K
os affida a un registratore il racconto spontaneo, esilarante e spesso commovente del periodo più folle della sua vita, a partire dal giorno in cui vince il campionato e suo padre ha un infarto. Tocca a lui e alle sue stravaganti sorelle prendere in mano la gestione dell’albergo di famiglia: agli inevitabili disastri che combinano si aggiunge la drammatica scoperta che l’hotel è sull’orlo del fallimento. Inizia allora una messinscena per far credere al papà ricoverato in ospedale che tutto prosegue per il meglio, mentre Kos è disposto a tutto pur di aiutare suo padre... Hotel Grande A è un romanzo che sa alternare leggerezza e profondità, cinismo e tenerezza, e che sa parlare ai ragazzi con piena libertà di famiglia, morte, sesso, ma soprattutto di amore.
“Per fortuna c’è Sjoerd Kuyper. Con il suo magnifico stile, il suo humor nero e un impareggiabile talento per le situazioni più assurde, Sjoerd Kuyper trasforma Hotel Grande A nel libro da scegliere tra mille.” la giuria del premio Zilveren Griffel 2015 “La sua prosa è irresistibile. Si può solo dire che Kuyper è un vero scrittore per ragazzi.” de Volkskrant “La storia di Kos è divertentissima e i lettori non smetteranno più di ridere, ma nemmeno di stupirsi e di riflettere. Come in una commedia americana degli anni Trenta, Kuyper raggiunge una leggerezza che ben si accompagna alla profondità.” FAZ
ISBN 978-88-98519-39-2
€16,50 / ISBN 978-88-98519-39-2
9 788898 519392 Età consigliata 13+
w w w. l a n u o v a f r o n t i e r a j u n i o r. i t
HOTEL GRANDE A
to nel 1952 in Olanda e ha cominciato la sua carriera di scrittore nel 1974 con una raccolta di poesie. Ha scritto varie sceneggiature per la televisione, ricevendo numerosi premi. Con i suoi romanzi per ragazzi ha vinto più volte lo Zilveren Griffel, uno dei più importanti premi olandesi di letteratura per bambini, e nel 2012 ha ricevuto il premio Theo Thijssen per la sua intera opera. Lui stesso dice di essere un autore che scrive soprattutto di ciò che pensa, teme, sente. Il suo stile è poetico e vivace e penetra con facilità nell’universo emotivo dei ragazzi.
sjoerd kuyper
Sjoerd Kuyper è na-
Sjoerd Kuyper HOTEL GRANDE A
Talvolta, quando sono triste e non voglio piangere, provo a parlare con Dio. Ma se Dio esiste, allora ha creato anche le femmine, e con uno così preferisco non parlare.
Questo libro è dedicato a mia moglie Margje
Titolo originale: Hotel De Grote L Copyright © 2014 by Lemniscaat, Rotterdam, The Netherlands First published in The Netherlands under the title Hotel De Grote L Text copyright © 2014 by Sjoerd Kuyper All rights reserved. No part of this book may be reproduced, transmitted, broadcast or stored in an information retrieval system in any form or by any means, graphic, electronic or mechanical, including photocopying, taping and recording, without prior written permission from the publisher.
© La Nuova Frontiera 2017 via Pietro Giannone 10 - 00195 Roma www.lanuovafrontierajunior.it Questo libro è stato pubblicato con il sostegno della Fondazione nederlandese per la letteratura.
Illustrazione di copertina: © Giulia Rossi ISBN 978-88-98519-39-2 Tutti i diritti riservati
Sjoerd Kuyper Hotel grande A Traduzione dal nederlandese di Anna Patrucco Becchi
Allora funziona o no? Sta registrando? Prova… prova… Aspetta un attimo… Clic. Sì, funziona. È proprio come se la mia voce uscisse fuori da un pezzo di nastro. Walput dice che questo coso ha sessant’anni. Gli ho chiesto se va a vapore o a gasolio, ma ha una normalissima spina. Adesso devo iniziare il mio diario. Il mio diario registrato. Ho detto a Walput che tenere un diario è roba da femmine, proprio come scrivere poesie, non è da maschi. E Walput mi ha detto: “Ma da uomini adulti, sì. Buffo, no?” Ha aggiunto che poteva essere utile per far ordine nei propri pensieri, ma non so se ho ancora dei pensieri. O questo adesso era un pensiero? Sono talmente stanco che non riesco a dormire. Succede per davvero. Pensavo che potesse succedere solo alle persone anziane. Ehi! Questo è un pensiero! 5
Oggi siamo diventati campioni, a mio padre è venuto un infarto, siamo stati all’ospedale e abbiamo fatto funzionare l’albergo finché alle undici nel bar e nella sala da pranzo non c’era più nessuno. Poi abbiamo anche lavato i piatti. Mi sento a pezzi, ma le cose che ho in testa non ne vogliono sapere di andare a dormire. Sapete quando uno chiude gli occhi e il mondo intorno diventa buio, ma nella testa resta accesa una luce? Ecco, proprio così. E poi Pel insiste pure che dobbiamo mettere la sveglia alle sei! Sono circondato da tre ragazze pazze e da tre uomini mezzi morti. Buonanotte e sogni d’oro! Oggi sono quasi scoppiato a piangere, quindi posso anche tenere un diario. Alla fine chi frequenti finisce per contagiarti. Secondo me sto per diventare una femmina. Una femmina mezza morta. Cosa vuoi diventare da grande, Kos? Una femmina mezza morta. Okay, allora cominciamo…
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Mio padre è l’unico che può scompigliarmi i capelli
Domenica 12 maggio. All’inizio era proprio una giornata perfetta. Sembrava estate. Vivere in riva al mare rende felici, tutto è così fresco. Sull’erba delle dune e sulle sedie della terrazza ci sono ancora gocce di rugiada e il sole sorge grande da terra e se ti metti sul balcone a fare ciao, la tua ombra sulla spiaggia risponde con un ciao. L’aria ti pizzica la pelle. Il cielo è limpido e azzurrissimo e la spiaggia ancora deserta. Soltanto il mare è lì sdraiato a respirare lento e sai che non smetterà mai. Be’, insomma, era più o meno così. Mi sono alzato di buon’ora e mi sono infilato subito la divisa da calcio. Dopo la partita mi sarei comunque dovuto fare la doccia, per cui non aveva senso farla prima. Mio padre si era alzato prestissimo. Stava in cima a una scala appoggiata contro la facciata dell’edificio e fischiettava tutto intento a sostituire l’insegna del nostro hotel. Era una cosa che aveva in mente di fare già subito dopo la morte della mamma, ma non aveva mai trovato il tempo per farlo. 7
Ecco che tipo di giornata era: una in cui realizzare grandi progetti. In cui diventare campioni. In cui innamorarsi. In cui scrivere il proprio nome sulla luna con una bomboletta spray. Le lettere del vecchio nome, intendo dire quello del nostro hotel (Miramare), erano per terra. E mio padre aveva già appeso cinque lettere nuove. “Hotel Grand” si leggeva adesso. Neanche quello un brutto nome. Io non potevo aiutarlo, non posso mai aiutarlo, perché noi ragazzi dobbiamo avere una gioventù spensierata, per cui sono andato a tirare in porta nel campetto vicino casa. I tacchetti delle mie scarpe facevano un bel rumore sulle mattonelle del vialetto. Ho fatto tre goal uno dietro l’altro, tutti nell’angolo in alto. Se perdevamo, non sarebbe stata certo colpa mia. Ma quando la quarta volta il pallone è volato alto sopra la traversa, ho iniziato a diventare nervoso. Era ora di andare. Chi parte in anticipo, non arriva quasi mai in ritardo. Ma mio padre voleva appendere tutte le lettere. È sempre indaffarato, ti viene da sudare soltanto a guardarlo correre su e giù. Gliene mancavano ancora cinque, ma non avevamo così tanto tempo. Aveva appena sistemato la A: Hotel Grande A. Anche così niente male. Ma poi è stato come se il giorno esplodesse improvvisamente. Da ogni angolo sono cominciate a spuntare fuori persone. Anzi, sarebbe meglio dire: come se la notte esplodesse, come se avessero scoperchiato la notte. 8
Felix è arrivato come sempre per primo. Ben vestito, scarpe costose e capelli pieni di gel. Tutta quell’eleganza lo fa sembrare più vecchio di quel che è. Ha solo venticinque anni o giù di lì. Profumava come tutti i fiori di primavera messi insieme. Mio padre gli ha urlato dalla scala che per oggi avrebbe dovuto farsi il caffè da solo, perché noi andavamo tutti alla partita. Perché era il mio grande giorno. Felix per scherzo mi ha colpito col pugno sul braccio ed è entrato. Poi Briek ha iniziato a cantare in camera sua. La porta era chiusa, ma la sentivi bene lo stesso. Strimpellava sulla chitarra della mamma e cantava la sua canzone più bella. Ah, Kos inizia a cantare! “Questo è il blues di Biancaneve, di Biancaneve questo è il blues. In una bara di cristallo giaceva la fanciulla oltre al suo cupo dolor c’era soltanto il nulla. In cuor suo un bacio voleva, un bacio soltanto sì che il boccon di mela si sciogliesse d’incanto. Questo è il blues di Biancaneve, di Biancaneve questo è il blues.”
L’ascolto sempre volentieri, chissà perché. Si addice a Briek e al suo look dark. Ho chiamato Pel, ma lei non mi ha sentito, perché Briek cantava così forte. Il tempo cominciava davvero a stringere. In quel momento una vecchia auto si stava inerpicando su per la duna. Penso che fosse una Lada. 9
Si è fermata davanti all’hotel. E ne è saltata fuori una donna infuriata che a grandi passi si è diretta verso l’ingresso. Poi di colpo anche Walput è sceso dalla Lada. Aveva addosso il lungo cappotto di pelle. La sua coda di cavallo grigia sventolava al vento. La donna era sua figlia, l’avevo già vista una volta. Mio padre ha salutato allegramente Walput da sopra la scala. Che stupido! Così la donna l’ha visto. “Le devo parlare. Subito!” Aveva una voce così stridula da stecchire qualsiasi bestiolina nelle vicinanze. Poi sono uscite le due lesbiche e hanno chiesto se potevano prendere in prestito delle biciclette e io mi sono offerto di andargliele a prendere subito nella rimessa, ma mio padre non era d’accordo. È sceso dalla scala. “I bambini non devono lavorare. Devono divertirsi.” Cosa vi dicevo? La figlia di Walput gli ha afferrato il braccio, ma mio padre si è divincolato e si è diretto verso la rimessa delle biciclette. Io ho chiamato Pel ancora una volta. Non mi sentiva e così mi sono arrampicato in cima alla scala. Ho bussato alla sua finestra e lei l’ha aperta così velocemente che per lo spavento ho rischiato di precipitare di sotto. Pel era di nuovo tutta immedesimata nella mamma. Portava il suo vestito come camicia da notte e stava ascoltando la canzoncina che ci cantava sempre la mamma. Kos sta di nuovo cantando! 10
“Quattro porcellini a fare il bagno andarono un giorno in uno stagno. Ma la sai la cosa buffa che esplose in una zuffa? un solo porcellino... aveva il pisellino.”
Le ho detto che si doveva sbrigare e ho chiesto se Briek e Libbie fossero già pronte, perché tra cinque minuti dovevamo veramente muoverci. Ma me lo sarei dovuto immaginare: le mie sorelle non venivano. “Briek ha la malinconia” ha detto Pel. “E Libbie deve studiare.” Si è diretta verso la foto della mamma che aveva accanto al letto. Per la prima volta ho notato che su quella foto la mamma aveva lo stesso vestito che Pel usava ora come camicia da notte. “Oggi Kos farà vincere il campionato” ha detto Pel. È restata un attimo in ascolto, ha annuito e poi è tornata alla finestra. “La mamma pensa che oggi farai dieci goal.” “Tre” l’ho corretta e lei ha soggiunto: “Anch’io devo studiare e anch’io ho la malinconia.” E poi ha chiuso la finestra talmente di botto che sono di nuovo quasi caduto dalla scala. Le sorelle non servono a molto. Non senti mai dei calciatori famosi parlare delle proprie sorelle. E non è un caso. Ho sperato per nove mesi che Pel fosse un maschio, perché così avremmo giocato insieme a calcio e poi magari saremmo stati nella stessa società calcistica e un giorno nella Nazio11
nale. Ma Pel è una femmina. È carina, ma non mi capisce proprio. Pazienza. Che lei, Libbie e Briek continuino pure a stare per conto loro. Magari pensano che un giorno canteranno insieme nello stesso musical o chissà cos’altro sognano di fare le femmine. Magari di sposarsi lo stesso uomo. Loro ci sono l’una per l’altra e io ho mio padre. Sono ormai tre anni che è così e lasciate per favore che resti così. Please! Mio padre stava parlando con Walput e sua figlia. Be’, se si può definirlo parlare, perché la figlia urlava e Walput le stava accanto come un coniglio impagliato e mio padre ascoltava. Il sudore gli gocciolava dai capelli. “Ma, ma, ma” lo sentivo dire. Sembrava che volesse piantar chiodi nel cemento. “Ma appena ce li ho, glieli darò. Davvero, davvero…” “Questo vuol dire maltrattare un anziano!” ha esclamato la figlia. “E inoltre…” Ha fatto segno a Walput di dire anche lui qualcosa. “Esatto!” ha detto lui. “La benzina diventa sempre più cara.” “Proprio così” ha confermato la figlia. “E...” Walput ha riflettuto un attimo. “Esatto! Anche il mangime per gatti.” Si vedeva che avrebbe preferito morire piuttosto che dire cose del genere. Mi son chiesto se abbia davvero un gatto. Di sicuro la figlia non approverebbe. Lei probabilmente ha un cane. E Walput ha paura dei cani. È stato gentile Walput a prestarmi il suo regi12
stratore, ma non gli farò mai ascoltare quello che sto registrando. Mio padre ha sospinto Walput all’interno dell’hotel. “Per favore, Walput” lo ha pregato. “Oggi siamo al completo, tutti i tavoli sono riservati.” La figlia è tornata alla sua Lada borbottando, io sono corso verso la macchina di papà. Volevo sedermi, ma era chiusa. C’erano dei cartoni della spesa sul sedile davanti e anche su quelli dietro. Quando mio padre è uscito dall’hotel, la figlia si è messa di nuovo a inveire: “Se oggi non lo paghi, domani me lo tengo a casa.” Mio padre non ha reagito. Mi ha guardato con aria interrogativa. “Libbie deve studiare e Briek ha la malinconia” l’ho informato. “E Pel deve studiare anche lei e ha pure la malinconia.” Mio padre ha sistemato i cartoni che erano sul mio sedile tra quelli di dietro, è salito in macchina, ha fatto partire il motore e si è acceso una sigaretta. Sudava ancor più di prima, sembrava come se avesse fatto la doccia vestito e non si fosse asciugato. Mi sono seduto accanto a lui. Quando abbiamo iniziato a scendere giù per la duna, mi sono voltato indietro per un secondo. Ho visto le mie sorelle uscire dall’hotel. Libbie e Pel in bikini, Briek tutta in nero. “Prima però vanno a prendersi un po’ di sole” ho aggiunto. “Ragazze...” ha commentato mio padre. Sorrideva. Vuole molto bene alle sue ragazze, si vede. Ma io lo sapevo già. Mentre stavamo attraversando il polder ho 13
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os affida a un registratore il racconto spontaneo, esilarante e spesso commovente del periodo più folle della sua vita, a partire dal giorno in cui vince il campionato e suo padre ha un infarto. Tocca a lui e alle sue stravaganti sorelle prendere in mano la gestione dell’albergo di famiglia: agli inevitabili disastri che combinano si aggiunge la drammatica scoperta che l’hotel è sull’orlo del fallimento. Inizia allora una messinscena per far credere al papà ricoverato in ospedale che tutto prosegue per il meglio, mentre Kos è disposto a tutto pur di aiutare suo padre... Hotel Grande A è un romanzo che sa alternare leggerezza e profondità, cinismo e tenerezza, e che sa parlare ai ragazzi con piena libertà di famiglia, morte, sesso, ma soprattutto di amore.
“Per fortuna c’è Sjoerd Kuyper. Con il suo magnifico stile, il suo humor nero e un impareggiabile talento per le situazioni più assurde, Sjoerd Kuyper trasforma Hotel Grande A nel libro da scegliere tra mille.” la giuria del premio Zilveren Griffel 2015 “La sua prosa è irresistibile. Si può solo dire che Kuyper è un vero scrittore per ragazzi.” de Volkskrant “La storia di Kos è divertentissima e i lettori non smetteranno più di ridere, ma nemmeno di stupirsi e di riflettere. Come in una commedia americana degli anni Trenta, Kuyper raggiunge una leggerezza che ben si accompagna alla profondità.” FAZ
ISBN 978-88-98519-39-2
€16,50 / ISBN 978-88-98519-39-2
9 788898 519392 Età consigliata 13+
w w w. l a n u o v a f r o n t i e r a j u n i o r. i t
HOTEL GRANDE A
to nel 1952 in Olanda e ha cominciato la sua carriera di scrittore nel 1974 con una raccolta di poesie. Ha scritto varie sceneggiature per la televisione, ricevendo numerosi premi. Con i suoi romanzi per ragazzi ha vinto più volte lo Zilveren Griffel, uno dei più importanti premi olandesi di letteratura per bambini, e nel 2012 ha ricevuto il premio Theo Thijssen per la sua intera opera. Lui stesso dice di essere un autore che scrive soprattutto di ciò che pensa, teme, sente. Il suo stile è poetico e vivace e penetra con facilità nell’universo emotivo dei ragazzi.
sjoerd kuyper
Sjoerd Kuyper è na-
Sjoerd Kuyper HOTEL GRANDE A
Talvolta, quando sono triste e non voglio piangere, provo a parlare con Dio. Ma se Dio esiste, allora ha creato anche le femmine, e con uno così preferisco non parlare.