Sigfrido e i Nibelunghi

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Iratxe López de Munáin Ha studiato e vive a Barcellona. Disegnare è la sua grande passione e trova ispirazione in film e viaggi, nella musica di Billie Holiday o Lhasa de Sela, nelle persone particolari, nei colori rosa e rosso, nei piatti preparati dalla madre e nelle tempeste d’inverno. Il suo lavoro spazia dall’ambito editoriale alla pubblicità, al design. Le sue illustrazioni sono state selezionate per la Biennale di Bratislava e per la Fiera del libro di Bologna.

Sigfrido, eroe invincibile eppure vulnerabile, in possesso dell’immenso tesoro dei Nibelunghi, sposa la bella Crimilde. Ma il loro amore è destinato a essere travolto da inganni e gelosie. Un classico della letteratura che ha origini lontane e leggendarie.

ISBN 978-88-98519-28-6

Dai 7 anni

€ 16,00

e i Nibelunghi Sigfrido e i Nibelunghi

È nata e vive a Roma, ha un marito e due figli e anche un cane di nome Mimma… non ha gatti ma solo perché la fanno starnutire. Insegna in una scuola superiore e da anni scrive e traduce libri per ragazzi per diverse case editrici. Ha ideato e cura una collana per chi ha difficoltà di lettura. Nella collana Classici Illustrati ha già curato l’adattamento del ciclo di Re Artù.

Sigfrido

ISBN 978-88-98519-28-6

9 788898 519286 www.lanuovafrontierajunior.it

laNuovafrontiera junior

Laura Russo

«Tutta la sua pelle era ormai impenetrabile come nessuna corazza al mondo. Tutta, tranne un piccolo punto a forma di cuore al centro della sua schiena.»

Raccontato da

Laura Russo con illustrazioni di

Iratxe López de Munáin

laNuovafrontiera junior


Š 2016 laNuovafrontiera ISBN: 978-88-98519-28-6 Stampato nel mese di gennaio 2016 da Svet Print D.O.O. www.lanuovafrontierajunior.it


Sigfrido e i Nibelunghi Raccontato da Laura

Russo con illustrazioni di Iratxe L贸pez de Mun谩in

laNuovafrontiera junior



Sigfrido e i Nibelunghi / INDICE Il sogno di Crimilde

Pag. 13

Il tesoro dei Nibelunghi

Pag. 17

Il sangue del drago

Pag. 23

Un nemico invisibile

Pag. 29

La Valchiria

Pag. 35

Il filtro magico

Pag. 41

Crimilde e nessun’altra

Pag. 45

La guerra

Pag. 51

La regina d’Islanda

Pag. 59

Le prove

Pag. 67

Due regine

Pag. 75

L’anello e la cintura

Pag. 83

Il punto debole

Pag. 89

La morte di Sigfrido

Pag. 95

L’oro del Reno

Pag. 103

Un nuovo matrimonio

Pag. 109

La profezia

Pag. 115

La vendetta

Pag. 119



Introduzione

State per leggere il racconto di un poema epico anonimo che ha origini molti antiche e che il musicista tedesco Richard Wagner rese famoso con la tetralogia “L’anello del Nibelungo”. In queste pagine abbiamo scelto di rifarci alle due tradizioni del poema, la leggenda nordica e quella tedesca, prediligendo gli elementi mitici e magici e prendendoci anche qualche libertà nell’immaginare particolari non scritti. Personaggi e vicende colpiscono per l’intensità delle passioni che li animano: amore, nobiltà, fedeltà, ma anche gelosie, tradimenti e vendette. Indiscusso protagonista del poema è Sigfrido, che ci dimostra come anche l’eroe più invincibile non è mai completamente invulnerabile. Ci auguriamo che anche voi lettori possiate amare Sigfrido per la sua forza e per la sua fragilità.



Il sogno di Crimilde

anto tanto tempo fa, quando i cavalieri combattevano ancora contro i draghi dalle fauci fumanti, viveva nella città di Worms, nel regno di Burgundia, una fanciulla bellissima. Si chiamava Crimilde, era una principessa. Viveva in un castello circondata dall’affetto dei suoi cari, la potente regina Ute e i suoi tre fratelli: Gunther, al quale il padre morendo aveva lasciato il regno, Gernot, prode guerriero e Giselher, il più giovane. Splendida era la città di Worms costruita sulle sponde del fiume Reno e ricca la terra di Burgundia. Scure foreste, verdi vigneti e vaste terre coltivate erano amministrate con saggezza dal re e dai nobili vassalli fedeli alla corona. Il regno non temeva aggressioni perché i sudditi erano pronti a difenderlo da qualunque nemico lo minacciasse.

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Il sogno di Crimilde

Nella magnifica reggia cresceva Crimilde corteggiata da molti cavalieri, ma a nessuno aveva concesso la sua mano perché voleva vivere libera dall’amore. Tali erano la sua bellezza, la sua grazia e cortesia che i poeti cantavano di lei anche in terre lontane benché la principessa vivesse felice nell’ombra. Una mattina d’inverno, quando il sole spuntava gelido sulla terra coperta dalla neve, Crimilde si svegliò con un grido spaventoso. La madre accorse e la trovò madida di sudore fra le lenzuola scomposte. «Oh madre! Che sogno terribile ho fatto!» ansimò Crimilde con le mani sul volto pallidissimo. «Racconta» la pregò la regina che aveva il potere di leggere il futuro nei sogni. «Allevavo un falco» cominciò la fanciulla, «forte, selvaggio e bello. Lo amavo moltissimo, più della mia stessa vita, ma due aquile feroci lo hanno artigliato sotto i miei occhi e nulla ho potuto fare per salvarlo!» «Figlia» disse Ute stringendola fra le braccia, «il falco che hai sognato è un nobile guerriero. Sarà il tuo sposo e se Dio non lo protegge morirà.» «Perché mi parlate di uno sposo, carissima madre? Voglio vivere per sempre da sola, come adesso. Sola voglio restare e bella fino alla mia morte, mai voglio soffrire per amore.»

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Il sogno di Crimilde

«Non impegnare il futuro» disse allora la madre. «Se mai al mondo sarai veramente felice sarà per l’amore di un uomo.» «Non voglio sentire questi discorsi» replicò Crimilde levandosi dal letto e avvicinandosi alla finestra. «So bene che per molte donne l’amore si paga col dolore, ma io voglio fuggirli entrambi e non provare sventura.» La terra gelida, ricoperta di neve si stendeva tutto intorno alla reggia. Crimilde rabbrividì stringendosi al petto la candida camicia. Il suo destino sarebbe stato diverso.

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Il tesoro dei Nibelunghi

lle foci del Reno, nella pianura che bagna il mare del Nord, viveva Sigfrido, il principe del Niederland. Era nato nella città di Xanten, unico figlio del re Siegmund e della regina Sieglind. Era stato educato come si conveniva alla sua nascita, era forte e bellissimo e in breve tempo divenne un nobile cavaliere. Di lui si narravano meraviglie perché, benché molto giovane, aveva già vissuto incredibili avventure. Si parlava della sua forza straordinaria e dei doni speciali dei quali era in possesso. Un giorno Sigfrido cavalcava da solo e senza scorta. Si era allontanato dal palazzo col cuore leggero dei giovani che vanno in cerca d’avventure. Il suo bianco destriero, di nome Grane, avanzava in un bosco che risplendeva dei colori d’autunno: le foglie rosse e gialle si stagliavano

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Il tesoro dei Nibelunghi

contro le rocce grigie e il cielo terso della mattina. Fra gli alberi gli uccelli cantavano e il principe li seguiva con lo sguardo pensando a come sarebbe stato bello comprendere il loro linguaggio. Immerso in queste fantasticherie si inoltrò nel folto del bosco in un luogo a lui sconosciuto. A un tratto gli parve di sentire delle voci concitate. Incuriosito, spinse il cavallo in quella direzione e dopo breve tempo si ritrovò in una grande radura. Ai piedi di un’alta roccia grigia e brillante si apriva una spelonca e lì di fronte due cavalieri grandi e grossi discutevano animatamente. «Sono io il maggiore!» gridava uno. «Quindi devo averlo io!» «Sei il maggiore ma non sei il più forte» rispondeva furioso l’altro, «dunque dovrai vedertela con me!» «Perché vi adirate nobili cavalieri?» chiese Sigfrido. «A quale scopo questa disputa?» I due si girarono verso il principe, presi com’erano dal loro dissidio non l’avevano sentito arrivare. E videro un giovane di incredibile fierezza che indossava una corazza luccicante, in sella a un magnifico destriero bianco. «Nobilissimo cavaliere» disse il più anziano dei due, «lasciate che mi presenti. Io sono il figlio maggiore di Nibelung, il legittimo erede del suo immenso tesoro.» «Questo è da vedersi» aggiunse l’altro, «io sono suo fratello e rivendico l’eredità di mio padre.»

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Sigfrido e i Nibelunghi

«Un tesoro…» mormorò incuriosito Sigfrido scendendo da cavallo, «…un immenso tesoro?» «Guardate voi stesso» disse il più giovane facendosi da parte e lasciando libero l’ingresso della caverna. Sigfrido avanzò. In quel momento un raggio di sole penetrò nel buio della grotta: l’immensa spelonca, fin dove l’occhio si perdeva, era ricoperta di oggetti d’oro, d’argento, di pietre preziose di ogni forma e dimensione. La luce riflessa dal tesoro era accecante ma gli occhi di Sigfrido si fissarono su un mucchio d’oro, poco distante dall’ingresso

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Il tesoro dei Nibelunghi

della grotta, sopra il quale era conficcata una bellissima spada. «Vedo che avete posato lo sguardo su Balmung» disse il più vecchio fra i due. «Balmung» ripeté Sigfrido pronunciando per la prima volta il nome della spada. Una forza irresistibile gli impediva di smettere di guardarla, sentiva che era destinata a lui e doveva averla ad ogni costo. «Se ci aiuterete a decidere come risolvere la nostra controversia potremmo farvene dono…» propose il più giovane guardando il fratello. «Saremmo onorati se la accettaste come ricompensa» aggiunse il maggiore, «il fato vi ha guidato fino a noi, riponiamo in voi la nostra fiducia e ci atterremo alle vostre decisioni!» La leggenda non narra perché Sigfrido non riuscì a mettere d’accordo i due fratelli, eredi del favoloso tesoro dei Nibelunghi. Ma si sa, l’oro e le ricchezze fin dalla notte dei tempi generano odio, guerre e spargimenti di sangue e anche in quel caso i due fratelli ben presto ripresero a litigare. Questa volta però, invece di rivolgere le armi l’uno contro l’altro, si scagliarono entrambi verso Sigfrido ritenendolo responsabile della loro lite irrisolta. Inutilmente il giovane principe cercò di farli ragionare. La furia dei due era incontenibile. Ne nacque un feroce duello. I figli di Nibelung erano alti e forti e si battevano

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Sigfrido e i Nibelunghi

in due contro uno solo. Qualunque altro guerriero sarebbe stato destinato a soccombere, ma Sigfrido non era un guerriero comune. Schivava i colpi e ribatteva con la forza che gli veniva dalla rabbia di trovarsi in una lotta impari. In breve tempo riuscì a fiaccare i loro assalti, a sopraffarli e a ucciderli. Quando il secondo avversario cadde morto ai suoi piedi, Sigfrido gettò in terra la spada ed entrò nella grotta. «Balmung!» esclamò. «Vieni, splendida, ti ho ben meritata!», e con l’impeto dei suoi giovani anni ne afferrò l’elsa tempestata di pietre preziose e la estrasse dal cumulo d’oro. Non appena l’ebbe impugnata, Sigfrido sentì che una forza straordinaria si irradiava in tutto il suo corpo. Trionfante sollevò Balmung e le due lame affilatissime, temprate in un acciaio indistruttibile, lampeggiarono nel buio. «Sì!», gridò e l’eco della sua voce rimbalzò sulle pareti lontane della grotta.

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Il sangue del drago

n rombo sordo risuonò all’interno della grotta. Era come se qualcosa di vivo ruggisse nelle sue profondità. La terra prese a tremare sotto i piedi. Sigfrido indietreggiò di qualche passo e si ritrovò all’esterno. Una parete di roccia si spostò a chiudere l’ingresso della spelonca. Sembrava corazzata da lamine di ferro. “Quale prodigio è mai questo?” si chiese il principe. A un tratto del fumo denso e sulfureo prese a sprigionarsi e di nuovo si udì quel rantolo spaventoso, questa volta più vicino. Improvvisamente una fenditura si aprì nella parete di roccia e un enorme occhio giallo di rettile si spalancò di fronte al giovane esterrefatto. “Un drago!” Sigfrido ebbe appena il tempo di formulare questo pensie-

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Iratxe López de Munáin Ha studiato e vive a Barcellona. Disegnare è la sua grande passione e trova ispirazione in film e viaggi, nella musica di Billie Holiday o Lhasa de Sela, nelle persone particolari, nei colori rosa e rosso, nei piatti preparati dalla madre e nelle tempeste d’inverno. Il suo lavoro spazia dall’ambito editoriale alla pubblicità, al design. Le sue illustrazioni sono state selezionate per la Biennale di Bratislava e per la Fiera del libro di Bologna.

Sigfrido, eroe invincibile eppure vulnerabile, in possesso dell’immenso tesoro dei Nibelunghi, sposa la bella Crimilde. Ma il loro amore è destinato a essere travolto da inganni e gelosie. Un classico della letteratura che ha origini lontane e leggendarie.

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È nata e vive a Roma, ha un marito e due figli e anche un cane di nome Mimma… non ha gatti ma solo perché la fanno starnutire. Insegna in una scuola superiore e da anni scrive e traduce libri per ragazzi per diverse case editrici. Ha ideato e cura una collana per chi ha difficoltà di lettura. Nella collana Classici Illustrati ha già curato l’adattamento del ciclo di Re Artù.

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«Tutta la sua pelle era ormai impenetrabile come nessuna corazza al mondo. Tutta, tranne un piccolo punto a forma di cuore al centro della sua schiena.»

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