Tribuna magazine 2018 01

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Anno 3 - N. 1 – Gennaio 2018 – Euro 3,00

ph Appiani

Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda

STORIA E FUTURO DEL CINEMA A CONFRONTO CON I SIGNORELLI

Il santuario chiuderà per restauri


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DA FARE

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2 • tribuna magazine • Gennaio 2018

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EDITORIALE

Buoni propositi anche dai sindaci

A

nno nuovo, vita nuova. Un augurio di buona sorte che calza a pennello anche per il santuario di Treviglio. L’edificio religioso, uno fra i simboli più importanti per la nostra comunità, nei primi mesi del 2018 infatti chiuderà al pubblico per restauri. Cambiamenti che, come in questo caso, sottintendono novità positive. Miglioramenti insomma che troviamo anche in tutti i buoni propositi per l’anno nuovo da parte di molti sindaci della zona. A partire da Juri Imeri, numero uno di Treviglio, il quale ci ha confidato di voler consolidare i servizi e sviluppare molte opere pubbliche. Per Claudio Bolandrini, sindaco di Caravaggio, la priorità assoluta è invece la messa in sicurezza delle scuole. Interventi ecologico-ambientali in vista a Mozzanica. Come regalo sotto l’albero per i cittadini di Arzago d’Adda c’è invece la sistemazione di piazza De’ Capitani. Desidera “praticità” Mauro Faccà (Casirate) che nel 2018 vuole realizzare l’adeguamento del cimitero con asfaltature e ampliamento. Ma molti altri amministratori ancora ci hanno voluto raccontare gli obiettivi per il nuovo anno. Dal canto nostro, noi della grande famiglia di Tribuna vi auguriamo, e ci auguriamo, il meglio consapevoli che le novità iniziate con il caro e vecchio 2017 continueranno sicuramente nel 2018 e saranno ancora moltissime. Alessandra Portesani

Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda

Autorizzazione Tribunale di Bergamo n. 6/16 del 19/04/2016

Anno 3 - N. 1 – Gennaio 2018 – Euro 3,00

ph Appiani

Anno 3 - N. 1 - Gennaio 2018 Editore Tribuna srl Viale del Partigiano, 14 - Treviglio (BG) www.tribuna.srl - info@tribuna.srl Contatti di redazione tel. 0363.1971553 - redazione@tribuna.srl Amministratore Unico Angelo Bertolini STORIA E FUTURO DEL CINEMA A CONFRONTO CON I SIGNORELLI

Il santuario chiuderà per restauri

REDAZIONE

UFFICIO COMMERCIALE

Direttore responsabile e coordinatore Alessandra Portesani Redazione Daniela Invernizzi, Daria Locatelli, Daniela Regonesi, Rosanna Scardi, Ivan Scelsa e Cristina Signorelli Hanno collaborato a questo numero Gaia Bonomelli, Gianluca Buono, Stefano Dati, Marco Falchetti e Cristiana Ghione Vignetta a cura di Bruno Manenti Fotografie Enrico Appiani e Luca Cesni Copertina a cura di Enrico Appiani e Antonio Solivari

Roberta Mozzali tel. 0363.1971553 - cell. 338.1377858 commerciale@tribuna.srl Impaginazione e Grafica Pubblicitaria Antonio Solivari Stampa Laboratorio Grafico - via dell’Artigianato, 48 Pagazzano (BG) - Tel. 0363 814652 Distribuzione Giulio Ferri www.tribunatv.tv facebook: Tribunatv

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TESTATINA-OCCHIELLO?

DA FARE 4 • tribuna magazine • Gennaio 2018


SOMMARIO GENNAIO 2018 ESCLUSIVA

MUSICA 36

6

IL SANTUARIO CHIUDERÀ PER RESTAURI

UN VIAGGIO TRA SOFFERENZA E SPERANZA 10

TUMORI /I guerrieri che non si arrendono mai

SPECIALE 24

INTERVISTA DOPPIA 32

UN VIAGGIO TRA SOFFERENZA E SPERANZA 10

POLITICA /I buoni propositi dei sindaci per il 2018

IL PERSONAGGIO 26

BEATRICE MAZZA / La bellezza dello sport

SPECIALI 28

L’OROSCOPO DI SIRIO / Come sarà il vostro 2018?

30

LIBRI / Quarenghi, l’autobiografia mai scritta

31

COM’ERA COM’È (a cura di Marco Falchetti)

INTERVISTA DOPPIA ph Appiani

32

CINEMA / Signorelli: padre e figlio a confronto

MUSICA 36

SGRIOB /Giovanissimi e molto… fusion!

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CORO ICAT /Cinquant’anni di successi

UN PO’ DI TREVIGLIO 40

COMMISSARIATO / Una stanza tutta per sé

42

AL TEATRO NUOVO / Stefano Paleari in cattedra

SPORT 46

SPORT 46

FISCHIETTI /Gli arbitri di Treviglio

48

NUOTO /In vasca con i Master

49

PALLAVOLO /La United volley

50

CALCIO /Asd Valentino Mazzola

LA GERA D’ADDA 52

TREVIGLIO /Applausi per la festa del ringraziamento

56

CASSANO /Criticità al TeCa

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CARAVAGGIO / La grande famiglia azzurra

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MONUMENTO

IL SANTUARIO CHIUDE 18 MESI di Daniela Regonesi

I

l santuario chiude per restauri. «Ci prepariamo a chiudere il Santuario della Madonna delle Lacrime dal primo di marzo, dopo la novena – spiega il parroco, monsignor Norberto Donghi – per un tempo di restauro che durerà almeno un anno e mezzo. Abbiamo presentato in Curia il progetto, che poi sarà sottoposto all’approvazione della Soprintendenza; quindi, fatti salvi tutti i permessi che devono arrivare, i tempi dovrebbero essere questi. Sono previsti 4 lotti. Il primo è il pavimento, perché vorrem-

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mo mettere il riscaldamento a pannelli radianti, per una questione di risparmio e di polvere: gli affreschi oggi sono tutti anneriti, e buona parte di questo annerimento deriva dall’impianto ad aria che diffonde la polvere; pertanto il pavimento, che è molto bello e prezioso, verrà rimosso e poi riposizionato. Questo primo lotto comprenderà anche i tre locali di pertinenza, le cosiddette sagrestie (la cappella dell’adorazione, la sagrestia attuale e quella vecchia). Poi un secondo lotto includerà la cripta; un terzo tutti gli


ph Appiani

PER RESTAURI affreschi: alcuni sono stati oggetto di restauro una trentina di anni fa (la volta a botte della parte seicentesca e la cupola), altri invece non sono mai stati risanati, quindi alcuni sono proprio da restaurare e altri semplicemente da riprendere. Il quarto lotto, infine, interesserà la facciata principale. Tutto deve essere pronto per il 2019, perché il Santuario compirà 400 anni e poi, naturalmente, per il 2022 quando saranno 500 anni dal miracolo del 1522. Quindi è chiaro che tutto questo lavoro è predi-

sposto per queste due date. Un anno e mezzo di chiusura, tranne nella novena del ’19: certamente apriremo il Santuario, nonostante i ponteggi. Troveremo la soluzione, per renderne agibile almeno una parte; gli architetti già lo sanno. I lavori dovrebbero essere conclusi per l’inaugurazione l’8 dicembre 2019, festa della Madonna: questa è la tabella di marcia che i tecnici hanno avuto. Stiamo parlando di interventi per circa due milioni di euro, quindi daremo inizio alla campagna di raccolta fondi».

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I.P.

Treerre, una questione di immagine

L’

immagine è, al giorno d’oggi, una necessità. È il biglietto da visita per chiunque voglia dare una buona prima impressione di sé, sia nella vita privata che in quella professionale. È perciò importante curare il proprio stile ed essere sicuri di come ci si presenta. Proporsi correttamente, curando l’involucro, verrà apprezzato e darà una maggior visibilità, evidenziando così i punti di forza che ogni individuo o azienda possiede. Era il 1971 quando Pinuccio Redaelli, sua moglie Carla ed un dipendente, si rimboccarono le maniche ed avviarono quell’attività di serigrafia che, iniziata da via Crivelli, dopo oltre quaranta cinque anni, oggi sembra ancora tutta da scrivere. Passando attraverso il trasferimento in via Spirano di Brignano Gera d’Adda e quello a Treviglio in via Montesanto (nel 1985), fino alla costituzione della Treerre Serigrafia che oggi vede Giuseppe ed i suoi figli Cristian e Simona costantemente impegnati a migliorarsi, a crescere e a fornire innovativi servizi alla clientela, questa azienda è oggi una realtà leader nel settore serigrafico, ma non solo. Treerre, appunto: quelle dei tre Redaelli, padre e due figli, che dall’allora ditta individuale e in un’estensione generazionale, oggi lavorano fianco a

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fianco, fedeli a quel concetto di grande famiglia che da sempre contraddistingue l’attività. Impegno, entusiasmo e ricerca continua: la Treerre ha sviluppato in questo settore una grande esperienza ed affidabilità, diventando un punto di riferimento per piccole e grandi aziende, tanto quanto per i privati. Seguendo l’evoluzione del mercato, l’azienda ha strutturato negli ultimi anni un reparto dedicato alla stampa digitale con plotter di ultima generazione e svariati sistemi di marcaggio che permettono di lavorare supporti di ogni tipo: fogli, bobine adesive, policarbonati, plexiglass, alluminio, manufatti plastici e metallici.

Macchine automatiche, semiautomatiche, manuali e computerizzate garantiscono produzioni di piccole e grandi

tirature. Nel contempo, laddove non fosse possibile procedere con stampa serigrafica, la Treerre è fornita di macchine tampografiche e a stampa cilindrica che permettono di fare marcaggi su forme concave, convesse, cilindriche e sferiche. Il reparto di verniciatura, poi, è attrezzato per garantire altissima qualità: una caratteristica che ha consentito all’azienda di entrare nel settore dell’automotive fornendo i suoi servizi a marchi premium che l’hanno scelta per curare i dettagli delle loro supercar. Anche Same Deutrz-Fahr non è da meno, da anni cliente finale, tanto


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FUJDIFUUF SFTJOBUF quanto le griffe del mondo dell’abbigliamento: tutte alla ricerca di un risultato che dia garanzia di colpire l’osservatore. Treerre dispone anche di un impianto per è la resinatura di etichette adesive a cui questa particolare stampa dona una resa visiva tridimensionale. La tecnologia impiegata, infatti, è all’avanguardia e consente di agire su tre assi, potendo cosĂŹ lavorare non solo sagome di ogni tipo, ma anche adesive prespaziate. Sempre in tema automobilistico, una importante ed innovativa tipologia di decorazione degli automezzi ha sempre piĂš preso piede negli ultimi anni, non solo a fini pubblicitari. Dal progetto all’esecuzione, le decorazioni vengono effettuate in vinile prespaziato o con stampa in digitale, in relazione alla grafica scelta per la personalizzazione del veicolo: non necessariamente un autobus o un autocarro, ma anche una vettura che si voglia rendere piĂš vivace e colorata. In tema di cartellonistica, poi, la stampa digitale ed il taglio computerizzato consentono di realizzare striscioni pubblicitari, pannellature, decorazioni per vetrine capaci di dare quell’immagine nuova e ricercata per la vostra attivitĂ . Se vuoi realizzare qualcosa di diverso, graficamente accattivante e stimolante, alla Treerre sapranno certamente aiutarti nella ricerca del supporto migliore per quell’idea a cui dar vita con stile e con la garanzia di una qualitĂ ed un prezzo sempre all’altezza.

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SERVIZIO SPECIALE

I guerrieri che non si arrendono mai Abbiamo affrontato un viaggio in una delle malattie più terribili: il cancro In questo servizio si parlerà di numeri, di sofferenza, ma anche di vittorie

Q

a cura di Daniela Invernizzi e Cristina Signorelli

uando si accenna al tumore le persone in genere si fanno attente ed empatiche: l’emozione e la vicinanza catturano l’ascoltatore. E non è difficile spiegarsi il perché di tale coinvolgimento. L’Airtum – Associazione italiana registri tumori di cui trovate ulteriori approfondimenti nel nostro servizio – insieme all’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), pubblica annualmente un censimento ufficiale dei tumori. Il settimo rapporto evidenzia che in Italia nel 2017 sono 369mila i nuovi casi di tumore stimati (192.000 fra i maschi e 177.000 tra le femmine), con un aumento di circa l’1% rispetto ai dati del 2016 (365.800). Il tumore, o cancro quando è maligno, è la malattia che ci evoca oggi i peggiori incubi, eppure la ricerca scientifica che da anni ne studia la genesi e gli effetti ha raggiunto traguardi importanti: oggi oltre 3 milioni e trecentomila cittadini vivono dopo la diagnosi, addirittura il 24% in più rispetto al 2010. La soprav-

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vivenza dei soggetti affetti da tumore è fortemente influenzata da due strumenti: la diagnosi precoce e le terapie effettuate sul paziente. La diagnosi precoce, che garantisce spesso la maggior probabilità di essere curati efficacemente, si ottiene attraverso programmi di screening sempre più mirati e diffusi sul territorio. Anche gli sviluppi delle terapie oncologiche contribuiscono in misura rilevante all’incremento della

sopravvivenza, che costituisce un valido indicatore dell’efficacia del sistema sanitario. A tal proposito, i dati rivelano che il cancro colpisce più al Nord Italia, ma al Sud si manifesta un maggior tasso di mortalità. In Lombardia il rapporto AirtumAiom stima per il 2017 oltre 63.650 nuovi casi di tumori (33.150 fra i maschi e 30.500 tra le femmine) con un incremento di circa l’1% rispetto al 2016 (62.900 nuovi casi). Secondo i dati ad oggi disponibili la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi (casi incidenti 2005-2009) in Lombardia è del 63% per gli uomini e del 54% per le donne. Nelle pagine che seguono troverete diversi approfondimenti sia normativi, che delle strutture presenti sul territorio, che dell’esperienza degli operatori e di testimonianza di chi è passato attraverso questo calvario. Tutto ciò con la consapevolezza (e la speranza) che più sappiamo di questa terribile malattia, meno ci farà paura.


Cos’è e a cosa serve il Registro tumori Il dottor Giuseppe Sampietro, responsabile Rt di Bergamo, spiega l’importante lavoro svolto IL LAVORO DI RACCOLTA, CODIFICA E ARCHIVIAZIONE DELLE INFORMAZIONI RISPETTO all’andamento della patologia oncologica è di fondamentale importanza per chi svolge studi e ricerche in merito. Ad oggi non esiste un flusso istituzionale che registra i nuovi casi di patologie tumorali, pertanto il lavoro svolto dai registri tumori – strutture che si sono assunte il compito di raccogliere e elaborare le informazioni sui malati di cancro residenti in un determinato territorio – assume un ruolo determinante nella lotta contro questa terribile malattia. I dati resi disponibili dai registri tumori sono indispensabili per affrontare in modo efficace non solo la ricerca delle cause di queste patologie, ma anche per valutarne i trattamenti e programmare la prevenzione come spiega il dottor Giuseppe Sampietro, responsabile del Registro tumori della provincia di Bergamo. Dottor Sampietro quando sono stati creati i primi registri tumori? I registri tumori sono tra i sistemi informativi di incidenza delle malattie più usati nel mondo. Nel nostro Paese il primo in assoluto è stato quello dei tumori infantili del Piemonte (1967). Quello di Varese è stato il primo registro di popolazione (che cioè riguarda sia bambini che adulti), avviato nel 1976. I primi registri hanno dovuto necessariamente avvalersi di procedure esclusivamente manuali, che consistevano nella consultazione di un gran numero di cartelle cliniche e, conseguentemente, della necessità di un gran dispendio in termini di risorse umane. Con l’avvento delle tecnologie informatiche, la quantità del lavoro si è notevolmente

ridotta ed è risultato più accessibile, con un impiego decisamente inferiore di risorse. Nel 1999 Regione Lombardia ha posto per la prima volta tra gli obiettivi strategici i registri tumori. Infatti il Piano oncologico regionale per il triennio 1999-2001 ha previsto una serie di interventi volti a ridurre l’incidenza e la mortalità di queste patologie e ad anticipare la diagnosi per il miglioramento del trattamento e delle possibilità di guarigione. Ciò è stato di stimolo per le varie realtà locali rappresentate dalle Asl di allora di istituire e realizzare dei registri tumori. E nella provincia di Bergamo? La realizzazione di un registro tumori rimane comunque un processo importante e che richiede fatica e competenza. I dati del registro di Bergamo sono stati accreditati presso l’Airtum (Associazione italiana registri tumori) nel 2013 e saranno pubblicati a livello internazionale per la prima volta nel prossimo volume de “L’incidenza del cancro nei cinque continenti” (Cancer Incidence in Five Continents). I primi registri tumori sono stati costituiti in forma volontaristica, oggi invece dipendono da organismi pubblici? In Italia, come in altri Paesi del Sud Europa, i registri tumori non sono nati per iniziativa di organismi

nazionali, né a seguito di precisi criteri programmatori. Più frequentemente hanno avuto origine dalla spontanea motivazione scientifica di singoli clinici, patologi, epidemiologi e medici della sanità pubblica. Oggi, invece, dipendono da organismi pubblici. Un registro comunque, per definirsi tale, deve essere accreditato presso l’Associazione italia registri tumori. Il processo che porta all’accreditamento avviene attraverso un iter particolarmente severo e rigoroso di controllo della qualità e viene condotto da una specifica Commissione nazionale di verifica istituita a livello nazionale. L’organismo pubblico, al cui interno lavorano i registri, garantisce il funzionamento e la continuità dell’azione del registro stesso. Gli ambiti territoriali di competenza sono provinciali, i singoli registri lavorano comunque in rete scambiandosi informazioni e risultati? Attraverso l’Airtum si cerca di mantenere una rete di lavoro e di contatti tra i vari registri sia a livello regionale che nazionale. Ogni anno si organizza un congresso in cui in vari registri presentano studi, relazioni e ogni altro lavoro prodotto. Quest’anno il Registro tumori di Bergamo ha presentato una importante relazione, “Flussi amministrativi ed impatto sulla tracciatura dei casi per i Registri Tumori: importanza dei dati ambulatoriali”, in cui è stato messo in evidenza come per alcune patologie tumorali, il paziente non venga più ricoverato ma viene seguito e trattato durante le visite ambulatoriali. L’importante lavoro di raccolta dei dati riguarda anche i risultati degli screening effettuati su pazienti sani? Esiste una collaudata

collaborazione tra gli operatori: i dati di screening sono analizzati insieme a quelli del registro tumori per valutare l’efficacia dello stesso screening. In particolare, l’utilizzo più importante è quello dell’individuazione dei cancri intervallo, cioè l’intervallo in cui un carcinoma compare dopo un processo di screening risultato negativo e prima del passaggio di screening successivo. Ciò è legato sia ai limiti del test (quindi alla possibilità di avere falsi negativi) sia all’errore umano, sempre possibile nella pratica medica. Agli occhi dell’opinione pubblica e in particolare dei mass media, il cancro intervallo assume spesso un significato negativo, con ripercussioni anche critiche sul normale svolgimento del programma. Quali considera gli aspetti salienti dell’attività che avete svolto fino ad oggi? Obiettivo generale del registro è quantificare incidenza, mortalità e prevalenza delle neoplasie nella popolazione coperta dalla Ats di Bergamo. Ulteriore scopo è fornire altri indicatori quali sopravvivenza, stadio alla diagnosi e trattamenti effettuati. Un registro tumori moderno deve però essere un importante strumento per la pianificazione sanitaria in particolare nella produzione di indicatori di appropriatezza dei percorsi diagnostico terapeutici e di follow-up delle principali patologie tumorali. Uno dei lavori più rilevanti realizzati in questi ultimi anni ha riguardato il percorso diagnostico terapeutico del tumore della mammella, realizzato in collaborazione con altri registri tumori lombardi (Analisi dei percorsi diagnostico terapeutici in oncologia - I tumori della mammella) visibile nel sito della rivista Epidemiologia e prevenzione. (C.S.)

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TESTATINA-OCCHIELLO?

Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda

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ph Appiani

2 ABBONAMENTI


SERVIZIO SPECIALE

“Donne non nascondete la testa sotto la sabbia, fate prevenzione!” La testimonianza di una quarantenne e della sua battaglia Una dura prova iniziata nel 2014 che l’ha resa più forte

A

nna (nome di fantasia, ndr) ha 49 anni e vive nei dintorni di Treviglio. Il suo “percorso”, come lo chiama lei, inizia nel gennaio 2014, quando un controllo di routine svela un problema al seno. «Ecco, la prima cosa da sottolineare, – mi dice – la prevenzione! Non è mai abbastanza; ragazze, donne, controllatevi; è incredibile vedere come ancora oggi ci siano persone che nascondono la testa sotto la sabbia, rischiando la vita. Questo scrivilo, mi raccomando». Mi sembra una cosa buona e giusta. Continuiamo. «Esito positivo, devo essere operata. Decido di andare allo Ieo (Istituto europeo di oncologia), sai l’eccellenza… Per farla breve, dopo l’intervento mi viene assegnato un protocollo di cura, chiedo se posso fare la chemio vicino a casa, mi dicono di sì, poiché il protocollo è lo stesso». In realtà a Treviglio l’oncologa assegna alla nostra Anna tre mesi in più rispetto a quanto previsto a Milano. Anna va in confusione, non capisce perché, alla paura e all’angoscia si somma il timore di chiedere al medico che l’ha in cura; decide allora di parlarne con la psiconcologa: «Non mi è stata di grande aiuto, devo essere sincera – racconta –, mi ha detto solamente che se volevo farmi curare qui dovevo attenermi a quanto deciso. L’unica nota positiva è che mi ha fatto conoscere Cristina (il consigliere Ronchi, ndr): lei sì che mi ha aiutato, mi ha dato tanto!» Le chiedo come si è trovata all’ospedale di Treviglio. «A parte la poca sinergia con lo Ieo di Milano (sarebbe bastato uno scambio di mail per decidere della mia terapia), dal punto di vista medico mi sono trovata bene. Con il tempo ho instaurato un bellissimo rapporto con il medico oncologo, la dottoressa Karen Borgonovo, alla quale voglio dire un grandissimo grazie perché mi ha salvato la vita. A gennaio di quest’anno, infatti, mi è capitata

di Daniela Invernizzi una recidiva e se non fosse stato per lei, per la sua scrupolosità, per la sua insistenza, le cose si sarebbero messe davvero male. Anche il mio medico curante mi ha sempre seguita, sostenuta, aiutata. Certo, sono medici, a volte un po’ freddi… Tu vorresti che fossero più “umani”. Ma poi ti rendi conto che è giusto così. Il supporto psicologico che non danno loro me l’ha dato Cristina. Lo psicologo? Deve avere un carisma particolare, deve essere empatico, a Milano l’ho trovato, a Treviglio no».

Vivere la malattia tumorale è qualcosa di più dell’essere semplicemente malati, va aldilà dell’intervento (che è comunque, spesso pesante e devastante) e anche delle cure (la chemio, la radioterapia, con le conseguenze che lasciano): significa rivedere tutte le priorità, lavorative, familiari, sociali; fare i conti con se stessi e le proprie fragilità, ripensare all’immagine di sé, di quello che siamo sempre stati, anche solo fisicamente. Ecco perché il malato oncologico, più degli altri, deve essere seguito ben oltre il percorso della malattia. Me lo ricorda Anna, quando racconta di aver voluto fare l’intervento di ricostruzione del seno prima di quello all’utero per la recidiva, come voleva l’oncologa: «Lo aspettavo da tanto. Mi sono sentita dare dell’indisciplinata. Mi sono sentita un po’ in colpa. Ma ti lascio immaginare cosa vuol dire per una donna ancora giovane vivere così. Ci sono tante problematiche che

nascono in seguito ad un intervento del genere. Sei mutilata, ti mettono in menopausa, perdi il lavoro… Non tutte siamo come Cristina, così forti, solari. Molte sono come me, schive, timorose. Ci vorrebbero dei gruppi di incontro, per confrontarci, parlare delle nostre esperienze, aiutarci a vicenda, anche nelle piccole cose». Hai perso il lavoro? «Ero assunta regolarmente in uno studio professionale. L’ambiente non mi piaceva, ma ho capito solo dopo di che pasta erano fatti; nelle prime fasi della malattia non capivano perché stavo a casa; quando avrei voluto rientrare, anche se in terapia, non me l’hanno permesso. E quando sono tornata, lettera di licenziamento per calo di lavoro. I sindacati non sono riusciti a fare nulla…anzi, sembrava che non volessero mettersi contro, facendo anche passare la tempistica utile per rivolgermi a un avvocato. Insomma, oltre il danno, la beffa. Le colleghe? Zero empatia: “Proprio a te, che peccato, così un bel seno…” Ma dove siamo?? Non avevo parole». Torniamo a Treviglio, cosa non ha funzionato? «La fisioterapia. Tempi d’attesa molto lunghi e poca disponibilità. Qualche scortesia, non dai fisioterapisti, ma da chi ne ha la responsabilità. Mi hanno perso la cartella. Insomma, sono dovuta andare a farmi curare privatamente». Ora sembra che le cose per Anna stiano andando per il verso giusto e prima di salutarci, le chiedo cosa le rimane di tutta questa storia: «Ho incontrato persone straordinarie e allontanato altre che non valevano granché. Ho imparato a guardare il lato positivo, per esempio, perso il lavoro, sono riuscita a stare più vicina ai miei figli; ho scoperto la piscina, io che sportiva non sono. Ho rinforzato il legame con mio marito. Insomma, cambiamento totale. Ho preso in mano la mia vita. Certo, mi manca la leggerezza, la spensieratezza. Ma spero di recuperarla presto».

Gennaio Gennaio 2018 • tribuna magazine • 13


SERVIZIO SPECIALE TESTATINA-OCCHIELLO?

Sandro Barni, da oncologo a tutor Intervista a uno dei fondatori della Divisione oncologica all’ospedale di Treviglio

P

arlare di tumori nella Bergamasca, o meglio, di malati oncologici, vuole dire parlare con il dottor Sandro Barni, da 18 anni alla guida della Divisione di Oncologia della Asst Bergamo ovest e da poco arrivato alla pensione. Ha diretto per sei anni l’Unità di oncologia che lui stesso ha contribuito a far nascere, insieme alla sua équipe, fino al novembre scorso quando, maturata l’età del ritiro, è stato nominato primario emerito dal direttore generale Elisabetta Fabbrini, allo scopo dichiarato di non lasciarselo scappare e di attingere alla sua professionalità e capacità comunicativa per la formazione dei medici più giovani; una sorta di tutor, insomma, a disposizione dell’ospedale per la sua esperienza e preparazione. La Divisione di Oncologia che Barni ha creato dal nulla insieme al suo team è passata in pochi anni dagli ottanta pazienti l’anno degli inizi ai sette-ottocento di oggi, trasformando una Unità operativa in una vero e proprio Dipartimento oncologico di natura complessa, che offre molteplici servizi.

Dottor Barni, un bel passaggio, quello da medico a tutor… Sì, non farò più il medico, ma il mentore. Non vedrò direttamente i pazienti, ma mi interfaccerò con i loro medici specialisti nei vari collegi, in cui ci si confronta e si discutono non solo i casi dei pazienti, ma anche le strategie per il miglioramento del servizio. Non solo, ma alla luce della riforma della sanità lombarda, il ruolo del medico, del responsabile delle unità operative, degli stessi amministratori e di tutti gli operatori del settore sta subendo una profonda metamorfosi, in virtù di quella “presa in carico” a 360 gradi del paziente, che è il cuore della riforma. Certamente, sia dal punto di vista organizzativo (mi piace dire che non siamo nati bocconiani ma lo siamo diventati, nel senso che negli ultimi anni ho dovuto fa anche un po’ il manager), lavorando sui percorsi che si sono evidenziati, sui progetti innovativi oggi

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di Daniela Invernizzi

più che mai presenti con la riforma; sia dal punto di vista medico, con la necessità di formare le “équipe” per la presa in carico del paziente oncologico. Esistono già queste équipe? Stiamo cercando di realizzarle stabilmente, gruppi all’interno dei quali i diversi specialisti si confrontano sul caso, fanno il punto della situazione, decidono le strategie di cura; il tutto poi viene formalizzato e inserito nella cartella dello specialista che ha in carico il paziente. Questa stessa cartella deve arrivare anche nelle mani del “case manager” (nuova figura prevista dalla riforma, vedi intervista alla dottoressa Mangiacavalli, ndr) che si occuperà della logistica: chiamare il paziente, organizzargli gli esami, i ricoveri, ecc... Il tutto nell’ottica della “presa in carico” del paziente, che deve essere accompagnato in tutto il suo percorso. Un primo passo in tal senso è stata l’istituzione del Pronto soccorso oncologico, un canale attraverso il quale il medico di base raggiunge direttamente lo specialista qualora vi sia da segnalare un caso sospetto, saltando tutti i passaggi e i tempi morti tra le analisi e la diagnosi. La presa in carico precoce del paziente da parte dello specialista abbrevia i tempi, spesso fondamentali con questo tipo di patologia.

Il Pronto soccorso oncologico sta funzionando? Inizialmente è andato alla grande, quando è stata diffusa la notizia i pazienti sono arrivati, tanto che pensavamo di non riuscire a gestirli tutti. Poi c’è stato un rallentamento, dovuto, secondo me, alla mancanza di abitudine dei medici stessi ad utilizzare questo canale. Bisogna fare più informazione, è un lavoro lungo. Anche i gruppi di specialisti di cui parlavamo devono essere formalizzati. C’è da costruire il Centro servizi. Il discorso è ampio. Com’è la situazione tumori nel territorio della Bassa? Siamo abbastanza in linea con il resto del paese; negli anni scorsi c’è stato un aumento significativo degli epatocarcinomi (tumori al fegato), ma non abbiamo mai capito perché. Sono tumori legati all’epatite e al consumo di alcool. Però non si è ancora compreso il motivo della presenza di questi picchi nella Bassa. Oggi in linea di massima direi che siamo come nel resto del Nord Italia. Il Sud è un discorso a parte. È vero che oggi di tumore si muore di meno? Quando ho cominciato a fare l’oncologo, nel 1975, guarivamo il 20% dei tumori. Adesso ne guariamo il 62%. Ciò è dovuto a tanti fattori: sono mi-


TESTATINA-OCCHIELLO? gliorate le tecniche anestesiologiche e operatorie, la radioterapia che ha fatto passi da gigante, ci sono nuovi farmaci. Ma il grosso avanzamento è stato dato: per prima cosa dallo screening, ovvero l’attività di prevenzione su larga scala; inoltre abbiamo imparato a lavorare insieme, riducendo le possibilità di errori e ritardi, spesso fatali. Perché la decisione strategica è quando discuti per la prima volta del caso di quel paziente: se sbagli lì, è un problema serio. Il confronto fra tutti i soggetti coinvolti attenua, se non elimina, la possibilità di errore. Lei ha avuto anche il merito di portare il volontariato in pianta stabile all’interno del suo Dipartimento. Con questa Riforma stiamo passando dalla cura al “prendersi cura”, un concetto che il volontariato bergamasco attua in realtà da anni, prima in maniera occasionale, oggi strutturale, all’interno del nostro reparto: vuol dire più attenzione al paziente, più umanizzazione, anche se è un termine che non mi piace. Con gli “Amici di Gabry”, associazione che da anni si occupa del malato oncologico all’interno dei nostri reparti, abbiamo stampato un giornale informativo (63 numeri!) fatto bene e ben distribuito. Ci occupiamo dei servizi domiciliari e del trasporto del malato oncologico per visite ed esami. L’associazione “Nico Fenili” ci aiuta per i prelievi domiciliari. Facciamo lezioni nelle scuole per l’attività di prevenzione, eventi come il “Green day”, raccolte di beneficenza, gite in montagna con i nostri pazienti. Devo dire che questa collaborazione con i volontari ha portato grossi vantaggi ai pazienti. Siete mai stati nel nostro reparto? È un posto accogliente, con divani, colori, musica, caffè, tv, il “Libro di Bordo” per frasi, commenti, disegni… una serie di cose che trasforma il fatto di stare da noi in un momento sì impegnativo, ma sereno. Tempo fa il presidente di “Bianco Airone”, associazione volontari di Roma, ha scritto sul “Libro di Bordo” che il nostro è il reparto più bello che avesse mai visto in Italia. Ma tutti dovrebbero essere così, o almeno l’oncologia, che è un servizio in tanti sensi, anche psicologico. Abbiamo infatti anche un supporto di psiconcologia, utile non solo ai pazienti, ma ai loro parenti e al nostro personale. Da noi la psiconcologa non ha un ufficio, ma è in reparto e tutte le mattine va a parlare con i pazienti che ne hanno bisogno.

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SERVIZIO SPECIALE

Le cure palliative: un sollievo per i malati inguaribili Il dottor Riccardo Valente, responsabile dell’hospice Anni sereni spiega quando e perché rivolgersi a questo tipo di medicina di Cristina Signorelli

I

dati raccolti negli ultimi anni sono in qualche modo incoraggianti poiché indicano che la mortalità per tumore è diminuita, ciononostante il cancro rimane la seconda causa di morte (dopo le patologie cardio-circolatorie) che determina circa il 30% dei decessi annui. Numeri davvero importanti che sollevano un tema doloroso per le tante famiglie coinvolte: come aiutare il proprio caro a trascorrere serenamente i suoi ultimi giorni di vita. Ecco quindi la possibilità/ necessità di ricorrere alla medicina palliativa. L’Organizzazione mondiale della sanità nel 2002 ha definito le cure palliative “un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle famiglie che si confrontano con i problemi associati a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza, per mezzo dell’identificazione precoce, della approfondita valutazione e del trattamento del dolore e di altri problemi, fisici, psicosociali e spirituali”. Una medicina che si occupa del paziente nella fase finale della sua vita, come spiega il dottor Riccardo Valente, medico anestesista responsabile dell’Hospice anni sereni di Treviglio: «Lo scopo delle cure palliative non è quello di curare, ma di prendersi cura del malato. Ciò significa che soddisfiamo i bisogni del paziente e della sua famiglia in un periodo molto particolare della loro esistenza. Un momento in cui sono più fragili e hanno bisogno di maggiori attenzioni. Non ci interessa quanto tempo potrà ancora vivere il malato, ma ci concentriamo per migliorare la qualità di quella vita». Un compito estremamente delicato che si assume l’intera équipe, composta dal medico palliativista, dallo psicologo, da un operatore socio sanitario e dall’infermiere professionale.

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«Lavoriamo – prosegue Valente – a stretto contatto, confrontandoci ad ogni minimo peggioramento della situazione. La psicologa svolge un ruolo decisivo nell’approccio al paziente. Ogni persona reagisce in modo diverso, ma abbiamo osservato che tutti, ne parlino apertamente o no, sanno che sono in procinto di morire. Essere chiari, pur nel rispetto delle diverse sensibilità, riguardo alla diagnosi e alla prognosi aiuta a raggiungere una maggior consapevolezza da parte del paziente e della sua famiglia». In questi ultimi anni anche in Italia si è iniziato ad adottare il modello simultaneous care, che consiste nell’avviare l’integrazione tra terapie oncologiche e cure palliative nel percorso di cura in ogni fase di malattia. Infatti, diversi studi hanno ormai accertato l’efficacia di una presa in carico tempestiva del malato e della sua famiglia da parte della Rete locale di cure palliative con benefici sia di ordine economico ed organizzativo per il si-

stema sanitario (riduzione dei ricoveri inappropriati e l’ospedalizzazione, evitare impropri accessi al Pronto soccorso, ecc.), sia di carattere sociale per il malato e la sua famiglia. «Esistono diversi punti di ingresso – commenta Valente – alle cure palliative. Quello più comune è quando smette l’oncologo e interveniamo noi. Sarebbe meglio poter intervenire anziché nella fase più avanzata della malattia in momenti precedenti all’evolversi della stessa. Le terapie di supporto che poniamo in essere non modificano un destino già segnato, ma sicuramente migliorano la qualità della vita e talvolta anche la quantità, come provano recenti studi». In Lombardia il modello organizzativo della Rete delle cure palliative, così come previsto dai disposti della legge 38/2010, è regolato dalla deliberazione della giunta regionale n. 5918/2016, adottata nell’ambito dell’evoluzione del servizio sociosanitario regionale, avviato con la legge regionale 23/2015. In tali norme si definisce una struttura di riferimento a cui il paziente, dotato dei requisiti, può fare ricorso scegliendo il setting preferito tra l’ospedale, l’ambulatorio, l’hospice o il proprio domicilio. Questa scelta può essere modificata anche più volte in relazione all’evolversi della malattia. La gestione domiciliare è di norma quella prescelta, circa il 70/80%, come dice Valente: «La casa è il luogo privilegiato in cui si attua la medicina palliativa. Dove gli operatori si spogliano del camice, del rigore delle regole ospedaliere e della gerarchia professionale e riescono a realizzare un adeguato approccio terapeutico che risponde ai requisiti di semplicità operativa e di condivisione col paziente e la famiglia dei progressivi cambiamenti. Dalla mia esperienza l’approccio palliativo in ospedale viene abbastanza bistrattato e quindi


risulta meno efficace. L’ospedale è focalizzato sui malati acuti per i quali la malattia normalmente viene risolta. Le cure palliative non risolvono, accompagnano alleviando il dolore. L’hospice costituisce un ambiente totalmente dedicato». Nella provincia di Bergamo sono presenti 7 hospice – strutture di assistenza e ricovero per malati in fine vita – compreso quello di Treviglio (vedi box) per un totale di 72 posti letto, disponibilità che rispetta con largo margine la quota prevista dalla legge 38/2010, che tutela e garantisce l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato. «Nella Bergamasca – chiarisce Valente – i posti letto disponibili coprono adeguatamente le necessità del territorio. Le liste di attesa si attestano su un massimo di nove/dieci giorni nelle strutture più richieste, che sono quelle situate in città. Rimane comunque quasi sempre la disponibilità immediata in uno dei sette hospice di effettuare un ricovero, con l’unico inconveniente che si trovi distante rispetto alla residenza del paziente». In Lombardia la scelta legittima e talvolta obbligata, di cambiare il setting di cure palliative, comporta per il malato di trovarsi gestito da una nuova équipe che, essendo stata formata secondo le identiche procedure della precedente, assicurerà un percorso assistenziale e di cure in perfetta continuità. «È molto importante per il malato – sottolinea Valente – e per la sua famiglia rivolgersi a medici e operatori che parlino lo stesso linguaggio e operino nello stesso modo. Considero molto importante l’ingente investimento che Regione Lombardia ha stanziato per formare tutti gli addetti ai lavori. Ciò garantisce un migliore servizio per il malato, minori costi sanitari e migliori condizioni di lavoro per chi opera sul campo». Chi ha avuto la sventura di accompagnare un proprio caro a morire di cancro riconosce il ruolo fondamentale che giocano i medici, gli infermieri e tutti quanti sono di riferimento in questo difficile passaggio. A loro ci si rivolge con fiducia ma anche paura ed è essenziale ricevere attenzione e supporto. «Noi tutti – conclude, Riccardo Valente – ci prendiamo cura del paziente e della sua famiglia cercando di dare sollievo al dolore e agli altri sintomi che provocano sofferenza».

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SERVIZIO SPECIALE

L’Hospice e il pericolo chiusura ph Appiani

di Cristina Signorelli

N

ato nel 2015 per sopperire alla mancanza sul territorio di una struttura che erogasse le prestazioni sanitarie adeguate ai malati in fine vita, l’Hospice “San Riccardo Pampuri” è stato protagonista in questi mesi della cronaca cittadina. Gestita dalla Fondazione anni sereni e collocato in una palazzina adiacente la Rsa a Treviglio, è l’unica struttura dedicata ai malati terminali nella bassa bergamasca. Realizzata due anni fa secondo i più moderni criteri costruttivi, ospita otto posti letto per i malati dichiarati inguaribili e verso progressivo peggioramento, che richiedono cure ed assistenza particolare nel loro fine vita

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e non possono essere assistiti nella loro casa. Ad oggi l’Hospice è accreditato presso la Regione Lombardia, rientra quindi nella rete provinciale dei centri che erogano le cure palliative, ma non è ancora stato contrattualizzato. Ciò significa che la Regione non eroga i contributi necessari al suo funzionamento. Infatti dall’apertura ad oggi i pazienti ricoverati devono pagare una diaria giornaliera di 110 euro, che copre parzialmente l’intero costo pro capite. La restante quota viene versata dalla Fondazione anni sereni, il cui presidente Augusto Baruffi a fine ottobre dichiarava che l’Hospice avrebbe chiuso a breve se la Regione non avesse finalmente provveduto a

contrattualizzare la struttura e quindi a provvedere per intero ai costi per ogni paziente ricoverato, che si stimano complessivamente intorno ai 680 mila all’anno. Le affermazioni di Baruffi hanno provocato un’immediata risposta sia dei cittadini che dei sindaci, tutti trasversalmente interessati a mantenere aperta la struttura, concretizzatasi in una raccolta di firme (circa 9000) da presentare a Giulio Gallera, assessore alla Sanità in Regione Lombardia. Ad oggi la Regione ha promesso che nei primi mesi del 2018 si procederà ad un riesame delle situazioni di emergenza e in seguito verranno stanziati i fondi necessari al funzionamento della struttura.


Un dolore gestito attraverso la terapia UNO DEGLI ASPETTI più delicati della malattia è far fronte alla sofferenza fisica che procura. Ciò è tanto più vero nel caso di patologie tumorali, come spiega il dottor Giacomo Rebuffoni, medico anestesista presso l’Istituto tumori di Milano: «La medicina del dolore è quella branca della medicina che ha per obiettivo lo studio dei meccanismi che producono il dolore, il riconoscimento delle sue cause, la scelta e l’applicazione delle terapie per eliminarlo. Nel caso del malato oncologico attiviamo la terapia del dolore, oltre che per controllare il dolore che si manifesta nel progredire della malattia, anche quando le terapie adottate, come per esempio la radioterapia e la chemioterapia, procurano nell’immediato disturbi al

paziente. Ovviamente si ricorre alla terapia del dolore anche in seguito all’intervento chirurgico, nella fase post operatoria. Quando la malattia è incurabile e il paziente si trova in fin di vita si ricorre alla palliazione per alleviare, per quanto possibile, le sofferenze fisiche prodotte dal cancro nell’ultimo periodo di vita, che siano pochi giorni o qualche mese». Nel 2010 è stata approvata dal Parlamento la legge n. 38, che disciplina la materia definendo la terapia del dolore un “insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di

elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore”. Si tratta di una legge che, sebbene in vigore da quasi sette anni, la maggioranza degli italiani non conosce, come risulta dall’indagine conoscitiva realizzata dalla Fondazione Gigi Ghirotti: oltre il 63% dei pazienti non sa che esiste la legge e oltre il 65% dei medici ha prescritto farmaci e cure ma non ha indirizzato i pazienti ad un Centro del dolore per visite specialistiche e trattamenti specifici. Infatti la stessa legge, integrata da specifiche norme regionali, prevede all’art. 5 la creazione di una rete capillare sul territorio – sia a livello regionale che nazionale – di Centri per le cure palliative e la terapia del dolore ai quali rivolgersi per ottenere

le cure tutelate e garantite dalla norma stessa. Il paziente, un suo familiare o il medico curante possono richiedere l’erogazione del servizio, e dopo un primo colloquio preliminare volto a determinare che vi siano i requisiti richiesti, la procedura di attivazione è relativamente semplice. A seconda delle condizioni del paziente e delle esigenze che egli manifesta, la terapia può essere attivata presso il domicilio o una delle strutture esistenti. Nel caso venga somministrata a casa, la relazione tra gli operatori, il caregiver e il paziente stesso sono di grande importanza e spesso supportate dal medico di famiglia, che gode in primis di un rapporto di fiducia con il malato e la sua famiglia. (C.S.)

Il vecchio e il nuovo Il vecchio con i capelli bianchi e le rughe con sapienza e saggezza dà fiducia. Il nuovo con la sua giovinezza e forza con audacia e freschezza dà entusiasmo. Così si differenziarono anche le abitazioni il fascino del vecchio la modernità del nuovo. Il verde? Il vecchio non vuole perdere il contatto con la terra il giovane non vuole impegni con il giardino. A voi la scelta; fatta con la testa ma soprattutto con la tasca. Buon anno!

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Gennaio Gennaio 2018 • tribuna magazine • 19


SERVIZIO SPECIALE

Il ballo aiuta chi soffre a ritrovare equilibrio e stima in se stessi di Rosanna Scardi

I

ph Faccio

l tango argentino si trasforma in una cura palliativa che aiuta chi soffre a ritrovare equilibrio e stima in se stesso. I campioni del ballo argentino Stefania Sonzogni e Andrea Possenti tengono corsi aperti anche a chi è colpito o ha sconfitto la battaglia contro un tumore nella sede della loro associazione culturale Tango pasiòn, a Treviglio, in via Fabio Filzi (info@tangopasion.it). E, a differenza di quelli specifici dedicati

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ai parkinsoniani o ai disabili, alcuni dei quali in carrozzina, sono aperti a tutti, malati e sani. Gli stessi ballerini si sono conosciuti quindici anni fa in una milonga, avvicinandosi a questo mondo a scopo terapeutico, dopo aver subìto un evento traumatico. Lei dopo una guarigione, lui essendosi ritrovato vedovo con un bambino piccolo da crescere. «Ballavo fin da bambina, ma il tango è diverso, mi ci sono dedicata anima e corpo lasciando la mia

professione di contabile – spiega l’artista di Stezzano, che porta l’esempio dell’otto –. È il passo più importante e lo compie la donna, rappresenta la vita, la ricerca del rispetto». Alle loro lezioni gli ammalati si riconoscono perché appaiono tesi, sono consapevoli di sobbarcarsi qualcosa di importante a livello fisico. Entrano spesso affaticati e impacciati, escono sollevati e rilassati. «Non si sentono più soli, è la forza dell’abbraccio nel tango, una sorta di terapia dell’anima perché dietro a ogni passo c’è una storia di sofferenza», racconta Stefania. Le radici di questa danza, nata nella seconda metà dell’Ottocento, sono popolari; proviene dal basso, dai quartieri con le lotte a coltello. La sua lingua è un gergo, racconta di amori e tradimenti, la danza è un modo per alleggerire le emozioni più forti. «È un ballo completo, che prende il corpo e la mente ed è un grande esempio perché la donna ricopre un ruolo di primo piano, anche quando è l’uomo a dare la marcacion, sta alla sensibilità di lei ascoltare questa forma di comunicazione corporale», aggiunge il ballerino di Castel Rozzone. Il tango è stato dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità e Stefania e

ph Clandestino

Un tango come cura dell’anima


Andrea i suoi ambasciatori, capaci di aver conquistato il terzo posto ai mondiali nella Repubblica Ceca e un’infinità di coppe in tutto il mondo. Da dodici anni partecipano ai mondiali di Buenos Aires, dove si esibiscono accanto ad altre 500 coppie, oltre a ritrovarsi nelle milonghe vere, non quelle dei turisti, per respirarne l’aria. L’ultima gara è stata ad agosto nella capitale argentina. «Finché avremo respiro, torneremo su quel palco», precisano.

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SERVIZIO SPECIALE TESTATINA-OCCHIELLO?

Il paziente oncologico e la riforma della sanità di Daniela Invernizzi

A

fragile (quelli già in carico alle Rsa, Residenze sanitarie assistenziali). In base a questa classificazione, sono stati individuati i gestori più appropriati per la cura e la gestione della patologia. Per esempio, nel caso del cronico monopatologico, il gestore più appropriato resta il medico di famiglia (Mmg); mentre nel caso dei malati pluripatologici il gestore potrebbe essere la Asst, poiché mette già insieme tutti gli specialisti di cui ha bisogno il paziente. Per il paziente fragile il gestore sarà la struttura che ce l’ha già in carico. Ogni cittadino cronico, cioè circa 3.500.000 di pazienti lombardi, riceverà a breve una lettera con la quale si chiede di scegliere il gestore. Quindi il malato oncologico a chi si deve affidare? Sarà lui a scegliere fra i gestori che si sono candidati come tali, come ad esempio noi. Di conseguenza, il paziente oncologico che è già in carico all’Asst Bergamo ovest non deve far altro che sceglierci come gestore ed ph Appiani

nche la gestione del malato oncologico si inserisce nella nuova struttura organizzativa voluta dalla legge regionale n.23/2015, che riscrive l’architettura del sistema sanità in Lombardia. In che modo e con quali soggetti? Lo chiediamo al direttore sanitario dell’Asst Bergamo Ovest Barbara Mangiacavalli. Dottoressa, che cosa cambia per il malato oncologico con la nuova legge sulla sanità lombarda? La patologia oncologica è stata inserita nelle 62 patologie che Regione Lombardia prende in esame in fase di prima attivazione della legge, avvenuta con due delibere regionali, la dgr. 6164 del 3 gennaio e la 6551 del 4 maggio 2017, relative alla gestione del malato cronico. In pratica, la legge di Riforma ha comportato una modifica di paradigma: siamo passati dal governare l’offerta (cioè quello che il sistema sanitario mette a disposizione, la rete di posti letto, l’assistenza specialistica, ecc...) a provare a governare la domanda, cioè le richieste del cittadino. Queste delibere interessano più di 3 milioni di cittadini, che rientrano fra i malati cronici, la cui patologia dovrà essere presa in carico da un gestore, un co-gestore e un erogatore. Cosa si intende per malato cronico? Regione Lombardia ha individuato diversi livelli di pazienti: il paziente sano, occasionale; il cronico monopatologico (ad esempio il paziente solo iperteso che fa controlli una volta all’anno); il paziente cronico pluripatologico, che necessita di più specialità; il paziente

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erogatore. Il gestore deve garantire al cittadino tutta una serie di servizi: un “clinical manager”, che è una funzione medica di raccordo clinico tra le diverse specialità e il medico di base; e un “case manager”, che ha una funzione organizzativa, quello che tiene insieme tutto il percorso di cura, colui che verifica il piano di assistenza definito dal clinical manager rispetto a visite, esami, approfondimenti specialistici, che effettua il “recall” per ricordare al cittadino di andare a fare controlli. Quindi case manager per la funzione organizzativa, clinical manager per quella strettamente medica, o specialistica o di base, al quale fa riferimento il paziente. Presumibilmente dunque, per i pazienti oncologici il clinical manager sarà un oncologo. Clinical manager e case manager hanno un luogo fisico dove condividere questo percorso di presa in carico che è il Centro servizi: esso è un po’ il connettore di tutta una serie di articolazioni che sono in parte dentro l’ospedale, in parte sul territorio, sia come Asst ma anche come privato accreditato e tutta la rete dei servizi che compongono il network dell’assistenza sanitaria. Ad esempio, sull’oncologia, abbiamo il sistema degli Hospice delle cure palliative, il sistema ambulatoriale di day hospital, tutta la parte diagnostica e di follow up, le dimissioni protette per i pazienti fragili. Allo stato attuale, essendo stati riconosciuti idonei come enti gestori, stiamo ora definendo i contratti con tutte le strutture che si sono dette disponibili a lavorare con noi e far parte della rete, nel ruolo di erogatori. O, al contrario, se noi siamo gli erogatori, nel ruolo di gestori. Il centro servizi è già operativo, anche se stiamo definendo meglio il sistema operativo e informatico. Abbiamo già cinque case manager: area medica, oncologica, chirurgica, fragilità e disabilità, pediatrica. Lavoreranno in stretta sinergia con i singoli clinical manager, il cui numero dipenderà da quanti pazienti cronici ci individueranno come loro gestori.


TESTATINA-OCCHIELLO?

Una riforma piena di dubbi ALCUNI DEI NOSTRI LETTORI avranno forse già ricevuto la lettera con la quale si chiede di identificare il gestore per la propria patologia cronica. E probabilmente avranno chiesto chiarimenti al proprio medico di base, il quale potrebbe non aver aderito alla nuova struttura. Sono infatti molti i medici di base che stanno evidenziando perplessità e resistenze. Milano e Lodi in particolare sembrano aver accolto molto tiepidamente la riforma, sette medici su dieci non hanno aderito (adesione al 30%), adesione più alta invece (78%) nell’Ats della Valle Padana (Cremona e Mantova), con Bergamo al 57%. Tra le motivazioni addotte, l’impressione che sia venuto meno un pilastro portante della sanità: la piena libertà

SERVIZI

di scelta del cittadino. Una volta scelto il gestore, infatti, il cittadino dovrà affidarsi, per la cura della patologia cronica, esclusivamente ad esso (non potrà, per intenderci, decidere di effettuare un esame in un ospedale e poi in un altro). Non solo. Il gestore ha un protocollo di cure da seguire per ciascuna patologia, che comprende una serie di esami e ne esclude altri, cosa che ha fatto storcere il naso a diversi professionisti, poiché corrisponderebbe più a una logica di contenimento dei costi che alla tutela della salute del paziente (anche per l’alta adesione di soggetti privati, che potrebbero privilegiare l’aspetto business). Dubbi anche sulla capacità del sistema di reggere ad un’organizzazione simile; nonché sulla probabile discriminante nei confronti di quei pazienti che rimangono

con il proprio medico di base non associato, poiché il sistema degli esami, visite e interventi presso gli ospedali potrebbe privilegiare i gestori e, quindi, i loro pazienti a scapito degli altri. Sono solo alcune delle motivazioni che hanno spinto l’Unione dei medici italiani e medicina democratica a fare ricorso al Tar per incostituzionalità delle due delibere relative alla cronicità (dgr. 6164 del 3 gennaio, dgr. 6551 del 4 maggio 2017) poiché tale sistema starebbe cancellando alcuni dei pilastri fondativi della Legge nazionale di istituzione del Servizio sanitario nazionale (n.833/78). «La presa in carico ha generato qualche polemica e qualche allarmismo ingiustificato – ha commentato il presidente Maroni alla presentazione dei dati lo scorso 4 ottobre –,

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ma è normale che, quando si attua una riforma, ci siano mille resistenze, perché qualcuno pensa di perdere qualche privilegio o di dover cambiare la routine, ma noi siamo convinti che la Riforma che abbiamo fatto è quella giusta. I dubbi e perplessità ci stanno, gli allarmismi no, perché creano danno sulla base di informazioni sbagliate che vengono date ai cittadini. Il sistema funziona bene: se qualcuno ha proposte per migliorare, ben venga, ma non si dica no a prescindere». A questo punto, visto che l’argomento riguarda tre milioni e mezzo di lombardi, è più che mai necessario attivare tavole informative e di confronto, affinché il cittadino possa scegliere con cognizione di causa. (D.I.)

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POLITICA

Ecco i propositi dei sin I sindaci della Bassa ci svelano i buoni propositi per il nuovo anno. A ognuno abbiamo chiesto un impegno che sarà onorato con certezza grazie a risorse economiche e forza di volontà. E un desiderio, un sogno in cui credono, anche se più difficile da realizzare, nell’arco dei prossimi dodici mesi. L’impegno per i 2018 di Juri Imeri, sindaco di Treviglio, è consolidare i servizi, ma ci sono anche molte opere pubbliche. «Sono il nuovo spazio polifunzionale a Castel Cerreto, il lotto di completamento del Polo Fieristico, il rilancio ulteriore del centro con l’inaugurazione di piazza Setti e della piazzetta in fondo a via Matteotti, l’avvio del nuovo piano della sosta e la fase di progettazione della circonvallazione a senso unico, l’ampliamento del cimitero, gli investimenti nelle scuole e un’attenzione alla manutenzione e ai piccoli interventi, anche sulle strade rurali», elenca il primo cittadino. L’auspicio più caloroso è quello di continuare a vivere in una città Per Claudio Bolandrini, sindaco di Caravaggio, la priorità è la messa in sicurezza delle scuole. «A giugno sarà sostituito il tetto in eternit alle medie, ma dobbiamo provvedere anche all’efficientamento energetico alle elementari e a sistemare la facciata, dove ci sono stati segni di cedimento nelle mattonelle dovuti all’incuria e al maltempo», annuncia. Al di là dell’urgenza, il sogno del 2018 è, però, un altro. «Restituire il complesso monastico di San Bernardino restaurando gli affreschi e provve-

dinamica. «I passi avanti compiuti permetteranno di potenziare il commercio e l’attrattività, valorizzare il ruolo culturale, aumentare i posti di lavoro, garantire le risposte ai servizi primari, investire per rendere la città più bella e pulita».

dendo a illuminazione e riscaldamento – aggiunge –. I fondi li abbiamo trovati grazie all’art bonus».

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Il regalo che Gabriele Riva, primo cittadino di Arzago d’Adda, ha in progetto di fare ai suoi concittadini è la sistemazione di piazza De’ Capitani. «Abbiamo riorganizzato il castello, rendendolo sede del centro civico “Alda Merini”, con la nuova biblioteca, la sala musica e la casa delle associazioni, ora occorre provvedere al rifacimento dello spiazzo, in terra battuta, ricoprendolo di materiali nobili – promette –. Se, però, dovessi scegliere io un dono che vorrei ricevere, desidero che in molti, soprattutto i giova-

ni, si appassionassero alla cosa pubblica, mettendosi a disposizione. Auspico che, nel 2018, ci sia un’inversione di tendenza».

Il centro sportivo di Brignano, nell’anno nuovo, diventerà più efficiente grazie alla riqualificazione degli impianti e alla dotazione di un’area feste. Lo annuncia il sindaco Beatrice Bolandrini che ha già avviato i lavori per dotare il campetto di erba sintetica. Ma le dita incrociate sono per un altro progetto, più complesso. «Vorremmo che andasse a buon fine la vendita di Palazzo Visconti, che nelle due giornate Fai ha attratto 3.600 persone, due cordate straniere sono interessate – ribadisce –. In questo modo, la parte muse-

ale sarebbe abbinata a una turistico-alberghiera, salvaguardando la possibilità per i brignanesi di effettuare visite concordate».

Praticità e non sogni sotto l’albero per Mauro Faccà, sindaco di Casirate. «Nel 2018 realizzeremo l’adeguamento del cimitero con asfaltature e ampliamento, provvederemo poi alla sostituzione dei serramenti alla scuola materna e renderemo l’ex palazzo del comune la casa delle associazioni», promette. Un desiderio

da realizzare, se potesse? «Vorrei che ci fossero più posti di lavoro dal momento che sempre più cittadini si rivolgono al comune chiedendo occupazione e una maggiore assistenza scolastica ai disabili attraverso un fondo sociale più ricco o nuove forme di finanziamento, dando aiuto alle famiglie in difficoltà».


ndaci per l’anno nuovo A Calvenzano l’opera più importante che sarà avviata nel 2018 è la tombinatura della roggia per costruire la ciclo-pedonale che collega il paese a Treviglio. «Finalmente aprirà il cantiere e sarà realizzato il primo tratto – avvisa il sindaco Fabio Ferla –. Una ditta di Dalmine ha già vinto l’appalto, non resta che attendere l’autorizzazione dalla Provincia per bloccare la provinciale». Il completamento dei lavori rappresenta anche un sogno. «Dubito che lo si raggiunga entro l’anno, è Progetto e ambizione per i cittadini di Cassano d’Adda coincidono: è la realizzazione della tangenziale che sposterebbe il traffico fuori dal centro abitato, approvato fin dal 2008 con una variante. «Il completamento dipende dall’ente appaltante, la città metropolitana di Milano, non sappiamo quando ripartirà il cantiere, auspichiamo entro la fine del 2018 o al massimo l’anno successivo», si augura il sindaco Roberto Maviglia. Collegata alla nuova arteria è una serie di altri lavori, Interventi ecologico-ambientali in vista a Mozzanica. Il sindaco Beppino Fossati annuncia i più importanti: «In primis saranno effettuati alla piazzetta per la raccolta dei rifiuti, modificheremo l’accesso per permettere il flusso sia in entrata sia in uscita, evitando l’inversione di marcia dei mezzi, provvederemo a realizzare una recinzione e una palazzina per il custode

un’opera attesa da trent’anni, dall’iter molto tribolato, per me riuscire a posare la prima pietra è già motivo di orgoglio».

come la riqualificazione con un nuovo arredo urbano di via Vittorio Veneto e piazza Garibaldi. – anticipa –. Altri progetti sono la ciclabile per Sergnano e la ristrutturazione delle quattro ruote di Roggia dei mulini, rendendone una funzionante a scopo didattico per mostrare agli studenti come si ricava energia dall’acqua». Una speranza? «Vorrei che si concludessero i lavori sull’ex statale 11, incluse le due ciclabili e l’insonorizzazione per le case adiacenti alla strada».

La ristrutturazione di Villa Masciadri in piazza Civiltà contadina è il primo obiettivo per l’amministrazione di Arcene. Lo stabile, che risale alla fine del ‘700, è una vecchia corte bergamasca, oggi sede della biblioteca e dell’ufficio postale. «Il progetto preliminare è stato predisposto, nel primo semestre del nuovo anno metteremo in sicurezza l’edificio», anticipa il primo cittadino Giuseppe Foresti. Nel suo mirino c’è, però, anche l’acquisizione dell’ex oratorio femminile. «Vorremmo entrasse nel nostro patrimonio immobiliare per

poter realizzare alloggi protetti per anziani, ma l’operazione è legata all’alienazione di un’area e occorre che vada a buon fine».

A Misano l’anno nuovo porterà più sicurezza per cittadini e commercianti e una migliore viabilità. «Provvederemo all’installazione del primo lotto di telecamere nel centro e a migliorare la viabilità in via Martiri della Libertà, soggetta a un aumento del traffico e della velocità, che porta alla tangenziale ovest e a Brebemi, ma è una questione economica e legata alle decisioni della Provincia – afferma il sindaco Daisy Pirovano –. Ciò che desidero è, inoltre, una pista ciclo-pedonale che ci collega a Vailate e sistemare via Marconi in di-

rezione Capralba, strada che si restringe in curva a causa di un fosso diventando pericolosa».

Molta carne al fuoco per il comune di Fara. Il sindaco Armando Pecis dà per certa «l’apertura della prima farmacia comunale, una necessità considerati gli ottomila abitanti, che sarà collocata nell’ex stabile dell’Asl ristrutturato di via Locatelli, oltre all’ampliamento del cimitero

con la terza parte di colombari». Ma in cantiere ci sono anche altre opere. «Prima di tutto la ristrutturazione della scuola elementare, poi la sistemazione delle strade del centro, di via Castello e viale Europa, la più bella, ma anche la più disastrata di Fara», precisa il primo cittadino.

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IL PERSONAGGIO

La bellezza dello sport

Dal titolo italiano negato nei 400 ostacoli, alla rinascita come personal trainer Beatrice Mazza sposa la filosofia del mindfullrunning e la carriera da coach

U

n sito personale (www.beatricemazza.com) racconta la sua filosofia di vita e di lavoro, di persona è affascinante e coinvolgente: giovane e bella, ma altrettanto matura e consapevole. A lei si rivolgono atleti, persone comuni e personaggi del mondo dello spettacolo. Nata e vissuta a Treviglio fino ai 20 anni, Beatrice Mazza si è trasferita a Milano 5 anni fa, dapprima per frequentare l’università – è laureata in scienze motorie e certificata personal trainer Issa Eu, running coach, mindfulrunning coach e yoga Teacher 200YT – e continuare a praticare atletica leggera; poi ha deciso di rimanere lì, non senza lasciare un bel pezzo di sé nella Bassa: la famiglia “ufficiale” e quella dell’Atletica estrada. Che tipo di allenatore sei? Applico la consapevolezza nel mio essere coach: il rispetto per il corpo, per la mente, per la condizione attuale di un individuo. Non è spingersi fino a superare limiti estremi, ma trovare una dimensione e una propria felicità, uno stare bene pur facendo fatica,

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di Daniela Regonesi ridimensionandone la parte mentale. Gli studi provano che il 45/50% della fatica è mentale, sopraggiunge prima, col dirsi “non ce la faccio, sono stanca, non è alla mia altezza, non sono capace, non valgo abbastanza”. Anche se il corpo potrebbe andare avanti ancora è la mente a cedere prima. Quindi attraverso il pensiero positivo e l’approfondimento di alcune capacità mentali si può cambiare il modo di fare sport. Essendo nata come runner e avendo praticato atletica leggera per oltre10 anni nell’Atletica estrada ho preso spunto dai valori che il mondo della corsa offre – sacrificio, disciplina, bellezza del fare sport all’aria aperta – e ho reso queste componenti parte del mio lavoro. Cos’è un mindful running coach? Nel 2012 sono arrivata prima ad un campionato italiano nei 400 ostacoli, ma mi hanno squalificato per invasione di corsia, annullando quello che sarebbe stato il mio primo e unico titolo italiano. Da lì è iniziato un periodo molto buio della mia vita: non volevo più correre, ero demotivata. Ho

incontrato uno psicologo dello sport ed ex atleta olimpico, Andrea Colombo, che ha fondato il movimento della mindfulrunning, e ho deciso di approfondire il tema della capacità di restare in tempo presente, senza giudicare o attaccarsi alle cose, assaporando ogni attimo senza stimoli o distrazioni. Mi sono appassionata e finita l’università ho deciso di diventare coach, per insegnare a capire come provare benessere durante la corsa, ridimensionare la fatica, entrare in contatto con il proprio corpo invece che non ascoltarlo se manda un segnale. È più difficile allenare la mente o il corpo delle persone? La mente è sia il freno che l’acceleratore della nostra vita: è quello che ci blocca quando in realtà non ci sono limiti fisici, però è anche ciò che, se trovi la giusta motivazione, fa mettere le scarpe quando fuori ci sono zero gradi. La mente è di per sé pigra, attaccata ai suoi schemi, in primis per me. Il rischio è che, anche se si cambia per tre mesi, poi si torni alle cattive abitudini. Bisogna un po’ addestrarla con il sacrificio.


ph Tufino

Consigli per il post-abbuffate BEATRICE MAZZA CI DONA QUALCHE SAGGIO CONSIGLIO su come rimediare ai danni gastronomici legati alle festività natalizie. «A gennaio non bisogna puntare ai programmi “fast and furious”, per dimagrire in un mese, ma essere realisti, impostare un percorso con un nutrizionista e con un trainer che vada nel lungo periodo. Se a dicembre si è andati in “letargo”, uscirne con una modalità molto “strong” risulta frustrante. Consiglio di non saltare i pasti e non iniziare regimi alimentari stretti perché il fisico impazzisce, ma mangiare a sufficienza. Le diete in cui togli del tutto gli sfizi sono quelle che vengono abbandonate prima, perché la mente non è fatta per sopportare uno stress superiore a quello della quotidianità. Non ho mai detto a una persona che

seguo di non mangiare i dolci. Certo, dico come quando e in che modo, faccio un discorso di qualità degli alimenti: materie prime, date di scadenza, ingredienti, etichette, origine e provenienza. Se sai cosa mangi sai cosa un alimento fa al tuo corpo e perché ne hai bisogno; i carboidrati sono l’esempio: noi senza zuccheri moriamo, ma è ovvio che c’è differenza tra un piatto di pasta e un piatto di riso, così come tra una fetta di pane e una di millefoglie, per questo sul mio sito cerco di fare un po’ di divulgazione. È opportuno ricominciare ad allenarsi in maniera graduale, magari iniziare con 2 allenamenti alla settimana, arrivando la seconda settimana a 3, anche a casa: ormai il fitness è alla portata di tutti, esistono un’infinità di tutorial, corsi

Il corpo è difficile da allenare nel momento in cui non si ha un percorso calibrato: ognuno reagisce in modo diverso, per il background, gli sport praticati in passato, il livello di ormoni nel sangue, per tutte quelle cose che sono soggettive. Dentro tutto cambia, l’allenamento che va bene per te può non andare bene per me. Se è “giusto” rende all’80% certo un risultato e il percorso deve durare come minimo da tre a sei mesi. Le persone sono più fuori forma o hanno più bisogno rafforzare l’autostima? La capacità di reggere la fatica dipende principalmente da due componenti: la durezza mentale e la resilienza. La prima è l’insieme di tutte le capacità che in una persona determinano il poter superare degli ostacoli, quindi il gestire lo stress e l’ansia da prestazione; invece la resilienza è la capacità di vedere il momento presente circoscritto all’oggi: se ho una difficoltà è oggi, non sarà anche domani, e quindi posso trasformare la quotidianità in un trampolino di lancio per far migliorare le cose. Entrambe queste componenti possono essere allenate e affondano le radici nell’autostima, che può essere migliorata con la felicità e la carica di endorfine date da sport e allenamento. Ma il

online, guide, schede da fare ovunque si voglia. Considerato anche l’alto rischio influenza, consiglio di fare attività fisica, come camminate o corsa, all’aria aperta, perché negli ambienti chiusi i germi proliferano e per le difese immunitarie fare dello sport è un toccasana. Quando c’è un po’ di sole 20 minuti di camminata, anche solo in pausa pranzo, è un piccolo cambio nelle abitudini di ogni giorno che però può essere

tutto parte dall’interno: tanti provano ad allenarsi in palestra, ma mollano subito proprio perché il loro livello di autostima non è sufficiente ad affrontare il confronto con gli altri. La consapevolezza e il percorso yogico aiutano ad allontanarsi dai pregiudizi, nel momento in cui non ti giudichi l’autostima cresce, perché non hai un qualcosa che devi essere. Noi siamo perfetti così, è la mente che non ce lo fa vedere. Il percorso è continuo, è un passo a passo nella vita: ci sono persone che non dedicano tempo a loro stesse, lo sport è un modo per farlo. Il focus è un po’ quello di farle innamorare del benessere, non per forza come risultato estetico, ma come sfogo, hobby, passione. Atletica estrada: quanto è stata importante? Mi ha insegnato prima di tutto il valore della condivisone, sia delle fatiche che delle gioie, e sono grata di essere nata a Treviglio per questo. Il bello dell’Atletica estrada è che c’è un’idea di comunità e di coesione. Questo non succede molto spesso; ad esempio a Milano i piccoli si allenano da una parte e i grandi da un’altra, mentre il bello è stato il sentirmi parte di una famiglia e tuttora, quando vedo i miei ex compagni di allenamento e vado ai campi di via

fondamentale. L’errore che si fa è quello di arrivare a inizio anno e dire “Adesso devo stravolgere la mia via, d’ora in poi un’ora ogni giorno in palestra…”. È irreale. Fissare un obiettivo a lungo termine – che può essere per la prova costume – e ogni mese darsi dei piccoli obiettivi a breve, agendo nel concreto per raggiungerli, rende possibile un grande obiettivo 6 mesi dopo. È impossibile pensare ad essere in forma solo ad agosto se non si cambia il proprio mood mentale di relazionarsi a se stessi. Lo sport è solo un mezzo per farlo. La parte più dura è quella dell’inverno, ma anche lì si trova la gioia dello sport, il sorriso delle persone, la loro faccia felice. Perché imparino ad accettarsi, cambiare prospettiva e tirare fuori la parte migliore.». (D.R.)

Bergamo, io mi sento a casa. Sono cresciuta lì, si è formato il mio carattere lì: ho imparato a far fatica, a superare le difficoltà, a non arrendermi, a recuperare dopo gli infortuni. È stato possibile soprattutto perché avevo delle persone con cui condividevo gli allenamenti, la passione. Poi Paolo Brambilla, il mio ex allenatore, a livello umano mi ha dato tantissimo: mi ha fatto avvicinare allo yoga, la sua curiosità mi ha sempre affascinato e penso sia una capacità molto importante per un allenatore e molto rara nelle persone, perché ti spinge a migliorare. Il fatto di non uscire e non andare a ballare, perché il giorno dopo avevo una gara, mi ha reso pronta a fare sacrifici nella vita. Avere un obiettivo ti aiuta ad andare dritta per la tua strada, a non accontentarti, a sapere che ce la puoi fare da sola, perché poi l’atletica è uno sport individuale: la fatica la vivi tu, il risultato è il tuo. Non ci sono “non è colpa mia” e “ha sbagliato l’avversario”, il cronometro non mente. Però quando ho iniziato a studiare scienze motorie ho sentito il bisogno di un cambiamento anche a livello di allenamento, pur restando grata in tutto e per tutto a Paolo e all’ambiente dell’Estrada: non ne faccio più parte in maniera attiva ma è comunque una famiglia.

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OROSCOPO

COME SARÀ IL Ariete

(21 marzo - 20 aprile) Il 2018, fino all’autunno, si prevede variabile e con tante incognite, anche per l’economia che sarà in ripresa dall’autunno. Potrebbero verificarsi momenti di basso tono vitale, o problemi nell’ambito famiglia, soprattutto tra marzo e maggio. La vita di coppia e l’intesa col partner sono a rischio d’incomprensioni. Se siete single, fino all’autunno periodo interessante per nuove esperienze: il feeling sicuro con i nati del Leone e del Sagittario. Meglio evitare Cancro, Bilancia e Capricorno. Periodi positivi febbraio, marzo, giugno: belle sorprese nella sfera delle amicizie, bene i programmi di vacanza. Tra novembre e dicembre per sbrigare affari, riscuotere denaro, o superare prove di studi. I periodi negativi saranno la seconda metà di marzo, aprile e la prima metà di maggio: molta tensione e qualche contrattempo; la salute instabile. Osservate autocontrollo, prudenza negli spostamenti o nello sport, no strapazzi.

Toro

(21 aprile - 20 maggio) In gennaio irritabilità, o gelosia; si consiglia pazienza, virtù del nativo Toro; e in ogni eventuale controversia aprire il cuore al partner, esprimere i vostri stati d’animo o le cause di nervosismo. Il 2018, se non sarete troppo presi col denaro, sarà comunque sereno per l’intesa di coppia. E se siete single la ricerca della vostra metà del cielo sarà agevolata in primavera-estate. Puntate ai nativi del Cancro per innamorarvi e per essere amati; ai nativi della Vergine e del Capricorno, per eventuali progetti di unioni o di matrimonio. Se siete attirati da storie tormentone di sola passione, lasciatevi sedurre dallo Scorpione. Fino a novembre disordini negli affari e un calo nelle professioni libere. Nella prima metà del 2018, i profitti e il denaro saranno motivo di preoccupazioni. Tra fine marzo e termine di maggio periodo problematico con uscite di denaro, aggravi di spese, questioni col fisco. Da novembre e dicembre ripresa finanziaria. Tra aprile e fine maggio, giusto per il vostro compleanno, controlli sanitari mirati alle funzioni del fegato.

Gemelli

(21 maggio - 21giugno) Il 2018, per gran parte dell’anno, si compone di astri propizi. Tra l’inverno e la primavera potreste ribellarvi ai doveri di coppia, o comportarvi in modo

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instabile, oppure cercare evasioni extra rapporto. Se siete single no comportamenti volubili, tanto meno doppi giochi. Tra aprile e maggio per organizzare eventi in luoghi idonei a nuovi incontri. Se avete voglia di avventure divertenti o di passione sfrenata, puntate ad Ariete o Leone. Se invece desiderate creare una storia stabile, allora cercate di conquistare chi è della Bilancia o dell’Acquario. Nel lavoro e col denaro qualche contrarietà o imprevisto tra l’inverno e la primavera. Tra la primavera e l’autunno il periodo è favorevole per promuovere nuove entrate o sollecitare crediti e fare spese. Dall’8 novembre possono sorgere preoccupazioni. Tra fine gennaio e marzo si consiglia cura della salute e prudenza nel modo di vivere.

Cancro

(22 giugno - 22luglio) Nel cielo del 2018, come da alcuni anni a questa parte, taluni astri “pesanti” persistono avversi. Ma Giove fino all’8 novembre sarà propizio; si prevede un anno gratificante per il lavoro e l’economia. Per il nativo Cancro, figlio della Luna, la sicurezza affettiva è di vitale importanza. La primavera è il periodo più intenso per eventi e per possibili mutamenti nel rapporto di coppia. E se siete single periodo fortunato tra la seconda metà di maggio e giugno. Voi cancerini trovate la migliore intesa con i nativi del Toro (offrono sicurezza) e dello Scorpione (esaltano la passione). Da evitare i nativi dell’Ariete, della Bilancia e del Capricorno. La salute: massima prevenzione e cura se siete nati tra il 10-13 luglio e i nati in giugno. Per le donne: si consigliano controlli ginecologici e al seno.

Leone

(23 luglio - 22 agosto) Nel cielo del 2018 una flessione rispetto all’anno scorso. Si consiglia di ridimensionare le esigenze e maggiore attenzione col denaro. Non potrete assecondare le ambizioni con spese eccessive, o sprechi finanziari. A fine anno miglioramenti nel lavoro e con il denaro. I problemi finanziari possono turbare la gestione del ménage e l’intesa di coppia. Tra la seconda metà di giugno e la prima metà di luglio saranno favoriti progetti o vacanze per ridare armonia alla coppia, o valorizzare l’erotismo. E se siete single potrete trovare il partner di vostro gradimento tra giugno e luglio. Intesa con Ariete e Sagittario. Incertezze nelle attività dipendenti. Le professioni libere risentiranno di una flessione. Nel 2018 si consiglia cura della salute, disciplina nell’alimentazione. In primavera-estate controlli sanitari preventivi.

Vergine

(23 agosto - 22 settembre) Nel complesso si prevede buona stabilità e intesa nella vita di coppia. Nel 2018, fino all’autunno, saranno agevolati i progetti importanti, come la convivenza o il matrimonio. Potrete vivere il rapporto con serenità e gioia. E se siete single in estate mettete da parte la timidezza e osate. Investite idee e denaro per agevolare gli incontri con nuovi hobby, viaggi, attività sportive. Dovete puntare a partner del Toro, dello Scorpione, del Capricorno. Da evitare quelli del Sagittario e dei Pesci. Nel lavoro potrete contare su una situazione stabile o proficua. Fino a novembre occasioni molto proficue per consolidare posizioni o consistenti risultati negli affari e nel settore imprenditoriale. Nel 2018 potrete osare operazioni economiche, o chiedere l’aumento, oppure fare acquisti importanti. Si profila un anno in buona forma psicofisica. Si consiglia di avere cura nel modo di vivere: moderate il consumo di eccitanti, della carne (cibo non adatto ai vostri processi intestinali) e dei superalcolici. Tra la fine estate e settembre controlli preventivi.

Bilancia

(23 settembre - 23 ottobre) Mutamenti importanti nel cielo del 2018. Per numerosi astri avversi, potrebbero sorgere problemi di vario ordine con ripercussioni nell’intesa di coppia. Se siete single l’entusiasmo e gli interessi passionali saranno in ribasso. I contatti saranno difficili e scarse le opportunità per incontrare la vostra metà del cielo. Da evitare storie con persone sposate o con famiglie allargate, i contatti virtuali in chat. Preferite partner dei Gemelli o dell’Acquario. No Ariete, Cancro e Capricorno. Nel lavoro possono verificarsi complicazioni o mutamenti forzati. Attenzione nel sottoscrivere contratti, impegni d’affari, associazioni. In autunno una discreta ripresa nei settori della cultura, della pubblicità, della musica, della moda, dello spettacolo. La situazione finanziaria sarà incerta, calo delle entrate, o spese straordinarie. Si prevedono uscite di denaro per la salute vostra o di congiunti. Si consiglia maggiore attenzione alla salute dei reni, moderare o eliminare i superalcolici.

Scorpione (24 ottobre - 21 novembre)

Il pianeta Giove, simbolo di grande fortuna, sosta nel vostro segno e vi resterà fino all’8 novembre 2018.


TUO 2018? Questa presenza avviene ogni dodici anni, pertanto cercate di realizzare i progetti che vi stanno a cuore entro l’autunno. Il 2018 si prevede proficuo per il lavoro e il denaro, gli affari e altresì per realizzare programmi piacevoli e importanti nella vita affettiva. Un concreto miglioramento del tenore di vita consentirà d’essere più disponibili nel rapporto di coppia, agevolando l’intesa con iniziative felici, o il desiderio di procreare. E se siete single, come detto Giove nel segno passa ogni 12 anni: se non realizzate la vostra vita affettiva entro un anno, avrete perso la grande occasione. L’accordo perfetto sarà con Cancro e con Pesci; anche con Vergine e Capricorno per costruire una relazione seria. Anno importante e fortunato: potete puntare a miglioramenti. Salute ottima: a gennaio e a settembre controlli preventivi.

Sagittario

(22 novembre - 21 dicembre) Anno di rinascita. Con gli astri propizi nell’anno nuovo, vita affettiva all’insegna della felicità. Potrete chiarire eventuali disaccordi vissuti in questi ultimi anni. L’autunno propizio per progetti di convivenza, o di matrimonio. Per i single buone occasioni d’incontri: dovete puntare ai nativi dell’Ariete, del Leone, e andrete sul sicuro per intesa, divertimento e passione. Non rischiate con i nati della Vergine, o dei Pesci. Nel 2018 sarete baciati dalla fortuna anche nel lavoro e col denaro. Tra febbraio e prima metà di marzo e tra novembre e dicembre si prevedono movimenti di denaro e necessità di spese. Atteso un generale miglioramento dello stato psicofisico, svaniranno le preoccupazioni degli anni passati per la vostra salute, o di congiunti. In febbraio e prima metà di marzo effettuare controlli sanitari di normale routine. Pur avendo un anno con la promessa di ottima forma, si consiglia sempre cura del fegato (l’organo collegato al Sagittario).

Capricorno (22 dicembre - 20 gennaio)

Nel cielo del 2018 sarete al centro dell’attenzione astrale. Avrete positivi e costruttivi propositi nel gestire il rapporto di coppia. Inoltre Giove propizio favorirà miglioramenti finanziari a beneficio della gestione del ménage. Anno fortunato per dare una svolta importante all’attività, migliorare la posizione sociale, o trovare il giusto inserimento per chi cerca lavoro. Se siete single nuovi e fortunati incontri. Gli accordi più eccitanti con i nativi del Toro e della Vergine per una relazione durevole; con quelli dello Scorpione per tanta passione.

Da evitare quelli dell’Ariete, del Cancro, della Bilancia. Cura e prevenzione sulla salute. Per i nati in dicembre si consigliano controlli accurati; alle native verifiche dal ginecologo e test al seno.

Acquario

(21 gennaio - 19 febbraio) Il cielo del 2018 delinea una situazione complessa, determinando un anno movimentato e avaro di soddisfazioni. Il 27-29 luglio la Luna piena nel vostro segno (evento annuale), e Marte in Acquario risveglieranno i desideri di libertà o di evasioni dalla vita di coppia. E se siete single sono da evitare i nativi del Toro, del Leone e dello Scorpione. Lavoro: quest’anno preoccupazioni per il posto di impiego. Mantenere sempre un comportamento corretto e mai cedere a distrazioni. Salute: si prevede un anno molto variabile, tra la primavera-estate e in autunno i periodi di vulnerabilità e di tensione.

Pesci

(20 febbraio - 20 marzo) Tra l’inverno e il vostro compleanno il periodo sarà piacevolmente movimentato da desideri di vivere il rapporto di coppia in modo diverso dal consueto. Un miglioramento socio-economico ravviverà la convivenza. E se siete single, quest’anno con Giove propizio, sarete molto favoriti a nuovi incontri e innamoramenti. Nelle scelte, preferite quelli del Toro per mettere su famiglia, dello Scorpione per l’eros, o del Capricorno se cercate sicurezze. Mai con i nativi dei Gemelli, della Vergine e del Sagittario. Avrete gli astri propizi per migliorare la posizione professionale e finanziaria. Molte agevolazioni negli affari, nelle professioni libere e nelle attività artistiche. Si consiglia di programmare i progetti importanti entro ottobre 2018. Nel primo trimestre: fare ordine nell’economia, trattare questioni ereditarie o vertenze legali. Nel 2018, con gli astri tutti propizi, potrete contare su un recupero delle energie e la soluzione di malesseri vissuti in questi ultimi anni. Tra gennaio e marzo si consigliano controlli preventivi. Per il vostro compleanno regalatevi una serie di massaggi ai piedi; per voi la riflessologia plantare è la formula magica per stare bene.

Astrologia: il futuro predetto da Sirio COME DA CONSUETUDINE, ogni inizio d’anno è accompagnato dalle previsioni astrologiche. Immaginare il futuro attraverso movimenti planetari, quadrature e congiunzioni astrali è un gioco e una prassi piacevole fin dall’antichità. L’astrologa Sirio, dalla lunga attività editoriale, nonché personaggio televisivo, con base a Milano, è esperta delle tematiche della donna, dell’amore, dell’erotismo e della bellezza. Ha scritto il libro “Donna astrologia” (Sessualità, magia, santità), edito da Mursia, ha collaborato al volume “D’Annunzio e l’occulto”, Edizioni Mediterranee, con un saggio astrologico sul poeta. Il suo ultimo libro è “Il cuore di Sirio” per Giordan Edizioni. Per Tribuna Magazine Sirio ha riassunto il 2018 segno per segno, dando attenzione a lavoro, amore e salute, segnalando le affinità e non nella vita di coppia. L’astrologa è presente su Facebook con una propria pagina e su www.sirioastrologia.it. Per contatti scrivere a sirio@sirioastrologia.it, telefono 334 7649617. Rosanna Scardi


LIBRI

Giacomo Quarenghi: l’autobiografia mai scritta Il nuovo romanzo di Marco Carminati ne celebra il bicentenario della morte di Ivan Scelsa

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uello di Marco Carminati non è un nome nuovo agli appassionati di romanzi. Non lo è neanche per i trevigliesi, che spesso lo incontrano per le vie del centro, inconfondibile nell’incedere e nel-

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la verdiniana barba. I suoi romanzi storici sono incentrati sul territorio, per lo più ambientati in provincia di Bergamo, luogo che esplora sempre con curiosità e passione, andando a ritroso nel tempo.

Oltre una cinquantina i suoi libri, fra romanzi, raccolte di racconti, saggi, volumi fotografici e numerosi articoli in cui ad esser posti in primo piano sono sempre la cultura, la storia, le tradizioni, i costumi della sua gente e della sua terra. Dalla carta stampata alle emittenti televisive, accademico dell’ateneo di Scienze, lettere ed arti di Bergamo, cavaliere del Sacro militare ordine costantiniano di San Giorgio e tanto altro ancora: Marco Carminati, negli anni, ha saputo regalarci pregevoli scritti e storie fantastiche riprese nella storia. Da “Le ali nere di Caravaggio” a “Vince Luna! Un frammento della nostra storia sepolto lungo la via Argentea”, e ancora “Contessa Clara, mia diletta…” e “Gli ultimi Leoni. Come le Mura di Bergamo furono salvate”, solo per citare alcuni dei suoi successi. Da pochi giorni nelle librerie, edito da Grafica & Arte, si aggiunge un nuovo tassello alla romanzata storia locale: “Sacra Maestà, ho Bergamo nel cuore. Un’autobiografia mai scritta da Giacomo Quarenghi”. “Che nesso esiste fra le macerie della terribile battaglia di Leningrado, con le sue inumane atrocità, e l’autobiografia mai scritta da Giacomo Quarenghi?”: è l’interrogativo che l’autore pone al lettore per ripercorrere le vicende affettive di un reduce dell’Armir (miracolosamente tornato nella piccola Rota Imagna), una pianista russa d’ineguagliato talento ed un bozzetto a carboncino raffigurante un neonato, disegno sfuggito al censimento rigoroso del cospicuo Fondo del famoso architetto bergamasco vissuto a cavallo tra il diciottesimo ed il diciannovesimo secolo. È quindi il bicentenario della morte di Quarenghi ad animare l’opera dell’autore, in un testo che vuol essere ricordo e monito a non dimenticare il celebre pittore e progettista che oggi riposa a San Pietroburgo e che mai, in vita, dimenticò la sua terra natale.


COM’ERA - COM’È

Nell’a ttuale piazza del Popolo, chiamata un tempo (ma anche ora dai diversamente giovani) Revellino, sorgeva una stazione crocevia dei tram per Bergamo e per Lodi. Era normale quindi trovare nella piazza stessa ristoranti e alberghi.

Nelle immagini uno scorcio del Revellino dove all’a ltezza del palazzo tra il Commissariato di Polizia e l’a ngolo con via Milano (ora Via Mazzini) si ergeva imponente il Caffè e Pasticceria, nonché Albergo Regina d’Inghilterra, che annoverava – un lusso a quei tempi – anche uno stallo per far riposare le bestie da soma e un garage per autovetture. a cura di Marco Falchetti

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IL CONFRONTO

SIGNORELLI: CINEMA DI FAMIGLIA di Daria Locatelli

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tografica, anche i nomi, ndr) – fochista presso la Tessile Erba. La sera, per far divertire i frequentatori della “Trattoria del cinematografo”, sotto i porticati, proietta con quello che è definito il “dispositivo precinema”: la lanterna magica (una forma di proiezione su parete di immagini dipinte, solitamente su vetro, tramite una scatola chiusa contenente una candela, la cui luce è filtrata da un foro sul quale è applicata una lente, ndr). I figli, seppur dediti all’attività tipografica, mantengono viva la passione del padre, girando le cascine del posto con un proiettore: «Mio zio Alfredo – racconta Gianantonio – ha scelto di concentrarsi sull’azienda, mentre Enrico, mio padre, ha seguito il richiamo per l’arte». È datato 1921 il riconoscimento per l’attività cinematografica che viene svolta su più spazi nella zona e non solo (persino a Salsomaggiore): è Signorelli a gestire in affitto dal ‘36 il Teatro comunale di piazza Garibaldi, di proprietà dei palchettisti (demolito poi negli anni Sessanta per inagibilità), oltre ad esercitare la professione presso il Cinema Nuovo acquistato in via dei Mille. Il film si arricchisce di una nuova scena: data 27 febbraio 1954, via Matteotti, Treviglio, proiezione di “Giuseppe Verdi”. È il giorno dell’inaugu-

razione dell’Ariston (chiuso nel 1987), quello che rimarrà nella storia come il miglior cinema della bergamasca. Ideato dall’architetto Mario Cavallè, la struttura dagli 850 posti riporta in ogni dettaglio il gusto per il teatro e l’avanguardia: dalle maniglie in ottone ai marmi, dalle perlinature in legno ai due ordini di galleria. Nel 1985, improvvisamente, muore Enrico e la “pellicola testimone” passa nelle mani del figlio Gianantonio: «Quando mio padre scomparve io ero uno studente e in modo repentino dovetti trasformarmi in un imprenditore. Decisi di portare avanti, innanzitutto, un suo progetto che era rimasto incompiuto: il Cinema Nuovo in via Mulazzani». Nel 1967 la nuova sede, che porta sempre la firma di Cavallè, con “Romeo e Giulietta” diretta da Franco Zeffirelli e con Signorelli in smoking, apre il si-

ph Appiani

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uando si incontrano padre e figlio solitamente si cercano somiglianze fisiche o tratti caratteriali che demarchino il legame parentale. Nel caso di Gianantonio ed Enrico Signorelli, dai loro racconti e soprattutto dalla luce dei loro occhi, a questi si aggiunge preponderante un elemento che attraversa i secoli e che viene trasmesso nel sangue da generazioni: la passione per il cinema. Ripercorrere la storia del “cinema Signorelli” di Treviglio è come sedersi in poltrona e assistere alla proiezione di un film, quello della loro famiglia, la cui scena iniziale è ambientata nei primi del ‘900 in un bar. Il protagonista si chiama Antonio – nonno di Gianantonio (è loro tradizione tramandarsi, oltre che l’amore per l’attività cinema-


Da sinistra: - il Teatro Sociale (1950); - la Trattoria Cinematografo; - Ariston Cinema Teatro, sala interna (1954).

pario di quella che sarà una delle prime multisala italiane. Il rimanere al passo con i tempi e seguire l’innovazione, infatti, sono sempre stati al centro della professione di famiglia, tanto che nel 1986 vengono apportate delle modifiche alla struttura, ove trovano spazio due sale di proiezione, e a metà anni ’90 avviene un restyling completo, con l’avvento del dolby digital. Ma le novità introdotte nel cinema dei Signorelli non appartengono solo agli elementi architettonici e tecnologici, afferiscono anche alla sfera emotiva e di relazione con il pubblico: «Abbiamo sempre cercato di rispondere al meglio ai cambiamenti e alle esigenze degli spettatori – prosegue Gianantonio –, studiando iniziative culturali specifiche. Penso, ad esempio, a quando ho ideato i “Mercoledì d’essai”, un appuntamento che mio figlio mantiene tuttora». Già, perché il film ha visto l’ingresso di un altro protagonista, Enrico, e aggiunto una nuova location: l’Ariston Multisala. «Ho studiato architettura e praticato in alcuni studi – afferma –, seguendo in prima persona alcuni progetti proprio relativi a strutture cinematografiche. Io sono cresciuto respirando questa passione, tanto che ho poi scelto di dedicarmi completamente alla professione di esercente». Il 13 ottobre 2004 viene tagliato il nastro della nuova sede in viale Montegrappa, un luogo attentamente studiato per garantire la presenza di «una struttura sul territorio e per il territorio. Abbiamo mantenuto il nome Ariston in memoria del nonno e il tratto distintivo della famiglia, ossia quello di fare cinema facendo sentire a casa il pubblico». Ancora una volta sono i dettagli a parlare del fil rouge della tradizione: sei non sono le “sale”,

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IL CONFRONTO ma i “salotti”; 1.300 poltrone rosse che attendono gli spettatori; un gusto per l’accoglienza, una volta affidato al pianoforte che accompagnava i film muti, oggi a fotografie in bianco e nero dello star system retrò. «Negli anni Duemila ci siamo dovuti confrontare con l’avvento delle multisala americane e abbiamo deciso di distinguerci nell’omologazione che si stava diffondendo con il mantenimento della nostra identità: ai neri e ai gialli delle grandi strutture – spiega Enrico – noi abbiamo risposto con il rosso, il bordeaux, ma soprattutto con il calore di casa». Ariston Multisala, che registra 240.000 presenze l’anno, non è solo un luogo di proiezione cinematografica, commerciale e non, ma intende essere «un polo culturale di riferimento, una piazza coperta che accoglie tutti, bambini e anziani, giovani e famiglie. È per questo che la nostra programmazione è fitta di appuntamenti variegati e che abbracciano più settori; è lo stesso pubblico, tramite chiacchierate, i social e le mail, che ci fornisce spunti su come rendere ancora più ricca la nostra offerta». Ed è proprio la condivisione di idee alla base del nuovo traguardo tagliato dai Signorelli, la fondazione di un consorzio di cinema indipendenti, “UniCi”: «Questo è il risultato della rete creata con altri esercenti di Bari, Modena, Torino. Il network ora ha diffusione nazionale ed è nato, e si sta sviluppando sempre più, con l’obiettivo di far affrontare, uniti, le dinamiche di questo mercato a coloro che gestiscono in modo autonomo le proprie sale cinematografiche». Nonostante Enrico abbia interrotto la tradizione di famiglia, chiamando suo figlio Edoardo e non Antonio, ha certamente proseguito l’arte dello schermo: quella luce della lanterna magica grazie alla quale il suo bisnonno proiettava è riflessa negli occhi di suo padre e nei suoi e, se buon sangue non mente, lo è già in quelli dei suoi bambini. L’ Ariston Multisala (2004)

PADRE 1 – Gianantonio 2 – Signorelli 3 – Il cinema per me è divertimento, cultura, stare insieme. Significa uscire di casa e socializzare, invece che stare a casa a guardare da soli la televisione. Ricordo che quando ho inventato il “sabato pomeriggio per i bambini” ero diventato il babysitter ufficiale e la sala era sempre colma. 4 – “Romeo e Giulietta” di Franco Zeffirelli (1968). 5 – Io sono un amante del western, per cui “Per un pugno di dollari”. 6 – Ne possiedo più di 2.000 (ride, ndr), catalogate anno per anno! Scelgo “The rocky horror picture show”. 7 – Il mio pubblico era la famiglia, perché era la famiglia intera che veniva al cinema, era un vero e proprio evento cui partecipavano tutti insieme. Oggi vedo molti giovani, che allora non facevano parte degli spettatori tipo, che si ritrovano a vedere il film, ma solo come “pre-serata”. 8 – All’epoca di mio padre non esisteva la televisione, per cui la proiezione doveva variare ogni giorno per assicurare al pubblico spettacoli sempre diversi. Nel “mio” cinema, invece, la tenitura dei film era più lunga, con repliche e anche il giorno di riposo settimanale. 9 – Tutto. Mi capita di andare ancora nel cinema vecchio, dove affiorano i ricordi di allora: il pianoforte che accompagnava i film muti, il carbone della cantina, le panche lunghe, la cabina di regia vicino cui sono nato e dove da bambino andavo a spiare. 10 – Io e i miei amici andavamo a schettinare nei corridoi del cinema in via dei Mille, perché fuori le strade non erano asfaltate. Dell’Ariston, invece, ricordo le tante feste da ballo, come per il mio diciottesimo. 11 – Purtroppo mio papà è mancato presto e improvvisamente. È riuscito, per mia fortuna, a trasmettermi, con il suo esempio, l’importanza dell’essere corretti e onesti, del lavoro e di riporre il massimo impegno in tutto quello che si fa. 12 – Io di carattere sono un mediatore, anche se quando mi arrabbio mi arrabbio: in questo siamo molto simili. Abbiamo le stesse idee e valori nel lavoro e nella famiglia. 13 – Quella di aver portato avanti l’attività di mio padre, di averla migliorata ed essere riuscito a indirizzare i miei figli a continuare questo percorso. 14 – Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere (“Le regole del diritto sono queste: vivere onestamente, non recare danno ad altri, attribuire a ciascuno il suo”, ndr).

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E FIGLIO 1 – Nome

1 – Enrico

2 – Cognome

2 – Signorelli

3 – Cosa è il cinema per te?

6 – Hai una parete bianca... la locandina da incorniciare ed appendere?

3 – Il cinema per me equivale a un’esperienza culturale, a socializzazione, è e deve essere innanzitutto un luogo sociale, se non è tale allora fallisce. È una triangolazione continua tra spettatore, luogo e quello che viene proiettato: uno svago pensante che ti lascia qualcosa.

7 – Descrivi il pubblico del “tuo” cinema

4 – “Il ciclone” di Leonardo Pieraccioni (1996).

8 – Alcune differenze rispetto al cinema di tuo padre

5 – Sono un uomo degli anni ’80: “Ritorno al futuro”.

5 – Il tuo film preferito

9 – Cosa rimpiangi del cinema di una volta? 10 – Un ricordo della tua infanzia e giovinezza al cinema 11 – Cosa ti ha insegnato tuo padre? 12 – In cosa ti senti simile all’altro? 13 – La tua più grande soddisfazione 14 – Dì qualcosa all’altro

6 – Domanda difficile...dico “American beauty”. 7 – Esistono pubblici diversi, in base alle giornate e agli orari. Si va dai giovani, alle famiglie, dai bambini agli anziani. Il pubblico è eterogeneo, dai 3 agli 80 anni, con esigenze differenti cui cerchiamo di rispondere con un’offerta variegata. Posso affermare che del mio pubblico fanno parte tutti quanti. 8 – Io ho vissuto più epoche cinematografiche: con l’avvento del multischermo e del digitale l’offerta è quintuplicata rispetto a quella della generazione di mio papà. Il palinsesto di oggi è estremamente variegato e, per noi, include anche eventi culturali e a tutto tondo. 9 – I numeri, le presenze. Solo se hai i numeri puoi investire e fare le scelte che proiettano il tuo cinema nel futuro. 10 – Nei primi anni ’80 giocavo sulla scala dell’Ariston, ma mio padre non voleva, per cui la maschera mi faceva sempre da palo. Per la mia laurea, invece, ho organizzato una festa grandissima al Cinema Nuovo nel giorno di chiusura, con tanto di proiezione esclusiva! 11 – Ad essere una persona corretta e onesta. Mi ha insegnato a impegnarmi al 100% e con la massima serietà in ogni cosa che ti proponi di fare ed è ciò che sto trasmettendo anche ai miei figli. 12 – I valori della famiglia. Mio padre ha saputo portare avanti la sua famiglia e il suo lavoro: io sto cercando di fare lo stesso. Lui è più solare di me, io sono più introverso. Riponiamo però lo stesso valore nel rapporto con le persone. 13 – Al primo posto sicuramente la mia famiglia, mia moglie e i miei figli. A livello lavorativo è la creazione del consorzio UniCi: per me il confronto con i miei colleghi e l’essere riusciti, insieme, a cambiare il mercato è una scommessa vinta. 14 – Ti voglio bene.

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4 – Il primo film trasmesso sotto la tua guida


MUSICA

Giovanissimi e molto... fusion! La band è guidata da Giorgio Galimberti, chitarrista trevigliese di 17 anni di Rosanna Scardi

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S.O.S. Save Our Souls • Paolo Fanzaga • Gabriele Scaratti • FixForb Deleja • Moody • The Feralines • Cuori Infranti • Big V Mastro • Sgriob La Belle Epoque • Hibagon • Gladioli Revel Club • Pure Joy

L’esordio nella Brucompilation Anche gli Sgriob sono nella “Brucompilation”. Il brano si chiama “Plus one”, è tratto dall’ep “Take a closer look” che ne contiene quattro, tutti strumentali.

Il cd, nato da un’idea di Marco “Bruco” Ferri, sta spopolando nelle edicole: contiene brani inediti di gruppi trevigliesi e della Gera d’Adda. Gli altri artisti sono S.o.s., Fixforb,

Moody, Gadioli Revel Club, Cuori Infranti, Gabriele Scaratti, Deleja, La Belle Epoque, Paolo Fanzaga, Hibagon, Big V Mastro, Pure Joy, The Feralines. (R.S.)

n fare musica, Se dormire significa no e no pia a , tta oce Cr o Alex ». Ognuno di ento nel stato coinvolt tanto vale stare svegli di ni, an 20 , io” cch tupiscono per il loro tal il più “ve no b, sogna di nere poco hammond, loro, pur avendo un pia iist art eo lic del te suonare con classe un ge den ri come tur nila loro Caravaggio, stu vivere sul palco, maga ta sis bas il è rsi ge diffuso e impopolare per iun o ad agg à maggiore sta sta. Intanto, la difficolt versione mo- co. L’ultim a che Un . se, ion Ne fus di la , ni, età an e giovan ana, 19 al loro genere. umenti di- Pietro Camp nel trovare locali adatti str e en ni suo che a con im z Pr jaz co. del der na c’è sempre una lo scientifi «Per le cover band rock al posto del frequenta th è syn co e dis re l tie ne tas so e bas com il versi, esibirsi, manca l gruppo, festa o un locale dove plessa e che trasse ne com le dal più te ni, en cco am zzu nic Ma tec k , piano esiste il Blue o da Ni l. Il lavoro stato suonat invece il jazz amatoriale, sou al e con k a ell fun qu al e k, roc com al se e atting prestigio pio, dove si esiNote, una sorta di tem Sg riob, for- esperienze li ati dag on to ezi piu Sel e. com è rpl e Pu em d’insi a Edoardo –. dei Deep bisce Chick Corea – afferm Galimberti, Ian Paice io no org a Gi b da rio ta Sg ida gli gu i, ne mazio sce ascoltando si a JazzM Se negli Stati Uniti si cre ni, studente per esibir an ta 17 Vis se, lie ale loc vig l tre ne ta o ris nat chitar nno suo ard jazz grazie i vinili blues e gli stand appena pub- vembre ha ha di a che tec , lio ico bib ist a gu all lin e li eo al lic Navig tura musicale ai genitori, in Italia la cul l’ep “Take a Darsena sui re tasto l coe ita dei dig i ti rio tut tra su con o blicat giaro. Al la legge di mera prestare Quarto Og nasce con Mina e Vasco, ita inv arqu che il me w, no sho t k”, en loo tal closer conseguenza». hip hop e cato che viviamo ne è la band. Il suo nei tutto a all ny, le the cia Me t spe Pa ne da zio ato ten un’at è stata diversa. to influenz Per Galimberti l’infanzia l’ha spronato tetto è sta i, hin bra il ilic to Qu ica tro ded Pie ha ro, gli maest à, che ha suoGiorgio «Fin da bambino mio pap per realizzare tanto che aini ltr aff Co i n ist sic Joh mu mo e ltia car a cer t”. «Asco e degli anni ’70 nato la chitarra dalla fin utto. Il pri- no “Pat Pa deb che di an ico ma raf t, cog ret dis Jar ith oro il lav vis, Ke to ascoltare il Tura, alla ne, Miles Da negli Spoonful, mi ha fat do oar pre Ed », to yer sta Ma è i n irs Joh un a mo a mio malgrado, ericano all jazz e la fusion. All’inizio, glio, iscritto il pop am evi no Tr rro di sco ni, tra an i 18 azz ia, rag I batter finché la pastarrista. poi ha iniziato a piacermi a Bicocca di cisa il chi all ri ia lib i log ico tra Ps osi di à nd olt ide fac alla gue. Altri miei rnata div sione mi è entrata nel san avere un ap- la loro gio io di sar mo ces nia ne uo era «S Ma ve. o. pro Milan erson, Robbern è di scuola e la sala modelli sono Scott Hend –. o on rid proccio pianistico e così sor – tte no mette. Particogiorno, studiamo la Ford e Mike Stern», am band. I ragazzi lare anche il nome della qualcosa che cercavamo disperatamente fosse tutt’altro suscitasse curiosità, che vato in Sg riob, che banale. L’hanno tro bile in italiano, parola gaelica intraduci di prurito che si che indica la sensazione ore appena priavverte sul labbro superi isky. «Tuttora ma di sorseggiare il wh lettere buttate a c’è chi pensa siano solo vane chitarrista casaccio», sorride il gio progetto: «Tra che annuncia il nuovo emo il singofebbraio e marzo registrer eoclip dal vivo, lo accompagnato dal vid primo album. che anticiperà il nostro date in zona». E chissà che non ci siano

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I 50 ANNI DEL CORO ICAT

Mezzo secolo di ricerca musicale per le voci di Treviglio Dal primo repertorio di canti alpini ai grandi concerti sinfonici in basilica di Rosanna Scardi

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a mezzo secolo dà lustro alla sua città, tanto da inserirla nel nome. Il coro Icat “Città di Treviglio” ha festeggiato i suoi primi cinquant’anni con due eventi concertistici, al Tnt il 27 ottobre e in Basilica il 24 novembre, oltre che con la mostra antologica “Voci e ricordi” che è stata allestita nella sala Meno uno in piazza Garibaldi. L’excursus musicale della formazione si è aperto con il loro primo brano, “Al cjante il gial”, il canto del gallo. Fondato da un gruppo di amici appassionati di alpinismo, nel 1967, come formazione maschile, il coro

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Icat, acronimo di interpreti canti tradizionali, è diretto da vent’anni dal maestro Gian Luca Sanna, che a tredici era entrato a farne parte come voce. «All’inizio, sotto la direzione di Mario Pruneri, i brani erano canti di montagna, come “Il signore delle cime” e “La montanara”; poi, come un individuo matura, anche il coro si è evoluto, ha inciso album, partecipato a trasmissioni tv, vinto concorsi, allargando sempre i propri orizzonti», spiega Sanna. Nel corso degli anni a questi brani ne sono stati integrati altri di natura tradizionale e popolare, sempre eseguiti da voci maschili.

Il 1985 è l’anno del primo importante cambiamento: il coro, sotto la guida di Franco Forloni, è passato dalle sole voci maschili alle miste, diventando polifonico e affrontando, di conseguenza, un repertorio caratterizzato anche da brani popolari e tradizionali. Sanna ha dato un’ulteriore impronta. «Con il mio arrivo l’Icat non si è limitato a essere solo un insieme di voci a cappella, ma ho introdotto gli strumenti come il pianoforte o l’organo, per le esibizioni in chiesa, l’accompagnamento di piccole ensemble e perfino l’orchestra sinfonica, impegnandomi a dirigere entrambi, allargando il repertorio a Bach, Beethoven, Handel, Di Lasso, Vivaldi, Rossini, Gounod, Kodaly, Schubert, Britten», precisa Sanna. Nel 2007 c’è stata l’incisione del “Requiem di Mozart” che era stato eseguito a tre mesi dalla scomparsa di Giacinto Facchetti. Il coro ha partecipato, inoltre, al progetto europeo “Sol Grundtvig”, che ha coinvolto Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Regno Unito, Ungheria e Cipro, promuovendo la collaborazione con altri gruppi, oltre che a numerosi concorsi tra i quali quelli di Roma, Vittorio Veneto, Ravenna, Genova, Tours, Varna, Verrès e Montreux, tenendo concerti a Bratislava, Praga, Lugano, Venezia, Verona, Vicenza, Oristano e Asti. A ospitare l’Icat sono stati il Teatro Donizetti di


Di nuovo in scena il 12 gennaio DOPO LE CELEBRAZIONI per il cinquantennale con i concerti al Tnt e in basilica, il Coro Icat “Città di Treviglio”, diretto dal maestro Gian Luca Sanna, inaugura l’anno nuovo con un evento benefico. Mercoledì 12 gennaio, alle 21, si esibirà al Santuario insieme al Coro Calycanthus, diretto da Franco Forloni, che a sua volta era stato alla guida dell’Icat, e alla Schola Cantorum “G.B. Cattaneo”, diretta da Luca Legnani. Eventuali offerte libere saranno devolute a favore delle popolazioni terremotate dell’Umbria. (R.S.)

na e la Chiesa di San Marco di Milano. La bacchetta è stata ceduta provvisoriamente a nomi prestigiosi come il maestro Romano Gandolfi, mentre complimenti sono arrivati dai mae-

stri di alto spessore quali Gianandrea Gavazzeni, Goffredo Petrassi e Mino Bordignon. Il coro ha collaborato con i Pomeriggi Musicali e l’Orchestra Stabile di Bergamo.

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Bergamo, il Dal Verme e il Castello Sforzesco di Milano, la Chiesa di Santa Maria del Carmine a Brescia, il Persio Flacco di Volterra, il Filarmonico di Verona, il Dante Alighieri di Raven-

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TAGLIO DEL NASTRO

Al commissariato inaugurata “una stanza tutta per sé” Lo spazio è stato aperto il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, su un progetto dell’associazione Soroptimist international italia di Rosanna Scardi

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onne e minori maltrattati hanno “una stanza tutta per sé” dove presentare denuncia nel commissariato di Treviglio. Lo spazio è stato inaugurato il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, su un progetto dell’associazione Soroptimist international italia. Il taglio del nastro è stato eseguito dalle autorità locali, alla presenza del vice questore aggiunto Angelo Lino Murtas, che ha sostenuto con forza il progetto, mentre la benedizione è stata impartita dal prevosto don Norberto Donghi. «L’iniziativa è nata a livello nazionale, noi ci stavamo la-

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vorando da un anno; non essendoci posto nella caserma dei carabinieri, abbiamo trovato la soluzione ideale nel commissariato, in uno spazio al primo piano – afferma Anna Di Landro, presidentessa di Soroptimist di Treviglio e Pianura bergamasca –. Nell’ambiente, accogliente e confortevole, le vittime trovano la privacy e la tranquillità necessarie per compiere con coraggio quel passo che potrebbe cambiare o salvare la loro esistenza». L’associazione per i diritti delle donne già due anni fa aveva predisposto un locale per l’audizione protetta per bambini e ragazzi presso il Tribunale per i minori di Brescia. Nella stanza

in commissariato il personale di polizia raccoglie le deposizioni di donne e minori che si sentono al sicuro grazie a particolari accorgimenti. Si tratta di un luogo caldo, non di un freddo ufficio. Non c’è volutamente la scrivania, per non dare l’idea dell’interrogatorio, ma un tavolo con quattro sedie e, accanto, un altro con i giochi per i bimbi. Il video e l’audio digitale sono registrati in automatico con apparecchiature sofisticate e non visibili, come lo specchio unidirezionale che tanto si vede nei telefilm americani, senza creare un blocco psicologico, né l’ulteriore freno del dover fare la fila nei tradizionali uffici de-


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nunce con i classici verbali scritti su carta. Alle pareti, un tocco di colore con i quadri donati dal pittore Battista Mombrini, da Maria Gabriella Bassi, socia di Soroptimist, e realizzati dagli studenti del liceo artistico “Simone Weil”. A ispirare la scelta del nome è stato il titolo di un saggio di Virginia Wolf: la scrittrice inglese, nel 1929, in un’epoca maschilista, rivendicava il diritto delle donne ad avere una propria voce e libertà, dopo secoli di sudditanza e sopraffazioni maschili, invocando l’esigenza di uno spazio che fosse fisico e mentale di autonomia, immaginazione e protezione.

Femminicidio IN QUESTI GIORNI DI RIFLESSIONE dedicati agli eventi contro la violenza alle donne, mi è capitato di sentire interessanti disquisizioni contro il termine “femminicidio”, che da sé indica proprio il crimine oggetto delle manifestazioni. Ma perché questa parola disturba così tanto? Non piace a molti puristi esperti di linguistica che preferirebbero “ginecidio”, di derivazione parziale dal greco e non femminicidio o feminicidio di derivazione latina, come homicidium formato da homo e da cidium (dal latino caedere cioè “tagliare, uccidere). Eppure altri termini di derivazione latina sono entrati nel linguaggio comune o specifico e nessuno ci trova niente

da ridire, per esempio infanticidio, parricidio, matricidio, genocidio, uxoricidio, suicidio. La sensazione, sgradevole peraltro, è che non sia la parola, per quanto brutta (per alcuni) a dare fastidio ma proprio il concetto. Quasi a ritenere che la sua derubricazione da femminicidio a omicidio rendesse meno connotato il suo significato. Il termine femminicidio o feminicidio è un neologismo che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa per motivi basati sul genere. Questo è il punto: il termine costituisce dunque un sottoinsieme della totalità dei casi di omicidio aventi un individuo di sesso

femminile come vittima, in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte. La parola femminicidio non indica tanto il sesso della morta, quanto il motivo per cui è stata uccisa. Una donna uccisa durante una rapina non è un femminicidio. Sono femminicidi le donne uccise perché si rifiutavano di comportarsi secondo le aspettative che quegli uomini hanno delle donne. Dire omicidio ci dice solo che qualcuno è morto. Dire femminicidio ci dice anche il perché. Maria Gabriella Bassi

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AL TEATRO NUOVO DI TREVIGLIO

PASSIONE E VOLONTÀ PER UN’ITALIA CIVILE

La lezione agli studenti della Bassa dell’ex rettore di Bergamo Stefano Paleari: “Investite nella vostra educazione e lanciatevi nella vita senza troppi calcoli” di Cristina Signorelli

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tefano Paleari è recentemente intervenuto a Treviglio, invitato dall’Associazione culturale Malala, per presentare il suo ultimo libro “I battiti della mente”. Il suo ingresso, al Teatro nuovo treviglio (Tnt) pieno di studenti, è stato scandito da un entusiastico tifo da stadio che il giovane pubblico gli ha generosamente tributato in più occasioni. Il professor Paleari, ex rettore dell’Università di Bergamo, il cui nome è ormai associato prevalentemente ad Alitalia da quando nel maggio 2017 ne è stato nominato Com-

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missario insieme a Luigi Gubitosi ed Enrico Laghi, ha al suo attivo diversi altri incarichi prestigiosi – tra i quali la guida del comitato di coordinamento di Human technopole, il nuovo polo scientifico che si svilupperà sull’ex area Expo – ma rimane orgogliosamente prima di tutto un docente universitario, capace di parlare apertamente ai giovani, catturandone l’attenzione, come dimostra la forte partecipazione delle scolaresche intervenute alla presentazione. Il tema dell’educazione è centrale nelle riflessioni di Paleari che afferma:

«L’educazione è tutto. È un diritto che non può essere sottratto perché costituisce il criterio di dignità con cui un individuo sta nella società. Oggi che tutti siamo soggetti a una sorta di formazione permanente, ognuno di noi riveste entrambi i ruoli di studente e insegnante in uno scambio reciproco di dare e ricevere. Una buona educazione ci aiuta a interagire proficuamente con gli altri e a saper proporre e difendere le nostre idee». Stefano Paleari si è laureato in ingegneria nucleare negli anni novanta, giusto quando ci dice: «L’Italia decise di abbandonare il nucleare e cancellare tutte le professioni legate a quelle attività. In quel momento mi sono sentito tradito dalla mia comunità, sebbene sia convinto che la scelta referendaria di allora sia stata quella giusta perché il nostro Paese non aveva la governance capace di gestire la filiera dell’industria nucleare. Ho imparato allora che la vita non va pianificata e bisogna vivere le incertezze sul futuro come una grande opportunità». La scelta di Paleari allora fu di “riconvertirsi” alla carriera accademica, realizzandola in tutto il suo percorso diventando prima rettore dell’Università di Bergamo e poi presidente della Conferenza dei rettori italiani, per tornare


impatto anche per il Paese. Per governare al meglio queste complessità abbiamo creato, attraverso l’ascolto e la mediazione, un clima di fiducia con i dipendenti e la clientela per poter raggiungere soluzioni condivise. Tra i nostri obiettivi primari vi è quello di garantire l’accessibilità al Paese disponendo di un vettore efficiente, competitivo ed affidabile». Al termine dell’incontro, il professor Paleari rivolgendosi alla sua, prevalentemente, giovane platea ha concluso: «La ragione per cui ho realizzato questo libro è perché volevo mettere per iscritto le esperienze che si vivono tutti i giorni. Un giorno ho sentito una persona rimproverare un ex presidente del Consiglio perché aveva fatto molta strada ma poco marciapiede. Io vorrei che le persone che hanno fatto tanta strada abbiano fatto anche tanto marciapiede, che siano partiti da dove siete voi in questo momento e che possano raccontare che sono entrate in un luogo per merito e che solo in seguito ad un demerito dovrebbero abbandonarlo. Questo è il messaggio che molto sinceramente, superando ogni possibile barriera gerarchica, vi voglio trasmettere perché credo che la scuola, l’università, e poi i luoghi educativi tutti debbano essere per voi la garanzia di sentirsi degna parte di una comunità con le vostre differenze, le vostre perplessità, le vostre apprensioni, con il cuore che batte perché deve far funzionare una mente. Quando sarete chiamati a fare delle scelte andate davvero dove vi porta il cuore perché, se faceste solo una scelta di calcolo, non riuscireste a fare un passo in più, e questo ve lo dice un ingegnere e non un filosofo».

ph Appiani

al termine di questi mandati professore ordinario di Analisi dei sistemi finanziari. Paleari, come molti altri suoi colleghi di allora, ha sfruttato gli impedimenti trovati sul suo cammino per realizzarsi con successo, in un ambiente lavorativo diverso da quanto programmato inizialmente; per molti giovani oggi questa stessa scelta si traduce nell’abbandonare l’Italia per trovare all’estero i riconoscimenti professionali ed economici che dentro i confini nazionali sono loro negati. «Premesso – commenta Paleari – che ritengo molto positivo che i giovani facciano esperienze lavorative e di studio all’estero, e li ammiro perché sanno aprirsi al mondo forti della loro identità, nel contempo mi preoccupa vedere che tante menti brillanti non possano esprimersi nel nostro Paese, e se ne vanno per non tornare». Stando al ragionamento del Professore il fenomeno dei “cervelli in fuga” sottolinea come, in questi anni, l’educazione abbia spesso fallito l’obiettivo – individuare il talento –; del resto un sistema meritocratico sempre più indebolito fiacca e demotiva il confronto delle migliori menti. «È innegabile – prosegue Paleari – che oggi stiamo perdendo capitale umano. Durante la preparazione del mio

libro riflettevo che la mia formazione è stata garantita da un’educazione popolare. Sono cresciuto in una piccola frazione di questa provincia dove ho anche studiato. Ciononostante mi è stato garantito il diritto a un’eccellente preparazione che poi mi ha permesso di andare avanti al meglio delle mie capacità. In questi ultimi venti o forse trent’anni abbiamo assistito a un progressivo indebolimento degli assetti istituzionali, e seppur sono contrario alle generalizzazioni – la corruzione permea tutto o nelle università esistono solo baronati – è pur vero che oggi è molto più difficile che si ripetano storie come la mia. Dobbiamo lavorare insieme perché sia di nuovo possibile per un giovane, ma non solo, cogliere le opportunità che la vita offre, contento di vivere nella propria comunità». Riguardo all’importante lavoro che sta svolgendo in Alitalia, insieme agli altri due Commissari, Paleari ha affermato: «Insieme al capitale umano, in Italia stiamo perdendo capitale fiduciario. La fiducia è il presupposto necessario per entrare in sintonia con chi la pensa diversamente da noi, per ragionare e comporre posizioni antitetiche in un equilibrio, chiamiamolo anche compromesso, che permette di evolvere la situazione e migliorarla. Alitalia è una grande azienda con circa dodicimila dipendenti, nella quale convivono tematiche forti e di grande

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SPORT - CALCIO

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Aia: gli arbitri di Treviglio sono sempre protagonisti

ell’annuario italiano del football d’inizio secolo scorso, con il “Collegio Facchetti” e “Circolo sportivo trevigliese” – compagini calcistiche fra le più antiche d’Italia presenti nel campionato di seria A dell’epoca (1907) – figuravano anche due arbitri trevigliesi: Mario Mattoni e Paolo Alberti, pionieri di quella che nella città della bassa bergamasca oggi è una “scuola” per arbitri. Una storia, quella della Sezione Aia - Associazione italiana arbitri di Treviglio, che ha origini lontane. Nata nel 1949 come sottosezione dipendente da Bergamo, due anni

Sopra: la punta di diamante degli arbitri di Treviglio Diego Provesi, arbitro in Lega Pro; A destra: - Diop, Consonni, Paganelli, Frosi e Prekaj. - Abdoulaye Diop.

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dopo cominciò in tutta autonomia la sua attività preparando direttori di gara chiamati a dirigere partite di calcio dai campionati giovanili a quelle dei calciatori professionisti. A essere ricordato come primo condottiero dei fischietti trevigliesi sarà Carlo Casati, eletto come presidente il 6 giugno del 1951 in quella che fu la prima sede nell’albergo San Rocco; insieme a lui fu nominato anche il primo consiglio direttivo: Camillo Caramelli, Andrea Stucchi, Dante Stucchi, Enzo Castelli, Francesco Grazioli, Arnaldo Bevilacqua, Ferdinando Guarracci e Armando Serbolisca. Sei i presi-

denti che da allora si sono avvicendati alla guida della Sezione: Angelo Gatti, Arnaldo Bevilacqua, Chiassi Luigi, Giancarlo Bassetta, Giuseppe Provesi, per arrivare oggi a Enzo Paganelli. Dopo più di un trasloco, la Sezione Aia di Treviglio ha trovato la sua dimora definitiva in via Malgari al civico uno. Molti i nomi di protagonisti nel passato in terne arbitrali negli stadi di tutta Italia, così come nel calcio moderno di oggi. Fra gli attuali 130 associati, infatti, emerge un gruppo di giovani arbitri, punta di diamante Diego Provesi impegnato in Lega Pro, che portano il nome della città di


A sinistra: Luciano Castelli, arbitro in serie C. Sotto: - Luciano Castelli, a sinistra, guardalinee in seria A; - Arbitri del passato; - Foto di gruppo con due presidenti del passato, il trevigliese avv. Giancarlo Bassetta e il caravaggino Giuseppe Provesi.

Treviglio sui rettangoli verdi di tutto il territorio nazionale. Nei primi anni Ottanta in Lombardia si fa strada il calcio a 5 e gli arbitri della Sezione trevigliese si fanno trovare pronti. Tanti, infatti, vengono designati per partite nei campionati di diverse categorie provinciali e regionali; alcuni di loro sono chiamati a dirigere anche fuori dai confini lombardi, come Stefano Dati, inserito fra gli arbitri del campionato di serie A e convocato nel 1988 fra i fischietti selezionati per guidare le fasi finali disputate nello stadio di Merano (Bolzano). Pronto per febbraio il corso per preparare giovani arbitri, le nuove leve sono sempre di attualitĂ . Per partecipare bisogna avere 15 anni compiuti e non superare i 30; per maggiori informazioni telefonare al 0363.301660 o scrivere a treviglio@ aia-figc.it.

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SPORT - NUOTO

In vasca con i Master di Treviglio Dopo il secondo posto a Vimercate, gli atleti si tuffano verso i campionati regionali di Gaia Bonomelli

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l gruppo Master del Centro sportivo quadri di Treviglio è una squadra che si allena sotto la guida di Irene Bonora che, con un passato da nuotatrice professionista, ha trasformato la passione per il nuoto nel suo lavoro. La principale novità di quest’anno, per la squadra, è l’essere entrata a far parte della società Swim pro Lombardia che comprende i gruppi di Treviglio e di Segrate; i primi sotto la guida tecnica di Irene Bonora e Silvano Cozzi, i secondi di Pierluigi Pergreffi. Tutti e tre gli allenatori collaborano seguendo una stessa linea di programmazione della stagione, tuttavia mantenendo ognuno la propria autonomia tecnica. I Master di Treviglio, in particolare, sostengono allenamenti serali tre volte alla settimana e, trattandosi per la maggior parte di atleti in età adulta, Irene tiene in considerazione la possibile stanchezza a seguito della giornata lavorativa e la difficoltà nel mantenere alta la concentrazione in vasca. La Bonora sa infatti essere comprensiva e al contempo esigente con gli atleti, spronandoli a migliorarsi e perfezionarsi in vista soprattutto delle gare per le quali, pochi giorni prima, è previsto un allenamento più leggero in modo da non stressare troppo la muscolatura.

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Generalmente, due dei tre allenamenti settimanali comprendono esercizi finalizzati a migliorare la velocità e la resistenza in vasca, mentre il terzo include differenti attività che prevedono l’utilizzo di attrezzatura specifica, quali elastici per migliorare la potenza fisica, ed ancora, l’indossare maglietta, calze e scarpe che richiedono uno sforzo differente in acqua. Una caratteristica positiva della squadra è il fatto di essere composta sia da donne che da uomini.

Circa questo aspetto, Irene sottolinea come la principale differenza si riscontri nella fisicità; le donne sono svantaggiate rispetto agli uomini poiché hanno normalmente una forza inferiore ed inoltre riscontrano maggiori difficoltà a conciliare impegni lavorativi e familiari con gli allenamenti serali, ma non per questo non contribuiscono ai risultati finali della squadra. La preparazione dei Master è infatti molto impegnativa sia a livello fisico che psicologico e richiede costanza e determinazione. Per tale motivo l’allenatrice sa trasmettere la passione di uno sport che, come il nuoto, è individuale e spinge gli atleti a misurarsi con loro stessi portandoli a conseguire risultati personali e di squadra. Risultati che hanno appunto ricompensato gli sforzi quando, lo scorso anno ai Campionati italiani master, gli atleti della Swim pro lombardia hanno vinto un record, cinque medaglie individuali e due di staffetta aggiudicandosi inoltre, gli scorsi 18 e 19 novembre, il secondo posto nella 35ª edizione del Trofeo nuoto master città di Vimercate, dove hanno gareggiato 72 squadre provenienti da tutta Italia. Tutto ciò fa sperare quindi in un altro anno di soddisfazioni per la squadra che, il prossimo febbraio, gareggerà ai Campionati regionali master.


SPORT - VOLLEY

La grande famiglia della United volley

La società sportiva fu fondata nel 2013. Gli iscritti sono cresciuti in modo vertiginoso, passando da una dozzina a ottanta di Rosanna Scardi

I

n cinque anni gli iscritti sono cresciuti in modo vertiginoso, passando da una dozzina a ottanta. La United volley Treviglio ha una filosofia: considerare la pallavolo più che un sport di squadra, un valore. «Siamo una scuola, insegniamo a giocare a tutti, anche a chi non ha mai provato, offrendo le stesse possibilità – afferma l’allenatore Luca Pinelli –. Prioritario è il rispetto delle regole, spesso mancanti nei giovani di oggi, facendo comprendere loro che siamo una famiglia, dove atleti e famiglie collaborano. La nostra mission è non chiedere cosa può fare la United per te, ma tu cosa puoi fare per la società». A fondarla, nel 2013, oltre a Pinelli, sono stati Alberto Invernici,

neo presidente dal primo dicembre, Omar Crippa e Marta Pagani, i suoi vice, Paola Trentin, segretaria. «Avevamo tutti lavorato presso altre società come un unico staff, quando abbiamo deciso di mettere insieme le nostre risorse, economiche e morali», spiega l’allenatore. La società si regge, infatti, principalmente sulle rette, dal costo popolare: si va dal minimo di 165 euro annui ai 180 per il mini volley, ai 270 per la squadra femminile. «Però se c’è chi versa in difficoltà, facciamo i salti mortali pur di venirgli incontro», dichiara. Il quartiere generale è in viale Piave, nelle palestre dell’istituto comprensivo “Cesare Battisti”, dove ci si allena, mentre le partite si gioca-

no alla Geromina. Le categorie sono quattro, mini volley per i bambini dai sei ai dodici anni, con posti ancora disponibili, misto amatoriale, under 14 dalla prima alla terza media e la prima squadra femminile. Quest’ultima sta continuando il campionato. A guidarla è la capitana Elena Rizzi, 29 anni, di Badalasco, mentre l’allenatore è Giancarlo Carniti. Le pallavoliste si ritrovano anche nel calendario, stampato in duemila copie. Chi volesse provare, può partecipare o assistere a un allenamento, il lunedì e il mercoledì, dalle 17 alle 18.30. Per ulteriori informazioni c’è la pagina Facebook, oppure si può scrivere a unitedvolleyasd@hotmail.it o telefonare al 3296964230.

Cuore di capitano... A GUIDARE NELLE VITTORIE la prima squadra femminile, fiore all’occhiello della United volley treviglio, è la sua capitana, Elena Rizzi, 29 anni, di Badalasco, di professione impiegata. L’atleta ha iniziato a giocare a undici anni nella Treviglio pallavolo, mentre nel 2014, su esortazione

dell’allenatore Luca Pinelli, dopo essere rimasta ferma per tre stagioni, è approdata alla nuova società. «In realtà, gioco fin da piccola, ai tempi delle elementari; nel cortile sotto casa mia c’erano dei bambini che palleggiavano e mi sono unita a loro, da allora è diventata la

mia passione», ripercorre l’atleta. Elena copre, oggi, il ruolo di laterale esterno ed è la più “grande” della sua squadra: è composta da tredici pallavoliste, la più giovane è nata nel 2002. Nessuna particolare qualità atletica è richiesta per stare sotto la rete. «La pallavolo è un

gioco per tutte, non è necessario essere troppo alte o slanciate, guardate me, sono un metro e 67», sorride Elena. Al suo sport dedica due allenamenti a settimana nella palestra dell’istituto comprensivo “Cesare Battisti” di viale Piave. (R.S.)

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SPORT - CALCIO

L’indelebile ricordo di Valentino Mazzola Il campione rivive nell’omonima società calcistica cassanese di Stefano Dati Sopra il titolo: Valentino Mazzola e la festa per la vittoria della Coppa Lombardia, stagione sportiva 2015-2016. Sotto (da sinistra): Stella Mazzola presidente onorario, Antonietta Mazzola vice presidente, Sergio Biondini presidente, Elena Biondini segretaria.

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l cuore del campione di calcio cassanese Valentino Mazzola batte forte nella sua città natale, e non solo, attraverso strutture pubbliche, strade e squadre di calcio che portano il suo nome. Nello scorso mese di novembre la città di Milano ha dedicato un strada cittadina al calciatore del Toro morto nella tragedia di Superga, nel 1949, con i compagni di squadra e giornalisti al seguito. Un riconoscimento che va ad aggiungersi a quelli già realizzati a Cassano d’Adda, luogo dove molti spazi dell’ambiente cittadino parlano di Valentino Mazzola: dallo stadio comunale a lui dedicato ad una strada che porta il suo nome; non poteva di certo mancare la presenza della sua figura nel calcio giocato ed ecco, quindi, che nel 2001 prende vita la società di calcio locale Associazione sportiva dilettantistica Valentino Mazzola. Quasi duecento i tesserati, guidati dal presidente Sergio Biondini, che indossano la maglia granata, il colore entrato nella storia del calcio italiano grazie al mito del campione cassanese. Comincia dalla base il cammino della Asd Valentino Mazzola, così come era successo a “Tulin”, nomignolo affibbiato a Valentino Mazzola perché prendeva sempre a calci vecchie latte, che cominciò la sua carriera con una squadra aziendale. La società sportiva milita oggi nel campionato di prima categoria, posizione conquistata nella stagione sportiva 2015/2016, quando alla vittoria del campionato si aggiunse anche la conquista della coppa Lombardia, un binomio vittorioso mai raggiunto da squadre


cassanesi. Fiore all’occhiello della società, il settore giovanile. Oltre ai numerosi campionati a cui partecipano, per loro ogni anno in primavera prende vita uno dei tornei organizzati in Lombardia con il maggior numero di squadre partecipanti. Numeri davvero importanti: nell’edizione della prossima primavera saranno, infatti, 220 le squadre di società dilettantistiche e 40 quelle professionistiche. L’attenzione ai ragazzi è in primo piano anche nel periodo di fine estate, quando 60 squadre di giovani campioni partecipano alla kermesse calcistica dedicata ad un altro cassanese presente nella storia del calcio italiano: Andrea Bonomi, capitano del Milan nell’era del trio Gre, No, Li (Gren, Nordahl, Liedholm).

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GRANDE FESTA DEL RINGRAZIAMENTO

L Un tripudio di genuinità L’appuntamento si rinnova dal 1951 di Rosanna Scardi

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a 67esima giornata del ringraziamento, che nulla ha a che vedere con la festa americana e l’immancabile tacchino ripieno, si è svolta domenica 26 novembre a Treviglio, tra sfilata di mezzi agricoli, l’allegria dei bambini e la tradizionale benedizione. Alla luce del forte carattere rurale della zona, alla manifestazione hanno partecipato 65 agricoltori, alcuni provenienti dai paesi limitrofi. «Le origini dell’appuntamento sono religiose, è un modo per ringraziare Dio per i prodotti che la terra ci ha donato, ricordiamo che il contadino procura alla comunità gli elementi base per la sua sussistenza, il cibo buono che ha il profumo antico del pane e del vino e che costa una dura fatica nei campi – spiega Alessandro Ciocca, consigliere comunale e presidente della Commissione agricoltura –. La giornata cade, in calendario, vicino alla ricorrenza di San Martino, che si celebra l’11 novembre e che segna il passaggio alla nuova annata agraria con la necessità della benedizione». Davanti al corteo, che è partito la mattina dal Foro Boario, c’era infatti il carretto con i prodotti: frutta, verdura, latte, formaggi, pane e salumi. I primi mezzi a sfilare sono stati quelli d’epoca, in mezzo


ph Appiani

c’era la mietitrebbia, dalle dimensioni notevoli, via via quelli più moderni, fino ai trattori di ultima generazione. Le macchine agricole sono state parcheggiate nelle piazze Garibaldi e Manara, sotto gli occhi dei ragazzi e dei bambini, stupiti, perché colti dalla sorpresa una volta usciti dalla messa in basilica. A seguire ci sono state la funzione e la benedizione a cura del prevosto don Norberto Donghi. «Era talmente entusiasta, ha affermato nel corso della predica, che non vede l’ora di ripetere l’evento l’anno prossimo», aggiunge Ciocca. Dopo la messa, i contadini hanno partecipato al rinfresco a base di prodotti della terra al ristorante Mate. Istituita per la prima volta con l’attuale amministrazione, la Commissione agricoltura tratta in modo specifico tutte le materie attinenti al mondo rurale e alle acque irrigue. Ma non solo. «Sono passati al vaglio della Commissione, oltre a regolamenti o questioni tecniche specifiche legate alle attività, anche l’approvazione di manifestazioni, l’agrimuseo orizzontale all’aperto e le camminate enogastronomiche – precisa Ciocca –. Si tratta di strumenti che favoriscono ai cittadini la conoscenza del mondo esterno, tra natura e agricoltura».

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LE RICETTE DI ERIKA RESMINI

Fusilli alla crema di carciofi Ingredienti: • 3 carciofi • Parmigiano • 300 gr di pasta • Aglio • Olio • Prezzemolo

Insalata arancio, porro e fontina Ingredienti: • 1 porro • 1 arancio • 150 gr di fontina • Olio, sale e pepe

Ventagli di sfoglia Ingredienti: • 1 sfoglia rettangolare • 1 uovo • Zucchero

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PRODOTTI DISPONIBILI PRESSO CFL

L

avare e pulire i carciofi tagliati finemente, immergerli e lessarli. Nel frattempo cucinare la pasta. Una volta cotti, passare i carciofi in pentola con olio e uno spicchio d’aglio. Prenderne una parte, unire dell’acqua di cottura e frullare il tutto insieme a 2 cucchiai di parmigiano. Scolare la pasta e mantecare con la crema. Impiattare con il prezzemolo e qualche spicchio rimasto.

A

ffettare finemente il porro, tagliare a vivo l’arancio e farne dei piccoli cubetti. Lo stesso con la fontina in una ciotola. Unire gli ingredienti e condire con dell’olio, sale e pepe. Una fresca insalata dal sapore invernale.

S

tendere la sfoglia, in una tazza rompere l’uovo ed unirvi lo zucchero. Con un pennello passare il composto sulla sfoglia. Arrotolare iniziando prima con un lato, poi con l’altro, fino ad unirli. Tagliare ad uno spessore di circa 1/2cm per ricavare i ventagli. Adagiare sulla carta da forno e spolverare ancora con lo zucchero. 20 minuti a 180° ed ecco pronti i ventagli, ottimi per una merenda oppure con un caffè.

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CASSANO

I noti problemi sulla sicurezza minano l’utilizzo del nuovo teatro Inaugurato solo alcuni mesi fa, l’auditorium potrebbe subire un periodo di chiusura durante il quale l’Amministrazione dovrebbe mettere mano agli interventi di sicurezza richiesti dalla Commissione provinciale di vigilanza di Stefano Dati

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naugurato il 30 settembre, l’auditorium potrebbe subire un periodo di chiusura durante il quale l’Amministrazione metterebbe mano agli interventi di sicurezza richiesti dalla Commissione provinciale di vigilanza. Fu proprio questo ente a stilare un verbale con ben venticinque punti critici inerenti la sicurezza dei locali. Criticità che non hanno fatto fare marcia indietro al Comune che ha proceduto comunque con all’inaugurazione della struttura, battezzata con il nome di TeCa, acronimo di Teatro Cassanese. Purtroppo, a poche ore dal taglio del nastro, quelle pro-

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blematiche si sono presentate con tutta la loro tragicità. Una donna di 70 anni è rotolata infatti dai gradoni del piccolo anfiteatro e cadendo ha battuto più volte la testa. Immediato l’intervento del 118; fortunatamente l’incidente, in seguito, si è rivelato meno grave di quanto appariva nell’immediato. Quell’episodio ha costretto la chiusura della zona dell’anfiteatro che resterà off limits fino alla sistemazione delle criticità rilevate. La settimana successiva a quella dell’inaugurazione si è verificato un nuovo incidente, questa volta fuori dalla struttura. Vittima ancora una donna,


che è caduta a terra a causa della pavimentazione sconnessa del vialetto che conduce all’ingresso del TeCa. C’è di più: la zona chiusa per l’incidente sui gradoni del piccolo anfiteatro era necessaria per chi doveva raggiungere i bagni della struttura. Il divieto di attraversare quell’area ha, quindi, obbligato i fruitori del TeCa a fare necessariamente uso dell’ascensore, rimasto l’unico modo per raggiungere i servizi. Criticità che non sono di certo sfuggite all’occhio vigile dei politici dell’opposizione cassanese che hanno presentato interpellanze in Consiglio comunale chiedendo spiegazioni al sindaco. «Ciò che mi ha indotto a portare in consiglio un’interpellanza – ha sostenuto Elena Bornaghi, leader di “Cassano obiettivo comune” – è stata le questione inerente la sicurezza di una struttura inaugurata nonostante il parere contrario della Commissione di vigilanza, che ha effettuato un sopralluogo una settimana prima dell’apertura, esprimendo parere contrario». Dal canto suo l’Amministrazione comunale risponde attraverso l’assessore preposto, Aristide Caramelli: «La Commissione provinciale di vigilanza – spiega l’amministratore – aveva evidenziato alcune criticità. Penso che, terminata la programmazione in cartellone per il 2017, in questo nuovo anno l’auditorium potrebbe essere chiuso per qualche periodo per fare i lavori di sistemazione, approfittando, fra l’altro, d’intervenire anche su piccole sistemazioni all’interno della sala del TeCa emerse in questo primo periodo di apertura. Interventi quest’ultimi, va detto, che non sono inseriti nel verbale della Commissione di vigilanza».

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CARAVAGGIO

“Mente in volo, piedi per terra” di Ivan Scelsa

D

favore di enti di ricerca e beneficenza, come l’Associazione italiana ricerca cancro, l’Associazione italiana sclerosi multipla ed il Banco alimentarecolletta nazionale. Anche la tutela del patrimonio culturale rappresenta un pilastro delle attività ed ha portato al recupero del monumento del 1927 eretto a ricordo della medaglia d’oro al valor militare, il tenente pilota Giannino Ancillotto, così come al recupero dell’originale calco in gesso del 1924 dello scultore Giacomo Grippa ubicato dinanzi alla sede S. Bernardino. E ancora: lo sviluppo di premi nazionali di studio dedicati ai giovani ingegneri impegnati in campo aeronautico, aerospaziale ed aeromedico, o alla

ph Appiani

al giorno dell’inaugurazione – il 28 novembre 2010 – nell’Associazione arma aeronautica di Caravaggio si sono succeduti anni di consolidamento ed impegno vissuti con spirito di appartenenza, partecipazione e determinazione. Una sezione dalle molteplici sfaccettature, quella caravaggina, capace di legare l’attività istituzionale a quella sociale e culturale con la promozione di corsi di primo soccorso e di un nucleo di protezione civile impegnato sul territorio, per il territorio. Il cerimoniale e le attività di carattere prettamente “militare” spesso lasciano spazio alla solidarietà, con eventi volti a promuovere iniziative a

Da sinistra: il Prof. Cesare Cardani del Politecnico di Milano, Claudio Bossi, massimo esperto italiano Titanic, il Presidente A.A.A. Dott Antonio M. Pelegri, il Prof. Col. Mario Giuliacci dell’Istituto Aeronautico Locatelli, l’Istruttore Pilota Luca Vaccarini del punto Volo Torlino, Roberto Colle Capo Servizio Radar di Milano Linate Malpensa Orio.

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diversa abilità e promossi nell’ambito del locale Istituto comprensivo Mastri Caravaggini. Questo solo per citarne alcuni. Il presidente, Antonio Maurizio Pellegri, è particolarmente orgoglioso di questa piccola, grande realtà: «mente in volo, piedi per terra», dice mentre introduce la serata culturale aerospaziale “Il tempo atmosferico e spaziale… meteorologia, scientificità e mobilità aerea”, che il 14 dicembre ha avuto luogo all’auditorium della Bcc di Caravaggio e a cui hanno preso parte, tra gli altri, il colonnello Mario Giuliacci, professore di meteorologia presso l’Istituto tecnico aeronautico Locatelli


La rubrica dell’Intermediario Assicurativo

(I.P.)

Tcm: assicurare la serenità

L

di Bergamo, Cesare Cardani, professore del dipartimento di Scienze e tecnologie aerospaziali del Politecnico di Milano, il colonnello Stefano Farrace, direttore dell’Istituto di medicina aeronautica e spaziale Angelo Mosso di Milano e l’istruttore pilota Luca Vaccarini. Un appuntamento importante, quindi, in cui sono intervenuti anche lo storico e scrittore Claudio Bossi e gli alunni delle scuole secondarie di primo e secondo grado aderenti alle iniziative dell’Agenzia spaziale italiana e che ha richiamato un nutrito parterre di autorità, appassionati e semplici curiosi dell’argomento.

a protezione delle persone care non ha prezzo e poter garantire loro un futuro felice ha un valore soggettivo inestimabile. Questa tipologia di polizza, infatti, contribuisce in modo importante, in caso di evento, il sostentamento e il mantenimento economico di chi ci sta vicino. Nel dettaglio le polizze Temporanee caso morte (Tcm), dietro corresponsione in un premio periodico, in caso di prematura scomparsa dell’assicurato nel corso della durata contrattuale, liquidano immediatamente un capitale ai beneficiari designati. L’importo del capitale assicurato rimane costante per tutta la durata contrattuale ed è stabilito dal contraente in base alle personali esigenze di protezione. Può essere pari alla somma necessaria per il completamento degli studi dei figli, oppure per estinguere un impegno economico in corso o per qualsiasi altre necessità. La durata della copertura varia da un minimo di 2 anni ad un massimo di 25, a condizione che l’età dell’assicurato a scadenza non superi i 75 anni (in caso di attivazione di garanzie complementari in grado di potenziare la protezione l’età varia).

Per garanzie complementari intendiamo, se espressamente richiamate in polizza e a seconda del tipo di Tcm scelta, una liquidazione di capitali aggiuntivi per decesso da infortunio stradale e non, una liquidazione di capitale in caso di invalidità permanente che superi una percentuale definita dalle condizioni di polizza. Le varie opzioni di scelta dipendono dal bisogno dell’assicurato stesso. Ai fini della sottoscrizione del contratto è richiesta la compilazione di un questionario sanitario. La visita medica è necessaria a seconda dell’età dell’assicurato e del capitale. Stipulare una polizza Tcm ha dei vantaggi fiscali importanti, quali: i premi pagati possono essere detratti fiscalmente nella misura del 19% nei limiti previsti dalla normativa e il capitale assicurato è esentasse, impignorabile e insequestrabile. È importante che la protezione offerta dalle polizze Tcm venga sempre più apprezzata dalle famiglie, non sempre consapevoli del fatto che, a fronte di un modesto impegno economico, si può assicurare la serenità dei propri cari. Silvia Riva

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La rubrica della salute orale (I.P.)

Tanta pazienza e leghe avveniristiche per le devitalizzazioni dentarie

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a devitalizzazione è un inter- in un punto della bocca, dolore alla vento tramite il quale è possi- masticazione, improvviso inscuribile curare denti compromessi mento di un dente, ascesso, formain cui è stata lesa gravemente la polpa zione di una fistola (fuoriuscita di dentale: questa operazione permette pus dalla gengiva), ipersensibilità al di salvare un dente che altrimenti do- freddo; altre volte i sintomi sono più subdoli perché, se il dente è vrebbe essere estratto. necrotico, può non provocaPiù correttamente questa re alcun dolore. In ogni caso terapia è detta cura canalare, solo una visita dal dentista e perché durante l’operazione un esame radiografico possi lavora nei canali che persono chiarire se sia necescorrono le radici e al cui insario procedere con la cura terno sono presenti i vasi e canalare. i nervi che costituiscono la PRIMA Questa terapia, al pari delparte “organica” del dente; le otturazioni, deve essere essa fa parte dell’endodonsempre eseguita solo dopo zia, quella particolare branaver isolato il dente attraca dell’odontoiatria dedicata verso la diga di gomma; essa alla cura della parte interna permette di tenere la saliva del dente. Il trattamento conlontana dal dente, requisito siste nello svuotare i canali, imprescindibile per una cordecontaminarli e infine siretta decontaminazione, e gillarli affinché i batteri e le protegge il paziente dall’intossine che si sono formati DOPO gestione accidentale dei sotal loro interno non generino tili strumenti che si utilizinfezioni che diversamente andrebbero a sfogarsi oltre l’apice del zano per svuotare il canale (per non dente, e quindi nel tessuto osseo della parlare degli irriganti canalari, dal sapore alquanto sgradevole). bocca. La terapia canalare consiste nel creAl momento della terapia la polpa, seppur lesionata, può essere ancora are un accesso alla parte interna del vitale (in questo caso è corretto par- dente, detta camera pulpare, e da lì lare di devitalizzazione) oppure non svuotare i canali radicolari, alesarli vitale perché polpa e nervo sono an- internamente, decontaminarli ed infine sigillarli. Si tratta di una procedura dati in necrosi. Le condizioni che possono rendere che richiede pazienza e precisione: i necessaria la devitalizzazione sono canali in questione infatti hanno diamolteplici, la più frequente è quan- metri inferiori al millimetro, lunghezdo una carie, molto profonda, arriva ze che variano fra i 15 e i 30 millimetri ad intaccare l’organo pulpare; questo e possono presentare curvature che li tipicamente succede quando essa è rendono difficili da percorrere con gli stata trascurata per troppo tempo o strumenti endodontici. In aiuto dei dentisti negli ultiquando si forma sotto una vecchia otturazione. Altri casi in cui può esse- mi anni sono stati introdotti nuovi re necessario devitalizzare un dente strumenti costituiti da leghe super sono: traumi, denti ipersensibili, den- elastiche come il nichel-titanio, che ti che devono rimpiccioliti o separati possono flettersi in maniera prima inimmaginabile e percorrere anche i per sostenere ponti o corone. Spesso i sintomi sono abbastanza canali molto curvi. Francesco Azzola eclatanti: dolore intenso localizzato

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RUBRICA STAR BENE

Il Taoismo

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di Cristiana Ghione

er spiegare meglio la visione orientale dell’universo, dobbiamo introdurre il pensiero Taoista (la via della vita), cercherò di spiegarlo in modo molto semplice. La visione ampia del Tutto venne sollevata 5000 anni fa da Lao Tsu, un grande filosofo cinese. I principi basilari di questa filosofia sono: tutti i fenomeni hanno luogo in uno spazio infinito; tutti i fenomeni sono correlati; ogni cosa è dotata di energia; ogni cosa è in perenne stato di trasformazione. Egli, per spiegare meglio questo concetto, creò un cerchio (condensò il pensiero in una forma) e mise l’uomo al centro (concetto di microcosmo/macrocosmo). Però questa visione non lo soddisfaceva perché era statica, non vi era movimento, quindi Lao Tsu creò all’interno di essa (il cerchio) una S (Onda Sinusoidale): aggiungendo questa struttura le distanze e le misure all’interno del cerchio variarono e quindi anche il rapporto con le cose. Il giorno e la notte cambiavano, partendo dal punto dove la luce aumentava il buio diminuiva, da qui la decisione di creare la fase di luce, parte bianca, e la fase di buio, nera dove la luce non c’era: lo Yin e lo Yang, due forze che non possono esistere uno senza l’altro. Lao Tsu a questo punto aggiunse il Qi (energia, soffio vitale) per creare con il movimento la trasformazione. Questo è il Tao. Il Tao come caos da cui tutto ha avuto inizio, come continuo movimento e trasformazione dello Yin e dello Yang


La rubrica del fisco (I.P.)

Rottamazione-bis Equitalia

che si trovano al suo interno. La forza sottesa a tutti i fenomeni è il movimento di Energia Qi tra due poli Yin e Yang, ma potremmo dire, positivonegativo, meno-più, freddo-caldo, maschile ed il femminile, bianco e nero. La sua semplicità è disarmante, ma la sua ricchezza ed il suo significato sono così potenti da far risuonare tutti i molteplici strati dell’intelletto e dello spirito umano: lo Yin e lo Yang, due valori assoluti che assoluti non sono perché c’è la complementarietà (non essendo noi statici il termine di valore assoluto non può esistere). La legge dell’universo funziona così, la regola generale di tutti gli esseri, l’origine della trasmutazione, la causa della vita e della morte; ecco che, dal concetto finora espresso, derivano le definizioni di macrocosmo e microcosmo. Il macrocosmo è la terra e il microcosmo è l’uomo, che non può vivere senza il cosmo (l’universo); l’universo fa parte di un sistema dove ogni cosa riflette in piccolo ciò che è in grande. La terra è un microcosmo nel sistema solare, l’uomo è un microcosmo della terra. La stessa formula di Einstein (energia = massa x velocità della luce al quadrato) ci dice che la materia e l’energia si trasformano continuamente l’una nell’altra, cioè materia ed energia coincidono; tutto ciò che esiste è fatto di materia ed energia. La scienza comincia a capire che l’uomo è molto di più che un insieme di atomi, hanno riscontrato che se un atomo viene stimolato, anche solo con il pensiero, esso si muoverà nello stesso modo da me pensato anche a distanza. Questo ci dà speranza che qualcosa finalmente sta cambiando in bene per migliorare questo mondo. Noi Operatori Olistici lavoriamo sull’Energia Quantica, che non è causa-effetto, ma molto più ampia: quando agisco con il pensiero io vado oltre al mondo scientifico e fisico, in qualche modo siamo andati oltre a questa formula. Da oggi sarà possibile scrivermi, in merito agli argomenti trattati, per avere ulteriori approfondimenti e curiosità che vi sorgono leggendo.

C

on il decreto fiscale varato dal governo arriva la rottamazione-bis delle cartelle Equitalia. In pratica una sanatoria della sanatoria, perché oltre a riaprire i termini per i ruoli affidati alla riscossione dal 1 gennaio al 30 settembre di quest’anno, i saldi fiscali vengono offerti anche a chi non ha pagato una o due rate della prima rottamazione. Con le rottamazioni vecchia e nuova si azzerano sanzioni e interessi di mora, che con il passare degli anni fanno persino triplicare gli importi dovuti inizialmente al fisco. Anche la nuova sanatoria riguarda sia le cartelle esattoriali di Equitalia, multe comprese, che le notifiche di accertamento dell’Agenzia delle entrate su Irpef, Irap, Ires, contributi previdenziali, Inail, e Iva, esclusa quella da import. Si possono rottamare anche le cartelle che avevamo già iniziato a rateizzare. Chi ha saltato le rate della precedente sanatoria avrebbe dovuto pagare di nuovo interessi e sanzioni sull’intero importo da rottamare. Con il decreto invece viene ripescato nella sanatoria, ma entro il 30 novembre dovrà versare in un’unica soluzione quanto avrebbe dovuto pagare sin qui con la vecchia rottamazione. Per aderire il contribuente deve presentare, entro il 15 maggio 2018, la propria richiesta di adesione compilando il modello disponibile online sul portale o negli sportelli dell’Agenzia. Il modulo può essere poi presentato agli stessi sportelli oppure, per chi ha una casella di posta elettronica certificata (pec), inviato – con copia del documento d’identità – all’indirizzo indicato sullo stesso modulo. Entro il 30 giugno 2018 l’Agenzia dovrà quindi mandare la comunicazione con l’importo da versare e i bollettini di pagamento. La norma prevede che si possa pagare in unica soluzione (luglio 2018) o a rate, fino a un massimo di cinque. La presentazione della dichiarazione di adesione

sospende i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi indicati nell’istanza. Inoltre, l’agente della riscossione non può avviare nuove azioni esecutive ovvero iscrivere nuovi fermi amministrativi e ipoteche. Tuttavia, sono fatti salvi i fermi amministrativi e le ipoteche che sono già iscritti alla data di presentazione dell’istanza. Infine, non può proseguire le procedure di recupero coattive che sono già state avviate a condizione che non si sia ancora tenuto il primo incanto con esito positivo, ovvero non sia stata presentata l’istanza di assegnazione o non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati. Il debitore ha l’interesse a presentare tempestivamente la domanda al fine di prevenire l’attivazione di misure cautelari (cioè il fermo amministrativo e l’ipoteca) o le azioni esecutive (cioè il pignoramento). In altri termini, se l’agente della riscossione ha notificato, ad esempio, l’intimazione al pagamento propedeutica all’iscrizione dell’ipoteca la domanda va presentata al più presto. Fino alla scadenza della prima o unica rata gli obblighi di pagamento derivanti da dilazioni che sono già state concesse sono sospesi per effetto della presentazione della domanda. Nella dichiarazione il contribuente deve non solo indicare il numero delle rate e i carichi interessati, ma anche l’eventuale presenza di giudizi aventi ad oggetto le somme pretese con l’impegno a rinunciare alla coltivazione delle cause. Per il pagamento delle rate è possibile effettuarlo online sul portale dell’Agenzia delle entrate-riscossione e l’applicazione Equiclick, in banca o con domiciliazione sul proprio conto corrente, tramite home banking, presso gli sportelli bancomat, gli uffici postali, le tabaccherie con circuiti Sisal e Lottomatica. Giovanni Ferrari Tributarista

Gennaio 2018 • tribuna magazine • 61



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DA FARE 64 • tribuna magazine • Gennaio 2018


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