Eroi greci / Estratto

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CLASSICI

Laura Fanelli nata a Termoli nel 1987, ha studiato all’ISIA di Urbino e all’ESA di Bruxelles. Ha lavorato con varie agenzie grafiche in Italia e all’estero. Vanta già numerose collaborazioni con case editrici come Kite, De Agostini, Garzanti, Ediciclo, Grandir.

Ecco l’appassionante e avventuroso racconto dei tre grandi eroi della mitologia greca: Eracle, l’invincibile, punito con la condanna a compiere le famose dodici Fatiche; Giasone, che partì con gli Argonauti per riconquistare il Vello d’Oro; Teseo, che grazie all’aiuto di Arianna, sconfisse il Minotauro.

ISBN 978-88-9851-902-6

Dai 7 anni

€ 15,00

Eroi greci Eracle, Giasone, Teseo

www.lanuovafrontierajunior.it

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Giasone a pag.

61

Teseo a pag.

ISBN 978-88-9851-902-6

9 788898 519026

Eracle a pag.

Eroi greci Eracle, Giasone, Teseo

ha curato numerose raccolte di fiabe e filastrocche tratte dal folclore europeo ed extraeuropeo e ha collaborato in qualità di editor con le principali case editrici italiane. Scrive da molti anni sul quotidiano “il Manifesto” e ha tradotto dallo spagnolo romanzi, racconti e poesie.

laNuovafrontiera junior

Francesca Lazzarato

«La vita dell’eroe fu lunga e piena di battaglie, di amori, di viaggi, di errori, di vittorie e di vendette: e non fu mai sconfitto, se non da se stesso.»

Raccontati da Francesca Lazzarato con illustrazioni di Laura Fanelli laNuovafrontiera junior

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Š 2014 laNuovafrontiera ISBN: 978-88-9851-902-6 Stampato nel mese di gennaio 2014 da Litograf Editor - Città di Castello (PG) www.lanuovafrontierajunior.it


Eroi greci Eracle, Giasone, Teseo Raccontati da Francesca

Lazzarato con illustrazioni di Laura Fanelli

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ErAcle



L’INGANNO DI ZEUS Molto e molto tempo fa, quando gli dei camminavano ancora sulla Terra, c’era in Grecia la città di Trezene, in fondo a una pianura che si affacciava sul mare del Peloponneso. Era piccola e poco importante, ma aveva comunque un re, Anfitrione, che aveva passato metà della sua vita in esilio e l’altra metà sul campo di battaglia. In esilio aveva dovuto andarci perché, mentre litigava con suo zio Elettrione, re di Micene, gli era capitato di lanciare rabbiosamente una clava contro una vacca: l’animale non si era fatto niente, ma, rimbalzando contro le sue corna, il pesante bastone era finito sulla testa dello zio, che era morto. Allora Anfitrione si era rifugiato a Tebe con la sua fidanzata e cugina, Alcmena, una ragazza così fedele da non abbandonarlo neppure dopo che lui le aveva ucciso il padre Elettrione, e così energica da giurare che non l’avrebbe mai sposato, se

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Eracle

prima non avesse dichiarato guerra al re Pterelao che aveva sterminato i suoi otto fratelli. Mentre Anfitrione combatteva, Alcmena, che nel frattempo era diventata sua moglie, aveva anche lei i suoi problemi. Infatti Zeus, il re di tutti gli dei, dall’alto dell’Olimpo aveva notato la sua bellezza e il suo carattere, e si era innamorato. Era un tipo che si innamorava spesso (troppo spesso, secondo la sua gelosissima moglie), e quando non riusciva a conquistare le ragazze che gli piacevano ci metteva poco a mentire e a imbrogliare. E fu proprio quello che fece con Alcmena, perché sapeva che lei non lo avrebbe mai ricambiato. Deciso a ottenere quello che voleva, Zeus prese l’aspetto di Anfitrione e, identico a lui come una goccia d’acqua, una sera si presentò a palazzo fingendo di essere il re e annunciando ad Alcmena che aveva sconfitto Pterelao e disperso il suo esercito. Il dio rimase con la bella regina solo per una notte, che però fu lunghissima perché lui aveva ordinato a Elio, il Sole, di restarsene a casa, così il nuovo giorno non sarebbe sorto. E anche la Luna aveva dovuto rallentare il suo viaggio nel cielo buio, e il Sonno aveva accettato di restare fra gli uomini più a lungo, perché non si rendessero conto che quella notte sembrava non finire mai. Fu allora, mentre tutto il mondo dormiva un sonno stregato, che Eracle venne concepito.

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IL FUOCO, LA PIOGGIA Zeus aveva lasciato la stanza di Alcmena giusto in tempo, proprio mentre Anfitrione smontava da cavallo ed entrava nel palazzo. E la regina, quando il marito la abbracciò, non riuscì a nascondere la sorpresa, perché lui si comportava come se fosse appena arrivato. Quando poi Anfitrione cominciò a raccontare di come aveva inseguito e disperso i nemici, Alcmena lo guardò con stupore e gli chiese: «Perché mi ripeti le stesse cose che hai detto ieri sera? So già tutto della battaglia, me l’hai descritta nei minimi particolari.» Anfitrione capì subito che c’era di mezzo un mistero e andò a parlarne con Tiresia, l’indovino cieco. E Tiresia gli spiegò in che modo Zeus aveva ingannato Alcmena, la più fedele tra le donne. «Ma non si è trattato solo di un capriccio» aggiunse l’indovino. «Zeus vuole un figlio che abbia nelle vene il sangue degli uomini e quello degli dei, e che sia destinato a grandi imprese. E per metterlo al mondo ha scelto Alcmena, bella quanto saggia.» Tiresia era famoso perché i suoi occhi ciechi sapevano leggere nel passato, nel presente e nel futuro, e Anfitrione si

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Eracle

era sempre fidato di lui, senza mai dubitare delle sue parole. Ma non stavolta. Il re, furioso, si precipitò a palazzo e inseguì la moglie di stanza in stanza per vendicare l’onore offeso e l’amore tradito, finché lei si rifugiò su un altare di legno, pregando gli dei di salvarla: cosa aveva mai fatto per morire così? Anfitrione non voleva sentire ragioni e aveva appena dato fuoco all’altare perché Alcmena morisse bruciata, quando nella stanza apparve una grossa nuvola nera e una pioggia improvvisa spense le fiamme. Zeus aveva protetto a modo suo la fidanzata di una notte e il figlio che da lei sarebbe nato. Davanti a quella pioggia miracolosa, Anfitrione finalmente si convinse: se Alcmena l’aveva tradito, era per colpa dell’inganno di un dio. Non restava che chiedere perdono a lei e anche a Tiresia. Ma l’indovino non si era offeso per l’incredulità del re, e per dimostrare che non gli portava rancore gli regalò un’altra profezia: «Alcmena avrà due gemelli: uno è figlio tuo, l’altro di Zeus. Man mano che cresceranno capirai quale dei due ha sangue divino, ma dovrai trattarli nello stesso modo, perchè altrimenti potresti pagarla cara.»

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IL LATTE DI ERA La pancia di Alcmena cresceva come la luna, che all’inizio è una falce sottile e poi diventa grande e tonda, e dentro di essa i gemelli si tenevano compagnia. Anfitrione era curioso di vedere quale dei due sarebbe stato più simile a lui, mentre Zeus conosceva già il proprio figlio e ne era orgoglioso. Un giorno, sull’Olimpo, arrivò addirittura a vantarsi, dicendo che quel bambino sarebbe stato più forte di Ares, il dio della guerra, e anche più audace. E il padre era proprio lui, il re degli dei. Che imprudenza! Qualcuno andò subito a riferire tutta la storia a sua moglie Era, che decise subito di vendicarsi. Se Zeus ci teneva tanto a quel figlio, lei avrebbe fatto in modo che non venisse al mondo. Così convinse sua figlia Ilizia, la dea del parto, a precipitarsi a Tebe e a sedersi con la veste annodata, le gambe incrociate e le dita intrecciate davanti alla porta della stanza di Alcmena: per volontà della dea, infatti, nodi e legature di ogni genere impedivano le nascite. E la regina non sarebbe mai riuscita a partorire se non fosse stato per Galantide, una sua ancella che corse fuori della stanza annunciando allegramente la nascita di due maschi sani e forti. Non era vero, naturalmente, ma Ilizia non lo sapeva e rimase così meravigliata che senza pensarci saltò in piedi sciogliendo veste, gambe e dita, e a quel punto i bambini nacquero sul serio.

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Eracle

Il primo dei gemelli, che era grande e grosso e piangeva a pieni polmoni, venne chiamato Alcide, mentre al secondo, che era più piccolo e tranquillo, venne dato il nome di Ificle. Non c’erano dubbi su quale dei due fosse il figlio di Zeus! Ma Alcmena sapeva che Alcide non era al sicuro e non si allontanava mai dalla culla, per paura che Era potesse rapirlo o ucciderlo. La regina era così stanca e triste che Atena, la dea della saggezza, si impietosì e le apparve in un lampo di luce. «Non piangere» le disse, mentre la donna si riparava gli occhi con la mano per non essere accecata da tanto splendore. «Se farai quello che ti dico, tuo figlio si salverà.» E le spiegò come doveva comportarsi. Il giorno dopo Alcmena, seguendo i consigli della dea, portò Alcide fuori dalle mura di Tebe e lo lasciò in aperta campagna, come se volesse disfarsi di lui. Intanto Atena aveva convinto Era a fare una lunga passeggiata per ammirare gli asfodeli in fiore, e la portò dritta verso il neonato che piangeva. «Guarda che bel bambino» disse, prendendolo in braccio. «Sua madre dev’essere la crudeltà in persona, per averlo abbandonato qui. Senti come piange per la fame! Tu che hai il seno pieno di latte, non gliene daresti un po’?» Era, intenerita, lo prese e se lo attaccò al petto, ma Alcide, che aveva un appetito formidabile, succhiò con tanta forza da farle male, e la dea lo allontanò con un grido di

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dolore mentre un getto di latte schizzava fino al cielo, dove si sarebbe trasformato in una scia di stelle: la Via Lattea. Appena la regina degli dei se ne fu andata, più in collera che mai, Atena restituì il bambino alla madre con un sorriso; adesso poteva stare tranquilla, perché nemmeno Era avrebbe ucciso una creatura che aveva allattato. E da quel momento Alcide cambiò nome e si chiamò Eracle, che vuol dire “gloria di Era”. Ma Atena aveva torto: l’odio della dea cresceva di giorno in giorno, e niente riuscì mai a placarlo.

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