GENTES| Arti e storie a San Cesario di Lecce n.2

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N°2 -anno 0- Luglio 2023 (nuova serie)

Rivista online del sito internet: www. lacomune.altervista.org

Direttore Alessio Marenaci

Redazione

Francesco Marco Liaci, Gabriele Conte, Giovanni Guida, Giulia Leo. Hanno collaborato: Don Luciano Forcignanò, Chiara Strafella, Gruppo Generazione Recupero

Progetto Grafico Si ringrazia

In Copertina “Lu Cafausu”

Part. dell’opera di Fabio Greco, olio su tela, 70x100, 2017

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EDITORIALE

Care lettrici e cari lettori, La stagione più attesa da grandi e piccini è arrivata: L’Estate. Mesi in cui si riconosce come la tradizione sia materia viva, dove si trasmette, non la si lascia coprire della polvere del tempo, si racconta e si plasma alla contemporaneità, in uno scambio continuo di linfa tra radici e germogli, storia e identità. Fra varie festività nei paesi limitrofi, anche il nostro paese si risveglia festeggiando il suo Patrono, nella ricorrenza dell’arrivo della Reliquia in città. Dai Marulli, duchi del paese, fino ad oggi la cittadinanza continua a vedere San Cesario come il suo primo protettore e primo intercessore.

Ma non è solo questo! San Cesario di Lecce, il paese per eccellenza della villeggiatura dei primi del 900 lascia tra le strade e le campagne le sue ville liberty e le inconfondibili presenze dei Coffee House. Tra sagre, giornate a mare i sancesariani cercano sempre di allietare queste giornate più calde con gite fuori porta, viaggi nelle mete più ambite, accaparrarsi nei giorni più importanti, come San Lorenzo il 10 agosto e il 15 agosto, Ferragosto, il posto più bello in spiaggia dove prendere il sole. Ma tra spiagge e mare, non manca anche la tradizione culinaria e ludica dell’estate. Non si può dimenticare la “Cujunara”, piatto tipico della festa di San Cesario, ma anche, dopo il Ferragosto, la festa popolare di San Rocco che fa ritornare dalle ferie tanta persone in paese e che porta con sé i sapori dell’estate e le note estive delle canzoni salentine.

“LU CAFAUSU” il luogo misterioso

testimonianza di un passato vittima della modernità di Alessio Marenaci

Avete mai sentito parlare de “Lu Cafausu”? Al centro, attorniato da grandi palazzi, una piccola struttura di muratura sgretolabile, una specie di pagoda vagamente stravagante, fragile, decadente, quasi in disagio. È come se fosse un luogo alieno, così piccolo e misterioso. Ha da sempre affascinato e incuriosito gli abitanti della piccola cittadina salentina di San Cesario di Lecce e più recentemente un gruppo di artisti che lo ha trasformato in un processo artistico relazionale partecipato. Ma quali sono le sue origini?

Le ville storiche del Salento sono tipicamente circondate da un piccolo parco, arricchito da statue e sedili in pietra. Ai margini del parco in alcuni casi è possibile osservare una coffe house.

Nascono a partire dal Settecento come padiglioni di ogni foggia, circolari, poligonali o quadrati e rappresentano corredi architettonici fortemente ricorrenti nei giardini delle famiglie più agiate e sorgono spesso al termine dell’asse primario.

La Coffee House diventa così Lu Cafausu in dialetto salentino.

Uno dei più antichi era proprio quello della famiglia Marulli, ma superstite è quello che sorge tra via Carlo e Francesco Barbieri e via Europa. La villa viene distrutta negli anni 70 e la costruzione intorno di nuovi palazzi lo ha reso un luogo fragile. Le auto accostate ai muri che lo circondano, l’indifferenza nella quale si è consumato tra vandalismo e utilizzi impropri lo hanno reso un corpo estraneo e un luogo di straordinarie suggestioni.

Lu Cafausu è metafora di qualcosa che è insieme centrale e marginale,

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in cui le contraddizioni estetiche si incontrano con i significati (o forse con la mancanza di significato) del nostro tempo. È stato definito “un luogo immaginario che esiste per davvero”.

«Lu Cafausu è territorio d’accumulazione di senso, di svolgimento di senso. Di mancanza di senso. È quello che siamo e non siamo simultaneamente. È ciò che stiamo diventando e quello che siamo “non stati”.»

Queste sono le riflessioni di un collettivo di artisti che nel 2006 ha iniziato a promuovere attività ed eventi intorno all’antica struttura, deturpandolo secondo alcuni, decorandolo parzialmente secondo altri con frasi e metafore al suo interno.

Nasce così nel 2009 la “Festa dei vivi che riflettono sulla morte” che si svolge ogni 2 novembre, un progetto complesso e aperto di Emilio Fantin, Luigi Negro, Giancarlo Norese, Cesare Pietroiusti e Luigi Presicce, a cui di volta in volta si associano curatori, artisti, cittadini e semplici curiosi.

I cinque artisti-curatori hanno impiantato un’idea di vita e analisi in un luogo misterioso e affascinante che in paese chiamano “Lu Cafausu”: sorta di coffee house di un’antica villa, oggi inesistente, sopravvissuta all’ansia edilizia e che si presenta come un piccolo tempietto ad aula unica, luogo da contemplare anche per la sua storia irrisolta di architettura immaginaria e reale.

La struttura ha ispirato anche artisti locali come il sancesariano Fabio Greco, che lo vede come un luogo strano e incantato, architettonicamente stridente con le moderne abitazioni vicine ma nel contempo attraente. Le sue opere sono così un viaggio in un suggestivo percorso artistico.

L’unica entrata è rappresentata da una porta con un arco ogivale tipicamente gotico. Oltrepassata tale soglia si entra in una dimensione che trascende l’effettivo spazio angusto della struttura. Le coordinate spazio-temporali sembrano annullarsi per trasformarsi in frequenze vibranti.

“Sappiamo che ogni vibrazione tende a far risuonare tutto ciò che risulta in frequenza con essa. Sta alla volontà dell’uomo, però, decidere di varcare la soglia di questa nuova esperienza ed entrare in risonanza con l’universo, ovvero con se stesso. Del nostro essere, la coscienza rappresenta forse l’elemento più scomodo e quasi un impedimento al nostro agire quotidiano, soprattutto nelle relazioni interpersonali. Un dialogo con la nostra coscienza sarebbe forse opportuno per ristabilire un minimo di armonia interiore invece di indirizzare le nostre energie verso l’esterno per giudicare i nostri simili o adeguare la nostra condotta al pregiudizio altrui. Se pensiamo ad un iceberg, Lu cafausu è la punta emersa della coscienza che attende di essere svelata con la consapevolezza dei nostri limiti e fragilità spesso celati per paura di essere troppo vulnerabili”.

La raccolta di dipinti diventa il nucleo di riflessione dell’artista che in “OItre lu cafausu” che lo interpreta come luogo dell’anima. Perché per lui questa strana dissonanza archi-

della periferia è soprattutto uno spazio interiore. Lo frequentava da bambino pensando che fosse abitato dai folletti o da esseri soprannaturali e ora lo ve de come una porta ideale verso un altro mondo, quello della coscienza, delle radici, un momento di sosta temporale e fisica per sfuggire al rumore e all’omologazione del presente. In “Coscienza cafausica” immagina una botola invisibile che consente l’accesso ai tre immaginari piani sotterranei del piccolo edificio in un viaggio verso l’interno di se stessi. La pittura ha toni accesi, i soggetti fanno riferimento alle opere delle antiche culture del Mediterraneo, quella minoica e quella greca ma le sue tele sono Bei popolate anche da figure schematiche che sono soprattutto segni dell’omologazione dell’uomo contemporaneo. Quello che l’artista rivela è il bisogno di cogliere l’essenza più profonda delle cose, in una costruzione di spazi metafisici in cui “lu cafausu” è quasi sempre presente.

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L’ INSERTO SPECIALE

Dalla Basilica di

in Lucca alla Chiesa Madre del paese: LA RELIQUIA DI SAN CESARIO

San Frediano

Agli inizi del mese di dicembre del 2009 Mons. Michelangelo Giannotti, Vicario Generale della Diocesi e rettore della Basilica di San Frediano in Lucca, ritrovò l’urna-reliquiario contenente sei ossa integre di San Cesario diacono e martire (identificate attraverso il cartiglio in latino) nel deposito della curia tra gli oggetti non inventariati pervenuti dalle chiese dismesse della Diocesi. Reliquiario a urna di San Cesario: di bottega lucchese del secolo XVIII; in legno intagliato, dipinto, dorato a mecca; presenta un corpo a pianta

quadrangolare mistilinea con spigoli smussati e decorati da foglie d’acanto arricciate. All’interno è rivestita con velluto rosso damascato, sul quale sono adagiate le ossa del diacono: due omeri, un femore, una scapola (sul margine laterale della scapola è posizionato il cartiglio in latino “Ossa ex S. Cæsarii Diac. M.” ) e due ossa coxali del bacino. Sul retro del reliquiario vi è il sigillo arcivescovile di fr. Giulio Arrigoni, OFMObs., Arcivescovo di Lucca (1849-1875).

Secondo la tradizione, queste reliquie sarebbero state donate nel 10-

64 da papa Alessandro II,il quale già vescovo della città,considerato una delle personalità più energiche della chiesa lucchese medievale- quando si sarebbe recato a Mantova per un Concilio - all’antica Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo,comunemente chiamata di San Ponziano, oggi non più esistente, ubicata in località Placule, a poca distanza dalle mura medievali di Lucca. Tale dono giustifica il trasporto da Roma a Lucca in quanto nel 1062 insediò nella Basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme - dove si conserva parte del

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corpo di S. Cesario - i Canonici Regolari di S. Frediano di Lucca. Il Venerabile Cesare Franciotti (1557-1627), devoto di S. Cesario, non potendo trovare tra le antiche scritture dell’archivio di San Ponziano notizie riguardanti la traslazione delle reliquie del santo da Roma a Lucca, ipotizza che il Vescovo Jacopo di Lucca (801818) durante il suo viaggio a Roma avrebbe ottenuto le ossa del martire per il monastero di San Ponziano. Secondo P. Giuseppe Bonafede, Agostiniano lucchese, la traslazione delle reliquie di San Cesario sarebbe avvenuta nell’ottavo secolo. Tale luogo divenne importante per la diffusione, nel corso dei secoli, delle reliquie del santo in alcuni territori. Nell’anno 1724, infatti, il Duca Marulli aiutato dal Cav. Giovan Battista Domenico Sardini di di Lucca, Ambasciatore della “Respublica Lucensis” presso i sovrani

più potenti del XVIII secolo,riuscì ad ottenere dall’Abate del monastero di San Ponziano di Lucca, D. Giustino Conti (al secolo Bartolomeo Conti) della Congregazione Benedettina Olivetana, una porzione di osso del braccio di S. Cesario Diacono e Martire.  La reliquia - accompagnata da una lettera testimoniale dell’abate della Congregazione di Monte Oliveto, datata 12 febbraio 1724 e autenticata da Mons. Fabrizio Pignatelli, vescovo di Lecce, il 18 maggio 1724 - fu incastonata in un prezioso ostensorio d’argento e riposta nel Palazzo Ducale di S. Cesario di Lecce, dove la quarta domenica di luglio dello stesso anno fu traslata nella Chiesa Parrocchiale, intitolata a Santa Maria delle Grazie, con una solenne cerimonia. Nel 2010 Mons. Giannotti, costatando lo stato del reliquiario e le condizioni delle ossa ricoperte dalla polvere e ragnatele,

Ex ossibus S. Caesarii: Ricomposizione delle reliquie di San Cesario diacono e martire di Terracina, testi ed illustrazioni di Giovanni Guida, [s.l.: s.n.], 2017

fece eseguire una ricognizione necessaria a un intervento di pulitura e di risistemazione delle stesse, con la reintegrazione dei sigilli. Intervennero inoltre nel 2017 il prof. Gino Fornaciari, Professore di Paleopatologia e Archeologia Funeraria, e dalla Dottoressa Simona Minozzi, specialista in osteoarcheologia dell’Università di Pisa che esaminarono le sei ossa determinando che potrebbero essere di un individuo in età giovanile tra i 20 e i 25 anni.

per approfondimenti:

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TRADIZIONI SCOMPARSE

LA PROCESSIONE DI SAN CESARIO

Quando

le confraternite omaggiavano il Patrono

Sebbene la festa liturgica ricorre a novembre San Cesario di Lecce omaggia il Santo Patrono ogni anno la Quarta Domenica di Luglio con tre giorni di festa esterna.

La data fa riferimento al luglio del 1724, quando uno dei figli dei duca Marulli,feudatario del paese, portò una reliquia del Santo nella nostra cttadina che lui, cavaliere di Malta, aveva ottenuto da Lucca. Anticamente la festa patronale era attesa da tutti, in particolar modo la novena era molto partecipata dalle associazioni religiose come le molte confraternite che un tempo popolavano il paese.

Era

ovvero

modo per spiegare la vita del Santo a partire dalla fanciullezza elogiando tutte le sue opere fino all’esaltazione del martirio. Ma non avveniva solo in ambito religioso, ma anche nelle scuole, infatti era usanza nel periodo scolastico insegnare e proporre la vita del patrono come un modello di vita per i giovani studenti.

Il momento più affascinante nonchè scenografico era la processione

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molto attesa anche la messa solenne con il Panegirico del Santo predicato dall’Arciprete, un

Le confraternite uscendo dalla Chiesa Madre appena pronti si disponevano in fila e dopo l’uscita sul sagrato del capitolo e del sacerdote arciprete con la reliquia, il busto di San Cesario accompagnato dal pallio rosso con ricami dorati, la processione si snodava. I santi che io ricordo in processione erano i seguenti:

San Luigi Gonzaga , che con il suo baldacchino o fercolo illuminato con le lucette molto scenografico e appariscente apriva sempre la processione con le tabacchine;

Sant’Antonio di Padova e Santa Lucia portati a spalla dalla confraternita di Sant’Antonio che aveva già sede nella chiesa di San Salvatore;

Santa Rita da Cascia , con la confraternita della Beata Vergine Maria Addolorata la cui sede è l’omonima chiesa in via Umberto I;

La Madonna Immacolata con San Giuseppe da Copertino , ad anni alterni con sant’Agnese , con la confraternita dell’ Immacolata e il gruppo delle giovani figlie dell’Immacolata;

Il Sacro Cuore di Maria dalla chiesa dei Sacri Cuori e nei tempi più recenti, a ridosso degli anni 50, insieme a San Gabriele dell’Addolorata;

I Compatroni San Rocco, San Giuseppe Patriarca , la Madonna del Carmine, subito dopo seguivano i chierichetti, i seminaristi e infine il capitolo con San Cesario. In alcuni anni, probabilmente a rotazione, il corteo era accompagnato da alcuni simulacri presenti nella chiesa parrocchiale.

L’ultimo anno che si è tenuta una processione del genere è stato nel 1968, di cui posso testimoniare personalmente, uscì soltanto , forse per malinteso, la statua di Sant’Antonio proveniente dalla Chiesa di San Salvatore che aprì il corteo, seguirono le confraternite senza statue ma con i labari, il capitolo e il busto del Santo Patrono.

A seguito del Concilio Vaticano II si ritenne , dunque, opportuno abolire tale manifestazione poichè ne risultavano molte incongruenze per esempio più statue della Madonna o di Gesù anche se come seguito popolare attirava molto rendendo il tutto molto singolare e suggestivo.

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I SAPORI DELLA TRADIZIONE

Cujunara e Nfocacatti nella tavola della Festa di Chiara Strafella

Non solo cultura e architettura, la vostra vacanza Salentina all’interno del piccolo comune di San Cesario di Lecce sarà caratterizzata dalla visita dell’antica distilleria De Giorgi e dalla partecipazione alle bellissime e tradizionali feste estive. La Festa Patronale non si ferma solo agli eventi religiosi e pubblici. Come tradizione comanda, non manca il pranzo della festa in famiglia. L’appuntamento annuale più atteso dalla comunità vive anche attraverso le consuetudini gastronomiche. Vi era l’usanza di consumare la “Cujunara” e gli “nfocacatti” ed ecco che vi proponiamo l’ occasione giusta per gustarli:

La CUJUNARA

Il lunedì della festa si gustava, con gli ingredienti tipicamente estivi, la “Cujunara”, saporito stufato di castrato di agnellone, con pa tate e zucchina. La Ricetta prevede, quindi, Su gr.500 di agnellone castrato, senza osso e grassi occorrono gr. 500 di patate, gr.700 di zucchine , 3 cipolle e 100 gr di pecorino grattugiato.

Il procedimento poi : Si affettano sottilmente le cipolle, si taglia la carne a dadini consistenti , si ta chine. Avendo cura di lavare le zucchine e tagliarle a fette di circa 1,5 cm di spessore così anche con le patate,dopo averle pelate. Si unge la pentola con un velo di olio extravergine di oliva e proce dendo a strati e si dispongono la cipolla, le patate e la zucchina inserendo la carne tra uno strato e l’altro.

14 IN CUCINA

Si condisce con olio e sale (e peperoncino per chi lo gradisce). Si procede quindi con gli strati fino a completamento degli ingredienti. Facendo attenzione di coprire con un filo d’acqua, si mette sul fuoco con una retina spargifiamme cuocendo a recipiente coperto per un’ora e mezza. Oppure nel forno.Si serve con la spolverata di pecorino.

Li ‘Nfocacatti

Se durante la festa si vendevano scapece, mustazzoli, cupeta e noccioline nelle case si preparavano “li nfocacatti”, un dolce confezionato soltanto in occasione della ricorrenza patronale. Ecco la ricetta. Gli ingredienti sono: 1 kg di farina, 100 gr di olio extravergine, 300 gr di zucchero, 30 gr di ammoniaca per dolci, 3 uova, 2 o 3 bustine di vanillina, buccia grattugiata di un arancia e di un limone, latte q.b. Per la glassa: 1kg di zucchero 3 dl di acqua. Dopo aver impastato gli ingredienti si formano delle palline modellate compatte di circa 5 cm di diametro a forma di cupoletta . Adagiarle su una teglia distanziandole tra di loro e cuocere in forno dai 170 ai 200 gradi finchè non assumeranno un colore dorato. Preparare la glassa o Ghiaccia: mescolare 150 gr di zucchero a velo con l’acqua (200 gr circa) e far bollire finché il composto non lascia un filo tra le dita, quindi aggiungere il succo del limone, l’alcool, la restante vaniglia. Bollire ancora qualche minuto. Spennellare con la glassa i dolcetti e poi rimetterli nel forno spento (ma ancora caldo) ad asciugare. Si conservano bene

L’Album Fotografico

di Alessandro Spedicato

Prendi tre giorni di fine luglio, la voglia di divertirsi, caldo, tanto caldo, e hai creato il mix perfetto per una festa patronale. È così che la nostra cittadina, nelle scorse settimane, ha vissuto una gloriosa tre giorni in onore del suo Santo Patrono. Una festa che, agli occhi e a detta di tutti, sembrava impossibile realizzarsi vista la mancata creazione di un Comitato Feste, scioltosi alla fine dei festeggiamenti dello scorso anno, e che ha lasciato molti con il fiato sospeso fino all’ultimo.

Se l’Arcangelo Gabriele, da un lato, esclamava l’impossibilità davanti a tutto all’Annuncio dell’attesa del Messia alla Vergine Maria, anche noi abbiamo scoperto che nulla è impossibile se ci si crede fino in fondo: è così che un gruppo di volontari capeggiati dal Parroco, don Gino Scardino e dal Sindaco, Avv. Giuseppe Distante, hanno deciso di “metterci la faccia” e di eseguire un lavoro immenso, ben riuscito dalla grande forza di volontà che hanno saputo dimostrare e che, più di ammirare l’impegno (pur sempre di pochi) e la forza interiore, possiamo solo trarne esempio, stima e gratitudine.

I Giorno:

LA PROCESSIONE

Si parte da Sabato 22 Luglio, inizio ufficiale dei festeggiamenti liturgici del Diacono: una sfilza di tonache bianche alternate da mozzetta e fascia rossa, segni distintivi del Gruppo Portatori della Statuacostituitosi nel 2007 in occasione del XIX Centenario dal martirio di Cesario – apre la processione d’ingresso dall’antica Chiesa di San Giovanni. Segue il servizio liturgico con Ministranti e Ministri istituiti, il Diacono, i concelebranti: il parroco della Matrice don Gino e il parroco di Sant’Antonio don Egidio e il Celebrante: i festeggiamenti religiosi, quest’anno, sono stati aperti da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Donato Negro, Arcivescovo Emerito di Otranto, figlio di questa terra e che, proprio lui, ha voluto esserci in questo giorno così importante per la sua cittadinana e dare così il definitivo “start” ai festeggiamenti. Accompagnata dalle marce sinfoniche la processione entra in Chiesa accolta dall’inno “A te leviamo un Cantico” e da svariati sguardi commossi ed emozionati dei fedeli. Ma è al termine del rito religioso che avviene un momento storico per la nostra comunità: con profonda commozione il Parroco della Matrice, dopo aver compilato varie richieste al nostro Arcivescovo, Monsignor Michele Seccia, e alla Penitenzieria Apostolica presso la Santa Sede, ha solennemente annunciato che la nostra comunità, a partire da novembre prossimo, vivrà un’Anno Giubilare di San Cesario, in occasione del Terzo Centenario dall’arrivo delle Reliquie in paese. I giorni più importanti saranno quelli, oltre all’apertura del Giubileo, che vanno dal 18 al 28 Luglio 2024, giorni in cui sarà concessa l’Indulgenza Plenaria, in remissione di tutti i peccati, alle solite condizioni stabilite dalla Chiesa. L’annuncio, seguito da un caloroso applauso, ha acceso i cuori di tutti e fatto ben sperare per una cittadina che si appresta a venerare, ancora più solennemente, il suo custode. Anticipato dalla splendida e lucente accensione delle luminarie, il primo atto all’uscita del busto argenteo è il tripudio dell’Aida eseguito da sei trombe egiziane. L’atto di affidamento del Sindaco tramite l’omaggio della chiave del paese al Patrono e l’omaggio floreale del Delegato per i Solenni Festeggiamenti hanno racchiuso tutti i cuori dei sancesariani in un unico atto di puro amore verso il giovane diacono.

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Fotografico della Festa

La processione percorre quest’anno la zona “Nord” del paese:

tante le vie addobbate da lumi, piante, bandierine rosse ed immagini di San Cesario. Giunta la statua sul sagrato della Chiesa, il parroco don Gino chiude il primo giorno con la Solenne Benedizione della Reliquia rivolgendo un saluto anche a coloro che, insieme alla nostra comunità, hanno celebrato nello stesso giorno la festa del Santo: le Comunità di Cesa, in Campania e di Netcong del New Jersey (USA).

Il momento tanto atteso da grandi e piccini, quello dei fuochi pirotecnici è poi arrivato e ha lasciato tutti con il fiato sospeso e con il naso all’insù. Terminata la bengalata, “la più bella che si fosse mai vista in paese”, la statua è stata ricondotta in Chiesa sul trono solennemente addobbato lasciando così spazio ai festeggiamenti civili.

È Piero Ciakki, quest’anno, ad aprire il lato civile: sketch, barzellette, risate, hanno invaso una piazza gremita di gente per assistere allo spettacolo comico dove, ogni tanto, fa molto bene ridere!

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II Giorno: DOLCI

SINFONIE

Domenica. La Comunità vive il giorno di festa più solenne. Una fragorosa salve mattutina annuncia il secondo giorno, le campane suonano a gloria e timidamente iniziano a sentirsi, dalla cornice di Piazza Bologna, i primi strumenti del complesso bandistico “Città di Castellana Grotte”, esplosi poi in un inno alla gioia con il classico matineè partito dalla piazza interessando alcune vie del centro storico con il tradizionale omaggio del piazzale antistante all’Ospedale Galateo.

In piazza iniziano a riunirsi i primi cittadini decisi a sfidare il caldo salentino pur di non mancare ad una Traviata o semplicemente a discutere sull’andamento della prima sera di festa. Un pò di pausa a mezzogiorno, ma nel primo pomeriggio subito si riprende con spezzoni storici e intramontabili.

Al termine della Messa delle 19, dedicata interamente alla memoria del Santo, tutti i collaboratori della Festa sfilano in processione tra i fedeli capeggiati dal Delegato con un mazzo di fiori pronto per essere donato ai piedi del busto argenteo di San Cesario accompagnati dalla banda che esegue l’inno popolare “Salve, Salve, possente Patrono”. Ancora il complesso bandistico allieta il corso della serata.

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III Giorno: “CORE

PRESCIATU”

L’ultimo giorno, seppur triste perchè spazza in pochi attimi un duro lavoro di mesi e mesi ma carico di entusiasmo e adrenalina per il grande evento serale, chiude i festeggiamenti religiosi con la Solenne Celebrazione Eucaristica, nel 299esimo Anniversario dalla Traslazione della Sacra Reliquia dal Palazzo Ducale alla Chiesa Matrice, caratterizzata dal Canto del Te Deum, inno di ringraziamento al Signore per i suoi innumerevoli doni, ma ancor più in particolare per i festeggiamenti.

È però ora il di chiudere la festa nel migliore dei modi con il grandissimo figlio d’arte Enzo Petrachi. Tra brani storici già composti dal compianto Bruno a nuovi brani, Piazza Garibaldi si è trovata gremita in ogni suo angolo da concittadini, da forestieri e fan venuti da ogni angolo del Salento. Cori, balli e fiumi di divertimento hanno coinvolto tutti, dai più grandi che hanno da sempre ascoltato queste melodie, ai più piccoli che le scoprono adesso, tutti sotto un unico grande cuore che pulsa di salentinità pura.

Ovazione di tutta la piazza per l’esibizione del gruppo e standing ovation per coloro che hanno organizzato la Festa nonostante tante difficoltà e tanto sacrificio. Ancora una volta una festa degna di nota, attendendo con fibrillazione questo grande quanto interessante evento del Giubileo che, chissà, potrà anche portare alla formazione di questo tanto desiderato Comitato Feste.

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SPAZIO GENERAZIONE RECUPERO

Distilleria De Giorgi:

Programmazione e idee fresche per ripartire davvero

Riapre il parco della distilleria de Giorgi, ma quali sono le proposte per valorizzare questo luogo?

Ecco le idee del gruppo dei Giovani di Generazione Recupero (n.d.R.)

La Distilleria de Giorgi è un luogo speciale per tutti noi, per chi lo ha vissuto come polmone produttivo e per chi, come noi più giovani, ha sempre sentito parlare della Distilleria nei racconti dei suoi nonni e che ha potuto ammirare la sua nuova versione. Una versione affascinante, dove storia e natura si incontravano per ridare al paese un suo spazio d’aggregazione.

La luna di miele però, tra la nuova distilleria e il paese, è però durata molto poco con una distilleria aperta a singhiozzo, spazi lasciati per diverso tempo all’incuria e soprattutto una sua gestione lontana da ogni forma di pieno intrattenimento.

Se è vero che gli eventi sono stati organizzati è anche vero che il potenziale attrattivo di questi sembrava sprecarsi, con una scarsa comunicazione riguardo questi eventi e un interesse, mai fervido, dei nostri concittadini.

Generazione Recupero, in questi mesi, ha mosso le prime proposte per una nuova vita della Distilleria ma sfruttiamo questa bellissima vetrina per avanzare altre proposte che potrebbero rilanciare effettivamente questi spazi.

In primis crediamo che sia necessario rendere la Distilleria un hub creativo e produttivo operativo sette giorni su sette, partendo in primis da una visione che metta al centro i talenti dei più giovani.La prima proposta, che vogliamo avanzare, è infatti quella di mettere la Distilleria ai giovani artisti con serata di festa e

dj set notturni che possano rendere la Distilleria, non solo un luogo aggregativo di nuovo in vita, ma soprattutto un palcoscenico gratuito per tutti quei ragazzi che vogliano fare della musica in una cornice in grado di esaltarli e che gli permetta di arrivare al loro primo pubblico. I più giovani, tra i lettori, sanno perfettamente che già nostri concittadini molto giovani sono perfettamente integrati nel mondo del divertimento mondano e allora perché non af fidare a uno di questi ragazzi, il ruolo di “direttore artistico” per questa specie di eventi. Pensando quindi una distilleria che unisca il divertimento alla possibilità di esibirsi, anche guardando agli impresari del settore che come sponsor di questi eventi potrebbero ricavare pubblicità, e talent per i loro locali.

Ma non si vince soli, e San Cesario non può ignorare la sua vicinanza al capoluogo e allora perché non rendere la distilleria de Giorgi, la “costola” degli eventi che vedono Lecce protagonista. Eventi come il festival del Cinema di Lecce, potrebbero vedere alcuni suoi appuntamenti svolgersi nella cornice della distilleria. Pensate a cosa potrebbe significare, anche solo ospitare le interviste ai protagonisti del festival, nella nostra distilleria. E questo è solo un esempio, i grandi eventi e i festival internazionali del capoluogo sono tanti e la possibilità di offrirci come cornice accessoria a questi, non può essere trascurata. E partendo da queste esperienze, iniziare a pensare ad un nostro festival tematico, che ogni

estate possa portare personaggi ed eventi che nel tempo possano creare un vero e proprio evento dell’estate salentina.

E rilanciamo la proposta che abbiamo già raccontato sui nostri canali social, di creare appuntamenti settimanali nel weekend per rilanciare anche le nostre attività commerciali e per rendere, il paese, un hub produttivo e promozionale. Eventi settimanali, che ruotando il loro tema, possono offrire un volano alle attività che così potranno raccontarsi al pubblico in modo più facile e creare anche uno spazio vivo nei giorni del fine settimana.

A queste proposte non possiamo poi non aggiungere, la nostra proposta più folle ma anche la più intrigante. Generazione Recupero tempo fa rilancio le dichiarazioni dell’attrice premio Oscar, Helen Mirren, che esprimeva a Repubblica, il desiderio di creare un teatro nella sua masseria salentina e con questo spunto provocammo, chiedendo che venisse contattata la diva hollywoodiana per offrirle lo spazio della Distilleria per creare un suo teatro, con un ruolo di direttrice artistica che con la piena autonomia le permette di sperimentare proprio nella cornice rustica della Distilleria De Giorgi. Il progetto sappiamo possa risultare troppo ambizioso ma siamo certi che se l’amministratore vorrà ascoltarci, arrivare all’attrice statunitense potrà risultare più facile del previsto, sicuri che la possibilità di avere uno spazio nel suo amato Salento, dove portare la sua arte, possa ren-

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renderla solo entusiasta. Qualsiasi sia la proposta o la strada che si vorrà seguire per il rilancio della Distilleria un dato però sarà fondamentale: Abbandonare ogni istinto clientelare nell’affidamento della sua gestione. Servirà visione, coraggio e voglia di fare sperando di essere anche noi motori di questa nuova voglia di fare. Soprattutto dovrà cambiare il modo di raccontare questi spazi; basta ricordi in bianco e nero vogliamo ripartire da idee nuove, da un racconto di San Cesario che riparta dai vecchi fasti ma che si lasci indietro i ricordi e guardi a proposte nuove e innovative. Nulla di quello che abbiamo prospettato è infattibile e con un minimo sforzo si potrà ottenere un risultato strabiliante per la nostra comunità.

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San Rocco e la Giurdana tra culto e tradizioni popolari

Il culto di San Rocco nel paese di San Cesario era molto sentito sin dall’inizio, da quando la rettoria, dedicata prima a Santa Caterina d’Alessandria, con i vari restauri è stata intitolata a San Rocco.

La festa del Santo era una delle tre feste più sentite dopo quella del Santo Patrono, San Cesario, la Madonna del Carmine e San Giuseppe della “Stiddhra”.

Fino a qualche tempo fa, quando la maggioranza della popolazione coltivava la terra, San Rocco veniva festeggiato non il 16 agosto, bensì la terza domenica di ottobre perché al termine della vendemmia, i contadini tornavano dalle campagne. Ad agosto, invece, essi erano impegnati a lavorare nei campi.

I festeggiamenti duravano ben tre giorni e le luminarie allestite oc cupavano tutta via Dante; la cas sarmonica veniva montata vicino all’attuale banca Monte dei Paschi di Siena e la Santa Messa veniva ce lebrata dall’arciprete di San Cesa rio, dato che la statua di San Rocco era portata processionalmente in Chiesa Madre, dove il predicato re esponeva un panegirico per ri conoscere e ricordare le opere del Santo di Montpellier e aumentarne la devozione. La confraternita di San Rocco era un tempo molto im portante, però, già da tanti anni, in declino così come la festa. La statua fu donata da devoti che avevano ricevuto una grazia dal santo, il simulacro di cartapesta, di autore ignoto, è di ottima fattura.

24 LUOGHI

Nel dopoguerra, con l’avanzare delle riforme conciliari, la festa di San Rocco la terza domenica d’ottobre fu soppressa e mai più riorganizzata. Invece, dopo un lungo periodo di declino, rimase la devozione a San Rocco.

La lungimiranza dei parroci ha cercato di far rivivere questa antica tradizione, cioè la festa il 16 di agosto di ogni anno, con l’organizzazione di un triduo in onore del Santo, la celebrazione della Santa Messa nella rettoria, il canto del responsorio e la recita delle preghiere. Il giorno della festa, la statua con la reliquia veniva portata nella Chiesa parrocchiale di Sant’Antonio, dove si celebrava l’Eucaristica. Successivamente si snodava la piccola processione per le vie dellacomunità, con l’ingresso nel rione “Giurdana”, lo spettacolo piro-

tecnico e l’arrivo nella rettoria. La festa continuava nel quartiere dove il piccolo comitato organizzava degustazioni culinarie di vari piatti tipici salentini.

Nell’epoca del Covid-19, queste tradizioni sono state sospese a causa delle disposizioni anti-contagio. La confraternita che cura la festa, proprio per invocare la protezione e la vicinanza del Santo di Montpellier, ha organizzato e organizza ancora i festeggiamenti, anche se in maniera minore, con il triduo nella chiesa parrocchiale e la Santa Messa nel rione, all’aperto, per accogliere i molti fedeli e devoti. La festa di San Rocco è sempre una ricorrenza che molti sancesariani ricordano e amano, soprattutto chiquesta festa la cura e vede il lavoro che si compie per l’organizzazione.

La Confraternita è sempre molto attiva a gestire nel migliore dei modi la ricorrenza, con mostre, aperture al pubblico della rettoria, vendita di biglietti per la lotteria e di ventagli devozionali artigianali con l’immagine di San Rocco.

Il 16 di Agosto tutti aspettano che San Rocco attraversi le vie della cittadina, per donare al Santo una preghiera, una supplica o per ringraziarlo per le grazie che, intercedendo presso il Padre, dona ai suoi fedeli. È una festa d’estate, nel caldo afoso d’agosto che attira sempre molte persone, che tornate nelle proprie abitazioni abituali, non mancano di partecipare alla festa del Santo più popolare e più amato nel mio paese.

La villeggiatura nella Valle della Cupa: San Cesario di Lecce ambita meta nel ‘900

Prima che San Cesario fosse noto per essere sede di diverse distillerie, il paese era un tempo meta ambita di villeggiatura per i nobili leccesi. Il fenomeno della villeggiatura era strettamente connesso sia all’esigenza da parte dei ricchi e nobili proprietari terrieri di poter amministrare più da vicino le loro terre, sia alla possibilità di poter sfuggire alla calura estiva della città e per potersi ritirare nelle proprie ville di piacere. Sappiamo infatti che all’epoca le terre di San Cesario, così come gli altri

paesi tutt’attorno a Lecce, erano impiegate per la coltivazione sia di olive che di grano, con la presenza di molti frantoi e mulini. Va da sè che i proprietari terrieri, che qui avevano i loro possedimenti, avessero a cuore la gestione di tutti questi beni. Alcune di queste ville di piacere, un tempo immerse nelle campagne, vennero poi assorbite nel centro abitato. Il fenomeno della villeggiatura continuò ininterrotto dai primi del ‘700 fino alla metà dell’800, ovvero quando la su-

supremazia della nobiltà venne meno e la borghesia iniziò ad imporsi. Ben presto i nuovi ricchi, i borghesi, puntarono a comperare le ville che un tempo erano state dei nobili. Ma non finisce qui. Infatti, con il tempo, la maggiore disponibilità economica di una fetta della borghesia permise a questa di potersi permettere la costruzione di nuove ville, ma con uno stile e funzione totalmente nuove. Per quel che riguarda San Cesario, le ville più conosciute sono due:

VILLA TERRAGNO

La villa, un tempo denominata Villa Fiocco, dal nome degli originari proprietari, venne edificata tra il 1890 e il 1895. La struttura si presenta con un prospetto neo-gotico, corpi aggettanti del pronao d’ingresso e delle pagode sui vertici. Il fastigio di coronamento della terrazza riprende motivi moreschi. Gli intonaci sono a fasce orizzontali di colore giallo e rosso pompeiano. Sul lato est del giardino è collocata una piccola torre esagonale utilizzata per la raccolta dell’acqua. Il giardino è ampio e ricco di vegetazione ed ospita al suo interno una particolare struttura in ferro battuto: il giardino chiuso. Questo era un luogo di riposo dove ci si poteva dedicare alla lettura, ai propri pensieri o anche per godersi i profumi dei fiori di stagione. Di notevole interesse sono il cancello di ingresso e i pilastri decorati con motivi floreali.

29 STORIE

VILLA FAZZI

La residenza venne costruita nel 1890 per volontà dell’ingegnere Giorgio Fazzi che la volle allora fuori dal centro abitato. Il prospetto principale è tripartito da tre cornici in pietra leccese; il corpo centrale è decorato con colonne, capitelli e archi moreschi, mentre le finestre laterali sono ingentilite da motivi bizzantineggianti. Il perimetro superiore è impreziosito con una merlatura in stile islamico. Le pareti esterne sono intonacate a fasce giallo ocra e rosso pompeiano. Costituita da un unico piano rialzato, è circondata da un giardino all’italiana.

Diverse fonti e i giornali d’epoca testimoniano i momenti di vita che queste ville hanno ospitato e raccontano i gusti, le abitudini, i piaceri dei loro padroni e dei loro ospiti.

Sappiamo così che all’epoca era di gusto trascorrere il tempo con i propri ospiti o amici ascoltando qualcuno tra essi cantare o recitare poesie. Non era neanche esclusa la possibilità di poter ospitare, a seconda della situazione, personalità di spicco del territorio nella società dell’epoca.

Sappiamo poi che ben presto anche la tecnologia della luce elettrica- per l’epoca una scoperta ancora giovane- venne applicataper l’illuminazione non solo interna alla casa, ma anche per illuminare il giardino, dando così luogo a reazioni di meraviglia per chi da fuori osservasse il giardino della villa.

Anche questa è dunque una parte della storia di San Cesario di Lecce, una storia che racchiude in se tante altre storie di uomini e donne che per questo paese sono passati, vi hanno abitato e magari lo hanno amato.

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