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Marketing, territorio ed è subito Brand Urbanis

Così si trasformano le città a beneficio di tutti

In un qualsiasi corso universitario in cui si parla del marketing, uno dei capitoli che più appassiona gli studenti generalmente è quello del guerilla marketing, una forma di marketing non convenzionale che spesso sfrutta elementi urbani delle città per promuovere determinati brand, grazie alla viralità dei social network queste forme di pubblicità così creative trovano una larga diffusione in un passaparola digitale. Come McDonald che colora di giallo le strisce pedonali per farle sembrare un pacchetto di patatine o Kit Kat che trasforma le panchine in barrette di cioccolato. L’altro giorno, ascoltando un webinar dell’agenzia milanese We are Social, è stato ripreso questo argomento in una chiave a me nuova chiamata Brand Urbanis, non più dunque un esercizio di stile di qualche creativo, a volte un po’ fine a se stesso, che si diverte a giocare con gli elementi della città ma un’attività di branding che genera beneficio per le città. “Una pratica che consiste, per i marchi, nel destinare una parte del proprio budget pubblicitario, o di marketing, al finanziamento di un progetto di sviluppo urbano nell’ambito di una collaborazione con la città e i suoi abitanti”. Con questa definizione vediamo dunque che a essere coinvolti sono brand, città e cittadini in una formula win win dove i primi contribuiscono dunque attivamente allo sviluppo delle città in collaborazione con queste a supporto dei cittadini. Nulla di nuovo sia chiaro, da sempre privati finanziano la realizzazione di opere o la ristrutturazione di edifici per il bene comune, però il brand urbanis vuole dare più spazio al marketing e alla creatività con un maggior ritorno anche per le imprese oltre che per la comunità.

Un esempio?

Dominos Pizza, la famosa catena di pizzerie americane, in un divertente video mostrava come nel portare la pizza ai propri clienti in una città americana molte di queste non arrivavano integre per via delle diverse buche presenti, ha dunque deciso di aggiustare le buche con i cartelli dei lavori in corso con scritto “Paving for pizza” e il loro logo sulle buche sistemate, il tutto condito da un video promozionale. Una soluzione che ha permesso all’azienda di promuoversi e alla cittadinanza di avere strade aggiustate (bisognerebbe proporre questa soluzione anche a Roma?). L’Agenzia Utopies in collaborazione con il Gruppo JCDecaux ha approfondito la questione individuando le quattro regole del brand urbanism: l’interesse collettivo, questo deve essere chiaro e visibile e l’obiettivo deve essere impattare positivamente sulla società Una storia significativa, va analizzato il pubblico a cui la comunicazione sarà rivolta e deve essere coerente con i valori di questo e del marchio. Partecipazione e durabilità, vanno coinvolti i residenti nell’idea e nel design con l’ottica di mantenere e far durare nel tempo l’opera Trasparenza e onestà verso la comunità da parte dell’amministrazione comunale

Alcuni casi interessanti

Esistono diverse forme di brand urbanism, Nike ha realizzato 2 casi interessanti: Il primo nella città di Portland dove ha portato un esempio di bike sharing, con biciclette e stazioni che richiamano al famoso brand, un altro a Parigi dove ha realizzato un bellissimo campo da basket colorando un intero vicolo. L’azienda di vernici Dolux ha portato colore nella vita dei cittadini con il progetto let’s color, un invito a ricolorare strade e interi quartieri cui hanno aderito 11mila volontari da tutto il mondo. Clear Channel ha utilizzato lo spazio pubblicitario di alcuni totem sparsi per la città per indicare ai senzatetto posti caldi in cui riposarsi, con indirizzo e distanza di questi. Queste forme di comunicazione lasciano libertà ai brand di esprimere la propria mission e la propria identità e di restituire al tempo stesso qualcosa alla cittadinanza, il bello è che non ci sono limiti minimi di budget e non è dunque una prerogativa esclusiva dei grandi brand o delle grandi città come Milano. Le smart city del futuro vedranno sempre più un’integrazione tra brand e cittadinanza a beneficio di tutti.

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