N°1 anno 0 Dicembre 2022 (nuova serie)
Rivista online del sito internet: www. lacomunescle.wordpress.com
Direttore Alessio Marenaci
Redazione Alessandro Spedicato, Andrea Vergallo Francesco Marco Liaci, Gabriele Conte, Giovanni Guida, Giulia Leo. Hanno collaborato: Riccardo Di Filippo, Marco Di Fina Elisa Massanova, Chiara Strafella Francesco Abatianni per Ass. E.le.menti
Progetto Grafico Si ringrazia
In Copertina Santa Lucia, simulacro in cartapesta policroma, Laboratorio Zilli e Pantaleo Lecce, 1932 è custodita nella Chiesa del SSmo Salvatore in San Cesario di Lecce.
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di Alessio Marenaci
Care lettrici e cari lettori, Cesare Pavese nel romanzo “La luna e i falò” scriveva: «Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».
Con questa consapevolezza, nel decimo anniversario del nostro sito nasce “Gentes- arti e storie a San Cesario di Lecce” una rivista online che abbiamo il piacere di farvi dono, seguendo quello che è da sempre stato il nostro filo rosso: Valorizzare il nostro paese e il suo patrimonio comune, materiale e immateriale, con uno strumento completo che vuole andare oltre ai rigidi schermi di un sito internet.
Quello che vogliamo offrirvi è la certezza che esiste un paese fertile, contenitore di contenuti.
Un luogo piccolo e prezioso che con le sue potenzialità può guardare al futuro, plasmando e definendo le sue unicità come trampolino di lancio territoriale.
Il nome: Gentes perché è l’incontro di più famiglie che creano una comunità di Individui. Una comunità che, sviluppandosi storicamente da un “Castrum” romano, ha costruito il proprio patrimonio di tradizioni, arte e cultura nel corso dei secoli e che oggi ci vengono consegnate ma trascurate dalla collettività.
EDITORIALE
IN COPERTINA
13 Dicembre: Santa Lucia, vergine siracusana e giovane martire coraggiosa. di Riccardo Di Filippo
Lucia, giovane Siracusana di nobili origini nata nel 283 d.C., orfana di padre, avendo offerto a Cristo la propria verginità, si rifiutò di sposare colui che pretendeva la sua mano. Questo coraggioso, “terribile e offensivo” gesto la portò a subire il martirio il 13 Dicembre del 304 a soli 21 anni.
Le testimonianze più antiche sulla vita di Santa Lucia sono tramandate dal Codice Papadopulo e dagli atti dei martiri.
Il codice Papadopulo, scritto in greco antico è il documento più antico che riporta la vita di Santa
Lucia. Esso racconta che Eutychia, madre di Lucia, soffriva di gravi emorragie e nonostante avesse provato molteplici cure nessuna di queste sembrava avere effetto su di lei. Un giorno venuta a conoscenza della fama della gloriosa ed invitta martire Sant’ Agata, a causa dei miracoli da lei operati, Lucia insieme con Eutychia e parte della Cittadinanza di Siracusa si recano a Catania a pregare sulla tomba della martire.
Terminati i sacri misteri le due si avvicinarono al sepolcro e prostratesi pregavano tra le lacrime la
Santa di intercedere per la madre, ma durante queste preghiere apparve in visione a Lucia, presa da un sonno profondo, Sant’Agata dicendole: “Lucia, sorella mia e Vergine del Signore, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi concedere? La tua fede è stata di grande giovamento a tua madre, essa è già guarita. E come per me è ricolma di grazie la città di Catania, così per te sarà preservata la città di Siracusa, perché il Signore Nostro Gesù Cristo ha gradito che tu abbia preservato illibata la tua verginità”
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Udito ciò Lucia si svegliò, e piena di gioia comunicò alla madre la miracolosa guarigione, e chiese alla madre di rispettare la sua volontà di non voler prendere marito per preservarsi a Cristo, chiedendole altresì di donare ai poveri, immagine di Cristo, tutta la sua dote e i suoi averi, e così fecero, finché non arrivò la voce di tale gesto al promesso sposo, che avendo capito le intenzioni di Lucia la denunciò a Pascasio, il quale ordinò che venisse catturata. Una volta arrivata al suo cospetto le ordinò di sacrificare agli dei, ma Lucia si rifiutò rispondendo al magistrato che l’unico sacrificio gradito a Dio fosse la carità verso il prossimo. Pascasio insistette dicendo di dover compiacere gli imperatori, ma lei disse che il suo unico interesse fosse compiacere il suo Dio, proclamando il suo stesso corpo “Tempio del Signore”, affermando che il corpo viene deturpato solo con il consenso della
mente. All’udire queste parole Pascasio ordinò che venisse legata e trascinata in un luogo dove avesse potuto morire nel disonore, ma ne i soldati, tanto meno i buoi, ne l’urina, che secondo i pagani riuscisse ad annullare i sortilegi riuscirono a spostare la Vergine di Cristo, che non si fermava di proclamare a chi assisteva la potenza di Dio, così Pascasio ordinò che le venisse acceso un gran fuoco attorno e che vi gettassero pece, legna e resina per aumentare il supplizio, ma mentre il fuoco sotto di lei ardeva il suo corpo rimaneva incolume e continuava a pregare. Vedendo che neanche il fuoco poteva nulla contro Lucia, Pascasio la fece condurre altrove dove sarebbe stata uccisa per colpo di spada. Le ultime parole di Lucia: “Ecco, io annunzio a voi che sarà data pace alla Chiesa di Dio. Diocleziano e Massimiano intanto decadranno dall’impero e, come la
città dei catanesi ha in venerazione S. Agata, così anche voi onorerete me per la grazia del Signore nostro Gesù Cristo osservando di cuore i suoi comandamenti”, detto questo venne decapitata e sepolta in un luogo vicino. Il suo sepolcro scavato nella roccia veniva vegliato giorno e notte dai monaci. Durante le invasioni arabe dell’878 il corpo venne spostato in un luogo segreto per evitare attacchi. Nel 1040 il comandante bizantino Giorgio Maniace sottrasse il corpo ai Siracusani portandolo a Costantinopoli, ma prima che il corpo venisse trafugato il monaco di guardia riuscì a rimuovere dal corpo la veste, le scarpe e il sudario della martire.
Nel 1204 il corpo di Santa Lucia fu trasferito definitivamente a Venezia, dopo la conquista di Costantinopoli da parte della serenissima.
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Le insigni reliquie di Santa Lucia più venerate sono: Il corpo di Santa Lucia venerato nella Chiesa dei Santi Geremia e Lucia a Venezia, Due frammenti di Cannella del Polso sinistro di Santa Lucia, l’omero sinistro di Santa Lucia, Il Sudario che copriva il volto della martire nel sepolcro, La Veste e le scarpette, che vengono custoditi nella Basilica Cattedrale di Siracusa. Particolare attenzione viene posta alle scarpette, due piccole scarpe di colore rosso acceso che Lucia indossava al momento del martirio, quelle scarpette oggi sono il simbolo più famoso per la lotta contro la violenza sulle donne.
La devozione a Santa Lucia nel sud Italia è una delle più forti ed è forse tra i santi del calendario cerimoniale invernale quella più venerata dal popolo.
Il suo culto è legato alla vicenda delle sue reliquie che da Siracusa andarono a Costantinopoli e poi a Venezia dove ancora oggi sono custodite e forse è proprio tramite questi spostamenti che la figura di questa santa ancora oggi ha una preminenza nel panorama della devozione e nel culto mondiale. L’affezione spirituale è legata soprattutto all’immagine della Santa che nei secoli è cambiata spesso come si può constatare dai classici elementi iconografici che già dal XV secolo hanno preso ormai la configurazione che ancora oggi si conosce ovvero una giovinetta con le vesti da Patrizia romana con in mano il piatto con gli occhi e nell’altra la palma. Non è sempre stata così però, poiché attraverso alcuni affreschi di stile bizantino del XII secolo presenti a Siracusa all’interno delle catacombe di San Giovanni, nella cripta di San Marciano, dove la Santa è raffigurata con un manto rosso che le copre i capelli il cui colore richiama al martirio della Santa e in una mano tiene una croce. Questa modalità di raffigurazione ha avuto successo sino al XIII secolo nel meridione d’Italia, come
dimostra la presenza di una prima immagine della santa siracusana nella chiesa di San Giovanni Evangelista a San Cesario di Lecce, fino a quando venne poi soppiantato dall’attuale schema iconografico. Se andiamo ad analizzare gli attributi iconografici della Santa possiamo notare che è forse una delle poche sante martiri che presenta raramente gli strumenti del suo martirio (Spada o pugnale, buoi, fiamme) ma al loro posto il piatto con gli occhi simbolo che prefigura il suo nome “Lucia da Luce” e che si carica di una simbologia cristiana non indifferente.
Il giorno in cui viene festeggiata la Santa, il 13 Dicembre, secondo la tradizione popolare è il giorno più corto dell’anno, quello con meno luce naturale, che vede la Santa attraverso Cristo essere portatrice di luce nelle tenebre del mondo proprio nei giorni più freddi e più bui dell’anno ed è anche legata al periodo natalizio quindi essa si fa preludio della nascita di Gesù venendo festeggiata dodici giorni prima del Natale. Come vediamo anche nel simulacro argenteo condotto in processione a Siracusa, che risale alla fine del Cinquecento, già la Santa viene raffigurata con la palma tenuta nella mano sinistra e il piatto con gli occhi e tra i due bulbi oculari anche una fiamma dorata a rafforzare maggiormente la carica simbolica
della martire o come sempre nel paese di San Cesario di Lecce si può ammirare lo splendido simulacro in cartapesta leccese del 1932 della ditta Zilli e Pantaleo di Lecce e custodita nella Chiesa del SS.mo Salvatore,in cui la Santa con le braccia incrociate al petto tiene in una mano la palma e nell’altra il piatto con gli occhi.
Il culto a Santa Lucia possiamo dire con certezza che nasce sin da subito dopo il suo martirio grazie alla testimonianza scritta sull’epigrafe di Euschia risalente alla fine del IV inizi del V secolo che da testimonianza di come a Siracusa già ci fosse una particolare venerazione per la Santa concittadina ed è da Siracusa forse anche grazie all’importanza commerciale della città in età bizantina in cui la città è capoluogo dell’Isola che il culto si diffonde prima nel Mediterraneo poi in tutta l’Europa cristiana. Proprio legandosi all’iconografia della Santa che il culto si diffuse con maggiore facilità facendodiventare la Santa protettrice della vista e dando vita alla leggenda del martirio della Santa a cui le venne-
ro cavati gli occhi, e portatrice di doni in particolare nel settentrione italiano dove la Santa con in testa una corona di candele porta doni ai bambini nella notte tra il 12 e il 13 Dicembre soppiantando un più moderno e commerciale Babbo Natale e si lega al popolo del sud anche attraverso un evento prodi gioso accaduto secondo alcuni a Siracusa secondo altri a Palermo. Si racconta che durante un perio do di carestia che affliggeva l’isola una nave carica di grano attraccò nel porto della città e sfamò la po polazione che accorse in massa e si nutrì in fretta di quel frumento che venne semplicemente bollito e di cui ancora oggi se ne fa memoria nel piatto tipico isolano della festa di Santa Lucia che è appunto la Cuccìa. Insomma il culto di Santa Lucia nel sud Italia è legato a numerose leg gende e tradizioni legate a questa importantissima figura di Santità che sancisce l’inizio dell’inverno e che è una data importantissima per il calendario cerimoniale del sud Italia dove in ogni paese si svolgo no celebrazioni in onore della gio vane Santa Siracusana.
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Santa Lucia Vergine e Martire, Cartapesta policroma, Laboratorio Zilli e Pantaleo Lecce, 1932 .(cm.155) Custodita nella Chiesa del SSmo Salvatore in San Cesario di Lecce.
Santa Lucia Vergine e Martire, Affresco Bizantino XIV sec. Chiesa di San Giovanni Evangelista in San Cesario di Lecce.
STORIE
Santa Lucia lunghisce la dia” tra cunti e tradizioni natalizie di Elisa Massanova
«Santa Lucia» si esclama quando non si scorge qualcosa che si ha sotto gli occhi, ma la storia della protettrice della vista ha tanti ‘aneddoti’ interessanti da raccontare. A proposito di Occhi il proverbio che i più anziani ricordano
“Te Santa Lucia lunghisce la dia quantu l’ecchiu te l’addrhina mia” (Nella festa di Santa Lucia il giorno è grande quanto l’occhio di una gallina).
Quella del 13 dicembre non è la notte più lunga più lunga dell’anno. Non più. E nemmeno il giorno più breve. Per capire come sia nato questo ‘aneddoto’ bisogna tornare indietro nel tempo, esattamente al 4 ottobre 1582.
Prima dell’introduzione del calendario gregoriano, la data in cui si festeggiava la Santa era vicina al solstizio d’inverno. Nel nuovo calendario, invece, bisogna aspettare il 20/21 dicembre. Ecco spiegato anche il nome Lucia, dal latino lux (luce). Tutti sanno che, dopo il solstizio d’inverno, le ore di luce crescono piano piano.
Insomma la Santa è venerata in tutto il mondo e anche a San Cesario è radicato il suo culto. Sin dal XIV secolo nella bizantina chiesa di San Giovanni Evangelista e poi a partire dal 1932 con l’arrivo del simulacro in cartapesta nella Chiesa di Maria SS.ma di Costantinopoli, attualmente conservato nella Chiesa del Santissimo Salvatore è il luogo in cui la comunità si ritrova per omaggiarla.
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“Te
La festa di Santa Lucia è curata dal 1900 dalla Confraternita di Sant’Antonio che in quell’anno, insieme a San Luigi, ne aggiunse il nome. Un tempo per le vie del rione dopo un triduo e le celebrazioni nel giorno della festa liturgica si snodava la processione per le vie del Rione. Oggi si tengono solo le funzioni liturgiche e da qualche anno si tengono eventi caritativi. Dopo la festa di Santa Lucia, ormai le feste natalizie sono all’inizio e nell’attesa del giorno più “caldo” e più gioioso dell’anno. Era tradizione iniziare ad addobbare casa e inserire tra un arancio o una pigna il nuovo pupo in terracotta che si acquistava dalla Fiera di Santa Lucia a Lecce.
Anche nel Salento, quando arriva Natale arrivano anche i sonetti in lingua dialettale che nonni insegnavano ai nipoti vicino al camino acceso, con una bella cioccolata calda, nella notte più magica dell’anno. Ieri come oggi, la preparazione a questo giorno santo, non era da sottovalutare. Negli anni orsono, la preparazione anche spirituale al Natale veniva vissuta nella “chiesa ranne” con i canti e la celebrazione della novena di Natale, molte volte la mattina presto, con bambini e anziani che si incontravano nella chiesa del paese per intonare il “Tu scendi dalle stelle” canto più antico e più conosciuto da tutti. Anche nelle scuole elementari si preparava il presepe nell’atrii delle scuole, con i collaboratori scolastici, gli insegnati e gli alunni si preparavano ad accogliere nella loro sede scolastica il piccolo bambinello insieme a Giuseppe, Maria, il bue e l’asinello, come ricordo culturale di una tradizione che non viene mai abbandonata. Anche la lettera di Natale e di auguri era molto importante per i regali che venivano fatti anche verso
poesia da recitare il giorno di Natale preparata a scuola. Poi la Vigilia le pittule!
Le pittule ce suntu me sai dire? Nu picca te farina a mienzu l’uegghiu, ma lu Natale nu se po sentire se mancanu le pittule : lu megghiu !
Le pittule la sira te Natale le frisce mama, iou me le rregettu Su belle caute e nu me fannu male puru se quarche tuna brucia mpiettu.
Le pittule a Natale su de casa pe li signuri e pe li pezzentusi Le iti tutte ‘ntaula intra la spasa le mangianu li ecchi e li carusi La uei na pittulicchia Mamminieddrhu?
Auru nu tegnu, suntu Frusculieddrhu
Nella Notte Santa tutte le famiglie riunite mangiavano mandorle e pinoli ed erano intenta ai giochi natalizi, le donne e i bambini
con la tombola, mentre gli uomini mazzetti e sette e mezzo! A mezzanotte la processione e le preghiere e le litanie guidate dalla mamma e poi, tutti insieme, si metteva il bambino nella grotta. Il 25 dicembre era invece il momento della convivialità, con nonni e genitori.
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ITINER&ARS
Una Santa Allegrezza da inventariare: Il presepe in cartapesta di San Rocco
di Francesco Marco Liaci
La gioia dei pastori come quella della famiglie che ogni anno , ricordando l’annuncio degli angeli, vivono attorno al simbolo del Natale: il presepe. L’ allestimento della grotta, il posizionamento dei personaggi, le montagne costruite ad hoc per accogliere i magi in arrivo. La mangiatoia che viene posta fra Maria e Giuseppe, il bue e l’asinello che attendono quel Salvatore che viene tra canti e preghiere. Come descrivere tutto questo? Due parole soltanto: “La Santa Allegrezza”.
Nel Salento, nella nostra terra, il presepe ha un senso quasi magico.
Nei vari presepi sia fissi o mobili, fino quelli viventi, ci sono dei personaggi caratteristici, come il pastore che guarda il cielo e cerca la stella cometa, come i zampognari che suonano la cornamusa per allietare la Santa Notte di Natale.
Uno dei diorami completi di personaggi, superstite a San Cesario di Lecce, è quello che si conserva nei depositi della Chiesa di San Rocco di Mointpellier e custodito dalla omonima confraternita. Vanta ben oltre 22 figure in cartapesta policroma- tra le quali unl Gesù Bambino di recente fattura- di autore ignoto e presumibilmente realizzate tra fine 800 e inizi 900. Personaggi che non po-
ssono mancare in un presepe sono:
Maria: Il personaggio della giovane madre Maria incarna la vergine innocenza e la purezza. È posizionata accanto alla culla in posizione inginocchiata o seduta ed indossa quasi sempre una mantella celeste. La simbologia dell’arte cristiana può essere trovata sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, nei quali il blu è considerato un colore celeste e rappresenta la fede e la lealtà.
Giuseppe: è ritratto come un uomo di età avanzata per sottolineare la verginità di Maria. Sta in piedi accanto o dietro la sua famiglia, tenendo in mano una lanterna luminosa o piegandosi leggermente su un bastone. In questo modo simboleggia il protettore. Allo stesso tempo, Giuseppe è considerato il “guardiano della luce” che illumina il mondo con la nascita di Gesù .
Il bue e l’asino: per l’ebraismo e musulmani simboleggiano due fedi. Altre interpretazioni descrivono il bue come “puro” e un simbolo del cristianesimo e l’asino come “impuro” e l’incarnazione di tutti i popoli pagani / non religiosi. Entrambi gli animali sono cosiddetti animali da soma e hanno lo scopo di chiarire che anche Gesù si fece carico del giogo dei suoi simili.
Angeli: Ogni presepe ha almeno un angelo che assume la funzione di angelo annunciatore, il quale porta ai pastori, il lieto messaggio della notizia della nascita del bambin Gesù. In alcuni casi, l’angelo della Gloria è rappresentato con un cartiglio tra le mani che recita “Gloria in excelsis deo”. Le parole sono parte di un inno solenne di lode. Se sono più di uno simboleggiano parte del coro celeste degli angeli.
Santu Scilesciu: pastore, in ginocchio che tiene in mano un fagotto o fascine che pone davanti a Cristo bambino il nuovo anno.
Zampognari: Generalmente gli zampognari suonano in coppia, uno la zampogna vera e propria ed un altro la ciaramella o altri strumenti a fiato. La “coppia” di zampognari rappresenta anche una presenza fissa del presepe dove generalmente trova posto nelle immediate vicinanze della “capanna” o “grotta” della Sacra Famiglia.
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Lavandaie: poste all’interno del presepe rappresentano non solo la testimonianza terrena della nascita del Salvatore ma sono legate anche alla verginità di Maria. Costituiscono un richiamo alla rinascita in una dimensione spirituale.
Fruttivendolo: simboleggia dell’abbondanza verso il nuovo anno. Non a caso, pur essendo inverno, nelle sue ceste intrecciate e nelle cassette di legno egli mostra uva, pannocchie, anguria, melograni, tutti frutti legati alla bella stagione e alla sua fecondità.
Beniamino: è un personaggio fondamentale e immancabile, solitamente nascosto in qualche angolo del presepe. Si fa riferimento a questa figura anche nelle Sacre Scritture: «E gli angeli diedero l’annunzio ai pastori dormienti». Sogna il presepe e, secondo la tradizione, guai a svegliarlo: di colpo il presepe sparirebbe.
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Re Magi: Rappresentano, inoltre, le tre fasi del giorno: mattina, mezzogiorno e sera; quando dopo la notte giungono al cospetto di Cristo, che rappresenta il sole che risorge, i tre Re rappresentano il mondo e il tempo che si ferma per la nascita del figlio di Dio. Melchior-RE, il più anziano, viene dall’Asia e porta in dono l’oro; Baldassar-RE, di età matura, dall’Africa, porta in dono l’incenso; Gaspar-Re, re di Saba, invece, dall’Europa porta in dono la mirra.
Doni: l’oro è la Regalità; l’incenso è la Divinità; la mirra è la Redenzione e Purificazione. Vengono portati il 6 gennaio, data dell’Epifania, cioè della Rivelazione.
LO SCAFFALE
Il Natale nella Casa senza Sole
Per riflettere come nel passato anche nel presente di Alessio Marenaci
La Casa senza sole è un opera di Michele Saponaro che venne pubblicata per la prima volta sulla “Rivista d’Italia” di Milano in 7 puntate dal 1918 fino al 1919. Per la sua rigorosa precisione espressiva e per mirabile controllo dei mezzi capaci di suscitare la commozione, il romanzo di Saponaro, in numerosi passaggi, è straziante e vale, più di molti proclami e di molte facili denunce, a far comprendere in pieno la tragedia della guerra,non solo nel passato ma anche nell’attualità.
Il Natale crea un atmosfera che aiuta la comunità a identificarsi, a ritrovare ragioni di riconoscimento, di comunicazione, di incontro; lo fa attraverso momenti di tradizione, riunendosi davanti al presepe; lo fa attraverso gesti di solidarietà e accoglienza. Così come oggi, anche in tempo di Guerra era così. Lo racconta la protagonista della Casa senza sole nelle pagine del suo diario, che qui di seguito riportiamo integralmente senza forma di interpretazione alcuna:
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Oggi nel mondo è la vigilia del Natale. E pace in terra agli uomini... Pace. Quando?
Dicono non esser possibile oggi la pace che non sia effimera tregua d’armi, un riposo necessario alle braccia, agli animi, agli ambizioni affaticate. Dicono esser necessario lottare ancora, lottare tenacemente, lottare sino all’estremo delle forze, devastate e rovinate tutta una generazione perché dalle rovine sorga una nuova vita. Dicono che la pace oggi sarebbe la rinuncia ai diritti conseguiti con tanto e così doloroso compimento di doveri. Non so. Solamente io so che è necessario - che è di questa nostra straziata maternità - non abbia a rinnovarsi mai più tanto fragile, non abbiamo mai più a soffrire gli uomini così inumano martirio. Solamente so che non dovranno più i figli esser divelti alle madri, che non dovranno più esserci madri senza figli. Se no, a che il tuo sacrifizio, bambino mio? Ma tu, figlio, ci sarai tu allora? Natale senza festa quest’anno. I fanciulli non han costruito i presepi, i vecchi non han portato dalla macchia i fasci delle mortelle, le giovinette non han colmato le ceste di arance e di melacotogne da ornare la casa, il pirotecnico non ha empito le saccocce au ragazzi di botte e di saltamartini, lo zampognaro non ha lasciato il suo gregge per il villaggio, i preti non canteranno questa notte messa solenne. Vie senza fragori, porte chiuse, cucine fredde, mense deserte, canti di campane sommessi... O, non sono io sola ad attendere mio figlio, non soltanto la mia casa è senza luce. Sta sera alcune donne han voluto portare un Gesù bambino nella camera della donna, lo han messo a giacere su un pugno di paglia, gli hanno acceso intorno quattro candele, gli han cantato le litanie. Per mio figlio, han detto, perché il bambino Gesù lo scampi da ogni male e lo riconduca sano e salvo alla mamma sua. Poi il poeta ha detto la sua preghiera. È un giovane bifolco, figlio di campagnolo benestante: è stato soldato, ha combattuto dieci mesi nel Trentino, il mese scorso è tornato senza braccia. Non può aiutar più il padre nei campi, come prima solleva: gli fa i conti e lo sollecita a metter su una qualche parte industria: ha vivo ingegno e vuole, come può, lavorare. Ha detto così la sua preghiera:
Signore misericordioso, Signore figlio di Dio, Signore benigno e pio, Signore grande e glorioso.
Signore di tutto sapiente, Signore su tutto clemente, Signore bello e lucente, in cielo e in terra potente,
Io, umile peccatore, ti prego per tutti i cristiani, ti prego per oggi e domani, per tutti i giorni e le ore,
ci guarda ogni nostra creatura, ci guarda la madre e la sposa, la nostra terra faticosa ci guarda per la mietitura.
Ritorni, o Signore, su la terra Ritorni l’amore e la pace, dissolvi, o Signore verace, chi vuole nel mondo la guerra; dal nostro cuore discaccia per sempre quest’odio inumano, concedi la vanga ed il grano, Signore, a tutte le braccia.
Bambino Gesù redentore del nostro tristo peccato, che figlio di donna sei nato per noi su la terra, o Signore, ...la vanga ed il grano a tutte le braccia... E le maniche della giacca gli penzolano vuote. Squillante e dolce era la voce del poeta, e il suo canto, errompendo per la finestra, diffondendo un’accorata esaltazione nella campagna attonita. Le donne singhiozzavano, quando egli ha terminato la preghiera estatico: poi gli si sono strette intorno a contenderselo nelle braccia. Ho voluto abbracciarlo anch’io e l’ho baciato su la fronte. Non baciavo la fronte di un giovane da nove anni. Egli non piangeva: ancora nelle pupille accese una strana luce profonda. Si può vivere ancora una vita lieta e serena, monchi, mutilati, straziati? Quel giovane ha saputo adeguare lo spirito ardente al corpo scempio, e non per meditazione: egli è un incolto e ignora la filosofia dello spirito e delle azioni umane. Per un istinto, più forte di ogni volontà e più sicuro di ogni pensiero. ...Per tutti i giorni e le ore... Pregare sì. Mi pareva di aver dimenticato che c’è anche la preghiera al mondo, per la pace dello spirito. E io vorrei tanto pregare ma dubito delle mie preghiere. È sorto nella mia anima, rigido, ghiacciante, il pensiero che ogni preghiera sarebbe vana. Le donne dicono che avverrà il miracolo grande e il figlio sarà restituito alla madre. Io vorrei credere come voi, donne, alla potenza del miracolo: potrei allora attendere io mio giorno con pazienza e con serenità. O Signore, e se potrà essere realizzato l’irrealizzabile, perché non mi concedi tu un raggio di luce?
A tutte le case il pane, a tutte le case il fuoco,a chi si contenta di poco tu dà quel che al sazio rimane.
24 Dicembre
Pittule, Purceddhruzzi,
Carteddhrate e
i dolci che profumano l’aria natalizia
di Alessandro Spedicato
salentina
Dici Natale e dici allegria, in ogni suo contesto: dall’ad dobbo delle case, all’ansia mista all’attesa dei fatidici regali, persino il profumo dell’aria cambia nel periodo più magi co dell’anno. Dici Natale e dici anche cucina: è proprio in questo periodo che, appassionati e non dell’arte culinaria, si mettono all’opera sbizzarrendosi in varie ricette che la sciano con l’acquolina in bocca chiunque. Tra le varie lec cornie, non mancano di certo quei piatti tipici e caratte rizzanti della cucina salentina che ci contraddistinguono come al solito: dal salato come le intrambontabili pittule alla raffinatezza dolciaria di purceddhruzzi, carteddhrate, mustazzoli e ‘nfocacatti da accostare all’immancabile panettone natalizio.
LE PITTULE
Un’antica poesia salentina iniziava con “Le pittule ce suntu me sai dire? Nu picca te farina a mienzu l’uegghiu” ad introdurre la preparazione del piatto nostrano. Un piatto così buono da unire i palati di tutti, ma con alle spalle una storia particolare: secondo la leggenda tarantina una donna, protesa alla preparazione dell’impasto per il pane durante la notte di Santa Cecilia, distrattasi dalle dolci e calorose note delle zampogne abruzzesi , avrebbe dimenticato per troppo tempo l’impasto in lievitazione. Ormai inutilizzabile per trasformarlo in pane, la donna fece delle piccole palline che buttò nell’olio bollente. Il loro colore dorato e l’aroma ricordavano la tipica “pitta” tarantina tant’è che la donna, non potendo sfuggire alla curiosità delle domande dei suoi pargoli su quale fosse il nome di questa pietanza, ripose semplicemente “pettole” per via della somiglianza alla focaccia tarantina.
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IN CUCINA
PURCEDDRHUZZI E CARTEDDHRATE
I purceddhruzzi, come le pittule, hanno alle spalle una narrazione particolare ma sempre con il “lieto fine”: seppur le origini divagano nel corso dei secoli e della storia, la leggenda vuole che una famiglia assai povera e con tanti figli a carico dove quest’ultimi chiesero alla loro madre di preparare un dolce in occasione dell’imminente arrivo della festività natalizia. La donna, però, possedeva solo pochi ingredienti in casa: della farina, uova, vino, un po’ di agrumi e delle spezie. La donna allora iniziò ad impastare tutti gli ingredienti e a dare loro una forma a pallina molto piccola. Dopo questo procedimento la madre immerse queste piccole palline nell’olio per friggere dando origine così alla ricetta come la conosciamo oggi. Con l’avanzare dei tempi ognuno, a suo piacimento, ha modificato la ricetta secondo i più consueti usi e gusti, ma la più classica rimane senza dubbio la ricetta con il miele e i “coriandolini” decorativi che insaporiscono il tutto. D’altro canto le carteddhrate non hanno una storia ben precisa, tanto che varie fonti vengono citate nel periodo del cristianesimo: dal richiamo del giorno in cui solitamente si dedica la sua preparazione (24 Dicembre), la loro forma accartocciata ricorda vagamente le fasce e delle lenzuola in cui era avvolto l’appena nato “Salvator Mundi”. Altri racconti si rifanno alla figura della Madonna, preparate appositamente in suo onore per chiedere l’invocazione e l’intervento della buona riuscita dei raccolti nei campi.
GENTES n.1 Dicembre Gennaio 21
MUSTAZZOLI E ‘NFOCACATTI
Seppur i primi fanno parte della tradizione partenopea, anche nei nostri mores non manca questo dolce preparato dalle mani amorevoli delle nostre nonne. In epoca latina il “mustaceum” era addirittura citato dalle più sapienti menti della nostra lingua madre: da Giovenale al magno Cicerone fino a Catone dove nel suo De Agri Cultura ne indica addirittura la preparazione: “Mustaceos sic facito. Farinae siligineae modium unum musto conspargito. Anesum, cuminum, adipis P. II, casei libram, et de virga lauri deradito, eodem addito, et ubi definxeris, lauri folia subtus addito, cum coques.”
I mustacei si fanno così. Mischia un moggio di farina di alta qualitá con il mosto. Aggiungi aneto, cumino, due libbre di grasso, una di formaggio, raccogli le foglie di alloro e forma i mustacei mettendoli sopra l’alloro a cuocere
Una variante molto simile ai mustazzoli è quella delli ‘nfocacatti seppur questo tipico dolce è totalmente rivisitato in chiave leccese, nonché un piatto tipico di San Cesario. Soltamente preparato nelle festività del Santo Patrono (ancora oggi, seppur semipersa la tradizione della “cujunara”, molte famiglie non negano la preprazione degli ‘nfocacatti) e nella grande festività della Pasqua, qualche veterano si cimenta lo stesso nella sua preparazione anche durante il periodo natalizio, in modo da donare alle persone più care un vassoio misto di queste due prelibatezze.
Un racconto che, sicuramente, farà venire l’acquolina in bocca a grandi e piccini, ma mai banale per ricordare chi siamo oggi anche attraverso le abitudini più semplici e mai scontate: anche e soprattutto dal cibo passano le nostre radici, i nostri antenati, la nostra intramontabile storia. Un mix di gioia per il palato e di curiosità per la mente che unisce tutti nel periodo più atteso e magico dell’anno.
GENTES n.1 Dicembre Gennaio 22
PESCE DI PASTA DI MANDORLE
Non è Natale, senza pesce di pasta di mandorle. C’è chi usa portarlo in dono, chi si diletta a reinventarlo, chi invece rispetta le dosi della tradizione. Se a Pasqua, la pasta di mandorle si fa agnello, per le feste di dicembre, nei bar, nelle pasticcerie, si trovano pesci e pescetti di tutte le dimensioni, rigorosamente dolcissimi.
Circondati da cioccolatini, con un chicco di caffè per decorare, impacchettati a dovere, i pesci di Natale sono il dolce salentino per eccellenza, quello che si assaggia per devozione, che porta un tocco di storia in tavola.
Ingredienti:
(per la pasta di mandorle) 1 kg di mandorle spellate, 800 g di zucchero. Per la farcia: 3 biscotti savoiardi, 80 g di cioccolato fondente, faldacchiera, marmellata a piacere, 1 bicchierino di liquore tipo Benevento, cannella in polvere.
Macinate le mandorle con un po’ di zucchero onde evitare che si separi l’olio. In una casseruola mettete il restante zucchero, bagnatelo con un bicchiere d’acqua, mescolate e aggiungete le mandorle macinate. Cuocete a fuoco lento sempre rimestando sino a quando la pasta non si staccherà dal fondo della casseruola.
Distribuite la pasta sulle pareti di uno stampo a forma di pesce, preferibilmente di gesso, dopo averlo foderato con della pellicola trasparente, e modellatelo allo spessore di circa un centimetro.
Versate il ripieno costituito da un composto realizzato con 2-3 cucchiai di faldacchiera, ossia di zabaione cotto a bagnomaria, cioccolata sminuzzata, savoiardi bagnati con il liquore Benevento, confettura di pere o marmellata d’agrumi e cannella in polvere. Ricoprite con la restante pasta di mandorla. Lasciate riposare un paio d’ore, staccate lo stampo e decorate a piacere.
di Chiara Strafella
GENTES n.1 Dicembre Gennaio 25
... Santa Claus is coming to town ...
L’8 e 11 dicembre la casetta di Babbo Natale in piazza di Francesco Abatianni
Si sono conclusi domenica 11 dicembre i due giorni della quarta edizione de la “Casetta di Babbo Natale e i Mercatini di Natale” in Piazza Garibaldi, dopo alcuni anni di fermo, causa pandemia da Covid-19, con eventi che hanno fatto ritornare a vivere la gioia del Natale nel nostro paese.
L’iniziativa promossa dall’associazione E.Le.Menti, è nata per caso in una tranquilla serata tra amici, discutendo che nel nostro
e gli adulti portando a San Cesario la figura più da loro amata: Babbo Natale. La nostra più grande soddisfazione è stata, sin dalle prime edizioni, quella di vedere negli occhi dei bambini l’entusiasmo e la felicità che provoca la magia del Natale .
Da quando siamo piccoli partecipiamo e organizziamo eventi e feste per il nostro paese, facciamo volontariato per vocazione, quindi l’amore per la nostra San Cesario viene al primo posto, ovviamente abbiamo la possibilità di andare altrove ma preferiamo farlo qui per i piccoli del nostro paese, con l’augurio che diventi una tappa fissa ogni anno anche per i cittadini di tutta la provincia.
Ci hanno chiesto se dopo la pandemia saremo ritornati e questa era la nostra intenzione. Ogni anno ci si spende per realizzare questo evento così magico e da mozzafiato, per far vivere ai piccoli e “bambini grandi” momenti di gioia, al di fuori dello stress di tutti i giorni, dagli acquisti dei regali di Natale e dal lavoro che bisogna fare. L’effetto in questi due giorni di magia natalizia è quella della meraviglia dei bambini che non è da sottovalutare.
L’evento della Casetta di Babbo Natale a San Cesario è l’opportunità per arricchire anche culturalmente e ludicamente il paese e far divertire tutti con l’attesa del Natale che è condivisione e donarsi agli altri. Ed è proprio l’effetto WOW dei bambini che dice tutto e ci ripaga. La magia di questo evento atteso da tutti raccoglie adesioni da tanti altri paesi, con l’augurio che diventi sempre più una tappa fissa per tutti i cittadini di San Cesario e della provincia leccese.
ATTUALITÀ
GLI EVENTI
“A rriatu Natale nu sacciu cce fare” ed ecco cosa fare a San Cesario di Lecce
Le luminose volte di Fabio Greco dall’11 al 28 dicembre 2022
Cappella Palatina- San Cesario di Lecce
Riprendendo un frammento meraviglioso di Le Corbusier “L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La Costruzione è per tenere su; l’Architettura è per commuovere.”; ebbene, l’artista Fabio Greco costituisce irrefutabilmente una rappresentazione plastica e viva del frammento dianzi testualmente riportato. [...] In una parola, oggi Fabio Greco guarda fuori di sé, in un evidente tentativo di superamento che manifesta una bellissima volontà di evolvere, di superarsi appunto, di andare un passo oltre il proprio confine già delineato con le opere del passato. E gli appunti esistenziali di questa evoluzione dell’artista possono rintracciarsi sparsi qua e là sulle opere che compongono questa nuova mostra.
(Claudio Casalini)
Grammatica della Materia di Gabriele Spedicato dall’17 al 21 dicembre 2022 Ex Distilleria de Giorgi- San Cesario di Lecce
La mostra è un percorso - parziale e imperfetto - nei quasi 50 anni di attività di Gabriele Spedicato svolta tra i banchi di scuola, dove ha insegnato a tante generazioni di studenti, e i suoi vari laboratori. Il filo rosso che unisce le opere è la materia. Infatti, la ricerca tecnica e artistica ha sempre ruotato attorno ad alcuni elementi: metalli, legno, pietre, pigmenti. Il percorso si sviluppa tra sculture di varie grandezze, utensili decorati con tecniche di sbalzo e cesello, figure astratte, altre ispirate agli elementi naturali, oggetti di design. Ognuna di esse è frutto di sperimentazioni sui modi di mettere in relazione e in dialogo materiali simili o completamente diversi. Sperimentazioni che Gabriele Spedicato non ha mai smesso di indagare.
GENTES n.1 Dicembre Gennaio 30
Festa di Santa Lucia 13 Dicembre 2022
Chiesa del SS.Salvatore San Cesario di Lecce
Ritornano le celebrazioni in onore di Santa Lucia nella chiesa che da sempre ha promosso il culto alla giovane Santa siracusana. La sera delle celebrazioni oltre la S.Messa è possibile acquistare prodotti casarecci presso il mercatino di beneficienza organizzato dalla Caritas Parrocchiale nel salone attiguo alla rettoria. Inoltre la sera del 13 si potranno gustare le tradizionali pittule.
La lunga notte di Santa Lucia 13 Dicembre 2022 San Cesario di Lecce
La Santa con l’asinello era attesa nella notte tra il 12 e il 13 dicembre nella quale secondo la tradizione portava doni ai bambini. La sera prima i bimbi s’impegnavano nel prepararle qualcosa da mangiare, così che potesse rifocillarsi durante il suo lungo viaggio. I bambini non dovevano aspettarla svegli, per non incrociare il suo sguardo: l’unico modo per evitare che la santa (che a quanto pare non faceva sconti a nessuno) gettasse della cenere negli occhi dei più piccoli, o peggio li rendesse ciechi. Vi aspettiamo martedì 13 dicembre in biblioteca alle ore 17 per rivivere insieme questa tradizione.
GENTES n.1 Dicembre Gennaio 31
La fabbrica delle feste! Laboratorio Natalizio per bambini Scuola dell’infanzia “V.Vergallo” San Cesario di Lecce
Arriva il primo laboratorio natalizio: “LA FABBRICA DELLE FESTE - Trascorriamo insieme le vacanze”Natale é alle porte e abbiamo bisogno di folletti per allestire la nostra coloratissima scuola! Se sei pronto per questo bellissimo evento ti aspettiamo con tantissime attività e giochi.
Per info e prenotazioni rivolgersi ai numeri di telefono in locandina
Passeggiando tra i Presepi dal 24 Dicembre all’ 8 gennaio 2023 San Cesario di Lecce
Il Natale è ormai vicino e il nostro paese si veste a festa... e allora cosa c’è di più bello che fare una passeggiata tra i presepi ?
PARROCCHIA S.MARIA DELLE GRAZIE
Mattina: 9.00-11.00 Sera: 16.30- 18.00
PARROCCHIA S. ANTONIO DA PADOVA Dalle ore 9.00 alle ore 21.00
CHIESA SPIRITO SANTO Visitabile dal 28 dicembre al 6 gennaio 2023
GENTES n.1 Dicembre Gennaio 32
GENTES n.1 Dicembre Gennaio 34