Consolata II trimestre 2017

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v La parola del rettore Carissimi amici e devoti della Consolata, l’imminenza della festa titolare del nostro Santuario ci vede impegnati da tempo nella preparazione di un evento che ogni anno si presenta come occasione di incontro, confronto e revisione di vita perché scaturisce dal fatto che dalla croce Gesù, ormai privo di tutto, persino delle sue vesti, ci ha donato quanto aveva ancora di più caro: Maria. E a Lei, come madre, ci ha affidati. La presenza buona della Vergine Consolata-Consolatrice ci accompagna nella vita e così può diventare riferimento costante per la nostra esistenza quotidiana. Sono in corso i tradizionali 9 sabati della Consolata, iniziati quest’anno il 22 aprile, e si affaccia la celebrazione della Novena della Festa in cui Maria si avvicinerà più del solito a noi per favorire un incontro cuore a cuore, destinato a incidere nella nostra vita di fede. Maria si “avvicinerà”: per rendere anche più visibile questa vicinanza, nel giorno della Festa il quadro della Vergine lascerà la raggiera dove è conservato abitualmente e verrà collocato appena oltre l’ingresso del nostro Santuario-Basilica. In questo modo si intende facilitare anche visivamente la realtà che Maria ci viene incontro e ci accoglie nella sua casa per fare festa con noi e rendersi a noi ancora più vicina nel cammino dell’esistenza quotidiana. È ben vero, si tratta soltanto di un quadro, ma quell’antico dipinto - che ci è tanto familiare e davanti al quale hanno sostato in preghiera generazioni e generazioni di torinesi - ci aiuta da almeno cinque secoli a incontrare Lei, proprio come le fotografie delle persone care ce le rendono quasi “presenti”. In questi mesi ho potuto apprezzare la generosa collaborazione di molte persone, in particolare dei volontari e volontarie che quotidianamente si turnano per offrire - in comunione tra loro - una cordiale e puntuale accoglienza ai visitatori e ai pellegrini, un servizio di animazione per la preghiera, una presenza discreta ed

Proprio di questo ho parlato con i volontari e le volontarie, riconoscendo in loro i primi “pellegrini” che venendo nel Santuario «trovano la dimensione basilare della loro esistenza credente […] sperimentando in modo profondo la vicinanza di Dio e la tenerezza della Vergine», come afferma Papa Francesco nel suo recente documento sui Santuari nella Chiesa. «Farsi pellegrini è una genuina espressione di fede», afferma ancora il Papa che aggiunge: «Attraverso la contemplazione dell’immagine sacra, infatti, si attesta la speranza di sentire più forte la vicinanza di Dio che apre il cuore alla fiducia di essere ascoltati ed esauditi nei desideri più profondi». E se qualcuno dei lettori avvertisse il desiderio di unirsi a chi già svolge un servizio in Santuario… ben venga ad integrarne l’opera. Ci sono ancora ulteriori spazi per nuovi volontari e la loro presenza consentirà di offrire qualcosa in più rispetto a quanto già si fa. A tutti voi, carissimi amici e devoti della Consolata, che attendo numerosi nei giorni della Novena e della Festa, ricordo la parola di Papa Francesco: «Il Santuario è un luogo sacro dove la proclamazione della Parola di Dio, la celebrazione dei Sacramenti, in particolare della Riconciliazione e dell’Eucaristia, e la testimonianza della carità esprimono il grande impegno della Chiesa per l’evangelizzazione, […] dove dal primo annuncio fino alla celebrazione dei sacri misteri si rende manifesta la potente azione con cui opera la misericordia di Dio nella vita delle persone». Affido ciascuno di voi e dei vostri familiari, particolarmente le persone ammalate e sole, alla Vergine Consolata, nostra Consolatrice, ed invoco dalla sua intercessione materna l’abbondanza delle consolazioni che lo Spirito Santo - il Consolatore perfetto - ci offre come dono.

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efficace nella custodia del Santuario, oltre a prestarsi per una serie di opere meno visibili ma non meno importanti per la vita quotidiana di esso. Anche nell’incontro che ho avuto con loro in prossimità della Pasqua, nel quale ho molto apprezzato la loro numerosa ed attenta partecipazione, ho potuto sperimentare direttamente il loro vivo desiderio di offrire alla Vergine Consolata tempo e fatica per incrementare la missione pastorale del Santuario.

mons. Giacomo Maria Martinacci 3


v Alla scuola della Vergine Consolata

v Don Osvaldo Maddaleno apa Francesco nel suo intervento magistrale al convegno della Chiesa in Italia a Firenze, nel novembre del 2015, ha fatto un appello ai giovani dicendo: “Vi chiedo di essere costruttori dell’Italia, di mettervi al lavoro per una Italia migliore. Per favore non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi… E così sarete liberi di accettare le sfide dell’oggi, di vivere i cambiamenti e le trasformazioni. Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca.” Le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove a volte per noi persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli: Gesù Risorto è attivo e all’opera nel mondo.

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Mi colpisce il fatto che per camminare nel mondo in questa maniera il Papa indichi come modello ai giovani, in questi tre anni, lo stile di Maria. Dopo la Gmg di Rio de Janeiro (luglio 2013) aveva disegnato il cammino fino a Cracovia 2016 scandendone il passo con le beatitudini. Da qui fino a Panama 2019 l’itinerario è mariano (filo conduttore il Magnificat) e non è difficile individuarne la continuità rispetto al precedente. “Ci accompagnerà –scrive Francesco– colei che tutte 4

le generazioni chiameranno beata”. Una creatura, dunque, in cui si possono vedere incarnate quelle beatitudini sulle quali si è riflettuto negli anni precedenti. Ma gli anni che ci stanno di fronte avranno anche un elemento in più, sul quale lo stesso Pontefice ha messo significativamente l’accento: il Sinodo del 2018 sul tema: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Con una sottolineatura di non poco conto: “Desidero che ci sia una grande sintonia tra il percorso verso la Gmg di Panama e il cammino sinodale.” Un cammino da affrontare con coraggio e con speranza alla scuola di Maria. Francesco dà l’esempio con l’uso di un linguaggio fresco che alimenta di illuminanti metafore come quella contenuta nel messaggio del 21 febbraio e nei discorsi di Cracovia: “Vivere senza Gesù è come se per un cellulare non ci fosse campo.” Ora alla scuola di Maria quel “campo” è assicurato e ogni giovane (e anche tutti noi) è invitato a comporre e mettere in rete con la sua vita il proprio personale Magnificat. Al centro del Magnificat ci sta la misericordia del Padre: “La sua misericordia di generazione in generazione… Ricordandosi della sua misericordia.” L’aspetto più rivoluzionario di questo inno sta proprio in quello che ne è il principio: la


misericordia. Essa non distrugge, ma crea, perché l’amore di Dio e dell’uomo non produce che bene. Un ideale simile assume oggi un carattere d’urgenza e d’attualità nuova. Erompono da ogni parte ideologie e contestazioni, guerriglie e rivolte: urgono aspirazioni grandi e belle per svuotare programmi di distruzione e di odio. Maria insegna come orientare e costruire questo cammino. E’ una donna che insegna con la parola e la vita: la vita della madre della misericordia. Maria c’insegna la strada della misericordia. La prospettiva di quella giovinetta, che intonava tra povera gente il Magnificat, e cioè il metodo della misericordia, è una prospettiva d’intelligenza divina e umana, la sola capace di risolvere il problema di un mondo minacciato da una catastrofe, provocata dalla stupidità dell’odio. Anche se può sembrare paradossale, la storia ci insegna come la misericordia non sia sempre una buona notizia. Anzi può suscitare resistenze durissime, come quelle che ha incontrato Gesù da parte delle autorità civili e religiose del suo tempo. Gesù prende posizione contro gli steccati che dividono le persone in oneste e irricuperabili. Attraverso gesti e parole Gesù rende presente la misericordia del Padre. Si trova qui la radice del conflitto con scribi e farisei, che non è dottrinale, ma pratica. La differenza sostanziale tra Gesù e scribi e farisei va individuata nel modo di comprendere la volontà di Dio. Questa differente concezione affonda le radici nella diversa maniera di accostare la Scrittura e di interpretare ciò che la legge domanda. Gesù smonta la critiche dei suoi avversari facendo ricorso alla Scrittura, in particolare a un brano di Osea in cui riconosce la chiave di volta del messaggio del profeta: voglio l’amore e non il sacrificio (Os. 6,6). Osea mette in guardia dal rischio di ridurre la pratica religiosa a cerimonie, riti e osservanze esteriori, che offrono solo l’apparenza della fedeltà a Dio, senza produrre alcun cambiamento di vita. Gesù dunque sollecita scribi e farisei, che presumevano di conoscere la Scrittura, a tornare a studiarla, per imparare davvero ciò che Dio vuole. La sfida di una ermeneutica della misericordia, lanciata da Gesù a scribi e farisei, resta attuale anche oggi. Come duemila anni fa implica una conversione teologale, prima che morale: conversione in rapporto all’idea che ci si fa di Dio Padre

e di Gesù. Oggi come allora l’idea che sia possibile fondare le relazioni interpersonali e quelle sociali sulla misericordia incontra resistenze, perché mette in questione certezze considerate indiscutibili, tradizioni e istituzioni ritenute intoccabili. Non stupisce, allora, che l’annuncio della misericordia provochi la reazione dei paladini dell’ortodossia, per i quali i princìpi e le norme finiscono per contare più delle persone concrete. All’interno della comunità ecclesiale lo documenta la fatica di alcuni a “digerire” il messaggio dell’esortazione apostolica Amoris laetitia, che propone proprio la misericordia come criterio fondamentale della pastorale familiare. Ma anche a livello sociale non mancano i casi di deficit di misericordia, come ad esempio l’accoglienza a migranti, profughi e rifugiati: mentre si innalzano muri e si inaspriscono le procedure per l’ottenimento dell’asilo, i barconi continuano a naufragare. E le parole con cui il Papa denuncia questa vergogna diventano oggetto di polemica o di scherno. Dunque la diatriba sulla misericordia è ancora in corso e chiede a ciascuno di noi e alla società nel suo insieme di prendere posizione ogni giorno. Ecco perché abbiamo bisogno di metterci alla scuola di Maria per diventare testimoni credibili del Magnificat. Il Card. Parolin a una domanda del giornalista sulle radici cristiane dell’Europa (La Stampa 22/3/17) così ha risposto: “Queste radici sono la linfa vitale dell’Europa. Ritengo che oggi i cristiani siano chiamati a offrire con convinzione la loro testimonianza di vita. «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri», diceva Paolo VI. Dai cristiani non ci si aspetta che dicano cosa fare, ma che mostrino con la loro vita la via da percorrere”. Una bambina torna dalla casa di una vicina alla quale era appena morta, in modo tragico, la figlioletta di otto anni. “Perché sei andata?” le domanda il padre. “Per consolare la sua mamma”. “E che potevi fare, tu così piccola, per consolarla?” “Le sono salita in grembo e ho pianto con lei”. Chi ama scopre in sé infinite risorse di consolazione e misericordia. Siamo angeli con un’ala sola: possiamo volare solo se ci teniamo abbracciati. ■ 5


Siamo stati pellegrini nella Terra di Gesù

v Mons. Giacomo Maria Martinacci ello scorso mese di marzo, un gruppo di pellegrini guidato dal rettore della Consolata si è recato in Terra Santa con il dichiarato intento di mettersi in ascolto del Vangelo proprio nei luoghi dove Gesù l’ha annunziato. La proposta fatta in Santuario ha trovato una significativa rispondenza e si è quindi potuto costituire un numero non piccolo di partecipanti -come risulta anche dalla fotografia qui pubblicata- che hanno potuto vivere integralmente l’intenso programma previsto senza problemi di rilievo.

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Di questi tempi, secondo qualcuno, ci vuole un bel coraggio per recarsi in Palestina! Per la verità invece non abbiamo incontrato particolari difficoltà, a parte le consuete inevitabili lungaggini negli aeroporti dal momento che si volava con la Compagnia di bandiera israeliana. L’invito pressante che i Frati Francescani continuano a rivolgere al mondo perché si ritorni a partecipare ai pellegrinaggi sia a Gerusalemme che negli altri Luoghi Santi è ragionato e ragionevole: ognuno dei partecipanti lo può attestare.

una soluzione che poteva apparire di ripiego ma si è rivelata particolarmente suggestiva: si è celebrata la S. Messa sul pullman nel trasferimento tra l’aeroporto di Tel Aviv e Gerusalemme avendo quasi come compagni i due discepoli in cammino a cui si è affiancato il misterioso Personaggio che ne ha riscaldato i cuori. Una Liturgia della Parola “itinerante” e quella eucaristica sostando proprio davanti al luogo che ricorda il manifestarsi di Gesù nello spezzare il pane. L’ultimo giorno invece ci ha riproposto l’esperienza del Profeta Elia, il campione di Dio, sul Monte Carmelo: al di là della località che è splendida, il coraggio della testimonianza del Profeta ha aperto prospettive di impegno e di coerenza nella vita cristiana come frutto spirituale dell’intero itinerario, compiuto in ascolto della parola di Gesù.

Le varie giornate, con l’escursione alla fortezza di Masada e la sosta al Mar Morto, si sono rivelate come altrettante occasioni di incontro con la parola di Gesù mentre lo scorrere delle varie località ha ripercorso gli itinerari familiari a Maria e agli Apostoli che accompagnavano il Signore attraverso la Galilea, la Samaria e la Giudea.

Dentro questa cornice si è dipanato il programma che ci ha portati a Gerusalemme e dintorni, in particolare con la visita alla restaurata edicola del Sepolcro di Gesù, Betlemme, Gerico, Nazaret, Nain, Monte Tabor, Cana, Cafarnao e lago di Tiberiade con Tabga e il colle delle Beatitudini. Potremmo forse dire: il solito itinerario. Sembra però che in quei luoghi non prevalga affatto l’abitudine, anche per chi vi era già stato, ma la sorpresa di mettersi in ascolto di una Parola che ti consente di incontrare ogni volta una Persona, come se fosse la prima volta, con lo stupore e la meraviglia di emozioni imprevedibili e uniche.

Intenzionalmente il primo impatto è stato il passaggio a Emmaus (si è scelta la località di Amwas, uno tra i quattro luoghi intorno a Gerusalemme che si attribuiscono l’identità di questo incontro di Gesù). Il tempo tiranno, legato agli orari non favorevoli dell’aereo, ci ha obbligati a

Proprio per questo la proposta rivolta ai partecipanti di scrivere -a caldo- qualcosa dell’eco interiore e delle impressioni provate negli otto giorni vissuti insieme è stata accolta da parecchi di loro e può essere illuminante riprodurre alcune tra le varie testimonianze.

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stianesimo: amore e carità».

«Il nostro è stato un pellegrinaggio particolare, che ha offerto massima opportunità di riflessioni personali e collettive, guidato attraverso letture, meditazioni dei testi degli Evangelisti e spiegazioni dei luoghi sacri. Un momento particolare, la celebrazione a Cana di Galilea, con il ricordo del primo miracolo di Gesù, del rinnovo delle promesse matrimoniali. Al Carmelo è stata una sorpresa la benedizione impartita ad ognuno di noi: ci siamo tutti sentiti benedetti singolarmente dal Signore e ricordati, con la consegna delle riflessioni dei Papi che hanno visitato la Terra Santa». «Ho percepito il divino, il soprannaturale in tutte le occasioni: durante la visita ai luoghi sacri come il Santo Sepolcro, ma anche durante le funzioni religiose quando le parole del Vangelo sembravano dette per me, per confermare che la forza del Cristianesimo sia l’amore per gli altri e per Dio: la carità. Porterò tanti bei ricordi dei luoghi visitati: Gerusalemme, le aride steppe del Giordano, il Mar Morto, il lago di Tiberiade, dove ancora aleggiano gli echi delle parole di Gesù, del suo invito a liberarsi dalla tentazione dell’attaccamento al proprio io, alle cose, all’egoismo, al possesso, ma anche tanti nuovi amici con cui ci siamo scambiati piccoli aiuti, qualche parola di conforto e d’incoraggiamento, di comprensione ed il vero messaggio del Cri-

«Questo pellegrinaggio è stato una grazia. Leggere i brani del Vangelo ambientandoli nel contesto reale mi ha commossa e me li ha fatti vedere sotto una luce nuova, più contemporanea. A Cana la riproposizione delle promesse nuziali mi ha indotto un severo esame di coscienza sul mio ruolo di moglie. Ho avuto il piacere di ricredermi sull’idea che fosse opportuno moltiplicare le occasioni di preghiera corale: in realtà, anche se all’inizio ho trovato difficile concentrarmi, ho scoperto la ricchezza di una dimensione di orazione personale silenziosa». «Questo pellegrinaggio è fantastico! Tutto ciò che vedo mi emoziona. Calpestare i territori percorsi da Gesù mi sembra un sogno. Il mio cuore ha provato grandi gioie, per esempio a Betlemme, alla Basilica della Natività, ed anche amarezze e dolore a Gerusalemme perché mi sembrava di sentire il dolore, la tristezza provata da Gesù nei vari momenti della sua Passione». «Ogni luogo, ogni percorso o azione è stato meticolosamente studiato e con grande attenzione, delicatezza e sentimento trasmesso. Vorrei usare un termine di terapia medica: come “una flebo”, che è entrata goccia, goccia nel nostro cuore e nella nostra anima con l’intento di guarirli e rinnovarli». Dunque una bella esperienza, condivisa e partecipata. È bello vivere insieme per alcuni giorni con persone magari fino a quel momento non conosciute a fondo, è illuminante il confronto anche comunitario con la Parola che viene dall’Alto, è occasione di crescita la quotidianità arricchita dal rimanere fianco a fianco avendo Gesù al centro. Un’esperienza da rinnovare, anche con altri amici? Speriamo di sì. ■ 7




La Stella Polare La storia di un ex-voto

v A cura di Lino Ferracin Era il 24 novembre del 1900 quando la regina madre Margherita di Savoia, in lutto per l’uccisione a Monza pochi mesi prima del marito, il re d’Italia Umberto I, entrò ancora una volta nella Basilica della Consolata, che tanto amava, per consegnare alla Vergine nelle mani del Cardinale Agostino Richelmy il suo ex-voto per il felice ritorno del nipote Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi dalla spedizione intrapresa l’anno precedente con la nave Stella Polare alla conquista del Polo Nord. Una spedizione coraggiosa, durata 15 mesi, con momenti particolarmente difficili: tre uomini avevano perso la vita, il Duca aveva subito per congelamento l’amputazione di due falangi della mano sinistra, tutti i partecipanti e i cani delle slitte avevano passato l’inverno bloccati sul pack, poiché la nave era intrappolata tra i ghiacci. E proprio così l’orafo milanese artefice dell’exvoto rappresentò la nave, la Stella Polare: a vele 10

spiegate nello sforzo di vincere la morsa del ghiaccio che tutta l’accerchiava. Per quasi un secolo quella pregevole opera è rimasta collocata, un po’ nascosta, nell’angolo in alto a destra dello scalone che scende alla Cappella delle Grazie, poi nel novembre 2015 in occasione della mostra sugli ex voto della Prima guerra mondiale è stata staccata e ripulita per l’esposizione. E attualmente, da qualche settimana, la Stella Polare è ricollocata in una posizione più favorevole allo sguardo del pellegrino, proprio al centro della cornice della volta della Cappella delle Grazie. Una collocazione nuova, che esalta la bellezza dell’oggetto e ne permette una più facile osservazione, senza tuttavia distrarre la riflessione e la preghiera di chi alla Vergine si rivolge. Riportiamo, per meglio rivivere la cerimonia della consegna dell’ex-voto alla madonna Consolata, l’articolo pubblicato sulla nostra rivista in quel ormai lontano dicembre 1900.



Alle 9,30 giunse S. M. la Regina in carrozza chiusa, con livree di lutto, vestita a gramaglia e tutta avvolta in fitto velo nero fluente. […] Appena gli Augusti Personaggi ebbero preso posto in presbitero e fatta breve adorazione, l’Eminentissimo Cardinale Arcivescovo, assistito dal Rettore del Santuario e da due altri Canonici della Metropolitana, s’assise sul faldistorio. S. Maestà, avanzatasi ai piè dell’altare, prese dalla mani dei Gentiluomini la votiva nave d’argento e la presentò a S. Eminenza, che con sorridente espressione di compiacimento commendò la felice idea del prezioso dono, lesse con vivo interesse sulla targa la dedica spirante insieme riconoscenza e fiducia verso la Madre d’ogni consolazione e, volgendosi all’altare, ne fece offerta alla Consolata. […] Chi ebbe sorte di assistere alla pia scena, mai non potrà dimenticare la nobile e mesta figura della Regina dolente che appiè di Maria ritrovava la dolcezza del suo sorriso, mentre la viva fiamma della sacra porpora, onde ammantavasi il Principe della Romana Chiesa, riverberava il mistico riflesso d’un fuoco di Cielo sul funebre suo crespo vedovile, quasi presagio di celesti gioie e di rinnovellate speranze. Intanto il prezioso dono, appeso ad una catena inghirlandata di fiori freschi, gentilmente offerti dalla nota fioraia sig.ª Ernesta Demichelis, veniva esposto a destra dell’altare maggiore, fra le argentee lampade. Il Rev.mo Canonico Prof. Amedeo Bonnet, Prefetto della R. Basilica di Superga celebrò quindi la Santa Messa, durante la quale, alle arminie dell’organo, toccato dal maestro Giovanni Falcetti, si alternò il canto della Salve Regina del Rheimberger eseguito con sentimento ineffabile dai giovani sacerdoti del Convitto. Dopo il canto delle Litanie Lauretane e del Tantum Ergo a voce di popolo, S. E. il Cardinale impartì la Trina Benedizione. La Regina Margherita che assisté a tutta la funzione nel più grande raccoglimento con atti di edificante pietà, precedette nell’uscita il Reale corteggio, attraversando a stento la moltitudine accalcata al suo passaggio in reverente atto di ossequio. […] La partenza della Sovrana fu salutata di fuori da una folla varia e imponente, in cui si univano il patriziato ed il volgo; e la solenne dimostrazione significa ben chiaramente come l’animo del popolo sia sempre indissolubilmente unito a quello de’ suoi Principi, specialmente quando essi pubblicamente 12

si affermano seguaci di quella fede ch’è suo sacro e indistruttibile retaggio. La nave d’argento, lodatissimo lavoro d’una primaria oreficeria milanese, è raffigurata fra i massi di ghiaccio che vorrebbero imprigionarla e stritolarla, mentre le sue vele spiegate si gonfiano all’aura liberatrice che la sospinge verso la patria. A poppa sventola la bandiera con lo stemma Sabaudo e spicca il nome registrato dalla storia “Stella Polare”. Ogni particolare dello scafo, delle sartée, delle gomene, dei vari attrezzi marinareschi, dalla gabbia di trinchetto al boccaporto, dalla ruota del timone alla sperone per fendere gl’icebergs, dal ponte di servizio ai salvagente, dalle corde alle ancore, è reso con una precisione davvero meravigliosa. Nella sua parte inferiore due ganci tengono appesa la targa dedicatoria, leggiadramente sostenuta ed incorniciata da nastri pure d’argento, nella forma elegante e squisita dello stile Luigi XV, e sono eseguiti con tale maestria da sembrare annodati colla leggera morbidezza del raso.1 Per iscrivere la soavissima dedica la Regina intinse la penna nel cuore, ed ogni cuore leggendola si commuove. Noi la riproduciamo qui sotto, invitando i buoni lettori a pregare con noi, perché la Consolata protegga ed esaudisca i voti dell’amata, piissima Regina, tergendo le sue lacrime e consolandola nel suo immenso dolore. STELLA POLARE SALPATA IL 12 LUGLIO 1899 RITORNATA IL 5 SETTEMBRE 1900 MADRE DELLA CONSOLAZIONE – CHE IL FRAGILE SCAFO – PER GLI INESPLORATI GHIACCI – GUIDASTI ALLA META – COMPI LA MISSIONE CONSOLATRICE – TERGENDO LE LACRIME – CHE L’ASPETTAVANO IN PORTO. _______ PER LA PROTEZIONE ACCORDATA ALL’AMATO NIPOTE LUIGI E COL MEMORE PENSIERO DEL RE UMBERTO SUO VENERATO CONSORTE E SIGNORE LA REGINA MARGHERITA RICONOSCENTE OFFRE. ________ NOVEMBRE MCM

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La nave è lunga cm. 80 ed alta cm. 50; e dalla sommità delle catene che la sostengono sino all’estremità inferiore dei nastri della targa misura metri 1,75; pesa oltre 5 chilogrammi.


L’Albero di Jesse Un tesoro del Santuario Daniele Bolognini

la nostra città, nel suo cuore religioso, il santuario della Consolata, ha il suo Albero di Jesse. Nella sacrestia detta “del Cafasso” - l’effige del n quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Jesse, un virgulto germo- Santo fu realizzata con la ricostruzione della volta, glierà dalle sue radici. Su di lui si po- dopo i gravi bombardamenti subiti durante la Seserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza conda Guerra Mondiale – in un “altarino-custodia” e di intelligenza, spirito di consiglio e di for- dell’olio santo, fa bella mostra di sé un antico bastezza, spirito di conoscenza e di timore del Si- sorilievo ligneo di scuola “nordica”, risalente alla prima metà del XVI secolo. Le differenti cromie gnore”. (Isaia 11, 1-2) del noce dicono chiaramente che è una composizione realizzata tra il 1720 e il L’Albero di Jesse fu rappresentato 1730. I pannelli sono due, probabilcon una certa frequenza tra l’XI e il mente riconducibili alla stessa XV secolo, chiaramente ispirato opera, uno rettangolare contealle parole del profeta Isaia. Una nente l’Albero di Jesse appunto, sorta di “albero genealogico” di in alto invece, in una lunetta è Cristo, a partire da Jesse, padre rappresenta l’Adorazione dei del re Davide, riferimento Magi. I pannelli furono oggetto quindi non solo per il cristianedi restauro nel 1967 e in tale simo, ma anche per l’ebraismo. occasione si rimossero definitiMatteo e Luca scriveranno poi vamente tracce di antiche doradella genealogia “terrena” di ture. Dal ventre di Jesse, che Cristo nei loro Vangeli. Da ha il tipico berretto a punta Jesse nascono i rami che sorebraico, sorge un alberello sui reggono gli antenati del Messia, cui rami troviamo Davide e Satra questi Davide con la sua lome e poi gli altri dieci re di arpa, e Maria. La più antica rafGiuda. Alla sommità, da uno figurazione oggi nota, datata stilizzato melograno, sorge 1086, è nel Codice VissegraMaria col Bambino, in basso la desi. Jesse viene solitamente falce di luna e intorno il sole. Il rappresentato coricato o semiBambino Gesù ricongiunge Ancoricato, successivamente ◗ L'Albero di Jesse presso il Santuario tico e Nuovo Testamento, una anche seduto, mentre nell’arte della Consolata, Torino sorta di Biblia pauperum. Non gotica appare sovente in un letto riccamente adornato. È anche dormiente, con abbiamo notizie certe per affermare quando i basallusione ad un sogno profetico sulla sua discen- sorilievi siano giunti in santuario. È documentata la denza. L’Albero di Jesse fu “popolare” fino all’inizio presenza negli inventari del 1730-1760, mentre del XVI secolo, lo troviamo in manoscritti, stampe, non sono citati in quelli del 1699-1704. Le sacrevetrate, bassorilievi, affreschi e anche nelle tappez- stie del santuario furono sistemate nel 1730 circa. Alla stessa bottega pare ascriversi un rilievo in zerie. Una simbologia più rara nei nostri territori, imperante invece tra ‘400 e ‘500 in Francia, nelle legno conservato nel Palazzo Madama di Torino, Fiandre e nei paesi germanici. Dalla Francia fu ad dagli studiosi attribuito a intagliatori del Basso Reno, esempio importata una scultura del coro di Staf- datato 1520 circa. Quest’opera, entrata nelle collefarda che ritroviamo in una xilografia di un Ufficio zioni civiche per acquisto nel 1871, oltre al motivo della Vergine, stampata a Torino nel 1531. Anche genealogico, presenta l’Annunciazione del Signore.

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Pare anch’essa l’adatPriorato del Montamento di un’opera cenisio, officiata più complessa, le anadai Canonici Relogie tra i due manugolari Agostiniani fatti sono evidenti, da in contatto con arnotare che i persotisti internazionali naggi in alcuni tratti rima è plausibile una chiamano una loro realizzazione xilografia di Dürer dapiemontese. tata 1511. L’ipotesi dell’eseUn altro bassoricuzione locale è lievo rappresentate avvalorata dall’util’Albero di Jesse è prelizzo del legno di sente nel pulpito della ◗ Albero di Jesse, Pulpito in San Giovanni, Avigliana. In basso, noce, rispetto alla chiesa di S. Giovanni L'Albero di Jesse, Museo d'Arte Antica, Palazzo Madama, Torino. quercia maggiorBattista di Avigliana, mente utilizzata nel anche qui adattamento di un’opera più complessa. Nord Europa. È possibile che a Torino vi fosse un Il fronte principale presenta intorno all’Albero di atelier di intagliatori nordici, le tre opere sono proJesse scene di vita della Vergine: l’Epifania, l’Inco- babilmente collegate nella loro realizzazione. Forse ronazione, la Natività di Cristo, erano artigiani che cercarono lo Sposalizio, la Presentazione rifugio in paese cattolico, doal Tempio. Entro nicchie sono vendo lasciare il proprio dove poi raffigurate le virtù e i santi erano in atto le guerre di reliGiovanni Evangelista e Pietro. gione. Per noi oggi rappresenIl pulpito fu commissionato nel tano preziose opere da 1594 dalla municipalità avigliaammirare e fonte anche di rinese, realizzato con parti di alflessione. tari presenti nella stessa chiesa. BIBLIOGRAFIA: Guido Gentile, Paiono comunque di qualità Opere di intagliatori nordici in Piemeno pregevole rispetto alle monte, Torino Spaba, 1969; Paolo opere torinesi. Nesta, La chiesa di San Giovanni di Le tre opere potrebbero Avigliana, Borgone Edizioni del Graffio, 2011. essere state importate - Avi_______________ gliana era sulla strada dei comFotografie di Alessandra e Gianni merci con l’Europa e la chiesa Bolognini, Marco Lardino di S. Giovanni dipendeva dal

Lasciti e donazioni Da tanti anni, affezionati devoti della Consolata esprimono la volontà di destinare al Santuario parte delle loro sostanze. Il Santuario Beata Vergine della Consolata con sede in Torino gode di personalità giuridica come ente ecclesiastico (decreto ministeriale del 18.6.1987) ed è iscritto nel Registro della Prefettura di Torino al

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n. 463. Come tale può ricevere legati ed eredità. Per le formule da utilizzare nella stesura di un testamento –che è sempre modificabile e/o revocabilepuò essere utile il consiglio di un notaio al fine di evitare spiacevoli errori o incomprensioni, che rischiano di inficiarne la validità. Solo con il generoso aiuto di tutti il Santuario può continuare ad

essere luogo accogliente e sicuro per svolgere il servizio pastorale che gli è proprio. Quanto potrà essere destinato al Santuario sarà un prezioso dono d’amore alla Vergine ConsolataConsolatrice. Per informazioni rivolgersi direttamente al rettore del Santuario.




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