, eccetera), dirette ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e poste in essere senza valide ragioni economiche.
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