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San Rocco e la Giurdana tra culto e tradizioni popolari

di Francesco Marco Liaci

Il culto di San Rocco nel paese di San Cesario era molto sentito sin dall’inizio, da quando la rettoria, dedicata prima a Santa Caterina d’Alessandria, con i vari restauri è stata intitolata a San Rocco.

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La festa del Santo era una delle tre feste più sentite dopo quella del Santo Patrono, San Cesario, la Madonna del Carmine e San Giuseppe della “Stiddhra”.

Fino a qualche tempo fa, quando la maggioranza della popolazione coltivava la terra, San Rocco veniva festeggiato non il 16 agosto, bensì la terza domenica di ottobre perché al termine della vendemmia, i contadini tornavano dalle campagne. Ad agosto, invece, essi erano impegnati a lavorare nei campi.

I festeggiamenti duravano ben tre giorni e le luminarie allestite oc cupavano tutta via Dante; la cas sarmonica veniva montata vicino all’attuale banca Monte dei Paschi di Siena e la Santa Messa veniva ce lebrata dall’arciprete di San Cesa rio, dato che la statua di San Rocco era portata processionalmente in Chiesa Madre, dove il predicato re esponeva un panegirico per ri conoscere e ricordare le opere del Santo di Montpellier e aumentarne la devozione. La confraternita di San Rocco era un tempo molto im portante, però, già da tanti anni, in declino così come la festa. La statua fu donata da devoti che avevano ricevuto una grazia dal santo, il simulacro di cartapesta, di autore ignoto, è di ottima fattura.

Nel dopoguerra, con l’avanzare delle riforme conciliari, la festa di San Rocco la terza domenica d’ottobre fu soppressa e mai più riorganizzata. Invece, dopo un lungo periodo di declino, rimase la devozione a San Rocco.

La lungimiranza dei parroci ha cercato di far rivivere questa antica tradizione, cioè la festa il 16 di agosto di ogni anno, con l’organizzazione di un triduo in onore del Santo, la celebrazione della Santa Messa nella rettoria, il canto del responsorio e la recita delle preghiere. Il giorno della festa, la statua con la reliquia veniva portata nella Chiesa parrocchiale di Sant’Antonio, dove si celebrava l’Eucaristica. Successivamente si snodava la piccola processione per le vie dellacomunità, con l’ingresso nel rione “Giurdana”, lo spettacolo piro- tecnico e l’arrivo nella rettoria. La festa continuava nel quartiere dove il piccolo comitato organizzava degustazioni culinarie di vari piatti tipici salentini.

Nell’epoca del Covid-19, queste tradizioni sono state sospese a causa delle disposizioni anti-contagio. La confraternita che cura la festa, proprio per invocare la protezione e la vicinanza del Santo di Montpellier, ha organizzato e organizza ancora i festeggiamenti, anche se in maniera minore, con il triduo nella chiesa parrocchiale e la Santa Messa nel rione, all’aperto, per accogliere i molti fedeli e devoti. La festa di San Rocco è sempre una ricorrenza che molti sancesariani ricordano e amano, soprattutto chiquesta festa la cura e vede il lavoro che si compie per l’organizzazione.

La Confraternita è sempre molto attiva a gestire nel migliore dei modi la ricorrenza, con mostre, aperture al pubblico della rettoria, vendita di biglietti per la lotteria e di ventagli devozionali artigianali con l’immagine di San Rocco.

Il 16 di Agosto tutti aspettano che San Rocco attraversi le vie della cittadina, per donare al Santo una preghiera, una supplica o per ringraziarlo per le grazie che, intercedendo presso il Padre, dona ai suoi fedeli. È una festa d’estate, nel caldo afoso d’agosto che attira sempre molte persone, che tornate nelle proprie abitazioni abituali, non mancano di partecipare alla festa del Santo più popolare e più amato nel mio paese.

La villeggiatura nella Valle della Cupa: San Cesario di Lecce ambita meta nel ‘900

di Andrea Vergallo

Prima che San Cesario fosse noto per essere sede di diverse distillerie, il paese era un tempo meta ambita di villeggiatura per i nobili leccesi. Il fenomeno della villeggiatura era strettamente connesso sia all’esigenza da parte dei ricchi e nobili proprietari terrieri di poter amministrare più da vicino le loro terre, sia alla possibilità di poter sfuggire alla calura estiva della città e per potersi ritirare nelle proprie ville di piacere. Sappiamo infatti che all’epoca le terre di San Cesario, così come gli altri paesi tutt’attorno a Lecce, erano impiegate per la coltivazione sia di olive che di grano, con la presenza di molti frantoi e mulini. Va da sè che i proprietari terrieri, che qui avevano i loro possedimenti, avessero a cuore la gestione di tutti questi beni. Alcune di queste ville di piacere, un tempo immerse nelle campagne, vennero poi assorbite nel centro abitato. Il fenomeno della villeggiatura continuò ininterrotto dai primi del ‘700 fino alla metà dell’800, ovvero quando la su- supremazia della nobiltà venne meno e la borghesia iniziò ad imporsi. Ben presto i nuovi ricchi, i borghesi, puntarono a comperare le ville che un tempo erano state dei nobili. Ma non finisce qui. Infatti, con il tempo, la maggiore disponibilità economica di una fetta della borghesia permise a questa di potersi permettere la costruzione di nuove ville, ma con uno stile e funzione totalmente nuove. Per quel che riguarda San Cesario, le ville più conosciute sono due:

Villa Terragno

La villa, un tempo denominata Villa Fiocco, dal nome degli originari proprietari, venne edificata tra il 1890 e il 1895. La struttura si presenta con un prospetto neo-gotico, corpi aggettanti del pronao d’ingresso e delle pagode sui vertici. Il fastigio di coronamento della terrazza riprende motivi moreschi. Gli intonaci sono a fasce orizzontali di colore giallo e rosso pompeiano. Sul lato est del giardino è collocata una piccola torre esagonale utilizzata per la raccolta dell’acqua. Il giardino è ampio e ricco di vegetazione ed ospita al suo interno una particolare struttura in ferro battuto: il giardino chiuso. Questo era un luogo di riposo dove ci si poteva dedicare alla lettura, ai propri pensieri o anche per godersi i profumi dei fiori di stagione. Di notevole interesse sono il cancello di ingresso e i pilastri decorati con motivi floreali.

Villa Fazzi

La residenza venne costruita nel 1890 per volontà dell’ingegnere Giorgio Fazzi che la volle allora fuori dal centro abitato. Il prospetto principale è tripartito da tre cornici in pietra leccese; il corpo centrale è decorato con colonne, capitelli e archi moreschi, mentre le finestre laterali sono ingentilite da motivi bizzantineggianti. Il perimetro superiore è impreziosito con una merlatura in stile islamico. Le pareti esterne sono intonacate a fasce giallo ocra e rosso pompeiano. Costituita da un unico piano rialzato, è circondata da un giardino all’italiana.

Diverse fonti e i giornali d’epoca testimoniano i momenti di vita che queste ville hanno ospitato e raccontano i gusti, le abitudini, i piaceri dei loro padroni e dei loro ospiti.

Sappiamo così che all’epoca era di gusto trascorrere il tempo con i propri ospiti o amici ascoltando qualcuno tra essi cantare o recitare poesie. Non era neanche esclusa la possibilità di poter ospitare, a seconda della situazione, personalità di spicco del territorio nella società dell’epoca.

Sappiamo poi che ben presto anche la tecnologia della luce elettrica- per l’epoca una scoperta ancora giovane- venne applicataper l’illuminazione non solo interna alla casa, ma anche per illuminare il giardino, dando così luogo a reazioni di meraviglia per chi da fuori osservasse il giardino della villa.

Anche questa è dunque una parte della storia di San Cesario di Lecce, una storia che racchiude in se tante altre storie di uomini e donne che per questo paese sono passati, vi hanno abitato e magari lo hanno amato.

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