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18 AGOSTO 2010 • ANNO 20 • N° 33 • In edicola Fr. 3.– AZA / PP Journal CH-8004 Zürich

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2 SECONDA

LA PAGINA • 18 AGOSTO 2010

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L'UE boccia la lingua italiana Contro la proposta del presidente della commissione europea si levano le proteste de governo italiano e della società Dante Alighieri “La lingua italiana non si tocca!”. Dura la reazione della Società Dante Alighieri alla proposta del presidente della commissione europea, José Manuel Barroso, di eliminare l’italiano e lo spagnolo per restringere ad inglese, francese e tedesco le lingue con valore legale nel brevetto europeo valido nei 27 paesi membri. “È una situazione inaccettabile” è la risposta indignata della “Dante Alighieri” che si schiera così al fianco del governo italiano e minaccia provvedimenti ancora più imponenti di quelli adottati nel 2005, quando lo stesso Manuel Barroso propose di escludere l’italiano dalle traduzioni delle conferenze stampa. In quell’occasione furono centinaia le lettere di protesta giunte dai comitati della “Dante” presenti in ogni angolo del mondo. “È una situazione inaccettabile. Siamo alle solite e vogliono ridurre la comunicazione ad un trilinguismo strisciante anglo-franco-tedesco. In questo modo creerebbero l’Europa di serie A e noi, con gli spagnoli e il resto dei Paesi, andremmo nelle fasce di serie B. Quando poi l’apporto della cultura italiana al mondo è evidente, la nostra lingua è

base e fondamento imprescindibile della cultura e della coscienza europea: Dante è parte del sapere mondiale. Inoltre, siamo tra i primi fondatori della Comunità europea e facciamo parte del G8”, afferma il direttore della Società Dante Alighieri, Alessandro Masi, che continua: “Non si può prendere atto passivamente dell’istituzionalizzazione del ridimensionamento della nostra lingua a favore di inglese, francese e tedesco. Anche il lavoro dei nostri giovani verrebbe penalizzato. Ho già mandato diverse denunce a Diamandarus, mediatore europeo, mentre sul sito internet della Commissione europea non c’è più l’italiano. Questo significa che i nostri giovani saranno obbligati a fare domande per i vari concorsi in lingua straniera. E anche nei certificati di brevetto la nostra lingua sparirà, un altro problema per le nostre industrie”. “Bisogna continuare a lottare, sensibilizzare le scuole, i giovani e i politici. E se escludessero l’italiano occorre avere il coraggio di alzarsi tutti in piedi e andar via dal Parlamento europeo. Dobbiamo difendere il futuro della lingua ed essere più pre-

senti; utilizzare i fondi europei, ad esempio, non lasciare 41 miliardi non spesi nel sud. Ma seguire il modello della Calabria, dove dei ragazzi hanno creato il polo museale cosentino proprio grazie ai fondi europei. Intanto, c’è una convenzione tra noi della Dante Alighieri e la Farnesina per fare le denunce e mandare avanti la battaglia per rivendicare il diritto di essere un Paese europeo di serie A. Altrimenti, saremo penalizzati e i ragazzi italiani avranno maggiori difficoltà a lavorare in Europa”. La battaglia è aperta. Il ministro degli Esteri Franco Frattini e il titolare delle Politiche Europee, Andrea Ronchi, avevano già reagito definendo “francamente inaccettabile” la posizione di Barroso. “Se la situazione non cambierà – ha avvertito Ronchi – l’Italia non potrà che esercitare il diritto di veto” perché “non è assolutamente disposta ad avallare un regime linguistico fortemente discriminatorio e penalizzante per le imprese italiane”. “L’Italia si opporrà con tutti i mezzi legali e, se non ci riuscirà, ricorrerà al veto”, ha confermato il ministro Frattini.


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EDITORIALE 3

La via stretta di un nuovo accordo La rottura che si è consumata tra Berlusconi e Fini è tutta interna alla maggioranza e in modo particolare nel Pdl. Le cause del conflitto non sono state provocate dall’opposizione, ma da situazioni che hanno a che vedere con le ambizioni personali. Si è detto che i due hanno due visioni politiche diverse, ma noi non lo crediamo. O meglio, questa è la spiegazione, diciamo così, nobile. In realtà, dal momento in cui la maggioranza ha vinto le elezioni nel 2008, Fini si è progressivamente distinto: dapprima in modo soft, poi in modo sempre più puntiglioso, e il puntiglio era tanto più insistente quanto più il premier otteneva successi elettorali, fino alla rottura che è avvenuta proprio all’indomani della vittoria del centrodestra – in realtà di Berlusconi – alle regionali del 30 marzo scorso. Fini, insomma, ha capito che il leader era Berlusconi e che lo sarebbe stato anche nei prossimi anni e che se voleva spodestarlo senza disperderne il patrimonio elettorale doveva indebolirlo. L’altro l’ha

capito, non ha accettato di farsi logorare e con un documento politico lo ha messo fuori dal Pdl. Abbiamo poi assistito a tre situazioni paradossali. La prima è che la polemica è continuata più aspra di prima; la seconda è che questa rottura non si è tradotta – almeno finora – in una crisi di governo; la terza è che malgrado i finiani abbiano formato gruppi parlamentari autonomi continuano a far parte sempre della maggioranza. L’hanno scritto in un documento politico in cui hanno ribadito non solo l’appartenenza alla maggioranza, ma anche il riconoscimento del premier quale loro presidente del Consiglio. In più, hanno riaffermato la loro volontà di realizzare il programma di governo concordato prima delle elezioni. Al di là delle posizioni dei falchi di ambedue i gruppi e al di là dei tatticismi, la rottura tra Berlusconi e Fini, dati i punti poc’anzi descritti, o si ricompone con un nuovo accordo di programma o è destinato alla crisi di governo. Lo sapremo alla ripresa dei lavori parlamentari,

il 10 settembre. Intanto, come ha osservato Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, le opposizioni – e in particolare il Pd – stanno dimostrando che senza Berlusconi per loro c’è il vuoto politico, sono cioè unite solo dall’antiberlusconismo, troppo poco per essere alternativa credibile. Sergio Romano, qualche giorno fa, sempre sul Corriere, ha osservato che il clamore della rottura tra Fini e Berlusconi ha solo oscurato la confusione che regna nel Pd, dove il Segretario non ha praticamente voce in capitolo, in balia com’è delle correnti e soprattutto delegittimato da chi minaccia di andarsene (la componente cattolica sempre più attratta dall’Udc di Casini). Si comprende, allora, come Berlusconi abbia raccolto il segnale lanciato dai finiani moderati a frenare sulle polemiche; e si comprende come anche Napolitano abbia paventato il “vuoto politico”, specie in un periodo di crisi economica come quello che il mondo sta attraversando. Sarebbe ingenuo credere che tra Berlusconi e Fini potrebbe tornare

il sereno, ma sarebbe auspicabile verificare il più presto possibile se un nuovo patto programmatico è realizzabile per terminare la legislatura. Se ciò dovesse accadere, sarebbe un bene non solo per la maggioranza, ma anche per le opposizioni, che non sono pronte né a vincere, né a governare, e anche per il presidente della Repubblica. Se è vero, infatti, che la Costituzione gli dà l’ultima parola, se sciogliere le Camere o affidare l’incarico ad un altro, è vero anche che siamo in un sistema bipolare dove quando la maggioranza entra in crisi si va alle urne.

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4 POLITICA

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Tra finiani e berlusconiani lotta all'OK Korral Alla riapertura del Parlamento o lo sfascio o la ricomposizione dell'alleanza Che la situazione politica italiana si sia ridotta a un gran casino, è sotto gli occhi di tutti e noi per primi tre mesi fa mai avremmo immaginato che si arrivasse a questo punto. Il Parlamento è chiuso per ferie fino al 10 settembre, ma da una spiaggia all’altra della Penisola riecheggiano le bombe che una parte della maggioranza lancia sull’altra, che ricambia con attacchi che superano quelli dell’opposizione per durezza e velenosità. All’interno del Pdl e di Futuro e Libertà, la denominazione della formazione finiana, a gridare più forte sono i falchi, tra tutti Stracquadanio, che chiede la resa incondizionata di Fini e dei suoi seguaci, e Granata, che parla di Berlusconi come fosse il nemico numero uno, al punto che minaccia un’alleanza anche con Vendola, se è necessaria alla cacciata del premier. Tra il premier e il presidente della Camera l’abisso sembra essere talmente profondo che su La Stampa è apparso un articolo in cui si dice che dopo le ferie Fini e la sua formazione si costituiranno in partito ed elaboreranno un programma completamente opposto a quello del Pdl, per cui sarebbe crisi di governo. Tanto che Bossi parla apertamente di elezioni anticipate o di manifestazioni di piazza se dovesse prevalere l’idea di un governo alternativo a quello attuale. La tesi di Bossi – ma anche del Pdl – è che non si possa capovolgere la maggioranza di governo senza passare per le urne, visto che a far parte di questo futuribile governo ci sarebbero anche forze che

hanno perso le elezioni. E visto, soprattutto, che si voglia o meno, che da metà anni 90 ad oggi gli italiani hanno votato per due schieramenti contrapposti. La situazione, già confusa da qualsiasi punto di vista la si affronti, finisce per diventare ancora più surreale. Paradossalmente, a renderla tale, contribuisce la stessa formazione finiana che da una parte attacca con una virulenza mai sperimentata il Pdl, dall’altra i suoi componenti hanno dichiarato per iscritto che si riconoscono nell’unico governo legittimo che è quello di Berlusconi, che non faranno mai cadere. È difficile capire se si tratta di verità o di ipocrisia, perché l’ipotesi di alleanza con Vendola, il Pd, l’Udc, l’Api e l’Idv di Di Pietro è ventilata come possibile da alcuni finiani (Granata e Bocchino), da altri cosiddetti moderati viene considerata come fantasiosa, al punto che c’è chi ha chiesto a Fini di emarginare Bocchino e Granata, pena l’abbandono della neo formazione. Come si vede, si naviga nella nebbia più fitta. Ma tra le opposizioni regna la stessa confusione. Tra gli oppositori si è distinto Casini che vuole le dimissioni di Berlusconi, ma non le elezioni anticipate. Il leader dell’Udc chiede un governo di responsabilità nazionale che non escluda né il Pdl, né la Lega e nemmeno la guida di Berlusconi. Il Pd, ovviamente, esclude questa ipotesi, cioè un governo di responsabilità nazionale guidato da Berlusconi, e ne sostiene un altro di transizione che duri magari tut-

ta la legislatura, che approvi comunque una nuova legge elettorale e che possa essere sostenuto anche da settori del Pdl e della Lega. Di Pietro, invece, propone un “governo tecnico” che duri al massimo 90 giorni, che escluda Lega e Pdl e che abbia il solo compito di approvare una nuova legge elettorale. Come si vede, la chiarezza non appartiene all’attuale maggioranza, ma nemmeno all’opposizione. D’altra parte, cosa potrebbe venir fuori da tanti galli come Fini, Casini, Rutelli, Bersani, D’Alema, Franceschini, Di Pietro e tanti altri uniti nella stessa coalizione? Il governo Berlusconi, d’altronde, può cadere solo a due condizioni: che i finiani votino compatti contro (e questo è stato escluso per iscritto dai più) e che altri del Pdl abbandonino il premier, il che non è da escludere nel caso che si vada allo scontro con un voto di fiducia in Parlamento, magari su un nuovo programma non condiviso. Il presidente della Repubblica ha escluso governi tecnici, ha messo in guardia coloro che vogliono tirarlo per la giacca a proprio favore ed ha paventato il “vuoto politico”. In assenza di certezze e nella fluidità della situazione, in attesa degli eventi ci affidiamo alle dichiarazioni di due esponenti, Giuseppe Consolo (Fini) e Renato Brunetta (Berlusconi). Dice il primo: “Tra pochissimi giorni andrò a trovare Fini ad Ansedonia e lo pregherò di sedersi a un tavolo con Berlusconi per ricomporre questa vicenda, come chie-

dono gli elettori. Dobbiamo ritrovare il buon senso e il rispetto per Napolitano, Fini, Berlusconi e Schifani. Senza presunzione, io credo di aver intuito quel che vuole Fini. Se gli mettono sul piatto il rispetto per il programma e alcune proposte per il risanamento economico, sarà ben felice di stringere la mano al premier”. Sostiene il secondo: “Le riforme fatte cominciano a dare i loro frutti: la riforma della pubblica amministrazione; la riforma del federalismo, con la cedolare secca sugli affitti, che ha reso più tranquilli i Comuni; la riforma del bilancio che evita gli assalti alla diligenza; la riforma delle “public utilities”, con i regolamenti che consentono di privatizzare e liberalizzare. Abbiamo avviato le riforme della giustizia, della scuola, dell’Università, del welfare pensionistico e poi la semplificazione amministrativa e legislativa, funziona la lotta alla criminalità organizzata, funziona la lotta all’evasione fiscale. Se cadesse questo governo, il risultato certo sarebbe la marcia indietro su tutto. Ne sarebbero felici i fannulloni, gli enti pubblici spreconi, i “soviet locali” di luce, acqua, gas, trasporti, spazzatura. I sindacati dei “todos caballeros, delle assunzioni facili senza concorso, i falsi invalidi e i partiti della spesa pubblica sprecona e irresponsabile”. Con la conclusione: nuova fiducia in Parlamento su alcuni punti importanti “per un nuovo inizio come quando si vota la fiducia a inizio legislatura” Tutto, in Italia, è possibile. Anche questo. ✗politica@lapagina.ch


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SVIZZERA 5

Aumento dei treni in Svizzera entro dicembre È stato raggiunto un accordo tra il sorvegliante dei prezzi e l’Unione dei trasporti pubblici. L’aumento sarà meno gravoso di quello previsto. giormente sulle tasche dei passeggeri svizzeri saranno invece i considerevoli rincari sugli abbonamenti generali e metà prezzo. L’abbonamento generale subirà un aumento variabile tra il 6.2% e l’8.5% a seconda dell’età del passeggero e della classe di viaggio; per quanto riguarda il metà prezzo, invece, l’abbonamento per un anno

costerà 15 franchi in più, 50 franchi in più per gli abbonamenti per 2 anni che quindi aumenteranno addirittura del 20% così come quelli per tre anni. Durante la conferenza stampa, il direttore dell’Unione dei trasporti pubblici, Peter Vollmer, ha sottolineato la necessità di tali rincari per poter far fronte all’aumento dei costi legato all’ampliamento

Per vivere faceva il consigliere comunale dell’Udc (Unione democratica di Centro), ma “per passare il tempo” organizzava orge: Fabien Richard, consigliere del comune di Yverdon, sul lago di Neuchatel, in Svizzera, ha una passione per le “gang bang” (incontri erotici cui partecipano diversi uomini e una donna) e non

ne fa mistero, tanto che le organizzava senza nascondersi dietro pseudonimi, ma dando agli interessati anche il numero di telefono che utilizzava come consigliere. Fino ad oggi, perché dopo le rivelazioni del quotidiano elvetico Le Matin è stato costretto a dimettersi. L’ultima orgia - stando a quanto riferisce l’edizione domenicale

dell’offerta e al rafforzamento della sicurezza. Secondo il direttore, questi rincari non dovrebbero causare troppi problemi alla clientela poiché fissano le tariffe alla media di 10 centesimi per chilometro, considerata comunque conveniente. Anche Monika Dusong della Federazione romanda dei consumatori (FRC) considera un tale aumento accettabile poiché non sono stati registrati rincari dal 2007 e perché “per una politica dei trasporti responsabile è necessario denaro per le infrastrutture”.

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È stato raggiunto, la settimana scorsa, l’accordo tra l’Unione dei trasporti pubblici e Mister Prezzi, Stefan Meierhans, che, dopo ben sei mesi di difficili trattative, sono giunti alla conclusione che l’aumento dei trasporti pubblici in Svizzera, entro i termini fissati a dicembre 2010, sarà minore di quello annunciato: il 2,4% in più sulle tariffe dei biglietti singoli e sugli abbonamenti di percorso, invece del previsto 3.4%. L’annuncio è stato dato dalle parti interessate nel corso della conferenza stampa tenuta a Berna sull’argomento. A gravare mag-

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6 ESTERI

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Incertezze sulla tenuta dell'Iraq Fra qualche settimana 14 mila soldati americani lasceranno l'Iraq; il ritiro totale avverrà entro il 31 dicembre 2011 Fra dodici giorni in Iraq avverrà ciò che è stato già da tempo stabilito prima da Bush e poi conformato da Obama: il ritiro di 14 mila soldati. Ne resteranno ancora 50 mila, ma entro la fine del 2011, cioè fra meno di un anno e mezzo, anch’essi lasceranno il Paese, dove sono rimasti dal 2003, quando iniziò la guerra che portò all’abbattimento del regime di Saddam Hussein. Contestualmente alla partenza dei 14 mila soldati, il presidente Obama ha fatto sapere che non ci sarà “nessun cambiamento”, il che vuol dire che le scadenze, compresa quella del ritiro totale entro il 31 dicembre del 2011, saranno mantenute. Se sarà così, la guerra sarà durata ben 9 anni, con migliaia di vittime da parte americana – comprese quelle di altri Paesi che sono andati in Iraq dopo la fine delle ostilità per la ricostruzione – e molte di più da parte irachena. Ne valeva la pena? È difficile rispondere ad un interro-

gativo del genere, se non altro perché sul ritiro totale dei soldati americani pesano alcune incognite non di poco conto. Innanzitutto, c’è da dire che in Iraq ci sono state due elezioni democratiche. Per la prima volta il popolo ha votato liberamente. Mai successo nella storia dell’Iraq. Quando Bush disse che intendeva “esportare” la democrazia, a giudicare dai risultati c’è riuscito. Ma non bisogna farsi illusioni: potrebbe trattarsi di risultati provvisori. La domanda che circola in ogni ambiente è la seguente: cosa succederà in Iraq dopo la partenza dell’ultimo soldato americano fra meno di un anno e mezzo? Bisognerà aspettare per dare un giudizio sui fatti reali. Per ora esistono solo ipotesi. La prima delle quali è che in questi anni in Iraq è stata ricostituita una forza di sicurezza formata da 440 mila poliziotti e 220 mila militari. Basteranno? I numeri dicono di sì, ma in Iraq non sono

Donna alla finestra di Catherine Dunne - pp 299 Lynda e Robert Graham possono dirsi soddisfatti della vita che si sono costruiti: una bella casa a Dublino, la sicurezza economica, due figli invidiabili, Katie e Ciaràn. C’è solo un neo in questo perfetto quadro familiare: si tratta di Danny, il fratello minore di Robert, uno scapestrato che periodicamente sconvolge la loro routine. Per fortuna, nella casa dei Graham arriFr.3 0.va una persona che porta un po’ di serenità. Ciaràn presenta ai suoi Jon, un amico bello, educato e sensibile, che presto diventa una presenza fissa, al punto da trasferirsi da loro. Agli occhi di tutti Jon sembra l’ospite perfetto, forse troppo: l’istinto di Lynda le suggerisce che qualcosa non va... Chi è veramente il dolce, educato e disponibile Jon?

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i numeri che contano: contano tradizioni, abitudini, culture, e soprattutto le divisioni religiose. Per dirla con la storiella, lì i conti non si fanno con la calcolatrice, ma con la mitragliatrice. Secondo il generale Zebari, alto ufficiale del nuovo esercito, le forze irachene “non saranno pronte a garantire il controllo del Paese”. Adesso, malgrado la presenza massiccia delle forze americane, si verificano vari attentati. Meno, molto meno rispetto ad alcuni anni fa, ma ugualmente sanguinosi. È vero, non si può impedire che si compiano stragi, specie se si considera che si tratta di kamikaze, ma è anche vero che questo è il segno che ci sono forze capaci di rimettere in questione i fragili equilibri democratici. Se questo si verifica ora, figuriamoci quando non ci saranno più gli americani. C’è da riflettere ancora su un punto importante: ci sono state due elezioni politiche libere, ma dopo quella che si è svolta a marzo non si è ancora trovato l’accordo tra l’ex capo di governo e il nuovo vincitore delle elezioni per la formazione di un esecutivo. Sono passati quasi sei mesi. Ancora un dato importante: i servizi, in Iraq, hanno da qualche anno cominciato a funzionare, ma ancora in modo precario. Luce e acqua non sono sempre a disposizione. Non parliamo della burocrazia e dell’economia. Dunque, che dopo quasi sei mesi non si sia ancora raggiunto nessun accordo per formare un governo, la dice lunga sulle capacità della classe dirigente di fare gli interessi del Paese.

A scavare, le preoccupazioni emergono in tutta la loro drammaticità. Dunque, non sarebbe un disastro se l’America riconsiderasse le scadenze stabilite. Immaginiamo che dopo il 31 dicembre del 2011 l’Iraq sia travolto dalla guerra

civile: è evidente che le libere elezioni sarebbero solo un ricordo, ed è altrettanto evidente che dopo ci sarebbe l’uomo forte, un po’ quello che era Saddam Hussein. Dunque, ci sarebbe stata una guerra inutile e vittime cadute per nulla. È chiaro che l’America non può stare in eterno in Iraq, tanto più che grossi problemi stanno sorgendo in Afghanistan e che la crisi economica si sta trasformando in un aumento progressivo e inarrestabile di disoccupati. Ecco, questo è il quadro che riguarda un po’ il presente e soprattutto quello che potrebbe verificarsi fra un anno e mezzo, specie se messo in relazione con la situazione in Afghanistan, dove l’America e i suoi alleati rischiano di uscire con le ossa rotte se non interviene una svolta nella guerra contro i talebani. ✗esteri@lapagina.ch


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ESTERI 7

La Russia in fiamme L’ondata di calore ha provocato migliaia di vittime nella sola Mosca

Gli incendi forestali in corso nelle regioni occidentali della Russia hanno interessato circa 4mila ettari di zone radioattive, tra cui aree rimaste contaminate dopo il disastro nucleare di Chernobyl: lo ha reso noto il Servizio federale di Difesa delle foreste russo. Il sito fornisce la lista delle zone più contaminate interessate dagli incendi, tra le quali spicca quella di Briansk, alla frontiera con Ucraina e Bielorussia; si tratta della regione che nel 1986 venne colpita dal fallout provocato dall’incidente della centrale Chernobyl, situata circa 400 chilometri a sudovest in territorio oggi ucraino. Ambientalisti ed esperti forestali hanno avvertito che la polvere radioattiva potrebbe essere pericolosa, anche se le quantità sarebbero contenute. Sul fronte della guerra al fuoco il ministero delle Situazioni di Emergenza annuncia che le aree in preda agli incendi si sono dimezzate. Da inizio estate sono andati in fumo in Russia 810.000 ettari e nella sola capitale la mortalità, seconso alcune stime, sarebbe raddoppiata. Un bollettino di guerra che si rinnova ogni giorno, senza riuscire a dare un’idea della tragedia. Numeri che non dicono delle famiglie sul lastrico, della disperazione degli agricoltori, del disastro ambientale, della sofferenza degli anziani e dei bambini perseguitati dal caldo, dell’allarme sanitario. “Un’ondata di calore che la Russia non aveva mai conosciuto nei suoi mille anni di storia”, riassume il capo del servizio meteorologico nazionale, Aleksandr Frolov. Nel frattempo, Mosca continua a respirare nonostante un’afa che persiste attorno ai 30-32 gradi durante il giorno.

Le temperature più basse notturne sono vissute come un miracolo dagli abitanti. Tuttavia il livello di monossido di carbonio resta di molto superiore al massimo consentito e l’aria della capitale è inquinata da altre sostanze tossiche sprigionate dagli incendi. Il presidente Medvedev ha revocato lo stato di emergenza in tre delle nove zone più colpite, Vladimir, Voronesh e Mari El. Le fiamme sprigionate dalla torba vengono spente sempre di più dalle acque dei fiumi raccolte dai soccorritori del ministero per lo stato di emergenza. Anche i due Canadair italiani che hanno partecipato alla lotta contro gli incendi hanno potuto lasciare i boschi di Samara, sul fiume Volga, per lo sventato pericolo. Medvedev sta facendo il conto dei danni subiti in queste settimane di caldo insolito: il grano, in primo luogo, ha perduto molta parte dei raccolti e il prezzo di alcuni prodotti, come il pane, segna una impennata. Sono soprattutto arrivati alle stelle i costi dei condizionatori, comunque ormai introvabili. Intanto domenica 15 è entrato in vigore, l’embargo sull’esportazione di grano. Si calcola che fiamme e caldo senza precedenti abbiano fatto andare in fumo almeno un quarto dei raccolti: si prevede un raccolto di 60-65 di tonnellate dalle 97 del 2009. Il provvedimento, firmato il 5 agosto da Putin e mirato ad evitare un’impennata dei prezzi sul mercato interno, resterà in vigore fino al 31 dicembre e potrà essere ulteriormente esteso temporalmente se lo richiederà lo stato dei raccolti. Il consumo interno medio è di circa 78 milioni di tonnella-

te, anche se il Paese può contare anche su una riserva di 9,5 milioni di tonnellate e su 21 milioni di tonnellate eccedenti dal raccolto dello scorso anno. Nel 2009 sono state esportati 21,4 milioni di tonnellate di grano russo. L’embargo, nelle intenzioni del governo, dovrebbe avere l’effetto di calmierare i prezzi sul mercato interno russo: “Occorre impedire l’inflazione dei prezzi interni – disse Putin all’atto di firmare il decreto – e allo stesso tempo salvaguardare il bestiame russo’’, evitando l’abbattimento per mancanza di mangime.

Nei giorni scorsi anche il presidente Barack Obama ha offerto il suo aiuto alla Russia di Medvedev: venendo incontro alle richieste di supporto tecnico avanzate dalla Russia, il presidente americano, durante un colloquio telefonico, ha comunicato al suo omologo russo che il Dipartimento della Difesa, il Servizio Forestale Usa e la California stanno mobilitando equipaggiamenti e velivoli diretti in Russia. “Il popolo americano è a fianco di quello russo in questo difficile momento”, si legge in una nota diffusa dalla Casa Bianca.


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Cina e Svizzera verso il libero scambio La presidente della Confederazione Doris Leuthard ha stilato un bilancio positivo della sua visita in Cina: venerdì 13 agosto i due Paesi hanno deciso l’avvio di trattative per un accordo di libero scambio «È una giornata storica per la Svizzera», ha dichiarato Doris Leuthard al termine dell’incontro con Hu Jintao a Pechino. Il presidente cinese ha preso atto con favore dei risultati dello studio di fattibilità per un accordo di libero scambio, che segna una nuova fase nelle relazioni diplomatiche tra i due paesi. Lo stesso Hu Jintao ha definito l’intesa un “bel regalo” per il 60esimo anniversario delle relazioni bilaterali tra i due paesi e ha sottolineato l’importanza di concludere al più presto un accordo di libero scambio. Il capo di Stato cinese «ha parlato di una svolta nelle relazioni bilaterali», ha spiegato Doris Leuthard davanti ai media, sottolineando come per la Svizzera sia fondamentale avere accesso a questo immenso mercato. Dal 2002 la Cina – compresa Hong Kong – è il principale partner commerciale della Confederazione in Asia e i rapporti si stanno sviluppando in modo molto dinamico, come di-

mostra l’accordo raggiunto venerdì 13 agosto. Doris Leuthard auspica che governo e parlamento diano il loro nullaosta entro novembre al mandato per l’avvio dei negoziati, in modo che questi possano iniziare entro fine anno. «Significa senza dubbio molto lavoro per noi, ma ne vale la pena», ha detto la ministra dell’economia. Conclusosi sabato 14 agosto, il viaggio di Doris Leuthard in Cina può essere considerato un successo. «Si è detto che le celebrazioni per il 60esimo anniversario sono un’opportunità per iniziare una nuova fase delle relazioni tra i due paesi. Ed è quello che sta accadendo», ha dichiarato la ministra dell’economia. A rallegrarsi non è però soltanto Doris Leuthard, ma anche il presidente di economiesuisse Gerold Bührer, che ha accompagnato la ministra in Cina assieme ad una folta delegazione economica. Secondo Bührer, la Svizzera potrebbe essere il primo paese europeo a sottoscrivere un accordo di libero

scambio con la Repubblica popolare, come già successo nel 2009 con il Giappone. «Questo comporterà naturalmente diverse agevolazioni: da un lato per le esportazioni, e dall’altro per gli investimenti diretti», ha aggiunto Gerold Bührer L’accordo di libero scambio dovrebbe permettere alla Svizzera notevoli risparmi nelle esportazioni verso la Cina, come sottolineato da Kurt Haerri. Secondo il presidente della Camera di commercio Svizzera-Cina, «i dazi doganali dovrebbero essere ridotti in media del 10%». Ciò significa che su un volume di Export annuo di 6 miliardi di franchi, la Confederazione potrebbe risparmiare 600 milioni. «Oggi è stato dato un segnale importante», ha detto Christian Guertler, presidente della Camera di commercio svizzera a Shanghai. «Ma nel contesto cinese è importante saper collocare questi segnali e Doris Leuthard ci è riuscita, portando con sé una folta delegazione di rap-

presentanti dell’economia» ha concluso. La visita della consigliera federale in Cina ha coinciso, come detto prima, con i festeggiamenti per il 60esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due paesi. Durante i cinque giorni trascorsi nella Repubblica popolare, la ministra dell’economia ha dapprima visitato la città di Chongqing, per poi recarsi all’Esposizione universale di Shanghai e infine a Pechino. Al termine del viaggio, la presidente della Confederazione ha stilato un bilancio positivo. «Non avrei potuto fare molto di più di questo», ha spiegato a swissinfo.ch. Non soltanto il Padiglione svizzero a Shanghai è molto popolare, ma anche politicamente «abbiamo ottenuto il massimo dei risultati». Ora «dobbiamo fare in modo che questo partenariato possa proseguire su solide basi, con delle concessioni reciproche, trasparenza e spirito critico, se necessario. swissinfo.ch

I prezzi in Svizzera un terzo più alti dell'UE Nel 2009 gli svizzeri hanno pagato in media un terzo in più dei cittadini dell’Unione Europea per le stesse merci e servizi. La differenza è dovuta in gran parte al rafforzamento del franco Particolarmente cara nella Confederazione si è rivelata la carne, che con un indice di 197 costa quasi il doppio rispetto ai paesi dell’UE, stando ai dati pubblicati la settimana scorsa dall’Ufficio federale di statistica. Forti differenze si registrano anche per gli oli e i grassi (168 punti in Svizzera),

gli alimentari in generale (144) e il pesce (150). Le differenze di prezzo per la carne sono dovute ai costi di produzione più elevati, secondo un portavoce dell’Unione Professionale Svizzera della Carne (UPSC). L’importazione è inoltre soggetta a restrizioni. Le autorità fissano contingenti che

vengono ripartiti con il sistema dell’asta. Per alcune tipologie di prodotti la differenza con la media UE (=100) è meno rilevante. Ad esempio per i tabacchi (104), i mezzi di trasporto privati (101), le comunicazioni (96), le bibite analcoliche (112) e quelle alcoliche (112). In Svizzera il

livello dei prezzi è sceso tra il 2000 e il 2006, avvicinandosi alla media europea. La tendenza però ha subito un’inversione negli ultimi due anni, a causa del rafforzamento del franco. Nel 2007 l’indice aveva raggiunto 120 punti, per poi salire a 127 nel 2008. swissinfo.ch e agenzie


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ESTERI 9

Morte e colera in Pakistan dopo le inondazioni È tragico il bilancio delle inondazioni che hanno colpito il Pakistan nord occidentale: migliaia le vittime rimaste intrappolate dalle acque e milioni gli sfollati per i quali arriva adesso anche la minaccia di gravi epidemie

Le disastrose inondazioni che hanno coinvolto il Pakistan nelle scorse settimane hanno lasciato senza casa 20 milioni di persone, circa il 12 per cento della popolazione, secondo quanto ha reso noto il premier Yusuf Raza Gilani nel discorso tenuto in occasione dell’anniversario dell’indipendenza del paese, evento che in segno di lutto è stato celebrato senza feste o parate militari. “La sfida più grande che il nostro governo sta affrontando è la riabilitazione di colo-

ro che si trovano in difficoltà senza cibo, vestiti o riparo, alle prese con malattie di ogni genere”, ha dichiarato Gilani. “Questa catastrofe è peggiore dello tsunami del 2004, del terremoto in Pakistan del 2005 e del recente sisma di Haiti”, ha invece dichiarato Maurizio Giuliano, portavoce dell’Ufficio del coordinamento degli affari umanitari dell’Onu (Ocha). “È più grave perchè, in occasione del sisma in Pakistan nel 2005, più di tre milioni di persone furono sfollate, mentre lo tsunami aveva interessato 5 milioni di persone e circa

3 milioni di persone sono rimaste senzatetto in occasione del sisma ad Haiti”. Intanto domenica 15 agosto il segretario generale Onu Ban Ki-moon è arrivato a Islamabad per fare il punto della situazione: in visita nelle regioni colpite, Ban Kimoon ha portato il sostegno dell’Onu e della comunità internazionale alla popolazione pakistana, con l’impegno a mobilitare tutti gli aiuti necessari e attenuare i disagi che affliggono i pakistani. È accorato e fermo allo stesso tempo, l’appello del segretario generale dell’Onu che al suo arrivo ad Islamabad, ha assicurato che “il mondo intero è con il Pakistan in questi giorni difficili”. Prima di recarsi nell’area del Pakistan più devastata da quelle che sono state le peggiori inondazioni degli ultimi 80 anni – una superficie che gli esperti stimano grande quanto l’Italia – Ban Ki-moon ha incontrato il presidente e il primo ministro pachistani, Asif Ali Zardari e Yusuf Raza Gilani. Ad Islamabad viene considerato reale il rischio di una “seconda e terza ondata” di inondazioni che provocherebbero danni ancora più ingenti di quelli già registrati. Mancano elettricità e acqua potabile, ponti e strade sono stati distrutti, molte aree sono raggiungibili solo per via area. Tra la province di Khyber Pakhtunkhwa, Punjab

e Sindh milioni di ettari di frumento sono andati distrutti, causando anche un’impennata dei prezzi. Dopo aver inondato tutte le città sulle sue sponde, il fiume Indo ha raggiunto in alcuni tratti una larghezza di 25 chilometri, che è venti volte quella normale. Secondo il bilancio del presidente Asif Ali Zardari, 71 distretti hanno subito gli effetti di piogge e inondazioni, 720.000 case sono andate distrutte e milioni di persone hanno perso tutto. Si materializzano anche i rischi di epidemie dopo il primo caso di colera accertato nella valle dello Swat. Sono state evacuate intere città con centinaia di migliaia di abitanti. Nell’area di Kutcha, l’acqua ha sommerso 25 mila villaggi. Intanto, sono stati tutti rintracciati gli italiani presenti nel Ladakh, regione dell’India colpita dalle alluvioni nei giorni scorsi. Lo riferisce la Farnesina evidenziando che «chiara-

mente non escludiamo che ve ne siano altri che non sono stati ancora segnalati, ma prevale l’ottimismo». Proseguiranno, invece, le ricerche di Riccardo Pitton, il ragazzo torinese disperso durante le inondazioni. Si è aggravato infine il bilancio delle vittime per le frane nella provincia cinese di Gansu, nel nord-ovest del paese. Il numero delle vittime è intanto salito a 1.660. Ma il tragico computo dei morti potrebbe aggravarsi, poiché mancano all’appello circa 500 persone. Per aiutare la popolazione pachistana l’Italia verserà un contributo di 600 mila euro al Programma alimentare per lo Sviluppo (Pam) dell’Onu. I riflettori internazionali restano puntati sulla Cina dove è aumentato il numero delle vittime delle inondazioni e degli smottamenti che la settimana scorsa hanno colpito il nord-ovest. I morti sono saliti a 1.248, mentre sono 496 le persone che mancano all’appello.

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Street Parade Zurigo 2010: ha vinto la sicurezza! Conclusa la 19° edizione della Street Parade e i dati sono tutti positivi rispetto allo scorso anno. Sarà stato per la preventiva sicurezza svizzera che nei giorni precedenti l’evento ha sistemato per bene le strade che avrebbero interessato la sfilata delle "Love Mobile"; sarà stato per il tanto e giustificato clamore delle vittime della tragedia di Duisburg; o più semplicemente per la troppa voglia di puro divertimento, e nient’altro, all’insegna della musica tecno, fatto sta che quest’anno la Street Parade zurighese si è conclusa senza nessun evento di particolare gravità. Più di 650 mila persone si sono riversate a ritmo di musica assordante nelle vie di Zurigo a seguito delle 30 “Love Mobile” rigorosamente a tema: ben oltre 50 mila persone in più dello scorso anno! Un così alto numero di persone era una seria fonte di preoccupazione per possibili incidenti, più o meno gravi, memori della tragedia appena accaduta tre settimane fa a Duisburg dove hanno perso la vita 21 persone e 500 sono rimaste ferite nel corso di una manifestazione simile. Per questo motivo, quest’anno la città di Zurigo ha moltiplicato controlli e agenti di sicurezza nelle zone interessate e lungo il percorso sono stati posti dei cartelli per segnalare le vie di fuga. Diversi Cerco lavoro Sono una donna di 37 anni in cerca di occupazione come collaboratrice alle vendite. Sono disponibile ad adattarmi in diversi settori. Lingue: italiano, inglese, turco, e altre lingue Qualifiche: università, scrivo libri Nazionalità: italiana Tel. 043 2689015 Frau Ishrhak Aldamimi Presso Gregis Luisa (Giuseppina) Hanfrose 3, 8055 Zürich

oggetti potenzialmente pericolosi sono stati sequestrati e le Love Mobile hanno dovuto sottoporsi ad un controllo per la sicurezza e solo dopo averlo superato con successo sono potute partire per battere le strade della Street Parade. A bordo, centinaia di “ravers” arrivati per l’occasione da ogni parte d’Europa e con ogni tipo di eccesso: nei vestiti colorati, nelle parti scoperte, nelle parrucche vistose, nei fiumi di bevande alcoliche che passano di bocca in bocca. Nonostante sia una festa creata dai giovani per i giovani, sono soprattutto i casi estremi che colpiscono maggiormente come anziani travestiti che si lanciano in danze scatenate e bambini travestiti dai genitori che innocentemente battono il tempo tecno con la testolina. Sembra una parata grottesca, quasi al limite dell’osceno, ma nessuno sembra curarsene. Nonostante il clima energico, vibrante e trascinante del ritmo della musica diffusa ad alto volume, la festa si è inter-

rotta per un minuto esatto, alle ore 17, in commemorazione della tragedia tedesca di tre settimane fa: atto annunciato in anticipo e che tutti hanno rispettato in rigoroso silenzio. Alla fine non è stato segnalato nessun incidente grave. I dati ufficiali comunque riportano che 53 partecipanti sono finiti in ospedale ma a causa

di liti, non a causa di incidenti durante la parata. 55 invece gli arresti eseguiti dagli agenti per reati come consumo di stupefacenti, lesioni personali, furti e violazione delle leggi sugli stranieri. Anche se il numero dei ricoveri in ospedale è dimezzato rispetto al 2009, non è mancato il lavoro agli assistenti sanitari i quali hanno prontamente soccorso più di 400 persone, soprattutto per piccole ferite e intossicazioni per eccesso di alcol e droghe. L’episodio più grave ha riguardato un 31enne tedesco che ha riportato gravi ferite nel corso di una lite scoppiata nei pressi dell’Opernhaus. Infine, anche quest’anno, come nel 2009, la Street Parade è stata segnata da una pioggia battente che, però, non ha per nulla compromesso il clima di festa.

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SVIZZERA 11

Festival di Locarno: Pardo d'oro alla Cina Han Jia, film del regista cinese Li Hongqi, si aggiudica il Pardo d’oro della 63° edizione del festival internazionale del film di Locarno. Non è stato un festival semplice da seguire a causa della pioggia e del maltempo che si è accanito su Locarno per diversi giorni. Nonostante ciò, il presidente Marco Solari si è detto molto soddisfatto di questa edizione che ha avuto, per la prima volta, il francese Oliver Père come direttore artistico. A causa della pioggia insistente anche la cerimonia di premiazione ne ha risentito ed invece di essere svolta, come tradizione vuole, nella Piazza Grande, ha avuto luogo presso i locali dell’Auditorium Fevi. La pioggia non ha neanche favorito l’affluenza alla manifestazione che quest’anno ha registrato un calo non poco rilevante di ben 5.600 spettatori in meno rispetto allo scorso anno. Nonostante ciò, più di 148 mila spettatori hanno potuto assistere alla premiazione del cineasta cinese con il suo Han Jia, la storia di un gruppo di adolescenti che trascorrono insieme l’ultimo giorno di vacanza affrontando discorsi

di svariato interesse. Il regista, Li Hongqi, si è diplomato alla China Central Academy of Fine Arts nel 1999. Questo è il suo terzo film e anche i precedenti non sono certo passati inosservati: con il suo lungometraggio d’esordio, Hao duo da mi, si è aggiudicato il premio NETPAC al 58esimo Festival del film di Locarno, mentre il secondo, Huangjin zhou, gli è valso una nomina per il FIPRESCI Critics Award al 52esimo London Film

Festival. Per ciò che riguarda il programma del Festival, la 63a edizione è stata caratterizzata dalla giovane età dei cineasti e degli attori, dai membri delle diverse giurie agli autori e protagonisti dei film nelle diverse sezioni, nelle quali si sono contate quest’anno 22 opere prime, e dalle serate emozionanti nella Piazza Grande in compagnia degli ospiti d’onore, dai registi JIA Zhang-ke e Alain Tanner (en-

trambi vincitori del Pardo d’onore Swisscom 2010) a Francesco Rosi (Pardo alla carriera), dal produttore Menahem Golan (Premio Raimondo Rezzonico come migliore produttore indipendente) agli attori Chiara Mastroianni (Excellence Award Moët & Chandon) e John C.Reilly. L’edizione di quest’anno sarà ricordata anche per il notevole afflusso di pubblico riportato dalla retrospettiva consacrata al maestro della commedia, Ernst Lubitsch, e per le sale piene nella sezione dei cortometraggi dei Pardi di domani, che quest’anno ha festeggiato il suo 20° anniversario. Enorme il successo di nuove iniziative come gli «Industry Days» – tre giorni di proiezioni ed incontri riservati ai professionisti del cinema – e la Locarno Summer Academy – il nuovo programma di formazione destinato agli studenti e ai giovani professionisti del cinema. La direzione ha già fatto conoscere le date dell’edizione del prossimo anno che si terrà dal 3 al 13 agosto 2011.


12 RACCONTO

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Il racconto che segue è ispirato a una vicenda realmente accaduta. I fatti narrati, nella loro esteriorità, corrispondono al vero. Ma l’autore, per consuetudine antica, proprio sul contrappunto tra realtà e finzione ama modulare i suoi temi. Pertanto, non diversamente dal monologo lirico pubblicato prima della pausa estiva, anche quest’apparente divagazione rinvia, a ben guardare, a taluna tematica capitale del “Declino degli dèi”, il cui seguito riprenderà col prossimo mese.

Rue d'Ulm, 1980 1a parte - di Gerardo Passannante - gerardo@passannante.ch Parigi, 16 novembre 1980. È domenica. Sono le 7 del mattino. Uscendo congestionato dal suo appartamento presso l’École normale supérieure, e percorrendo i pochi metri che lo separano dalla porta dell’internista Pierre Étienne, il filosofo Louis Althusser suona freneticamente il campanello dell’amico, e fuori di sé gli grida: ho strangolato Hélène. Al medico, che avvezzo alle sue recenti stravaganze stenta a credergli, ma che tuttavia accorre in pigiama com’è, prendendo con sé la borsa per ogni evenienza, non resta che constatare l’evidenza; e subito nota che quella morte non è naturale, come più tardi l’autopsia confermerà senza ombra di dubbio. Mezz’ora dopo, un’ambulanza entra nel cortile della scuola e porta Althusser via per sempre dall’alloggio di rue d’Ulm che ha abitato dal ‘45. Il filosofo, dopo una permanenza provvisoria all’ospedale di Sainte-Anne, varcherà il portone del manicomio, dove morirà il 22 ottobre del ‘90, non prima di avere atteso alla stesura del suo ultimo libro, L’avenir dure longtemps. Ad esso affiderà la descrizione di quel tragico momento, di cui indagherà la dinamica e la ragione; e quello assumerà come punto fisso da cui ripartire, ogni volta che chiamerà al cospetto del suo tribunale privato la storia pubblica e intima, sentendo sempre più sfuggirgli il senso della sua e delle azioni umane. Poiché, se quel fatto è accaduto, tutto allora è possibile: a meno di non trovare una chiave interpretativa che trasformi un gesto omicida nella necessaria, razionale e inevitabile conclusione di un disegno più grande di lui. Quella scena ritornerà tante volte nella sua memoria, fino a fissarsi nella versione ne varietur del racconto scritto che l’ha consegnata agli uomini. Inginocchiato accanto a lei, egli narra, piegato sul suo corpo, le sta massaggiando la nuca, la schiena, i reni, come

ha fatto più volte, in silenzio, secondo una tecnica imparata da un compagno di prigionia. Ma questa volta massaggia il davanti del collo: appoggia i pollici nell’incavo della carne subito dopo lo sterno, e premendo raggiunge lentamente, risalendo verso destra e verso sinistra, la zona più dura sotto le orecchie. Sente una grande fatica nelle braccia; ma il viso della moglie è immobile e sereno. All’improvviso Louis è paralizzato dal terrore: gli occhi di Hélène sono irrimediabilmente fissi, e soprattutto la punta della lingua riposa tra i denti, innaturalmente pacifica. Ha visto già dei cadaveri, Louis, nel campo di concentramento, ma mai il viso di una strangolata: eppure adesso sa subito di che morte si tratta. Cosa è dunque successo? Chi ha stretto quel collo? Louis stenta a capire; e con la testa confusa e cinta d’orrore si rialza e corre in cerca di aiuto. E con quel grido alla porta dell’amico, la sua vicenda esce dal privato e entra nella cronaca, prima di essere affidata alla Storia. Hélène ha 70 anni, Louis 62: erano insieme da 33 anni. Si erano conosciuti a Parigi, in una sera di neve del 1946. Georges Lesèvre, che gliel’aveva presentata, ne aveva parlato come di una ragazza un po’ folle ma assolutamente straordinaria, per la sua intelligenza politica e la sua generosità. All’uscita della metropolitana, per non farla scivolare Louis le aveva preso il braccio e poi la mano, colto dal desiderio esaltante, dirà più tardi, di salvarla, di aiutarla a vivere, sentendo subito un richiamo d’amore protettivo, sottolineato dal pathos e dall’esagerazione dei gesti. Lei aveva poi reagito con giustezza, ma Louis pretendeva la paternità del primo passo, a cui affidava l’appello disperato e insperato a non essere più solo, a sentirsi in armonia con un mondo da cui la guerra e la prigionia l’avevano tagliato; anche se aveva mescolato a quel richiamo l’offerta d’aiuto a una donna ecce-

zionale, a cui voleva impedire di scivolare nella neve, mentre risalivano rue Lepic. L’immediata attrazione che entrambi avevano sentito non era dunque solo fisica, ma si radicava nel pulsare stesso del loro sangue e della loro storia, come se in quell’incontro oscuramente avessero passato in rassegna il passato e prefigurato il futuro. Quella scintilla che li mise in sintonia scaturiva da una percezione complementare del sentimento di esistere, dalla stessa tensione verso la conoscenza e da un acuto bisogno di lenire le sofferenze degli uomini, loro che provenivano da esperienze amare di frustrazione e nevrosi. La madre di Louis aveva paura di tutto: e arrivava a nascondere il denaro nelle mutande, in un grottesco quanto eloquente tentativo di doppia protezione. La madre di Hélène, invece, più che fobica era violenta, disumana, e incapace di affetto per questa figlia non bella, piccola, scura, ma pure intelligente e sensibile. Ebrea di origine russa, fin dagli anni trenta iscritta al partito comunista, anche Hélène era tornata da poco dai campi di concentramento nazisti, senza ritrovare molti suoi amici, alcuni fucilati, altri scomparsi durante la prigionia; e ora abitava una misera stanzetta, senza curarsi troppo dei disagi, tutta dedita com’era alla causa operaia e a furibonde lotte sindacali nelle officine della Citroën. Louis, in quegli anni ancora credente, si stava faticosamente ma definitivamente staccando dalla fede, per entrare nell’ateismo, in cui vedrà la forma moderna del cristianesimo. Poi la dottrina marxista, che spostava il riscatto dal cielo alla terra, e che riconoscendo il primato della materia giustificava anche i suoi focosi appetiti sessuali, aveva finito per risucchiarlo nella sua orbita, e ad essa Althusser avrebbe dedicato la parte più consistente delle sue riflessioni. Entrambi si impegnarono sul

fronte sociale e intellettuale: lei attaccata al politico e chiamata alla lotta quotidiana; lui immerso nei suoi studi, con i quali scandagliava le recondite leggi dell’agire umano. Ma il destino individuale, l’abisso della depressione, era in agguato e lo accompagnava fedele. Louis passava da un elettrochoc all’altro; ricorreva allo psicanalista per le sue irrazionali paure; era ossessionato dalla figura della madre: e così di anno in anno, tra slanci di solidarietà e affetto, tra provocazioni e violenze, avevano stabilito una complicità generosa e distruttiva, saldata da un nodo inestricabile di amore e odio: perché fin dall’inizio fu evidente che il loro cammino avrebbe proceduto congiunto, e che mai sarebbero stati separati. E che poi Althusser le sia sopravvissuto anagraficamente dieci anni, la loro morte va comunque situata nello stesso giorno: siccome il manicomio per Louis sarà soltanto l’aldilà nel quale era entrato, in compagnia di Hélène, nel momento stesso in cui le sue mani le avevano premuto il collo. La loro vita sentimentale, contrastata e tormentata, intensa di esaltazioni e tonfi, aveva attraversato momenti di grande tensione e di dolorose fratture: e dopo l’ultimo ricovero di Louis sembrava avere imboccato un via di non ritorno. Da giorni e giorni i coniugi, barricati in casa, non rispondevano più al telefono né aprivano la porta, su cui Louis aveva affisso uno scoraggiante cartello di assenza provvisoria. Nemmeno gli amici più intimi e il medico curante avevano accesso a loro, e ogni ponte con l’esterno era tagliato. Lui, reduce da una ricaduta depressiva dopo un’operazione all’ernia, continuava a torturare la moglie; lei non parlava, e opponendogli un rifiuto doloroso si rinchiudeva a chiave nella sua stanza per non incontrarlo; e gli diceva che avrebbe cercato un altro appartamento.

(continua)


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POLITICA 13

Comitato di Ferragosto i bilanci di Alfano e Maroni Azzerati gli sbarchi e risultati strabilianti contro la mafia: questo il consuntivo dei due ministri che si pronunciano anche sul futuro del governo Il Ministro Alfano e il ministro Maroni, nel tradizionale Comitato di Ferragosto, (Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza), tenutosi per la prima volta fuori Roma, hanno fatto il punto sui risultati della lotta alla mafia, per la prima volta dirottato fuori Roma, rilasciando anche commenti sull’attuale situazione politica. Maroni ha sottolineato, così come il ministro della Giustizia Angelino Alfano, gli ottimi risultati ottenuti dal governo nella lotta contro la mafia: “Numeri senza precedenti, con 6 mila 483 mafiosi catturati dal maggio 2008 (una media di 8 al giorno) e 26 dei 30 superlatitanti più pericolosi arrestati, nonché 32 mila 799 beni sequestrati o confiscati alla criminalità organizzata per un valore di 15 miliardi di euro. Questa sottolineano - è l’antimafia dei fatti, il resto sono chiacchiere”. “In media sono stati catturati otto mafiosi al giorno e un superlatitante al mese”, ha detto Maroni, mentre Alfano ha parlato di “strabilianti risultati che non hanno precedenza” e ha annunciato che “con il Fondo Unico di Giustizia useremo contro la mafia i soldi sequestrati alla mafia”. Il responsabile dell’Interno ha inoltre ribadito la priorità degli accordi con altri Paesi per fermare i clandestini: “Siamo riusciti ad azzerare gli sbarchi”, ha affermato. Già alcuni giorni fa, in polemica con la Caritas che affermava il contrario, Maroni aveva sostenuto che “gli sbarchi sono calati dell’88 per cento”. In quanto alla situazione politica attuale, i ministri dell’Interno e della Giustizia da Palermo lanciano all’unisono

lo stesso messaggio: “No a governi tecnici, larghe intese e altri pasticci: se la maggioranza non regge l’unica strada è il voto”. “Per la Lega – spiega il ministro Maroni – non c’é un’altra maggioranza all’infuori di questa, non siamo disponibili a giochini di palazzo che tolgono al popolo sovrano il diritto di decidere da chi vuole essere governato”. Quindi, aggiunge, “se la maggioranza viene meno si torna al popolo sovrano con elezioni politiche che si possono svolgere in ogni periodo dell’anno”. E a chi evoca il ribaltone della Lega nel 1994 il ministro risponde che “si trattava di un’altra era geologica, ora c’é di fatto l’elezione diretta del premier con il suo nome sulla scheda elettorale”. “La Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo quindi un governo che vede all’opposizione chi ha vinto le elezioni viola la Carta costituzionale”, sono invece le parole usate dal ministro della Giustizia Angelino Alfano che stoppa ogni possibile governo del dopo Berlusconi senza un passaggio elettorale. “Berlusconi o elezioni”, il messaggio del ministro che marca così un evidente dissenso dal messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che nei giorni scorsi aveva ribadito come la Costituzione affidi al capo dello Stato le decisioni da prendere in caso di crisi di governo. La bussola, puntualizza il Guardasigilli, “é la Costituzione che all’articolo 1 sancisce come la sovranità appartenga al popolo. È il popolo che sceglie chi mandare al governo,

chi perde si oppone. Dunque – scandisce ancora il ministro Alfano – qualunque ipotesi che dice che chi perde sta al governo viola la Costituzione”. Alla ripresa, prosegue il ministro Alfano, “sottoporremo alcuni punti programmatici (giustizia, federalismo, fisco e sud) in base ai quali si verificherà se esiste o meno una maggioranza in grado di governare”. Dal ministro Maroni arriva inoltre un inusuale plauso al leader dell’Udc Pierferdinando Casini. “In precedenza – osserva – Casini aveva ipotizzato le larghe intese, ora invece ha detto, e io sottoscrivo, che non si può far nascere un governo contro una parte del paese”. Mentre il ministro dell’Interno Roberto Maroni parlava a Palermo della lotta alla mafia e dei risultati raggiunti, da Ponte di legno Umberto Bossi lanciava, al tradizionale comizio di Ferragosto, l’allarme sulle infiltrazioni anche al Nord e nella politica. “Al Sud è difficile andare.

Ho dato la concessione per aprire una sede della Lega in Calabria e due giorni dopo c’era uno della 'ndrangheta”. Secondo il ministro delle Riforme la lotta alla criminalità organizzata non deve essere concentrata solo nel mezzogiorno: “Si infiltrano da tutte le parti. La Brianza ha molte infiltrazioni, perché c’è la possibilità di costruire...”. Infiltrazioni anche in politica ma “non nella Lega. Io li tengo fuori dalla porta”. Sul consigliere regionale della Lombardia Angelo Ciocca il cui nome è apparso nella maxi inchiesta sulla 'ndrangheta che ha portato all’arresto di oltre 300 persone, buona parte al Nord, Bossi ha gettato acqua sul fuoco e ha sottolineato che buttare fuori qualcuno che non è nemmeno indagato sarebbe come “una condanna a morte”. “Non fa l’assessore. È lì bloccato – ha concluso –. La magistratura seguirà il suo corso. Se lo butto fuori è condannato anche se innocente”.

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14 CRONACA

LA PAGINA • 18 AGOSTO

Conflitto di interesse e accentramento di potere BankItalia contro Verdini Affidamenti scoperti e rapporti sospetti; ma Verdini replica: «Si tratta solo di un polverone mediatico» Banca d’Italia contesta a Verdini un conflitto d’interessi pari a 60 milioni per la banca di cui è stato amministratore, il Credito Cooperativo Fiorentino (Ccf). E il coordinatore del Pdl risponde con una nota durissima all’indirizzo di Palazzo Koch: “Il verbale di contestazione è fondato su ipotesi errate di fatto e di diritto, la cui insussistenza sarà presto dimostrata, in quanto ho sempre operato nella massima trasparenza e nell’interesse della banca”. Al conflitto di interessi si aggiungono gravi carenze degli organi aziendali, con accentramento dei poteri nelle mani dell’allora presidente Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl; impieghi spesso a rischio, concentrati su grandi clienti e in contrasto con gli obiettivi mutualistici dell’istituto: queste le linee essenziali della delibera con la quale è stata proposta, e poi disposta con decreto del 27 luglio gi Giulio Tremonti Tremonti, l’amministrazione straordinaria del Credito Cooperativo Fiorentino (Ccf), la banca finita anche nell’inchiesta sulla cosiddetta P3. Indagato in diverse sedi giudiziarie in relazioni a ipotesi di corruzione e riciclaggio, Verdini, sempre secondo Bankitalia, “ha omesso di fornire piena informativa, ai sensi dell’articolo 2391 del codice civile, circa la sussistenza di propri interessi potenzialmente in conflitto con quelli della banca, per affidamenti complessivamente ammontanti a euro 60,5 milioni’’, riconducibili ad iniziative editoriali e immobiliari.

Per quanto esistesse una elaborazione trimestrale in materia antiriciclaggio, al Credito Fiorentino le procedure corrette – secondo Bankitalia – sono state di fatto avviate “solo agli inizi del 2010’’. “Prive di approfondimento – scrive l’Istituto di Vigilanza – sono rimaste talune operazioni volte ad effettuare, con modalità anomale e in assenza di registrazioni nell’Archivio Unico Informatico, il trasferimento di un importo di 500 mila euro in favore di due clienti classificati a sofferenza’’, uno dei quali sottoposto ad indagini per riciclaggio. Inoltre, “solo nel corso degli accertamenti ispettivi’’ e in seguito all’avvio di indagini giudiziarie, il Credito Cooperativo Fiorentino “ha provveduto a segnalare i versamenti per complessivi 800 mila euro in favore di una delle società editoriali riconducibili al dott. Verdini, effettuati nel periodo giugnodicembre 2009 da soggetti non conosciuti, interessati in iniziative economiche di dimensioni modeste o da tempo cessate’’. Verdini, interrogato dai pm di Roma e durante una conferenza stampa, ha sostenuto che quel versamento di 800 mila euro rientrava in un’operazione da 2,6 milioni di aumento di capitale del Giornale della Toscana. Nonostante dall’ispezione sia emerso “un grave deterioramento della qualità del portafoglio crediti’’, il patrimonio del Credito Cooperativo Fiorentino è risultato “ancora sufficiente a garantire i requisiti prudenziali

minimi’’, anche se si registra una “progressiva erosione dell’eccedenza, dovuta alle perdite registrate sugli impieghi e alla costante crescita dell’attivo a rischio’’. Tale eccedenza è stata valutata dagli ispettori di Bankitalia di “soli 2,9 milioni di euro’’. Non la situazione patrimoniale, dunque, ha indotto Bankitalia a chiedere il commissariamento del Credito Cooperativo Fiorentino, ma la gravità delle violazioni normative e delle irregolarità, che hanno determinato un “progressivo deterioramento dei profili tecnici della banca, compromettendone la capacità reddituale e riducendone i margini patrimoniali, a fronte dei livelli crescenti di rischiosità dell’attività condotta’’. “Si tratta dell’inizio di un provvedimento amministrativo al quale risponderò puntualmente e adeguatamente nei termini previsti dalla legge. Verdini respinge integralmente le accuse parlando di “insussistenza”. Dopo aver negato l’esisten-

za di un “potenziale conflitto di interessi”, sottolinea come nella “delibera degli ispettori non vi sia traccia alcuna delle infamanti ipotesi uscite sulla stampa nei mesi scorsi, tese a individuare nel Ccf un crocevia di tangenti e di malaffare”. “Come ho già spiegato ai magistrati – conclude il coordinatore del Pdl – da tempo non ho rapporti in società operative con l’imprenditore Riccardo Fusi, e i crediti erogati alla Btp sono sempre stati pienamente garantiti. Respingo dunque con fermezza sia le contestazioni sul conflitto d’interessi che quelle relative ad inesistenti operazioni anomale” Dall’opposizione ha risposto un coro di accuse. Secondo Gianclaudio Bressa, capogruppo del Pd in commissione Affari Costituzionali del Senato, “il quadro che emerge dai riscontri degli ispettori di Bankitalia è molto pesante. Se confermato, Verdini deve trarne le inevitabili conseguenze politiche e dimettersi”. (tratto dalla rete)


18 AGOSTO 2010 • LA PAGINA

CRONACA 15

Voto all'estero: la proposta di riforma del Pd Il Partito democratico ha presentato alla Camera e al Senato una proposta di riforma del voto all’estero del Pd che ha come primi firmatari rispettivamente i capigruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini e al Senato Anna Finocchiaro. La proposta di riforma è stata firmata anche dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani. La proposta prevede all’articolo 1, per superare il problema della formazione delle liste elettorali, “l’istituzione di un apposito elenco dei cittadini italiani residenti all’estero che manifestano la volontà di esercitare il diritto di voto direttamente dal paese di residenza, tenuto presso l’ufficio elettorale istituito in ciascun Consolato”, sistema che risolverebbe “il problema della certezza del voto”. Con l’articolo 2, si prevedono le nuove modalità di stampa ed invio dei plichi elettorali. Con le modifiche introdotte, “il Ministero degli interni provvede direttamente alla stampa e alla consegna del plico elettorale agli uffici elettorali consolari entro il ventitreesimo giorno prima della data stabilita per le votazioni in Italia. Il plico deve essere nominativo e sigillato, contenere il certificato elettorale, la scheda elettorale, la relativa busta ed una busta affrancata recante l’indirizzo dell’ufficio consolare competente”. Con gli articoli 3 e 4, vengono introdotte disposizioni per garantire un più elevato livello di sicurezza e controllo delle operazioni di voto. Nello specifico, “viene stabilito che non oltre diciotto giorni prima della data stabilita per le votazioni in Italia, ciascun ufficio elettorale consolare, sotto il controllo del Comitato elettorale appositamente istituito, provvede ad inviare agli elettori all’estero, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o con altro sistema che ne attesti la ricezione da parte dell’elettore stesso, il plico nominativo pervenuto dal Ministero dell’interno.

Una volta espresso il proprio voto sulla scheda elettorale, l’elettore è tenuto ad introdurre nell’apposita busta la scheda o le schede elettorali, a sigillare la busta e ad introdurre tutto nella busta affrancata unitamente al tagliando staccato dal certificato elettorale, debitamente firmato e con l’indicazione del numero identificativo del proprio passaporto o della carta d’identità o di altro documento d’identità valido rilasciato dal Paese di residenza e riconosciuto dal ministero dell’Interno, e a spedire il tutto all’ufficio elettorale consolare competente non oltre il decimo giorno precedente la data stabilita per le votazioni in Italia”. Con l’articolo 5, al fine di migliorare le operazioni di scrutinio dei voti, assai confuse nelle precedenti tornate elettorali, “si prevede l’istituzione presso le Corti di Appello di Roma, Firenze, Milano e Napoli, degli uffici centrali per la circoscrizione estero, ciascuno competente per una delle ripartizioni estere. Presso ciascuno degli uffici centrali per la circoscrizione estero è costituito un seggio elettorale per un minimo di duemila e un massimo di tremila elettori residenti all’estero”. L’articolo 6 prevede che a ciascuno degli uffici centrali per la circoscrizione estero spetta il compito di proclamare gli eletti nell’ambito della ripartizione di competenza. L’articolo 7 prevede che la pubblicità sulle elezioni all’estero deve essere garantita anche sui giornali locali, anche non di lingua italiana. “La presentazione da parte di un progetto di legge sul voto all’estero costituisce un fatto di rilevante spessore politico – ha spiegato a Nove Colonne Fabio Porta, deputato del Pd eletto all’estero –. In primo luogo perché è la prima volta che i gruppi parlamentari di un partito presentano contemporaneamente alla Camera e al Senato un importante provve-

dimento legislativo riguardante gli italiani all’estero. In secondo luogo per l’autorevolezza politica dei firmatari: i due capi-gruppo Franceschini e Finocchiaro, insieme al Segretario del partito Bersani e a tutti i parlamentari eletti all’estero. Infine per il metodo seguito per la presentazione della legge: un lavoro comune, che ha coinvolto non solo i parlamentari ma anche tutti i livelli, in Italia e all’estero, dell’organizzazione del partito”. Laura Garavini, eletta in Europa, si dice convinta che “con la proposta Pd avremo una spedizione dei plichi molto più sicura. Non verrebbero più mandati a tappeto, ma solo a quegli italiani

residenti all’estero che si siano iscritti precedentemente nella lista elettorale. Ugualmente importante è che viene mantenuto sia il voto democratico per corrispondenza che lo spoglio centrale in Italia, fondamentale per evitare brogli in periferia dove non può essere garantita sempre e dappertutto la sorveglianza necessaria”. Secondo Marco Fedi, eletto nella ripartizione Oceania, “sarà utile partire con una discussione sui punti di convergenza e sulle diversità tra le varie proposte di legge, per arrivare a predisporre un documento di analisi e formulare una proposta del Comitato per le questioni degli italiani all’estero”.


16 GINEVRA

LA PAGINA • 18 AGOSTO 2010

pagina a cura di Carmelo Vaccaro www.perso.ch/carmelo.vaccaro

Partage Giugno 2010 Lo scorso 26 giugno, la S.A.I.G. si è mobilitata per l’Associazione PARTAGE, il Centro Ginevrino del Volontariato (CGV) e l’Hospice Général, assicurando la permanenza in tre punti vendita per l’annuale raccolta di giugno di prodotti alimentari a favore dei più indigenti. La MIGROS e la DENNER del Centro Commerciale dei Charmilles e la COOP della

Place des Charmilles, sono stati i punti vendita assegnati alla S.A.I.G. per la raccolta di prodotti alimentari. Tutti i presidenti, ed alcuni membri dei comitati delle Associazioni aderenti alla Società, hanno partecipato a questa magnifica maratona, volta a sviluppare l’azione sociale della S.A.I.G. come una delle sue attività prioritarie. Quest’anno, le Associazioni aderenti alla S.A.I.G., sono state tutte presenti all’appuntamento: per l’Ass. Calabrese Tommasina Isabella e Francesco De Cicco, per l’Ass. Fogolar Furlân Giuseppe Chiararia, Sandra e Gilberto Donato, per il Club Forza Cesena, Piera e Oliviero Bisacchi, Dora e Nino

Nasi, Gabriele D’Amico e Rina Cavedo, per l’A.G.S.I. Maria Rochat e Estelle Ferrari, per l’Ass. Emiliano-Romagnoli, Rino Sottovia, Anna Vignudini, Sante Cavedo, e Elide Mazzoli, per l’Ass. Lucchesi Vittorio e Menotti Bacci e per l’Ass. Pugliese Antonio Scarlino. Nel 2009, con l’aiuto dei principali negozi alimentari, l’Associazione PARTAGE ha raccolto ben 65 tonnellate di

articoli alimentari non deperibili e, per il 27 giugno 2010, questa catena di solidarietà si è mobilizzata per riuscire a raccogliere 74 tonnellate. Questi prodotti, che completano l’offerta di prodotti freschi quali frutta, verdura, carne e latticini, sono stati raccolti durante tutto l’anno in tutte le imprese alimentari del Cantone. Sono 56 le associazioni e servizi sociali che ricevono questi beni che, a loro volta, vengono utilizzati e distribuiti a migliaia di persone bisognose. Anche attraverso questa giornata di solidarietà, l’Associazione PARTAGE è stata in grado di soddisfare le continue crescenti richieste.

Una giornata piena di emozioni che ha visto succedersi 22 membri delle Associazioni aderenti alla S.A.I.G., nel quadro della campagna di visibilità per presentare le sue azioni per la lotta contro lo spreco, la valorizzazione degli scarti, lo sviluppo duraturo e l’implicazione sociale delle imprese organizzate dall’Associazione PARTAGE, il CGV e l’Hospice Général. Questa esperienza, che si

e con Vincent Gall, dell’Associazione PARTAGE, il sostegno della Società si è diversificato. Infatti, la raccolta di indumenti permanente che la S.A.I.G. ha nel suo programma, viene consegnata a PARTAGE che si occupa poi della distribuzione ai più indigenti. La S.AI.G. informa che sarà presente al “Samedi du Partage” organizzato tradizionalmente a fine anno dall’ Hospice Général,

rinnova dal 2008, è motivo di fierezza per poter contribuire con le associazioni caritative di Ginevra a migliorare le condizioni dei più bisognosi nel Cantone di Ginevra. Oltre alla collaborazione offerta dalla S.A.I.G. al C.V.G. (Centro Volontariato Ginevrino)

il CGV e la Federazione del Commercio ginevrino, che avrà luogo il 27 novembre 2010. Vi invitiamo ad iscrivervi, quali volontari, vicino al Centro ginevrino del volontariato, tel. 022 736 82 42 - cgv@swissonline.ch. - www.partage.ch - www. volontariat-ge.org.


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18 CRONACA

LA PAGINA • 18 AGOSTO 2010

I clandestini nelle poltrone dei pullman

Dal Messico all'Arizona

In Italia c’erano i clandestini che venivano con i barconi. C’erano e ci sono, seppure, ormai, il fenomeno si è considerevolmente ridotto in seguito all’accordo firmato tra l’Italia e la Libia. Finiti o quasi i barconi, quelli che riescono ad approdare in Italia o in Europa, lo fanno con altri mezzi e comunque non seguendo le rotte tradizionali. Ma non è dell’Italia che vogliamo parlare. Non si pensi che i clandestini siano un fenomeno esclusivamente italiano, no, e nemmeno solo europeo. Negli Usa, ad esem-

pio, il fenomeno è quantificato in proporzioni gigantesche. Lo Stato di frontiera col Messico, l’Arizona, è il passaggio più frequente e come tra l’Africa e l’Europa ci sono bande di criminali che li portano dietro compensi spesso eccessivi e per vie pericolose, così ci sono i trafficanti, chiamati coyotes, tra il Messico e l’Arizona. È una lotta continua tra gli agenti di frontiera e i criminali, che, ovviamente, non portano solo clandestini, ma anche droga in grande quantità. Alcune cifre: solo nell’Arizona si calcola che i clandestini siano 460 mila. Ne arrivano 1500 circa alla settimana e anche se sono numerosi quelli che vengono riportati dall’altra parte, il Messico, circa 380 all’anno, come si vede, il saldo è a favore delle entrate. Lì non entrano via mare, ma via terra. La linea di frontiera è lunghissima e vi operano migliaia di agenti, ma come detto, alla fine chi entra è

sempre in numero superiore a chi ritorna. Ma più che di numeri, le cronache recenti sono piene di “come” entrano i clandestini negli Usa, cioè di come vengono aiutati ad entrare, ovviamente pagando profumatamente. Ormai, quella di far passare clandestini oltre frontiera è diventato un grande business. Vediamo prima il passaggio della droga. Sono finiti i tempi in cui il passatore ingoiava ovuli di droga e poi li recuperava al bagno una volta negli States. Ora i panetti di cocaina sono manipolati al punto che sembrano pezzi di cemento; la marijuana viene infilata nei grandi rotoli di plastica, nelle balle di fieno e nelle gomme da innaffiare. Insomma, i nascondigli sono sempre più difficili da scoprire, anche se una volta trovato l’inganno, anche i poliziotti si fanno più furbi.

Ed ora, veniamo ai clandestini, i quali, poveretti, oltre a pagare profumatamente, sono costretti a stare in posizioni a volte scomodissime e altre volte proibitive, tanto che non è raro che ci rimettano la pelle. Qualcuno è stato scoperto nel motore dell’auto. Come abbia fatto a resistere è un mistero, però ci è riuscito. Altri

sono stati messi nel classico doppio fondo delle macchine che, si sa, negli Usa sono grandissime. Altri ancora nei punti più incredibili di grossi camion. Ma la foto che mostra un clandestino messo nel sedile di un pullman ha fatto il giro del mondo. In pratica al clandestino è stato costruita una poltrona addosso, per cui uno pensa che sia una poltrona libera e invece il clandestino non si vede ma c’è, dentro, appunto, la poltrona. I piedi della poltrona sono i piedi del clandestino ricoperti di pelle, i bracci sono le braccia dell’uomo, e così via. E poi dicono che la fantasia esiste solo in Italia! Il Congresso americano, dato il fenomeno, ha stanziato 600 milioni di dollari per 1500 nuovi agenti e nuove apparecchiature. C’è da scommettere, però, che ci sarà sempre chi riuscirà, magari in maniera rocambolesca, a passare dall’altra parte. ✗cronaca@lapagina.ch


18 AGOSTO 2010 • LA PAGINA

Anna Falchi in dolce attesa

Julia Roberts realizzata

Miriana e Pago

Ecco le confessioni di una grande e bella attrice, Julia Roberts, 42 anni: “'In Eat, Pray, Love' interpreto una donna in cerca di se stessa, ma nella realtà sono una moglie-madre realizzata”. L’attrice è sposata con Danny Moder, 40, ed ha tre figli: due gemelli, Phinn e Hazel, di 5 anni e Henry Daniel, 3. Dopo la vita burrascosa della gioventù, ora Julia e il marito sono genitori modello e lei sta spesso in casa con i figli.

La storia di Miriana Trevisan, 37 anni, e di Pacifico Settembre, in arte Pago, 38, è quella di una coppia rinata. “Dopo due anni di separazione legale”, ha detto lei, “io non ho mai smesso di pensare a lui e quando sono tornata dall’Isola dei famosi, nel 2007, ho sentito il bisogno di incontrare il mio ex marito, che mi ha subito raggiunto”. Ora hanno un figlio di un anno e mezzo e tanta voglia di stare insieme.

Estate amara per Anna Falchi, 38 anni. Prima l’immensa gioia di scoprire di aspettare un bambino dal fidanzato Denny Montesi, poi la doccia fredda: lui in un’intervista ha detto di essere in crisi con lei per i loro diversi stili di vita. Doccia fredda anche per la sua vita professionale: il film di cui è protagonista “Roma nuda”, è stato sequestrato. Intanto sta partendo “Bravi ragazzi”, film di cui è produttrice.

Chelsea a nozze In piena estate, il 31 luglio scorso, negli Usa si è celebrato un matrimonio famoso, quello di Marc Mezvinsky, 32 anni, e Chelsea Clinton, 30, figlia dell’ex presidente. Si è parlato di un matrimonio da principessa, di una Chelsea da sempre considerata un brutto anatroccolo che adesso ha avuto forse il suo riscatto più grande: agli occhi del suo Marc infatti lei è un bellissimo cigno bianco.

LETTO DAL PARRUCCHIERE 19

Amori che ritornano Barbara Chiappini, affascinante show-girl, 35 anni, bella copia di Sofia Loren da giovane, e Carlo Agostini, 33, pubblicitario, erano davvero una coppia serena e felice, insieme ai loro 5 cani, ma due anni fa arrivò la crisi e i due si lasciarono. Per amore dei cani però furono costretti a rivedersi e così il loro sentimento adesso è rinato perché hanno capito che in realtà non hanno mai smesso di amarsi.

Il nuovo amore di Zequila

Marcelo sceglie Elisa

Poco più di un mese fa l’attore Antonio Zequila, 46 anni, diceva di essere single e in cerca dell’amore. Pare che non abbia dovuto aspettare tanto visto che nei giorni scorsi è stato fotografato in compagnia di una donna dai capelli scuri e dalle curve seducenti. All’uscita di un centro benessere, i due si sono abbracciati e baciati a lungo. Chi sia la bella bruna, però, ancora non si sa.

Tutte lo cercavano e tutte lo volevano, a cominciare da Stefania Zappa, 20 anni, e da Rajaa Afroud, 28, le due corteggiatrici del tronista Marcelo Fluentes, 36. Le due donne lo accusavano di non dire mai la verità. Poi, il tronista, la verità l’ha detta ed è che si è seccato di tutte e due ed ha capito di essere sempre stato innamorato, ricambiato, della sua ex fidanzata, Elisa Panichi, 28.

L'ex di Jean-Paul contro Barbara Battaglia legale tra Natty Tardivel, 45 anni, ex moglie di Jean-Paul Belmondo, 77, e Barbara Gandolfi, 35, ex coniglietta di Play-boy. Natty ha divorziato dal celebre attore francese nel 2008. I due hanno una figlia in comune e forse da parte di lei c’è ancora sentimento. La denuncia è stata motivata dal plagio che Barbara avrebbe esercitato su Jean-Paul per i suoi soldi.


20 CRONACA

LA PAGINA • 18 AGOSTO 2010

Arrestato dopo due giorni “l'evaso gentiluomo” Era scappato, insieme ad un altro detenuto, da un carcere modello come quello di Bollate con tanto di lettera di scuse. Nel giro di 48 ore aveva rubato un’auto, commesso due rapine e con i soldi aveva comprato cocaina

Diciamo la verità: il detenuto che prima di evadere ha scritto una lettera di scuse alla direttrice ci aveva suscitato un sentimento di comprensione. Quella del ladro gentiluomo è sempre stata una storia di simpatia e forse di complicità e dunque quando Pasquale Pagana, detenuto nel carcere di Bollate (Mi), è diventato uccel di bosco, saranno stati in tanti ad aver pensato: magari non sarà stato uno stinco di santo, ma avrà avuto le sue ragioni. Ognuno ha potuto lasciar andare libera la propria fantasia. La lettera scritta prima dell’evasione, iniziava così: “Cara direttrice, scusi per i guai che le porterò. Ma devo andare, mi capirà”. Una lettera breve, che tuttavia, a ben analizzarla, è rivelatrice di tante cose. Innanzitutto, ha colpito quel “Cara direttrice”. Da che mondo è mondo, i detenuti hanno sempre avuto come contropar-

te i direttori e i secondini. Qui, il detenuto si rivolge alla sua controparte con un “cara”. Vuol dire che nel carcere di Bollate non esiste quell’atmosfera da “Alcatraz” cui siamo abituati ad assistere nei film. In effetti, Bollate è un carcere a “custodia attenuata”, vuol dire che è un carcere modello. Ci sono 1100 detenuti che studiano e lavorano e che sono seguiti da gruppi di specialisti ed educatori. Le guardie sono poco più di 300, una ogni quasi quattro detenuti. Niente celle superaffollate, nessuna atmosfera cupa, solo un istituto che ospita gente che esce per andare a lavorare e poi trascorre la notte “dentro”. Che sia un modello lo prova il numero degli evasi negli ultimi dieci anni: appena due. La loro fuga, comunque, è durata appena poche ore. Poi, nella lettera dell’evaso, ha colpito quella parola di scusa per i guai che la sua fuga avrebbe procurato alla direttrice. C’è poco da fantasticare: Pasquale Pagana, 35 anni, originario di Torre Annunziata, ha dato subito l’idea di un detenuto mo-

Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda - pp 155

Fr.2

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Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei migliori a giocare a Buzul-bazi, qualcuno reclami la tua vita. Tuo padre è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e tu dovresti esserne il risarcimento. Ecco perché quando bussano alla porta corri a nasconderti. Ma ora stai diventando troppo grande per la buca che tua madre ha scavato vicino alle patate. Così, un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio: ti accompagna in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai un uomo per bene e ti lascia solo...

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dello con qualche problema da risolvere con urgenza. Magari, chissà, una fuga d’amore, per la quale chiedeva perdono. Si potrebbe dire: “Ma se Bollate è un carcere modello, perché fuggire?”. I motivi bisognerebbe chiederli al diretto interessato e alle sue segrete aspirazioni. Certo è che lui, nella breve lettera alla direttrice, ha dato la colpa al Tribunale di sorveglianza che non gli ha concesso l’affido ad una comunità per tossicodipendenti. A suo giudizio, lui era “cambiato”, “stava bene” in salute, dunque poteva entrare in una comunità, ma evidentemente non era questo il parere del Tribunale. Di qui la fuga, con un complice. In effetti, la lettera non deve essere stata scritta appena prima di fuggire, ma deve essere stata preparata con congruo anticipo. Pasquale Pagana, come pure il suo complice, lavorava fuori carcere. Stava a Bollate da un anno, condannato per rapina, e doveva restarci ancora per un altro anno, anche se tra pochi mesi avrebbe usufruito dell’uscita anticipata. Il lavoro consisteva nelle pulizie nella caserma degli agenti penitenziari, che si trova accanto all’istituto di pena, oltre il muro di cinta. Per farla breve, Pasquale Pagana e l’altro detenuto evaso, una volta entrati nella caserma dove facevano le pulizie, scortati da una sola guardia carceraria, come prevede il regolamento di quell’istituto, sono saliti al primo piano e tra un controllo e l’altro se la sono svignati attraverso l’uscita di emergenza. “Mi dispiace”, ha

lasciato scritto nella lettera alla direttrice, “devo andarmene”, parafrasando senza saperlo una nota canzone che continua: “il mio posto è lì”. Questa è la cronaca dell’accaduto. Ed ora un paio di domande: chi non avrebbe compreso? Chi non avrebbe accusato il Tribunale infame? Ebbene, il seguito della cronaca, forse, farà cambiare parere. Già, perché la fuga di Pasquale Pagana, messa in atto l’11 agosto, si è interrotta il13, appena due giorni dopo, come successe agli altri due casi di evasione degli ultimi dieci anni. Non è riuscito nemmeno a festeggiare Ferragosto in libertà e in pace. È stato arrestato a casa della suocera, in compagnia della moglie, dove tuttavia non c’erano i suoi tre figli. I motivi della fuga, però, non sono l’amore o l’intimità con la moglie, ma la droga. Appena dopo la fuga, Pasquale Pagana ha ammesso di aver rubato un’auto, dopo aver bloccato la ragazza che ne era proprietaria. Dopo il furto dell’auto ha fatto due rapine, una ad una gioielleria e l’altra ad una farmacia. La prima gli è andata male perché è scattato l’allarme, la seconda gli è andata meglio perché ha rimediato 530 euro, spesi subito dopo per compare la cocaina. Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma tutto sommato, quando il Tribunale gli aveva negato l’affido in comunità, non aveva avuto torto. Da lì, infatti, di rapine ne avrebbe fatte quante ne voleva, e indisturbatamente. Ora, invece, almeno sarà seguito a dovere. ✗cronaca@lapagina.ch


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SOCIETÀ 21

È Napoli la città più economica d'Italia Secondo i dati elaborati dall’Istat insieme con Unioncamere e Istituto Tagliacarne, è Bolzano la città più costosa d’Italia, Napoli invece il capoluogo più economico. Sul podio delle città più care anche Bologna e Milano Bolzano la città più cara, Napoli la più economica: questo il quadro che emerge dallo studio sulle differenze nel livello dei prezzi al consumo tra i capoluoghi delle regioni italiane per l’anno 2009 realizzato da Istat, Unioncamere e Istituto “Guglielmo Tagliacarne”, con la collaborazione degli Uffici comunali di statistica. I differenziali nei livelli dei prezzi al consumo tra le diverse città italiane – sottolinea lo studio – risultano non trascurabili: in generale, i prezzi registrati nelle città settentrionali sono superiori a quelli dei capoluoghi del Centro e soprattutto del Mezzogiorno del Paese. La città più cara è Bolzano (105,6) e quella meno cara è Napoli (93,8). Come città più care, dopo Bolzano (prezzi superiori del 5,6 per cento rispetto al livello medio nazionale) si trovano Bologna (più 4,9 per cento) e Milano (più 4,7 per cento); come città meno care, dopo Napoli (prezzi inferiori alla media del 6,2 per cento) compaiono Campobasso (meno 5,8 per cento) e Potenza (meno 5,3 per cento). Analizzando le parità di potere d’acquisto calcolate per i diversi raggruppamenti di spesa emergono due gruppi di città, caratterizzati da prezzi sistematicamente più alti (o più bassi) rispetto alla media nazionale per tutti gli aggregati di spesa considerati: quelle che evidenziano livelli dei prezzi superiori alla media nazionale in tutti i raggruppamenti di

spesa sono Bolzano, Milano e Genova. I capoluoghi che registrano livelli dei prezzi sistematicamente inferiori a quelli medi nazionali sono Palermo, Potenza e Campobasso. Tutte le città che fanno parte del gruppo di quelle sistematicamente più care sono situate nell’Italia settentrionale; tutte quelle del gruppo delle città persistentemente meno care nell’Italia meridionale. I raggruppamenti di spesa che registrano la maggiore dispersione dei livelli dei prezzi al consumo tra le città sono quelli relativi ad Abitazione, acqua, energia elettrica e combustibili e Servizi sanitari e spese per la salute. Sul lato opposto, l’aggregato con la maggiore omogeneità dei livelli territoriali dei prezzi è quello dei Trasporti e comunicazioni, seguito da Abbigliamento e calzature. Per quanto riguarda la spesa per Generi alimentari, bevande e tabacchi (che pesano poco più del 20 per cento della spesa per consumi) la città più cara è Bolzano (prezzi più alti dell’8 per cento rispetto alla media nazionale), quella meno cara è Napoli (meno 9 per cento). Per Abbigliamento e calzature (il cui peso è pari a poco meno del 9 per cento) il quadro è più omogeneo: nella città più cara (Trieste) i prezzi sono superiori mediamente del 3,7 per cento rispetto al dato nazionale; in quella meno cara (Campobasso) il livello è più basso del 5,4 per cento. Per quanto riguarda beni e servizi compresi nel raggrup-

pamento Abitazione, acqua, energia elettrica e combustibili (la cui incidenza sulla spesa per consumi è pari a circa il 10 per cento) il quadro è notevolmente variabile tra le diverse città: quella più cara (Roma) mostra un livello dei prezzi più elevato del 12,8 per cento rispetto alla media nazionale; in quella meno cara (Potenza) si spende il 14,4 per cento in meno che nella media del Paese. Livelli dei prezzi significativamente superiori a quelli medi nazionali si registrano anche a Firenze (più 11,4 per cento) e Genova (più 10,3 per cento). C’è da tenere presente – si sottolinea nello studio – che, all’interno di questo capitolo di spesa, sono presenti sia le spese per gli affitti sia quelle relative ai servizi per la casa ed ai prodotti energetici per l’abitazione. Per quanto riguarda gli affitti, Bolzano, Roma e Firenze presentano i più elevati livelli dei prezzi tra le città considerate nel calcolo delle parità, mentre per i prodotti energetici per la casa il quadro è molto variabile. Guardando a questa classifica che mette a confronto i prezzi al consumo delle varie città italiane c’è comunque un particolare di non secondario rilievo da prendere in considerazione: le città più care d’Italia sono anche quelle più vivibili, quelle dove l’ambiente è tutelato e la qualità della vita dei cittadini è elevata. Lo si deduce confrontando i dati contenuti nella citata ricerca diffusa da Istat, Unioncamere e Istituto Tagliacarne con quelli

di un’indagine di Legambiente di alcuni mesi fa sulla sostenibilità urbana. Milano risulta tra le quattro metropoli italiane quella più alta nella classifica dell’ecosistema urbano (46esima), mentre Napoli è soltanto 89esima, a dimostrazione che i problemi storici di cui soffre la città non sono ancora stati risolti. Bolzano si conferma città virtuosa (oltre che carissima), insieme a Belluno, Parma, Trento, Siena e Savona. Ultima in graduatoria Catania. Difficile a questo punto per gli abitanti di una città come Bolzano scegliere se considerarsi più o meno fortunati nel vivere nel capoluogo dell’Alto Adige.


22 CRONACA

LA PAGINA • 18 AGOSTO 2010

Morgan di nuovo al centro delle polemiche Il sindaco di Verona rifiuta di concedere al cantautore il Teatro Romano per un concerto in quanto la sua immagine sarebbe legata alla droga

Tra le tante polemiche d’agosto, quella più innocua, almeno rispetto a quelle di tipo politico, riguarda un cantante e un sindaco. Il cantante è Marco Castaldi, in arte Morgan, 37 anni; il sindaco è Flavio Tosi, primo cittadino di Verona, leghista. I due hanno avuto uno scambio di opinioni abbastanza vivace, ma pare che le ragioni del contraddittorio siano finite già prima di entrare nel vivo. Di che si tratta? Il cantante ha chiesto al Comune di Verona il Teatro Romano per un concerto che avrebbe dovuto tenersi il 4 settembre. Il Comune di Verona, proprietario del Teatro, ha detto di no. Di qui la polemica. Di fronte alla mancata concessione, il cantautore milanese ha contrattaccato. Il sindaco ha risposto secondo forme e toni che gli sono caratteristici, cioè senza giri di parole: “Dopo tutto quel che si fa contro la droga, attraverso la comunicazione e la repressione, non

è pensabile di accogliere in una struttura municipale un cantante che ha dichiato di assumere cocaina a scopo antidepressivo. Non lo hanno voluto a Sanremo, figuriamoci se lo accettiamo noi”. Parole pesanti, ma chiare: chi fa uso di droga, non può sperare di essere trattato con i guanti bianchi. Il sindaco Tosi si è riferito alla vicenda esplosa all’inizio dell’anno, quando, in un’intervista a Max, il cantautore ha confessato di far uso di cocaina, a suo giudizio ottimo antidepressivo. Dopo la presa di posizione sdegnata di vari personaggi, il cantante fece marcia indietro dicendo di essere stato travisato e precisando che da almeno un paio di anni aveva iniziato un percorso per rinunciare alla cocaina. La dichiarazione, invece di spegnere la polemica, la fece divampare, perché era un’ammissione di responsabilità, tra l’altro non credibile in quanto vaga, per cui il personaggio divenne “esempio negativo”, al punto da meritarsi l’esclusione da Sanremo. L’uso di cocaina divenne anche un’arma in mano all’ex moglie, Asia Argento, per rivendicare l’affidamento unico della loro figlia. Giustamente, la causa di separazione è rimasta confinata nella

sfera privata, ma il passato non muore, e lo dimostra questa nuova polemica. Ecco la difesa del cantautore: “Ancora una volta mi trovo al centro di una situazione spiacevole della quale non ho il controllo, perché l’uso che si fa di me è strumentale e oscuro”. Il braccio di ferro verbale tra il cantante e il sindaco è proseguito con dichiarazioni di fuoco. Il sindaco ha ribattuto: “Il cantante ha dichiarato di consumare coca. Mi dispiace, la sua immagine è quella”. La battaglia, per Morgan, sembra persa per un motivo molto semplice, che il sindaco non manca di sottolineare: il proprietario del Teatro è il Comune che lo concede o lo rifiuta. Ecco perché l’iniziativa legale sembra destinata ad essere una perdita di tempo. L’avvocato ha inviato al Comune una diffida trasmessa, per conoscenza, al presidente della Repubblica. Nella diffida si parla di violazione degli articoli 4 e 35 della Costituzione che tutelano l’esercizio del diritto al lavoro. Ecco il parere del sindaco: “Mi sembra una motivazione offensiva verso chi ha seri problemi. Mi preoccupo dei licenziati e dei cassintegrati, non certo dell’artista. Mi sembra una sparata per far clamore. L’avvocato sa che

l’azione giudiziaria è destinata al fallimento”. Il tema della droga è venuto a galla negli ultimi tempi con una drammaticità da far accapponare la pelle. Nei locali notturni di Milano e di altre città italiane la droga viene smistata a fiumi. Finora la permissività ha prodotto solo un aumento del consumo. Ecco perché la chiusura del sindaco Tosi trova consenso. Questa la motivazione che il primo cittadino ha addotto al rifiuto del Teatro: “Giovanni Serpelloni, già capo del nostro Sert (il servizio pubblico che si occupa delle tossicodipendenze), ora è il responsabile governativo delle politiche antidroga. Il Comune, attraverso pattugliamenti dei vigili urbani e delle forze dell’ordine, persegue una linea costante di controllo e repressione. Non possiamo permetterci messaggi contraddittori”. In sostanza, il sindaco dice che combattere la droga con l’informazione e con l’azione delle forze dell’ordine e poi concedere il Teatro a chi ha dichiarato di far uso di cocaina è una contraddizione e, tutto sommato, non ha tutti i torti, perché la lotta contro la droga è una cosa seria e non si può dire una cosa e farne un’altra. ✗cronaca@lapagina.ch

Morto un francese al Palio di Siena È morto all’ospedale di Siena Alain Enfaux, 77 anni, colpito da un colonnino di pietra staccatosi da un balcone durante la cena propiziatoria della contrada della Civetta, in pieno centro storico, in vista del Palio. Nell’incidente, avvenuto intorno a mezzanotte, non sono rimaste ferite altre persone. L’uomo era il capo delegazione della città di Avignone, gemellata con Siena, e ospite del Comune. All’ospedale era giunto in condizioni disperate e nonostan-

te le cure dei sanitari è deceduto intorno alle 2.45. Innamorato del Palio, quasi tutti gli anni arrivava in Toscana per assistere alla tradizionale corsa e proprio lui aveva scelto quel giorno di andare, come aveva fatto 40 anni fa quando aveva visto il Palio la prima volta, alla cena ‘propiziatoria’ della contrada della Civetta. Dopo che l’uomo era stato portato in ospedale in condizioni disperate, a Siena circolavano varie ipotesi sulla corsa del giorno dopo. Qualcuno si era addirittura spinto

fino ad ipotizzare di non correrla. I capitani delle contrade hanno deciso poi invece per un minuto di silenzio prima della ‘provaccia’, che ha visto vincere la contrada del Nicchio, per ricordare “un amico del Palio”. Il sindaco di Siena Maurizio Cenni, dal canto suo, ha espresso il proprio cordoglio alla famiglia di Enfaux. Dopo gli avvenimenti accaduti in occasione del Palio dell’Assunta, due prove annullate per il maltempo, la morte del capo della de-

legazione della città di Avignone e il ritiro della Giraffa, a causa dell'infortunio del cavallo Guschione, a qualcuno sarà venuta sicuramente in mente la cosiddetta maledizione delle ‘quattro verdi’. Forse in molti non lo sanno ma, secondo la tradizione, accade sempre qualcosa di negativo quando corrono assieme le 4 contrade che hanno, tra i loro colori, il verde: Bruco, Oca, Selva e Drago. Superstizioni a parte quello di quest'anno non è stato certamente un Palio fortunato.


18 AGOSTO 2010 • LA PAGINA

SALUTE 23

Mal di schiena da pc Dietro ad ogni pc si nasconde una possibile minaccia per la salute della schiena. Ecco alcuni facili consigli per migliorare il proprio lavoro e la propria vita Chi passa molte ore al computer, alla lunga rischia di risentire di piccoli disagi come l’infiammazione dei tendini del braccio, doloretti alla schiena e alla cervicale. Niente di tragico, ma se lasciati andare possono diventare molto fastidiosi col tempo. E allora? Bisogna rinunciare al computer e magari alle occasioni di lavoro e di contatto? No, nulla di tutto questo, però se mentre

si lavora si presta attenzione ad alcune cautele, i fastidi cui abbiamo accennato possono essere facilmente evitati. Ecco qui di seguito alcuni consigli che danno gli esperti. Posizione. Una delle cause delle sofferenze alla colonna vertebrale è lo stare seduti troppo a lungo con una posizione fissa: infatti quando non ci si muove si ostacola il ricambio nutritivo dei dischi vertebrali e questo può, causare mal di testa, stanchezza o mal di schiena. È consigliabile dunque interrompere l'attività davanti allo schermo ogni 45/50 minuti per fare una breve passeggiata. Alzarsi e sgranchirsi almeno una volta o due ogni ora passata lavorando al computer può aiutare a distendere i muscoli. Può sicuramente essere utile alternare e distribuire in maniera migliore i compiti svolti durante il giorno, se alcuni di questi prevedono la necessità di stare in piedi, programmando le

interruzioni lungo l'arco della giornata. Un toccasana sarebbe quello di stirarsi o fare degli esercizi per migliorare la circolazione. Inoltre è bene anche staccare ogni tanto gli occhi dal monitor e ruotare il collo senza fare movimenti bruschi, così da sollecitare i nervi cervicali. Tastiera e mouse. Bisogna lavorare con gli avambracci appoggiati sulla scrivania per evitare le torsioni e la tensione dei polsi. Questo significa che tra la tastiera e il bordo della scrivania deve esserci uno spazio sufficiente, almeno 15 centimetri. È bene evitare di battere troppo forte i tasti: affatica inutilmente dita e polsi. Il mouse è uno degli strumenti più insidiosi per i muscoli dell’arto superiore e deve essere utilizzato con moderazione, non deve mai essere tenuto in mano se non quando serve e deve essere posizionato accanto al pc onde evitare che braccio ed avambraccio siano costretti a troppi movimenti che sbilanciano la corretta postura del corpo. Monitor. È chiaro che per la vista, ma anche per il piacere del lavoro e delle immagini, è necessario un buon monitor. I nuovi schermi piatti ad alta risoluzione evitano al cristallino lo sforzo di mettere a fuoco immagini poco nitide. Il monitor è bene che sia ad almeno 40 centimetri dal viso: se non si vede bene, bisogna farsi controllare la vista, a meno che il monitor non sia troppo piccolo (ma non è il caso dei nuovi computer). Dovrebbe inoltre essere sistemato in modo tale che gli occhi mantengano uno sguardo quasi parallelo al monitor e leggermente rivolto verso il basso. La sedia su cui si sta per ore dovrebbe avere le rotelle, in modo da consentirci di cambia-

re posizione di tanto in tanto, evitando così gli inconvenienti prima accennati. Se poi la sedia non solo ha le rotelle, ma è anche regolabile in altezza e con lo schienale, allora si raggiunge l’optimum, perché lo schienale regolabile aiuta ad evitare la rigidità della schiena che, se costretta per ore, può risentirne e alla lunga anche con pesanti conseguenze. Un buon consiglio è quello di regolare l’altezza della sedia con le rotelle in modo ottimale, per capire di essere nella posizione più corretta è sufficiente osservare gambe e piedi: le prime dovrebbero formare, tra ginocchia e caviglie, un angolo di 90° sotto il tavolo da lavoro e dovrebbero avere spazio per muoversi liberamente. I piedi, invece, dovrebbero essere perfettamente appoggiati al terreno. Se si è bassi e i piedi non toccano a terra, si può ricorrere a dei poggiapiedi. Se non si possiede una sedia ergonomica o non regolabile in altezza è opportuno munirsi di un cuscino lombare. I braccioli, poi, sono un altro optional che può aiutare molto chi lavora al computer, perché

nei momenti di pausa o anche di concentrazione ci si può distendere e far muovere il complesso muscolo articolare e la nuca. La scrivania. Quelle in commercio di solito sono adatte. Essendo alte circa 70 centimetri, per una persona di normale statura vanno bene. Però, se non si dispone di una scrivania adatta, è meglio rinunciare a lavori prolungati. Se si sta seduti non comodamente, se lo spazio è ridotto e se magari il tavolo non è stabile, si rischia non solo di avere problemi di postura, ma anche di lavorare male. La luce. La stanza non deve essere buia per evitare che la pupilla debba dilatarsi e contrarsi di continuo quando dal monitor ci si guarda attorno. È bene evitare una luce diretta sul monitor: l’ideale è una luce diffusa. Se si lavora di giorno, la luce che proviene dall’esterno attraverso le finestre è bene che sia ad un'angolatura di 90 gradi rispetto allo schermo. Se poi è filtrata dalle tende chiare, è ancora meglio. La comodità, insomma, spesso è anche sinonimo di benessere quando si lavora.


24 AMBIENTE LA PAGINA • 18 AGOSTO 2010

Basta con le tovaglie “usa e getta” la natura preferisce il tessile Tovaglie e tovaglioli di stoffa o tovagliato monouso? Di fronte a questo dilemma il settore alberghiero dovrebbe tenere conto anche dell’impatto ambientale. Da una parte ci sono coltivazione e approvvigionamento del cotone, filatura del cotone, tessitura del filato, nobilitazione del tessuto, imballaggio e distribuzione del prodotto, uso e trasporti presso le industrie, lavaggio e fine vita. Dall’altra parte ci sono la coltivazione e l’approvvigionamento del legno, la produzione della polpa di cellulosa e la carta di macero, la produzione della bobina di carta, la trasformazione della carta in tovagliato, imballaggio e distribuzione del prodotto fino a fine vita. Che cosa inquina di più? Secondo la «ricerca sull’impatto ambientale di prodotti riutilizzabili e monouso nel settore turismo», presentata da Assosistema, l’Associazione del sistema industriale integrato dei servizi tessili e medici affini, l’uso della carta rispetto al tessile incide più del 53% sul riscaldamento globale, più del 30% sull’impoverimento dello strato di ozono e più del 45% in termini di ossidazione fotochimica (smog).

Realizzato dall’Istituto di ricerca Ambiente Italia nell’ambito del tavolo di lavoro Ebli (ente bilaterlae costituito da Assosistema insieme alle organizzazioni sindacali), lo studio sul Lca (Life Cycle Assessment) mette in luce i diversi impatti ambientali legati all’utilizzo di tovagliati monouso rispetto a prodotti riutilizzabili, con particolare riferimento alle modalità di riuso garantite da un lavaggio del prodotto tessile effettuato su scala industriale e con impianti di abbattimento degli inquinanti all’avanguardia. Per quanto riguarda l’effetto serra, dalla ricerca emerge che l’impatto di un prodot-

La vita che volevo di Licalzi Lorenzo - pp 204 “Era questa la vita che volevi?” Alzi la mano chi può rispondere di sì. Chi non ha mai rimpian3.to un’occasione mancata o una decisione che non ha preso. E non ha mai fantasticato un’altra vita; la vita che, forse, voleva davvero. È quel che succede ai personaggi di questo libro lieve e imprevedibile. Forse, Licalzi sembra suggerire, con il tono scanzonato di sempre, che tutte le vite che avremmo voluto le stiamo vivendo, proprio ora, in altri universi, in cui altri noi sono alle prese con altre storie.

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to tessile riutilizzato per 175 cicli corrisponde all’impatto di circa 75 prodotti cartacei monouso mentre sul fronte del solo impoverimento dello strato d’ozono si nota che l’impatto di un prodotto tessile riutilizzato per 100 cicli corrisponde all’impatto di circa 75 prodotti cartacei monouso. Passando all’ossidazione fotochimica, l’impatto di un prodotto tessile riutilizzato per 175 cicli corrisponde all’impatto di circa 100 prodotti cartacei monouso mentre per quanto riguarda l’acidificazione, si nota come l’impatto di un prodotto tessile riutilizzato per 100 cicli corrisponde circa all’impatto di un prodotto cartaceo utilizzato 75 volte e anche l’impatto di un prodotto tessile riutilizzato per 175 cicli corrisponde circa all’impatto di 125 prodotti cartacei monouso. Il tovagliato riutilizzabile evidenzia, sempre rispetto al tovagliato monouso, un profilo a minore impatto ambientale nel ciclo di vita sia variando il numero di cicli di lavaggio, sia variando la grammatura, nel caso in cui

fosse smaltito in discarica, sia infine nel caso in cui il tovagliato monouso sia al 100% riciclato e riciclabile. In base ai risultati ottenuti dal confronto tra il prodotto tessile e quello cartaceo, emerge che il tovagliato riutilizzabile rispetto al tovagliato monouso garantisce il risparmio nel ciclo di vita del 50% di risorse non rinnovabili senza contenuto energetico (materiali), del 30% di risorse non rinnovabili con contenuto energetico (combustibili), del 53% di risorse rinnovabili senza contenuto energetico (consumo d’acqua), del 94% di risorse rinnovabili con contenuto energetico. Secondo Assosistema, sono le lavanderie, a causa del consumo di combustibili ed energia elettrica, a rappresentare il vero «collo di bottiglia» dell’intero ciclo produttivo del prodotto tessile. Un miglioramento in tal senso può scaturire minimizzando tali consumi a parità di efficienza produttiva (per esempio effettuando un audit energetico e/o elettrico ai macchinari) ed eventualmente favorire l’utilizzo di fonti rinnovabili rispetto a quelle fossili (analizzare l’eventuale installazione di pannelli fotovoltaici, acquistare solo energia prodotta da fonti rinnovabili). Un altro aspetto negativo, legato alla fase d’uso, è il trasporto da e verso il cliente. Un miglioramento – suggerisce Assosistema – può derivare dal ridurre le distanze dei tragitti oppure dal prevedere l’acquisto di mezzi alimentati a metano, per le piccole consegne, e mezzi a basse emissioni (per esempio Euro 4) per i tragitti di lunga distanza ed eventualmente favorire il trasporto su rotaia.


18 AGOSTO 2010 • LA PAGINA

SPORT 25

Il grande slam della Pellegrini La campionessa azzurra si conferma regina dell’acqua pur dovendo rinunciare all’ultima gara I campionati Europei di nuoto di Budapest, per l'Italia si chiudono con 17 medaglie: poche rispetto a due anni fa, considerando che otto arrivano dal fondo. Ma la squadra è in costruzione e, a parte la Pellegrini, ci sono i giovani su cui lavorare in vista dei Mondiali di Shanghai 2011 e dei Giochi di Londra 2012. Nel giorno in cui è calato il sipario sulle competizioni Federica Pellegrini ha rinunciato alla partecipazione alle batterie dei 400 stile libero femminili (nei quali è campionessa mondiale in carica) dopo aver vinto, il giorno precedente, la medaglia d'oro nei 200 stile libero ed aver completato così uno strepitoso grande slam: il titolo europeo nei 200 metri si aggiunge a quello olimpico e a quello mondiale. “Non era in condizione di gareggiare per via di una forma influenzale; ha provato ma non è in condizione di scendere in acqua in gara”, ha spiegato

il coordinatore tecnico delle nazionali azzurre Marco Bonifazi. Non è scesa in vasca nemmeno l'altra azzurra iscritta alle batterie dei 400 stile, Chiara Masini Luccetti. E così dopo il bronzo nella gara da testare, gli 800, e l'oro con cui ha completato lo slam nei 200, Federica Pellegrini non ha potuto mettere la firma anche sulla gara con cui avrebbe concluso da star il programma. E hanno fatto festa le rivali, prima fra tutte la britannica Rebecca Adlington, che dopo l'umiliazione negli 800, è andata a prendersi l'oro sulla distanza dimezzata. E se Superfede non si è vista in piscina, la vasca ungherese ha rianimato il fidanzato: Luca Marin ha chiuso ai piedi del podio la finale dei 400 misti (vinta dal padrone di casa Laszlo Cseh), con un tempo (4'15''47) che gli restituisce il sorriso. “Sono felice, anche se seccato perché il bronzo ci poteva stare. A Morini - dice l'azzurro

- bastava che limassi quei tre secondi, ci cono riuscito e sono contento. Federica? Ha fatto bene a non gareggiare, aveva la febbre: lei non deve dimostrare nulla a nessuno”. L’Italia ha comunque tinto di oro il giorno di chiusura degli europei di Budapest con Tania Cagnotto e Francesca Dallapé che si sono riprese nella prova sincro quello che avevano buttato al vento nella sfida individuale. La coppia azzurra dei tuffi, già vicecampione del mondo a Roma 2009, reduce dal pessimo piazzamento nel trampolino da 3 metri, si è riscattata orchestrando al meglio la prova in tandem. Cagnotto e Dallapé hanno chiuso la serie dei cinque tuffi di finale con 327,90 punti davanti alle ucraine Olena Fedorova-Anna Pysmenska (argento con 312,00) e alle russe Anastasia Pozdnyakova-Svetlana Filippova (bronzo con 307,50). Davanti ad un tifo da stadio (sugli spalti della tribuna ungherese era tutto un

tricolore, con gli amici delle due azzurre, il fidanzato di Tania e il fan club), le due azzurre si sono abbracciate a lungo quando, completato l'ultimo tuffo, hanno avuto la certezza dell'oro. Poi sul podio l'Inno di Mameli cantato insieme, e con loro tutta la tribuna. Nelle altre finali, Luca Dotto e Marco Orsi si sono piazzati rispettivamente quinto e settimo nei 50 stile libero vinti dal francese Frederick Bousquet; mentre solo settima Caterina Giacchetti nei 200 farfalla. Ma anche la napoletana, come altri azzurri, ha avuto problemi di stomaco e qualche linea di febbre. E chiudono al quinto posto le staffette miste: negli uomini ultimo ed ennesimo titolo per la Francia, mentre tra le donne si è imposta la Gran Bretagna. L'Italia chiude con sei medaglie in piscina, di cui quattro bronzi e due ori: quello atteso della Pellegrini e quello a sorpresa di Fabio Scozzoli nei 50 tana. (ansa.it)


26 SCIENZE

LA PAGINA • 18 AGOSTO 2010

L'era dei nuovi satelliti I+ dati dei nuovi strumenti di osservazione della Terra permettono di avere nuove mappe e informazioni sulla gravità, sugli oceani e i ghiacci

Dallo spazio arrivano i primi dati globali per rispondere alle principali domande sul futuro della Terra, come quelle sull’assottigliamento dei ghiacci e la circolazione delle grandi correnti oceaniche che scaldano il pianeta. Sono stati presentati nel più grande convegno sull’osservazione della Terra organizzato dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa), aperto in Norvegia, a Bergen. “Non sono solo dati scientifici, ma hanno un grande valore politico, economico e nella vita di tutti i giorni”, ha detto il capo del Direttorato dell’Esa per l’Osservazione della Terra, Volker Liebig. “I satelliti per l’osservazione della Terra – ha dichiarato – hanno catturato le immagini della nube di cenere vulcanica sull’Europa, hanno fornito la mappa della zona colpita dal terremoto di Haiti e stanno seguendo la marea nera nel golfo del Messico”.

Il satellite europeo Envisat, attraverso uno dei suoi sensori principali Sciamacgy, ha raccolto dei dati significativi circa la presenza di CO2 nell’atmosfera. Pare infatti che la concentrazione di anidride carbonica dal 2003 al 2009 sia passata da 373 ppm a 386 ppm, secondo quanto comunicato dall’Esa durante il convegno di Bergen. Sta aumentando costantemente la quantità di altri gas rilasciati nell’atmosfera e responsabili dell’effetto serra, ma il livello dell’anidride carbonica è quello più preoccupante. Tuttavia avere i dati, hanno rilevato gli esperti, non basta: è necessario conoscere esattamente le cause dei gas serra per ottenere attendibili previsioni sul cambiamento climatico. Per questo Michael Buchwitz, uno dei responsabili dell’analisi, ritiene che

A un passo dal baratro di Paolo Brosio di 259 pp

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Paolo Brosio è lontano dalla fede e dalla preghiera negli anni in cui acquisisce la notorietà di personaggio televisivo. Il successo, i soldi, la carriera si intrecciano a una vicenda umana inquieta e travagliata che lo porterà nel baratro più profondo del lutto, della sconfitta affettiva, della depressione. Nasce nel cuore una preghiera alla Madonna e il desiderio d’incontrarla a Medjugorje e per Brosio è una svolta. Con la semplicità e la simpatia che lo contraddistinguono il giornalista racconta la sua vicenda umana e i passi di un ritorno a Dio che gli ha restituito forza, ottimismo e amore per la vita.

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ci sia ancora molto lavoro da fare nell’interpretazione dei dati. Envisat, il più “anziano” dei satelliti ambientali europei è in grado di fornire una grandissima quantità di rilevamenti importanti, di raccogliere dati su fenomeni cruciali come lo scioglimento dei ghiacci e il livello degli oceani, su eventi catastrofici come terremoti, inondazioni, fino alla marea nera al largo della Louisiana, sempre sotto il controllo del satellite. E adesso arrivano i primi dati della nuova generazione dei satelliti di questo tipo, come Goce (Gravity field and steady-state Ocean Circulation Explorer), che ha prodotto la prima mappa del campo gravitazionale della Terra, Smos (Soil Moisture and Ocean Salinity), che misura la salinità degli oceani e permette di conoscere la circolazione delle correnti, e Cryosat, progettato per misurare lo spessore dei ghiacci. I dati di questi nuovi satelliti, con quelli dei “veterani” dell’osservazione della Terra, Ers ed Envisat, sono destinati a fornire la prima “mappa globale” della Terra dal punto di vista ambientale. “Ci si attende una spinta verso la conoscenza globale del pianeta, nella prospettiva di un approccio omogeneo allo studio dei fenomeni naturali, come il clima”, ha detto Danilo Muzi, responsabile del programma Earth Explorers dell’Esa. “I satelliti – ha aggiunto – permettono di avere le prime

misure di questo tipo in tempi brevi e con precisione. Ci vorrebbero decenni per ottenerle se procedessimo con il metodo tradizionale delle misure locali e sarebbe comunque impossibile riuscire a penetrare in alcune zone”. Per esempio, la figura irregolare della Terra simile ad una zucca piena di protuberanze fornita dalla prima mappa del campo gravitazionale, fatta da Goce, è destinata a diventare il punto di riferimento (come lo è la livella comunemente usata dai muratori) per misurare altezze delle montagne e profondità dei mari in ogni punto della Terra in modo omogeneo. “La gravità non è ovunque la stessa. Dipende dalla distribuzione della materia all’interno della Terra”, ha dichiarato il responsabile della missione Goce, Rune Floberghagen. “La gravità – ha aggiunto – è lo specchio di ciò che accade all’interno della Terra”. Avere misure omogenee di questo tipo renderà più semplice anche poter costruire opere pubbliche che attraversano due o più Paesi, come ad esempio ponti, gallerie o linee ferroviarie ad alta velocità: “Oggi – ha concluso Floberghagen – i sistemi di riferimento sono frammentari e ogni Paese ha le sue misure e ciò rende necessario uniformarle di volta in volta”. La mappa completa del campo gravitazionale, attesa fra due anni, potrà essere il primo passo verso una maggiore omogeneità; starà ai singoli Paesi fare il resto.


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