Periodico religioso trimestrale - Anno 121 - V. Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abb. postale «regime R.O.C.» - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO - Nuovo corso n. 1/2019
IL
SANTUARIO CONSOLATA
Rivista fondata nel 1899 TORINO
DELLA n. 1 GENNAIO - MARZO 2019
In copertina:
«San Francesco di Sales in preghiera davanti all’altare della Vergine Consolata» Opera di Federico Siffredi, 1904. Olio su tela (dettaglio) (foto di Andrea Aloi)
Il Santuario della Consolata Torino
In Santuario conserviamo una pianeta del XVI secolo indossata da San Francesco di Sales, che più volte fu pellegrino alla Consolata dove c’è ancora la stanza da lui occupata durante i suoi pellegrinaggi.
Periodico religioso trimestrale Anno 121 - n. 1 Gennaio - Marzo 2019 Poste italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale «Regime R.O.C.» - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO - Nuovo corso n. 1/2019 C.C. post. n. 264101 intestato a: Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino Tel. +39 011 483.61.11 Fax +39 011 483.61.99 E-mail: rivistasantuario@laconsolata.org Sito web: www.laconsolata.org Impaginazione grafica rivista: Andrea Aloi Sito web: www.andreaaloi.it Stampa: A4 servizi grafici di Serra Sergio Snc Via F.lli Meliga 5/D - Chivasso (TO) Tel. 011919.55.96 E-mail: info@a4servizigrafici.it Sito web: www.a4servizigrafici.it Direttore responsabile: Marco Bonatti Autorizzazione del Tribunale Civile di Torino n.379 del 22 febbraio 1949
editoriale
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La parola del Rettore Giacomo Maria Martinacci rubriche
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Sei un modello fenomenale! Osvaldo Maddaleno
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La pace che vola sui campi di battaglia Lino Ferracin
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Il Cantiere di Studio romanico Giulia Poretti santi e beati
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Beato Sebastiano Valfrè Daniele Bolognini
Redazione:
D. LGS. 196/2003 PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Informiamo i lettori che i loro dati personali sono utilizzati esclusivamente per l’invio della nostra rivista. Tali dati sono trattati con la massima riservatezza e non vengono ceduti per nessun motivo a terzi. In ogni momento si potrà richiedere la consultazione, l’aggiornamento, la cancellazione.
Andrea Aloi Daniele Bolognini Lino Ferracin Osvaldo Maddaleno Giacomo Maria Martinacci Stefano Passaggio Giulia Poretti
editoriale
La parola del Rettore mons. Giacomo Maria Martinacci
Carissimi amici e devoti della Consolata, avete fra le mani la rivista del Santuario che, dopo 120 anni, ha cambiato il formato offrendo la possibilità di rendere più leggibili i testi. Sono certo che molti dei nostri lettori e lettrici sapranno apprezzarlo. Mi auguro che questa novità renda tutti anche più sensibili nell'inviarci il rinnovo dell'abbonamento, dal momento che tutta la carta stampata si regge proprio su questa indispensabile entrata. Il modulo di conto corrente postale, inserito in ogni spedizione, vuole favorire quanti non possono venire personalmente in Santuario sia per inviare il rinnovo dell'abbonamento sia per le altre proposte in esso contenute. Negli ultimi due anni, i frequentatori della Consolata sono stati testimoni di importanti lavori di cui ora si possono vedere i risultati: le facciate interne del Convitto sanate e riportate ai colori originali, insieme alla sostituzione di una grande parte della pavimentazione del chiostro e in esso la cimasa aggiunta a tutte le porte per mascherare le prese d'aria resesi necessarie; i tetti completamente ripassati unitamente al posizionamento delle linee vita; l'intervento di operai specializzati sulla cupola centrale del Santuario, sulla sommità della quale si sta ora intervenendo per ulteriori lavori indilazionabili; la sostituzione della quasi totalità degli inssi del Convitto, a tutto vantaggio dell'isolamento sia acustico che termico; le opere, me-
no visibili, all'interno del nostro millenario campanile. Mentre il nostro bilancio ordinario continua purtroppo a rimanere in rosso nonostante le attenzioni poste per evitare ogni spesa superua, tutti questi interventi hanno potuto trovare l'adeguata copertura nanziaria: la Provvidenza è stata davvero meravigliosa e grande. Oltre a quanto fornito dalla Fondazione C.R.T. e dalla Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino, si è aggiunto il ricavato dall'alienazione di un edicio pervenuto al Convitto alcuni anni fa come lascito testamentario; un aiuto molto consistente e generoso è il dono di un gruppo di persone che senza pubblicità hanno voluto esprimere il loro amore alla Consolata. Altre necessità continuano ad affacciarsi e, mentre rinnovo la riconoscenza a quanti n qui ci hanno sostenuto, sono certo che non verranno meno né l'obolo della vedova, citato da Gesù nel Vangelo, né quello di chi ha maggiori possibilità. Quando questo numero della nostra rivista giungerà nelle vostre case sarà imminente la Pasqua. Il lungo cammino quaresimale sollecita il nostro itinerario di conversione proponendoci richiami e stimoli precisi. Ma guai a non accogliere le varie proposte perché ci si addosserebbe la non lieve responsabilità di un autentico peccato di omissione. Voglio invece sperare che nella Ve-
glia Pasquale tutti, trasformati interiormente, sapremo rinnovare le promesse del nostro Battesimo con piena consapevolezza. I Nove Sabati della Consolata quest'anno iniziano nel giorno del Sabato Santo. Mi piace evidenziare questo cammino, che prepara la nostra festa patronale, voluto dal Beato Giuseppe Allamano. Invito specialmente coloro che abitano in Torino Città, ma non solo loro, a venire al Santuario in quei sabati sostando in preghiera sia da soli sia con l'intera famiglia. Sarà dato un particolare rilievo alla Santa Messa delle ore 10.30, che in tutti i sabati dell'anno viene celebrata per gli iscritti alla Compagnia della Consolata. Ha un grande valore rimanere in adorazione davanti al Santissimo Sacramento che in ogni sabato viene esposto sull'altare dalle 12.30 alle 17.30: è un tempo di grazia da valorizzare. La presenza dei sacerdoti disponibili per celebrare il Sacramento del perdono è un'ulteriore proposta che il Santuario offre in ogni giorno e per molte ore. La Consolata attende ed accoglie sempre. Ringrazio tutti per l'affetto al Santuario che in tanti modi viene manifestato. Assicuro il ricordo nella preghiera alla Vergine ConsolataConsolatrice a cui afdo quotidianamente le intenzioni di ognuno, e invoco le consolazioni di Dio.
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Sei un modello fenomenale!
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«Madonna col Bambino», Olio su tela, 1628-30. (Particolare). Opera di Guido Reni North Carolina Museum of Art, Raleigh (USA)
don Osvaldo Maddaleno
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stato chiesto a Papa Francesco, da Marco Pozza, come si immagina le stagioni di Maria, dalla nascita a quando è stata assunta in cielo e il Papa ha così risposto: «Da quando è nata no all'annunciazione, al momento dell'incontro con l'angelo di Dio, me l'immagino come una ragazza normale, una ragazza di oggi, una ragazza non posso dire di città, perché Lei è di un paesino, ma normale, educata normalmente, aperta a sposarsi, a fare una famiglia. Una cosa che immagino è che amasse le Scritture: conosceva le Scritture, aveva fatto la catechesi ma familiare, dal cuore. Poi dopo il concepimento di Gesù, ancora una donna normale: Maria è la normalità, è una donna che qualsiasi donna di questo mondo può dire di poter imitare. Niente cose strane nella vita, una madre normale: anche nel suo matrimonio verginale, casto in quella cornice della verginità, Maria è stata normale. Lavorava, faceva la spesa, aiutava il Figlio, aiutava il marito: normale» (tratto da Ave Maria, ed. Rizzoli). Consapevoli della normalità di Maria possiamo scorgere ciò che la rende modello di umanità. San Paolo per annunciare Gesù cita Maria “nato da donna” (Gal 4, 4) dove intende mettere in risalto l'umanità vera di Gesù. Egli, come tutti gli esseri umani, nasce da una donna in modo del tutto normale e, se lei resta vergine nonostante questa normalità, è per dire che Dio non ha avuto bisogno di vulnerare la donna per venire nel mondo, ma vi è entrato con pieno rispetto verso il genere umano. Gesù nasce: lo accoglie una donna, una madre, un grembo. Maria si pone come simbolo ed esempio dell'azione salvica di Dio nel mondo e ne rende visibili gli effetti; con estrema delicatezza lei mostra il progetto di Dio dal suo inizio no al compimento, facendosi in tal modo modello di vita cristiana compiuta. Ma un modello di risposta all'intervento di Dio per la salvezza del genere umano, così come un simbolo possono sfuggire all'immaginario comune per sforare nell'idolatrico: è quasi accaduto in alcuni periodi. Tra tutte le testimonianze raccogliamo quella di Teresa di Lisieux: «Quanto sarei stata volentieri un sacerdote, per predicare sulla Santa Vergine! Mi sarebbe bastata solo una predica per dire tutto ciò che pensavo su di Lei. Avrei anzitutto fatto vedere quanto poco sappiamo della
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sua vita. Non si dovrebbero dire cose inverosimili o che non si conoscono su di Lei… E sono sicura che la sua vita reale deve essere stata molto semplice. Va bene parlare delle sue prerogative, ma non ci si può fermare qui… E quando in una predica sulla Madre di Dio si è costretti, dall'inizio alla ne, a esclamare meravigliati e fare ah! e oh! se ne ha abbastanza. Chi sa che qualcuno non arrivi a sentire un certo allontanamento da una creatura così superiore, no a considerare una storia di estraniazione?». Potrebbe capitare come con gli oggetti da museo: sottratti al proprio contesto divengono oggetti da contemplare, ma da lontano; così accade quando stacchiamo una persona dalle sue connessioni vitali; la persona si distanzia. Per questo il Concilio «esorta caldamente i teologi e i predicatori della Parola divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio» (Lumen gentium 67). Il titolo contiene la parola modello. Cosa è un modello? Maria può esserlo? Un modello offre indicazioni negli spazi esistenziali e li rende intelligibili creando unità tra la realtà e i suoi signicati, poiché «il fatto senza il suo signicato resta cieco e il signicato senza il fatto resta vuoto» (Greshake). Nell'Antico Testamento non si prende Dio a modello e non si fanno immagini di Lui. La più alta aspirazione del pio israelita è vedere Dio, non imitarlo, poiché la sua santità lo rende assolutamente altro. Ma nel Nuovo Testamento Dio s'incarna in Gesù di Nazaret e per i discepoli è Lui il modello da seguire. Non è soltanto una persona da imitare, Egli stesso è fonte e senso di vita, via che conduce al Padre. L'attenzione perciò è data a Gesù, è su di Lui che punta lo sguardo il discepolo, anche quando viene nominata la madre. Così è nella lode della donna sconosciuta (Lc 11, 27-28). Il suo apprezzamento è diretto a Gesù non a sua madre. Tuttavia in San Paolo si coglie un passaggio interessante: egli sposta il modello dalla presenza di Cristo a se stesso. Infatti afferma esplicitamente: «Diventate miei imitatori come io lo sono di Cristo» (1Cor 11, 1). In seguito, il modello si sposta: si imitano gli apostoli o si idealizza la comunità, con riferimento ad Atti 2, per vivere come i primi cristiani. Il modello non è al singolare:
è l'intera comunità che, avendo creduto e seguito Gesù, si fa modello sia per il singolo sia per altre comunità. Anche Maria è presentata da una abbondante tradizione ecclesiale come un modello da imitare e il “senso della fede dei fedeli” ne ha difeso la comprensione attraverso i secoli. Il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium dice: «I fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità debellando il peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (n. 65). È illuminante un antico testo dei detti dei Padri del deserto. «Apa Serapione, qual è la settima parola di Maria?”, chiese apa Pafnunzio. “La settima parola? Proviamo a contarle: due all'angelo e il Magnicat, fanno tre; una a Gesù dodicenne e due a Cana, altre tre. Sono sei”. “Ho sempre pensato fossero sette, come le sette parole di Gesù in croce”. Il sabato successivo i solitari si incontrarono di nuovo. Apa Pafnunzio portò le pastinache, apa Filagrio i datteri, apa Meghezio le focacce, apa Epifanio le noci, … Ognuno dei sette monaci aveva un dono per l'altro e insieme fecero carità. Prima di riprendere la via del ritorno verso le proprie celle, apa Serapione si rivolse ad apa Pafnunzio: “Avevi ragione. C'è una settima parola, ma il Vangelo di Luca non la riporta. Dice soltanto che Maria, entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Pronunciò certamente delle parole, perché Elisabetta afferma di avere udito il saluto, non si trattò dunque di un semplice gesto. Ma in cosa consistette il saluto non è dato di sapere”. A sera apa Pafnunzio trovò soltanto una parola: “Shalom”. Forse era semplicemente questo il saluto della Vergine. Non avrà detto di più? Forse avrà aggiunto: “Shalom, Elisabetta”. Tutto qui? Forse per questo Luca non l'aveva ritenuta degna di menzione. Eppure l'effetto era stato sorprendente. Il bambino nel seno di Elisabetta era sobbalzato. Apa Pafnunzio sapeva bene che non era stata una parola a far sussultare Giovanni, ma la presenza di Gesù che Maria portava in sé. Eppure Gesù aveva bisogno di chi lo rivelasse e Maria disse semplicemente “Shalom, Elisabetta”. Non un grande discorso, soltanto una parola e un nome, quanto basta per mostrare affetto e interesse. Dietro quella parola c'era la Parola, che aveva risvegliato la parola viva che abitava in Elisabetta, che a sua volta accese l'anima di Maria che comprese ancora più profondamente la Parola che era in lei e cantò il Magnicat. Basta poco, si disse apa Pafnunzio, una semplice espressione di affetto sincero, perché la parola che è in me prenda vita, così come le parole dei fratelli della laura. Il sabato successivo si recò al consueto luogo d'incontro e salutò i fratelli ad uno ad uno: “Shalom Serapione, Shalom Epifanio, Shalom Teodoro, Shalom Meghezio, Shalom Filagrio, Shalom Agatone”. La parola che abitava ognuno dei sette sussultò di gioia e l'unica Parola li penetrò e li raccolse in uno» (P. Ciardi).
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La pace che vola sui campi di battaglia Un ex-voto della Grande guerra. La storia curiosa dell'opera dello scultore Pietro Canonica
Lino Ferracin
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uante volte, entrando alla Consolata dopo aver salutato la Madonna lassù in alto e dopo aver rivolto uno sguardo di preghiera al Crocisso, ci siamo fermati nel corridoio che separa la sacrestia dalla basilica per guardare gli ex-voto lì esposti? Tante! E quante volte ci siamo soffermati sul grande rilievo in bronzo al fondo del corridoio? Poche! Eppure è grande, 3 metri di larghezza per 6 di altezza, e copre tutta la parete di fondo sopra le due porte ed è opera di uno scultore famoso nella prima metà del Novecento… forse conoscendo la sua storia metteremo più attenzione nell'osservarlo. È una storia curiosa e interessante anche se non tutta dimostrabile dai documenti in nostro possesso. Quasi dieci anni erano passati dall'esperienza terribile della prima guerra mondiale quando un gruppo di fedeli decise di non dimenticare tutto il bene che la Consolata aveva riversato sui suoi fedeli durante quella tragedia regalando al Santuario un imponente bronzo che, ricordando la vittoria, ringraziava ancora. Il suo titolo è La Pace che vola sui campi di battaglia e rafgura un an-
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gelo con il volto di donna che stringe in una mano un crocisso, in realtà una spada con la lama verso il basso diventata quindi una croce, e che ad ali spiegate vola su una folla festante, gettando ori. Sono più di venti i personaggi che a braccia alzate festeggiano la ne della guerra, vediamo madri con bambini levati al cielo, soldati, contadini, anziani e giovani. A sinistra della croce sono grafate queste parole: FIAT PAX IN VIRTUTE TUA VIRGO CONSOLATRIX. Più in basso, quasi a segnare un conne, un campo di grano ricco di messi biondeggianti. Sotto questa barriera, un masso, una parvenza di aratro, una catena spezzata e, ad attrarre il nostro sguardo, un ferito agonizzante, sostenuto da un compagno con il capo reclinato a confortare. Ai piedi del bronzo sulla cornice in legno un cartiglio così recita: “MADRE DEL DOLORE E DELLA CONSOLAZIONE - REGINA DELLA VITTORIA E DELLA PACE - VERGINE CHE ASCOLTATE EGUALMENTE LA PRECE SUBLIME E L'UMILE PREGHIERA ACCOGLIETE QUESTO OMAGGIO RICONOSCENTE DI UN POPOLO FIDENTE IN DIO DI ANIME A VOI FEDELI DI
CUORI AMANTI DELLA PATRIA”. La rma dell'autore è in basso, a sinistra sul masso: Pietro Canonica. L'opera ha il suo impatto su chi la osserva ma non è bellissima, è come non omogenea nell'impostazione e nei tratti. Come spiegare questa nostra sensazione se consideriamo che si tratta per la grandezza e per la collocazione di un'opera importante di un autore capace di trasferire benissimo nel marmo e nel bronzo sentimenti, affetti, drammi di singoli e di folle? Dobbiamo davvero ricostruirne la storia. Siamo in Russia nel 1910, il nostro scultore, che già ha realizzato un signicativo numero di busti per membri della nobiltà e della corte russa, viene presentato allo zar Nicola II che lo incarica di una serie di ritratti della famiglia imperiale e nel 1911 della realizzazione di un monumento equestre per celebrare il granduca Nikolaj Nikolaevic, comandante nella vittoriosa guerra contro la Turchia nel 1878. All’inaugurazione, nel gennaio 1914, lo zar incarica Canonica di realizzare un altro monumento a ricordo della gura riformatrice del nonno, lo zar Alessandro II (18181881). Il progetto del Canonica prevedeva
► «La pace» - 1918, altorilievo in metallo.
su un alto basamento con ai lati quattro bronzi che celebravano momenti importanti del suo governo: l'abolizione della servitù della gleba, la riforma dell’istruzione, i codici civili, la vittoria nella guerra russoturca del 1877-78. I bronzi verranno fusi in Russia dal fonditore torinese G. Barberis ma il monumento non sarà mai approntato a causa dello scoppio della prima guerra mondiale e della successiva rivoluzione bolscevica che distrusse l'opera. Del lavoro restarono a Torino i gessi preparatori e quando un gruppo di fedeli chiese al Canonica un'opera da presentare come ex-voto alla Consolata per ringraziarla della Vittoria nella Grande guerra, lo scultore si sentì libero di rielaborare uno dei gessi di quel monumento rimasto irrealizzato. Ad osservare attentamente il lavoro di Canonica, conoscendone ora la storia, ci sembra di cogliere volti dalle fattezze slave, sul lato sinistro un prolo di chiesa cattolica che ha poco rapporto con il resto, un mare di grano che ci ricorda più le distese della Russia che le nostre campa-
gne. Al Canonica è bastato capovolgere una spada, aggiungere un cappello d’alpino ed elmetti della Prima guerra per trasformare un paesaggio russo in uno italiano, senza però raggiungere la qualità di altre sue opere! Acquistato con una sottoscrizione pubblica, il bronzo fu presentato alla Consolata nel 1927. Dobbiamo qui ricordare alcune incongruenze nelle date relative a questa vicenda perché, negli studi sul Canonica, l'opera con il titolo La Pace è data per fusa in Torino nel 1918, anno confermato dalla dottoressa Carla Scicchitano, curatrice dell'Archivio storico del Museo Pietro Canonica, che così ci ha recentemente scritto: «Nel museo è conservato il modello in gesso di tre lati del basamento del
Monumento allo zar Alessandro II di Russia, ossia: 1) Fatti il segno della croce e vai libero nei campi; 2) Il codice civile; 3) L'istruzione. Mentre non è conservato il modello del lato rafgurante La Pace, il medesimo soggetto replicato, poi, nel 1918 da Pietro Canonica per la Basilica della Consolata di Torino. Dalla documentazione di archivio risulta che il modello de La Pace, eseguito a Torino, dallo scultore nel 1913, fu poi fuso a Pietroburgo (appunto per il monumento celebrativo dedicato allo zar), ove fu distrutto nel 1917 dai rivoluzionari. La copia del modello de La Pace, rimasta a Torino, fu fusa nel 1918 per realizzare il rilievo in bronzo della Basilica della Consolata (Archivio Storico Fotograco Canonica, Inserto n. 219 -
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1918). Purtroppo per quello che ci riguarda nessun documento abbiamo trovato nel nostro bollettino e nell'Archivio della Consolata che confermi l'arrivo dell'opera in Basi-
lica in quella data, nè prima. Al di là di questa vicenda e delle nostre impressioni resta l'impatto forte del primo sguardo e la conferma, in quel dono di fedeli, di un amore ri-
conoscente verso Colei che tutti consola perché prima di tutti già Consolata.
Pietro Canonica biograa
p «Autoritratto» Museo Pietro Canonica, Roma
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ietro Canonica nacque a Moncalieri il 1° marzo 1869 e prestissimo si dimostrò particolarmente portato verso l'arte: a 11 anni fu iscritto all'Accademia Albertina e solo dopo tre anni fu incaricato di scolpire dieci angeli per un sepolcro nel Cimitero Monumentale di Torino; a sedici anni aprì il suo studio e l'anno seguente partecipò all'esposizione del Circolo degli Artisti di Torino con un opera in bronzo, Ruth, che ricevette un premio speciale e fu acquistata dal re Umberto I. Numerose furono negli anni seguenti le esposizioni in Italia ed in Europa alle quali partecipò con buoni successi. I suoi soggetti preferiti furono i ritrat-
ti e le composizioni funerarie, di queste ben 35 sono presenti nel Cimitero Monumentale di Torino. Di stile classico Canonica, molto abile nelle caratterizzazioni dei suoi soggetti in particolare dei bambini, sapeva mescolare il vero con il romantico, in questo attento e coerente con la sensibilità del suo tempo. Si proponeva di “studiare il vero nella forma più pura, concentrando in essa il massimo del sentimento". Il successo e la frequentazione degli ambienti dell'alta società e delle corti europee lo portarono alla corte russa dove ebbe l'attenzione dello zar Nicola II che gli commissionò una serie di ritratti e soprattutto due monumenti equestri per celebrare la vittoria nella guerra russo-turca del 1877-78 e la gura del nonno Alessandro II. Fece parte del Consiglio Superiore delle Belle arti dal 1909 al 1914; tenne la cattedra di scultura alla Accademia di Venezia e all'Istituto di belle arti in Roma, di cui fu anche presidente. Nel 1922 il Canonica si
trasferì a Roma. Nel 1929 su scelta di Benito Mussolini entrò nell'Accademia d'Italia. Nel 1950 fu nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Appassionato di musica fu anche autore di opere liriche: La sposa di Corinto; Medea; Sacra Terra; Miranda. Morì nel 1959 e fu sepolto al cimitero del Verano, i funerali di Stato si svolsero nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. Ricordiamo ancora tra le sue opere il monumento alla Regina Vittoria a Buckingham Palace; il monumento equestre Al Cavaliere d'Italia (192223) in Piazza Castello e il Monumento all'artiglieria al Parco del Valentino (1930) a Torino. Tra quelle di soggetto religioso: la porta bronzea della chiesa abbaziale di Montecassino (1951); nella Basilica di San Pietro, la statua di San Giovanni Bosco (1936) e il monumento di San Benedetto XV (1928).
Bibliograa: F. SAPORI, Pietro Canonica scultore, Roma 1960; F. NEGRI ARNOLDI, Canonica Pietro, in Dizionario biograco degli Italiani, vol. XVIII, Roma 1975; Canonica. Scultore e musicista, a cura di N. CARDANNO, Roma 1985; Pietro Canonica, lo scultore prediletto dell’ultimo zar in «Studi Piemontesi», 2004, Vol. XXXIII, fasc.1. Per i lavori di Canonica al Cimitero Monumentale: G. A. LODI, Le nostre radici, Torino 1986; A. GARELLA, Il parco delle Mezze Lune, Torino 1987; AA. VV., Il liberty nell'altra Torino, Torino 1987.
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Il catino absidale della cappella prima (sinistra) e dopo (destra) l'intervento di restauro.
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Il Cantiere di Studio romanico Più di mille anni di storia del Santuario
Giulia Poretti
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olti erano gli sguardi sorpresi da ciò che vedevano durante la conferenza stampa tenuta il 6 febbraio presso il nostro Santuario e dedicata alla presentazione dei primi importanti risultati del Cantiere di Studio romanico, nato con lo scopo di riportare alla luce ciò che si è conservato nei secoli dell'antica chiesa di Sant'Andrea (XI secolo), il nucleo più antico del Santuario alle cui strutture si sovrappose nel 1675 il progetto di Guarino Guarini. L'incontro ha sancito il raggiungimento di un primo importante traguardo per il Cantiere romanico il cui percorso di indagine è iniziato più di dieci anni fa e che aggiunge una nuova sorprendente pagina alle vicende storico-artistiche della Città di Torino.
Ciò che è stato svelato sulle pareti dell'antica chiesa di Sant'Andrea è collocato nel periodo romanico, ovvero nei secoli tra il X e il XII, periodo del quale abbiamo in Torino pochissimi esempi. La storia dell'antica chiesa di Sant'Andrea affonda le sue radici in un periodo ancora precedente e, dalle poche notizie storiche giunte a noi, possiamo pensare a una piccola cappella intitolata già all'Apostolo e collocata a ridosso delle mura della città di Torino. Nel 906 i monaci benedettini della Novalesa (Val di Susa) fuggirono dall’abbazia dedicata ai Santi Pietro e Andrea, a seguito dell'invasione dei saraceni, trovando un primo riparo in una piccola chiesa fuori dalle mura, luogo però troppo pericoloso per la tranquillità di un monastero.
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► A sinistra: la parete sud della cappella. ► Nella pagina seguente: la parete nord. Nel dettaglio, il volto femminile con capo velato.
Per questo motivo nel 929 ottennero la possibilità di stabilirsi nella piccola chiesa di S. Andrea. Tra la ne del X e l’XI secolo diverse furono le modiche apportate alla originaria struttura, dettate certo dalla necessità di ampliamento degli spazi, giungendo alla realizzazione di una chiesa a tre navate e una cripta, su progetto del monaco Bruningo, descritta nelle pagine della “Cronaca della Novalesa” come la più bella di Torino. Questa chiesa in stile romanico aveva l'abside rivolta a est e l'ingresso ad ovest, a pochi metri dalle mura della Città. Nel 1589 i monaci benedettini lasciarono la conduzione del monastero ai monaci cistercensi, che modicarono completamente il suo aspetto e diedero maggiore risalto al culto della Consolata. L'artece delle trasformazioni che ammiriamo ancora oggi è Guarino Guarini (16241683) che nel suo progetto diede un nuovo assetto con la rotazione di 90 gradi dell'asse della chiesa, collocando a sud l'ingresso e a nord un nuovo spazio dedicato a custodire l'immagine della Madonna con il Bambino. In questa fase le tre navate dell'antica chiesa furono occupate da un'aula ellittica detta di “Sant'Andrea”, planimetricamente sovrapposta ad esse, inglobando anche le cappelle e lasciando fuori le absidi e la cripta. È questa scelta progettuale, di non abbattere absidi e cripta ma di
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fagocitarle all'interno delle mura del monastero, che ci permette di avere ancora traccia della originaria zona presbiteriale romanica. Questa è la storia che ci porta a parlare di “Cantiere” e “di Studio”, termini che suggeriscono uno spazio in continua evoluzione sia a livello teorico che pratico. La data di inizio risale al 2008 quando le ricerche e le ricostruzioni storiche del Santuario da parte di alcuni studiosi fecero ipotizzare che potesse essersi ancora conservata una porzione dell'antica chiesa. Una prima campagna di indagine confermò l'ipotesi che dietro ai muri del Convitto Ecclesiastico si fosse conservata intatta una delle campate absidali per tutta la sua altezza di circa 13 metri, dalle fondamenta al coronamento con gli archetti pensili. Come conferma la documentazione storica, la sua conservazione è dovuta al suo totale inglobamento nella struttura del Convitto Ecclesiastico. Siamo di fronte a un esempio unico nel panorama torinese, poiché gli elevati preservati del periodo romanico presenti sul territorio hanno altezze massime intorno al metro. Strategicamente, grazie alle donazioni ricevute e del puntuale raddoppio della cifra raccolta garantito dalla Fondazione CRT, è stato deciso di circoscrivere una prima area di intervento, precisamente nella cappella collocata al primo piano del Convitto Ecclesiastico. Questa fase ha visto la formazione di un tavolo multidisciplinare di esperti, coordinato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino, in cui sono intervenuti l'Università degli Studi e il Politecnico di Torino, la Curia Metropolitana e professionisti che da anni si dedicano alla valorizzazione e alla conservazione del patrimonio artistico. A maggio 2018 è iniziato l'intervento di restauro conservativo della cappella, incarico afdato al Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” con il suo team di restauratori e diagnosti per i beni culturali. L'intervento ha previsto la rimozione degli intonaci e delle coloriture moderne per far riemergere quei dipinti risalenti all'epoca romanica che rendevano unica la chiesa. I restauratori hanno smantellato meccanicamente gli strati più recenti di intonaco per poi avvicinarsi sempre di più alle campiture, no all'ultimo passaggio di precisione che ha visto l'impiego della strumentazione laser. Ciò ha
permesso di portare alla luce decori e gure dai colori brillanti: sulla parete sud è apparsa una grande gura dalla veste colorata nell'atto di protendere la mano destra verso l'alto mentre con la sinistra regge un cartiglio, l'ipotesi è che si tratti del patriarca Abramo, mentre sulla parete nord sono emerse due grandi gure inquadrate da elementi architettonici, anch'esse con cartigli. Nel cleristorio, il livello più alto della cappella, nelle cosiddette “greche abitate”, sono stati ritrovati due volti: sulla parete sud, un volto maschile dai grandi occhi, naso aflato barba e copricapo da monaco e sulla parete nord un volto femminile con capo velato e sguardo intenso. Nel catino absidale invece, è riemersa una decorazione oreale a ghirlande, presumibilmente seicentesca; in questo caso la tecnica di recupero delle dipinture ha previsto la pulitura attraverso solventi e acqua. Le testimonianze del romanico nelle costruzioni religiose a Torino sono poche, concetto ribadito dalla Soprintendente Luisa Papotti: «I lavori hanno sottolineato e confermato che questa chiesa, la più bella e importante a Torino dell'anno Mille, ha un ciclo pittorico che si riconnette alla più eccellente tradizione dell'alto Medioevo piemontese. Ci porta a confronti con le pitture delle cappelle della Abbazia della Novalesa e della Collegiata di Sant'Orso ad Aosta». Inne possiamo aggiungere ancora un aggettivo per completare al meglio il carattere del Cantiere di Studio romanico, ed è “innovativo”: la possibilità di iniziare il recupero di Sant'Andrea è dovuta a un metodo totalmente nuovo nell'ambito del restauro e della valorizzazione del patrimonio artistico ecclesiastico. Come ha spiegato il presidente della Fondazione CRT, Giovanni Quaglia, questo nuovo modo di intervenire non è solo un'opera strettamente di recupero conservativo, ma uno strumento di inclusione sociale perché: «Fortemente legato alla comunità, alle storie delle persone che frequentano i Santuari». L'idea vincente è stata quella di creare una campagna di fundraising, ovvero una raccolta fondi che instaura un rapporto relazionale con i donatori, uno scambio tra risorse, competenza e usso di comunicazione. Dopo due anni di raccolta fondi, seguendo le regole del fundraising, è stato possibile realizzare una prima fase di intervento studiata ad hoc dal tavolo multidisciplinare, sostenuta economicamente nel suo totale. Un intervento in cui la Fondazione CRT ha da subito creduto e appoggiato, come afferma il segretario Massimo Lapucci: «Un modello di lantropia innovativa applicata per la prima volta a un bene ecclesiatico: in aggiunta al tradizionale sostegno erogativo ab-
biamo avviato una campagna di fundraising e raddoppiato le donazioni». È doveroso qui ricordare e ringraziare il forte senso di appartenenza dimostrato dalla comunità e dalle Istituzioni e festeggiare con voi lettori il primo traguardo: sono 240 le ore di cantiere di restauro che hanno permesso di riportare alla luce e mettere in sicurezza gli affreschi romanici della cappella, sono 278 i donatori che hanno creduto alla forza di questa campagna di raccolta fondi e che hanno permesso di raggiungere la cifra di 67.195,01 euro che, con il raddoppio di Fondazione CRT, porta a 134.390,02 euro. Un vero e proprio successo, ottenuto con un lavoro di squadra tra Santuario, Istituzioni e come ha affermato il nostro rettore, mons. Giacomo Maria Martinacci, «278 persone, non solo torinesi, che come segno di apprezzamento per il Cantiere romanico –ma prima ancora come testimonianza di amore alla Consolata– hanno offerto il proprio contributo economico che ha reso possibile il tratto di cammino i cui risultati oggi noi vediamo». Tutti uniti per Torino che, prima di affermarsi come città barocca per eccellenza, ha conosciuto momenti di splendore architettonico ed artistico anche in epoca romanica, come ci racconta la bella chiesa della Consolata.
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Beato Sebastiano Valfrè “Apostolo” della Consolata
Daniele Bolognini
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Pietro Ayres, «Apparizione della Madonna della Consolata al beato Sebastiano Valfrè», Biella, chiesa di S. Filippo, 1836.
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Il Santuario della Consolata
na statua del Beato Sebastiano Valfrè accoglie sorridente chi varca la soglia del Santuario della Consolata. Un riconoscimento per il suo determinante apostolato nella storia religiosa di Torino a cavallo tra Sei e Settecento, con inussi importanti anche nei secoli successivi. Il Beato nacque a Verduno, piccolo borgo delle Langhe, il 9 marzo 1629 da una famiglia di modeste condizioni. Ebbe il privilegio di studiare, prima presso i Frati Minori Conventuali, poi nel seminario diocesano di Bra. Inne proseguì da esterno gli studi losoci a Torino presso il Collegio dei Gesuiti, mantenendosi facendo lo scrivano. Nel 1652 fu ordinato sacerdote e tre anni dopo si laureò in teologia all'Università degli Studi di Torino. Nel 1651 entrò nella Congregazione dell'Oratorio torinese di San Filippo Neri, fondato da soli due anni e costituito, in quel momento, da un solo padre. Nel giro di pochi anni tanta fu la stima che circondò la sua persona, che la Reggente Madama Reale Giovanna Battista di Savoia-Nemours volle afdargli l'educazione del glio Vittorio Amedeo II, erede al trono. Ebbe così inizio un rapporto di condenza che sarebbe durato tutta la vita. A sua volta il futuro Duca gli chiese di seguire la cura spirituale delle glie Maria Adelaide e Maria Luisa, future spose di Luigi Duca di Borgogna e di Filippo V di Spagna. Importanti gli incarichi che Valfrè svolse per la Chiesa torinese: esaminatore dei candidati agli Ordini sacri, rettore della Compagnia della Dottrina Cristiana, consultore e assistente dell'Inquisitore. Fu
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anche mediatore nel complesso conitto che, a fasi alterne, oppose la Corte Sabauda alla Santa Sede. Fu però, soprattutto, il padre dei poveri. Tante volte fu visto di notte, per le strade, condurre i mendicanti in qualche ricovero. Ebbe la ducia di tanti notabili della Città che gli afdarono, negli anni, cospicue somme di denaro che egli distribuì con saggezza. Membro dell'Arciconfraternita della Misericordia, seguì i condannati a morte e visitava regolarmente le prigioni. Svolse un prezioso ministero anche per quelle che chiamava le sue “cittadelle spirituali”: i monasteri di clausura. Privilegiato fu il rapporto con la Beata Maria degli Angeli (Marianna Fontanella, 1661-1717) del Carmelo torinese di S. Cristina. Intensa fu la sua devozione alla Santa Sindone, parlando della quale affermava: «La croce ha ricevuto Gesù vivo e ce lo ha restituito morto; la Sindone ha ricevuto Gesù morto e ce lo ha restituito vivo». Nel 1694, quando fu inaugurata la cappella eretta dal Guarini, a Valfrè fu chiesto dai Sovrani di fare alcuni rammendi al Sacro Lino. Gli anni in cui visse Valfrè furono funestati da guerre continue, come quella di successione spagnola in cui si colloca l'Assedio di Torino del 1706. Per conquistare la capitale piemontese i francesi impiegarono 60.000 soldati, tanto che Vittorio Amedeo II dovette chiedere aiuto a Vienna, al cugino Principe Eugenio. Ma si doveva resistere. In piazza San Carlo si allestì un ospedale da campo e tutti i giorni il Beato vi celebrò la Messa, all'imbrunire, presso un altare eretto con l'immagine della Consolata. Ai soldati distribuiva
medagliette e ai torinesi immagini della Consolata perché le collocassero sulle case a protezione delle palle di cannone: ogni giorno ne venivano sparate sulla Città no a 8.000. Più volte padre Sebastiano fu visto correre per confessare e assistere i soldati feriti, noncurante del pericolo. Donò un quadro su tela della Consolata al sovrano che egli portò sempre con sé nelle campagne militari. Il suo apostolato fu anche per le truppe straniere (spagnoli, francesi, tedeschi) cui distribuì foglietti con preghiere nelle diverse lingue. L'11 giugno iniziò una «sontuosa Novena con quantità de lumi, musica et istromenti musicali nella Chiesa de PP. della Consolata, et era si numeroso il concorso de Torinesi che non potendo più capire in quella ampia Cappella, e Chiesa molti se ne restavano fuor della porta nella vietta e molti nel corridore, et altri in sacrestia e giardino attiguo» (dalla Cronaca del Soleri). Il 13 agosto il Conte Daun, comandante della difesa, assai preoccupato per le sorti della città volle incontrare Valfrè. Il sacerdote lo confortò ripetendo la profezia di Madre Maria degli Angeli: «Alla Bambina [Natività di Maria, 8 settembre] saremo liberi». A fargli visita era andato in precedenza anche il Duca. Si diede inizio alla novena per la festa. Il 29 agosto i francesi entrarono in una galleria che portava all'interno della cittadella, ma l'accesso fu impedito grazie al sacricio del caporale Pietro Micca che dando fuoco a un “fornello” con esplosivi, fece crollare la galleria. Tra il 3 e il 4 settembre il Principe Eugenio, al comando di 28.000 uomini, giunse ai piedi della collina torinese dove incontrò il cugino. Il 7
settembre, come predetto dai Beati, Torino era nalmente libera. Il giorno seguente si cantò il Te Deum in Duomo e la popolazione si raccolse in Santuario portando i trofei raccolti nelle trincee nemiche. Vittorio Amedeo, probabilmente dietro suggerimento del Valfrè, dispose che circa 200 pilastrini in pietra, recanti l'efgie della Consolata e la data 1706, venissero disposte lungo il campo in cui fu combattuta la battaglia. Tra i pochi rimasti, uno è tuttora visibile all'esterno del santuario. Il 20 settembre 1706 padre Sebastiano comunicò al Consiglio Comunale il desiderio del Duca che la Città eleggesse la Madonna come sua patrona. Valfrè suggerì inoltre al sovrano di onorare la Vergine dedicandole una chiesa: l'imponente Basilica di Superga lo testimonia ancora oggi. Il 29 giugno 1707 venne promulgato l'editto che stabiliva i solenni festeggiamenti in onore della Consolata, la minuta fu «da lui [il Valfrè] corretta e annotata in margine». La vittoria sui francesi fu di fondamentale importanza per il Ducato sabaudo cui venne riconosciuto un ruolo non secondario nei nuovi assetti politici europei. Savoia ebbero prima la corona di Sicilia (nel 1713), poi quella di Sardegna. Padre Sebastiano, impegnato nel suo apostolato no a qualche giorno prima della morte, si spense ottantenne il 30 gennaio 1710. Vittorio Amedeo II in quei giorni si confessò e comunicò alla Consolata e andò due volte a fargli visita. Beaticato nel 1834, l'eredità spirituale del Valfrè ha rappresentato per i “Santi della Carità” dell'Ottocento torinese un modello. Fu singo-
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lare il legame con S. Giuseppe Benedetto Cottolengo che davanti al quadro della Madonna delle Grazie donato dal Valfrè alla chiesa del Corpus Domini ebbe l'ispirazione a fondare la sua opera. Il Cafasso ne seguì le orme nell'apostolato verso i carcerati e nella formazione dei sacerdoti, trovando suggerimenti nei suoi scritti. Nel 1858 don Bosco pubblicò nel suo “Porta teco cristiano” gli Avvisi del Valfrè ai padri e alle madri di famiglia. Giulia di Barolo associava la venerazione a S. Francesco di Sales a quella per il Valfrè. In una lettera del 1858 scrisse: «Pregate per me questi due santi così distinti per dolcezza, umiltà di cuore e carità verso il prossimo». Murialdo guardò al Valfrè come a un modello
di vita spirituale e di apostolato, numerosi i riferimenti nelle conferenze e nelle predicazioni rivolte ai confratelli. Grazie al ministero sacerdotale di padre Felice Carpignano, preposito dell'Oratorio di Torino nel XIX secolo dal carisma straordinario, molti Beati pregarono in S. Filippo davanti all'urna del Valfré: Marcantonio Durando, Anna Michelotti, Francesco Faà di Bruno, Clemente Marchisio, Francesca Rubatto, Giuseppe Allamano rettore del Santuario della Consolata. È singolare che il Beato Federico Albert, aspirante ufciale dell'esercito, pregando davanti a quell'urna, decise di diventare prete. Valfrè ci ha lasciato diversi scritti, alcuni pubblicati postumi. Da ricor-
dare la Sacra novena al S. Natale. Nel 2017 è stato edito dal Centro Studi Piemontesi (a cura di Daniele D'Alessandro) il suo epistolario che stupisce per la tta rete dei suoi corrispondenti. Da buon glio di S. Filippo Neri, ardente fu il suo amore a Maria. Nel testamento spirituale, così scrisse: «E voi, o Vergine santissima, madre di misericordia, regina del mondo, consolatrice degli afitti, rifugio dei peccatori, salute di chi perisce, a voi, a voi, fonte di pietà, raccomando l'anima mia. Aiutatemi spaventato, alzatemi caduto, guidatemi errante e consolatemi desolato. Impetrate dal vostro dilettissimo glio la misericordia che gli ho chiesto.
Lasciti e donazioni Da tanti anni, affezionati devoti della Consolata esprimono la volontà di destinare al Santuario parte delle loro sostanze. Il Santuario Beata Vergine della Consolata, con sede in Torino, gode di personalità giuridica come ente ecclesiastico (decreto ministeriale del 18.6.1987) ed è iscritto nel registro della Prefettura di Torino al n. 463. Come tale può ricevere legati ed eredità. Per le formule da utilizzare nella stesura di un testamento -che è sempre modicabile e/o revocabile- può essere utile il consiglio di un notaio al ne di evitare spiacevoli errori o incomprensioni, che rischiano di inciarne la validità. Solo con il generoso aiuto di tutti il Santuario può continuare ad essere un luogo accogliente e sicuro per svolgere il servizio pastorale che gli è proprio. Quanto potrà essere destinato al Santuario sarà un dono prezioso, segno di particolare amore alla Vergine Consolata-Consolatrice. Per informazioni rivolgersi direttamente al rettore del Santuario.
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calendario liturgico del Santuario
Marzo 2019 3. c 8a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 6. MERCOLEDÌ DELLE CENERI (astinenza e digiuno) 7. Sante Perpetua e Felicita, martiri (mem. fac.) 8. Venerdì dopo le Ceneri (astinenza) 10. c 1a DOMENICA DI QUARESIMA 13. Anniversario dell'elezione di Papa Francesco (2013) 15. Venerdì (astinenza) 17. c 2a DOMENICA DI QUARESIMA 19. S. GIUSEPPE, Sposo della B. V. Maria (sol.) 22. Venerdì (astinenza) 24. c 3a DOMENICA DI QUARESIMA 25. ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE (sol.) 27. Beato Francesco Faà di Bruno, sacerdote (mem. fac.) 29. Venerdì (astinenza) 31.
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4a DOMENICA DI QUARESIMA
Aprile 2019 1. Beato Giuseppe Girotti, sacerdote e martire (mem. fac.) 2. S. Francesco da Paola, eremita (mem. fac.) 5. Venerdì (astinenza) c
5a DOMENICA DI QUARESIMA S. Giovanni Battista de la Salle, sacerdote (mem. fac.) Giorno anniversario della concessione al Santuario del titolo di Basilica (1906). Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria (alle consuete condizioni stabilite) 11. S. Stanislao, vescovo e martire (mem. fac.) 12. Venerdì (astinenza) 7.
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DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE Giornata Mondiale della Gioventù 15-20. SETTIMANA SANTA 18. Anniversario della morte dell'Arcivescovo Card. Giovanni Saldarini (2011) 19. VENERDÌ SANTO (astinenza e digiuno) Giornata Mondiale per le opere della Terra Santa 20. 1° sabato della Consolata 21.
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DOMENICA DI PASQUA RISURREZIONE DEL SIGNORE 22-27. OTTAVA DI PASQUA 23. S. Giorgio, martire (mem. fac.) 25. S. MARCO, evangelista (festa) 27. 2° sabato della Consolata c
2a DOMENICA DI PASQUA Domenica della Divina Misericordia Partecipando a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria (alle consuete condizioni stabilite) S. Luigi Maria da Montfort, sacerdote (mem. fac.) 29. S. CATERINA DA SIENA, vergine e dottore della Chiesa, patrona d'Italia e compatrona d'Europa (festa) 30. S. Giuseppe Benedetto Cottolengo, sacerdote (mem.) 28.
Maggio 2019 1. 2. 3. 4.
S. Giuseppe Lavoratore (mem. fac.) S. Atanasio, vescovo e dottore della Chiesa (mem.) SANTI FILIPPO E GIACOMO, apostoli (festa) Venerazione della Sindone (mem.) 3° sabato della Consolata c
3a DOMENICA DI PASQUA Giornata Nazionale a favore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore 6. S. Domenico Savio (mem. fac.) 11. 4° sabato della Consolata 5.
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4a DOMENICA DI PASQUA Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni S. Pancrazio, martire (mem. fac.) 13. B. V. Maria di Fátima (mem. fac.) 14. S. MATTIA, apostolo (festa) 18. S. Leonardo Murialdo, sacerdote (mem.) 5° sabato della Consolata
20. 22. 24. 25.
5a DOMENICA DI PASQUA Giornata Nazionale di sensibilizzazione per il sostegno economico alla Chiesa Cattolica S. Bernardino da Siena, sacerdote (mem. fac.) S. Rita da Cascia, religiosa (mem. fac.) B. V. Maria Aiuto dei cristiani (mem.) 6° sabato della Consolata c
6a DOMENICA DI PASQUA S. Filippo Neri, sacerdote (mem.) 29. S. Paolo VI, papa (mem. fac.) 30. S. Giuseppe Marello, vescovo (mem. fac.) 31. VISITAZIONE DELLA B. V. MARIA (festa) 26.
Orario delle celebrazioni in Santuario Sante Messe: ▪ Giorni festivi: 7 - 8,30 - 10 - 11,30 - 16 - 18 - 19,30 ▪ Sabato e prefestivi: 18 ▪ Giorni feriali: 6,30 - 7 - 8 - 9 - 10,30 - 12 18 - 19 (sospesa nei prefestivi)
Liturgia delle Ore: ▪ Lodi mattutine: 8 (lun./ven. feriali) ▪ Vespri: 17 (sab./dom.) - 18 (lun./ven. feriali) Adorazione Eucaristica: Sabato: 12,30 - 17,30
Confessioni: ▪ Giorni festivi: 6,30 - 12,15 / 15 - 20,15 ▪ Giorni feriali: 6,30 - 12,15 / 15 - 19,15 Rosario: Ogni giorno: 17,30
Via Crucis: Venerdì di Quaresima: 17
► tramite bonico su conto corrente bancario UNICREDITSPA: IBAN IT 91 A 02008 01046 000105031377 specicando la destinazione al “Santuario B. V. della Consolata - Ramo O.N.L.U.S.” (codice scale 97501670018) ► tramite versamento sullo specico conto corrente postale n. 1040900498 allegato da quest’anno ad ogni numero della rivista del Santuario Attraverso queste operazioni le somme versate potranno godere dei beneci scali nell’annuale denuncia dei redditi.
RAMO O.N.L.U.S. DEL SANTUARIO
Il Ramo O.N.L.U.S. è diventato dal 13 novembre 2017 una realtà operativa. Esso si dedica esclusivamente alla tutela, custodia, valorizzazione e promozione del Santuario B. V. della Consolata e dell'annesso Convitto Ecclesiastico e delle opere d'arte in essi custodite, nonché della loro manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Per sostenere le iniziative di studio, promozione, ricerca e documentazione anche storica destinate a interventi di tutela, custodia, manutenzione, conoscenza, valorizzazione e fruizione del bene si può contribuire preferibilmente:
LA COMPAGNIA DELLA CONSOLATA del Santuario di Torino La Compagnia della Consolata ha come scopo di favorire la devozione alla Vergine Maria, venerata come Consolata dai doni di Dio e, per questo, Consolatrice dei sofferenti e degli afflitti: modello e sorgente di speranza, Ella ci precede nel cammino della fede e ci sostiene nelle difficoltà della vita quotidiana. È vivamente raccomandata agli iscritti la partecipazione personale alle celebrazioni liturgiche del Santuario e, nel giorno della festa titolare (20 giugno), alla processione in onore della Consolata.
Tutti, anche i defunti, possono essere iscritti nella Compagnia. Per loro, in Santuario, ogni sabato viene celebrata una S. Messa alle ore 10,30. Per iscrizioni e maggiori informazioni rivolgersi alla sacrestia del Santuario o telefonare al n. 011/483.61.01.
Attenzione: in caso di mancato recapito, rinviare all’Ufficio di Torino C.M.P. Nord per la restituzione al mittente, Rettore del Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino, che s’impegna a corrispondere la relativa tariffa.
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