Poelela Magazine

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ANNO 02 N째 001/2012 11 marzo 2012

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MOZAMBICO Spiagge incontaminate, terra di boa gente


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Foto di Nunzio De Nigris

INDICE

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EDITORIALE: SI, VIAGGIARE

di Laura Giampaolo

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DESTINAZIONE MOZAMBICO DEL NORD

di Claudia Moreschi

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ASSOCIAZIONE SLOW TOURISM

di Cinzia Cerqueglini

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PIOVE A ILHA DE MOCAMBIQUE

di Francesca Guazzo

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BERTINA LOPES E LA PITTURA MOZAMBICANA

di Nunzio De Nigris

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UNA ISTANTANEA DAL FARO DI PONTA ZAVORA

di Laura Giampaolo

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TORNEREI IN MOZAMBICO, QUESTO E’ SICURO

di Cristina Pidello

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DONNE AL VOLANTE...PER SOLIDARIETÀ: TRANSAFRICA 2011

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I BAMBINI DELL’ISOLA DEGLI SCHIAVI

di Silvia Gottardi

di Vincenzo Tessarin


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EDITORIALE SI, VIAGGIARE di Laura Giampaolo

La primavera si annuncia timida con le sue tiepide giornate ventose via via sempre più lunghe, il cielo terso, sgombro di nuvole, fa pensare alle prossime vacanze, magari in un posto esotico, lontano dai ritmi frenetici che siamo soliti vivere. In tempi difficili come quelli che stiamo attraversando in cui la crisi economica entra nella vita delle famiglie, è ancora lecito parlare di vacanze? La domanda nasce spontanea e l’approccio alla risposta mi piace considerarlo positivo nella misura in cui può renderci “turisti” o “viaggiatori” più attenti, più informati, più consapevoli, perciò più sostenibili. Un viaggio importante va programmato e pianificato per tempo, un viaggio in Africa rappresenta senza dubbio una opportunità, quella di riappropriarsi del proprio tempo, quella di guardare oltre la propria individualità ed accorgersi delle crescenti diseguaglianze sociali. Rifletto su un modo diverso per combattere la crisi e penso agli antichi valori che abbiamo perso di vista da troppo tempo, il rispetto, la solidarietà, la dignità, l’amore incondizionato, la condivisione.

Shiane - Madernidade. Foto di Nunzio De Nigris

Hanno collaborato a questo numero: Cristina Pidello, Cinzia Cerqueglini, Claudia Moreschi, Vincenzo Tessarin, Francesca Guazzo, Silvia Gottardi, Laura Giampaolo, Nunzio De Nigris.

Poelela Magazine nasce dal desiderio di creare un ponte virtuale che colleghi il Mozambico all’Italia attraverso racconti, esperienze, notizie, curiosità. Ringraziamo gli amici che hanno collaborato alla realizzazione di questo numero e ti invitiamo a

Foto di Nunzio De Nigris

condividere questo spazio con noi attraverso aneddoti, idee, riflessioni, fotografie o quanto vorrai inviarci ai nostri contatti: laura@lagoapoelela.com nunzio@lagoapoelela.com

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Per collaborare con POELELAMAGAZINE

nunzio@lagoapoelela.com laura@lagoapoelela.com


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Destinazione Mozambico del nord di Claudia Moreschi

L'ufficiale che mi sta di fronte mi fa cenno di appoggiare il dito indice. Poi mugugna qualcosa e mi indica lo sgabello dietro di me. Mi siedo, guardo attraverso la web-cam e click, la foto è fatta. La stampa e me la mostra quasi a chiedermi se è di mio gradimento: come visto per il mio passaporto andrà benissimo. Abbiamo appena lasciato il Malawi e ci troviamo alla frontiera di Milange, nella p ro v i n c i a d e l l a Z a m b e s i a , Mozambico del nord. Dopo un paio d’ore di attesa burocratica in un ufficio in cui il tasso di umidità è ben al di sopra della nostra soglia di sopportazione, ci vengono finalmente ridati i passaporti: finalmente siamo liberi di entrare in Mozambico! Da adesso in poi basta eredità coloniale inglese, si comincia a parlare

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portoghese. E tutto appare subito diverso. La gente mi appare fin da subito un po’ meno cordiale del popolo malawiano, eppure più cosciente delle proprie possibilità, più progredita, più consapevole. Nei villaggi in parecchi sfrecciano fieramente sulle loro motorette Lifo, ci guardano con curiosità quasi a sfidarci, cercano di venderci la loro mercanzia ma cercano anche di guadagnarci qualcosa di più approfittando del fatto che siamo turisti. Il fatto stesso di parlare portoghese, una lingua molto più musicale e calda dell’inglese e di discendenza vicina alla nostra, ce li fa sentire più vicini, più simili a noi. Con loro si parla un misto di portoghese, spagnolo e italiano e comunque ci si capisce. È una sensazione particolare ma

piacevole, in Mozambico mi sento molto più “a casa” che in altri paesi africani visti fin’ora. Anche il paesaggio nel frattempo è cambiato: lungo il percorso ci imbattiamo in numerosi Inselberg, dei massi granitici che svettano nel mezzo della pianura come se fossero stati messi lì per caso. Siamo in viaggio verso la costa: la nostra prima destinazione sarà Ilha de Moçambique, la magica isola decantata da pittori e artisti. Il percorso è però ancora lungo. Le strade sono poche e asfaltate solo in minima parte. Viaggiamo nel rosso acceso della terra mozambicana che si sposa benissimo con l’azzurro intenso del cielo, il bianco candidissimo delle nuvole che sembrano disegnate dalla maestria di un pittore e il verde intenso della vegetazione nella stagione delle piogge.


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La pioggia ogni tanto ci fa compagnia, petulante e imperterrita, ma quando torna il sole il paesaggio si accende di colori che mai potremmo trovare nella stagione secca. La prima sosta è a Mocuba, piccola città sperduta in mezzo al nulla che ricorda una città da film western: un’unica strada polverosa (fino a poco tempo fa nemmeno asfaltata) su cui si affaccia qualche pensione, qualche bar, qualche stazione di benzina. Una scelta obbligata quindi, un punto di passaggio obbligato. Ci arriviamo che è sera, per fortuna alla Pensão Cruzeiro, la pensione più accettabile di tutta Mocuba, si sono ricordati della nostra prenotazione. Andiamo a cena in un ristorante lì vicino: per poter mettere qualcosa sotto i denti dobbiamo essere pazienti, molto pazienti. Dopo un paio di ore abbondanti la nostra cena è servita: anche questo è il Mozambico.

L’indomani ci aspetta un bel sole. A Mocuba compriamo il pane: ebbene sì, grazie all’eredità coloniale portoghese possiamo fare colazione con delle belle pagnotte calde

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Foto di Claudia Moreschi

appena sfornate. Attraversiamo il Rio Licungo, in cui al mattino presto donne e bambini si lavano e fanno il bucato nelle sue fredde acque. Ben presto siamo di nuovo in viaggio; lungo il percorso donne e bambini vendono mango e prodotti della terra. Il sole splende dopo una giornata di pioggia e ci regala strade impegnative ma panorami splendidi: grossi nuvoloni bianchi in cielo assumono le forme più bizzarre e io resto incantata a guardarle. Il panorama è assai variegato, la vegetazione rigogliosissima ovunque. I villaggi sono pochi e molto distanti tra loro. Ci accorgiamo che in Mozambico le distanze sono davvero immense. Durante la giornata facciamo sosta lungo il percorso: la gente dei villaggi si avvicina incuriosita, regaliamo vestiario e penne destinati soprattutto ai bambini. Un “boa tarde” (“buon pomeriggio” in portoghese, ndr) non lo si nega a nessuno. La sosta a Nampula è un altro punto obbligato del nostro viaggio verso la costa: ci fermiamo per la notte e facciamo rifornimenti, nient’altro. La città non ha molto da offrire, anche se è la terza città più grande del Paese, centro commerciale e amministrativo, sede di un aeroporto e di uno snodo ferroviario importante. Una volta lasciata Nampula, nei villaggi disseminati lungo la strada cominciano a far capolino le palme; intuiamo allora che forse siamo davvero in prossimità dell’Oceano. Come bambini che vedono per la prima volta il mare sussultiamo emozionati quando arriviamo all’Oceano Indiano. Eccolo! Finalmente spiagge di sabbia bianchissima, acqua azzurrissima e il ponte che collega Ilha de Moçambique con la terraferma. Ilha è un luogo unico nel suo genere. Dichiarata Patrimonio Mondiale


POELELAMAGAZINE 11 marzo 2012 dell’Unesco e prima capitale del Paese, a lei si deve il nome “Mozambico”. La leggenda vuole che quando Vasco de Gama vi arrivò nel 1498 interrogò il signore locale che disse di chiamarsi “Mussa Bin Iki” o “Mussa al Ambiki”: da lì “Ilha de Moussambiki” e poi “Ilha de Moçambique”. Nei tre giorni successivi che abbiamo trascorso sull’Isola abbiamo avuto modo di esplorarla e perderci nei suoi vicoli pittoreschi: la Città di Pietra, con il suo fascino

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decadente, i suoi antichi palazzi coloniali un tempo coloratissimi ora incrostati dal tempo e dalla salsedine, e la Città Macuti, la zona delle capanne di paglia in cui vive la stragrande maggior parte dei 15.000 abitanti dell’isola. La Città di Pietra è ormai una città fantasma, in cui aleggia nell’aria la testimonianza di un passato glorioso e potente. A n o rd s i t ro v a l ’ i m p o n e n t e Fortezza di San Sebastiao, in cui è contenuta quella che è la prima chiesa cattolica costruita

nell’Africa sub-sahariana. Ci siamo persi nel mercato del pesce, ci siamo mischiati alla popolazione locale, abbiamo frequentato i suoi mercati e passeggiato lungo le spiagge, tra le mangrovie e i tanti bambini che ci hanno accompagnato nei nostri giri. Eccoci infine lasciare Ilha per Pemba, capoluogo della provincia di Capo Delgado. Ci accoglie un’immensa baia, tra le più grandi al mondo; svoltiamo a destra, verso la spiaggia di Wimbe.


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Qui la spiaggia è calma, tranquilla, invitante. Tutto ad un tratto ci troviamo in una zona del Mozambico diversa, quasi turistica, in cui non mancano lodge, campeggi, ristoranti e dive-center. Questa zona del Mozambico sta infatti assumendo un ruolo sempre più rilevante dal punto di vista turistico. A Pemba si trova il piccolo aeroporto con cui si possono raggiungere le favolose isole Quirimbas, nuova destinazione del turismo a quattro stelle. Lentamente anche la stessa costa del Mozambico settentrionale si sta aprendo al turismo e si prevede che nei prossimi anni sorgeranno sempre maggiori strutture turistiche. Il mio soggiorno nel nord del Mozambico si conclude però a Murrebuè, sperduta località in mezzo al nulla ad una ventina di

km a sud di Pemba. In un ecolodge direttamente sulla spiaggia, spartano ma carinissimo e curato fin nei minimi dettagli, mi aspettano tre giorni di assoluto relax. La spiaggia bianca – lunghissima – ci accoglie al mattino con la bassa marea: l’oceano è così ritirato che per raggiungerlo dobbiamo percorrere quasi un chilometro a piedi. Andiamo incontro ai pescatori che ritirano le reti, alle donne e ai bambini che raccolgono i molluschi. Il paesaggio è surreale: la sabbia bianca, striata di celeste mi r i c o rd a p i ù u n p a e s a g g i o desertico, quasi lunare, in costante divenire. La marea p ro g re s s i v a m e n t e s i a l z a : l’acqua azzurrissima ricopre le lingue di sabbia e avvolge le mangrovie, le stelle marine tornano a nascondersi tra le alghe che conferiscono

all’oceano quelle tinte di verde. Ogni giorno l’Oceano ci regala un aspetto diverso, dei colori nuovi, ci abbraccia dolcemente e ci tiene con sé. Noi camminiamo beatamente in mezzo ad esso, ci lasciamo guidare dalle nostre emozioni e dalle nostre sensazioni in quei m o m e n t i . N o n v o r re i m a i doverne uscire ma l’acqua si sta alzando. Non vorrei mai dover abbandonare questi posti ma anche questo viaggio volge al termine. Ci prefiggiamo di tornarci. Mi auguro che quando tornerò potrò trovare ancora questa natura selvaggia e intatta che così come i suoi abitanti - non vuole lasciarsi civilizzare troppo e che soprattutto non vuole farsi rovinare dal turismo di massa.


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Associazione Slow Tourism di Cinzia Cerqueglini

Slow Tourism nasce da una esigenza che il tempo ha trasformato in priorità : la salvaguardia delle risorse naturali e culturali attraverso la promozione di un turismo inteso non come fine in sé, ma come strumento di tutela e promozione dei territori. Ciò che muove l’associazione www.slowtourismclub.it è una forma evoluta di associazionismo dove tutti apportano un valido contributo. La dedizione di persone sensibili alla tutela ambientale e alla valorizzazione delle località turistiche viste come bene comune da salvaguardare e, nel contempo, come strumento di crescita sociale ed economica delle economie locali. L’impegno di imprenditori consapevoli della necessità di offrire un diverso tipo di ospitalità, incentrata non sullo sfruttamento ma sulla valorizzazione delle risorse locali attraverso l’adozione di buone pratiche e tramite la ricerca di nuove forme di cooperazione con gli attori del territorio. La scelta consapevole di viaggiatori che organizzano vacanze per scoprire tradizioni e patrimoni naturali che fanno, di ogni territorio, un luogo unico da preservare. La partecipazione degli enti pubblici nel rafforzare la diffusione di una cultura locale più consapevole e impegnata nella salvaguardia delle risorse locali. S l o w To u r i s m p r o m u o v e l’acquisizione di comportamenti capaci di migliorare la qualità dell’accoglienza e dell’ospitalità e di pratiche che riducono l’ impatto ambientale generato dalla imprese turistiche. Slow Tourism propone itinerari e pacchetti pensati per avvicinare i viaggiatori alla cultura locale, alle tradizioni, alle persone. Slow Tourism è un marchio di qualità che contraddistingue tutti coloro che scelgono di fare e rendere possibili vacanze sostenibili e responsabili.

L’associazione Slow Tourism nasce dalla volontà dell’Associazione Sviluppo Rurale (composta da Enti Pubblici che ha p e r fi n e i s t i t u z i o n a l e l a promozione dello sviluppo socioeconomico delle aree rurali a livello nazionale ed europeo) di mettere a disposizione delle aree più periferiche e marginali uno strumento capace di contribuire allo sviluppo sostenibile dei territori. Ciò significa favorire anche la decongestione di siti turistici di massa e promuovere la diffusione di un turismo destagionalizzato. A tale scopo tante sono le sinergie attivate con gli attori del territorio: i GAL, le camere di commercio, le associazioni di c a t e g o r i a e d i p ro m o z i o n e culturale e del territorio. Inoltre, l’associazione è interessata a rafforzare e instaurare nuove collaborazioni per la realizzazione di attività congiunte con soggetti privati del territorio e nazionali: in particolare con le imprese che mostrano una notevole sensibilità per l’ambiente e la tutela delle risorse naturali, con le quali si possono aprire collaborazioni di sponsorizzazione e/o di partenariato. Per migliorare l’attrattività del territorio e rafforzare il diffondersi di un turismo più sostenibile e

responsabile, Slow Tourism presenta progetti per ottenere risorse all’interno delle linee di finanziamento comunitarie, nazionali e regionali. La sede centrale dell’Associazione Slow Tourism è nel centro Italia, in Umbria, ma è presente in molte regioni Italiane (Marche, Sicilia, Campania, Abruzzo e Molise) e nelle altre sta crescendo rapidamente. Ma se turismo significa viaggiare, visitare conoscere luoghi e incontrare persone, Slow Tourism non può che incuriosire e attirare l ’ a t t e n z i o n e o l t r e i c o n fi n i nazionali. La crescita di Slow Tourism all’estero è una realtà: in Bulgaria e Bosnia & Erzegovina persone interessate al turismo sostenibile stanno dando vita a delle associazioni per promuovere il “turismo lento”. Nuovi legami stanno nascendo negli altri paesi . La rete europea del turismo sostenibile e responsabile presto renderà possibili vacanze in armonia con l’ambiente per restituire ai territori il loro antico valore e significato. Per contatti; Luciano Lauteri luciano@slowtourismclub.it tel. 0743 613410 cell. 348 8275909


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PIOVE A ILHA DE MOCAMBIQUE di Francesca Guazzo

L’acqua entra nelle crepe dei muri, penetra dai tetti, si infiltra nella pietra, disegna nuove linee sulle facciate che diventano memoria. Tutto è racconto, tutto parla. Ilha si e ci racconta, sempre. I segni sulle pareti sono parte di un grande racconto. Un racconto che può essere tutto ed il suo contrario nello stesso tempo. Piove sull’isola non-isola, aggrappata alla terraferma da un lungo ponte. Sgretola le pietre, questa pioggia in mezzo all’Oceano.

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Piove sui tetti di Ilha, dove non c’è acqua. Piove nella fortezza di S. Sebastiao, dove un sistema di canali convoglia l’acqua piovana in una grande cisterna. Piove al mercato del pesce, piove nelle vie strette della città Macuti. Piove. Forse ho già letto di questa pioggia, forse sono già stata qui durante un temporale. Un dejà-vu. Ilha è memoria. Fotografare e scrivere di Ilha è aggiungere memoria alla memoria.

Pedra e Cal / Macuti: due anime di una città? Forse due modi di vivere e concepire


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un’esistenza su un’isola dove il colonialismo con il Cristianesimo o l’Islam, ha spinto gli africani a fare proprie culture lontane. Ilha, specchio del Mozambico. Ilha, l’Africa.

“Da lontano questa Ilha sembra piccola ma Ilha è grande. Ha una lunga storia a partire dai suoi abitanti per arrivare ai suoi monumenti. Non è possibile per noi raccontarvi tutto quello che sappiamo . Ilha ha altri che allo stesso modo vogliono raccontarvi . Se volete ascoltare la storia resterete per molto tempo a Ilha. Così vi sarà mostrata la strada che non avete ancora visto”.

Canzone popolare, versi liberi di Nelson Saute e Antonio Sopa tratto da Mozambico, di Francesca Guazzo, Stefano Pesarelli e Gianni Bauce, Ed. Polaris.

Francesca Guazzo, classe '78, si laurea nel 2005 al Politecnico di Torino in Architettura; l'argomento della sua tesi è una piccola isola in Mozambico, "Ilha de Moçambique", Patrimonio dell'Umanità per l'UNESCO, raggiunta insieme a Stefano organizzando un viaggio lungo 23.000 km, sulla loro vecchia FIAT Campagnola (www.torinoilha.net), partendo dalla loro città; una transafrica in solitaria della durata di 4 mesi da Torino al Mozambico, attraversando i deserti di Libia, Egitto e Sudan fino sugli altipiani dell'Etiopia, verso il Kenya e la Tanzania raggiungendo le coste del Mozambico. Insieme a Stefano, alla fine del 2004, iniziano l'avventura di Africa Wild Truck. La voglia di comprendere a fondo le tradizioni, il contatto con la gente del luogo, la conservazione e la tutela del territorio sono aspetti di cui Francesca ama occuparsi anche durante le spedizioni in Africa. Negli ultimi dieci anni Francesca ha percorso 4 volte il giro della terra nel Continente africano. Oltre a collaborare con riviste del settore come Africa, PoutPourrì e altri magazine, i suoi scritti e disegni sono stati pubblicati anche in alcune guide di viaggio di cui è autrice per la casa editrice Polaris come "Tanzania", "Mozambico" e "Malawi e Zambia" (prossima uscita). Attualmente sta lavorando con i suoi disegni ad un progetto per un carnet di viaggio. Il suo blog è

www.francescaguazzo.com

A volte Ilha è bugiarda, si dipinge per come non è. Da anni la amo anche per questo.

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Bertina Lopes e la pittura mozambicana di Nunzio De Nigris

Pittrice e scultrice di origine mozambicana, artista di fama internazionale per i suoi quadri "sociali", Bertina Lopes è morta il 10 febbraio 2012 nella sua casa di Roma, dove viveva dal 1964, all'età di 87 anni. L'annuncio della scomparsa è stato dato da Laura Monachesi del Centro Internazionale Antinoo per l'Arte. Nata a Maputo da padre portoghese e madre mozambicana, ha riunito in sé, fin dalle origini, quella integrazione tra popoli, culture e continenti che ne ha poi caratterizzato la personalità umana ed artistica. I grandi temi di Bertina Lopes sono quelli della Pace e della Libertà, tutto il suo lavoro è stato paragonato a una sorta di “grido” che attraversando l’Africa e lottando per l’indipendenza e la libertà del suo paese, arriva al cielo.

Completa i suoi studi a Lisbona dove entra in contatto con pittori come Carlo Botelho, Costa Pinheiro, Nuno Sampaio. Nel 1953 torna in Mozambico dove ricopre per nove anni la cattedra di disegno nella scuola Tecnica "General Machado".

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Bertina Lopes realizzò la prima mostra a Maputo nel 1956, cinque anni dopo, nel 1961, per ragioni politiche, fu costretta a lasciare il Mozambico per il Portogallo a causa delle repressioni del regime salazariano dove ha continuato a vivere e a lavorare grazie a una borsa di studio della Fondazione Calouste Gulbenkian di Lisbona. Nel 1963 lascia il Portogallo per trasferirsi a Roma.

L'aiuto ai più deboli, la lotta alla fame, il ripudio della guerra, la rivolta contro ogni forma di violenza, l'emancipazione della donna, sono le tematiche che attraversano le sue opere e che segnano anche "La forza più grande di una rivoluzione è l'amore", titolo della sua più recente mostra personale, con cui ha ripercorso la sua evoluzione dal figurativo all'astratto, passando dalle tecniche tradizionali ai materiali nuovi ed "eversivi". Bertina Lopes è stata presente tra gli artisti del Padiglione Italia alla 54esima Esposizione internazionale d'Arte della Biennale di Venezia con il progetto curato da Vittorio Sgarbi. Il suo periodo artisticamente formativo risente indubbiamente dei fermenti pittorici di Picasso, Braque e Matisse, con cui la Lopes confrontò il progressivo affinarsi del proprio personale e originale stilismo, influenzata anche dai successivi contatti romani con Carlo Levi,


MODAMENSILMENTE 22 ottobre 2011

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Lorenzo Guerrini, Marino Marini, Emilio Greco e Franco Gentilizi. Bertina Lopes ha esposto le sue opere da New York, a Teheran, Madrid e Roma. E' stata amica di importanti personaggi, da Nelson Mandela a Enrico Berlinguer all'ex presidente portoghese Mario Soares. I suoi lavori sono presenti in numerosi musei di tutto il mondo. Il suo importante impegno artistico ed umano le ha valso numerosi riconoscimenti tra i quali il "Grand Prix d'Honoeur" assegnatole nel 1988 dall'Unione Europea dei Critici d'Arte e il Premio Mondiale "Carson", della Rachel Carson Memorial Foundation di New York, conferitole nel 1991. Nel 1993, a Lisbona, è stata nominata "Commendatrice delle Arti" dal Presidente della Repubblica del Portogallo, Mario Soares. Le ultime esposizioni sono state quelle al Palazzo dei Congressi a Roma, al Museo Campano di Capua, alla Fortezza da Basso di Firenze. Bertina Lopes non ha dimenticato mai il suo paese di origine e la sua pittura, seppure alleandosi con nuovi mezzi espressivi, ha

mantenuto comunque forme e icone segretamente ma vividamente africane.

LIBRI E CATALOGHI BERTINA LOPES - Frammenti di terre lontane BERTINA LOPES - Dipinti e sculture, 1961-2000. Una radice antica. ART LINK - L'arte come mezzo di lotta all'esclusione sociale dei cittadini di etnie minoritarie e degli immigrati.


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Una istantanea dal faro di Ponta Zavora di Laura Giampaolo

Il nostro viaggio parte da Maputo, la capitale, situata all’estremo sud del Mozambico, a soli 80 km dal confine con il Sud Africa. Passeggiamo per il centro cittadino respirando l’aria esotica che la città conserva; le antiche dimore coloniali di eredità portoghese si alternano agli edifici commerciali e agli hotel di recente costruzione, le maestose piazze, i palazzi e le chiese imponenti evocano l’antico splendore. Ci mescoliamo tra la folla del vivace Mercado Municipal con le sue lunghe file di bancarelle

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cariche di frutta e verdura ordinate in piccoli mucchietti colorati, pesce fresco, sacchi stracolmi di farine e riso, spezie di ogni tipo e colore i cui profumi intensi di spargono ovunque, capulanas colorate e mercanzie di ogni tipo. Ci concediamo una piacevole sosta in uno dei numerosi caffè storici per un cafè espresso o un chà (tè) gustato in un’atmosfera d’altri tempi e accompagnato da un gustoso bolos (dolce). La cultura del caffè è una delle cose più amabili che Maputo ha ereditato dai portoghesi oltre a quella del pane (pao) che si trova


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in ogni parte del Mozambico. Percorrendo l’Avenida Marginal, la strada che costeggia il mare, scegliamo uno dei caratteristici ristoranti dove gustare ottimi piatti di pesce, crostacei e molluschi della miglior cucina tradizionale mozambicana.

Foto di Nunzio De Nigris

Il viaggio prosegue verso nord, destinazione Vilankulo, porta di accesso all’Arcipelago di Bazaruto, 700 km da Maputo. L’arcipelago di Bazaruto è formato da cinque isole principali: Bazaruto, Benguerra, Magaruque, Banguè e Santa Carolina. L’intero arcipelago è stato dichiarato Parco Nazionale nel 1971 dall’amministrazione portoghese, allo scopo di proteggere e favorire la

Foto di Nunzio De Nigris

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sopravvivenza del suo delicato ecosistema preservando la bellezza della natura che qui prorompe in tutta la sua forza. Spiagge bianchissime a perdita d’occhio punteggiate di palme, lambite da acque turchesi e cristalline, barriere coralline tutte da scoprire ricche di pesci tropicali, tartarughe e specie rare come il dugongo, un mammifero marino in via di estinzione. Il tratto di costa che da Maputo sale fino a Vilankulo regala al viaggiatore uno scorcio africano ancora selvaggio e inesplorato in una cornice naturale di estrema bellezza. I colori sono così intensi da togliere il fiato: l’azzurro del cielo che si fonde con l’oceano, il verde della vegetazione rigogliosa e delle palme, la terra rossa che si alterna alle dune di sabbia. Abbandonata Maputo, non appena ci si allontana dalla sua caotica periferia, il paesaggio diventa calmo e tranquillo, i villaggi che attraversiamo sfilano lenti e sonnolenti attraverso i finestrini dell’auto. Ai lati della strada le file dei sacchetti bianchi che sventolano agitati dal vento annunciano i giovani venditori di castanitas (anacardi) che invitano il viaggiatore ad una sosta ristoratrice. Arriviamo a Xai Xai, capoluogo della provincia di Gaza, meta prediletta dai mozambicani per


MODAMENSILMENTE 22 ottobre 2011

trascorrere il fine settimana. Accarezzata dalla brezza marina e attraversata a sud dal grande fiume Limpopo, ci appare subito eccitata e affaccendata. Il viaggio prosegue verso Inhambane, la EN1 corre in mezzo ad ampie distese di alberi di anacardi, manghi e papaye, interrotte da minuscoli villaggi costituiti da piccole casupole col tetto di paglia o di lamiera e da machambas, piccoli appezzamenti di terra coltivati a manioca o granoturco. Osservando il sorriso cordiale della gente che all’ombra della chioma del grande mango sulla strada si volta a salutare il passaggio della nostra auto, o i bambini che ci seguono correndo mentre urlano eccitatati, ci si accorge che la grande ricchezza del Mozambico risiede proprio nel suo popolo. Ogni sosta lungo la strada, una fermata per scattare una fotografia o per fare pipì, diventa un’occasione, un’avventura, un ricordo indimenticabile. Attraversiamo città dai nomi curiosi: Chidenguele, Quissico, Chissibuca, i vivaci mercati ci danno il benvenuto sempre, l’odore del cibo cucinato per strada mescolato all’aroma delle spezie inebria i nostri sensi. Entriamo nella provincia di Inhambane, allineati lungo la strada secchi straripanti di succosi tangerinas (mandarini) ci avvolgono con il loro profumo, mentre la città di Inhambane ci regala un

meraviglioso tramonto sulla baia. E’ uno degli insediamenti più antichi della costa, fiorente porto di scalo per i commercianti arabi e indiani che navigavano lungo la costa dell’Africa orientale. Grazie alla sua storia e alla sua architettura coloniale è considerata una delle città più affascinanti del Mozambico in cui gli elementi africani si fondono alla cultura del passato araba, indiana e portoghese. Si deve a Vasco De Gama, l’esploratore portoghese, la definizione “terra da boa gente” quando nel XV secolo sbarcando a Inhambane rimase colpito della bontà della sua gente. Inhambane è anche la via di accesso alle splendide spiagge di Tofo e Barra dove le acque della baia incontrano quelle dell’Oceano Indiano. Lungo la baia le mangrovie sono l’ambiente ideale per il birdwatching, mentre le spiagge infinite offrono possibilità di praticare surf o di vivere l’esperienza unica ed indimenticabile di nuotare con lo squalo Balena, il più grande mammifero vivente, inoffensivo per l’uomo. Il nostro viaggio ci concede a questo punto un pausa di assoluto relax e dolce far niente al Lagoa Poelela Resort lontano dal turismo e dai circuiti più battuti. Ci immergiamo nella quiete della laguna per goderci i ritmi lenti ed assonnati scanditi dal sole africano. La spiaggia finissima, le acque turchesi

MOZAMBICO COLORI, PROFUMI E IMMAGINI DI UNA TERRA LONTANA

Scopri i Programmi di viaggio 2012

www.lagoapoelela.com 15


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del lago, le immense piantagioni di palme da cocco in cui trovano rifugio centinaia di uccelli, i tuffi del Martin Pescatore che cattura la sua preda, conducono lontano dalla frenesia dei ritmi occidentali. Il sole che al tramonto si getta nel lago lascia il posto alle notti africane illuminate da milioni di stelle e da una luna scintillante. Un paio di chilometri separano il lago Poelela dell’Oceano; la spiaggia più vicina è quella di Zavora che vanta un tratto di barriera corallina dove è possibile praticare lo snorkelling. È inoltre un importante sito per la pesca d’altura e per le immersioni, oltre a tartarughe e molte specie di pesci, ci sono numerose “stazioni di pulizia” della Manta Rey. Durante la stagione della migrazione, tra fine aprile e metà novembre, le megattere popolano questo tratto di mare, i loro sbuffi e le evoluzioni sono ben visibili perfino dalla spiaggia. Una passeggiata al faro ci regala l’istantanea più bella del viaggio, il panorama mozzafiato che si gode dalla lanterna. La potenza dell’oceano lambisce instancabile spiagge belle e selvagge mentre il vento scolpisce e rimodella le alte dune. Lasciamo il Lagoa Poelela Resort per affrontare l’ultima parte del nostro percorso fino a Vilankulo. Prima però ci fermiamo alla panetteria della

Foto di Nunzio De Nigris

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missione salesiana Laura Vicuna per acquistare il pane appena sfornato che ci conforterà durante il viaggio. Il paesaggio attorno a noi scorre veloce come i chilometri che stiamo percorrendo.

Abbiamo passato il Tropico del Capricorno, ai bordi della strada cataste di noci di cocco si alternato ai chioschi che espongonoi vasetti di peri-peri macinato, il famoso peperoncino made in Moz. very, very hot!


POELELAMAGAZINE 11 marzo 2012 Arriviamo a Vilankulo con la luce dorata del sole pomeridiano diretti sulla spiaggia in attesa che i pescatori rientrino con i loro dhow carichi di pesce. Le donne avvolte nelle loro capulanas sono già lì, come ogni giorno aspettano pazienti con le loro bacinelle di plastica. Chi raggiunge più in fretta le barche che si avvicinano si accaparra i pesci più grossi da rivendere al mercato. È uno spettacolo di eccitazione, i pesci vengono ripuliti e divisi per genere e dimensione in piccoli mucchietti, parte la contrattazione. Poco dopo il tramonto, con le prime luci del buio la folla si dilegua, restano solo gli aironi a banchettare.

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Il fuoco si sta spegnendo, è impossibile continuare a scrivere i miei appunti di viaggio, e poi…il mio sigaro è finito. Oggi è stata una giornata intensa, safari particolarmente fortunato al Kruger Park, giorno di caccia, le leonesse hanno abbattuto una zebra, che emozione! Domani vi racconto il dhow safari nell’arcipelago di Bazaruto, l’incontro con le tartarughe marine, le passeggiate in mare con la bassa marea, le stelle marine e le conchiglie, i bagni nelle limpide acque color turchese, i delfini. Si è fatto tardi, mi ritiro nella mia tenda, buonanotte!


POELELAMAGAZINE 11 marzo 2012

Tornerei in Mozambico, questo è sicuro di Cristina Pidello

È passato ormai un anno dalla mia avventura in Mozambico, un mese trascorso a Metoro, una cittadina nel Nord-Est del paese a 200 km dall’Oceano Indiano. Giorni a contatto con una natura immensa. Voli per dodici ore e quando scendi dall’aereo non puoi non rimanere colpito dalla camminata delle hostess, lenta ed elegante, incominci a conoscere i tempi mozambicani. Ho 22 anni e ho fatto quest’esperienza grazie un progetto del Comune di Collegno cooperazione decentrata, un’opportunità confronto con giovani di un’altra cultura e rimanere affascinata da un luogo così lontano ora così vicino nel mio cuore.

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Un centro giovanile dove i ragazzi gestiscono attività culturali, un bar ed una falegnameria, imparano mestieri che poi diventeranno il loro lavoro grazie al quale daranno da mangiare alla loro famiglia allargata. Eravamo tre ragazze, Cristina, Erica e Sara. Abbiamo scoperto la città guidate dai nostri coetanei mozambicani, condotte per il mercato di Metoro avvolte dagli odori del pesce essiccato e dai colori delle capulane. Indimenticabile la gita in spiaggia con tutti i giovani del centro, viaggio su un camioncino decappottabile con capienza di trenta persone e più. Vedere al mattino l’Oceano lontano un chilometro dalla spiaggia e alle prime ore del pomeriggio potersi tuffare dalla chioma delle

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Mangrovie nell’acqua profonda portata dall’alta marea. Quando si fa un viaggio così lontano da casa si rimane affascinati da un sacco di cose, non puoi addormentarti se nel villaggio si sta svolgendo un rito di iniziazione, il ritmo dei tamburi ti tiene piacevolmente sveglio. Ti fermeresti per strada ogni cinque metri, per guardare oggetti artigianali di ebano, per assaggiare cibo di strada cucinato da donne, per vedere bambini che giocano a costruire casette in miniatura con legnetti e foglie. Non posso negare di aver visto persone stremate dal lavoro sotto il sole nella Machamba (orto) o affamate, non ho chiuso gli occhi a Maputo nella capitale percorrendo una strada che attraversava il quartiere di baracche di lamiera una attaccata all’altra che dall’aereo ti sembra un grande foglio di alluminio. Non sono stati solo piaceri in Mozambico. Tre giorni sono stata a Mocimboa da Praia, a Nord quasi al confine con la Tanzania. Una città colpita dall’ AIDS, ci sono gravi problemi di diffusione di questa malattia e per sensibilizzare la popolazione è stato disegnato sui muri delle case il fiocco rosso, simbolo della lotta alla malattia. Sarà stato il caldo e la vista di alcuni edifici portoghesi ancora fatiscenti distrutti durante la guerra d’indipendenza del 1975, ma camminare per la città mi ha trasmesso un senso di angoscia e di morte. Consiglierei comunque di visitarla, anche perché caratterizzata da un lungo mare ricco di cantieri navali artigianali, si può vedere lo scheletro della nave e la lavorazione a mano. Sin dai primi giorni sono stata colpita da camion che trasportavano ingenti quantità di legname, ne vedevo passare spesso. Un giorno vinta dalla curiosità ho domandato a cosa servisse tutta quella legna. Sapete dove era diretta tutta quella materia prima? In Cina ovviamente! Da allora non ho potuto fare a meno di notare che in qualsiasi mercatino che ho incontrato, anche il più povero era dotato di pettine di plastica con l’immancabile scritta “Made in China”. Non per niente l’aeroporto di Maputo è stato costruito da cinesi e proprio lì accanto si sta sviluppando la China Town africana. Non può non farti riflettere. Tornerei in Mozambico, questo è sicuro.


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DONNE AL VOLANTE ... PER SOLIDARIETÀ: TRANSAFRICA 2011 di Silvia Gottardi

Appena siamo salite sull’aereo che ci avrebbe riportate in Italia da Ulaan Baatar (Mongolia-Agosto 2010) abbiamo immediatamente cominciato a pensare a quale sarebbe stata la nostra prossima meta. Mariella mi ha subito detto senza mezzi termini “voglio tornare in Africa”. Io, che in Africa non ci ero mai stata e che avevo una vera e propria mania per l’Asia, non

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ci ho pensato su molto e ho risposto “sì ok, la prossima estate l’attraverseremo in macchina”. Ed è così che mi sono innamorata dell’Africa! I lunghi mesi di preparativi - dall’acquisto di un vecchio Land Rover Discovery usato al suo scarno allestimento off road, dalle infinite pratiche per ottenere i visti alla ricerca snervante di sponsor - in verità non sono stati


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altro che un lento e crudele count-down in attesa del grande giorno: la partenza di Transafrica 2011. Per noi il viaggio è avventura, scoperta, è la possibilità di conoscere storie e persone, è la libertà di allontanarci dal terreno famigliare per metterci in gioco veramente. Ma soprattutto, viaggiare è per noi un’opportunità per fare del bene, per aiutare chi è molto meno fortunato di noi.

Ogni nostro viaggio, infatti, supporta un progetto umanitario al quale ci sentiamo particolarmente legate. Con Transafrica 2011 abbiamo sostenuto con 24.000 € la “Casa del

Foto di Silvia Gottardi

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Sorriso” Cesvi nella township di Philippi a Cape Town, una struttura che ospita e protegge donne vittime di violenze domestiche, spesso malate anche di Aids, con i loro bambini. PARTENZA A RILENTO La partenza è stata forse la cosa più difficile di questo viaggio. A causa dei tumulti in Siria, tre settimane prima della partenza è stato annullato il nostro traghetto da Venezia ad Alessandria d’Egitto. Non ci siamo lasciate abbattere da questo avvenimento e ci siamo anzi messe subito alla ricerca di una soluzione. Lo scenario che abbiamo scoperto però non era dei migliori: con la Libia in guerra e la Siria impossibile da attraversare in macchina in quelle condizioni, non ci è stato facile trovare un “passaggio” per l’Africa. Dopo molte ricerche abbiamo trovato una nave cargo che da Genova arrivava proprio ad Alessandria ed era disposta a prenderci a bordo. L’esultanza però non è durata molto perché subito la data della


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partenza è cominciata a slittare di giorno in giorno, finché anche il porto di partenza ha cominciato a variare (Genova, Civitavecchia e poi Napoli), ed alla fine anche quella nave è stata annullata. Niente panico! Una settimana prima della partenza, abbiamo trovato un altro cargo con partenza il 22 luglio da Salerno. Piene di gioia siamo partite con la nostra Gazzamobile rosa tutta carica alla volta della città campana, per scoprire, solo strada facendo, che la data della partenza non era confermata e avrebbe potuto subire dei lievi ritardi. La nave ha lasciato, infine, il porto di Salerno all’una di notte del 26 luglio! A bordo 26 membri dell’equipaggio ed 8 passeggeri (5 dei quali eravamo noi). Ma le sorprese non erano ancora finite: il capitano ci ha informate con una grasso sorriso che l’itinerario era cambiato e quindi la nave non avrebbe puntato direttamente verso l’Egitto ma prima avrebbe effettuato vari scali nel Mediterraneo, per un totale di 8 giorni di navigazione invece che 5. A questo punto eravamo veramente esauste, stressate, scalpitanti. Non avremmo mai

Foto di Silvia Gottardi

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pensato che una volta giunte ad Alessandria non saremmo riuscite a sdoganare le macchine se non dopo 3 giorni a causa del Ramadan appena cominciato.

Gli egiziani infatti, seguendo alla lettera le indicazioni del Corano: non mangiano, non bevono, non lavorano dall’alba al tramonto...e così noi siamo rimaste chiuse con le macchine dentro al porto! Quando il 3 agosto ci siamo messe alla guida della Gazzamobile con tanto di targa Egiziana il nostro entusiasmo era incontenibile. La nostra Transafrica era finalmente cominciata!


POELELAMAGAZINE 11 marzo 2012 AFRICA ON THE ROAD: NO PROBLEM! Poi ha preso il via il viaggio vero, quello sulle “nostre ruote”: ed è stata tutta un’altra cosa. Sono cominciate le notti in tenda sul ciglio della strada, i pasti a base di scatolette mentre si guida, le contrattazioni su qualsiasi cosa, le ore interminabili di attesa alle dogane, le alzatacce alla mattina, i giorni senza poter fare una doccia. La sabbia ha cominciato ad infiltrarsi ovunque, le nostre magliette a sporcarsi, le ruote a forarsi di continuo, la tenda da tetto ad

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allagarsi ad ogni pioggia. Abbiamo cominciato a perderci nelle grandi città (non usiamo il navigatore satellitare), ad avere un guaio m e c c a n i c o d i e t ro l ’ a l t ro , m e n t re n o i imparavamo di volta in volta a familiarizzare con la nuova moneta e la nuova lingua di un altro stato e le strade continuavano a peggiorare. La nostra Transafrica è stato un viaggio sporco e ruvido, a tratti molto faticoso e scomodo, pieno di imprevisti e di problemi. Ma è proprio


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per questo che ci è piaciuto così tanto: dietro ad ogni imprevisto c’è sempre stata un’opportunità, dietro ad un problema una soluzione imprevedibile. È così che siamo riuscite ad affrontare oltre 15.000 km ed ogni piccolo o grande ostacolo sempre (o quasi) con il sorriso sulle labbra. Come? Ci siamo semplicemente lasciate andare, abbiamo cominciato a vivere con i ritmi africani, mettendo da parte i nostri preconcetti e chiudendo l’orologio nel cruscotto. Abbiamo smesso di cercare soluzioni seguendo la nostra logica occidentale, affidandoci alla fantasia e all’ottimismo africano, e soprattutto alla grande disponibilità di tempo africano. Ed ogni volta ne uscivamo arricchite di un nuovo sorriso, di un nuovo amico, di una nuova emozione da ricordare, di una nuova storia da raccontare. È per via di questo strano miscuglio africano di magia e positività che per esempio siamo riuscite a caricare la macchina della troupe con il motore fuso su un camion troppo basso e senza una rampa per accedervi, oppure siamo

Foto di Silvia Gottardi

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riuscite ad attraversare un fiume di 3 km a bordo di alcune canoe legate insieme. Situazioni incredibili che ci avrebbero normalmente fatto scuotere la testa perplesse, ma che invece in Africa si affrontano con la solita frasetta magica: “no problem!”. E così, a forza di incontri improbabili, ci siamo addirittura ritrovate – uniche donne in mezzo ad uno stadio con 30.000 persone - a tifare Al Hilal durante una partita di Champions League Africana, a dormire per terra su una stuoia abbracciate ad alcune donne sudanesi per poterci riposare qualche ora in nave, a cantare al chiaro di luna con gli abitanti di un villaggio nel nord del Mozambico dove abbiamo trascorso la notte. ARRIVO Non è possibile fare una classifica dei posti che ci sono piaciuti di più, delle esperienze che ci hanno toccato maggiormente, dei paesaggi più affascinanti. Certo non dimenticheremo facilmente la maestosità dei templi egiziani o l’ospitalità sudanese, lo “you-you” dei bambini


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etiopi o lo scippo di Nairobi, i parchi della Tanzania e le strade di terra rossa del Mozambico.

Ma il momento più bello, forse anche perché è stato l’ultimo e quindi ancora molto vivo nei nostri ricordi, è stato l’arrivo alla “Casa del Sorriso” Cesvi a Cape Town. Lo sconforto che abbiamo provato attraversando “scortate” la Township di Philippi (recarsi da soli nella Township per i “bianchi” è troppo pericoloso), una distesa immensa di decrepite baracche in lamiera, ha lasciato il posto alla gioia quando ci ha accolto una vera e propria festa nella “Casa del Sorriso”.

Foto di Silvia Gottardi

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Un cartello colorato con la scritta “WELCOME SILVIA & MARIELLA” ci ha dato il benvenuto, un rapper ha intonato una canzone scritta in nostro onore su un palchetto ed una cinquantina di “mamas” vestite a festa hanno ballato e cantato per noi. Non ce lo saremmo mai aspettate. Mai! Poi ci hanno sommerso di domande (la più gettonata era come avessimo fatto ad attraversare in macchina il Mar Mediterraneo!!!!!!), stritolate con lunghi abbracci, fotografate in tutti i modi possibili. Ci hanno anche cucinato un ottimo pranzo e fatto vedere la loro “Casa sicura”, raccontato le loro storie tristi ma piene di speranza e ringraziato fino alla nausea per i fondi che avevamo raccolto per loro. Ad un certo punto una donna ancora più grossa delle altre ci ha stretto a sé e ci ha detto: “I’m proud of you” (sono orgogliosa di voi). E noi ci siamo sentite di colpo il cuore battere più forte, ci siamo sentite ricchissime e importantissime, ma nello stesso tempo anche piccole ed inutili, piene e vuote. Come in un big


POELELAMAGAZINE 11 marzo 2012 bang di sensazioni ed emozioni contrastanti che non riuscivamo a spiegarci fino in fondo. Solo poi, una volta tornate in Italia, abbiamo capito di cosa si è trattato. Ora non ci importa più quanto poco o tanto possiamo fare per gli altri, facciamo il nostro massimo e questo è in fin dei conti quello che conta veramente e che ci riempie il cuore.

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Il viaggio per noi non è solo un viaggio, per quanto bello e avventuroso possa essere, è anche un modo di aiutare chi è meno fortunato di noi!


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