1714-2014 Mostra espositiva 300 Anni della Consolata Patrona 21 Aprile – 24 Giugno Santuario della Consolata TORINO Breve introduzione A cura di Luciana Colet Bigatti Associazione “Amici della Consolata”
TORINO, 21 MAGGIO 2014 SANTUARIO DELLA CONSOLATA VIA MARIA ADELAIDE 2, 10122 TORINO +39 011 483.6100 segreteria@laconsolata.org Website : www.laconsolata.org con Web-TV 24h24
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Breve introduzione alla Mostra Espositiva “300 anni Patrona” Allestita al Santuario della Consolata di Torino a cura della Associazione “Amici della Consolata”
La mostra è stata pensata contestualmente al volume “La Consolata, la sua città, la sua gente”, a cura delle Edizioni del Santuario (Torino, 21 aprile 2014), che ne è stato il principio ispiratore. Nel volume sono contenuti i concetti fondamentali, ripresi nella mostra attraverso l’esposizione degli oggetti e dei documenti. Si è cercato di organizzarla con le sole forze interne, sia per mancanza di fondi e sponsors, sia per via dei tortuosi passaggi burocratici necessari per chiedere opere in prestito da altri Enti. Tutto quello che è stato allestito, a parte alcuni documenti dell’Archivio Storico del Comune, è di proprietà del Santuario e fa parte del patrimonio storico-artistico della Consolata e per questo motivo nelle didascalie non appare la provenienza dell’opera. Le didascalie sono di due tipologie: quelle con il logo della Consolata descrivono degli oggetti che erano già sul posto; quelle con il logo “300 anni Patrona” indicano gli oggetti appartenenti al percorso espositivo. In ogni sezione ci sono dei pannelli con la relativa spiegazione. Anche se molto è andato disperso, i documenti d’archivio e gli oggetti facenti parte del patrimonio della Consolata acquisiti nel corso dei secoli sono numerosi. Gli ambienti nei quali è stata allestita la mostra sono inseriti all’interno della struttura architettonica del monastero cistercense (XVI sec.), poi Convitto Ecclesiastico (XIX sec.). Lo scalone rappresenta la parte più antica, risalente al XVI secolo; monastero e chiostro furono poi rifatti nella prima metà del Settecento. L’ultima parte del corridoio verso via della Consolata e il lato verso via Giulio furono ricostruiti nel secondo dopoguerra, perché danneggiati da una bomba nel 1943.
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INIZIO VISITA La visita alla mostra inizia dalla “Galleria degli ex-voto”: si tratta del lato occidentale del chiostro chiuso alla fine dell’Ottocento per ospitare ed esporre gli ex voto inviati alla Consolata, la cui produzione si intensifica tra XIX e XX secolo. Da qualche anno la Galleria ospita i confessionali e quindi è visitabile meno liberamente. Per tutto il Novecento è stata meta di fedeli e visitatori: raccoglie centinaia di ex voto dipinti che in molti casi hanno come soggetto le due guerre mondiali.
SALA DEI RELIQUIARI Salendo lo scalone, il cui aspetto originario è alterato da una pesante copertura in smalto, probabilmente risalente agli anni Settanta del XIX secolo, ci si trova sul primo pianerottolo, da dove si può accedere all’interno del campanile romanico. Salendo questa prima rampa, il visitatore costeggia sulla sinistra un lato interno (intonacato) del campanile, adiacente ad una parte del convitto. Questa prima sala all’interno della torre romanica, definita “Sala dei reliquiari” ospita alcuni oggetti recuperati grazie all’intervento di mons. Marino Basso (Rettore del Santuario negli anni 2000-2013), che ha svolto un fondamentale lavoro di raccolta e recupero degli oggetti artistici disseminati nei depositi sparsi all’interno del Convitto. Parte di queste opere, pulite e sistemate, sono state inserite in questa stanza in un momento precedente all’apertura della mostra. Si è pensato di poterla rendere visibile, in occasione della mostra, perché costituisce un piccolo “museo” all’interno del percorso. Gli oggetti esposti sono inoltre un segno dell’importanza e del prestigio della Consolata, acquisito anche a seguito della sua proclamazione a Patrona. Vi si trovano pregevoli manufatti artistici appartenenti a epoche diverse: suppellettili, reliquiari, tronetti per esposizione eucaristica (in alcuni casi a baldacchino, quando l’Ostensorio, che teneva il Corpo di Cristo, veniva portato in processione), risalenti al XVII, XVIII e XIX secolo. I materiali sono vari, principalmente legno, dorato e argentato, intagliato 3
da abili artigiani locali, sui quali a volte viene applicata una lamina metallica lavorata a sbalzo. SCALONE Sulle pareti che circondano lo scalone sono collocati due quadri incentrati su san Giuseppe Cafasso: uno raffigura il santo mentre indica il quadro della Consolata; il secondo rappresenta san Giuseppe Cafasso con i preti diocesani che lui “formava”, principalmente in campo morale (si vede tra gli altri san Giovanni Bosco), con i poveri che lui aiutava e con i suoi amati carcerati, anzi, condannati a morte, che lui accompagnava sino al patibolo (Rondò della Forca) per dare loro un conforto. Con loro, la Consolata, ovviamente. Sulla parete di fondo del pianerottolo, in alto, si trova un dipinto della Madre di Dio col santo Bambino, attorniato da una cornice in stucco: immagine e stucchi sono stati eseguiti tra il 1730 e il 1736; le corone sono un’aggiunta successiva, dopo che, nel 1829 - per decreto del Capitolo Vaticano - avvenne l’incoronazione della Madonna della Consolata. Sotto al dipinto c’è una targa, di Vittorio Amedeo II (1), che accolse l’istanza della proclamazione della Consolata «Patrona» rivoltagli dal suo consigliere, il Beato Sebastiano Valfrè,(2) vero e proprio artefice di questa proclamazione. La lapide fu fatta collocare da Vittorio Amedeo II (narra dei momenti sereni trascorsi da Vittorio Amedeo II nel Monastero in compagnia dei monaci: a volte restava anche alcuni giorni e notti in preghiera) e, al fondo del testo, si può notare il “nodo” sabaudo, simbolo della dinastia.
PROCLAMAZIONE Proseguendo nella salita dello scalone, si giunge al primo piano dell’ex monastero, dove ha inizio la mostra con la sezione dedicata alla Proclamazione. Qui si trova il documento originale con il testo che proclama la Consolata «Singolar protettrice e Patrona»: l’Ordinato 4
Comunale del 21 maggio 1714 (Archivio storico della Città di Torino – vol. 244, p 42 r. e v.)(3). Sopra questo è collocato il quadro (olio su tela) del 1714, nel quale sono raffigurati i Decurioni (Sindaco e vice-sindaco) che venerano la “Consolata” e chiedono la protezione sulla città, che s’intravede sullo sfondo. Il dipinto mostra com’era la città ad inizio Settecento: è vista dal lato delle mura, il confine della città, al di là del quale c’era l’accampamento dei francesi durante l’Assedio del 1706.
Si vede la
chiesa della Consolata come era all’epoca, cioè prima dell’intervento dell’architetto Filippo Juvarra (1729). CAPPELLA DELL’ABATE La “Cappella dell’abate” ha davanti una cancellata per cui abbiamo la possibilità di vederla dall’esterno. La cappella non viene descritta dagli inventari settecenteschi ma è presumibile che fosse la cappella privata dell’abate del monastero cistercense. Sono ancora visibili gli affreschi originali (assegnabili tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo), in parte coperti dalla decorazione ottocentesca. All’interno, sull’altare, trovano posto un crocifisso in argento cesellato, contornato da una serie di candelieri e un gruppo di cartegloria. Nella nicchia è inserita la statua della Madonna della Consolata, in metallo dipinto e dorato. Il paliotto dell’altare è di legno intagliato e dorato con il monogramma MC. CORRIDOIO Prima di entrare nella prima stanza della mostra, la cosiddetta «Cappella Cafasso» (o Cappella del Convitto), è possibile osservare, all’interno di due teche collocate nel corridoio, alcuni documenti che ricordano altri due momenti storici del rapporto tra la Consolata e la Città di Torino, prima e dopo il 1714. Nella teca di sinistra sono esposti alcuni volumi originali della prima monografia sulla Consolata (1704; 1705), di cui si trova testimonianza in un Ordinato del Consiglio Comunale del 1704. Nel 1704 si inaugura il 5
santuario progettato da Guarino Guarini, i cui lavori avevano avuto inizio nel 1678, nel sesto centenario del ritrovamento dell’immagine detta del cieco di Briançon. Tale inaugurazione avvenne alla presenza della Duchessa Giovanna Battista Nemours, madre di Vittorio Amedeo II. La prima storia della Consolata si chiama HISTORICA NOTITIA DELLA MIRACOLOSA IMMAGINE DELLA MADONNA SANTISSIMA DELLA CONSOLATA ed è del 1704. In mostra si trova una prima edizione e altre esemplari dell’edizione del 1705, corredati con tre incisioni diverse della stessa Consolata. Al centro della stessa teca si può osservare il Sommario delle indulgenze plenarie, in occasione, appunto, dell’inaugurazione del nuovo Santuario. L’allora Papa Clemente XI elargisce un’indulgenza plenaria a tutti i devoti della Consolata, atto molto importante, anche questo datato 1704, facente parte dei documenti conservati nell’Archivio Storico della Consolata. Sempre a sinistra, sulla parete sopra la teca, l’Atto di Consacrazione della Città di Torino alla Consolata (20 giugno 1954) per gli 850 anni dal ritrovamento della Sacra Immagine.
Più avanti, si vedono i
Manifesti a ricordo delle Feste per l’VIII centenario del ritrovamento dell’Immagine – Torino, 1904. Nella parte destra del corridoio, invece, il ricordo dell’epidemia del colera del 1835, quando Torino venne colpita da una violenta epidemia. La Città di Torino fa nuovamente voto ufficiale e pubblico alla Consolata. Il voto è qui testimoniato da una copia (eseguita da Mario Gilardi) del dipinto del 1835-36 di Amedeo Augero(4) che si trova a Palazzo di Città, nella Sala delle riunioni comunali, detta Sala Rossa. Sono rappresentati alcuni personaggi importanti, i due Sindaci e i Decurioni (uno di questi è Tancredi Falletti Barolo) che fanno voto alla Consolata chiedendole di proteggere la cittadinanza durante l’epidemia del colera. A seguito di questo voto, nel 1837, verrà eretta la colonna votiva con sopra la statua della Madre di Dio (scultore Giuseppe Bogliani) che si trova sul marciapiede di Via della Consolata. 6
Sulla parete, a destra del quadro, è appesa una cornice che racchiude l’Ordinamento del Consiglio Generale della Città di Torino del 1° settembre 1835 e il cilindro, in metallo argentato, custodia originale del voto. Nella teca sottostante sono documentate alcune immagini della chiesa della
Consolata prima e dopo l’erezione della colonna votiva. Vi si
trovano opuscoli, stampe, cartoline e medaglie commemorative coniate in occasione del primo Centenario dal «voto del colera» (1935). Più avanti sulla destra è appeso alla parete il quadro settecentesco, un tempo in Basilica, nella Cappella delle Grazie, che rappresenta il momento del
ritrovamento della Sacra Immagine del 20 giugno del
1104. Sono presenti il cieco di Briançon e il Vescovo Mainardo. Questo avvenne dopo che il cieco ebbe in sogno la visione della Madre di Dio che gli chiedeva di recarsi a Torino e far scavare sotto la torre romanica per trovare l’immagine ivi nascosta molto tempo addietro: se avesse adempiuto a quanto richiesto, Ella avrebbe chiesto a Dio di fargli riacquistare la vista. Nell’altro lato del corridoio si vedono due fotografie della Madre di Dio Consolata scattate da Secondo Pia (il fotografo della ”Sindone”), commissionate dal Rettore di allora, Giuseppe Allamano. Nella prima fotografia si vede in basso la scritta “Sancta Maria de Populo de Urbe”(5), mentre la seconda è il risultato del lavoro di restauro di Secondo Pia, eseguito direttamente sulla lastra fotografica.
CAPPELLA CAFASSO (Cappella invernale del Convitto) Il percorso della mostra prosegue, entrando nella «Cappella Cafasso», chiamata così, perché era la cappella del Convitto, nella quale era collocato un altare con dietro l’immagine di san Cafasso (il Convitto, prima di essere trasferito nel 1871 alla Consolata, aveva sede nella chiesa di San Francesco d’Assisti e il Cafasso ne fu il rettore per parecchi anni). Ora l’altare e i banchi non ci sono più, quindi lo spazio è utilizzato per l’allestimento della mostra. 7
Qui ci troviamo in realtà nell’abside dell’antica chiesa di Sant’Andrea (per la pubblicazione dei risultati di tutte le indagini a riguardo, bisogna attendere il Convegno del 28 Novembre 2014 che il Comitato Scientifico del Santuario organizza a Palazzo di Città). Questo settore, intitolato L’ambiente,
il tempo, i protagonisti, vuole
ripercorrere, con gli oggetti esposti, il
periodo precedente e quello
successivo alla proclamazione. Prima di tutto si nota il grande e meraviglioso quadro nella parete di fronte all’ingresso: era già all’interno di questa cappella, e le sue dimensioni (con cornice) indicano che fu collocato in tale posizione prima della chiusura definitiva del muro, data l’impossibilità attuale di passare attraverso le porte. Prima di essere posizionato qui, il quadro si trovava, sin dal XVI secolo, sull’altare maggiore della chiesa di Sant’Andrea. Il dipinto rappresenta la “Deposizione di Cristo” ed è di Alessandro Ardente(6). Tra i protagonisti, in evidenza in questa sezione della mostra, è stata sottolineata, principalmente, l’importanza del Beato Sebastiano Valfrè (2), attraverso incisioni, oggetti e dipinti che ricordassero il ruolo di questo padre filippino, uno dei primi seguaci di san Filippo Neri. In alto, sopra la porta di accesso, si vede un quadro raffigurante il Valfrè di Amedeo Augero(4), copia di un dipinto del 1738. La prima teca al centro della sala raccoglie alcune incisioni sul Valfrè, rappresentato durante l’Assedio o in atto di devozione verso la Consolata, i volumi delle prime Vite di Sebastiano Valfrè e alcune immaginette devozionali. Nell’altra teca al centro della stanza, si vedono delle incisioni della Consolata (1751 e 1761), primi esempi di raffigurazione della Consolata dopo la proclamazione a Patrona. Troviamo anche un oggetto molto bello e
prezioso: una copertina di
libro di preghiere ricamata, su velluto rosso, dono della Duchessa Cristina di Francia (moglie di Vittorio Amedeo I) al Santuario della Consolata. È un oggetto assegnabile alla metà del XVII e testimonia quanto i Savoia fossero già legati alla Consolata. Infatti, la Chiesa della Consolata viene vista anche come cappella Regia dei Savoia. La 8
devozione dei Savoia per la Madonna della Consolata risale fin dai tempi dei Savoia-Acaja-Savoia (XIV secolo). Una teca sul lato sinistro è dedicata all’incoronazione del 1829 e raccoglie documenti e oggetti collegati all’evento. La Consolata non solo è Patrona, ma viene anche incoronata e ingioiellata come una vera regina. Nella teca sulla destra, un’altra testimonianza del culto alla Consolata: gli ex-voto. Ci sono degli ex-voto militari, che testimoniano quanto la Consolata fosse un sicuro punto di riferimento - forse ancor di più dopo l’Assedio del 1706 - dai militari in genere, che venivano a ringraziare in Santuario quando tornavano a casa salvi dalle guerre. Alla parete sono appesi alcuni ex-voto con episodi della Prima e della Seconda Guerra Mondiale. Nell’armadio a vetri in fondo, sono conservate alcune suppellettili che fanno parte del patrimonio della Consolata. Da sinistra: un Crocefisso in legno, con alla base un toro, simbolo della Città di Torino (sicuramente donato dalla Città di Torino per l’altare di San Valerico, suo patronato(8)); una Pisside della seconda metà del XIX secolo, con alla base l’immagine della Madre di Dio Consolata e di San Giuseppe Cafasso; due ostensori dell’inizio del XVIII secolo, in argento cesellato, dorato e pietre preziose; una croce d’argento cesellato inciso e dorato; calici del XVIII e XIX secolo in argento cesellato e dorato, tra cui il calice e la patena appartenuti al Beato Giuseppe Allamano(9). In basso, trovano posto alcuni documenti dell’Archivio del Santuario della Consolata appartenenti alla Primaria Compagnia della Consolata(10). Importantissimi i paramenti che sono esposti sulla sinistra. Il piviale è del XVIII secolo e raffigura, a ricamo, la Consolata senza la corona; a fianco, una pianeta del XVI secolo, indossata anche da San Francesco di Sales(7), in broccato con ricami dorati e argentati. Al fondo della stanza, ai lati dell’armadio, ci sono altre due pianete che fanno parte di un paramentale comune (XIX secolo): il ricamo presenta il monogramma incoronato, circondato da motivi floreali e frutta.
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ANTICAMERA della «SALA MONSIGNORI» Uscendo
dalla Cappella del Cafasso, si incontra un piccolo atrio nel
quale si trovano quattro grandi dipinti, da tempo appesi a queste pareti, e facenti parte dell’antica Sala Capitolare (ora rinominata «Sala Monsignori) e della Biblioteca, fin dal XVIII secolo. Due di essi raccontano la storia della gloria celeste dell’Ordine Benedettino Riformato detto Cistercense e quella dell’Ordine Benedettino. Un altro dipinto del 1700 raffigura San Bernardo con in mano il libro del suo commento al Cantico dei Cantici, anticamente posto nell’altare a lui dedicato Bernardo all’interno del Santuario; l’ultimo dipinto proviene da un antico altare dedicato ai santi Vescovi Francesco di Sales e Carlo Borromeo; venne tolto negli anni Sessanta del secolo scorso e sostituito da un dipinto di San Giuseppe, che cambiò anche la titolazione dell’altare (ancora oggi è uno dei quattro altari delle cappelle laterali del Santuario del tempo del beato Allamano). SALA «MONSIGNORI» Proseguendo si entra nella Sala monsignori (chiamata così per il ricordo di mons. Peradotto e mons. Pollano, che dedicarono l’intera loro vita di ministero sacerdotale qui in Santuario). La sezione è dedicata alla Diffusione del culto. In questa sala sono esposte le foto della Madre di Dio Consolata e Consolatrice provenienti da tutte le province del Piemonte. Da sinistra a destra, è possibile vedere quante “Consolate” si moltiplicano tra Sette e Ottocento nelle chiese, sulle vetrate, nei piloni votivi, nelle edicole, negli androni delle case. Sono arrivate un numero considerevole di fotografie inviate da coloro che hanno risposto all’appello lanciato via web dal Santuario, proprio in occasione di questa mostra. La scelta si è rivelata difficile: si è cercato di rappresentare almeno 4 settori della diffusione capillare del culto alla Consolata, cioè gli altari laterali di alcune chiese e i santuari locali a lei dedicati, le cappelle, i piloni votivi, le edicole e alcuni medaglioni di devozione privata, sparsi su tutto il territorio piemontese. Ci sono anche 10
due “Consolate” straniere: una polacca e una di Salamanca (Spagna), ma quelle provenienti dall’estero avrebbero potuto essere molte di più se ci fossero giunte anche tutte le varie chiese, santuari, postazioni missionarie dei religiosi e religiose che proprio qui dal Santuario sono partiti per disseminarsi in tutto il mondo, i Missionari e Missionarie della Consolata. Infatti, fin dalla loro nascita (inizio Novecento), i Missionari e Missionarie della Consolata hanno portato l’icona della Madre di Dio Consolata tra le popolazioni più lontane della terra, reinterpretando, a volte, l’immagine di Maria Consolata secondo i gusti e le sensibilità delle culture locali, come è avvenuto ad Addis Ababa (Etiopia) e in Mongolia, per esempio. Nella teca sul lato sinistro e in quella in fondo, sono esposte immaginette votive, cartoline e medaglie devozionali che testimoniano quanto la Consolata si sia diffusa a livello devozionale. Sulla
parete
centrale,
un
quadro
della
Consolata
ricamato
da
Giuseppina Morra nel 1919 e, a destra, un decoupage con la poesia dialettale “La Consolà” di Nino Costa, donata da Giovanna Demeglio. Nell’ultima
teca, a destra, si “racconta”
la Consolata
attraverso la
letteratura (libri) e la musica (con alcuni spartiti musicali). Si tratta di alcuni inni e lodi composte in onore della Consolata che venivano poi eseguite in Santuario. Negli archivi del Santuario se ne conservano molti altri, tutt’ora in fase di studio. CORRIDOIO Uscendo, si ritorna nel corridoio dove, a sinistra, abbiamo voluto suscitare la fantasia degli allievi delle scuole torinesi per una loro reinterpretazione della Madre di Dio Consolata come Patrona e Protettrice della Città. Qui abbiamo appeso i disegni di alcuni Istituti Scolastici, quelli che hanno voluto rispondere alla richiesta di una specie di … concorso, senza vinti né vincitori. Ci sono disegni di bambini delle elementari, di ragazzi e ragazze delle scuole medie e dei licei. Alcuni disegni, in particolare quelli dei bambini delle elementari, somigliano a veri e proprio ex-voto, mentre altri 11
invocano la protezione della Madre celeste (uno recita: “proteggimi mentre scio …”). Il percorso espositivo termina con quattro plastici che riproducono il Santuario, eseguiti dai ragazzi della scuola superiore. Le raffigurazioni lignee di angeli (piuttosto barocchi), presenti nel corridoio, fanno parte dell’arredo storico del Santuario.
NOTE DEL TESTO (1) VITTORIO AMEDEO II – Dopo la vittoria sui Francesi di Luigi XIV, Vittorio Amedeo diventa re di Sicilia nel 1713, con il trattato Utrecht. Nel 1720 la Sicilia gli viene scambiata con la Sardegna. (2) BEATO SEBASTIANO VALFRE’ – Prete Oratoriano, fu grande protagonista durante il periodo dell’Assedio del 1706: confortava popolazione e soldati, celebrava la messa in piazza San Carlo con un altare provvisorio sul quale era inserito il quadro della Consolata. Consigliere e Padre Spirituale e Confessore di Vittorio Amedeo II, stimolò il Duca a chiedere la proclamazione della Consolata Patrona di Torino. (3) La Consolata era già stata proclamata Patrona della Città il 29 settembre 1706 dal Corpo Decurionale della Città, obbligandosi a partecipare in perpetuo e in pompa magna all’annuale processione ordinata da Vittorio Amedeo II per l’8 settembre. IL 21 MAGGIO 1714 QUESTA PROCLAMAZIONE VIENE RATIFICATA e la festività assume carattere ufficiale e si stabilisce che la processione debba avvenire il 20 GIUGNO. (4) AMEDEO AUGERO (Verolengo 1799-Toino 1888). (5) Si è sempre creduto che l’immagine della Consolata che si trova sull’altar maggiore fosse l’immagine ritrovata dal cieco di Briançon. Durante il restauro del quadro si scopre la scritta SANCTA MARIA DE POPULO DE URBE. Si deduce che il dipinto è una copia, eseguita da Antoniazzo Romano, di un dipinto del 1200 che si trova appunto nella Chiesa di Santa Maria del Popolo di Roma, e inviato a Torino al Santuario della Consolata dal Cardinale Domenico della Rovere che a quel tempo era vescovo di Torino (è stato lui che ha fatto costruire il nostro Duomo di San Giovanni Battista). (6) ALESSANDRO ARDENTI (detto l’Ardente) – Originario di Faenza, lavora a Lucca, soggiorna a Pisa; svolse lunga e feconda attività, prevalentemente pittorica e tutta ispirata a eclettici canoni manieristici, nettamente distinta in un periodo lucchese e in uno torinese. Nel 1572 si trasferisce a Torino e viene nominato scultore ordinario del Duca Emanuele Filiberto e poi anche di Carlo Emanuele I. Nel 1585 è qualificato come “pittore e scultore di sua Altezza”. 12
Muore a Torino il 20 agosto 1595. Sono andati distrutti molti suoi dipinti, in prevalenza ritratti, nell’incendio del 1904 della Biblioteca Nazionale di Torino. (7) SAN FRANCESCO DI SALES - di Anneçy, nasce nel 1567. Vescovo di Ginevra. Con Jeanne Françoise Fremiot de Chantal fonda l’Ordine delle Suore della Visitazione. Muore nel 1622 ed è sepolto nella Chiesa della Visitazione ad Anneçy. (8) SAN VALERICO - Aveva fondato il Romitorio di Leuconay, presso Amiens (oggi Saint Valery sur Somme). Muore nel 622. Nel 628 viene costruita una Cappella. L’abate Donniverto della Novalesa (era in territorio dei Franchi in quei tempi) chiede a Carlo Magno le reliquie del santo. Quando i Benedettini fuggono dalla Novalesa portano a Torino i loro beni preziosi e fra questi vi sono le reliquie di San Valerico. Nel 1598 durante l’epidemia di peste viene nominato Patrono di Torino. La sua Cappella era chiamata CAPPELLA DELLA CITTA’ (altro legame tra la Città e la Consolata): il Comune provvedeva al mantenimento e conservazione della Cappella (questo avviene fino al 1830). (9) BEATO GIUSEPPE ALLAMANO (1851-1926) – Per oltre 40 anni è rettore del Santuario. Nel 1901 fonda l’Istituto dei Missionari della Consolata e li invia in Africa. Nel 1910 Fonda l’Istituto delle Suore Missionarie della Consolata. (10) Cf. «La Compagnia della Consolata», in: Il Santuario della Consolata 79(2012)20-23. Il periodico viene stampato ininterrottamente in Santuario fin dal 1899. (11) I Benedettini arrivano a Torino nella Chiesa di Sant’Andrea dall’Abbazia di Novalesa nel 926 e vi restano sino al 1589. Subentrano i Cistercensi di San Bernardo. Nel 1596 i Cistercensi non eserciteranno più le funzioni parrocchiali e trasformeranno la Chiesa in SANTURAIO. Resteranno sino al 1802. Ritorneranno nel 1816 e nel 1834 saranno sostituiti dagli Oblati di Maria Vergine (fondati nel 1816 da Bruno Lanteri – devoti alla Madonna ispirati al Beato Alfonso Maria de’ Liguori). A questi, nel 1858, subentrano i Frati Minori Osservanti. Nel 1871 arriva il Convitto Ecclesiastico con i sacerdoti diocesani.
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