SANZIONI TRIBUTARIE Dott. Ignazio La Candia
SANZIONI TRIBUTARIE: FONTI NORMATIVE DLgs. n. 472/1997: legge generale sulle amministrative per le violazioni di norme tributarie
sanzioni
DLgs. n. 471/1997: legge generale sulle sanzioni in materia di imposte dirette, Iva e riscossione D.L. n. 269/2003: sanzioni relative al rapporto fiscale di persone giuridiche
SANZIONI TRIBUTARIE Principi e procedimento di irrogazione Applicazione delle sanzioni nella societĂ Colpevolezza, autore mediato e concorso di persone La frode del consulente e le tecniche di difesa Le cause di non punibilitĂ : gli strumenti per farle valere
SANZIONI TRIBUTARIE
La violazione di un obbligo tributario comporta, come diretta conseguenza, l’applicazione di una sanzione. L’ordinamento tributario prevede due tipi di sanzioni, amministrative e penali, a seconda che la violazione costituisca, in base alla legge, illecito amministrativo o illecito penale.
La sanzione amministrativa consiste, generalmente, nel pagamento di una somma di denaro. A questa possono aggiungersi, in determinati casi, sanzioni accessorie (ex DLgs. n. 472/1997).
PRINCIPI E PROCEDIMENTO DI IRROGAZIONE DELLE SANZIONI I criteri in base ai quali si applicano le sanzioni in ambito tributario possono essere riassunti nei seguenti punti : le sanzioni hanno carattere personale e riguardano solo chi ha commesso la violazione (principio di personalità) nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione delle violazione (principio di legalità) nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile (principio di irretroattività) le leggi intervenute dopo il fatto si applicano se più favorevoli al contribuente (principio del favor rei) a condizione che il provvedimento di irrogazione delle sanzioni non sia divenuto definitivo non può essere assoggettato a sanzione chi, al momento in cui ha commesso il fatto non aveva la capacità di intendere e di volere in base ai criteri indicati dal c.p. (principio di imputabilità) ne coscienza e volontà della propria condotta (dolo o colpa) se l’autore della violazione ha agito nell’interesse di un ente con personalità giuridica o società, quest’ultimo soggetto è responsabile del pagamento della sanzione (principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica)
PRINCIPIO DI LEGALITÀ: OSSERVAZIONI
In dottrina si è a lungo dibattuto se ricondurre tale principio nell’ambito del dettato di cui all’art. 23 della Cost., ovvero dell’art. 25, comma 2, della Cost. (principio di legalità in materia penale)
Attualmente, la dottrina maggioritaria e la prevalente giurisprudenza sembrano ricondurre le sanzioni tributarie nell’ambito dell’operatività dell’art. 25, comma 2, della Costituzione
PROCEDIMENTO DI IRROGAZIONE DELLE SANZIONI
La sanzione amministrativa e le sanzioni accessorie sono irrogate dall’Ufficio o dall’ente competente all’accertamento dei tributi cui le violazioni si riferiscono (art. 16, comma 1, DLgs. n. 472/1997)
Si distinguono tre tipologie di procedimenti di irrogazione delle sanzioni:
Ordinario (art. 16 DLgs. n. 472/1997) Semplificato (art. 17, commi 1 e 2, DLgs. n. 472/1997) Ultrasemplificato (art. 17 comma 3 DLgs. n. 472/1997)
PROCEDIMENTO ORDINARIO (art. 16 DLgs. n. 472/1997)
Irrogazione delle sanzioni non collegate al tributo cui si riferiscono = in questo caso è prevista la notifica di un atto di contestazione L’atto di contestazione deve indicare, a pena di nullità: i fatti attribuiti al trasgressore gli elementi probatori le norme applicate i criteri per la determinazione delle sanzioni e della loro entità i minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni
L’atto di contestazione deve contenere inoltre: l’invito a pagare le somme dovute nel termine di sessanta giorni dalla sua notificazione l’invito a produrre nello stesso termine, se non si intende ricorrere alla definizione agevolata, le deduzioni difensive l’indicazione dell’organo al quale proporre impugnazione
PROCEDIMENTO SEMPLIFICATO (art. 17, commi 1 e 2, DLgs. n. 472/1997) Irrogazione immediata delle sanzioni collegate al tributo = le sanzioni collegate al tributo a cui si riferiscono sono irrogate con l’avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità
PROCEDIMENTO ULTRASEMPLIFICATO (art. 17, comma 3, DLgs. n. 472/1997)
Irrogazione immediata delle sanzioni collegate al tributo = possono essere irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione, le sanzioni per omesso e ritardato pagamento dei tributi, anche se risultanti da controlli automatizzati o formali delle dichiarazioni presentate dai contribuente (per tali sanzioni, si ricorda, non è ammessa la definizione agevolata)
APPLICAZIONE DELLE SANZIONI NELLA SOCIETÀ
L’art. 7, comma 1, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, dispone che le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica
Come si desume dalla rubrica dello stesso articolo 7 (“sanzioni amministrative tributarie”), la nuova disciplina opera in relazione a tutte le sanzioni amministrative aventi carattere tributario
APPLICAZIONE DELLE SANZIONI NELLA SOCIETÀ PRASSI AMMINISTRATIVA: Circolare Agenzia delle Entrate 21 giugno 2004, n. 28/E, Par. 4
La disposizione riguarda solo gli amministratori, i dipendenti ed i rappresentanti di società, associazioni od enti con personalità giuridica. Per i soggetti diversi da quelli appena richiamati, la responsabilità continua ad essere riferita alla persona che ha commesso la violazione, ferma restando la responsabilità solidale del soggetto nel cui interesse è stata commessa - se diverso dall’autore della violazione stessa – ai sensi dell’articolo 11 del DLgs. n. 472 del 1997 (cfr. Circ. Agenzia delle Entrate 21 giugno 2004 n. 28/E, par. 4.1)
Il criterio della personalizzazione della sanzione tributaria, tuttavia, non è stato del tutto abbandonato, posto che le novità apportate dal Decreto n. 269/2003 non si estendono alla generalità delle sanzioni, ma solo a quelle relative al “rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica” (cfr. Circ. Agenzia delle Entrate 21 giugno 2004 n. 28/E, par. 4.1)
COLPEVOLEZZA
ART. 5 DLgs. n. 472/1997
“Omissis… Ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Omissis…”
COLPEVOLEZZA (ART. 5 DLgs. n. 472/1997)
In ambito tributario, il concetto di colpevolezza mutua da quello definito in ambito penale (cfr. art. 42, comma 4, c.p.) ed evoca sostanzialmente la componente psicologica del reato
Ne consegue che l’autore del comportamento oggettivamente antigiuridico risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa colposa o dolosa a meno che la violazione non sia stata commessa per colpa lieve (cfr. Cass. Trib. 22 gennaio 2007, n. 1328)
COLPEVOLEZZA (ART. 5 DLgs. n. 472/1997)
Si segnalano in materia due recenti orientamenti della Corte di Cassazione: Cass. civ. Sez. V, Sentenza del 14 marzo 2014, n. 5965, nella quale la Corte ha chiarito che “in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, ai fini dell'affermazione di responsabilità del contribuente, occorre che l'azione od omissione causativa della violazione sia volontaria, ossia compiuta con coscienza e volontà, e colpevole, ossia compiuta con dolo o negligenza, e la prova dell'assenza di colpa grava sul contribuente, sicchè va esclusa la rilevabilità d'ufficio di una presunta carenza dell'elemento soggettivo, sotto il profilo della mancanza assoluta di colpa” Cass. civ. Sez. V, Sentenza dell’11 dicembre 2013, n. 27712, nella quale la Corte ha affermato che “In tema di sanzioni amministrative, per violazione di norme tributarie, l'art. 5, D.Lgs. n. 472 del 1997, richiede la consapevolezza del contribuente, in ordine al comportamento sanzionato, condotta che non deve essere necessariamente dolosa, sanzionando la legge anche la mera negligenza”
AUTORE MEDIATO (ART. 10 DLgs. n. 472/1997)
In base alla disposizione tributaria, salvo il caso di concorso di persone, chi con violenza o minaccia o inducendo altri in errore incolpevole ovvero avvalendosi di persona incapace, anche in via transitoria, di intendere e di volere, determina la commissione di una violazione ne risponde in luogo del suo autore materiale La figura dell’autore mediato, di derivazione penalistica, nasce sotto la pressione di esigenze pratiche, per colmare le lacune dell’ordinamento in tutti quei casi in cui pare ingiusto sanzionare l’autore materiale di un fatto e parimenti ingiusto lasciare impunito chi, indirettamente, ha voluto il verificarsi di quel fatto servendosi del primo come strumentum inconsapevole o incolpevole
CONCORSO DI PERSONE (art. 9)
L’art. 9 del DLgs. n.472/1991 prevede l’assoggettamento a sanzione per ciascuna delle persone che “concorrono” nella violazione
A differenza della L. n. 689/1981, recante modifiche al sistema penale, che aveva chiaramente optato per la piena acquisizione del principio penalistico di cui all’art. 110 c.p., la nuova normativa in materia di sanzioni tributarie non penali costruisce un sistema “misto”tra disciplina penalistica e civilistica
CONCORSO DI PERSONE: ELEMENTI COSTITUTIVI Per aversi concorso di persone si ritiene debbano sussistere: • un pluralità di soggetti agenti • la realizzazione dell’elemento oggettivo della violazione • un contributo causale di ciascuno alla verificazione del fatto; • la volontà di ogni soggetto a cooperare nella commissione del fatto stesso Per quanto riguarda il profilo soggettivo il concorso deve essere sorretto dalla volontarietà della condotta e dalla coscienza da parte dell’agente Sotto il profilo oggettivo, in sostanza, si sostiene che, costituisce concorso qualsiasi contributo materiale o psichico relativo a taluna delle fasi dell’iter “criminoso” sia che si tratti della fase ideativa sia esecutiva. Al fine di ciò non è necessario un previo concerto tra i partecipi ma è sufficiente che l’attività del singolo si sia inserita con efficacia causale nella determinazione dell’evento, integrandosi con quella dei compartecipi, con la conseguenza che l’evento stesso è da considerarsi effetto dell’azione combinata di tutti
FRODE DEL CONSULENTE
L’orientamento della giurisprudenza tiene conto di una molteplicità di elementi, tra cui le intercettazioni telefoniche, il possesso di documenti relativi alle operazioni fittizie, l’occultamento e la distruzione di documenti contabili, ovvero la presentazione per via telematica della dichiarazione dei redditi fraudolenta
CAUSE DI NON PUNIBILITÀ (art. 6 DLgs. n. 472/1991) Nella disposizione di cui all’art. 6 il Legislatore elenca le cause di non punibilità richiamando la disciplina: • dell’errore incolpevole sul fatto che ha determinato la violazione (art. 47 c.p.) • dell’obbiettiva incertezza della legge • dell’omesso pagamento del tributo per fatto denunciato all’Autorità giudiziaria addebitabile esclusivamente a terzi (art. 1 L. 423/1995) • dell’ignoranza inevitabile della legge (art. 5 c.p.) • della forza maggiore • della esclusione della responsabilità per fatto doloso di terzo • delle violazioni formali senza debito d’imposta (art. 10 comma 3 Statuto del Contribuente) Inoltre, in ambito tributario, non danno luogo a violazioni punibili le rilevazioni eseguite nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili e le valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima
IGNORANZA INEVITABILE DELLA LEGGE: OSSERVAZIONI
Si configura la causa di non punibilità di cui al comma 4 dell’art. 6 del DLgs. n. 472/1997 quando l’errore cade sul precetto normativo. La definizione utilizzata in ambito tributario mutua da quella penalistica di cui all’art. 5 del c.p., secondo il quale “nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”.
Questo principio, valido in senso assoluto fino al 1988, ha trovato un suo ridimensionamento nella sentenza n. 364/1988 della Corte Costituzionale che, rilevando il contrasto con varie norme della Costituzione (artt. 2,3,25 e 73 della Cost.) ha statuito che “l’ignoranza della legge penale non scusa tranne che si tratti di ignoranza inevitabile”.
FORZA MAGGIORE: OSSERVAZIONI
Ai sensi dell’art. 45 del c.p. “non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore”. Nel diritto penale il Legislatore non dà alcuna definizione di “forza maggiore”, né di “caso fortuito”
La Suprema Corte ritiene riconducibile alla forza maggiore un evento derivante dalla natura o dall’uomo che anche se previsto non può essere impedito (Cfr. Cass. n. 8826/1980)
FORZA MAGGIORE: OSSERVAZIONI
Le recenti sentenze della Commissione Trib. Prov. di Lecco del 23 luglio 2010, n. 352 e della Commissione Trib. Reg. Lazio del 20 giugno 2012, n. 158, hanno riconosciuto la “causa di forza maggiore” e, quindi, la non punibilità, quando la violazione è dipesa da mancanza di liquidità dell’azienda legata ad insufficienza di incassi, oppure all’esigenza di dare la precedenza ad altri creditori (ad esempio, dipendenti) piuttosto che all’Erario
In particolare, le sanzioni da omesso versamento non possono essere irrogate qualora la condotta sia dipesa da forza maggiore (impossibilità economica). Nella specie, l’inadempimento al versamento delle imposte era derivato dal fatto che il contribuente non aveva ottenuto il versamento di crediti vantati nei confronti di Enti pubblici (cfr. Commissione Trib. Reg. Lazio n. 158 del 20 giugno 2012)
LE SANZIONI TRIBUTARIE IN MATERIA DI MONITORAGGIO FISCALE
Il D.L. n. 167/1990 (modificato recentemente dalla L. n. 93/2013) prevede l’obbligo per persone fisiche, enti non commerciali, società semplici ed equiparate, residenti in Italia, di indicare nella dichiarazione annuale dei redditi gli investimenti all’estero, ovvero le attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia (quadro RW del modello Unico) La violazione di questo obbligo di dichiarazione comporta l’applicazione della sanzione amministrativa dal 3 al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati Se gli investimenti all’estero o le attività estere di natura finanziaria sono detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, la violazione dell’obbligo di dichiarazione è punita con la sanzione amministrativa dal 6 al 30% dell’ammontare degli importi non dichiarati Infine, quando la dichiarazione viene presentata con un ritardo non superiore a novanta giorni dalla scadenza del termine, si applica la sanzione di euro 258
LA TUTELA DEL CONTRIBUENTE NEL RAPPORTO TRA PROCEDIMENTO PENALE E TRIBUTARIO Dott. Ignazio La Candia
LA TUTELA DEL CONTRIBUENTE NEL RAPPORTO TRA PROCEDIMENTO PENALE E TRIBUTARIO
La circolazione del materiale probatorio tra il procedimento tributario e quello penale Le regole di legittimità nella acquisizione da parte dell’Amministrazione Finanziaria e Giudice Tributario Istruttoria penale e “raddoppio dei termini” di accertamento.
I RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO PENALE E TRIBUTARIO
L’art. 20 del DLgs. n. 74/2000 contiene l’esplicita affermazione di indipendenza del procedimento penale rispetto a quello tributario, statuendo il divieto di sospensione del processo tributario in attesa dell’esito di quello penale, avente ad oggetto i medesimi atti o fatti dal cui accertamento dipende la definizione della controversia fiscale
In tal modo, il Legislatore ha sancito la reciproca indipendenza dei giudizi, secondo il modello del c.d. “doppio binario” Se da un lato però è stata enunciata l’autonomia dei due giudizi, dall’altro la giurisprudenza e persino il Legislatore spesso introducono molteplici elementi di contatto e reciproca interazione tra i due procedimenti
I RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO PENALE E TRIBUTARIO: OSSERVAZIONI
La Giurisprudenza è costante nel sostenere che nel processo tributario il giudice può legittimamente fondare il proprio convincimento anche sulle prove acquisite nel processo penale, pure se questo è destinato a concludersi con una pronuncia opponibile alle parti del giudizio civile, purché tali prove vengano dal giudice tributario sottoposte ad una propria ed autonoma valutazione (da ultimo, cfr. Corte di Cassazione, Sez. Trib., sentenza del 20 marzo 2013, n. 6918).
I RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO PENALE E TRIBUTARIO: OSSERVAZIONI
La sentenza della Corte di Cassazione del 20 marzo 2013 n. 6918, si colloca nel consolidato orientamento che attribuisce limitata valenza probatoria al materiale proveniente dal processo penale, richiedendo al Giudice tributario una libera e autonoma valutazione dello stesso ai fini della decisione
Al Giudice tributario sarà anche richiesto l’apprezzamento della legittimità dell’acquisizione della prova nel procedimento da cui origina, dovendo, in caso di esito negativo, dichiararne l’inutilizzabilità
La sentenza sembra inserirsi in un progressivo fenomeno di erosione del principio di autonomia del processo tributario rispetto a quello penale che talune disposizioni legislative hanno ulteriormente acuito.
I RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO PENALE E TRIBUTARIO: OSSERVAZIONI
Con la Sentenza n. 7739 del 28 febbraio 2012, la Corte di Cassazione ha affermato che “la determinazione della soglia quantitativa compete esclusivamente al giudice penale, che potrebbe arrivare a conclusioni diverse da quelle alle quali è pervenuta l’Amministrazione Finanziaria. Infatti, spetta esclusivamente al giudice penale il compito di procedere all’accertamento e alla determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche ad entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinnanzi al giudice tributario (Sez. III, n. 21213 del 26 febbraio 2008)”.
LA CIRCOLAZIONE DEL MATERIALE PROBATORIO TRA IL PROCEDIMENTO TRIBUTARIO E QUELLO PENALE
L’art. 23 del DLgs. n. 74/2000 ha apportato delle modifiche agli artt. 63, comma 1, del DPR n. 633/1972 e 33, comma 3 del DPR n. 600/1973, laddove tali disposizioni disciplinano la trasmissione agli Uffici finanziari degli atti di indagine svolti in sede penale
Il trasferimento nel processo tributario di risultanze probatorie acquisite in sede penale e selezionate dagli accertatori solleva profili di legittimità costituzionale, con particolare riferimento alla tutela del diritto di difesa e al principio del giusto processo, fondato sul principio della parità delle parti
LA CIRCOLAZIONE DEL MATERIALE PROBATORIO TRA IL PROCEDIMENTO TRIBUTARIO E QUELLO PENALE Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha chiarito che le intercettazioni eseguite durante le indagini penali relative ad un contribuente, se assunte legittimamente possono essere utilizzate anche nel giudizio tributario (cfr. Cass. Sez. Pen. sentenza del 7 febbraio 2013, n. 2619) Al fine di attenuare tale rigoroso orientamento, la Corte di Cassazione ha riconosciuto, da un lato, il pieno diritto del contribuente di contestare in sede di giudizio tributario l’interpretazione delle dichiarazioni intercettate e, dall’altro, sottolinea che in ogni caso tali elementi probatori nel processo tributario assumono un mero valore indiziario e vanno, pertanto, valutati con rigore La richiamata sentenza si inserisce nel filone giurisprudenziale e dottrinale che, pur formalmente riconoscendo la natura documentale del processo tributario, consente l’assunzione di elementi privi di tale connotazione (nel caso di specie le intercettazioni ambientali) e provenienti da procedimenti caratterizzati da una diversa disciplina probatoria, purché considerati elementi indiziari da sottoporre al vaglio del Giudice (cfr. altresì sul tema Corte di Cass., SS.UU. Pen., Sentenza del 9 aprile 2010, n. 13426; Corte di Cass., Sez. Trib. del 23 febbraio 2010, n. 4306; Corte di Cass., Sez. Trib. del 30 settembre 2011, n. 20032; Cass. Sez. Penale, Sentenza del 15 giugno 2007, n. 29688)
LA CIRCOLAZIONE DEL MATERIALE PROBATORIO TRA IL PROCEDIMENTO TRIBUTARIO E QUELLO PENALE Corte di Cassazione del 14 febbraio 2012 n. 5640: “Omissis… ai fini dell'individuazione del superamento o meno della soglia di punibilità, spetta esclusivamente al giudice penale il compito di procedere all'accertamento e alla determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche ad entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario. Quindi è ben possibile che la pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria venga ridimensionata o addirittura invalidata nel giudizio innanzi al giudice tributario. Ciò però non vincola il giudice penale e quindi non può escludersi che quest'ultimo possa eventualmente pervenire - sulla base di elementi di fatto in ipotesi non considerati dal giudice tributario - ad un convincimento diverso e ritenere nondimeno superata la soglia di punibilità per essere l'ammontare dell'imposta evasa superiore a quella accertata nel giudizio tributario. Omissis.. il giudice penale non è vincolato all'accertamento del giudice tributario, ma non può prescindere dalla pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria. L'accertamento con adesione e ogni forma di concordato fiscale si collocano sul crinale della distinzione appena tracciata: c'è un'iniziale pretesa tributaria che poi viene ridimensionata non già dal giudice tributario, ma da un atto negoziale concordato tra le parti del rapporto. Nondimeno il giudice penale non è vincolato all'imposta così "accertata"; ma per discostarsi dal dato quantitativo risultante dall'accertamento con adesione o dal concordato fiscale per tener conto invece dell'iniziale pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria al fine della verifica della soglia di punibilità prevista dagli artt. 4 e 5 citati occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l'iniziale quantificazione dell'imposta dovuta”
LA CIRCOLAZIONE DEL MATERIALE PROBATORIO TRA IL PROCEDIMENTO TRIBUTARIO E QUELLO PENALE Con la Sentenza n. 5640 del 2012, la Corte di Cassazione ha affermato alcuni principi di diritto di estremo rilievo per tracciare i confini della circolazione del materiale probatorio tra il procedimento tributario e quello penale (e viceversa) In particolare i giudici hanno precisato che: accertare il superamento o meno della soglia di rilevanza penale è compito riservato al giudice penale, non delegabile in alcun modo all'Amministrazione Finanziaria non può assumere rilevanza decisiva l'eventuale abbassamento dell'imposta dovuta a seguito della definizione dell'accertamento con adesione il ridimensionamento dell'imposta al di sotto della soglia di rilevanza penale potesse portare al venir meno del «fumus commissi delicti», in quanto il Procuratore della Repubblica non aveva allegato alcuna circostanza di fatto per dimostrare che l'imposta evasa raggiungeva la soglia di punibilità
RADDOPPIO DEI TERMINI DI ACCERTAMENTO
ART. 43, comma 3, DPR 29 SETTEMBRE 1973, N. 600
“In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione” La finalità della norma è quella di garantire all’Amministrazione Finanziaria un maggior lasso temporale per acquisire e valutare elementi di prova di gravi illeciti tributari aventi rilevanza penale e di consentire la circolazione delle prove dal processo penale al procedimento di accertamento tributario (ed, in ultimo, al processo tributario)
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI
La giurisprudenza di legittimità ha affermato che “risulta evidente lo scopo perseguito dal legislatore nell’armonizzare i termini previsti per l’accertamento delle violazioni fiscali punite con sanzione amministrativa con quelli, più lunghi, di prescrizione dei reati tributari, sicché non sussistono ragioni per ipotizzare un’illegittimità costituzionale della norma”.
Cfr. Cassazione, sez. III Pen., Sentenza del 30 novembre 2010, n. 42462.
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI
Accertare annualità molto risalenti nel tempo determina l’effetto di comprimere il principio della certezza dei rapporti giuridici, con la conseguenza quindi di una soggezione sine die del contribuente al potere si accertamento del Fisco (Cfr. Corte Costituzionale, Sentenza del 15 luglio 2005, n. 280) Come ritenuto dalla dottrina, è evidente la funzione di garanzia propria del termine di prescrizionale penale, dal momento che le norme sulla prescrizione dei reati costituiscono lo strumento (di carattere formale) per realizzare quella finalità di carattere sostanziale consistente nel garantire la durata ragionevole del processo penale (peraltro tutelata dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritto dell’uomo)
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI
La giurisprudenza di merito ha in più occasioni evidenziato che affinché sia posto in essere un corretto utilizzo della norma sul raddoppio dei termini il reato penal-tributario non deve essere caduto in prescrizione (cfr. Sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria del 25 novembre 2011, n. 237) Se il reato è prescritto l’Ufficio non può fruire del raddoppio dei termini di accertamento (cfr. Commissione Tributaria Provinciale di Torino, sentenza 15 febbraio 2010, n. 4, Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza 12 dicembre 2011, n. 372)
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI
L'art. 8, comma 2, della Legge Delega per la Riforma del Sistema Fiscale Legge 11 marzo 2014, n. 23 prevede che l’invio della denuncia, in sede penale, deve essere effettuato entro un termine correlato allo spirare del termine ordinario di decadenza dell’accertamento, ossia, in buona sostanza, entro i 4 anni in caso di presentazione della dichiarazione ed entro i 5 anni in caso di omessa presentazione. Si legge, infatti, nell’art. 8, comma 2, citato: “Definizione della portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, prevedendo che tale raddoppio si verifichi soltanto in presenza di effettivo invio della denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale effettuato entro un termine correlato allo scadere del termine ordinario di decadenza” Il raddoppio dei termini di accertamento può avvenire solamente se l’invio della notitia criminis avviene prima dello spirare del termine ordinario di accertamento (cfr. Commissione Tributaria Regionale della Lombardia del 23 gennaio 2014, n. 382 e del 5 marzo 2014 (2 aprile 2014), n. 641)
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI
Il raddoppio del termine per l’accertamento è inoperante in relazione all’IRAP poiché la violazione di tale imposta non è penalmente sanzionata (Cfr. Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (Sentenza depositata il 21 gennaio 2014, n. 255)
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI
La giurisprudenza di merito è unanime nel ritenere che l’Ufficio per giovarsi del raddoppio dei termini per l’accertamento deve allegare all’Atto la denuncia del reato, presentata tempestivamente alla Procura della Repubblica, in modo tale che il Giudice possa valutare la sussistenza effettiva del suddetto obbligo di denuncia, nonché l’operato dell’Ufficio che potrebbe aver agito in modo pretestuoso e, quindi strumentale, al solo fine di poter usufruire del raddoppio dei termini (cfr. tra le altre, Sentenza del 12 dicembre 2011, n. 372, della Commissione Tributaria Provinciale di Milano di Milano, Sentenza del 26 settembre 2011, n. 231, della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, Sentenza del 12 marzo 2012 (19 giugno 2012), n. 74, della Commissione Tributaria Provinciale di Lecco, Sentenza del 10 aprile 2012, n. 40, della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, Sentenza del 13 marzo 2014, n. 1529, della Commissione Tributaria Regionale di Roma; Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Sentenza 3730/45/14)
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI
Secondo un recente orientamento della giurisprudenza di merito, l’infondatezza della notizia di reato (ad esempio, perché conseguente alla rideterminazione dell’imposta evasa al di sotto delle soglie di punibilità) può assumere rilevanza ostativa al riconoscimento del raddoppio dei termini per l’accertamento tributario
cfr. Sentenza del 10 aprile 2012, n. 40 della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia e Sentenza del 10 ottobre 2011, n. 194 della Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI
L’eventuale ridimensionamento dell’imposta evasa che consenta di rientrare al di sotto delle soglie di punibilità costituisce condizione per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI “Nella specie, non può ritenersi applicabile il raddoppio dei termini previsto nel caso, tra l'altro non confermato, che si verserebbe in ipotesi di reato tributario, in quanto l'invocato art. 37 co. 24 D.L. n. 223/2006, non può trovare applicazione retroattiva, tenuto conto del carattere afflittivo sanzionatorio che ne deriverebbe al ricorrente.” (Commissione Tributaria Provinciale di Bari del 29 luglio 2011, n. 192)
La sentenza della CTP ha sancito che: il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale, previsto in caso di violazione che comporta l’obbligo di denuncia penale, non si applica retroattivamente tale assunto deriva dalla considerazione per la quale la natura sanzionatoria della disposizione che ha introdotto il raddoppio dei termini indurrebbe ad escluderne l’applicazione ai periodi d’imposta precedenti all’entrata in vigore di quest’ultima
RADDOPPIO DEI TERMINI: OSSERVAZIONI “il raddoppio dei termini opererebbe a prescindere dalle successive vicende del giudizio penale che consegue alla denuncia. Ma tale orientamento pare doversi interpretare nel senso che se un fatto non costituisce reato -come nel caso di specie- non sussiste neppure l'obbligo per l'Agenzia di inoltrare denuncia e neppure si può ritenere quest'ultima arbitra di definire o meno la rilevanza penale o meno di un certo comportamento come -in ultima analisi- non si può ritenere lo stesso fatto penalmente irrilevante sul piano oggettivo ed invece rilevante sul piano soggettivo (cioè della personale convinzione dell'Ufficio). D'altra parte di decreto di archiviazione così come formulato evidenzia che il fatto non ha mai assunto rilevanza penale e pertanto non vi era l'obbligo per l'Agenzia di denuncia, e quindi non potevano ritenersi raddoppiati i termini per l'accertamento.” (Commissione Tributaria Provinciale di Torino dell’ 8 giugno 2011, n. 97)
La CTP ha ritenuto: la necessità che sia vagliato l’esito del procedimento penale nel frattempo instaurato che il decreto di archiviazione evidenzia il fatto che la violazione non assume rilevanza penale e, quindi, viene meno l’obbligo di denuncia e, di conseguenza, il raddoppio dei termini di accertamento