Lug/Set 2015 n. 7/9 Rivista fondata nel 1899
Periodico religioso mensile - Anno 117 - V. Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abb. postale “Regime R.O.C.� - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO
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Il Santuario della Consolata Torino Periodico religioso mensile Anno 117 - n. 7/9 Luglio/Settembre 2015 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale “Regime R.O.C.” - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO C.C. post. n. 264101 intestato a: Santuario Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino
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sommario Editoriale
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Forti nella debolezza Papa Francesco
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La Rosa d’oro di Papa Francesco mons. Giacomo Maria Martinacci
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Documentazione fotografica della Festa della Consolata 20 giugno 2015
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Documentazione fotografica della visita di Papa Francesco alla Consolata
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Maria Consolatrice, Maestra in umanità don Osvaldo Maddaleno
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Editoriale Carissimi lettori affezionati alla Consolata, riprendiamo il nostro cammino ordinario dopo il periodo estivo che ha segnato un po’ di stacco e di riposo, necessario e doveroso. Abbiamo ancora in mente il lungo e ricco periodo dell’Ostensione della Santa Sindone ove abbiamo fissato lo sguardo su Gesù “l’Amore più grande di Dio Padre” attraverso l’icona suggestiva della Santa Sindone, tesoro prezioso affidato alla nostra Chiesa Torinese dal Santo Padre. Questo ricchissimo lasso di tempo che ha visto il Santuario della Consolata riempirsi spesso di pellegrini, a volte raccolti e oranti, altre volte chiassosi, allegri e festosi; giovani, tanti giovani; famiglie, bambini; religiosi e religiose con tante divise caratteristiche. Moltissimi gruppi organizzati, attenti e raccolti nell’ascolto dei nostri volontari che presentavano il Santuario e la sua storia, il significato della sua presenza nella chiesa e nella città di Torino. (Colgo l’occasione di questo accenno per ringraziare tutti i volontari che hanno fatto una preziosa accoglienza e una attenta guida nella visita di gruppi e di singoli; chi ha organizzato e seguito i volontari stessi; e chi ha lavorato dietro le quinte, senza apparire, a predisporre quanto necessario per il miglior svolgersi di questo straordinario evento). Ma più di tutto abbiamo nella mente e negli occhi la visita di Papa Francesco: tanto normale, umano, vicinissimo, quanto straordinario. Stargli vicino è provare una emozione profonda e commossa. Ci ha fatto il dono della Sua presenza affettuosa e ha fatto al Santuario il dono particolarissimo della “Rosa d’oro” il cui significato ci è spiegato da Mons. Martinacci all’interno di questo numero del bollettino. E abbiamo pure negli occhi e nel cuore le lunghe file di giovani provenienti da ogni regione, anche lontana, che fanno capo al mondo salesiano e che festeggiano (e noi con loro!) i duecento anni della nascita di Don Bosco. In questi giorni in cui componiamo questo numero del bollettino sono passati ancora circa cinquemila di loro in un pellegrinaggio organizzato per visitare i luoghi frequentati da don Bosco. Giovani belli, puliti, seri ma allegri e gioviali, gentili ed educati: ci hanno lasciato una bella immagine di come può e deve essere un giovane pur nella modernità del mondo di oggi. E ripartiamo, animati e guidati da Papa Francesco, con il Sinodo sulla famiglia: questa realtà nata dal cuore di Dio per la vita, il bene e la crescita buona dei suoi figli. Oggi, nel nostro Occidente soprattutto, questa sacra istituzione è messa in difficoltà dalla cultura imperante: tocca a tutti noi, nessuno escluso, ognuno con la sua piccola parte, contribuire a difendere, proporre, umanizzare questa realtà voluta dal Buon Dio nella creazione, affermata solennemente nell’Antico Testamento ribadita e consacrata da Gesù nel Vangelo, a beneficio nostro e delle generazioni future. Nella festa dell’Immacolata dell’8 dicembre ci sarà l’avvio dell’Anno della Misericordia: questo giubileo straordinario voluto da Papa Francesco per imprimere nel cuore di ciascuno di noi la dolce certezza della misericordia di Dio nei nostri riguardi e per responsabilizzarci con serietà nell’avere ognuno di noi la stessa misericordia verso ogni nostro fratello. Come Santuario vedremo di preparare questi avvenimenti perché li possiamo vivere a fondo e farli diventare strumenti preziosi di crescita personale, familiare e comunitaria. Ci auguriamo allora a vicenda un vero “Buon Lavoro”, mentre insieme affidiamo tutto alla protezione e alla intercessione della nostra Buona Madre la Consolata. Don Michele Olivero, rettore 3
Forti nella debolezza «Debolezza, preghiera, perdono»: tre parole chiave per richiamare la consapevolezza che senza l’aiuto di Dio non possiamo fare un passo nella vita. Le ha suggerite Papa Francesco nella cappella della Casa Santa Marta, durante la messa mattutina. Nell’orazione colletta della liturgia, ha fatto subito presente il Pontefice, «abbiamo chiesto aiuto al Signore, che è nostra fortezza». E infatti abbiamo pregato: «Nella nostra debolezza, nulla possiamo senza il tuo aiuto». Parole che esprimono proprio «la consapevolezza di essere deboli». È «quella debolezza che tutti noi portiamo dopo la ferita del peccato originale: siamo deboli, scivoliamo nei peccati, non possiamo andare avanti senza l’aiuto del Signore». Ecco perché, ha affermato Francesco, «conoscere e confessare la nostra debolezza è proprio indispensabile». Difatti «chi si crede forte, chi si crede capace di cavarsela da solo, è almeno ingenuo e, alla fine, rimane un uomo sconfitto da tante debolezze che porta in sé». Invece proprio «la debolezza ci porta a chiedere aiuto al Signore», poiché, come recita appunto l’orazione colletta, «nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto». Dunque, ha insistito il Papa, «non possiamo fare un passo nella vita cristiana senza l’aiuto del Signore, perché siamo deboli». E «quello che è in piedi abbia cura di non cadere perché è debole, anche debole nella fede». Ricordiamo, ha proseguito, quel padre che, dopo la trasfigurazione, aveva portato il figlio perché Gesù lo guarisse. E Gesù dice che «tutto è possibile a chi ha fede». Da parte sua il padre risponde: «Io ho fede, ma falla crescere Signore, perché è debole!».
«Tutti noi abbiamo fede – ha spiegato il Pontefice – e tutti noi vogliamo andare avanti nella vita cristiana. Ma se noi non siamo consci della nostra debolezza finiremo sconfitti tutti». Per questo, ha aggiunto, «è bella quella preghiera: “Signore io so che nella mia debolezza nulla posso senza il tuo aiu-
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to”». E «questa è la prima parola di oggi: debolezza». La seconda parola è «preghiera». Sono gli apostoli a chiedere a Gesù: «Insegnaci a pregare come Giovanni lo ha fatto con i suoi discepoli». Il Papa ha ricordato che nel brano evangelico della liturgia, tratto dal capitolo 6 di Matteo (7-15), «non c’è quella domanda, è in un altro». Gesù insegna a pregare raccomandando ai discepoli di non fare come i pagani che sprecano a parole: «essi credono di venire ascoltati a forza di paro-
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le». E Francesco ha ripetuto proprio le parole del Signore ai discepoli: «Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate». Il Papa ha quindi fatto riferimento a un passo del primo libro dei Re: sul monte Carmelo «i quattrocento profeti dell’idolo Baal gridavano e urlavano; e il profeta Elia un po’ li prendeva in giro», dicendo che forse il loro Dio «dorme e non vi sente». Ma «è così che pregano i pagani». Gesù,
invece, raccomanda: «Non fate questo! Pregate semplicemente, il Padre sa di quali cose voi avete bisogno, aprite il cuore davanti al Padre». Proprio «come quella donna che era nel tempio di Gerusalemme, la madre di Samuele: chiedeva al Signore la grazia di avere un figlio e appena muoveva le labbra». Tanto che «il sacerdote che era lì la guardava» fino a convincersi che fosse ubriaca, rimproverandola e allontanandola. Invece quello era il suo modo di esprimere «dolore davanti a Dio: soltanto muoveva le labbra perché non riusciva a parlare, chiedeva un figlio». Ecco, ha affermato il Papa, «si prega così, davanti al Signore». E «poiché sappiamo che Lui è buono e sa tutto su di noi e sa le cose di cui noi abbiamo bisogno», ha suggerito Francesco, «incominciamo a dire quella parola, “Padre”, che è una parola umana, certamente, che ci dà vita, ma nella preghiera soltanto possiamo dirla con la forza dello Spirito Santo». Nel canto prima del Vangelo, tratto dalla lettera di Paolo ai Romani (8,15), la liturgia ricorda: «Avete ricevuto lo spirito che rende figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!». È lo Spirito, ha spiegato il Pontefice. E dunque «incominciamo la preghiera con la forza
dello Spirito che prega in noi». Bisogna «pregare così, semplicemente, col cuore aperto nella presenza di Dio che è Padre e sa di quali cose noi abbiamo bisogno prima di dirle». E «questa è la seconda parola» di oggi: preghiera. «C’è una condizione per pregare bene – ha quindi avvertito Francesco – che Gesù riprende proprio dalla preghiera che insegna ai suoi discepoli». Ed è appunto la terza parola: perdono. La preghiera che Gesù ci insegna dice: «Rimetti a noi i nostri debiti così come noi li rimettiamo ai nostri debitori». E «poi Gesù riprende questa idea» dicendo: «Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi. Ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe». Perciò, ha spiegato, «possiamo pregare bene e dire “Padre” a Dio soltanto se il nostro cuore è in pace con gli altri, con i fratelli». A chi si giustifica dicendo: «questo mi ha fatto questo, questo mi ha fatto questo e mi ha fatto quello...», la risposta è solo una: «perdona, perdona come lui ti perdonerà!». E «così la debolezza che noi abbiamo, con l’aiuto di Dio nella preghiera diviene fortezza, perché il perdono è una grande fortezza: bisogna essere forti per perdonare, ma questa fortezza è una grazia che noi dobbiamo ricevere dal Signore perché noi siamo deboli». Nella celebrazione dell’Eucaristia, ha concluso il Papa, «anche Lui si fa debole per noi, si fa pane: lì è la forza. Lui prega per noi, si offre al Padre per noi. E Lui ci perdona: impariamo da Lui la fortezza della fiducia in Dio, la fortezza della preghiera e la fortezza del perdono». Papa Francesco Meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctæ Marthæ Da: (Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.137, 19/06/2015)
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La Rosa d’oro di Papa Francesco A partire dai tempi del Papa S. Pio X, il Santuario della Consolata ha ricevuto alcuni segni particolari di distinzione da parte dei Pontefici che è opportuno non dimenticare, anzi, è giusto farne memoria in modo esplicito. In occasione del 1904, quando si volle procedere ad una nuova incoronazione del quadro della Madre di Dio Consolata (che aveva già ricevuto le corone d’oro dal Capitolo Vaticano nella prima metà dell’Ottocento), il beato Giuseppe Allamano pensò a due preziose corone di stelle. Anche il sommo Pontefice, che poi avvicinò i bambini a Gesù Eucarestia, volle contribuire all’iniziativa offrendo personalmente una stella di brillanti. Successivamente, nel 1906, elevò a Basi-
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lica Pontificia il Santuario. Papa Benedetto XV donò un’artistica pisside, tuttora conservata in Santuario, mentre Papa san Giovanni XXIII, il 24 Settembre 1961, offrendo all’Arcivescovo di Torino, il card. Maurilio Fossati, una preziosa corona del Santo Rosario con grandi grani di onice, chiedendogli di consegnarla al Santuario della Consolata, scriveva di suo pugno il significato simbolico del dono: «Invito alla supplicazione universale dell’imminente ottobre, in auspicio della grande pace per le anime, per le famiglie, per le Nazioni a cui tutto il mondo anela e sospira». Nella sua recente, breve ed intensa visita a Torino, Papa Francesco ha voluto sostare nel San-
tuario della Consolata e vi ha portato un ulteriore prezioso dono, recando una Rosa d’Oro come suo omaggio personale. Può essere utile soffermarsi sul dono stesso e sul suo significato, perché è da almeno un migliaio di anni che i Papi hanno l’abitudine di consegnare la Rosa d’Oro a sovrani o Santuari – prevalentemente mariani – come segno di speciale distinzione. Originariamente, la Rosa d’Oro – benedetta dal Papa nella Domenica Laetare (IV di Quaresima) – indicava principalmente gioia ed allegrezza per la Pasqua imminente ed aveva un profondo significato cristologico in quanto, come recitava la preghiera di benedizione, all’unico Signore si chiedeva che la chiesa (o la persona destinataria), per mezzo delle opere buone, potesse associarsi alla fragranza di quel fiore e spandere il buon profumo di Cristo nel mondo. Inizialmente composta da un solo fiore, tinto di rosso nel bocciolo per imitarne il colore naturale (e successivamente sostituito da un rubino o da altre pietre preziose), assunse poi la forma di un ramo con più fronde, fiorito e con in cima una rosa più grande, in oro puro, in cui era inserito un piccolo contenitore nel quale il Papa versava balsamo insieme a muschio tritato, per imitare la fragranza soave delle rose. A partire dal XVI secolo, si cominciò ad inserire il ramo di rose in un piccolo vaso e a sostituire l’oro con l’argento dorato. Dalla metà del Seicento, la Rosa d’Oro diventa un dono destinato ai Santuari mariani e alle regine o alle personalità femminili. Nel corso dei secoli, per restare da noi in Piemonte, risulta che la Rosa d’Oro fu inviata nel 1364 al Conte Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde, per aver riconquistato Gallipoli; nel 1701 papa Clemente XI la inviò a Maria Gabriella di Savoia, prima moglie del re Filippo V di Spagna; Papa Pio IX, nel dicembre 1847, la mandò a Maria Adelaide AsburgoLorena, consorte di Vittorio Emmanuele II, in
occasione della nascita della principessa Maria Pia, di cui il Pontefice era padrino; il 7 Marzo 1937 il papa Pio XI la destinò alla regina Elena di Montenegro, sposa di Vittorio Emmanuele III. Nel tesoro della Cappella della Santa Sindone, nel Palazzo Reale di Torino, è tuttora conservata la splendida Rosa d’Oro destinata alla regina Maria Adelaide. Ultimamente, in Italia, hanno ricevuto questo riconoscimento dal Papa Benedetto XVI i Santuari di Nostra Signora della Guardia di Savona, di Nostra Signora della Guardia di Genova, della Madonna di Bonaria di Cagliari e quello di Pompei. Papa Francesco ha voluto conferire la Rosa d’Oro alla Madonna di Guadalupe, nel corso di una cerimonia svoltasi nella Basilica Vaticana, il 22 Novembre 2014 e, domenica 21 Giugno 2015, al nostro Santuario mariano diocesano della Madre di Dio, Consolata e Consolatrice. La Rosa d’Oro ricevuta da Papa Francesco consiste in un ramo di rosa, d’argento dorato, con tre fiori ed alcune foglie, collocato in un piccolo vaso d’argento, recante lo stemma del Pontefice; il tutto è collocato in un astuccio rivestito di pelle di colore bianco con lo stemma pontificio. Sulla base è incisa questa iscrizione: «Papa Francesco. Santuario della Consolata. Torino 21 Giugno 2015». Mons. Giacomo Maria Martinacci Cancelliere arcivescovile 8
Documentazione fotografica della Festa della Consolata 20 giugno 2015
Le foto della Processione sono di Andrea Cherchi; le foto della Festa sono di Roberto Pozzato; le foto del Papa sono dell’Osservatore Romano.
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La Novena d
di preghiera
Il giorno d
della Festa
La Messa Solenne
e dell’Arcivescovo
Inizio della Sole
nne Processione
La Solenne Processione
alla Consolata Patrona
Visita di Papa Francesco alla Consolata
Maria CONSOLATRICE, MAESTRA in umanità In cammino verso il convegno ecclesiale nazionale di Firenze 9-13 novembre 2015
Ritrovarsi periodicamente per la chiesa italiana è una necessità e una gioia, l’occasione per uscire dalle retoriche dell’assedio e incontrarci prima di tutto tra noi, per poter poi incontrare anche i lontani. E’ con questo spirito che il 5° convegno ecclesiale nazionale di Firenze è stato pensato, viene preparato, sarà realizzato. Un appuntamento storico, che si propone un obiettivo ambizioso: produrre una sintesi tra “ la tesi” dei primi due convegni ecclesiali nazionali (Roma 1976 e Loreto 1985) che avevano contribuito a disegnare una chiesa in dialogo con la modernità, e “l’antitesi” dei secondi due (Palermo 1995 e Verona 2006), che avevano maggiormente investito sulla non subalternità della Chiesa di fronte alla modernità. La chiesa italiana si ritrova a fare i conti con “l’effetto Francesco”. Mossi dall’esempio del Papa si è chiamati a guardare alla realtà dal basso, non dall’alto; partendo dalle testimonianze di base, non da analisi sociologiche; mirando più alla prassi che all’accademia. Quale figura dell’umano è scaturita dalla narrazione del cammino delle comunità italiane? La traccia in preparazione a questo convegno (In Gesù Cristo il nuovo umanesimo) suggerisce quattro forme incarnate: 1) un umanesimo che è in ascolto; 2) un umanesimo concreto; 3) un umanesimo plurale e integrato; 4) un umanesimo di interiorità e trascendenza. Mi chiedo: Maria di Nazaret può diventare maestra in questo cammino? Penso proprio di sì. 1 - Maria modello dell’ascolto La prima dimensione dell’umanesimo cristiano è l’ascolto, perché la persona umana è originariamente uditrice dell’altro di sé e di Dio. “Dio ti ha dato due orecchie e una lingua perché tu oda più che tu parli” (S. Bernardino da Siena). L’ascolto è parte costitutiva della propria identità personale familiare e sociale: inoltre esso è anche il primo servizio da rendere a Dio. Nella Bibbia il comandamento fondamentale è: “Ascolta, Israele!”. La fede nasce dall’ascolto e dall’obbedienza alla Parola. 26
Di questo Maria è un’icona esemplare: è una donna libera, mai autoreferenziale, che sa “togliersi i sandali” (precomprensioni, schemi mentali, paure) di fronte a Dio, accetta di essere interpellata da Lui e non perde la pace profonda del cuore. Papa Francesco ha indicato nella madre di Gesù il modello dell’ascolto attento di Dio e dell’ascolto altrettanto attento degli avvenimenti della vita. Vale anche per noi questo criterio di apertura a Dio e alla realtà quotidiana, caratterizzata da persone e da eventi attraverso i quali il Signore è alla porta della nostra vita e bussa in vari modi, pone segni nel nostro cammino e dona a noi la capacità di vederli. Maria sa apprezzare la vocazione di Giuseppe e restare al proprio posto, senza lamentarsi; ama, senza chiedere in cambio ruoli o incarichi di privilegio; vive in mezzo agli apostoli, senza spirito di inferiorità; custodisce tutto nel cuore, parlando molto raramente; vive e semina speranza anche in un contesto di diffusa fragilità. L’ascolto di Dio fa sì che Maria viva nella certezza della fede, pur nell’incertezza di ogni giorno, lasciandosi condurre verso la pienezza di quell’umanità che è irraggiungibile senza la grazia. 2 - Maria donna della concretezza La seconda caratteristica dell’umanesimo cristiano è la concretezza. Per la traccia significa:“parlare con la vita… riconoscere i bisogni anche meno manifesti, immaginare azioni di risposta adeguate”. Anche in questo Maria è esemplare: “Come ogni donna, anch’ella porta la vita e trasmette la capacità di vedere oltre, di capire il mondo con occhi diversi, di avere un cuore più creativo, paziente, tenero” (papa Francesco 8/3/ 2015). Maria è una donna concreta soprattutto a Cana, dove non discute né si perde in chiacchiere. Ha occhi (ubi amor, ibi oculus, dice la tradizione) per vedere l’imbarazzo degli sposi, non ha paura del rischio e prega Gesù perché assicuri gioia a 27
tutti. E’ un anticipo di quel vino della nuova alleanza che, Lei presente, sgorgherà inesauribile nell’ora della croce. 3 - Maria, madre plurale L’umanesimo cristiano presenta un terzo aspetto, quello di essere plurale e integrato. “Nuovo umanesimo non significa un modello monolitico. L’umanesimo in Cristo è un umanesimo sfaccettato e ricco di sfumature –prismatico, come è definito in uno dei contributi pervenuti- dove solo dall’insieme dei volti concreti, di bambini e anziani, di persone serene o sofferenti, di cittadini italiani e d’immigrati venuti da lontano, emerge la bellezza del volto di Gesù.” Il principio suggerito da Karol Wojtyla ai coniugi cristiani: “Non dire: ti amo, ma partecipo con te all’amore di Dio”, pare sintetizzare bene l’atteggiamento di Maria in tutto il Vangelo. Ella non cerca il proprio interesse personale, ma si pone al servizio del corpo vivente di Cristo. Le braccia materne di Maria educano ad una relazione che trascende i vincoli parentali, non si chiudono nel particolarismo, ma si aprono all’universalità. Dove c’è Maria, lì c’è la Chiesa. Maria aiuta a sperimentare lo stare insieme nella “convivialità delle differenze”, custodisce il gregge nell’ovile, lo conforta e lo sostiene. Ci può aiutare a cercare in ogni uomo un frammento dei lineamenti del volto di Cristo questo racconto: “In Sicilia, il monaco Epifanio un giorno scoprì in sé un dono del Signore: sapeva dipingere bellissime icone. Voleva dipingerne una che fosse il suo capolavoro: voleva ritrarre il volto di Cristo. Ma dove trovare un modello adatto che esprimesse insieme sofferenza e gioia, morte e risurrezione, divinità e umanità? Epifanio non si dette più pace: si mise in viaggio, percorse l’Europa scrutando ogni volto. Nulla. Il volto adatto a rappresentare Cristo non c’era. Una sera si addormentò ripetendo le parole del salmo: ‘Il tuo volto Signore io cerco. Non nascondermi il tuo volto’. Fece un sogno:
un angelo lo riportava dalle persone incontrate e gli indicava un particolare che rendeva quel volto simile a quello di Cristo: la gioia di una giovane sposa, l’innocenza di un bambino, la forza di un contadino, la sofferenza di un malato, la paura di un condannato, la bontà di una madre, lo sgomento di un orfano, la severità di un giudice, l’allegria di un giullare, la misericordia di un confessore, il volto bendato di un lebbroso. Epifanio tornò al suo convento e si mise al lavoro. Dopo un anno l’icona di Cristo era pronta e la presentò all’abate e ai confratelli, che rimasero attoniti e piombarono in ginocchio. Il volto di Cristo era meraviglioso, commovente, scrutava nell’intimo e interrogava. Invano chiesero a Epifanio chi gli era servito da modello”. 4 - Maria, maestra di trascendenza Dice la traccia che l’uomo proviene dall’intimo di Dio e questa è la peculiare consapevolezza dell’umanesimo cristiano. La divina trascendenza e la prossimità d’amore diventano l’ordito e la trama che s’intersecano nel fondo più intimo e delicato della persona umana, rappresentato dalla coscienza. E’ qui che si parla anche dei “santuari” come luoghi significativi per far emergere il desiderio del colloquio con Dio e come risorsa di umanizzazione che la Chiesa non può tralasciare. Maria indica come mettere ordine al proprio pensare e agire cristiano. Nella mentalità corrente umano è spesso sinonimo di diritti individuali, emozioni mutevoli e interessi egoistici che minoranze forti o maggioranze parlamentari impongono nell’indifferenza generale. Scriveva san Teofilo di Antiochia. “Se dici: fammi vedere il tuo Dio. Io ti dico: fammi vedere l’uomo che è in te e io ti mostrerò il mio Dio”. Oggi il termine umano è sinonimo di chiusura a Dio e questa impostazione di vita favorisce una variegata tipologia di dipendenze, che generalmente non rendono migliore la vita: sono tanti vitelli d’oro che ci si costruisce nel deserto della vita.
Maria educa ad evitare l’idolatria, che si trasforma in schiavitù. L’umanesimo è possibile solo tenendo insieme gli avvenimenti e la loro finalità ultima. La ricerca dell’umanità nuova che cresce anche nel nostro tempo richiede di affinare l’attitudine del discernimento. Viviamo in un tempo opportuno per dar vita a un discernimento comunitario secondo quanto auspicava il Papa rivolgendosi alla CEI (19/5/14): “Il discernimento comunitario sia l’anima del percorso di preparazione al convegno del prossimo anno: aiuti, per favore, a non fermarsi sul piano – pur nobile – delle idee, ma inforchi occhiali capaci di cogliere e comprendere la realtà e quindi strade per governarla, mirando a rendere più giusta e fraterna la comunità degli uomini”. Un simile discernimento, secondo la traccia preparata, può realizzarsi lungo 5 vie, suggerite da Papa Francesco nella Evangelii gaudium: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Cinque verbi che non si accostano semplicemente l’uno all’altro, ma si intrecciano tra loro e percorrono trasversalmente gli ambienti che quotidianamente abitiamo. 5 - Le cinque vie verso l’umanità nuova = Uscire. Come mai, nonostante un’insistenza così prolungata sulla missione, le nostre comunità faticano a uscire da loro stesse e ad aprirsi? Maria ci può aiutare a superare la paura e a trovare gli strumenti che diano lucidità ma soprattutto serenità di lettura dei nostri tempi, convinti che anche oggi i sentieri che Dio apre per noi sono visibili e praticati. (v. l’annunciazione) = Annunciare. La gente ha bisogno di parole e gesti che, partendo da noi, indirizzino lo sguardo e i desideri a Dio. La fede genera una testimonianza annunciata non meno di una testimonianza vissuta. Da Maria possiamo apprendere l’umile coraggio e la testimonianza trainante (v. con Elisabetta) = Abitare. Il cattolicesimo non ha mai faticato a vivere l’immersione nel territorio attraverso una 28
presenza solidale, gomito a gomito con tutte le persone, specie quelle più fragili. Questa sua peculiare via popolare è riconosciuta da tutti, anche dai non credenti. I Santuari sono nati per essere questa presenza capillare, questa prossimità salutare, capaci di iscrivere nel mondo il segno dell’amore che salva. Occorre allora un tenace impegno per continuare a essere una chiesa di popolo nelle trasformazioni sociali e culturali che il paese attraversa. Forse sono da ripensare i nostri modelli dell’abitare, del trascorrere il tempo libero, del festeggiare, del condividere. Il richiamo del Papa a essere una chiesa povera e per i poveri non è come gli optional di un’automobile, la cui assenza non ne muta sostanzialmente utilità e funzionalità, ma dovrà sempre più connotare la Chiesa nel suo intimo essere e nel suo agire. Come può aiutarci il guardare il modo di essere di Maria a Cana di Galilea! = Educare. “In una società caratterizzata dalla molteplicità di messaggi e dalla grande offerta di beni di consumo, il compito più urgente diventa educare a scelte responsabili. Di fronte agli educatori cristiani, come pure a tutti gli uomini di buona volontà, si presenta la sfida di contrastare l’assimilazione passiva di modelli ampiamente divulgati e di superarne l’inconsistenza, promuovendo la capacità di pensare e l’esercizio critico della ragione”. (EVBV 10) L’educazione occupa uno spazio centrale nella nostra riflessione sull’umano e sul nuovo umanesimo. Educare è un’arte: occorre che ognuno di noi l’apprenda nuovamente, ricercando la sapienza che ci consente di vivere in quella pace tra noi e con il creato che non è solo assenza di conflitti, ma tessitura di relazioni profonde e libere. In questo Maria è veramente maestra perché a Nazareth ha educato Gesù bambino, adolescente, giovane e adulto con un’arte ineguagliabile. = Trasfigurare. Le comunità cristiane sono nutrite e trasformate nella fede grazie alla vita liturgica e sacramentale e grazie alla preghiera. Esiste un rapporto intrinseco tra fede e carità, dove 29
si esprime il senso del mistero: il divino traspare nell’umano e questo si trasfigura in quello. Questo è, per esempio, il senso della festa e della Domenica, che sono spazi di vera umanità, perché in esse si celebra la persona con le sue relazioni familiari e sociali, che ritrova se stessa attingendo a una memoria più grande, quella della storia della salvezza. Maria nel Cenacolo è vera maestra di preghiera e di costruzione di rapporti nuovi; prepara gli apostoli a quella grande trasfigurazione operata dallo Spirito Santo nella Pentecoste. Da allora gli apostoli hanno portato nel mondo il nuovo umanesimo, radice di una nuova umanità. Maria ci dà un metodo missionario, quello di gridare il Vangelo con la vita, cioè irradiare Cristo possedendoLo, portandoLo e credendo fortemente in Lui. Maria ci spinge a guardare al mondo come Lo guardava Lei: per amarLo, per salvarLo, per far sperimentare la pace, la luce che Lei porta. Ci chiama a restare nel mondo con tutte le sue difficoltà e i suoi assalti, con le sue angosce e le sue domande, perché chi vive accanto a noi possa essere contagiato da questa forza e da questa gioia. Così la Chiesa oltrepassa i confini degli edifici di culto e, nella piena comunione fra clero e laici, si fa più vicina all’umanità di oggi. E insieme rispondiamo alla chiamata di Gesù di evangelizzare il mondo, a cominciare dalla nostra amatissima Italia. Si tratta quindi di scegliere la Vergine Consolata come insuperabile modello dell’ascolto, donna concreta, madre plurale, maestra di trascendenza. Maria adombrata nella donna dell’Apocalisse testimonia che la vita è sempre al centro di un grande combattimento che chiede a tutti di scendere in campo. Con Papa Francesco possiamo quindi pregare; “O Maria facci sentire il tuo sguardo di madre, guidaci al tuo figlio, fa che non siamo cristiani di vetrina, ma che sanno sporcarsi le mani per costruire, con il tuo figlio Gesù, il suo regno di amore, di gioia e di pace” (12/10/2013). Don Osvaldo Maddaleno
La Consolata nella Grande Guerra Gli ex-voto e la Rivista della Consolata raccontano la tragedia della Guerra
1° novembre 2015 - 28 febbraio 2016 Mostra espositiva nel chiostro e nei locali del Convitto Ecclesiastico Ingresso gratuito Sabato e domenica: ore 10-13 / 14-18 Giorni feriali: gruppi e scolaresche su prenotazione (011-483.6125)
I PELLEGRINAGGI DELLA CONSOLATA 23-30 aprile 2016: LA BULGARIA Un pellegrinaggio che ci porta al cuore delle terre dell’Ortodossia cristiana orientale. Anticamente abitata dai Traci, l’Impero bulgaro fu potente nei Balcani. Regione strategica per la vicinanza con Bisanzio (l’antica Costantinopoli), rimase cristiana per l’80% nonostante secoli di dominazione ottomana e il quarantennio di regime sovietico. 25-30 ottobre: LORETO E LE MARCHE Pellegrinaggio verso uno dei Santuari mariani più significativi e nelle stupende terre circostanti: Montefeltro, Urbino, Fossombrone, Recanati, Tolentino.
3-10 dicembre: IL NEGHEV E PETRA Un pellegrinaggio in Terra Santa non può prescindere da Gerusalemme. Ci dirigeremo verso il sud, esplorando le terre dell’Esodo, il Mar Morto (Masada) e il Neghev (Timna). Ci immergeremo sul fondale del Mar Rosso (Eilat) e passeremo in Giordania, nel deserto di Mosè ed Aronne, prima che di Lawrence d’Arabia. Dedicheremo una giornata intera a Petra, capitale dei Nabatei, risaliremo fino al luogo del Battesimo di Gesù, per rientrare poi a Gerusalemme. 30
Calendario liturgico 2015
Ottobre 1
vita in santuario
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S. Teresa di Gesù Bambino Patrona delle Missioni Santi Angeli custodi XXVII Domenica del Tempo Ordinario B.V. Maria del Rosario XXVIII Domenica del Tempo Ordinario Santa Teresa di Gesù (d’Avila) S. Ignazio di Antiochia XXIX Domenica del Tempo Ordinario XXX Domenica del Tempo Ordinario SS. Simone e Giuda, apostoli
Novembre 1 2 4 8 9 10 11 12 15 17 21 22 24 29 30
Solennità di Tutti i Santi Commemorazione dei fedeli defunti S. Carlo Borromeo, vescovo XXXII Domenica del Tempo Ordinario Dedicazione della Basilica Lateranense S. Leone Magno, papa S. Martino di Tours, vescovo S. Giosafat XXXIII Domenica del Tempo Ordinario S. Elisabetta d’Ungheria, religiosa Presentazione della B.V. Maria XXXIV Domenica del Tempo Ordinario Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo S. Andrea Dung-Lac e compagni, martiri I Domenica di Avvento S. Andrea apostolo
Dicembre 3 6 7 8 13 14 17 20 25 26 27 28 31
S. Francesco Saverio, missionario II Domenica di Avvento S. Ambrogio Vescovo Immacolata Concezione di Maria III Domenica di Avvento - Gaudete S. Giovanni della Croce Inizio della Novena di Natale IV Domenica di Avvento Natale del Signore Gesù Santo Stefano, protomartire Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe SS. Innocenti Martiri S. Silvestro
Orario delle celebrazioni in Santuario Giorni festivi - Sante Messe ore 7 - 8.30 - 10 - 11.30 16 (da settembre a giugno) - 18 - 19.30 - ore 8: Celebrazione delle Lodi - ore 17: Vespro, Benedizione, Rosario
Giorni feriali - Sante Messe ore 6.30 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 18 - 19 (sospesa ad agosto e prefestivi)
Ogni giorno (lun-ven) - ore 8 (sospesa ad agosto): Messa con Lodi mattutine - ore 8.30 - 11,30 (sospesa luglio e agosto): Adorazione Eucaristica in cripta - ore 17: Via Crucis (nei Venerdì di Quaresima) - ore 17.30: Rosario - ore 18: Vespri nella Messa
Ogni sabato - ore 10: Messa per gli iscritti alla Compagnia della Consolata, vivi e defunti - ore 12.30 - 17: Adorazione - Altare Maggiore - ore 17: Vespro - Rosario - ore 18: Messa festiva
Confessioni - Feriali: 6.30 - 12.15 / 15 - 19.15 - Festivi: 6.30 - 12.30 / 15 - 20
Didascalia Attenzione. In caso di mancato recapito, rinviare all’Ufficio di Torino C.M.P. Nord per la restituzione al mittente, Rettore del Santuario della Consolata - Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino, che s’impegna a corrispondere la relativa tariffa.
Il Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino E-mail: info@laconsolata.org
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